Il dibattito sull'evoluzionismo non è facile da proporre, non per sue caratteristiche intrinseche, ma perché molti lo considerano obsoleto o comunque ampiamente sviscerato. Io penso invece che ci sia ancora molto da dire e da discutere, in particolare su un aspetto cruciale e, a mio parere, estremamente debole della teoria darwiniana: la teoria della mutazione-selezione.
Comincerei con questi stimoli:
1) Quali sono le "prove" a sostegno della teoria della mutazione-selezione? Bisogna precisare che non stiamo parlando di prove dell'esistemza di un processo di evoluzione delle forme di vita, e neppure di prove che delle mutazioni casuali possano portare a una maggiore o minore capacità di sopravvivenza (è ovvio), ma che delle mutazioni casuali (ossia prive di una pianificazione intelligente, qualunque possa essere la sua origine e natura) insieme all'interazione con l'ambiente (che seleziona le forme più adatte alla sopravvivenza) possano costituire il "motore" (ossia possano essere i fattori principali ed essenziali) di questa evoluzione, che ha portato da forme relativamente semplici (monocellulari) alla incredibile complessità, ingegnosità e varietà di forme di vita che possiamo vedere attualmente. Invito chi ritenesse di avere queste prove (o anche solo forti indizi) ad esporle.
2) Non dimentichiamo (anche se non è questo il tema centrale) che la teoria dell'evoluzione racconta il film a partire dal secondo tempo. Infatti non spiega affatto l'origine della vita, ossia come si sia passati, sempre con processi di natura fisica e chimica non pianificati, ossia soggetti solo alle cieche forze descritte da queste discipline, dalla materia bruta a esseri viventi, ossia a sistemi biologici. I due discorsi sono molto legati tra loro. E a questo proposito va precisato che non si tratta di spiegare come si può arrivare da materia inorganica a materia organica, ma come si arriva all'organizzazione e all'azione coordinata e sinergica, finalizzata alla sopravvivenza e alla riproduzione a partire dalla materia organica, ma non ancora organizzata. E lasciamo stare l'ulteriore problema di spiegare la coscienza e l'intelligenza...
3) Prendiamo un'obiezione "classica", stradiscussa: quella della "mezza ala". Per chi non fosse al corrente, l'obiezione è questa: "Se è vero che le mutazioni sono graduali, e che per arrivare da un essere non alato a uno alato, ci vogliono molte generazioni, come mai non si trova traccia delle specie intermedie? E come mai queste sono sopravvissute alla selezione prima che le mutazioni potessero avere qualche utilità per la sopravvivenza?".
L'obiezione in genere viene formulata in maniera piuttosto rozza e approssimativa parlando soltanto di "mezza ala", anziché porre l'accento su tutti gli stadi intermedi, al che (faccio fatica a crederlo, ma è così) i darwiniani rispondono tirando in ballo le membrane degli scoiattoli volanti e dicendo: vedete, anche delle mezze ali possono essere un vantaggio per la sopravvivenza!
A parte il fatto che le membrane degli scoiattoli o altri animali plananti non sono affatto delle "mezze ali" avendo una struttura completamente diversa, quello che la teoria dovrebbe mostrare, se fosse plausibile, è come è possibile giustificare il centesimo (o millesimo) di ala, i 2, 3, 4 centesimi di ala eccetera. Questo significa spiegare in base a quale meccanismo può accadere che non una, ma centinaia di mutazioni che non portano nessun vantaggio (prima di arrivare a una forma "vantaggiosa") non solo passano la prova della selezione (non dovrebbero proprio, perché prima di raggiungere una forma "vantaggiosa" sarebbero delle anomalie che impacciano soltanto e che la selezione dovrebbe eliminare; al massimo "per caso" ne potrebbe passare qualcuna) ma si susseguono una dopo l'altra andando tutte coerentemente nella stessa direzione (formando una serie incredibile di coincidenze successive) che porta alla formazione di un'ala. Perchè mai a una mutazione che porta alla formazione di una piccola membrana (inutile) dovrebbe seguire un'altra mutazione (che non è in alcuna relazione con la precedente) che porta a una ulteriore espansione della membrana (ancora inutile per parecchie generazioni), e così per molte generazioni successive? Inoltre, come già accennato, bisognerebbe spiegare come mai si non trovino mai resti di esseri con queste mutazioni intermedie di per sé inutili.
Non solo, ma resta anche da spiegare come una serie di mutazioni casuali, possano portare contemporaneamente alla modifica di ossa, muscoli, tessuti connettivi, nervi e cellule cerebrali in perfetto coordinamento tra loro col risultato di permettere all'animale di pilotare con grande precisione queste ali, che nessuno ha progettato per volare, ma che, guarda caso, sono opere di alta ingegneria e di complesso funzionamento, perfettamente adatte al volo e dotate di precisissimi meccanismi di controllo. C'è una straordinaria e perfetta "collaborazione" tra un gran numero di "mutazioni casuali" che portano, chissà come e perché, alla creazione di un meccanismo altamente organizzato e coordinato ed estremamente sofisticato e complesso (in sostanza lo stesso tipo di problema che si pone per l'origine della vita).
Qualcosa che si possa considerare a una vera teoria dovrebbe render conto di ogni singolo passo intermedio e non limitarsi a vaghe fantasie che lasciano nell'oscurità tutto quello che succede tra due specie "stabilizzate". Ossia dovrebbe descrivere in maniera dettagliata e precisamente rappresentabile come si passa da uno stadio al successivo, cioè come agisce la combinazione mutazione-selezione in ogni singola generazione fino ad arrivare alla forma stabile e come si produce questo straordinario e precisissimo coordinamento tra le diverse mutazioni, senza presupporre qualche tipo di azione intelligente. Ossia si dovrebbe poter costruire un modello realistico di cui sia possibile descrivere nei dettagli il funzionamento. Di un simile modello sarebbe possibile realizzare una simulazione al computer. E sto parlando di simulare la formazione dell'ala (senza naturalmente inserire alcun dato relativo all'ala), non di qualche stupido programma che crei rozzi simulacri di forme di vita primordiali che "imparano" da un altreattanto rudimentale ambiente artificiale a "sopravvivere" (e naturalmente sopravvivono le "entità" che "imparano" prima, e grazie tante...). Programmi come questi dimostrano che l'acqua calda non è fredda, ma non aiutano a capire alcunché.
Per ora mi fermo qui, sperando di poter suscitare una pacata, onesta e approfondita discussione.
In effetti sarebbe da indagare questa moda dilagante che riguarda il darwinismo
Sopratutto perchè per me è solo un modo della tassonomia, con cui l'uomo si diverte a dividere la vita, dal sua nuda proprietà. In altri termini, riguarda anche il 3d sulla tecnica.
Riguardo all'evoluzione graduale, qualcosa contrario a questa idea l'ha scritta Gould, che parla di "salti".
Sinceramente mi sembra tutto assai ridicolo. Ogni teoria che si presenti sarà solo e sempre una presunta teoria, in quanto non vi sono documenti diretti.
A partire dalle recenti metodiche per risalire alle datazioni storiche, cosa che a sua volta, presuppone, un dibattito tecnico etc...etc..etc...
In generale queste sono cose che generano una ideologia. Sarebbe da capire perchè, se non fosse che per me la questione è oziosa, al limite della noia più totale.
Posso solo ricordare che nelle indagini di Leroi-Gourhan l'uomo non deriva dalla scimmia.
Ogni specie nasce ed evolve all'interno delle sue possibilità.
Ad oggi con lo studio del DNA la cosa è ancora più evidente: le teorie della evolution-devolution, determinano come impossibili qualsiasi progressività della evoluzione.
L'evoluzione avviene perciò a salti, come ridefinizione del dna in un altra cosa.
Da una specie ne viene fuori un altra per mostruosità, non per somiglianza.
Le evoluzioni dell'uomo sono perciò ascrivibili come adattamento alla natura, nel senso di liberazione della mano, a favore del cervello. Questione già insita nell'uomo come praxis.
La vera domanda è come possibile che vi sia l'esplosione delle specie in un solo periodo storico (Gould).
Domanda che con un minimo di conoscenza della fisica sappiamo poter derivare dalla esposizione alle radiazioni.(per esempio, ma che ne sappiamo che la fisica scoprirà altre proprietà?).
A che serve parlare di meteoriti e altre sciocchezze simili: semplicemente ancora non lo sappiamo.
Il ridicolo ovviamente è il credere fortemente che questa tassonomia, che dovrebbe essere solo di comodo, sia scienza pura e dura: ma mi facciano il piacere!
Tra l'altro mentre cercavo il nome di -Gourhan (che mi sfuggiva, non interessandomi più) mi sono imbattuto in quello di Levi Bruhl, che fa notare come il concetto stesso di evoluzione sia un concetto meramente culturale (aggiungo figlio del cristianesimo), totalmente sconosciuto ai gruppo etnici cosidetti autoctoni. Come dire; ma certo qualsiasi teoria della evoluzione è una teoria delle ideologia.
Saluti!
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AMRispondo a Donalduck
Il tempo a mia disposizione è limitato relativamente alla complessità della questione; cercherò comunque di esporre succintamente i motivi per i quali ritengo profondamente errato e retrogrado (esatto: nel senso letterale di "aggrappato a superati pregiudizi antiscientifici") il tuo rifiuto della moderna teoria, in preponderante misura darwiniana, dell' evoluzione biologica.
Innanzitutto osservo che anche se questa teoria non fosse scientificamente fondata ("provata" o, per meglio dire secondo me "a la Popper", non falsificata; beninteso, ammesso e non concesso!) volendo restare in ambito scientifico non potrebbe in alcun modo essere sostituita da alcuna teoria (infatti pseudoscientifica) del "disegno intelligente" (evidentemente da parte di un soggetto di azione intenzionale, personale, magari dotato di libero arbitrio) per il semplice fatto che la scienza non ammette alcuna interferenza sopra- o preter- naturale con il divenire della realtà naturale materiale (chiusura causale del mondo fisico): o la natura materiale diviene ordinatamente secondo ineluttabili modalità generali o "leggi" (meccanicistiche o statistiche che siano) senza eccezione alcuna (e allora è scientificamente conoscibile), oppure vi interferiscono e ne condizionano il divenire entità ed eventi imprevedibili e incalcolabili (e allora non se ne possono individuare e definire sicure, universali e costanti modalità generali del divenire, e dunque il suo mutare è caotico, sregolato, imprevedibile, incalcolabile, ovvero non scientificamente conoscibile): tertium non datur.
Certo, credere alla conoscenza scientifica non è obbligatorio: si può anche credere alle più svariate religioni, superstizioni, mitologie, cosmogonie, "storie di alieni", ecc.; ma allora è inutile confrontarsi con chi ha scelto di seguire la conoscenza scientifica e non si può pretendere di fare scienza mentre si fanno invece narrazioni rapsodiche.
Dunque volendo restare in ambito scientifico, se si rifiuta la teoria evoluzionistica in preponderante misura darwiniana si dovrebbe al limite sospendere il giudizio, ammettendo che non si conosce una soluzione al problema: "ignoramus"; e magari, se si è particolarmente pessimisti, "ignorabimus". Ma se invece si sostiene che all' origine degli attuali organismi viventi c' è un "disegno intelligente" e "finalizzato" si è completamente fuori dalla scienza: amici come prima, ma abbiamo interessi troppo diversi e non ritengo sia il caso di perdere tempo a confrontarceli, alo stesso modo e per le stesse ragioni per cui personalmente non ritengo utile interloquire con appassionati di foot-ball americano o di scacchi).
Altra premessa secondo me necessaria è che l' evoluzione biologica è stato ed è un processo che dura da centinaia di milioni di anni, e dunque non è possibile (e non è sensato pretenderlo) ricostruirlo "per filo e per segno", un po' come la formazione del sistema solare dalla nebulosa solare o la formazione dell'attuale geografia del nostro pianeta secondo la teoria della tettonica a zolle: come in questi altri due casi non è possibile avere un "resoconto dettagliato e completo di tutti i singoli eventi" di un lunghissimo e complicatissimo processo (e pretenderlo sarebbe semplicemente assurdo), e tuttavia si conoscono con certezza scientifica (cioè non assoluta: la "normale", relativa certezza di qualsiasi teoria scientifica) le leggi che lo hanno governato e governano e la dinamica generale astratta che lo ha caratterizzato: nel caso dell' evoluzione biologica principalmente le mutazioni genetiche casuali e la selezione naturale correttamente intesa e non deformata).
Le tue critiche alla teoria si basano su tre fondamentali fraintendimenti.
Il primo è il credere che l' evoluzione biologica avvenga sempre e comunque gradualmente, senza "salti" più o meno "qualitativi" e discontinuità macroscopiche.
Non è così. Come hanno dimostrato Gould ed Eldredge, con la teoria degli equilibri punteggiati (che nella teoria generale dell' evoluzione biologica "principalmente darwiniana" si integra "alla perfezione", ne è parte integrante), possono aversi mutazioni genetiche e alterazioni dello sviluppo epigenetico che sovvertono profondamente il fenotipo (spesso incompatibilmente con la vita, talora creando "mostri speranzosi" destinati a "rivoluzionare" l' evoluzione biologica.
Il secondo, strettamente connesso con il primo, è il ritenere che esista una relazione lineare fra diversità genomica e diversità fenotipica.
L' interazione fra genoma e ambiente (intracellulare, intraspecifico ed esterno) è qualcosa di estremamente complesso e (di fatto) imprevedibile: una singola mutazione genetica può (anche, in certi casi) determinare molteplici (oltre che notevolissime, "grandiose") variazioni epigenetiche riguardanti anche più organi e sistemi biologici di un organismo; per esempio lo sviluppo "rapido, improvviso" di ali tali da consentire di volare e anche di altre caratteristiche organiche come le ossa e/o il sistema circolatorio e/o il sistema nervoso centrale, che potrebbero concorrere sinergicamente a favorire il volo, oppure tendere a ostacolano: nel primo caso la selezione naturale "premia" la novità con una grande diffusione, nel secondo la "punisce" con l'estinzione. Ma in molti altri casi "le è sostanzialmente indifferente", consentendole di continuare ad esserci (non determinandone né l' estinzione, né una spettacolare diffusione generalizzata nella popolazione in cui è comparsa) finché un successivo mutamento ambientale ne provoca l' estinzione oppure la diffusione spettacolare, magari per "exattamento" (Gould), cioè perché la "novità tenuta più o meno a lungo nel cassetto" si rivela utile ad altri "scopi" (apparenti!) rispetto a quello per cui era originariamente apparsa (per esempio le ali degli uccelli divenute, da mezzi di termoregolazione attraverso la dispersine del calore corporeo, mezzi di locomozione aerea).
E qui arriviamo al terzo fraintendimento (che si spiega in parte con le distorsioni ed erronee interpretazioni della teoria sostenute anche da molti biologi evoluzionisti; e che si è imposta secondo me per motivi biecamente ideologici reazionari), e cioé la concezione "esagerata" o "assolutizzata" della selezione naturale ("regola generale": nulla é assoluto, ma tutto è relativo in natura!) come di una sorta di "forsennata lotta egoistica all' ultimo sangue di tutti contro tutti" in cui sopravvivrebbero solo gli "eccellentemente adatti all' ambiente" (il quale prima o poi inesorabilmente muta e porta all' estinzione di questi "esageratamente adatti", mentre la specie cui appartengono sopravvive grazie ai "relativamente meno adatti" all' ambiente originario ma "sufficientemente adatti" anche all' ambiente come si è successivamente modificato).
La selezione naturale non opera "in positivo" salvando solo i "superadatti" (i "campionissimi alla Eddy Merckx" o "alla Casey Stoner"), bensì in negativo, eliminando solo gli eccessivamente non adatti (i "superbrocchi alla Dani Pedrosa o alla Riccardo Patrese"): le corna dei cervi e le penne caudali dei pavoni maschi sono non poco svantaggiose nello sfuggire ai predatori, ma non ne é affatto conseguito il ridimensionamento e men che meno la scomparsa (per nostra fortuna)!
In proposito per ragioni di tempo non posso raccontartela (l' abbiamo già fatto io e un interlocutore con cui polemizzavo vivacemente, ma in questo eravamo d' accordo, nel vecchio forum), ma ti invito a cercare in Google la molto istruttiva storia della biston betularia, la farfalla sopravvissuta all' annerimento delle betulle inglesi, su cui si posa, dovuto alla combustione del carbone nella prima rivoluzione industriale: quando la corteccia delle betulle era bianca la selezione naturale non ha eliminato del tutto le betularie nere (per salvare solo le bianche "ottimamente mimetizzate" alla faccia dei predatori), e grazie a questo "altruismo dei geni" del colore bianco la specie è sopravvissuta alla rivoluzione industriale diventando "di regola nera", anche se ne sopravvive anche qualcuna bianca (attualmente "alquanto mal mimetizzata" e dunque "relativamente mal adattata all' ambiente" postindustriale), sempre grazie all' "altruismo dei geni" (ora di quelli del colore nero, che "ricambiano riconoscenti il favore", alla faccia di Richard Dawkins!)!
La comparsa della vita è una questione in parte diversa, anche se valgono per essa le stesse o comunque analoghe considerazioni generali.
Ma purtroppo il tempo che posso dedicare al forum è limitato e non mi consente di argomentare ulteriormente.
Posso consigliarti alcune letture, come i libri di Stephen Jay Gould (il suo La struttura della teoria dell' evoluzione è decisamente specialistica -85 euro, quasi 1800 pagine! Ma gli altri tradotti in italiano sono ottomamente divulgativi e interessantissimi!- o di Telmo Pievani: in particolare La teoria dell' evoluzione: 9,5 euro, 144 pagine, Il Mulino editore).
Sgiombo ha scitto:
CitazioneInnanzitutto osservo che anche se questa teoria non fosse scientificamente fondata ("provata" o, per meglio dire secondo me "a la Popper", non falsificata; beninteso, ammesso e non concesso!) volendo restare in ambito scientifico non potrebbe in alcun modo essere sostituita da alcuna teoria (infatti pseudoscientifica) del "disegno intelligente" (evidentemente da parte di un soggetto di azione intenzionale, personale, magari dotato di libero arbitrio) per il semplice fatto che la scienza non ammette alcuna interferenza sopra- o preter- naturale con il divenire della realtà naturale materiale (chiusura causale del mondo fisico): o la natura materiale diviene ordinatamente secondo ineluttabili modalità generali o "leggi" (meccanicistiche o statistiche che siano) senza eccezione alcuna (e allora è scientificamente conoscibile), oppure vi interferiscono e ne condizionano il divenire entità ed eventi imprevedibili e incalcolabili (e allora non se ne possono individuare e definire sicure, universali e costanti modalità generali del divenire, e dunque il suo mutare è caotico, sregolato, imprevedibile, incalcolabile, ovvero non scientificamente conoscibile): tertium non datur.
Per considerare una teoria scientificamente fondata bisogna in qualche modo fornire prove della sua fondatezza, altrimenti qualunque fantasia potrebbe esserer fatta passare per "teoria scientifica", e non mi risulta che nessuno abbia mai dato nessuna prova, non dico che la teoria della mutazione-selezione corrisponda ai fatti, ma neppure che
possa corrispondere ai fatti, ossia che sia
plausibile, sulla base delle attuali conoscenze.
Ma c'è di più: non solo non viene data alcuna prova della sua plausibilità, ma si accusa chi non la accetta di essere "antiscientifico", il che, secondo me, raggiunge e supera il paradosso.
Volutamente ho evitato di parlare, per ora, di "disegno intelligente", per non mettere troppa carne al fuoco. Ma visto che hai sollevato l'argomento, noto che quello che "la scienza ammette o non ammette" dipende da quello che chi pratica la scienza ammette o non ammette (non esiste nessuna entità definibile chiamata "scienza"), e tra chi pratica la scienza non c'è affatto uniformità di opinioni su molti argomenti, tra cui quello che sia da ammettere nell'ambito scientifico (anche se ci sono opinioni
prevalenti). Inoltre sarebbe del tutto arbitrario considerare "soprannaturale" un'intelligenza (qualunque possa essere la sua natura) che sovraintendesse e ordinasse l'esistente (come del resto fanno, per la materia bruta, le forze del "modello standard"). E chiaro che se si ammettesse questa intelligenza, sarebbe da considerarsi a tutti gli effetti "naturale" come ogni altra cosa. Materiale e naturale non sono affatto sinonimi. Che la scienza presupponga il materialismo è qualcosa che si tenta di far passare ideologicamente, ma non è affatto vero, e infatti molti scienziati rifiutano questo assunto. Tutt'al più si può dire che la scienza, allo stato attuale, ha come ambito di indagine la materia e non ha i mezzi per indagare altro. Ma il problema è che invece certi scienziati pretendono di metter bocca laddove la scienza (ora come ora) non può arrivare, e per di più con grande arroganza e presunzione. Una posizione onesta, a mio parere, sarebbe ammettere che la biologia non ha nulla da dire sull'origine della vita e sui processi dell'evoluzione (a parte quelli, della mutazione-selezione, che non voglio negare, ma a cui non esiste giustificazione per assegnar loro altro che un ruolo marginale), e quindi considerare questi processi, come dici tu, "non scientificamente conoscibili", almeno per ora. Nessuna teoria è molto meglio, e molto più scientifico, di una teoria campata per aria.
Io, che mi considero qualcosa di simile a un agnostico radicale, non ho da difendere nessuna definita (e meno che mai "veritiera") visione del mondo (anche se faccio le mie ipotesi e cerco le mie risposte, sempre provvisorie e modificabili), ma considero dannosa e fuorviante qualunque "credenza" e mi indigno e mi ribello quando qualcuno tenta di spacciare presunte (e spesso irrazionali) "verità" e magari cerca anche di infamare tutti coloro che non le accettano.
Per quanto riguarda il "disegno intelligente" dico solo che come ipotesi (che non implica affatto illazioni su "cosa" o "chi" possa essere questo agente intelligente) è senz'altro plausibile e razionale, mentre quella della mutazione-selezione (ribadisco, come "motore" e non come fenomeno secondario) è del tutto irrazionale e inverosimile. In entrambi i casi, siamo fuori da ciò che la scienza, allo stato attuale delle conoscenze e dei mezzi di indagine, può dimostrare o smentire.
Sgiombo ha scritto:
CitazioneLe tue critiche alla teoria si basano su tre fondamentali fraintendimenti.
Il primo è il credere che l'evoluzione biologica avvenga sempre e comunque gradualmente.
Il secondo, strettamente connesso con il primo, è il ritenere che esista una relazione lineare fra diversità genomica e diversità fenotipica.
[Il terzo] la concezione "esagerata" o "assolutizzata" della selezione naturale"
Non direi proprio che le mie critiche possano essere messe in relazione con questi presunti "fraintendimenti".
E' vero che le mie critiche alle giustificazioni della "mezza ala" si basano sulla teoria della gradualità (che resta quella che va per la maggiore), ma se si ammettono salti evolutivi improvvisi, non mi pare un gran vantaggio dal punto di vista della spiegazione dei meccanismi dell'evoluzione. Se può servire a superare l'obiezione riguardante i micromutamenti "inutili" e la mancanza di testimonianze fossili di essi, ma l'obiezione fondamentale resta sempre quella: quali sono i microprocessi che fanno sì che si verifichino, gradualmente o meno gradualmente o improvvisamente, tutta una serie di mutazioni perfettamente e intelligentemente coerenti e coordinate tra loro, col risultato di rendere l'essere vivente in grado di compiere azioni estremamente complesse come il volo? E tutto senza niente e nessuno che abbia nessuna nozione del volo o della possibilità di esso e del modo in cui può essere realizzato? Se si suppone l'azione di una "forza intelligente" e finalizzata il processo risulta comprensibile, in qualche modo razionalmente concepibile. In caso contrario resta tutto avvolto nel mistero più fitto (non che la "forza intelligente" non resti comunque un mistero, ma almeno la sua natura sarebbe adatta al "compito", a differenza delle forze cieche).
Anche sganciare in parte le mutazioni morfologiche e funzionali da quelle genetiche facendo intervenire altri fattori "epigenetici", se si insiste col voler giustificare il tutto con l'azione del caso e di forze cieche, non mi pare che abbia un grande impatto sull'obiezione sopra descritta. E neppure una mitigazione del carattere competitivo e implacabile della "selezione naturale".
In sostanza, c'è da render ragione in primo luogo dell'origine della vita (e non con fumose ipotesi che lasciano nell'ombra i reali meccanismi per invocare imprecisati e imprecisabili automatismi legati al caso) ossia di come si arriva dalla materia inanimata all'ordine e soprattutto l'organizzazione e la perfetta cooperazione (in conflitto, per di più, con l'entropia). Qualcosa che ha tutte le caratteristiche del prodotto dell'intelligenza finalizzata e nessuna caratteristica del prodotto del caso.
E in secondo luogo, di come delle forze cieche possano causare un processo evolutivo che provoca mutazioni altrettanto estremamente intelligenti e finalizzate. Naturalmente si parla (mi ripeto ma è un punto essenziale) non di grossolane e vaghe descrizioni che lasciano i vari stadi del processo avvolti nell'oscurità, ma della descrizione puntuale di una serie di passi plausibili e riproducibili che, senza l'intervento di alcun agente intelligente, possano arrivare ai risultati che si osservano in natura. E non mi sembra per nulla fondata l'obiezione che
Citazionel'evoluzione biologica è stato ed è un processo che dura da centinaia di milioni di anni, e dunque non è possibile (e non è sensato pretenderlo) ricostruirlo "per filo e per segno"
Se prendiamo ad esempio la teoria del big-bang, per quanto sia ben lontana dall'essere altro che una teoria e presenti anch'essa non pochi punti deboli (in primo luogo di carattere epistemologico: anche qui si va al di là dei confini della scienza), presenta una descrizione accurata (addirittura l'origine dell'universo a partire dai primi microsecondi) e messa in relazione sia con ben individuate equazioni matematiche che con ben specificati risultati di osservazioni. Pur avendo i suoi punti deboli, è ben lontana dalla totale vaghezza della teoria dell'evoluzione guidata da mutazioni e selezione.
E comunque non stiamo parlando di ricostruire la storia delle ali del pipistrello (mettiamo) generazione dopo generazione, ritenendo di darne un resoconto preciso, ma di individuare una serie di passaggi descrivibili e riproducibili (nella loro tipologia) che possano portare alla "mutazione evoluzionistica" delle ali a partire dalla loro mancanza.
Se torno a casa e trovo tutto sottosopra, col contenuto di armadi e cassettiere sparso per il pavimento, essendo al corrente di come agiscono certi ladri, posso formulare una "teoria" su quanto accaduto, ricostruendo le azioni di presunti ladri, non certo precisamente (quanti erano, di che età e sesso, come si siano mossi nelle varie stanze) ma mi posso immaginare la scena, nella sua essenza, in maniera abbastanza precisa (una o più persone hanno forzato la serratura, hanno velocemente rovistato dappertutto in cerca di qualcosa di valore gettando tutto per terra, eccetera). Ossia sono in grado di ricostruie il (possibile) processo che ha portato all'attuale situazione in tutti i suoi passaggi essenziali (riproducibili), pur senza la pretesa di darne una descrizione precisamente aderente ai fatti realmente accaduti.
Nella teoria evoluzionistica in questione non esiste nulla di neppure lontanamente simile a questo tipo di ricostruzione.
Green Demeter ha scritto:
CitazioneIn effetti sarebbe da indagare questa moda dilagante che riguarda il darwinismo
Moda dilagante? Direi qualcosa di più, molto di più. Anche perché nessuna moda dura per quasi un secolo, come capita per la teoria evoluzionistica neodarwiniana.
Il fenomeno del neodarwinismo è esemplare ed estremo. Se nella storia della scienza ci sono stati parecchi casi di teorie che son state considerate "vere" e poi abbandonate, non credo che ci sia mai stato un caso di una teoria non scientificamente provata (e come alcuni, come me, sostengono, perfino inverosimile) che non solo si sia affermata, ma che via via abbia acquistato sempre maggior credito, fino ad essere spacciata da alcuni come "fatto", e che abbia resistito così a lungo (godendo tuttora di ottima salute).
Non solo, ma questa teoria ha avuto e ha una grandissima influenza in diversi campi della cultura e del pensiero, perfino della politica, instaurando "amicizie pericolose" e arbitrari e fuorvianti legami con ideologie e tendenze del pensiero che nulla dovrebbero avere a che fare con essa.
Una delle più insidiose è quella che il darwinismo sia in connessione con l'ateismo e l'agnosticismo. Se è vero che il darwinismo è poco compatibile con un rigido dogmatismo religioso che interpreti alla lettera le "sacre scritture", è noto che lo stesso Darwin era credente e che l'esistenza di un "Dio" può sempre essere postulata come sorgente ultima dell'esistenza a cui avrebbe assegnato una serie di leggi all'atto della creazione primigenia che da "allora" seguono il loro corso autonomamente e automaticamente. E anche il fatto che la maggior parte dei critici del neodarwinismo siano credenti non autorizza per nulla ad associare fede e ipotesi del "disegno intelligente", se non nella misura in cui queste critiche includano argomenti di natura teologica. Se si ipotizza che l'intelligenza sia una sorta di "costituente intrinseca" dell'esistenza, al pari, o a un livello ancora più fondamentale delle leggi fisiche, senza aggiungere fantasiose rappresentazioni di creatori dotati di caratteri arbitrari e addirittura la pretesa di interpretarne le "volontà", una simile ipotesi non ha nulla a che fare col classimo creazionismo e con nessun tipo di fede.
In realtà è proprio il neodarwinismo ad avere una fortissima connotazione fideistica, proprio perché pur essendo le sue tesi ben lontane dall'essere dimostrate (e perfino irrazionali), queste vengono spacciate per "verità acquisita", su cui si verrebbe addirittura archiviare ogni dibattito inibendone di nuovi in quanto "obsoleti". Il meccanismo è quasi identico a quelli usati da sempre dalle religioni: qualcosa di irrazionale, che non si regge in piedi da solo, viene imposto con mezzi più o meno coercitivi (nel caso della moderna scienza molto meno violenti di quelli usati dalle religioni, ma la dinamica di base è sempre quella).
Un'altra associazione pericolosa e fuorviante è quella tra neodarwinismo e il "progresso" scientifico e ideologico. Ossia il neodarwinismo "progressista" contrapposto al antidarwinismo "retrogrado", che finisce per estendersi in ambito politico, con un neodarwinismo "di sinistra" e un antidarwinismo "di destra" (anche se non manca una - a mio parere ben più fondata - associazione tra "sopravvivenza del piu adatto" e concezioni politiche di stampo liberista).
Vedi ad esempio
questo recente articolo di Micromega sui risvolti filosofici e politici del darwinismo.
Si parla di "rivoluzione darwiniana" come di un autentico caposaldo della scienza, della cultura e della civiltà attuale, mentre a mio avviso si tratta della più madornale bufala pseudoscientifica che sia mai stata concepita, e che continua a perdurare a dispetto di ogni logica, e mina fortemente la credibilità, se non della scienza in sé, di una parte consistente di quel magma variegato chiamato "comunita scientifica".
Probabilmente sono proprio queste indebite associazioni ideologiche che hanno determinato l'incredibile diffusione del neodarwinismo, anche come reazione, inizialmente, all'ingerenza delle religioni in ambito scientifico, ma finendo, in questa foga reattiva, per gettare non acqua ma benzina sul fuoco del fideismo (che a mio parere, è un vero cancro del pensiero).
Tanta solidarietà a chi si prenderà l'onere e il tempo di rispondere a tante argomentazioni, il 99% delle quali oblique alla questione della validità della teoria, dalla presunta fede (?) di Darwin, al darwinismo sociale (?), ai disegnini intelligenti (?) , alla teoria che sopravvivere per coercizione (?) ai buchi neri (?) . Ho letto sperando di arrivare al punto "sai che l'occhio è troppo complesso.." però forse aspetterò pagina 2.
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM
Risposta a Donalduck
Ha ragione InVerno: è un' impresa disperata tentare di rispondere in un forum telematico a una così enorme sequenza di sciocchezze antiscientifiche.
Cito soltanto alcune "perle" di una lunghissima collana (ma potrei averne trascurata qualcun'altra):
"Per considerare una teoria scientificamente fondata bisogna in qualche modo fornire prove della sua fondatezza, altrimenti qualunque fantasia potrebbe essere fatta passare per "teoria scientifica", e non mi risulta che nessuno abbia mai dato nessuna prova, non dico che la teoria della mutazione-selezione corrisponda ai fatti, ma neppure che possa corrispondere ai fatti, ossia che sia plausibile, sulla base delle attuali conoscenze" [evidenziazione in grassetto mia, N.d.R].
"Inoltre sarebbe del tutto arbitrario considerare "soprannaturale" un'intelligenza (qualunque possa essere la sua natura [sic!, N.d.R.]) che sovraintendesse e ordinasse l'esistente (come del resto fanno, per la materia bruta, le forze del "modello standard")".
"Una posizione onesta, a mio parere, sarebbe ammettere che la biologia non ha nulla da dire sull'origine della vita e sui processi dell'evoluzione (a parte quelli, della mutazione-selezione, che non voglio negare, ma a cui non esiste giustificazione per assegnar loro altro che un ruolo marginale)".
"Per quanto riguarda il "disegno intelligente" dico solo che come ipotesi (che non implica affatto illazioni su "cosa" o "chi" possa essere questo agente intelligente [sic!, N.d.R.]) è senz'altro plausibile e razionale, mentre quella della mutazione-selezione (ribadisco, come "motore" e non come fenomeno secondario) è del tutto irrazionale e inverosimile"
"la teoria della gradualità (che resta quella che va per la maggiore)".
"quali sono i microprocessi che fanno sì che si verifichino, gradualmente o meno gradualmente o improvvisamente, tutta una serie di mutazioni perfettamente e intelligentemente coerenti e coordinate tra loro [sic! Evidenziazione in grassetto mia, N.d.R.], col risultato di rendere l'essere vivente in grado di compiere azioni estremamente complesse come il volo? E tutto senza niente e nessuno che abbia nessuna nozione del volo o della possibilità di esso e del modo in cui può essere realizzato? Se si suppone l'azione di una "forza intelligente" e finalizzata il processo risulta comprensibile, in qualche modo razionalmente concepibile. In caso contrario resta tutto avvolto nel mistero più fitto[sic! Evidenziazione in grassetto mia, N.d.R.]".
"sganciare in parte le mutazioni morfologiche e funzionali da quelle genetiche facendo intervenire altri fattori "epigenetici".
"carattere competitivo e implacabile della "selezione naturale".
"come si arriva dalla materia inanimata all'ordine e soprattutto l'organizzazione e la perfetta [sic! Evidenziazione in grassetto mia, N.d.R.] cooperazione (in conflitto, per di più, con l'entropia). Qualcosa che ha tutte le caratteristiche del prodotto dell'intelligenza finalizzata e nessuna caratteristica del prodotto del caso".
"come delle forze cieche possano causare un processo evolutivo che provoca mutazioni altrettanto estremamente intelligenti e finalizzate" Sic! Evidenziazione in grassetto mia, N.d.R.]" .
"Se prendiamo ad esempio la teoria del big-bang [omissis] presenta una descrizione accurata (addirittura l'origine dell'universo a partire dai primi microsecondi) e messa in relazione sia con ben individuate equazioni matematiche che con ben specificati risultati di osservazioni. Pur avendo i suoi punti deboli, è ben lontana dalla totale vaghezza della teoria dell'evoluzione guidata da mutazioni e selezione".
"individuare una serie di passaggi descrivibili e riproducibili (nella loro tipologia) che possano portare alla "mutazione evoluzionistica" delle ali a partire dalla loro mancanza".
"[font='Times New Roman', serif]Se torno a casa e trovo tutto sottosopra, col contenuto di armadi e cassettiere sparso per il pavimento, essendo al corrente di come agiscono certi ladri, posso formulare una "teoria" su quanto accaduto, ricostruendo le azioni di presunti ladri, non certo precisamente (quanti erano, di che età e sesso, come si siano mossi nelle varie stanze) ma mi posso immaginare la scena, nella sua essenza, in maniera abbastanza precisa (una o più persone hanno forzato la serratura, hanno velocemente rovistato dappertutto in cerca di qualcosa di valore gettando tutto per terra, eccetera). Ossia sono in grado di ricostruie il (possibile) processo che ha portato all'attuale situazione in tutti i suoi passaggi essenziali (riproducibili), pur senza la pretesa di darne una descrizione precisamente aderente ai fatti realmente accaduti.
Nella teoria evoluzionistica in questione non esiste nulla di neppure lontanamente simile a questo tipo di ricostruzione".[/font]
"questa moda dilagante che riguarda il darwinismo".
"In realtà è proprio il neodarwinismo [e cche vvor dì? Evidenziazione in grassetto mia, N. d. R.] ad avere una fortissima connotazione fideistica, proprio perché pur essendo le sue tesi ben lontane dall'essere dimostrate (e perfino irrazionali), queste vengono spacciate per "verità acquisita", su cui si verrebbe addirittura archiviare ogni dibattito inibendone di nuovi in quanto "obsoleti". Il meccanismo è quasi identico a quelli usati da sempre dalle religioni: qualcosa di irrazionale, che non si regge in piedi da solo, viene imposto con mezzi più o meno coercitivi (nel caso della moderna scienza molto meno violenti di quelli usati dalle religioni, ma la dinamica di base è sempre quella) [evidenziazioni in grassetto mie, N.d.R.]".
"Si parla di "rivoluzione darwiniana" come di un autentico caposaldo della scienza, della cultura e della civiltà attuale, mentre a mio avviso si tratta della più madornale bufala pseudoscientifica che sia mai stata concepita".
Fine della lunga collana (ma non vorrei essermi perso qualche altra "perla").
Alcune considerazioni su questioni serie:
Molti scienziati non sono (filosoficamente) materialisti, certo, ma nessuno pretende di far comparire nelle scienze naturali "intelligenze" in grado di "disegnare" l' esistenza della vita, o comunque eventi non naturali (miracolosi) in barba alle leggi di natura.
Tu stesso ammetti che "un "Dio" può sempre essere postulata come sorgente ultima dell'esistenza a cui avrebbe assegnato una serie di leggi all'atto della creazione primigenia che da "allora" seguono il loro corso autonomamente e automaticamente" [id est: senza alcun "disegno inteligente", da chichessia elaborato, ulteriormente operante in deroga allo spontaneo, "automatico" operare delle sue leggi", all' interno della realtà naturale una volta che sia stata "fatta partire da Dio", N.d.R]": questa è precisamente la posizione dei non pochi ricercatori credenti".
Non prendo in considerazione le (molte e diffuse) deformazioni ideologiche della teoria darwiniana (secondo me sono tutte reazionarie, "di destra") sia perché è tutt' altra questione, sia perché già ampiamente tratte anche da parte mia, sul vecchio forum.
Spero che tu abbia il buon senso di comprendere che da posizioni così enormemente distanti e inconciliabili è impossibile discutere serenamente e costruttivamente in un forum come questo (ci vorrebbe "una vita" per intendersi e cominciare a imparare qualcosa (in alternativa si può sempre continuare a lanciare improperi e insulti all' avversario, ma né io sono disposto a farlo, né credo sarebbe compatibile con i principi ispiratori e le regole del forum.
Confido che si possa almeno concordare su questo.
Se invece ("Dio non voglia"; ovviamente si fa per dire, N.d.R) così non fosse e tu continuassi ridicolmente a pretendere che da questo disastroso tentativo di discussione in cui mi sono incautamente lasciato coinvolgere emergerebbe la pretesa insostenibilità scientifica della teoria dell' evoluzione biologica, e che magari il mio sottrarmi a una simile penosa e assolutamente non costruttiva incombenza dimostrerebbe -sic!- l' impossibilità di argomentare a suo sostegno, allora dico subito chiaro e tondo che non sono ulteriormente disposto a perdere tempo per replicare a una risposta che, in questo caso, per chiunque sia dotato di un minimo di cultura scientifica, si commenterbbe da sola.
Salve a tutti.
Intervengo come osservatore esterno a questa discussione.
Il tema è molto interessante e molto ben posto da Donalduck, che elenca una serie di difficoltà oggettive e pesanti, con cui il darwinismo deve confrontarsi. Putroppo, constato, Sgiombo e InVerno non fanno questo, limitandosi a rinviare Donalduck sui libri, o a elencarne le presunte "perle di saggezza" (con atteggiamento un po' supponente, permettetemi).
Ripeto, da osservatore esterno, le repliche di Sgiombo non scalfiscono minimamente le questioni poste all'inizio da Donalduck, che molto generosamente non ha infierito, lasciando da parte la questione della coscienza.
Ma parliamo anche della coscienza. Che cos'è la realtà della coscienza se non la più colossale sfida alla concezione materialista?
Come si spiega, scientificamente, l'esistenza dell'autocoscienza?
Secondo il darwinismo, tutte le strutture biologiche e le loro funzioni e proprietà si conservano perché, sorte ad un certo punto casualmente, si sono poi rivelate di qualche utilità, giusto? Non ci può essere un'altra risposta, per il darwinismo.
Ma, domando io, qual è l'utilità dell'autocoscienza? Non dell'intelligenza, ma dell'autocoscienza.
Anche un computer è intelligente, perché con opportuni algoritmi è in grado di fornire risposte sensate agli stimoli dell'ambiente.
Allora l'uomo potrebbero essere semplicemente un computer biologico, e comportarsi esattamente come si comporta ora: non ne vedremmo la differenza, non ci possiamo accorgere dall'esterno che un "individuo" in realtà non è autocosciente. L'autocoscienza si percepisce solo dall'interno. Non sto dicendo nulla di nuovo, filosofi della mente hanno già detto tutto questo.
Ma, allora, se l'autocoscienza non è necessaria per reagire in maniera intelligente agli stimoli ambientali, perché l'evoluzione darwiniana l'avrebbe premiata, nell'uomo, in maniera così spettacolare?
C'è poi un'altra intelligente questione, solo sfiorata da Donalduck, ed è quella dell'entropia. La fisica ci insegna che l'entropia è necessariamente in aumento, intendendosi anche l'entropia dell'informazione. Ma la vita nel suo complesso costituisce un sistema fisico dove l'entropia è da miliardi di anni in costante e in incessante diminuzione. Da dove viene la spinta che organizza l'informazione delle strutture biologiche in forme sempre più complesse?
Ritengo, insomma, che i dubbi espressi da Donalduck siano tutt'altro che retrogradi.
Citazione di: Donalduck il 18 Aprile 2016, 13:03:09 PM
Green Demeter ha scritto:
CitazioneIn effetti sarebbe da indagare questa moda dilagante che riguarda il darwinismo
Moda dilagante? Direi qualcosa di più, molto di più. Anche perché nessuna moda dura per quasi un secolo, come capita per la teoria evoluzionistica neodarwiniana.
...
Vedi ad esempio questo recente articolo di Micromega sui risvolti filosofici e politici del darwinismo.
Si parla di "rivoluzione darwiniana" come di un autentico caposaldo della scienza, della cultura e della civiltà attuale, mentre a mio avviso si tratta della più madornale bufala pseudoscientifica che sia mai stata concepita, e che continua a perdurare a dispetto di ogni logica, e mina fortemente la credibilità, se non della scienza in sé, di una parte consistente di quel magma variegato chiamato "comunita scientifica".
Probabilmente sono proprio queste indebite associazioni ideologiche che hanno determinato l'incredibile diffusione del neodarwinismo, anche come reazione, inizialmente, all'ingerenza delle religioni in ambito scientifico, ma finendo, in questa foga reattiva, per gettare non acqua ma benzina sul fuoco del fideismo (che a mio parere, è un vero cancro del pensiero).
Concordo assolutamente, siamo in presenza di una pseudo-scienza spacciata per tale.
Certamente leggendo il libro di leori-ghouram ci rendiamo conto sopratutto delle bufale che accompagnano la "teoria" scientifica, ossia ogni volta che compare un nuovo reperto, si ha un continuo slittamento della teoria con la sua eventuale validazione scientifica.
L'ultima delle quali pubblicata su Scienze nel 2015 (la rivista leader americana scientifica), in cui si sono trovate tracce di uomini su un isola nel pacifico, che metteva in discussione tutto, come sostenuto da Pievani (il pessimo Pievani) (non doveva essere l'africa la culla della civiltà bla bla bla bla....).
Ossia non c'è nessuna validazione scientifica definitiva.
In realtà la scienza funziona così! nella sua forma meno ideologica, si tratta di un continuo studio e verificazione dei reperti, non ce l'ho con la scienza come metodo di indagine: ma con la scienza come ideologia.
Che poi sfoci del darwinismo sociale dei vari libri americani BEST SELLER, sta a testimoniare solo di come la filsofia seria, sia morta e sepolta. Ma questo è un altro discorso.
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Aprile 2016, 18:46:07 PMCome si spiega, scientificamente, l'esistenza dell'autocoscienza? Secondo il darwinismo, tutte le strutture biologiche e le loro funzioni e proprietà si conservano perché, sorte ad un certo punto casualmente, si sono poi rivelate di qualche utilità, giusto? Non ci può essere un'altra risposta, per il darwinismo. Ma, domando io, qual è l'utilità dell'autocoscienza? Non dell'intelligenza, ma dell'autocoscienza.
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La fisica ci insegna che l'entropia è necessariamente in aumento, intendendosi anche l'entropia dell'informazione. Ma la vita nel suo complesso costituisce un sistema fisico dove l'entropia è da miliardi di anni in costante e in incessante diminuzione. Da dove viene la spinta che organizza l'informazione delle strutture biologiche in forme sempre più complesse? Ritengo, insomma, che i dubbi espressi da Donalduck siano tutt'altro che retrogradi.
Se ho tempo (e voglia) cercherò di scrivere qualcosa di quello che scrive Sini a proposito non tanto dell'autocoscienza, ma di come sia possibile che l'autoscienza funzioni in quanto mutazione genetica.
Questione in lettura da parte del sottoscritto, ma sicuramente questione che dice che la teoria non è ancora scienza: la scienza non può spiegarlo.
Stesso discorso sull'entropia, cosa può far coincidere l'orologio di Dio/dell'autocoscienza con quello della Natura?
Qualche teoria c'è, ma non è scienza.
E direi che questo è il punto. (roba per pochi smaliziati, per elites)
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Aprile 2016, 18:46:07 PM
Salve a tutti.
Intervengo come osservatore esterno a questa discussione.
Il tema è molto interessante e molto ben posto da Donalduck, che elenca una serie di difficoltà oggettive e pesanti, con cui il darwinismo deve confrontarsi. Putroppo, constato, Sgiombo e InVerno non fanno questo, limitandosi a rinviare Donalduck sui libri, o a elencarne le presunte "perle di saggezza" (con atteggiamento un po' supponente, permettetemi).
Ripeto, da osservatore esterno, le repliche di Sgiombo non scalfiscono minimamente le questioni poste all'inizio da Donalduck, che molto generosamente non ha infierito, lasciando da parte la questione della coscienza.
Ma parliamo anche della coscienza. Che cos'è la realtà della coscienza se non la più colossale sfida alla concezione materialista?
Come si spiega, scientificamente, l'esistenza dell'autocoscienza?
Secondo il darwinismo, tutte le strutture biologiche e le loro funzioni e proprietà si conservano perché, sorte ad un certo punto casualmente, si sono poi rivelate di qualche utilità, giusto? Non ci può essere un'altra risposta, per il darwinismo.
Ma, domando io, qual è l'utilità dell'autocoscienza? Non dell'intelligenza, ma dell'autocoscienza.
Anche un computer è intelligente, perché con opportuni algoritmi è in grado di fornire risposte sensate agli stimoli dell'ambiente.
Allora l'uomo potrebbero essere semplicemente un computer biologico, e comportarsi esattamente come si comporta ora: non ne vedremmo la differenza, non ci possiamo accorgere dall'esterno che un "individuo" in realtà non è autocosciente. L'autocoscienza si percepisce solo dall'interno. Non sto dicendo nulla di nuovo, filosofi della mente hanno già detto tutto questo.
Ma, allora, se l'autocoscienza non è necessaria per reagire in maniera intelligente agli stimoli ambientali, perché l'evoluzione darwiniana l'avrebbe premiata, nell'uomo, in maniera così spettacolare?
C'è poi un'altra intelligente questione, solo sfiorata da Donalduck, ed è quella dell'entropia. La fisica ci insegna che l'entropia è necessariamente in aumento, intendendosi anche l'entropia dell'informazione. Ma la vita nel suo complesso costituisce un sistema fisico dove l'entropia è da miliardi di anni in costante e in incessante diminuzione. Da dove viene la spinta che organizza l'informazione delle strutture biologiche in forme sempre più complesse?
Ritengo, insomma, che i dubbi espressi da Donalduck siano tutt'altro che retrogradi.
Posto che penso nessuno abbia mai inteso la teoria dell'evoluzione come una "teoria del tutto" esente da interrogativi e da rielaborazioni, forse sarà supponenza il tono mio e di sgiombo, ti esorto però allora a dare una definizione del tono di chi fa leva su alcuni di questi interrogativi come il buco sotto il sasso, dove si mette il bastone e si rovescia tutto "megabufala"!!11 buchi neri!!1coercizione!" Questo che tono è? A uno viene voglia solamente di dire "bene sei bravo, scrivi pubblica e prendi il nobel " se riesci a sfuggire alla polizia darwinista si intende.
Citazione di: InVerno il 18 Aprile 2016, 21:48:04 PMPosto che penso nessuno abbia mai inteso la teoria dell'evoluzione come una "teoria del tutto" esente da interrogativi e da rielaborazioni, forse sarà supponenza il tono mio e di sgiombo, ti esorto però allora a dare una definizione del tono di chi fa leva su alcuni di questi interrogativi come il buco sotto il sasso, dove si mette il bastone e si rovescia tutto "megabufala"!!11 buchi neri!!1coercizione!" Questo che tono è? A uno viene voglia solamente di dire "bene sei bravo, scrivi pubblica e prendi il nobel " se riesci a sfuggire alla polizia darwinista si intende.
Si ma appunto a parte i toni polemici (ignoro perchè Donald Duck si arrabbi tanto) resta il fatto che anche per te, è solo una teoria.
Non la pietra miliare su cui basare il nostro intendere: perchè poi diventa darwinismo sociale.
Uno insomma qualche domanda dovrebbe farsela.
Premetto che la teoria dell'evoluzione ha dei precisi presupposti di visione filosofica per mantenersi coerente con la sua impostazione scientifica, è dunque retta anch'essa da una metafisica a priori che non può che escludere qualsiasi visione finalistica data da un disegno intelligente o da una trascendente creazione della vita. Sia l'evoluzionista che pretendesse di dimostrare l'inesistenza di un creatore o di un fine qualsiasi nella natura alla luce della teoria darwiniana sia, al contrario, il credente (o il finalista) che volesse dimostrare in polemica con questi e in base ad argomentazioni scientifiche la validità delle sue idee di fede commetterebbe un errore enorme, di principio. E ancora più grande sarebbe l'errore di chi volesse costruire teorie sociali o politiche sulla base di talune assunzioni evoluzionistiche.
L'origine della vita, quanto il suo fine, devono restare fuori dall'evoluzionismo scientifico, sia perché per parlare dell'origine della vita occorrerebbe innanzitutto avere chiare le idee di in che cosa consista il vivente (e quindi necessariamente assumere una posizione filosofica o mitologica a seconda dei gusti), sia perché la stessa posizione che vede nelle forme viventi una sorta di aumento progressivo di complessità si dimostra fallace e piena di pregiudizi. La complessità è infatti un altro termine che crea enormi confusioni ed errori in campo biologico, innanzitutto anche qui la definizione è molteplice: esistono infatti complessità strutturali e complessità funzionali che spesso non vanno per nulla d'accordo tra loro e non c'è alcuna storia evolutiva continua verso una complessità continuamente crescente, quanto piuttosto una serie di adattamenti più o meno temporaneamente riusciti ai contesti ambientali che via via si sono venuti a produrre, con alternanze di periodi progresso e regresso che azzera i precedenti progressi. La vita è comunque a tutti i livelli e in tutte le sue forme, un fenomeno parimenti complesso, anche se ogni volta lo è in modo diverso.
A questo aggiungo che la teoria dell'evoluzione darwiniana ha avuto anch'essa una sorta di evoluzione, prima con la scoperta del codice genetico che ha spiegato in termini scientifici l'intuizione originaria di Darwin, poi, oggi con la teoria dell'
evo devo (che si va sempre più affermando tra gli evoluzionisti) che sta correggendo sia l'errore darwiniano di un'evoluzione per piccole differenze progressive, sia l'idea neo darwiniana che tutto dipende solo dal genoma. L'
evo devo, come sappiamo, legge l'evoluzione nello sviluppo delle forme viventi, ossia la filogenesi nell'ontogenesi. Già Sgiombo ne ha dato un corretto accenno, ma per darne un'idea di base più chiara, per chi non conoscesse questo nuovo scenario evolutivo, vi invito a vedere questo filmato su youtube
https://www.youtube.com/watch?v=5jpATs42GIE, ove Alessandro Minelli spiega con esempi molto chiari come accade che l'evoluzione proceda a balzi, passando improvvisamente da una forma vivente a un'altra apparentemente assai diversa (e diversamente funzionale all'adattamento), ma in realtà geneticamente molto vicina, senza alcun stadio di forme intermedie e senza che le cause di queste variazioni siano da ascriversi solamente ai geni. Un po' come appunto nello sviluppo individuale tutte le cellule del nostro corpo adulto (circa un milione di miliardi) hanno il medesimo DNA derivante da un'unica cellula originaria, eppure sono estremamente diverse tra loro per forma e funzione: un neurone da una cellula dell'epidermide, una cellula del tessuto osseo da un globulo rosso e così via.
Citazione di: green demetr il 18 Aprile 2016, 21:59:23 PM
Citazione di: InVerno il 18 Aprile 2016, 21:48:04 PMPosto che penso nessuno abbia mai inteso la teoria dell'evoluzione come una "teoria del tutto" esente da interrogativi e da rielaborazioni, forse sarà supponenza il tono mio e di sgiombo, ti esorto però allora a dare una definizione del tono di chi fa leva su alcuni di questi interrogativi come il buco sotto il sasso, dove si mette il bastone e si rovescia tutto "megabufala"!!11 buchi neri!!1coercizione!" Questo che tono è? A uno viene voglia solamente di dire "bene sei bravo, scrivi pubblica e prendi il nobel " se riesci a sfuggire alla polizia darwinista si intende.
Si ma appunto a parte i toni polemici (ignoro perchè Donald Duck si arrabbi tanto) resta il fatto che anche per te, è solo una teoria.
Non la pietra miliare su cui basare il nostro intendere: perchè poi diventa darwinismo sociale.
Uno insomma qualche domanda dovrebbe farsela.
"Persino" Dawkings, ha sempre ribadito che non c'è nulla di desiderabile nel darwinismo sociale.
Si che per me è una teoria, basta ricordarsi che una teoria è uno "stadio più avanzato" (in termini evoluzionistici!) di una semplice ipotesi.
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Aprile 2016, 18:46:07 PM
Risposta di Sgiombo:
Manterrò fede a quanto già risposto a Donalduck circa l' inutilità pratica e la mia indisponibilità soggettiva a rispondere a pretese "confutazioni" (in realtà assolutamente pregiudiziali e non minimamente argomentate o comunque che partono da una pregiudiziale "chiusura degli occhi" -o forse in alternativa ignoranza in buona fede- di fronte ai fatti empiricamente constatabili e alle argomentazioni che la fondano saldissimamente: semplici negazioni) della moderna teoria in larga misura darwinana dell' evoluzione biologica.
E ribadisco che l' farò anche in futuro di fronte a eventuali (che temo probabili) reiterazioni di analoghe pretese "argomentazioni" precisando che in siffatte eventuali evenienze nel mio caso "chi tacesse non acconsentirebbe": ma spero che anche i negatori della moderna biologia si rendano conto della totale inutilità e fastidiosità di un ulteriore prolungamento di una polemica fra posizioni di troppo distanti per essere proficuamente confrontabili nei limiti di un forum come questo, tanto più se condotta a suon di scomuniche pregiudiziali e non argomentate (come non dubito siano ritenute anche da parte loro le mie osservazioni, non solo le loro da parte mia).
Rilevo soltanto l' evidente erroneità dell' affermazione che "Secondo il darwinismo, tutte le strutture biologiche e le loro funzioni e proprietà si conservano perché, sorte ad un certo punto casualmente, si sono poi rivelate di qualche utilità, giusto? Non ci può essere un'altra risposta, per il darwinismo".
No, non è giusto: ci sono tantissime altre possibilità. Infatti il "darwinismo", se così lo vogliamo chiamare, prevede la comparsa e la conservazione di un' infinità di aspetti della vita che non si rivelano affatto di alcuna "utilità" e talora sono anzi di una qualche limitata "dannosità" per la sopravvivenza, come le corna dei cervi e le piume caudali dei pavoni maschi, per citare solo due fra le più eclatanti: la selezione naturale non salva solo i "campionissimi alla Eddy Merckx", ma si limita solo a fare estinguere i "superbrocchi alla Dani Pedrosa" (chiedo scusa ad eventuali suoi ammiratori, ma in dieci anni in Honda ufficiale non ha ancora vinto un mondiale e non ne vincerà mai: sarebbe più giusto che anche altri potessero cimentarsi con una moto supercompetitiva per dimostrare se e quanto valgono); brocchi solo un po' meno penosi possono benissimo sopravvivere.
Peraltro quella del rapporto materia/pensiero o cervello/coscienza è un' altra e veramente interessante questione, che non ha nulla a che vedere con l' evoluzione biologica.
Per me é una questione filosofica, non scientifica, non affatto risolvibile "materialisticamente", cioè pretendendo di ridurre la mente cosciente al cervello).
Collegandola (a mio avviso indebitamente, erroneamente) alla questione dell' evoluzione biologica mi sembra che tu segua quanto proposto da Thomas Nagel in Mente e corpo. Personalmente di questo interessantissimo e acuto filosofo condivido la "pars destruens", cioè appunto la critica del monismo materialistico (del riduzionismo della mente cosciente alla materia cerebrale), ma dissento dalla "pars costruens" e in particolare dalla negazione della biologia scientifica contenuta in questa ultima opera tradotta in italiano.
Ritengo infatti che l' evoluzione biologica sia rilevante nello spiegare la comparsa dei sistemi nervosi (compreso quello umano, e nel suo ambito il cervello) e dei comportamenti che dai sistemi nervosi sono regolati; ma che non abbia nulla da dire sulla coscienza e il pensiero (e dunque anche sull' autocoscienza) per il semplice fatto che il mondo vivente sarebbe così com è e "funzionerebbe così come funziona" anche nel caso gli animali dotati di sistema nervoso non fossero provvisti di coscienza, anche se animali e uomini fossero delle sorta di zombi che si comportano come se fossero coscienti senza realmente esserlo.
I cervelli potrebbero benissimo non essere "accompagnati" dall' esperienza cosciente (e nel caso umano anche autocosciente) e nulla cambierebbe minimamente dal punto di vista della biologia: la materia biologica continuerebbe a divenire così come diviene (gli animali e gli uomini in particolare a comportarsi così come si comportano) dal momento che per la chiusura causale del mondo fisico il loro comportamento è determinato solo e unicamente dai loro cervelli e non affatto dalle loro esperienze coscienti (che secondo me ai loro cervelli non sono affatto riducibili, ma vi coesistono divenendo per così dire "parallelamente" su un piano diverso e non comunicante, trascendente.
Peraltro il corrispondente cerebrale dell' autocoscienza (nell' uomo) è stato diffuso dall' evoluzione biologica innanzitutto perché non è troppo dannoso relativamente alla sopravvivenza e alla riproduzione di chi ne è dotato (la specie umana); e questo basterebbe e avanzerebbe, ma per di più è anche di notevole utilità, consentendo di fare calcoli e previsioni e di prendere decisioni (o meglio: che accadano gli eventi fisiologici cerebrali che a calcoli e previsioni e decisioni coscienti corrispondono ma che potrebbero anche benissimo accadere senza essere accompagnati dalla coscienza di essi e in generale dall' autocoscienza) circa comportamenti futuri che, tenendo conto anche di possibili accadimenti relativamente lontani nel tempo e non immediatamente constatabili al presente, comportano maggiori chances di sopravvivenza e di riproduzione rispetto alla sua assenza.
Quanto al II Principio della termodinamica, non afferma affatto che "l'entropia è necessariamente in aumento", ma solo che in un sistema termodinamicamente isolato l' entropia complessiva non diminuisce e tende ad aumentare; ma questo non impedisce affatto che in "sottosistemi" reciprocamente non isolati di esso diminuisca, alla semplice condizione di una crescita uguale o maggiore fuori da tali "sottosistemi" non isolati ma pur sempre dentro il "sistema complessivamente isolato".
Cito Maral:
" L'origine della vita, quanto il suo fine, devono restare fuori dall'evoluzionismo scientifico, sia perché per parlare dell'origine della vita occorrerebbe innanzitutto avere chiare le idee di in che cosa consista il vivente (e quindi necessariamente assumere una posizione filosofica o mitologica a seconda dei gusti) [...] la stessa posizione che vede nelle forme viventi una sorta di aumento progressivo di complessità si dimostra fallace e piena di pregiudizi [...] e non c'è alcuna storia evolutiva continua verso una complessità continuamente crescente, quanto piuttosto una serie di adattamenti più o meno temporaneamente riusciti ai contesti ambientali che via via si sono venuti a produrre, con alternanze di periodi progresso e regresso che azzera i precedenti progressi. "
In queste parole ci sono due aspetti che mi lasciano estremamente perplesso.
a) L'origine della vita e che cos'è la vita.
La vita è un fenomeno di questo universo, forse il più straordinario fenomeno dell'universo, e come tutti i fenomeni di questo universo deve avere una spiegazione. Non può, la scienza, alzare le mani e dire: qui non mi addentro. Che cos'è la scienza se non la ricerca della verità? Se la scienza di oggi non ha gli strumenti per affrontare la questione vita, allora è la scienza che deve cambiare, non è la questione vita che dev'essere accantonata.
b) La complessità della vita.
Ora, non si può negare ciò che è evidente e palese anche a un bambino. Guardiamo alla storia della Terra. Prima non c'era niente, solo materia inanimata. Poi sono venuti gli organismi monocellulari. Poi quelli pluricellulari. Poi gli artropodi. Poi i cordati. Poi i vertebrati etc etc Fino ai mammiferi e l'uomo. Possiamo concordare sul fatto che la crescita della complessità non è un fenomeno lineare, e che da qualche decina di milioni di anni non ci sono grosse novità (a parte l'uomo...). Ma vogliamo negare il fatto che, globalmente, la complessità della vita sulla terra oggi è infinitamente maggiore di quella degli albori, per non parlare del periodo precedente la comparsa della vita? Che cosa ha creato tutta questa complessità?
Loris Bagnara, Sgiombo, Cvc
Ci terrei a precisare che non è tanto le ipotesi avanzate dal mondo dei ricercatori a lasciarmi perplesso, quanto il fatto di prendere quelle ipotesi come acclarate certezze.
A partire persino dalle datazioni: basterebbe leggere, anche di sfuggita, come ho fatto, alcuni libri sulle tecnice gli strumente dell'archeologia per moltiplicare le questioni.
Non sarà certo l'opinione di un filosofo a cambiare le carte in tavola.
Rimane il fatto che noi non possiamo tornare indietro nel tempo, perciò per lo meno cerchiamo di avere bene in mente, che ciò che chiamiamo scientifico, è perlomeno in fase di "completamento".
Poi vedo una certa sicurezza nel sentir parlare di evoluzione.
Ci rendiamo conto che il destino della terra è per lo meno in questione? Meteoriti, eslposioni solari, e tutto il ciarpame della filmografia catastrofica, si basa su altrettante teorie, che andrebbero decisamente a inficiare qualsiasi ipotesi di evoluzione.
O forse vogliamo dire che il meteorite, le macchie solari etc... hanno una valenza "ontica" inferiore a quella umana?
Come al solito vediamo il mondo con la vecchie concezione antropocentrica, come se l'uomo fosse l'inveramento di un disegno voluto da Dio.
Questione, per quanto difficilmente intendibile da voi, eminentemente politica.
Basterebbe anche solo la storia degli archeologi interdetti dal sistema.
Quelli che presuppongono dilatazioni temporali assai superiori di quelle previste ancora oggi.
(e che fanno i pugni con le recenti scoperte archeologiche, che bypassano la censura, che proiettano l'era degli ominidi ancora più indietro).
In una sola parola il problema vero, è quale è quella forma di energia che va a creare quella complessità che noi chiamiamo vita: mi dispiace contraddirvi, ma da Bitbol ad alcuni interlocutori di Severino (non ricordo il nome) la risposta è che non ne abbiamo ancora oggi la ben che minima idea o indizio.
In questo senso lasciamo a fare alla scienza tutte le prove necessarie a ottenere qualche primo indizio al riguardo, e poi possiamo tornare a parlare di evoluzione con delle prove "scientifiche".
Per essere ancora più chiaro il Big Bang per me rimane ancora una teoria: fin quando la scienza fisica non mi dirà che abbiamo coperto almeno il 100% dello spettro del probabile scibile da loro ipotizzato, non mi fido del 20% a cui ad oggi siamo. (forse un pò di più dopo la scoperta della particella di Dio, avvenuta dopo la conferenza a cui, per chi fosse interessato alludo).
Sino ad allora smettiamo di dire che è scienza quella che altro non è che una teoria una ipotesi.
(ovviamente con i dovuti distinguo rispetto a qualsiasi ciarpame new age, nella teoria abbiamo ancora tanto da "leggere" e discutere).
Per esempio l'ipotesi della mano che libera il lobo prefrontale dell'uomo di Leroi, allora assai in auge, è oggi totalmente dimenticata.
Come dire questioni di "storiografia",
Citazione di: Loris Bagnara il 19 Aprile 2016, 12:43:53 PM
In queste parole ci sono due aspetti che mi lasciano estremamente perplesso.
a) L'origine della vita e che cos'è la vita.
La vita è un fenomeno di questo universo, forse il più straordinario fenomeno dell'universo, e come tutti i fenomeni di questo universo deve avere una spiegazione. Non può, la scienza, alzare le mani e dire: qui non mi addentro. Che cos'è la scienza se non la ricerca della verità? Se la scienza di oggi non ha gli strumenti per affrontare la questione vita, allora è la scienza che deve cambiare, non è la questione vita che dev'essere accantonata.
Certo, ma se vogliamo studiarne l'origine doppiamo definire chiaramente cosa è vivo e cosa no, sembra facile dire che un gatto è vivo, mentre un sasso non lo è, ma sappiamo bene che ci sono stati tempi in cui si pensava che il vento, il cielo, la terra, il fuoco fossero vivi. Era solo perché chi li considerava tali era stupido, privo della nostra sapienza che vede le cose per come sono? Possiamo considerare la crescita di un cristallo qualcosa di almeno simile a un processo vivente? Ma anche in ambito specificatamente scientifico ci sono fenomeni di confine difficili da definire: un virus ad esempio è vivo? Come considerare un organismo che alterna periodi di vita a periodi in cui le sue funzioni vitali sono completamente sospese a seconda delle condizioni ambientali? E' vivo o no in quelle sospensioni? Un ecosistema è in se stesso vivo o solo perché in esso vi sono organismi vivi? Il pianeta terra possiamo consideralo vivo? Sì o no perché?
E' proprio cercando di capire questi fenomeni ambigui, di confine, che credo possiamo capire cosa intendiamo con il voler dare una spiegazione del vivente: cos'è quel vivente che vogliamo spiegare e magari persino riprodurre? Una protocellula? Un protobatterio? un programma al computer che li simula?
Citazioneb) La complessità della vita.
Ora, non si può negare ciò che è evidente e palese anche a un bambino. Guardiamo alla storia della Terra. Prima non c'era niente, solo materia inanimata. Poi sono venuti gli organismi monocellulari. Poi quelli pluricellulari. Poi gli artropodi. Poi i cordati. Poi i vertebrati etc etc Fino ai mammiferi e l'uomo. Possiamo concordare sul fatto che la crescita della complessità non è un fenomeno lineare, e che da qualche decina di milioni di anni non ci sono grosse novità (a parte l'uomo...). Ma vogliamo negare il fatto che, globalmente, la complessità della vita sulla terra oggi è infinitamente maggiore di quella degli albori, per non parlare del periodo precedente la comparsa della vita? Che cosa ha creato tutta questa complessità?
Purtroppo le cose più palesi sono quelle su cui ci si inganna più facilmente, ritenendole semplici ed evidenti. Pur essendo gli organismi monocellulari comunque sistemi complessi, si può ritenere che i pluricellulari siano di una complessità di ordine superiore, ma perché mai si dovrebbero intendere gli artropodi, i cordati, i vertebrati, i mammiferi via via più complessi? Un mammifero nel Cambriano, per quanto complesso, sarebbe fuori posto ancor più di un trilobita oggi. L'uomo, lo ammetto, aggiunge un ulteriore grado di complessità con la coscienza: ma siamo sicuri che questa costituisca un vantaggio e non un pericolo di prematura estinzione? Ancora oggi gli organismi che hanno di gran lunga più successo su scala planetaria sono quelli che consideriamo più semplici: i batteri e ci saranno batteri ben dopo l'estinzione di ogni essere umano e mi sa pure di ogni mammifero.
La complessità è un tema molto dibattuto e forse irrisolvibile sul piano biologico oggettivo. Gould la descrive nella sua teoria degli equilibri punteggiati: c'è un livello minimo di complessità, presso il quale si stabilisce un massimo di popolazione vivente, al di sotto di questo livello non si può scendere. Alcuni organismi (pochi) possono determinare forme più complesse, ma possono tornare indietro? Le grandi catastrofi naturali, le estinzioni di massa, ci insegnano che ciclicamente il livello di complessità del vivente si riduce e tutto ricomincia, facilitato dal vuoto che si determina, fino alla prossima estinzione.
McShea stabilisce una definizione di complessità basata sul numero delle parti e osserva come questa complessità tenda ad aumentare a un massimo in assenza di selezione naturale (zero force level), ma la selezione naturale che poi interviene tende a semplificare, cancella il ridondante, il troppo complesso, dunque nel tempo la complessità si riduce fino a un livello più o meno stabile, inferiore a quello iniziale
http://sites.duke.edu/mcshearesearch/files/2014/03/Complexity-by-Subtraction-McSheaHordijk.pdfProprio come quel moscerino con 4 ali nel video con Minelli che presenta l'Evo devo, un moscerino con 4 ali è di sicuro più complesso di uno con solo due, ma non funziona e la selezione naturale, purtroppo per lui, punisce tragicamente la sua complessità.
Citazione di: sgiombo il 18 Aprile 2016, 22:36:24 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Aprile 2016, 18:46:07 PM
Risposta di Sgiombo:
[...]
Rilevo soltanto l' evidente erroneità dell' affermazione che "Secondo il darwinismo, tutte le strutture biologiche e le loro funzioni e proprietà si conservano perché, sorte ad un certo punto casualmente, si sono poi rivelate di qualche utilità, giusto? Non ci può essere un'altra risposta, per il darwinismo".
No, non è giusto: ci sono tantissime altre possibilità. Infatti il "darwinismo", se così lo vogliamo chiamare, prevede la comparsa e la conservazione di un' infinità di aspetti della vita che non si rivelano affatto di alcuna "utilità" e talora sono anzi di una qualche limitata "dannosità" per la sopravvivenza, come le corna dei cervi e le piume caudali dei pavoni maschi, per citare solo due fra le più eclatanti: la selezione naturale non salva solo i "campionissimi alla Eddy Merckx", ma si limita solo a fare estinguere i "superbrocchi alla Dani Pedrosa" (chiedo scusa ad eventuali suoi ammiratori, ma in dieci anni in Honda ufficiale non ha ancora vinto un mondiale e non ne vincerà mai: sarebbe più giusto che anche altri potessero cimentarsi con una moto supercompetitiva per dimostrare se e quanto valgono); brocchi solo un po' meno penosi possono benissimo sopravvivere.
[...]
Quanto al II Principio della termodinamica, non afferma affatto che "l'entropia è necessariamente in aumento", ma solo che in un sistema termodinamicamente isolato l' entropia complessiva non diminuisce e tende ad aumentare; ma questo non impedisce affatto che in "sottosistemi" reciprocamente non isolati di esso diminuisca, alla semplice condizione di una crescita uguale o maggiore fuori da tali "sottosistemi" non isolati ma pur sempre dentro il "sistema complessivamente isolato".
La moderna teoria dell'evoluzione, come sviluppo dell'originario darwinismo, è una costruzione che si basa su due pilastri:
a) alterazioni casuali degli organismi viventi (mutazioni, evo-devo e quant'altro)
b) selezione naturale di quelle casuali alterazioni che si rivelano di qualche utilità.
Con le tue parole che ho qui riportato, Sgiombo, in pratica annulli o depotenzi molto il secondo pilastro della teoria, la selezione naturale. Resterebbe praticamente in piedi, secondo le tue parole, solo il primo pilastro, quello delle alterazioni casuali.
Ora, l'implicazione di ciò è che l'evoluzione degli organismi viventi, dalla fase pre-biotica della Terra fino all'attuale complessità della vita, sarebbe dovuta in pratica ad una sola forza: il caso.
Qualcuno trova convincente questa spiegazione?
E' scientifica questa spiegazione?
E' utile una spiegazione che non spiega nulla, ma che ci dice semplicemente che ciò che è accaduto, è accaduto per caso?
Perché nessuno di noi accetterebbe l'idea che un dipinto come la Gioconda possa essere creato da un computer che getta a caso dei pixel, mentre molti trovano accettabile e anzi ragionevole che la natura riesca a farlo?
E' qui che si inserisce il mio accenno all'entropia. E' certamente vero quello che dici, Sgiombo, sull'entropia e sui sistemi chiusi, ma quel che intendevo dire è che è molto difficile spiegare, solo con l'azione del caso, la potente inversione di direzione dell'entropia che i sistemi biologici presentano. Occorrerebbe una trattazione quantitativa della questione, che ovviamente qui non possiamo fare, quindi lasciamo pur cadere l'argomento entropia.
Nello specifico, Sgiombo, hai citato le corna dei cervi e le piume caudali dei pavoni maschi. Credo di poterti correggere dicendo che la natura tollera anche cose che non servono più, o che sono limitatamente dannose; ma non che permette la comparsa di aspetti che sono inutili o dannosi. Quando un aspetto compare per la prima volta, si può conservare solo se almeno all'inizio è utile; in seguito potrebbe non essere più così utile, e tuttavia non essere penalizzato dalla natura. Ma solo in seguito.
Del resto, non sto inventando nulla. Riporto un breve stralcio da wikipedia:
Citazione[...] la selezione viene vista come il meccanismo di controllo a posteriori sulle varianti casuali che possono manifestarsi all'interno di una popolazione. La selezione viene considerata come meccanismo base, non sostituibile dai meccanismi scoperti successivamente (deriva genetica,flusso genico, effetto fondatore, ecc.)
Citazione di: maral il 19 Aprile 2016, 15:33:09 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 19 Aprile 2016, 12:43:53 PM[...]
Certo, ma se vogliamo studiarne l'origine doppiamo definire chiaramente cosa è vivo e cosa no, sembra facile dire che un gatto è vivo, [...]
Purtroppo le cose più palesi sono quelle su cui ci si inganna più facilmente, ritenendole semplici ed evidenti.
[...]
Sono d'accordo sul primo punto: definire cos'è la vita.
Secondo me il punto di partenza è semplicemente questo: la scienza dovrebbe accettare l'idea che la vita (e la coscienza con essa) è un aspetto fondamentale dell'universo, non un accidente. Se non si parte da questo, non si capirà mai cos'è la vita (e la coscienza).
Quanto al secondo punto, la complessità, be', solo con un sofisma mi puoi convincere che non c'è stato un aumento di complessità.
Prima non c'era nulla: 0.
Poi è sorta la vita: 1.
Uno è maggiore di zero. Nessun dubbio.
E quanto alla definizione di complessità, io la ricollegherei all'informazione: un organismo biologico è tanto più complesso quanto più numerose sono le informazioni che servono a descriverne la struttura e a regolarne lo sviluppo e le funzioni. Una pura questione di bit.
Citazione di: sgiombo il 18 Aprile 2016, 22:36:24 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Aprile 2016, 18:46:07 PM
Risposta di Sgiombo:
[...]
Peraltro quella del rapporto materia/pensiero o cervello/coscienza è un' altra e veramente interessante questione, che non ha nulla a che vedere con l' evoluzione biologica.
Per me é una questione filosofica, non scientifica, non affatto risolvibile "materialisticamente", cioè pretendendo di ridurre la mente cosciente al cervello).
Collegandola (a mio avviso indebitamente, erroneamente) alla questione dell' evoluzione biologica mi sembra che tu segua quanto proposto da Thomas Nagel in Mente e corpo. Personalmente di questo interessantissimo e acuto filosofo condivido la "pars destruens", cioè appunto la critica del monismo materialistico (del riduzionismo della mente cosciente alla materia cerebrale), ma dissento dalla "pars costruens" e in particolare dalla negazione della biologia scientifica contenuta in questa ultima opera tradotta in italiano.
Ritengo infatti che l' evoluzione biologica sia rilevante nello spiegare la comparsa dei sistemi nervosi (compreso quello umano, e nel suo ambito il cervello) e dei comportamenti che dai sistemi nervosi sono regolati; ma che non abbia nulla da dire sulla coscienza e il pensiero (e dunque anche sull' autocoscienza) per il semplice fatto che il mondo vivente sarebbe così com è e "funzionerebbe così come funziona" anche nel caso gli animali dotati di sistema nervoso non fossero provvisti di coscienza, anche se animali e uomini fossero delle sorta di zombi che si comportano come se fossero coscienti senza realmente esserlo.
I cervelli potrebbero benissimo non essere "accompagnati" dall' esperienza cosciente (e nel caso umano anche autocosciente) e nulla cambierebbe minimamente dal punto di vista della biologia: la materia biologica continuerebbe a divenire così come diviene (gli animali e gli uomini in particolare a comportarsi così come si comportano) dal momento che per la chiusura causale del mondo fisico il loro comportamento è determinato solo e unicamente dai loro cervelli e non affatto dalle loro esperienze coscienti (che secondo me ai loro cervelli non sono affatto riducibili, ma vi coesistono divenendo per così dire "parallelamente" su un piano diverso e non comunicante, trascendente.
Peraltro il corrispondente cerebrale dell' autocoscienza (nell' uomo) è stato diffuso dall' evoluzione biologica innanzitutto perché non è troppo dannoso relativamente alla sopravvivenza e alla riproduzione di chi ne è dotato (la specie umana); e questo basterebbe e avanzerebbe, ma per di più è anche di notevole utilità, consentendo di fare calcoli e previsioni e di prendere decisioni (o meglio: che accadano gli eventi fisiologici cerebrali che a calcoli e previsioni e decisioni coscienti corrispondono ma che potrebbero anche benissimo accadere senza essere accompagnati dalla coscienza di essi e in generale dall' autocoscienza) circa comportamenti futuri che, tenendo conto anche di possibili accadimenti relativamente lontani nel tempo e non immediatamente constatabili al presente, comportano maggiori chances di sopravvivenza e di riproduzione rispetto alla sua assenza.
[...]
E qui invece mi trovo perfettamente d'accordo con te, Sgiombo: la coscienza non ha nulla a che vedere con l'evoluzione biologica.
Io avevo introdotto la questione in implicita polemica con certa scienza riduzionista (affine al darwinismo più grossolano) che pretende di "spiegare" la coscienza come un prodotto dell'attività neuronale.
In realtà la coscienza usa il cervello per interfacciarsi con la realtà fisica, in maniera simile ad una trasmissione televisiva che usa l'apparecchio TV per manifestarsi ai nostri sensi.
Ma facciamo un passo avanti. Se la coscienza non è un prodotto dell'evoluzione biologica, perché la scienza non dovrebbe domandarsi che cos'è la coscienza e da dove viene?
Inoltre: non potremmo pensare che così come esiste la coscienza umana che si manifesta nel corpo umano, possano esistere altre forme di coscienza che si manifestano in strutture fisiche che nemmeno immaginiamo?
Perché non assumere che la coscienza è una proprietà intrinseca del "tessuto" di cui è costituito l'universo?
Perché non ammettere che tutto è coscienza, coscienza che "zampilla" dove determinate strutture fisiche lo consentono (come il corpo umano)?
Ma allora, se siamo arrivati ad ammettere tutto questo, cosa c'è di strano nell'idea di un disegno intelligente che guida l'evoluzione dell'universo, se è vero che tutto è coscienza?
Loris Bagnara ha scritto:
[font='Times New Roman', serif]In queste parole ci sono due aspetti che mi lasciano estremamente perplesso.[/font][font='Times New Roman', serif]
a) L'origine della vita e che cos'è la vita.
La vita è un fenomeno di questo universo, forse il più straordinario fenomeno dell'universo, e come tutti i fenomeni di questo universo deve avere una spiegazione. Non può, la scienza, alzare le mani e dire: qui non mi addentro. Che cos'è la scienza se non la ricerca della verità? Se la scienza di oggi non ha gli strumenti per affrontare la questione vita, allora è la scienza che deve cambiare, non è la questione vita che dev'essere accantonata.[/font]
Rispondo:
Non si può certo pretendere dalla scienza che abbia "da subito" risposte a tutti i problemi: alcuni aspetti della realtà naturale materiale li conosce molto bene, su altri presenta lacune più o meno macroscopiche; non essendo una verità rivelata bensì cercata faticosamente osservando e ragionando, e inoltre non disponendo di poteri "paranormali" non può certo ambire all' onniscienza, men che meno immediata.
Però ha già acquisito risultati notevolissimi che permettono di affermare che l' origine della vita deve essere stato qualcosa di assolutamente naturale, senza interferenze sopra- o extra- naturali; nello studiarla per l' appunto scientificamente, si devono bandire ipotesi "vitalistiche" o "provvidenzialistiche" (che infatti da gran tempo nessuno scienziatio di fatto prende più in considerazione).
Anche perché tutta la scienza si basa sul presupposto (indimostrabile: Hume!) che la realtà naturale materiale diviene ordinatamente in una concatenazione causale di eventi unicamente regolata e determinata da leggi universali e costanti (meccanicistiche o probabilistiche che siano: questo è casomai un'altra questione), senza eccezioni: se non si accetta questa premessa indimostrabile non si fa scienza direi per definizione, trattandosi di una conditio sine qua non (ne siano consapevoli o meno i ricercatori stessi, che non di rado non sono filosoficamente ferrati) della verità delle sue affermazioni.
[font='Times New Roman', serif] [/font]
Loris Bagnara ha scritto[font='Times New Roman', serif]
b) La complessità della vita.
Ora, non si può negare ciò che è evidente e palese anche a un bambino. Guardiamo alla storia della Terra. Prima non c'era niente, solo materia inanimata. Poi sono venuti gli organismi monocellulari. Poi quelli pluricellulari. Poi gli artropodi. Poi i cordati. Poi i vertebrati etc etc Fino ai mammiferi e l'uomo. Possiamo concordare sul fatto che la crescita della complessità non è un fenomeno lineare, e che da qualche decina di milioni di anni non ci sono grosse novità (a parte l'uomo...). Ma vogliamo negare il fatto che, globalmente, la complessità della vita sulla terra oggi è infinitamente maggiore di quella degli albori, per non parlare del periodo precedente la comparsa della vita? Che cosa ha creato tutta questa complessità?[/font]
[font='Times New Roman', serif] [/font]
Rispondo :
Come ha detto bene Maral (se posso permettermi, senza presunzione: si vede che conosce molto bene Gould!), l' evoluzione della vita in generale procede parimenti dal più semplice al più complesso e dal più complesso al più semplice (per esempio da antenati dotati di vista acutissima si sono evolute specie che abitando in caverne pressocché prive di luce hanno perso quasi completamente la vista e da antenati mobilissimi, agilissimi e vivacissimi si sono evolute specie parassite la cui vita si esaurisce quasi completamente nel "succhiare nutrimento" alle vittime del loro parassitismo.
Naturalmente, poichè la vita non poteva ovviamente che comparire in forme estremamente semplici, le più semplici possibili, le sue prime differenziazioni evolutive non hanno potuto tendere anche alla maggiore semplificazione: più semplice del semplicissimo -superlativo assoluto- non può logicamente darsi; ma la tendenza generale è sempre senza finalità né "direzionalità privilegiata" alcuna, né verso una crescente complessità, né verso una crescente semplicità (cioè é verso entrambe allo stesso modo): se inizialmente di fatto non è potuta procedere verso il più semplice è soltanto perché esisteva un "argine insormontabile" a impedire che la "corrente della vita" si propagasse anche in quella direzione esattamente come nella contraria (quella verso il più complesso).
Loris Bagnara ha scritto:
La moderna teoria dell'evoluzione, come sviluppo dell'originario darwinismo, è una costruzione che si basa su due pilastri:
a) alterazioni casuali degli organismi viventi (mutazioni, evo-devo e quant'altro)
b) selezione naturale di quelle casuali alterazioni che si rivelano di qualche utilità.
Con le tue parole che ho qui riportato, Sgiombo, in pratica annulli o depotenzi molto il secondo pilastro della teoria, la selezione naturale. Resterebbe praticamente in piedi, secondo le tue parole, solo il primo pilastro, quello delle alterazioni casuali.
Rispondo:
No, guarda che non annullo o depotenzio proprio niente, anzi! Semplicemente correggo interpretazioni scorrette e false della teoria scientifica dell' evoluzione biologica.
Loris Bagnara ha scritto:
E' qui che si inserisce il mio accenno all'entropia. E' certamente vero quello che dici, Sgiombo, sull'entropia e sui sistemi chiusi, ma quel che intendevo dire è che è molto difficile spiegare, solo con l'azione del caso, la potente inversione di direzione dell'entropia che i sistemi biologici presentano. Occorrerebbe una trattazione quantitativa della questione, che ovviamente qui non possiamo fare, quindi lasciamo pur cadere l'argomento entropia.
Rispondo:
Molto semplicemente la biosfera è un "sottosistema termodinamicamente aperto" nel sistema solare, con buona approssimazione considerabile "chiuso": non c' è proprio alcunché di misterioso o inspiegabile o men che meno non convincente nel fatto che l' entropia del primo diminuisca ricevendo energia dal secondo e aumentando almeno altrettanto l' entropia complessiva del secondo: è qualcosa di banalissimo!
(Resto fermo nel rifiuto già motivato in precedenza di prendere in considerazione le negazioni aprioristiche e infondate della teoria scientifica dell' evoluzione biologica; però scusa ma l' affermazione che nell' evoluzione della vita "Quando un aspetto compare per la prima volta, si può conservare solo se almeno all'inizio è utile" è una bufala troppo colossale: qualsiasi novità si conserva purché non sia troppo dannosa perché l' individuo che la presenta possa sopravvivere fino a riprodursi; e infatti la tua citazione di Wikipedia –per quel che può valere- non afferma affatto una simile sciocchezza!).
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A Green Demetr in gran parte ho già risposto negli ultimi interventi prima di questo: ribadisco che non ritengo proficuamente praticabile in un forum come questo una discussione fra chi accetta la scientificità dell' evoluzione biologica (fra l' altro per me c' è un' abisso fra la fondatezza scientifica dell' evoluzione biologica e la per lo meno scarsa fondatezza -per me- della teoria del "Big bang") e chi pretende di negarla, e che non ho alcuna intenzione di cimentarmici ulteriormente: ognuno ha i suoi interessi che legittimamente coltiva e altri che legittimamente non coltiva).
Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2016, 19:39:12 PME qui invece mi trovo perfettamente d'accordo con te, Sgiombo: la coscienza non ha nulla a che vedere con l'evoluzione biologica.
Io avevo introdotto la questione in implicita polemica con certa scienza riduzionista (affine al darwinismo più grossolano) che pretende di "spiegare" la coscienza come un prodotto dell'attività neuronale.
In realtà la coscienza usa il cervello per interfacciarsi con la realtà fisica, in maniera simile ad una trasmissione televisiva che usa l'apparecchio TV per manifestarsi ai nostri sensi.
Ma facciamo un passo avanti. Se la coscienza non è un prodotto dell'evoluzione biologica, perché la scienza non dovrebbe domandarsi che cos'è la coscienza e da dove viene?
Inoltre: non potremmo pensare che così come esiste la coscienza umana che si manifesta nel corpo umano, possano esistere altre forme di coscienza che si manifestano in strutture fisiche che nemmeno immaginiamo?
Perché non assumere che la coscienza è una proprietà intrinseca del "tessuto" di cui è costituito l'universo?
Perché non ammettere che tutto è coscienza, coscienza che "zampilla" dove determinate strutture fisiche lo consentono (come il corpo umano)?
Ma allora, se siamo arrivati ad ammettere tutto questo, cosa c'è di strano nell'idea di un disegno intelligente che guida l'evoluzione dell'universo, se è vero che tutto è coscienza?
Premesso che per me di grossolano l' autentico "darwinismo" non ha nulla, ma di grossolano ci sono solo certe deformazioni e fraintendimenti pseudodarwiniani (in realtà antidarwiniani), discuto molto volentieri sul problema dei rapporti cervello/coscienza (o materia/pensiero).
La metafora della TV non l' ho capita
Per me la coscienza contiene i cervelli (almeno potenzialmente) delle persone e degli animali che si frequentano.
E al divenire dei cervelli (vivi e funzionanti) corrispondono biunivocamente, "per filo e per segno" altrettante esperienze coscienti diverse da quelle degli "osservatori di tali cervelli".
Per me la scienza può e deve porsi il problema del "che cosa sono e da dove vengono" i cervelli i quali con il loro funzionamento dirigono il comportamento degli animali e dell' uomo e corrispondono (in parte del loro funzionamento: esiste anche il sonno senza sogni!) all' esperienza cosciente.
E la teoria dell' evoluzione biologica lo spiega egregiamente.
Invece quello dei rapporti cervello/coscenza é un problema che, coinvolgendo anche la "res cogitans" non misurabile né intersoggettiva, "va oltre", "eccede" la scienza": é un problema letteralmente "metafisico".
Francamente non trovo alcun interesse per l' ipotesi che "
così come esiste la coscienza umana che si manifesta nel corpo umano, possano esistere altre forme di coscienza che si manifestano in strutture fisiche che nemmeno immaginiamo".Per me tutto é coscienza nel senso berkeleyano (ma soprattutto humeiano) che "esse est percipi": sia la materia che il pensiero sono eventi fenomenici coscienti reali unicamente in quanto tali e fin tanto che accadono.Ma l' universo fisico (l' insieme delle percezioni "res extensa") é ben distino e non comunicante, trascendente (casomai diveniente "parallelamente, in una corrispondenza biunivoca su un diverso piano ontologico") dalla "res cogitans".Non vedo alcun nesso fra l' affermazione (che condivido) che tutto ciò che possiamo conoscere (per lo meno direttamente, per esperienza diretta é fenomeno, coscienza) e "l' idea [ipotetica] di un disegno intelligente che guida l'evoluzione dell'universo".
CitazioneSgiombo ha scritto:
[...] però scusa ma l' affermazione che nell' evoluzione della vita "Quando un aspetto compare per la prima volta, si può conservare solo se almeno all'inizio è utile" è una bufala troppo colossale: qualsiasi novità si conserva purché non sia troppo dannosa perché l' individuo che la presenta possa sopravvivere fino a riprodursi; e infatti la tua citazione di Wikipedia –per quel che può valere- non afferma affatto una simile sciocchezza!).
Putroppo, Sgiombo, la bufala non l'ho scritta io: se prosegui nella lettura di Wikipedia, alla voce "
Selezione naturale", linkata da quella che ho precedentemente riportato, puoi leggere:
CitazioneLa selezione naturale agisce sui fenotipi, favorendo quelli più adatti e conferendo loro un vantaggio sia di sopravvivenza sia riproduttivo. La selezione naturale agisce indistintamente sia sulla componente ereditaria sia su quella non ereditaria dei caratteri, ma è solo sulla prima, vale a dire sul genotipo, che si manifestano i suoi effetti, poiché è solo questa che è trasmessa alla progenie.
https://it.wikipedia.org/wiki/Selezione_naturale
Tutto l'articolo di wikipedia conferma ed espande quello che ho riassunto io (banalmente) in poche parole.
E purtroppo in questo articolo non c'è la minima traccia di quello che tu dici, nemmeno come peregrina ipotesi avanzata da qualche scienziato di frontiera: cioè, che la selezione naturale si debba intendere come tolleranza della natura nei confronti delle variazioni non troppo dannose.
Può essere un principio valido in casi circoscritti, può spiegare alcuni aspetti secondari, ma non ha certo validità generale:
Darwin non l'ha mai detto, e io non l'ho mai trovato scritto da nessun'altra parte. Lo leggo ora per la prima volta in questo forum.Tu puoi ritenere valida questa interpretazione, ma sia chiaro che si tratta di una tua personale interpretazione, che non ha il supporto del mondo scientifico.
CitazioneSgiombo ha scritto:
No, guarda che non annullo o depotenzio proprio niente, anzi! Semplicemente correggo interpretazioni scorrette e false della teoria scientifica dell' evoluzione biologica.
Non basta dichiarare che non depotenzi il meccanismo della selezione naturale, quando sono le tue stesse parole a implicare tale depotenziamento. Mi spiego.Prendiamo i due criteri di selezione:a) selezione del più forte (criterio classico)b) tolleranza nei confronti del non-troppo-disadatto (criterio di Sgiombo)E' chiaro come il sole che il primo criterio è più restrittivo, più selettivo appunto, e per questo più "costruttiv"o del secondo. Il secondo criterio, meno restrittivo, lascia molto maggiore spazio al caso, e allora sta a te, Sgiombo, dimostrare che con il caso riesci a "costruire" le strutture biologiche che osserviamo.Ad esempio, tornando al problema citato da Donalduck all'inizio e a cui NESSUNO ha dato ancora una risposta: come si è formata l'ala a partire da un arto? Bene, io chiedo ancora una volta che chi la sa la risposta, la dia. Le alternative sono:a) l'ala è sorta all'improvviso, da una generazione all'altra, senza passaggi intermedi.b) l'ala è sorta come modificazione progressiva di un arto, nel corso di numerose generazioni.Entrambe le possibilità, però, presentano difficoltà enormi.La prima possibilità si scontra con la gigantesca improbabilità di un simile evento.La seconda possibilità si scontra con il problema del "né-arto-né-ala" ben descritto da Donalduck, oltre che con l'assoluta mancanza di reperti fossili che documentino la transizione.Bene, confesso la mia ignoranza. Qualche evoluzionista ortodosso conosce la risposta? Se è così, la scriva, per cortesia, perché farebbe un piacere a me e probabilmente a qualcun altro.CitazioneSgiombo ha scritto:
[...] Naturalmente, poichè la vita non poteva ovviamente che comparire in forme estremamente semplici, le più semplici possibili, le sue prime differenziazioni evolutive non hanno potuto tendere anche alla maggiore semplificazione: più semplice del semplicissimo -superlativo assoluto- non può logicamente darsi; [...]
"La vita non poteva che comparire in forme estremamente semplici" e "più semplice del semplicissimo non può logicamente darsi"...
Certo che poteva darsi:
la vita poteva semplicemente non comparire. Più semplice di così. L'assenza della vita era la cosa più semplice e naturale che potesse verificarsi. Cosa c'è di più adatto alla vita di una roccia che può resistere milioni o miliardi di anni? Nessun organismo vivente può fare altrettanto. Ad un certo punto il regno minerale ha fatto il
salto nel regno vegetale/animale: un gradino immenso, che troppo riduttivamente hai liquidato, Sgiombo, con "l
a vita non poteva che comparire in forme estremamente semplici".
Citazione di: Loris Bagnara il 19 Aprile 2016, 16:10:15 PM
Sono d'accordo sul primo punto: definire cos'è la vita.
Secondo me il punto di partenza è semplicemente questo: la scienza dovrebbe accettare l'idea che la vita (e la coscienza con essa) è un aspetto fondamentale dell'universo, non un accidente. Se non si parte da questo, non si capirà mai cos'è la vita (e la coscienza).
Quanto al secondo punto, la complessità, be', solo con un sofisma mi puoi convincere che non c'è stato un aumento di complessità.
Prima non c'era nulla: 0.
Poi è sorta la vita: 1.
Uno è maggiore di zero. Nessun dubbio.
E quanto alla definizione di complessità, io la ricollegherei all'informazione: un organismo biologico è tanto più complesso quanto più numerose sono le informazioni che servono a descriverne la struttura e a regolarne lo sviluppo e le funzioni. Una pura questione di bit.
Definire la vita è tutt'altro ce semplice, c'è sempre qualcosa che non convince in ogni definizione. D'altra parte se non la si definisce come possiamo stabilire che prima di un certo momento non c'era nulla (di vivente). Per chi considera vivo il fuoco questo prima probabilmente non c'è mai stato, non c'è mai stato lo 0.
Inizialmente vivo era considerata qualsiasi cosa in grado di muoversi spontaneamente, poi ci si è aggiunta la proprietà di alimentarsi e riprodursi. Più recentemente, una definizione di vita che mi convince molto, è quella che la intende come l'attività autopoietica di un'unità complessa finalizzata solo alla conservazione biostatica di questa stessa unità. Finché la biostasi ciclica funziona la vita si mantiene, quando cessa di funzionare l'unità vivente si disintegra. C'è chi identifica questa unità con il DNA, ma a mio avviso è un'assunzione troppo riduttiva e arbitraria. Una cosa tuttavia mi pare evidente, non si può parlare di vita senza considerarla dal punto di vista interattivo con l'ambiente: la vita è un adattamento al variare del contesto e ogni condizione di contesto esige forme diverse di complessità (come dice minelli ricordando la frase della Regina Rossa nella fiaba di Alice: evoluzione significa correre continuamente per poter restare dove si è). Se un organismo è tanto più complesso quante più numerose sono le informazioni che servono a descriverne la struttura e a regolarne lo sviluppo e le funzioni, è anche vero che l'aumento di questa complessità non è in genere premiante: il trionfo della forma vivente batterica lo dimostra ampiamente, se è vero che i batteri possiamo considerarli più semplici dei dinosauri, dei mammiferi e dei tanti ominidi andati estinti e penso abbiano prospettive molto migliori dello stesso homo sapiens che, per quanto si consideri al vertice del creato, senza di loro, come ogni altra forma vivente, neanche potrebbe sopravvivere.
Ma è vero La coscienza è un'altra questione fondamentale, che non può prescindere dalla vita, poiché qualsiasi cosa ne diciamo, la si può dire solo dal nostro punto di vista cosciente. Solo noi, esseri coscienti, forse sappiamo di essere vivi, poiché sappiamo di dover morire. Solo la coscienza ammette l'osservatore che è colui che tenta di definire la vita. E la coscienza anch'io non credo che sia riducibile a una semplice attività neuronale, anche se questa attività è strettamente collegata e istituisce una sorta di scambio continuo di informazioni rappresentative tra le cellule del midollo allungato e quelle dell'area corticale, in una sorta di continui rimandi reciproci ove le une stimolano le altre, come in un gioco di specchi continuamente reiterato.
C'è anche chi propone di considerare la coscienza come una dimensione, con annesse unità di misura. Non sono particolarmente convinto delle loro argomentazioni, ne degli ambienti dove usualmente questa tesi si presenta.. Tuttavia ammetto che l'ipotesi ha un certo fascino di per se, non risponde alle classiche domande, ma cambia radicalmente come esse sono poste, che male non è.
Loris Bagnara ha scritto:
Putroppo, Sgiombo, la bufala non l'ho scritta io: se prosegui nella lettura di Wikipedia, alla voce "Selezione naturale", linkata da quella che ho precedentemente riportato, puoi leggere:
Citazione
"La selezione naturale agisce sui fenotipi, favorendo quelli più adatti e conferendo loro un vantaggio sia di sopravvivenza sia riproduttivo. La selezione naturale agisce indistintamente sia sulla componente ereditaria sia su quella non ereditaria dei caratteri, ma è solo sulla prima, vale a dire sul genotipo, che si manifestano i suoi effetti, poiché è solo questa che è trasmessa alla progenie".
Rispondo:
Purtroppo, Loris Bagnara, "favorire ciò che é utile" é ben altra cosa dal "favorire ciò che é più adatto" ed entrambe le cose sono ben altro che consentire la riproduzione unicamente di ciò che é utile, eliminanto tutto ciò che non é utile.
Loris Bagnara ha scritto:
Tutto l'articolo di wikipedia conferma ed espande quello che ho riassunto io (banalmente) in poche parole.
E purtroppo in questo articolo non c'è la minima traccia di quello che tu dici, nemmeno come peregrina ipotesi avanzata da qualche scienziato di frontiera: cioè, che la selezione naturale si debba intendere come tolleranza della natura nei confronti delle variazioni non troppo dannose.
Rispondo:
SE é così, allora purtroppo mi dispiace tanto per quell' articolo.
Loris Bagnara ha scritto:
Può essere un principio valido in casi circoscritti, può spiegare alcuni aspetti secondari, ma non ha certo validità generale: Darwin non l'ha mai detto, e io non l'ho mai trovato scritto da nessun'altra parte. Lo leggo ora per la prima volta in questo forum.
Tu puoi ritenere valida questa interpretazione, ma sia chiaro che si tratta di una tua personale interpretazione, che non ha il supporto del mondo scientifico.
Rispondo:
E' un princpio valido universalmente, e Darwin (che oltre a non averlo mai affermato nemmeno l' ha mai negato) non é una sorta di papa infallibile.
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Loris Bagnara ha scritto:
Non basta dichiarare che non depotenzi il meccanismo della selezione naturale, quando sono le tue stesse parole a implicare tale depotenziamento. Mi spiego.
Prendiamo i due criteri di selezione:
a) selezione del più forte (criterio classico)
b) tolleranza nei confronti del non-troppo-disadatto (criterio di Sgiombo)
E' chiaro come il sole che il primo criterio è più restrittivo, più selettivo appunto, e per questo più "costruttiv"o del secondo. Il secondo criterio, meno restrittivo, lascia molto maggiore spazio al caso, e allora sta a te, Sgiombo, dimostrare che con il caso riesci a "costruire" le strutture biologiche che osserviamo.
Rispondo:
Non basta attribuirmi negazioni di aspetti della teoria scientifica della evoluzione biologica quando non li nego affatto.
Il caso e la selezoione naturale spiegano egregiamente l' evoluzione biologica.
°°°°°°°°°
Alle pure e semplici pretese negazioni aprioristiche non argomentate della teoria scientifica della selezione naturale tengo fede al proposito di non rispondere .
Speravo di riuscire ad avviare una discussione seria sul tema in questione, ma non sono stupito dal sostanziale insuccesso, almeno per ora.
Purtroppo il conformismo cieco, in campo scientifico come altrove, è una delle forze più potenti che agiscono a livello individuale e sociale.
Così, il risultato più probabile del mettere in discussione dogmi consolidati, qui confermato, è provocare reazioni isteriche da chi vede contestate le Sacre Scritture, che si concretizzano in post denigratori, pieni di supponente quanto gratuito sarcasmo o addirittura insultanti e comunque privi di qualunque sia pur debole argomento.
Ho detto onestamente quello che penso, né più e né meno, e ho ottenuto in risposta sproloqui supponenti e insulti gratuiti. Ma questo, si sa, è il metodo usato da sempre (in primo luogo dalle religioni) da chi si rifiuta di discutere su dogmi che messi in discussione mostrerebbero tutta la loro inconsistenza: dal momento che non sei minimamente in grado di controbattere, gridi al sacrilegio e rigetti le argomentazioni come talmente assurde da non meritare risposta, sottraendoti a un dibattito che non sapresti sostenere. E, contemporaneamente, scoraggi ogni dubbio in proposito cercando di convincere chi ti ascolta che il metterli in discussione è di per sé segno di ignoranza e stupidità. Ed è principalmente con questi mezzucci squallidi (e fortemente dannosi per la scienza e per il pensiero in generale) che le tesi neodarwiniane che contesto son state tenute artificalmente in vita per tanto tempo e continuano ad essere considerate un pilastro incrollabile della biologia. Emarginando con ogni mezzo, non importa quanto sleale, tutti gli "eretici" (che non sono mai mancati e non mancaro tuttora, e in quantità) per motivi esclusivamente ideologici.
Comunque, steso un velo pietoso sugli interventi da talk-show televisivo (che non meritano una citazione diretta), vedo che la discussione è deviata su altri argomenti non meno interessanti che però sono secondari rispetto alla questione posta e richiederebbero una discussione a parte, soprattutto quello relativo alla coscienza.
Vorrei rinnovare l'invito, se alle volte ci fosse qualche sostenitore delle teorie neodarwiniane capace di discuterne, a prendere in considerazione il mio post iniziale (e i successivi chiarimenti), e a seguire quel filo. Ho messo una varietà di stimoli proprio per dare la possibilità di affrontare l'argomento da diversi fronti. Ad esempio ho chiesto di fornire anche un solo esempio di prova a sostegno della teoria della mutazione-selezione (finora, naturalmente, nessuno ha raccolto l'invito). Oppure sarebbe apprezzabile ribattere in maniera puntuale a qualcuna delle mie argomentazioni (anche su questo fronte, finora, niente di niente).
Citazione di: Donalduck il 20 Aprile 2016, 13:52:00 PM
Ho detto onestamente quello che penso, né più e né meno, e ho ottenuto in risposta sproloqui supponenti e insulti gratuiti... Ed è principalmente con questi mezzucci squallidi (e fortemente dannosi per la scienza e per il pensiero in generale) che le tesi neodarwiniane che contesto son state tenute artificalmente in vita per tanto tempo e continuano ad essere considerate un pilastro incrollabile della biologia. Emarginando con ogni mezzo, non importa quanto sleale, tutti gli "eretici" (che non sono mai mancati e non mancaro tuttora, e in quantità) per motivi esclusivamente ideologici.
Donalduck: a quali insulti ti riferisci? Sei stato personalmente insultato in questa discussione? Se è così segnala dove e quando e il caso sarà valutato dalla moderazione.
Il punto è che una discussione sull'argomento "evoluzione" è retto sempre, da una parte e dall'altra da enormi impostazioni pregiudiziali ed ideologiche e non credo che nemmeno tu ne sia esente, come non ne sono esente io che, tra l'altro, sono sempre stato assai critico sulle tesi degli evoluzionisti (soprattutto quando sul principio della selezione naturale, giusto o sbagliato che sia, si vuole giustificare la pratica della selezione bio-sociale). Ma riconosco che, per essere efficacemente critici occorre conoscere bene il campo in cui ci si muove e invece, molti critici, spesso si muovono a lume di naso, con scarsissima competenza di ciò che vanno a criticare, si fermano sulle posizioni di principio in nome delle quali non si può che litigare.
Ad esempio, lo ripeto ancora, è una balla colossale (e dire che è una balla colossale non è un insulto) che la teoria evolutiva attuale (quella che va per la maggiore) sostenga che l'evoluzione non avviene per sbalzi, è da tempo che anche i darwinisti più convinti non sostengono più questa tesi, dunque non ha alcun senso ormai criticarla, già la scienza evolutiva lo riconosce: l'evoluzione si manifesta per sbalzi nella morfologia dei viventi (sbalzi a cui possono corrispondere limitatissime variazioni genomiche).
Citazione
CitazioneMaral ha scritto:
Se un organismo è tanto più complesso quante più numerose sono le informazioni che servono a descriverne la struttura e a regolarne lo sviluppo e le funzioni, è anche vero che l'aumento di questa complessità non è in genere premiante: il trionfo della forma vivente batterica lo dimostra ampiamente, se è vero che i batteri possiamo considerarli più semplici dei dinosauri, dei mammiferi e dei tanti ominidi andati estinti e penso abbiano prospettive molto migliori dello stesso homo sapiens che, per quanto si consideri al vertice del creato, senza di loro, come ogni altra forma vivente, neanche potrebbe sopravvivere.
Sì, è vero, l'aumento di complessità significa anche aumento della precarietà, della fragilità di quell'organismo.
Ma, mi viene da pensare, questa osservazione complica ancora di più il problema: se è vero che i batteri sono più vincenti degli organismi complessi, che cosa spinge la natura a creare anche forme complesse, che come tali sono molto più improbabili delle forme più semplici?
E, come ho già scritto, che cosa spinge la natura a compiere il salto oltre il regno dei minerali, che sono certamente ancora più semplici e ancora più vincenti dei batteri?
Sgiombo ha scritto:
Citazione[...] "favorire ciò che é utile" é ben altra cosa dal "favorire ciò che é più adatto" ed entrambe le cose sono ben altro che consentire la riproduzione unicamente di ciò che é utile, eliminanto tutto ciò che non é utile.
Credo che tutti gli altri lettori abbiano inteso correttamente il senso del termine "utile" che ho utilizzato nella mia espressione, ossia: una caratteristica è "utile" se rende un organismo biologico "più adatto" al proprio ambiente, conferendogli maggiori probabilità di sopravvivenza e maggiori probabilità di riprodursi e trasmettere le proprie caratteristiche alla progenie.
Non c'è nessuna differenza fra la mia espressione e quella usata nell'articolo di wikipedia, a meno che non si voglia deliberatamente distorcere il senso delle parole e confondere le idee per pura polemica.
Sgiombo ha scritto:CitazioneSE é così, allora purtroppo mi dispiace tanto per quell' articolo.
Io ho portato elementi e argomenti a supporto delle mie affermazioni: tu, la tua supponenza non documentata.
Wikipedia, pur con tutti i suoi difetti, proprio perché nasce come opera collettiva ha il pregio di esprimente il
consensus medio in ogni argomento: le opinioni estreme, o poco documentate, vengono escluse. E l'opinione da te espressa, difatti, non c'è.
Sgiombo ha scritto:CitazioneE' un princpio valido universalmente, e Darwin (che oltre a non averlo mai affermato nemmeno l' ha mai negato) non é una sorta di papa infallibile.
Che il tuo principio della
"tolleranza verso il non-troppo-disadatto" sia universalmente valido, è un'affermazione non documentata, come dicevo sopra. Se puoi citare qualche testo che interpreta la "selezione naturale" come "tolleranza verso il non-troppo-disadatto", be', è il momento di farlo.Per inciso, osservo che ora la storia della scienza la si può fare non solo con ciò che viene detto, ma anche con ciò che non viene espressamente negato. Io per esempio non ho negato un sacco di cose. Bene: ci sarà pure qualcosa di vero, in mezzo a tutto ciò che non ho negato? Lo potrò pure avere anch'io il mio posticino nell'album, fra i grandi padri della scienza?Sgiombo ha scritto:CitazioneNon basta attribuirmi negazioni di aspetti della teoria scientifica della evoluzione biologica quando non li nego affatto.
Io non ti ho attribuito gratuitamente nulla. Tutti hanno potuto leggere che io mi sono limitato a evidenziare, con argomentazioni, le incoerenze del tuo pensiero (che è il TUO pensiero, non della scienza): incoerenze che tu evidentemente non sei in grado di cogliere.
Sgiombo ha scritto:CitazioneIl caso e la selezoione naturale spiegano egregiamente l' evoluzione biologica.
Questa tua certezza è rassicurante. Però stiamo ancora tutti aspettando di sapere come ha fatto un arto a trasformarsi in ala. Saresti così cortese di condividere la tua conoscenza?
Sgiombo ha scritto:CitazioneAlle pure e semplici pretese negazioni aprioristiche non argomentate della teoria scientifica della selezione naturale tengo fede al proposito di non rispondere .
"Negazioni aprioristiche" [??!!!]
Io avanzato dubbi (argomentati) e ho espresso ipotesi di lavoro (da discutere).
Tu hai dichiarato di possedere la verità (che è la TUA verità, non quella della scienza), senza condividerne nemmeno un pezzetto con noi.
E ti dimostri anche irritato se la TUA verità viene messa in dubbio.
Il fatto è che con la tua supponenza sei partito a dare del bufalaro prima a Donalduck, e poi a me, quando le uniche bufale (cioè affermazioni non documentate) sono uscite dalla tua penna.
Non mi aspetto che tu risponda, puoi restare nel tuo dichiarato silenzio, a meno che tu non voglia finalmente spiegarci come ha fatto l'arto a trasformarsi in ala.
Maral ha scritto:
CitazioneDonalduck: a quali insulti ti riferisci? Sei stato personalmente insultato in questa discussione? Se è così segnala dove e quando e il caso sarà valutato dalla moderazione.
Per me questa frase:
Citazioneè un' impresa disperata tentare di rispondere in un forum telematico a una così enorme sequenza di sciocchezze antiscientifiche
equivale in tutto e per tutto a un insulto, soprattutto perché è gratuito, e non seguito da alcuna giustificazione, ma solo da un elenco di citazioni considerate assurde a priori, ma
senza una riga di argomentazione (il che la dice lunga sulla supponenza e la scorrettezza di chi le ha riportate).
Meno ancora direttamente insultante, ma nella sostanza equivalente, l"intervento"
CitazioneTanta solidarietà a chi si prenderà l'onere e il tempo di rispondere a tante argomentazioni, il 99% delle quali oblique alla questione della validità della teoria....
Anche qui dell'ironia supponente e
completamente gratuita (infatti non fa appello ad altro che all'eventuale conformismo di chi legge, che dovrebbe considerare "superate" certe obiezioni che non hanno mai ricevuto nessuna risposta vagamente soddisfacente.
Ma non è una questione di suscettibilità, non mi sento offeso, ciò che sento offeso è il buonsenso e l'onestà intellettuale, il che è molto peggio di un'offesa personale.
Non mi disturberebbero particolarmente neppure insulti diretti, se accompagnati da argomentazioni nell'ambito di un leale confronto di idee. Ma di fronte a questo genere di "risposte", a questo genere di atteggiamenti, veramente vengo preso dal disgusto. Ma lasciamo stare, i soggetti in questione hanno già dichiarato di non voler discutere, e a questo punto neppure io ho alcun interesse a partecipare a ridicole e degradanti scaramucce con gente che non ha alcun a intenzione di confrontarsi onestamente.
E non ho nessuna intenzione di sollevare questioni di moderazione. Tutt'al più posso osservare che, se fossi io a gestire il blog, certi interventi che denigrano e basta rifiutando il confronto, non li censurerei (la censura non mi piace proprio), ma li marcherei come "inappropriati", a sottolineare un'"etica del confronto" che sarebbe utile e salutare per tutti seguire.
Citazione di: maral il 20 Aprile 2016, 14:15:27 PM
Citazione di: Donalduck il 20 Aprile 2016, 13:52:00 PM
Ho detto onestamente quello che penso, né più e né meno, e ho ottenuto in risposta sproloqui supponenti e insulti gratuiti... Ed è principalmente con questi mezzucci squallidi (e fortemente dannosi per la scienza e per il pensiero in generale) che le tesi neodarwiniane che contesto son state tenute artificalmente in vita per tanto tempo e continuano ad essere considerate un pilastro incrollabile della biologia. Emarginando con ogni mezzo, non importa quanto sleale, tutti gli "eretici" (che non sono mai mancati e non mancaro tuttora, e in quantità) per motivi esclusivamente ideologici.
Donalduck: a quali insulti ti riferisci? Sei stato personalmente insultato in questa discussione? Se è così segnala dove e quando e il caso sarà valutato dalla moderazione.
[...]
Ad esempio, lo ripeto ancora, è una balla colossale (e dire che è una balla colossale non è un insulto) che la teoria evolutiva attuale (quella che va per la maggiore) sostenga che l'evoluzione non avviene per sbalzi, è da tempo che anche i darwinisti più convinti non sostengono più questa tesi, dunque non ha alcun senso ormai criticarla, già la scienza evolutiva lo riconosce: l'evoluzione si manifesta per sbalzi nella morfologia dei viventi (sbalzi a cui possono corrispondere limitatissime variazioni genomiche).
Donalduck ha ragione, qualcuno gli ha dato subito del bufalaro, senza entrare minimamente nel merito delle sue intelligenti osservazioni.
Ma andiamo oltre.
Maral qui scrive che l'evoluzione procede a salti.
Certo, è l'unica soluzione possibile, perché l'evoluzione graduale non funziona e non è documentata dai fossili.
Ripartiamo allora tutti da questa posizione condivisa: l'evoluzione procede a salti.
Però, come già ho scritto, bisogna pur fare anche i conti con la statistica.
Quante sono le probabilità che da una forma funzionante si possa saltare ad un'altra forma funzionate, per puro caso?
Perché nel mondo umano non vediamo mai e poi mai una cosa del genere? Perché non mi aspetterò mai che un computer, con una sola rielaborazione casuale, mi trasformi il progetto di un'automobile in quello di un aereo perfettamente in grado di volare?
Non è, allora, che i progetti (cioè le forme) siano già scritti da qualche parte (non so dove), e che la natura salti da un progetto all'altro senza doverlo "cercare" il nuovo progetto, un po' come fanno i bambini quando giocano a carampana e saltano da un riquadro all'altro, perché vedono il riquadro dove devono andare?
E non è, questa ipotesi, qualcosa di molto simile a un "disegno intelligente"?
Sicuramente mi riconosco nelle critiche di Maral che ritengo possano anche essere fatte nei miei confronti rispetto alle conoscenze della teoria "scientifica" pertinenti la questione.
Le mie fonti sono per quanto riguarda le scritte (solo Leroi Ghouram, solo riguardo a l'evoluzione dell'uomo).
Le fonti video, sono tutte su Youtube negli ultimi 5-6 anni (Ricordo in particolare le teorie di Cavalli-Sforza, quelle di Pievani, e quelle dell'EVO_DEVO, ultimamente dopo un alterco in università ho fatto un ripasso su youtube edu-italia su Darwin, e in parte devo rivedere le mie posizioni, per Gould le mie fonti sono la wiki, quindi molto parziale e ringrazio Maral e Sgiombo per gli illuminanti passaggi di esempio per quanto riguarda la teoria puntiforme).
D'altronde penso che la libertà del pensiero mi possa poter permettere di andare avanti nella questione.
Che con gli ultimi post di Bagnara e Donal Duck rivendica un maggior dettaglio alla questione.
A me sembra che Maral-Sgiombo vi abbiamo risposto, ma per ulteriori delucidazioni, che magari aiutino anche me a capire cosa non vi torna, non rimane che andare al particolare.
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM
..... Io penso invece che ci sia ancora molto da dire e da discutere, in particolare su un aspetto cruciale e, a mio parere, estremamente debole della teoria darwiniana: la teoria della mutazione-selezione.
Comincerei con questi stimoli:
1) Quali sono le "prove" a sostegno della teoria della mutazione-selezione? Bisogna precisare che non stiamo parlando di prove dell'esistemza di un processo di evoluzione delle forme di vita, e neppure di prove che delle mutazioni casuali .. ma che delle mutazioni casuali .. insieme all'interazione con l'ambiente .. possano costituire il "motore" .. alla incredibile complessità, ingegnosità e varietà di forme di vita che possiamo vedere attualmente. Invito chi ritenesse di avere queste prove (o anche solo forti indizi) ad esporle.
Nel primo punto ti chiedi quale sia il motore delle mutazioni casuali.
Ma ti abbiamo già risposto: si tratta delle mutazioni genetiche.
Più in particolare si tratta del cambiamento di uno dei nucleotidi nell'ultima parte dell'elica del DNA.
Per lo più queste mutazioni non generano un grande cambiamento del fenotipo.
Ma in maniera puntiforme generano gravi patalogie (le malattie ereditarie).
Nella ipotesi di Cavalli-Sforza una di queste malattie risulta poter essere un fattore evolutivo significante a contatto con l'ambiente, in quanto garantisce l'evoluzione della specie.
(in particolare vedasi la mancanza di pigmentazione nell'uomo bianco).
Oggi tramite la possibilità di andare ad incidere sul DNA la scienza è in grado di andare lei stessa a decidere di bloccare le eliche del DNA.
Nel caso dei moscerini o dei millepiedi nascono moscerini a quattro ali, o millepiedi con numero di gambe dispari (il che in natura è difficilmente osservabile, ma che da qualche parte in un determinato tempo storico, probabilmente avviene o è avvenuto.)
Il motore è dunque il blocco dei nucleotidi a livello di elica del dna
L'articolo non l'ho letto se non di scorsa, ma sostanzialmente riporta quello che a grandi linee sapevo.
il motore è la
Mutazione_geneticaQuesta indubbiamente è scienza.
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM
2) .... non spiega affatto l'origine della vita, ossia come si sia passati, sempre con processi di natura fisica e chimica non pianificati, ossia soggetti solo alle cieche forze descritte da queste discipline, dalla materia bruta a esseri viventi, ossia a sistemi biologici. ..
Su questo punto hai ragione, non penso Sgiombo o Maral possano argomentare contro.
Nel senso che la scienza (che io sappia) non l'ha ancora scoperto.
Se il motore che varia il vivente è conosciuto.
Il motore che varia l'organico in "vivente" è sconosciuto.
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM
3) Prendiamo un'obiezione "classica", stradiscussa: quella della "mezza ala". Per chi non fosse al corrente, l'obiezione è questa: "Se è vero che le mutazioni sono graduali, e che per arrivare da un essere non alato a uno alato, ci vogliono molte generazioni, come mai non si trova traccia delle specie intermedie? E come mai queste sono sopravvissute alla selezione prima che le mutazioni potessero avere qualche utilità per la sopravvivenza?".
....
Qualcosa che si possa considerare a una vera teoria dovrebbe render conto di ogni singolo passo intermedio e non limitarsi a vaghe fantasie che lasciano nell'oscurità tutto quello che succede tra due specie "stabilizzate". Ossia dovrebbe descrivere in maniera dettagliata e precisamente rappresentabile come si passa da uno stadio al successivo, cioè come agisce la combinazione mutazione-selezione in ogni singola generazione fino ad arrivare alla forma stabile e come si produce questo straordinario e precisissimo coordinamento tra le diverse mutazioni......
Per ora mi fermo qui, sperando di poter suscitare una pacata, onesta e approfondita discussione.
La prima parte l'ha risolta Gould con la teoria puntiforme, ovviamente come dici tu, molte specie semplicemente si estinguono.(tipo il moscerino a quattro ali, che non riesce a volare).
La secoda a cui ti riferisci riguarda il mestiere di teorico dell'evoluzionismo, è normale che ogni scienziato avanzi delle ipotesi, magari a volte strane come quello dello scoiattolo, magari a volte interessanti come quelle sulle Galapagos di Darwin.
Per essere "vere" necessitano di exempla, è per questo che la razza media, o la bizzaria naturale, vengano cercate con ossessivo sforzo da parte di costoro.
Non ce l'ho con questa loro passione (non è la mia ovvio).
Ma di fatto rispetto alla tua obiezione principale, partono da mattoni sicuri della scienza, che sono stati ottenuti proprio dalla passione di capire se quelle teorie fossero vere o false.
per SgiomboLa mia critica Sgiombo non è tanto quella sul scientifico, ripeto.
La mia critica riguarda che quei tentativi teorici vengano SEMPRE spacciati per SCIENZA.
NO! la scienza è il motore, la meccanica delle cause.
La teoria è solo l'interrogazione sulle ipotesi avanzate.
Far passare l'interrogazione come la verità stessa: questo è triste e dannoso.Che poi noi abbiamo punti di vista completamente diversi, questo è altro affare: io non ho mai detto che non bisogna leggere Gould, Darwin etc...
Mi pare semplicemente noiosa la questione filosofica: che non c'è.
Vogliono fare scienza? bene la facciano! ma non facciamola passare come filosofia epistemica, io il notaio alle loro pratiche mi rifiuto di farlo!!! (questa è la mia posizione politica)
Maral ha scritto:
CitazioneAd esempio, lo ripeto ancora, è una balla colossale (e dire che è una balla colossale non è un insulto) che la teoria evolutiva attuale (quella che va per la maggiore) sostenga che l'evoluzione non avviene per sbalzi
Che sia una "balla colossale" va dimostrato, altrimenti finisce ancora una volta con una battaglia di asserzioni che hanno lo stesso valore dialettico dello scambio: "ho ragione io!", "no, ho ragione io!". Presupporre che qualcuno che ha opinioni differenti, le abbia solo per ignoranza non è altro che presunzione. Loris, in un suo intervento ha mostrato come la voce di Wikipedia faccia supporre che il "gradualismo" sia tutt'altro che superato. E Wikipedia è tutt'altro che una fonte trascurabile, anche per l'innegabile predominio in quella sede delle correnti scientifiche "mainstream", che spesso comportano ostracismo per tutto ciò che (sempre dalla "mainstream") viene considerato eretico. E anche nellla maggior parte delle fonti divulgative (probabilmente anche nei libri di testo scolastici, ma ammetto di non avere una documentazione aggiornata su questo, sarebbe interessante verificare...) si parla quasi sempre di mutazioni graduali. Inoltre la questione e tuttora in corso di dibattito e le opinioni non sono affatto convergenti. E' arbitrario dire che ci sia una posizione definita e consolidata: c'è chi ha abbandonato in parte la teoria della gradualità, chi no.
Ma, come ho già (inutilmente, a quanto pare) chiarito, possiamo benissimo prescindere dall'aspetto graduale o meno della mutazione. Se la mutazione è improvvisa dobbiamo rendere conto (perché al di là delle astrazioni di questo si tratta) di un roditore terrestre che all'improvviso partorisce un pipistrello, il che non mi sembra molto più facile da giustificare di una lunga serie di mutazioni.
In ambedue i casi il problema resta sempre quello: quale sarebbe il meccanismo, come si articola il processo che porta dall'assenza di ali alla comparsa di ali, a partire da una mutazione genetica (o più mutazioni casuali senza legame tra loro)? Non basta certo dire che "in qualche modo" questo accade. Deve risultare chiaro cosa dovrebbe accadere, passo dopo passo. Non si tratta di una semplice mutazione morfologica. Si tratta di una serie di mutazioni convergenti, sinergiche, di tutti gli apparati funzionali dell'essere vivente, che porta alla costruzione di un congegno altamente complesso e sofisticato per il volo, con altrettanto sofisticati sistemi di controllo, ha tutte le caratteristiche di un congegno accuratamente progettato. Come può questo derivare da mutazioni prive di direzione? Ripeto, una teoria può risultare attendibile (non dimostrata, ma attendibile) se mostra una serie di fenomeni (passi) riproducibili almeno in linea di principio, che possano portare ai risultati descritti. Ma, a proposito della teoria in questione, non ho mai visto descritto niente del genere. Mutazioni accidentali possono portare tutt'al più a cose come al cambiamento di colore del manto, o altre caratteristiche secondarie, ma mutamenti come le ali presuppongono una quantità enorme di mutazioni morfologiche e funzionali, successive o concomitanti, un coordinamento e una "collaborazione" tra le mutazioni che nessuno ha mai neanche vagamente spiegato.
Citazione di: Donalduck il 20 Aprile 2016, 18:01:12 PM
.....Mutazioni accidentali possono portare tutt'al più a cose come al cambiamento di colore del manto, o altre caratteristiche secondarie, ma mutamenti come le ali presuppongono una quantità enorme di mutazioni morfologiche e funzionali, successive o concomitanti, un coordinamento e una "collaborazione" tra le mutazioni che nessuno ha mai neanche vagamente spiegato.
Ok forse il senso di quello che intendi si va chiarificando.
Ma per meglio intendere: tu ritieni che questa collaborazione possa esserve avvenuta, ma nessuno l'ha mai spiegata, o ritieni che sia del tutto inspiegabile anche in ottica futura?
Citazione di: Loris Bagnara il 20 Aprile 2016, 16:45:09 PMPremessa:
Su una cosa sono pienamente d' accordo: chiunque legga i nostri interventi nel forum e abbia un minimo di cognizione di causa può facilmente comprendere chi dice sciocchezze e sciorina pregiudizi infondati e chi propone argomentazioni razionali e solidamente fondate.
Loris Bagnara ha scritto:
Credo che tutti gli altri lettori abbiano inteso correttamente il senso del termine "utile" che ho utilizzato nella mia espressione, ossia: una caratteristica è "utile" se rende un organismo biologico "più adatto" al proprio ambiente, conferendogli maggiori probabilità di sopravvivenza e maggiori probabilità di riprodursi e trasmettere le proprie caratteristiche alla progenie.
Non c'è nessuna differenza fra la mia espressione e quella usata nell'articolo di wikipedia, a meno che non si voglia deliberatamente distorcere il senso delle parole e confondere le idee per pura polemica.
Rispondo:
A meno di non voler brancolare nel buio dell' hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere" si devono poter discernere le differenze non da poco fra i concetti di "utile" e di "adatto", nonché fra il grado positivo e il grado comparativo degli aggettivi qualificativi.
Comunque non ha alcun fondamento razionale, né empirico la pretesa che la selezione naturale porti necessariamente all' estinzione tutti i tratti genici che determinano caratteristiche fenotipiche (almeno all' apparenza; e al momento in cui compaiono) inutili alla sopravvivenza e riproduzione, né tutti quelli che danno un adattamento all' ambiente presente (in una determinata circostanza di tempo e di spazio) minore di qualsiasi alternativa.
Se così fosse stato la vita non avrebbe potuto evolvere differenziandosi e probabilmente si sarebbe estinta prestissimo, al primo serio mutamento ambientale.
Loris Bagnara ha scritto:
Io ho portato elementi e argomenti a supporto delle mie affermazioni: tu, la tua supponenza non documentata.
Wikipedia, pur con tutti i suoi difetti, proprio perché nasce come opera collettiva ha il pregio di esprimente il consensus medio in ogni argomento: le opinioni estreme, o poco documentate, vengono escluse. E l'opinione da te espressa, difatti, non c'è.
Rispondo:
Non concordo sulle considerazioni circa Wikipedia, ma questo è un' altro argomento.
Comunque, anche se ne dubito assai, non ho tempo da perdere per andare a verificare se l' evoluzione biologica vi è trattata malamente e caricaturalmente come sostieni tu o invece correttamente come ne parlo io (mi dispiace ma ciascuno di noi "suppone" inevitabilmente di essere nel giusto se espone una tesi, altrimenti sospenderebbe il giudizio: anche chi taccia gli altri di "supponenza", vedendo la pagliuzza nel loro occhio e non la trave nel proprio); anche perché non è certo appellandosi all' "insindacabile verbo di Wikipedia" o di chiunque altro che si risolvono le questioni scientifiche.
Loris Bagnara ha scritto:
Che il tuo principio della "tolleranza verso il non-troppo-disadatto" sia universalmente valido, è un'affermazione non documentata, come dicevo sopra. Se puoi citare qualche testo che interpreta la "selezione naturale" come "tolleranza verso il non-troppo-disadatto", be', è il momento di farlo.
Per inciso, osservo che ora la storia della scienza la si può fare non solo con ciò che viene detto, ma anche con ciò che non viene espressamente negato. Io per esempio non ho negato un sacco di cose. Bene: ci sarà pure qualcosa di vero, in mezzo a tutto ciò che non ho negato? Lo potrò pure avere anch'io il mio posticino nell'album, fra i grandi padri della scienza?
Rispondo:
Semplicemente ho cercato di farti capire come funziona la selezione naturale, sobriamente, senza assumere pose da "enunciatore di principi universalmente validi" (anche se vene sono), ma razionalmente, con dati di fatto e argomenti e non citando presunti "testi sacri".
Ma non c' è peggior sordo di chi non vuol sentire e peggior cieco di chi non vuol vedere, e dunque continua a rinfacciarmi una presunta supponenza e mancanza di argomentazioni e a chiedermi citazioni da testi sacri anche dopo gli esempi delle piume caudali dei pavoni maschi (e dei fagiani e di tantissime altre specie di uccelli) e le corna dei cervi maschi (e degli stambecchi, delle renne e di tantissime altre specie di mammiferi) e quello della biston bertularia (a questo punto dubito che troverò la pazienza di risponderti ulteriormente se continuerai a manifestare la stessa sordità e cecità preconcetta).
Loris Bagnara ha scritto:
Io non ti ho attribuito gratuitamente nulla. Tutti hanno potuto leggere che io mi sono limitato a evidenziare, con argomentazioni, le incoerenze del tuo pensiero (che è il TUO pensiero, non della scienza): incoerenze che tu evidentemente non sei in grado di cogliere.
Rispondo:
Appunto: per fortuna tutti hanno potuto vedere chi ha argomentato e argomenta, chi fa affermazioni gratuite e pregiudiziali, chi è coerente e chi incoerente, chi è in grado di cogliere cosa e chi no.
Loris Bagnara ha scritto:
Questa tua certezza è rassicurante. Però stiamo ancora tutti aspettando di sapere come ha fatto un arto a trasformarsi in ala. Saresti così cortese di condividere la tua conoscenza?
"Negazioni aprioristiche" [??!!!]
Io avanzato dubbi (argomentati) e ho espresso ipotesi di lavoro (da discutere).
Tu hai dichiarato di possedere la verità (che è la TUA verità, non quella della scienza), senza condividerne nemmeno un pezzetto con noi.
E ti dimostri anche irritato se la TUA verità viene messa in dubbio.
Il fatto è che con la tua supponenza sei partito a dare del bufalaro prima a Donalduck, e poi a me, quando le uniche bufale (cioè affermazioni non documentate) sono uscite dalla tua penna.
Non mi aspetto che tu risponda, puoi restare nel tuo dichiarato silenzio, a meno che tu non voglia finalmente spiegarci come ha fatto l'arto a trasformarsi in ala.
Rispondo:
Poiché non c' è peggior sordo di chi non vuol sentire e peggior cieco di chi non vuol vedere, ho (anzi: avrei!) un bel ripetere argomentazioni, che tanto non otterrei nulla!
Scrivo "avrei" perché mi sono stufato di "parlare al vento", dato che la tua presunzione e i tuoi pregiudizi ti impediscono di leggere quanto scrivo, e ho deciso di chiudere qui la discussione.
Anzi, per evitare il rischio di farmi di nuovo trascinare dal mio temperamento in questa penosa discussione neanche leggerò la tua risposta
.
Non dubito che ne approfitterai per reiterare la balla che io "non avrei argomenti" e "cantare vittoria": non essendo minimamente intenzionato a proseguire all' infinito una discussione penosa e inconcludente, ti lascio volentieri questa "soddisfazione", anche perché per fortuna per parte mia posso permettermene altre ben più gratificanti.
Citazione di: green demetr il 20 Aprile 2016, 17:59:33 PM
Citazione di: Donalduck il 16 Aprile 2016, 01:02:16 AM
2) .... non spiega affatto l'origine della vita, ossia come si sia passati, sempre con processi di natura fisica e chimica non pianificati, ossia soggetti solo alle cieche forze descritte da queste discipline, dalla materia bruta a esseri viventi, ossia a sistemi biologici. ..
Su questo punto hai ragione, non penso Sgiombo o Maral possano argomentare contro.
Nel senso che la scienza (che io sappia) non l'ha ancora scoperto.
Se il motore che varia il vivente è conosciuto.
Il motore che varia l'organico in "vivente" è sconosciuto.
Aggiunta di Sgiombo:
E chi é razionalista e si affida (non necessariamente in modo acritico, in particolare non se é razionaista conseguentemente, come cerco di esserlo io) alla conoscenza scientifica e non dubita che sia accaduto in maniera naturalissima, invece chi é irrazionalista non dubita che sia scientificamente inspiegabile (che non sia spiegabile almeno in linea di principio) e ricorre a "disegni intelligenti e affini".
Green Demetr ha scritto:
CitazioneNel primo punto ti chiedi quale sia il motore delle mutazioni casuali.
Ma ti abbiamo già risposto: si tratta delle mutazioni genetiche.
Attenzione agli equivoci! Nel primo punto non chiedo affatto quale sia il motore delle mutazioni casuali, e non è neanche giusto dire che il motore è costituito dalle mutazioni genetiche. Per la teoria neodarwiniana il motore sarebbe
una combinazione delle mutazioni genetiche e della "selezione naturale", e questo lo do per scontato.
Quello che chiedo nel primo punto è qualche
prova della possibilità (solo in seconda istanza chiederei la prova che sia effettivamente così, resa necessaria dal fatto che gli evoluzionisti parlano di "fatti e non teorie")
che la combinazione suddetta sia in grado di generare la gran varietà delle forme di vita che conosciamo a partire dagli organismi più semplici conosciuti. La prova della possibilità dimostrerebbe che si tratta di una teoria razionale e non di un'irrazionale fantasia, la prova della sussistenza effettiva dimostrerebbe che si tratta di una teoria attendibile almeno quanto la prova che viene portata.
CitazioneMa per meglio intendere: tu ritieni che questa collaborazione possa esserve avvenuta, ma nessuno l'ha mai spiegata, o ritieni che sia del tutto inspiegabile anche in ottica futura?
Allo stato attuale mi pare che non ci siano dati sufficienti neppure per immaginare come potrebbe essere giustificata, senza presupporre qualche tipo di agente intelligente. Quello che posso dire è che considero piuttosto improbabile che ci si arrivi, mentre considero probabile l'altra ipotesi (che l'intelligenza sia una sorta di "componente fondamentale" dell'esistenza, inscindibile da essa), anche in base ad altre considerazioni che riguardano argomenti collegati come la coscienza e olismo vs riduzionismo materialista.
Una cosa che potrebbe accadere, è che la scienza allarghi i suoi orizzonti e riesca a trovare il modo di indagare i campi dello scibile che attualmente gli sono preclusi, in particolare i fenomeni psichici, che ora può solo superficialmente studiare attraverso le sue manifestazioni esterne, che sono solo "segni" che rimandano a significanti inaccessibili alla scienza. Certo, per far questo, dovrebbe acquisire tecniche e prassi completamente diverse da quelle utilizzate per indagare la materia-energia, o magari un diverso modo di concepire e studiare l'energia potrebbe costituire il tratto d'unione tra mondo fisico e mondo psichico. Ritengo però che perché ciò possa accadere debba comunque essere superato il riduzionismo, che limita drasticamente il campo d'indagine della scienza.
Ma sono soltanto vaghe ipotesi. Preferisco ragionare su quello che possiamo verificare o ipotizzare sulla base dei dati attualmente disponibili.
Citazione di: Donalduck il 20 Aprile 2016, 23:56:24 PM
.....
Quello che chiedo nel primo punto è qualche prova della possibilità (solo in seconda istanza chiederei la prova che sia effettivamente così, resa necessaria dal fatto che gli evoluzionisti parlano di "fatti e non teorie") che la combinazione suddetta sia in grado di generare la gran varietà delle forme di vita che conosciamo a partire dagli organismi più semplici conosciuti. La prova della possibilità dimostrerebbe che si tratta di una teoria razionale e non di un'irrazionale fantasia, la prova della sussistenza effettiva dimostrerebbe che si tratta di una teoria attendibile almeno quanto la prova che viene portata.
Incuriosito cercando su google ho ottenuto questo risultato.
Le scienze.itSi parla di Cluster e di organizzazione "sociale" delle cellule.
Dunque come immaginavo le prove sensibili ci sono di già, almeno per quanto riguarda il punto 1.
Tu chiedi dalle forme più semplice in poi.
Ma già dal primo passaggio: unicellulare-pluricellulare (che è poi è stato il tag della mia ricerca) ad oggi abbiamo già delle risultanze.
Ovviamente questo ancora non spiega nulla riguardo al motore del BIOS: cosa spinge le cellule a comportarsi in quel modo.(ma questo sarebbe il punto 2 )
Ma comunque, insomma, non è che le teorie sono del tutto "campate per aria" come sembra tu alluda. (ho detto sembra, aspetto conferma)
Ci sono dei mattoncini di base, su cui poi ci si fa un idea e si prosegue.
Così funziona la scienza, non è questione di disegno divino, nè di coscienza.
Il riduzionismo a cui alludi, potrebbe essere una forma come Sgiombo affermò nel precedente forum, di avere a che fare una mappatura generale per poi, ogni specialista nel suo piccolo, poter indagare, con maggior nozione di "causa", in un campo, o nicchia che sia, di propria scelta, o richiesta dal mercato.
Ovviamente se questo riduzionismo diventa doxa grossolana, posso capire il tuo risentimento.
Ma come con Sgiombo, concordo nel dire che la stragrande maggioranza degli scienziati, non "lavora" in quella maniera.
Direi che è più il mondo mediatico che fa da circus intorno ai risultati ottenuti, che tende a generalizzazioni, e gridare all'approdo di risultati certi.
Noterai come infatti, quando la pubblicazione è scientifica, come nel nostro caso, non si fanno affermazioni apodittiche, ma si parla di osservazione, e di descrizione.
Ecco quella è scienza. Lo scientismo invece è altra cosa.
Sgiombo:
CitazioneNon dubito che ne approfitterai per reiterare la balla che io "non avrei argomenti" e "cantare vittoria": non essendo minimamente intenzionato a proseguire all' infinito una discussione penosa e inconcludente, ti lascio volentieri questa "soddisfazione", anche perché per fortuna per parte mia posso permettermene altre ben più gratificanti.
No, non approfitto di nulla. Mi limito a prendere atto del tuo pensiero, rilevando però come vi siano, a mio avviso, delle incongruenze; e invitandoti ad essere meno ostile alla discussione.
Ma chiudiamo pure qui questa disputa e passiamo ad altro.
Cito un altro tuo passaggio:
CitazioneE chi é razionalista e si affida (non necessariamente in modo acritico, in particolare non se é razionaista conseguentemente, come cerco di esserlo io) alla conoscenza scientifica e non dubita che sia accaduto in maniera naturalissima, invece chi é irrazionalista non dubita che sia scientificamente inspiegabile (che non sia spiegabile almeno in linea di principio) e ricorre a "disegni intelligenti e affini".
Vorrei sgombrare il campo da un equivoco. Chi parla di "disegno intelligente" non è necessariamente un "creazionista" che invoca un intervento trascendente. Non è necessariamente irrazionalista chi parla di "disegno intelligente". Io non invoco il trascendente e non sono irrazionalista; nemmeno Donalduck, mi par di capire. Forse è questo presunto irrazionalismo che disturba te e probabilmente anche altri.
Quel che si vuole suggerire è che la qualità dell'intelligenza (e della coscienza) possa essere intrinseca all'universo, e pertanto oggetto di studio della scienza quanto ogni altro fenomeno.
La realtà dell'universo è semplicemente molto più vasta di quanto lo sguardo della scienza, oggi, possa abbracciare; ma non perché la scienza non possa farlo, quanto per i limiti che la scienza stessa si è imposta.
Io credo che la scienza dovrebbe ridefinire i suoi limiti e i suoi strumenti.
Vorrei rispondere a Sgiombo, risposta 2, tu hai detto che qualsiasi causa soprannaturale, cioè contraria alle leggi meccaniche o statistiche è caotica, imprevedibile ...
Supponiamo che non sia così, supponiamo cioè che gli eventi cosiddetti soprannaturali seguano una razionalità di tipo finale, in relazione alla quale eventi reali non spiegati dalle leggi causali possono essere analizzati, spiegati, al limite previsti. In tal caso non ci troveremmo in una situazione di imposizione teorica maggiore di quella che fa la scienza.
Per la scienza infatti va bene formalizzare una ipotesi teorica su eventi causalmente determinati che però deve essere confermata dai fatti.
Per cui dovrebbe andar bene anche una formalizzazione teorica, su eventi finalisticamente determinati, che però deve anch'essa essere confermata dai fatti.
Citazione di: maral il 18 Aprile 2016, 22:23:15 PMA questo aggiungo che la teoria dell'evoluzione darwiniana ha avuto anch'essa una sorta di evoluzione, prima con la scoperta del codice genetico che ha spiegato in termini scientifici l'intuizione originaria di Darwin, poi, oggi con la teoria dell'evo devo (che si va sempre più affermando tra gli evoluzionisti) che sta correggendo sia l'errore darwiniano di un'evoluzione per piccole differenze progressive, sia l'idea neo darwiniana che tutto dipende solo dal genoma. L'evo devo, come sappiamo, legge l'evoluzione nello sviluppo delle forme viventi, ossia la filogenesi nell'ontogenesi. Già Sgiombo ne ha dato un corretto accenno, ma per darne un'idea di base più chiara, per chi non conoscesse questo nuovo scenario evolutivo, vi invito a vedere questo filmato su youtube https://www.youtube.com/watch?v=5jpATs42GIE, ove Alessandro Minelli spiega con esempi molto chiari come accade che l'evoluzione proceda a balzi, passando improvvisamente da una forma vivente a un'altra apparentemente assai diversa (e diversamente funzionale all'adattamento), ma in realtà geneticamente molto vicina, senza alcun stadio di forme intermedie e senza che le cause di queste variazioni siano da ascriversi solamente ai geni.
Mi sono guardato il video. Sono concetti sicuramente interessanti, anche se, a ben vedere, fanno sorgere più domande di quante siano le risposte che danno.
Mi hanno colpito alcune parole di Minelli, riguardo al rapporto fra il "tradizionale" neo-darwinismo e il nuovo filone di ricerca dell'evo-devo. Minelli dice che secondo alcuni c'è contrasto, secondo altri no; lui si ascrive a questi, ma si vede bene con lo fa abbastanza timidamente, lasciando ben intendere che l'evo-devo non è semplicemente un tassello del neo-darwinismo: è molto altro e molto di più, forse.
Come ha ben sintetizzato maral, l'evo-devo pone l'accento sulla mutazione delle forme, anziché dei genomi, e anzi esplicitamente afferma che le forme e le loro evoluzioni
non possono essere descritte dai soli geni.
Ma qui sorge la prima grande domanda: se non sono i geni a controllare le forme, che cos'è a controllarle, allora? Dove stanno scritte le informazioni che descrivono le forme e le regole delle loro evoluzioni?La seconda domanda che mi è sorta, vedendo il video, è la seguente: qual è il processo che seleziona le forme?Mi spiego. Minelli ci dice in sostanza questo:- la stragrande maggioranza delle forme non funzionerebbe in natura;- non tutte le forme che funzionerebbero in natura, effettivamente si verificano.In sintesi, si tratta di questo: nel mare delle infinite forme virtualmente possibili, solo poche funzionano, e ancor meno effettivamente esistono.Cioè, sembra esistere un processo di selezione a priori delle forme, o una specie di "griglia" o un ordine implicito nelle forme, che fa sì che il salto evolutivo non caschi a caso, ma capiti in corrispondenza di alcune tipologie formali con molta maggiore probabilità di quanto ci si potrebbe aspettare.Faccio solo un semplice esempio numerico per spiegarmi.Pensiamo alla schedina del totocalcio.La probabilità di indovinare il risultato di una singola partita è 1/3.
Immaginiamo ora questo processo.
Prendo la prima partita e tiro a indovinare finché non azzecco il risultato (io non conosco i risultati, ma ho di fronte un amico che li sa).
Solo quando ho azzeccato il risultato, passo alla seconda partita, e così via, fino alla tredicesima.
Ogni partita mi potrà richiedere da uno a "n" tentativi, ma mediamente saranno 3 i tentativi.
Quindi, per azzeccarli tutti e tredici, mi aspetto di impiegare 13x3=39 tentativi.
Purtroppo però "fare 13", come sappiamo bene, non è così facile. P
er indovinare tutti e 13 i risultati simultaneamente occorre un numero di tentativi enormemente maggiore: 3^13, ossia una probabilità su 1.594.323...Credo abbiate tutti compreso cosa intendo dire. Il primo processo di tirare a indovinare in maniera graduale è statisticamente molto più vincente del secondo, perché il processo di selezione del risultato, intervenendo ad ogni passaggio, opera in maniera costruttiva, come un insegnante che in qualche modo indirizza l'alunno, nell'intero corso di studio, verso il "successo". Invece il secondo modo di tirare a indovinare è statisticamente quasi impossibile, perché il processo di selezione interviene solo alla fine, come un insegnante che si limita a correggere il compito d'esame e a dare il giudizio: promosso o bocciato.
Ecco, l'evo-devo mi pare sia affine a questo secondo modo di tirare a indovinare, mentre il neodarwinismo gradualista al primo.
In conclusione, l'evoluzione a salti, di cui parla evo-devo, mi sembra implicare l'esistenza di una intelligenza delle forme, che però è ancora tutta da spiegare.
Citazione di: Loris Bagnara il 20 Aprile 2016, 15:15:12 PM
Sì, è vero, l'aumento di complessità significa anche aumento della precarietà, della fragilità di quell'organismo.
Ma, mi viene da pensare, questa osservazione complica ancora di più il problema: se è vero che i batteri sono più vincenti degli organismi complessi, che cosa spinge la natura a creare anche forme complesse, che come tali sono molto più improbabili delle forme più semplici?
E, come ho già scritto, che cosa spinge la natura a compiere il salto oltre il regno dei minerali, che sono certamente ancora più semplici e ancora più vincenti dei batteri?
Non è necessario (anche se lo si può fare) pensare che qualcosa "spinga" la natura in una certa direzione improbabile , accade a volte che si formino specie complesse in certi contesti, un po' come nell'acqua che scorre a valle possono formarsi dei gorghi e, in certi punti l'acqua può anche scorrere a ritroso. Il punto è che il gioco è quello di un costante adattamento dinamico tra la forma vivente e i contesti che via via vengono a determinarsi e questo può determinare, temporaneamente, forme incredibilmente complesse che sussistono finché le condizioni lo permettono, condizioni che esse stesse interagendo andranno a mutare con la loro esistenza. In tal modo la forma vivente è determinata dall'ambiente e a sua volta muta l'ambiente determinando nuove esigenze di adattamento. E' una sorta di gorgo nello scorrere entropico dell'acqua. Non c'è un fine, ma una necessità di un continuo adattamento conservativo ("si corre per poter restare dove si è" quando tutto scorre).
CitazioneNon è, allora, che i progetti (cioè le forme) siano già scritti da qualche parte (non so dove), e che la natura salti da un progetto all'altro senza doverlo "cercare" il nuovo progetto, un po' come fanno i bambini quando giocano a carampana e saltano da un riquadro all'altro, perché vedono il riquadro dove devono andare?
E non è, questa ipotesi, qualcosa di molto simile a un "disegno intelligente"?
D'accordo, la probabilità che possano formarsi forme adattative funzionanti potrà essere molto limitata, ma non è da escludersi laddove nulla è statico. Certo, può venire più facile pensare che ci sia da qualche parte un progetto, perché noi, esseri umani, tendiamo sempre a pensare in modo finalistico, è nella nostra "natura". Ma è una soluzione solo apparentemente più semplice, perché appunto dove sta questo progetto? Dove si trova?
Citazione di: DonalduckChe sia una "balla colossale" va dimostrato, altrimenti finisce ancora una volta con una battaglia di asserzioni che hanno lo stesso valore dialettico dello scambio: "ho ragione io!", "no, ho ragione io!". Presupporre che qualcuno che ha opinioni differenti, le abbia solo per ignoranza non è altro che presunzione. Loris, in un suo intervento ha mostrato come la voce di Wikipedia faccia supporre che il "gradualismo" sia tutt'altro che superato. E Wikipedia è tutt'altro che una fonte trascurabile, anche per l'innegabile predominio in quella sede delle correnti scientifiche "mainstream", che spesso comportano ostracismo per tutto ciò che (sempre dalla "mainstream") viene considerato eretico. E anche nellla maggior parte delle fonti divulgative (probabilmente anche nei libri di testo scolastici, ma ammetto di non avere una documentazione aggiornata su questo, sarebbe interessante verificare...) si parla quasi sempre di mutazioni graduali. Inoltre la questione e tuttora in corso di dibattito e le opinioni non sono affatto convergenti. E' arbitrario dire che ci sia una posizione definita e consolidata: c'è chi ha abbandonato in parte la teoria della gradualità, chi no.
E' proprio per mostrartelo che ho inserito il filmato con Minelli, che è uno dei biologi italiani più quotati nel campo dell"Evo Devo che si sta dimostrando una teoria scientifica sempre più convincente. Che l'idea dell'evoluzione a piccoli stadi sia stata un errore di Darwin ormai è scientificamente accettato (poi ci sarà sempre chi, tra i biologi resta attaccato alle sue idee), se non ci credi basta che ascolti qualche intervento su Youtube di Telmo Pievani, come qui
https://www.youtube.com/watch?v=WUDSDgcCbgA. Quindi non ha senso criticare l'evoluzionismo perché l'idea di un'evoluzione lenta e graduale è contraddittoria, dato che ormai sono gli evoluzionisti stessi a mettere in discussione questo principio in auge nella prima metà del secolo scorso, sarebbe come criticare la fisica attaccando la meccanica newtoniana perché non riesce a dar conto della costanza della velocità della luce.
CitazioneMa, come ho già (inutilmente, a quanto pare) chiarito, possiamo benissimo prescindere dall'aspetto graduale o meno della mutazione. Se la mutazione è improvvisa dobbiamo rendere conto (perché al di là delle astrazioni di questo si tratta) di un roditore terrestre che all'improvviso partorisce un pipistrello, il che non mi sembra molto più facile da giustificare di una lunga serie di mutazioni.
E di nuovo pensavo che il video di Minelli fosse chiaro. Il mutamento è genetico, ma un piccolo mutamento genetico può dar luogo a un enorme mutamento morfologico. Quando Minelli ti mostra insetti tra loro diversissimi, ma che appartengono alla stessa specie, o un millepiedi con 23 zampe che può mutare direttamente raddoppiandole in un colpo solo, senza poter passare per tutti i gradini intermedi, è proprio questo che viene a spiegare.
Se tu consideri che la differenza in termini genetici tra un uomo e uno scimpanzé è inferiore all'1%, pur essendo assai diversi, che una cellula della tua pelle ha il medesimo DNA di un un neurone, ma sono del tutto diverse, puoi intuire la spiegazione.
Un mutamento che coinvolge pochissimi geni può avere effetti enormi sulla morfologia e la funzionalità di un essere vivente e può accadere (anche se in genere non accade) che la nuova forma vivente nel suo funzionare come unità si venga a trovare in un contesto o in una nicchia ecologica che incredibilmente la favorisce.
Le ali da sole non significano poter volare, occorre tutto una nuova morfologia del corpo per poterlo fare, ma probabilmente bastano pochi geni mutati a determinare questo cambiamento morfologico in un colpo solo e se il colpo funziona, ecco che il nuovo topo (o il nuovo rettile) non solo ha le ali che da sole magari gli sarebbero di impiccio, ma può pure volare.
Citazione di: green demetr il 21 Aprile 2016, 00:44:49 AM
Citazione di: Donalduck il 20 Aprile 2016, 23:56:24 PM
.....
Quello che chiedo nel primo punto è qualche prova della possibilità (solo in seconda istanza chiederei la prova che sia effettivamente così, resa necessaria dal fatto che gli evoluzionisti parlano di "fatti e non teorie") che la combinazione suddetta sia in grado di generare la gran varietà delle forme di vita che conosciamo a partire dagli organismi più semplici conosciuti. La prova della possibilità dimostrerebbe che si tratta di una teoria razionale e non di un'irrazionale fantasia, la prova della sussistenza effettiva dimostrerebbe che si tratta di una teoria attendibile almeno quanto la prova che viene portata.
Incuriosito cercando su google ho ottenuto questo risultato.
Le scienze.it
Si parla di Cluster e di organizzazione "sociale" delle cellule.
Dunque come immaginavo le prove sensibili ci sono di già, almeno per quanto riguarda il punto 1.
Interessante l'articolo.
Le cellule del cluster mostrano attività organizzate e collaborative, questo ci dice l'articolo.
Però, quando c'è organizzazione e collaborazione, c'è scambio di informazioni: non è pensabile che ciò avvenga a caso.
Ora, mi domando, e vi domando, come si scambiano informazioni le cellule di un cluster, in assenza di una qualsiasi forma di sistema nervoso?
Citazione di: Loris Bagnara il 21 Aprile 2016, 12:57:57 PMLoris Bagnara ha scritto:
No, non approfitto di nulla. Mi limito a prendere atto del tuo pensiero, rilevando però come vi siano, a mio avviso, delle incongruenze; e invitandoti ad essere meno ostile alla discussione.
Ma chiudiamo pure qui questa disputa e passiamo ad altro.
Rispondo:
Apprezzo la decisione (anche da parte tua) di finirla con questa penosa discussione.
Sono lieto di apprender che ero stato troppo possimista e malevolo in proposito nei tuoi confronti
Loris Bagnara ha scritto:
Vorrei sgombrare il campo da un equivoco. Chi parla di "disegno intelligente" non è necessariamente un "creazionista" che invoca un intervento trascendente. Non è necessariamente irrazionalista chi parla di "disegno intelligente". Io non invoco il trascendente e non sono irrazionalista.
Rispondo:
Se chi parla di "disegno intelligente" non è un "creazionista" che invoca un intervento trascendente, allora penso che non possa che attribuire il "disegno intelligente" stesso a un' entità (una "creatura") naturale, e questo mi sembra, certamente meno irrazionalistico del creazionismo, ma pur sempre molto più irrazionalistico della teoria dell' evoluzione biologica (implicante ipotesi non provate -e a mio modesto parere decisamente "strampalate"- in numero enormemente maggiore: rasoio di Ockam!).
Innanzitutto chi mai sarebbe e dove starebbe questo fantomatico personaggio? Un extraterrestre? E dove mai ci sarebbe traccia nell' universo di un siffatto personaggio dotato di una tecnologia in grado di orientare finalisticamente le mutazioni genetiche (cosa che mi sembra molto più inverosimile e improbabile della naturale, non tecnologicamente prodotta, evoluzione biologica in conseguenza di mutazioni genetiche casuali e selezione naturale).
Inoltre, anche ammesso e non concesso, in questo modo si sposterebbe semplicemente il problema e non lo si risolverebbe affatto; si riproporrebbe infatti la domanda: "da dove salta fuori" (come si è formato; naturalmente nel corso del divenire naturale scientificamente noto almeno nelle sue leggi più semplici, visto che si escludono interventi trascendenti e si vuole restare razionalisti) un siffatto personaggio dotato di una tecnologia per noi umani "fantascientifica"?
Escluso si stato fatto da un' altro simile personaggio per non cadere in un regresso all' infinito, si ripropongono tali e quali (anzi molto più complicatamente: Dove nell' universo? Attraverso quali grandi ere paragonabili a quelle geologiche, eventi di speciazione e di estinzione, ecc.?) gli stessi interrogativi che già trovano un' ottima risposta nella teoria scientifica dell' evoluzione biologica.
Per ovviare a una presunta complicazione e "improbabilità di eventi" (provati) si cadrebbe una complicazione e improbabilità di eventi enormemente maggiore (e senza traccia empirica alcuna)!
Loris Bagnara ha scritto:
Forse è questo presunto irrazionalismo che disturba te e probabilmente anche altri.
Quel che si vuole suggerire è che la qualità dell'intelligenza (e della coscienza) possa essere intrinseca all'universo, e pertanto oggetto di studio della scienza quanto ogni altro fenomeno.
La realtà dell'universo è semplicemente molto più vasta di quanto lo sguardo della scienza, oggi, possa abbracciare; ma non perché la scienza non possa farlo, quanto per i limiti che la scienza stessa si è imposta.
Io credo che la scienza dovrebbe ridefinire i suoi limiti e i suoi strumenti.
Rispondo:
Che significa l' affermazione che "la qualità dell'intelligenza (e della coscienza) possa essere intrinseca all'universo, e pertanto oggetto di studio della scienza quanto ogni altro fenomeno"?
Per me la realtà umanamente conoscibile (per lo meno quella conoscibile direttamente per esperienza) si distingue in due ambiti separati e reciprocamente trascendenti (anche se in divenire per così dire "parallelo, biunivocamente corrispondente" su diversi "piani ontologici reciprocamente incomunicanti"), entrambi fenomenici cioé costituiti unicamente, puramente e semplicemente da sequenze di sensazioni ("esse est percipi", Berkeley), a grandi linee e mutatis mutandis identificabili con le cartesiane "res extensa" e "res cogitans".
La prima, essendo costituita da enti ed eventi misurabili attraverso rapporti esprimibili con numeri e dunque "matematizzabili", se inoltre si ammettono alcune condizioni indimostrabili (per lo meno la sua intersoggettività e il suo divenire ordinato secondo modalità generali universali e costanti astraibili dai particolari concreti variabili: le "leggi di natura"), è conoscibile scientificamente.
La seconda, non essendo intersoggettiva, e inoltre non essendo misurabile (e dunque il suo divenire non essendo "matematizzabile", così da poterne astrarre e verificare leggi universali e costanti rigorose e ben definite) non è scientificamente conoscibile: se ne può astrarre solo "una certa quale universalità e costanza molto vaga e indefinita, decisamente imprecisa", e dunque ben lontana dal rigore e dalla sicurezza scientifica propria della conoscenza possibile della "res extensa").
In particolare, affinché si dia conoscibilità scientifica della "res extensa", anche il nostro comportamento umano "intelligente" deve (e può) secondo me essere ridotto al divenire materiale del nostro cervello e alle sue conseguenze, e dunque alle leggi biologiche della neurofisiologia, a loro volta perfettamente riducibili a quelle delle fisica-chimica.
Pe me la scienza può occuparsi unicamente della "res extensa" il cui divenire è in ultima analisi (anche nelle manifestazioni umane di "intelligenza") perfettamente riducibile alle leggi fisiche.
La "res cogitans" diviene "di pari passo" ma senza interferenza reciproca alcuna con la "res extensa", è "piena di intelligenza e di altre magnifiche e importantissime qualitàumane (bontà etica, bellezza estetica, ecc.)", ma non è scientificamente conoscibile.
Ovviamente non pretendo di persuaderti (per lo meno "sui due piedi") di queste mie convinzioni (però non tanto peregrine come potrebbero sembrare a prima vista; per esempio in gran parte sono implicate anche dalla filosofia di Spinoza, in parte minore dall' occasionalismo). Però credo che in alternativa dovresti mostrare come (in che senso, attraverso quali dinamiche naturali) l' intelligenza opera all' interno della "res extensa" scientificamente conoscibile (e dunque come può la scienza oltrepassare i limiti che si è imposta a se stessa per includerla, integrandola con quanto già ci dice del mondo naturale materiale; eventualmente con qualche congruo emendamento di questo).
Citazione di: anthonyi il 21 Aprile 2016, 17:56:58 PMAnthonvi ha scritto:
Vorrei rispondere a Sgiombo, risposta 2, tu hai detto che qualsiasi causa soprannaturale, cioè contraria alle leggi meccaniche o statistiche è caotica, imprevedibile ...
Supponiamo che non sia così, supponiamo cioè che gli eventi cosiddetti soprannaturali seguano una razionalità di tipo finale, in relazione alla quale eventi reali non spiegati dalle leggi causali possono essere analizzati, spiegati, al limite previsti. In tal caso non ci troveremmo in una situazione di imposizione teorica maggiore di quella che fa la scienza.
Per la scienza infatti va bene formalizzare una ipotesi teorica su eventi causalmente determinati che però deve essere confermata dai fatti.
Per cui dovrebbe andar bene anche una formalizzazione teorica, su eventi finalisticamente determinati, che però deve anch'essa essere confermata dai fatti.
Rispondo:
Mi sembra un' ipotesi gratuita: la scienza oltre a presupporre un divenire naturale "causalmente ordinato" propone anche ipotesi concrete circa questo divenire e le sottopone a conferma/falsificazione empirica.
Invece non vedo in che cosa possano consistere ipotesi concrete circa un divenire naturale finalistico" da sottoporre a conferma/falsificazione empirica.
Inoltre se si ammette che in natura (nel mondo materiale) agiscano (anche) cause soprannaturali contrarie alle leggi meccaniche o statistiche del suo divenire, allora non è possibile conoscenza scientifica, né calcolo razionale dei mezzi necessari (se e quando effettivamente possibili) per conseguire determinati scopi (calcolo che necessita di avvalersi della conoscenza delle leggi incontrovertibili del divenire per applicarla ai dati di fatto reali).
Se supponiamo che gli eventi cosiddetti soprannaturali seguano una razionalità di tipo finale, allora è necessario che accadano in un contesto di divenire ordinato (per lo meno "debole", cioè ordinato probabilisticamente statisticamente) per poter individuare mezzi necessari e sufficienti a conseguire gli scopi: ma allora non sarebbero più eventi "soprannaturali", ma per esempio quelli intenzionali, finalizzati conseguenti l' operare umano (e in qualche misura animale).
Dei fini possono essere conseguiti unicamente tramite mezzi (o al limite, alquanto raramente –come vincere alla lotteria- del tutto casualmente, ma allora così non si spiega nulla); e i mezzi si possono applicare efficacemente solo a una realtà in divenire "causale", ordinato meccanicisticamente o per lo meno probabilisticamente:
il finalismo non può prescindere dal causalismo.
La scienza razionalisticamente pone dei limiti alla realtà da essa conoscibile (non può pretendere l' impossibile; contrariamente a un' irrazionalistico e antiscientifico modo corrente "scientistico" di intendere la tecnica); pretendendo si superare tali limiti (per esempio ammettendo che vi siano interferenze non causali nel divenire ordinato della realtà naturale) si precluderebbe la possibilità di conoscerla.
Non vedo pertanto come possa darsi una razionalità di tipo finale, in relazione alla quale eventi reali non spiegati dalle leggi causali possono essere analizzati, spiegati, al limite previsti: anche le azioni finalizzate umane necessariamente sono spiegate dalle leggi causali del divenire scientificamente conoscibili.
Citazione di: sgiombo il 21 Aprile 2016, 20:36:41 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 21 Aprile 2016, 12:57:57 PMLoris Bagnara ha scritto:
Vorrei sgombrare il campo da un equivoco. Chi parla di "disegno intelligente" non è necessariamente un "creazionista" che invoca un intervento trascendente. Non è necessariamente irrazionalista chi parla di "disegno intelligente". Io non invoco il trascendente e non sono irrazionalista.
Rispondo:
Se chi parla di "disegno intelligente" non è un "creazionista" che invoca un intervento trascendente, allora penso che non possa che attribuire il "disegno intelligente" stesso a un' entità (una "creatura") naturale, e questo mi sembra, certamente meno irrazionalistico del creazionismo, ma pur sempre molto più irrazionalistico della teoria dell' evoluzione biologica (implicante ipotesi non provate -e a mio modesto parere decisamente "strampalate"- in numero enormemente maggiore: rasoio di Ockam!).
[...]
Ho tagliato la citazione del tuo messaggio per non appesantire questo post.
Le riflessioni filosofiche che esponi sono assolutamente legittime e hanno tutte un loro posto nella storia del pensiero. Potrei dire che anche io stesso le ho attraversate un po' tutte per arrivare infine alla mia visione attuale.
L'accenno solo in due parole, perché qui sarebbe "out of topic", magari apriremo in seguito una discussione su questo argomento.
Io sono un teosofo. La mia visione è quella della tradizione esoterica più antica (quella che si dice la
philosophia perennis).
Contrariamente a quel che potreste pensare, in questa visione non c'è assolutamente nulla di irrazionalistico, di fideistico, di teistico. L'esoterismo afferma la validità assoluta del principio di causalità e accetta di buon grado tutto quanto ha da dire la scienza, perché non c'è nulla di quel che dice la scienza che sia in contrasto con i suoi principi. Anzi. E' noto come la meccanica quantistica sia arrivata a concezioni che l'esoterismo afferma da migliaia di anni (si pensi alla posizione di David Bohm, ad esempio, o a Fritjof Capra con
Il tao della fisica).
In sostanza, con un semplice ribaltamento di prospettiva tutto è molto più comprensibile.
Alcuni dei principi dell'esoterismo sono:
1) La realtà è UNA: non c'è una realtà fisica ed una realtà metafisica, trascendente. Ci sono solo gradazioni, non compartimentazioni. La materia è spirito "denso" e lo spirito è materia "sottile".
2) La realtà è anche COSCIENZA e VITA. La vita non sorge: è. La coscienza non si forma: è. La realtà una è una MENTE VIVENTE. L'universo manifestato è una CREAZIONE MENTALE.
3) Noi siamo frammenti individualizzati della coscienza una.Concludo con questo. Nella tradizione indiana c'è l'antichissimo concetto delle tre qualità fondamentali della realtà:
tamas (inerzia),
rajas (azione),
sattva (intelligenza). Se ne può dare una perfetta interpretazione fisica.
Tamas è la materia/energia nel suo aspetto denso e pesante, che chiamiamo comunemente materia.
Rajas è la materia/energia nel suo aspetto più sottile, che comunemente chiamiamo energia.
Sattva è l'intelligenza dei fenomeni, ossia le leggi dell'universo fisico.
Possibile che non ci si chieda mai per quale motivo esistono le leggi fisiche? Perché la realtà non è un semplice caos, privo di leggi e di forma? Perché la realtà è intelligibile?
Come si fa allora a dubitare che l'universo è intelligenza, quando è la scienza stessa a scoprire che non c'è un angolo dell'universo dove non esista un ordine?
Finito. Chiedo scusa a tutti per l'OOT. ::)
Citazione di: Loris Bagnara il 21 Aprile 2016, 19:55:21 PM
Mi sono guardato il video. Sono concetti sicuramente interessanti, anche se, a ben vedere, fanno sorgere più domande di quante siano le risposte che danno.
E' vero, ma trovo che questo sia il valore maggiore di un discorso scientifico.
CitazioneMa qui sorge la prima grande domanda: se non sono i geni a controllare le forme, che cos'è a controllarle, allora? Dove stanno scritte le informazioni che descrivono le forme e le regole delle loro evoluzioni?
La seconda domanda che mi è sorta, vedendo il video, è la seguente: qual è il processo che seleziona le forme?
Non sono un biologo, quindi la mia risposta va presa con le pinze, ma penso che in entrambi i casi sia l'adattamento reciproco tra la forma vivente e il contesto in cui realizza la sua autopoiesi come unità. L'organismo vivente è (da un punto di vista strettamente scientifico) fondamentalmente un trasformatore di energia che persiste finché riesce costantemente a mantenere integra a ogni variazione di contesto la propria complessa unità biostatica e, a differenza di un elemento non vivente, può fare questo solo interagendo con l'ambiente in modo ciclico. Secondo l'Evo Devo non dovremmo allora più pensare che la forma sia determinata semplicemente dal genoma, ma proprio da questa costante interazione genoma - ambiente, a volte essa funziona, altre no. Il genoma stesso alla fine non è che l'espressione di questa interazione.
La cosa più spettacolare secondo me è proprio l'ontogenesi dell'organismo vivente. Come si spiega quella straordinaria differenziazione cellulare che mette in atto a partire da un'unica informazione genetica, che resta identica in ogni cellula del nostro corpo nonostante la loro straordinaria differenziazione? E' chiaro che questa differenziazione non dipende dal DNA e allora cos'è che la detta? Un biologo direbbe che è l'azione delle proteine, ma probabilmente non solo, entrano in gioco fattori chimici, fisici e stereospecifici, tutto un contesto ambientale di contorno che fa funzionare il genoma in quel modo e questa interazione, se funziona, determina la sopravvivenza.
Non c'è un progetto, perché il disegno si costruisce continuamente, un po' come un'orchestra che via via riesce a trovare un accordo di suoni che stanno insieme senza che vi sia alcuna partitura predefinita. Ogni orchestrale incide sul modo in cui suona l'altro e viceversa e a volte può accadere che il tutto, per un po' per ciascuno, stia straordinariamente insieme.
CitazioneCredo abbiate tutti compreso cosa intendo dire. Il primo processo di tirare a indovinare in maniera graduale è statisticamente molto più vincente del secondo, perché il processo di selezione del risultato, intervenendo ad ogni passaggio, opera in maniera costruttiva, come un insegnante che in qualche modo indirizza l'alunno, nell'intero corso di studio, verso il "successo". Invece il secondo modo di tirare a indovinare è statisticamente quasi impossibile, perché il processo di selezione interviene solo alla fine, come un insegnante che si limita a correggere il compito d'esame e a dare il giudizio: promosso o bocciato.
Ecco, l'evo-devo mi pare sia affine a questo secondo modo di tirare a indovinare, mentre il neodarwinismo gradualista al primo.
In conclusione, l'evoluzione a salti, di cui parla evo-devo, mi sembra implicare l'esistenza di una intelligenza delle forme, che però è ancora tutta da spiegare.
Secondo l'Evo Devo infatti non si procede variando un risultato per volta nel compilare la schedina e attendendo l'esito, perché una singola variazione può variare in un colpo solo tutti gli altri risultati che, tutti insieme, producono un adattamento riuscito o meno.
Noi, a posteriori possiamo pensare che vi sia una sorta di intelligenza preordinatrice delle forme , per spiegarci come mai quell'organismo abbia fatto 13 e per un po' continui a farlo, ma questo è solo il risultato del modo con cui a posteriori, da osservatori, interpretiamo il risultato finale.
Ogni forma vivente è di per sé un grande successo di cui il DNA è solo uno degli attori in gioco, ma ogni successo, per quanto grande sia, è destinato prima o poi all'insuccesso, è inevitabile. Forse con l'eccezione dei batteri che continuano ad avere enorme e incontrastato successo da quando è comparsa la vita sul pianeta. Quella è senza dubbio la base imprescindibile del vivente, da cui continuamente tutto il resto sorge e si estingue. Ma anche i batteri devono mutare continuamente e assai rapidamente per poter restare.
Citazione di: green demetrSu questo punto hai ragione, non penso Sgiombo o Maral possano argomentare contro.
Nel senso che la scienza (che io sappia) non l'ha ancora scoperto.
Se il motore che varia il vivente è conosciuto.
Il motore che varia l'organico in "vivente" è sconosciuto
Non solo è sconosciuto, ma ritengo che sia impossibile conoscerlo senza un approccio essenzialmente filosofico che stabilisca questo confine, che dia un criterio per poter dire cosa è vivente e cosa no. E il problema è che di criteri ne sono stati dati tanti, troppi, ma ognuno alla fine può essere messo del tutto lecitamente in discussione. E allora rassegnamoci: il vivente si distingue dal non vivente solo in virtù dell'opinione che la cultura a cui apparteniamo determina in noi su di essi e solo il senso di questa opinione alla fine merita di essere filosoficamente esplorato.
Citazione di: maral il 21 Aprile 2016, 23:00:05 PM
CitazioneSu questo punto hai ragione, non penso Sgiombo o Maral possano argomentare contro.
Nel senso che la scienza (che io sappia) non l'ha ancora scoperto.
Se il motore che varia il vivente è conosciuto.
Il motore che varia l'organico in "vivente" è sconosciuto
Non solo è sconosciuto, ma ritengo che sia impossibile conoscerlo senza un approccio essenzialmente filosofico che stabilisca questo confine, che dia un criterio per poter dire cosa è vivente e cosa no. E il problema è che di criteri ne sono stati dati tanti, troppi, ma ognuno alla fine può essere messo del tutto lecitamente in discussione. E allora rassegnamoci: il vivente si distingue dal non vivente solo in virtù dell'opinione che la cultura a cui apparteniamo determina in noi su di essi e solo il senso di questa opinione alla fine merita di essere filosoficamente esplorato.
Questo pensiero mostra bene come siano gli scienziati, più che i filosofi, a creare il regno della
metafisica, e altri regni più o meno
immateriali e
irrazionali, per usarli come
comodi contenitori di tutto ciò che non riescono a spiegare. E all'ingresso di quei regni mettono su un bel cartello: "Lasciate ogni speranza o voi che entrate". Trovano più facile fare così, anziché ridefinire i propri paradigmi e i propri strumenti concettuali.
Paradossalmente, se applicassimo lo stesso ragionamento alla nostra origine individuale, dovremmo concludere che
la nostra stessa nascita è un problema metafisico, poiché quand'è che siamo veramente nati? Quando siamo usciti da nostra madre? Quando siamo stati concepiti? Oppure esistevamo già nello spermatozoo e nell'ovulo dei nostri genitori? Oppure ancora niente di tutto questo?
Eppure è chiaro a tutti che ora ci siamo, e prima non c'eravamo. Tutto il resto è... non noia, come diceva Califano, ma sterili sofismi.
Citazione di: maral il 21 Aprile 2016, 22:31:40 PM
Citazione[...] Ecco, l'evo-devo mi pare sia affine a questo secondo modo di tirare a indovinare, mentre il neodarwinismo gradualista al primo.
In conclusione, l'evoluzione a salti, di cui parla evo-devo, mi sembra implicare l'esistenza di una intelligenza delle forme, che però è ancora tutta da spiegare.
Secondo l'Evo Devo infatti non si procede variando un risultato per volta nel compilare la schedina e attendendo l'esito, perché una singola variazione può variare in un colpo solo tutti gli altri risultati che, tutti insieme, producono un adattamento riuscito o meno.
Noi, a posteriori possiamo pensare che vi sia una sorta di intelligenza preordinatrice delle forme , per spiegarci come mai quell'organismo abbia fatto 13 e per un po' continui a farlo, ma questo è solo il risultato del modo con cui a posteriori, da osservatori, interpretiamo il risultato finale.
Ogni forma vivente è di per sé un grande successo di cui il DNA è solo uno degli attori in gioco, ma ogni successo, per quanto grande sia, è destinato prima o poi all'insuccesso, è inevitabile. Forse con l'eccezione dei batteri che continuano ad avere enorme e incontrastato successo da quando è comparsa la vita sul pianeta. Quella è senza dubbio la base imprescindibile del vivente, da cui continuamente tutto il resto sorge e si estingue. Ma anche i batteri devono mutare continuamente e assai rapidamente per poter restare.
L'idea, avanzata dall'evo-devo, che un salto evolutivo possa avvenire in "toto" con una singola variazione, a mio avviso produce l'ingannevole percezione che questo salto, questa singola variazione "di successo" possa avvenire in maniera relativamente facile, relativamente probabile.
La questione è legata alla quantità di informazione codificata in una forma. Maggiori sono le differenze fra due forme, maggiore è la quantità informazione che serve per descrivere la variazione dall'una all'altra. Non ci sono scorciatoie. Sarebbe bello se intervenisse in questo forum un esperto in materia di contenuto informativo codificato nelle forme biologiche... Provo io a fare alcune considerazioni puramente qualitative, per rendere l'idea.
Torniamo all'esempio dell'arto e dell'ala. Coniamo il termine generale di "appendice funzionale", che include tutte le possibili varianti di un'appendice. In questa categoria saranno incluse tutte le possibili varianti di arti, ali, pinne etc etc, che si possano immaginare: fallimentari o di successo, teoriche o effettivamente realizzate in natura.
Quanta informazione serve per codificare un'appendice funzionale in tutte le sue varianti? Se dico che dovrà servire almeno l'informazione codificata in un tweet, non vi sembrerà esagerato, vero? In realtà è un'assunzione ridicolmente riduttiva, ma fa lo stesso.
Quanta informazione è codificata in un tweet? Sappiamo che un tweet ha al massimo 140 caratteri. Quanti sono i caratteri? Lettere, più numeri, più punteggiatura e qualche altro simbolo, diciamo almeno 40.
Possiamo allora calcolare quanta informazione è codificata in un tweet, vale a dire quante sono le possibili varianti di un tweet: 40^140.
Il numero di possibili partite a scacchi si dice che sia di circa 10^120, un numero enormemente più piccolo.
Il numero di particelle elementari dell'universo è ancora più piccolo, si stima meno di 10^100.
Secondo l'assunzione fatta, abbiamo dunque 40^140 possibili varianti di appendici funzionali: in questo numero ci stanno tutte quelle che funzionano e tutte quelle che non funzionano (arti, ali, pinne etc).
L'evo-devo sostiene che modificando un solo tweet d'informazione, nel codice complessivo dell'organismo, si può modificare d'un colpo l'appendice che l'organismo ora possiede in un'altra appendice. Vale a dire, si può saltare in un colpo solo da una variante ad un'altra di quelle 40^140 possibili appendici. Vi domanderete quante siano le varianti di successo, rispetto a quelle fallimentari. Non lo so, lascio la risposta alla vostra sensibilità; la mia, mi dice che il numero di successi dev'essere enormemente più piccolo del numero di insuccessi. Inoltre, un successo non è assoluto, ma relativo all'organismo: ad esempio, una pinna perfettamente formata che spunta al posto di una zampa di un cane non serve a nulla...
Insomma, se il processo evolutivo si basa su "salto casuale – verifica – nuovo salto – nuova verifica - ..." capite bene in questo modo non si arriverebbe mai a nulla. L'evoluzione non si potrebbe spiegare. Eppure l'evoluzione è avvenuta.
A meno che... a meno che il codice bio-informativo (perdonatemi il neologismo) non possegga una sorta filtro che esclude gran parte delle varianti inutili. Cioè, il codice dovrebbe essere in qualche modo pre-codificato. Per intenderci, faccio l'esempio della musica in rapporto ai suoni.
Le possibili frequenze sonore sono innumerevoli.
L'uomo ha filtrato il "mare" dei suoni costruendo le scale musicali, che predefiniscono i rapporti fra i suoni.
Poi l'uomo ha costruito strumenti progettati sulla base di quelle scale, strumenti che forniscono accordi: strumenti strutturati in modo "debole" (come il violino, dove l'esecutore può muovere il dito lungo la corda); o in modo "forte" (come il pianoforte, dove l'esecutore non può variare la nota); o addirittura in modo "fortissimo" (come l'armonica a bocca, che produce sempre accordi validi, comunque si muova la bocca).
Ecco, per poter produrre qualche risultato sensato, il codice bio-informativo dovrebbe essere strutturato almeno come un violino, se non come un pianoforte o un'armonica. Ma questo implicherebbe che tale codice sia stato pre-codificato... Ma da chi o da che cosa, e quando?
rispondo a Sgiombo 46
Tu dici che l'accettazione di una legge finalististica impedirebbe la definizione di leggi causali, a me non sembra. Il mio parere è che la definizione di leggi causali è la premessa dalla quale è necessario partire anche per riconoscere leggi finalistiche. Nei tuoi ragionamenti sul ruolo della scienza secondo me sottovaluti il ruolo del principio di completezza, del bisogno scientifico di spiegare il più possibile. Consideriamo ad esempio la teoria Darwiniana, ha spiegato un sacco di cose, ma quando si va ad osservare la specie umana nell'ottica di tale teoria vediamo troppi comportamenti non conformi alle leggi di sopravvivenza biologica (Tra cui in particolare molti comportamenti religiosi), come si spiegano? Certo la spiegazione standard è che è la società a definire queste variazioni, ma la società è un prodotto umano, per cui dovrebbe essere sottoposta alle stesse leggi ...
Citazione di: Loris Bagnara il 22 Aprile 2016, 09:20:24 AM
Questo pensiero mostra bene come siano gli scienziati, più che i filosofi, a creare il regno della metafisica, e altri regni più o meno immateriali e irrazionali, per usarli come comodi contenitori di tutto ciò che non riescono a spiegare. E all'ingresso di quei regni mettono su un bel cartello: "Lasciate ogni speranza o voi che entrate". Trovano più facile fare così, anziché ridefinire i propri paradigmi e i propri strumenti concettuali.
Paradossalmente, se applicassimo lo stesso ragionamento alla nostra origine individuale, dovremmo concludere che la nostra stessa nascita è un problema metafisico, poiché quand'è che siamo veramente nati? Quando siamo usciti da nostra madre? Quando siamo stati concepiti? Oppure esistevamo già nello spermatozoo e nell'ovulo dei nostri genitori? Oppure ancora niente di tutto questo?
Eppure è chiaro a tutti che ora ci siamo, e prima non c'eravamo. Tutto il resto è... non noia, come diceva Califano, ma sterili sofismi.
Ma mi pare che qui si diano troppe cose per scontate. Cos'è la materia? E perché mai la metafisica dovrebbe essere immateriale e irrazionale?
Certamente la scienza istituisce una metafisica, ma il suo peccato non sta nell'istituirla, né nell'aderirvi coerentemente, ma nel negarla benché la istituisca.
Per quanto paradossale possa sembrare la cosa, sì anche la "nostra" nascita è un problema metafisico, al pari della "nostra" morte (entrambe tutto fuorché nostre), di entrambe non ne abbiamo alcuna diretta conoscenza. Il sofisma, se tale è, è mio, non della scienza, che ha una visione metafisica ben precisa sia della nascita che della morte dell'organismo e crede di poterle definire con la massima precisione e senza ambiguità alcuna, nei termini che competono alla biologia. Ma io non lo ritengo un sofisma, bensì una pura evidenza: l'origine e la fine ci sono entrambe ontologicamente estranee, servono solo a raccontarci storie sulle quali poter fantasticare, perché ogni storia ha bisogno di un inizio e di una fine, ed è delle storie che non possiamo fare a meno.
CitazioneL'idea, avanzata dall'evo-devo, che un salto evolutivo possa avvenire in "toto" con una singola variazione, a mio avviso produce l'ingannevole percezione che questo salto, questa singola variazione "di successo" possa avvenire in maniera relativamente facile, relativamente probabile.
La questione è legata alla quantità di informazione codificata in una forma. Maggiori sono le differenze fra due forme, maggiore è la quantità informazione che serve per descrivere la variazione dall'una all'altra.
Non credo che nell'evo devo si consideri il salto di per sé facilmente funzionale: solo che la grande differenza di forme non è più considerata solo di stretta dipendenza genomica e se una forma sussiste semplicemente essa, come tale, in un determinato contesto, può con successo sussistere senza necessità di dover pensare a un fine che guida questa sussistenza.
Il contenuto informativo di una forma non è un contenuto che possa essere preso in sé, oggettivamente, ma è sempre legato a un'interazione soggettiva con l'osservatore, con ciò che questi può cogliere nel contesto in cui esiste partecipando di ciò che osserva, in termini biologici è anche la quantità di informazione è collegata alla omeostasi conservativa dell'osservatore. La differenza tra le forme è sempre un fenomeno relativo a chi percepisce e intende questa differenza nell'ambito della soggettività che lo determina.
@ Loris Bagnara
Ovviamente anche Le riflessioni filosofiche che esponi tu sono assolutamente legittime e hanno tutte un loro posto nella storia del pensiero.
Data la notevolissima distanza fra noi mi sembra giusto limitami (almeno in questa occasione) a segnalare, nell' ambito di un' interessante informazione reciproca, che non le condivido e che (ed é soprattutto per questo) secondo il mio moddesto parere sono irrazionalistiche e in larga misura fideistiche.
Fra l' altro "da humeiano" non posso non respingere categoricamente l' affermazione della validità assoluta del principio di causalità proposta dall' esoterismo.
ça va sans dire che non sono affatto d' accordo che l' esoterismo accetta di buon grado tutto quanto ha da dire la scienza, perché non c'è nulla di quel che dice la scienza che sia in contrasto con i suoi principi.
Per me c' é per lo meno la teoria "in larga misura darwiniana" dell' evoluzione biologica.
Dissento pure drasticamente dall' affermazione secondo cui la meccanica quantistica sia arrivata a concezioni che l'esoterismo afferma da migliaia di anni (di David Bohm, che credo di conoscere un poco avendone letto negli anni passati due libri che in questo momento non ho a portata di mano per verificarne i titoli, condivido entusiasticamente quanto ha sostenuto in proposito nella prima parte della sua vita -anni '50- decisamente contro l' interpretazione di Copenhagen e in sostanziale accordo con i "deterministi delle variabili nascoste" -per così dire- Plank, Einstein, de Broglie e Schroedinger; personalmente ritengo che nell' ultima parte della sua vita abbia subito una deprecabile -e per me inspiegabile- involuzione irrazionalistica).
Mi interessa invece commetare le tue ultme affermazioni.
Loris Bagnara ha scrtto:
Possibile che non ci si chieda mai per quale motivo esistono le leggi fisiche? Perché la realtà non è un semplice caos, privo di leggi e di forma? Perché la realtà è intelligibile?
Come si fa allora a dubitare che l'universo è intelligenza, quando è la scienza stessa a scoprire che non c'è un angolo dell'universo dove non esista un ordine?
Rispondo:
La realtà (secondo me la sola realtà materiale naturale, almeno per molti aspetti identificabile con la cartesiana res extensa e nettamente separata -trascendente- dal pensiero, la res cogitans) si può assumere indimostrabilmente (Hume) divenire secondo leggi universali e costanti, non essere un semplice caos, privo di leggi e di forma e dunque essere scientificamente conoscibile.
La domanda del perché di queste sue caratteristiche (se reali, cosa indimostrabile) secondo me é mal posta, non ha senso.
Infatti proprio partendo dal presupposto che la realtà fisica diviene ordinatamente secondo leggi universali e costanti ci si può cheidere "perchè" qualcosa (di particolare nel suo ambito, e non essa tutta intera), accade, e la risposta alla domanda sta nell' applicazione delle leggi universai e costanti del divenire alla situazione "iniziale" di fatto delle circostanze che hanno preceduto e accompagnato tale "qualcosa".
Cioé solo di particolari eventi nell' ambito di un più ampio insieme di eventi in divenire ordinato ha senso chiedersi quali ne siano le cause; e di tale più ampio insieme solo nell' ambito di un insieme ancora più ampio, in un eventuale regresso all' infinito che non potrà mai terminare all' "insieme universale di tutto ciò che siste", in quanto per definizione non inquadrabile in un ulteriormente più vasto insieme con cause - ovvero leggi generali del divenire e circostanze particolari o "iniziali"- dalle quali possa essere determinato (e spiegato), anziché essere determinato (e spiegato) qualcosa d' altro o di diverso.
Inoltre ci si potrebbe chiedere "perché la realtà é (e diviene) propio così come é (e diviene) anziché diversamente (per esempio perché non esiste invece alcunché)?" solo se la realtà potessere essere (realmente) diversa da così come é.
Ma in realtà poiché é così come é, allora non può non esserlo (per le definizioni di "essere e di "non essere", o di affermazione e negazione: al massimo può ***essere pensata*** essere diversamete da come é, ma non ***esserlo realmente***), la domanda non può sensatamente porsi; quindi la domanda dovrebbe casomai essere "perché si può pensare (anche) che la realtà sia (e divenga) diversamente da come é e diviene (per esempio la non esistenza, invece, di alcunché; oltre che così come é e diviene)?".
Ma non mi sembra una domanda degna di interesse: semplicemente sta di fatto che il pensare (o, in forma grammaticalmente passiva, l' essere pensato) é diversa cosa dall' essere reale.
Anthonyi ha scritto:
Tu dici che l'accettazione di una legge finalististica impedirebbe la definizione di leggi causali, a me non sembra. Il mio parere è che la definizione di leggi causali è la premessa dalla quale è necessario partire anche per riconoscere leggi finalistiche. Nei tuoi ragionamenti sul ruolo della scienza secondo me sottovaluti il ruolo del principio di completezza, del bisogno scientifico di spiegare il più possibile. Consideriamo ad esempio la teoria Darwiniana, ha spiegato un sacco di cose, ma quando si va ad osservare la specie umana nell'ottica di tale teoria vediamo troppi comportamenti non conformi alle leggi di sopravvivenza biologica (Tra cui in particolare molti comportamenti religiosi), come si spiegano? Certo la spiegazione standard è che è la società a definire queste variazioni, ma la società è un prodotto umano, per cui dovrebbe essere sottoposta alle stesse leggi ...
Rispondo:
Non ci siamo intesi: io ho sostenuto proprio che la definizione di leggi causali è la premessa dalla quale è necessario partire anche per poter ammettere comportamenti (e non leggi) finalistici.
Concordo ovviamente sul bisogno scientifico di spiegare il più possibile (senza cadere nello scientismo).
E mi pare che la teoria dell' evoluzione biologica per mutazioni genetiche e selezione naturale (correttamente intesa e non assolutizzata) fornisca la "cornice teorica" in grado di "inquadrare alla perfezione" i fatti: non ovviamente una dettagliata ricostruzione dei singoli particolari, che però per essere stabilita e compresa nella sua dinamica generale non ne può prescindere.
Comportamenti "non conformi alle leggi di sopravvivenza biologica" per definizione non sopravvivono.
Ne sopravvivono, e non pochi, non "conformi, per così dire, a un' errata assolutizzazione della selezione naturale" come pretesa "lotta egoistica all' ultimo sangue per la sopravvivenza" che consentirebbe solo ai "massimamente adatti" i spravvivere.
Infatti la selezione naturale si limita a determinare (in negativo) l' estinzione solo dei "troppo inadatti".
A parte che come dici anche tu si tratta di una questione in sostanza culturale (e non semplicemente naturale), pssiamo comunque dire che i comporatmenti religiosi evidentemente non sono proppo inadatti al' ambiente naturale (e sociale) per essere eliminati dalla selezione naturale.
Maral ha scritto
Se il motore che varia il vivente è conosciuto.
Il motore che varia l'organico in "vivente" è sconosciuto.
Non solo è sconosciuto, ma ritengo che sia impossibile conoscerlo senza un approccio essenzialmente filosofico che stabilisca questo confine, che dia un criterio per poter dire cosa è vivente e cosa no. E il problema è che di criteri ne sono stati dati tanti, troppi, ma ognuno alla fine può essere messo del tutto lecitamente in discussione. E allora rassegnamoci: il vivente si distingue dal non vivente solo in virtù dell'opinione che la cultura a cui apparteniamo determina in noi su di essi e solo il senso di questa opinione alla fine merita di essere filosoficamente esplorato.
Rispondo:
Mi sembra un' ottima definizione quella che tu stesso proponi in un altro intervento:
"L'organismo vivente è (da un punto di vista strettamente scientifico) fondamentalmente un trasformatore di energia che persiste finché riesce costantemente a mantenere integra a ogni variazione di contesto la propria complessa unità biostatica e, a differenza di un elemento non vivente, può fare questo solo interagendo con l'ambiente in modo ciclico".
Aggiungerei "e che si riproduce".
Ovviamente restano indefiniti i "margini" o "confini" della vita (l' inizio della vita in generale, l' inizio dell' esistenza di una data specie, l' inizio e la fine della vita di un individuo, l' inizio e la fine dell' "umanità" della vita di un individuo appartemnente alla specie homo sapiens, ecc.); e questo é un problema soprattutto etico, che a mio avviso si risolve positivamente cercando sempre di stare "ben al di qua di ogni ragionevole dubbio" circa l' inizio e la fine (non affatto precisamente individuabili) dell' esistenza di una persona umana.
Secondo me le definizioni dei concetti impiegati dalle scienze é almeno in gran parte "pragmatica", determinata dalla loro "fecondità euristica": se la definizione di inerzia come "invariabilità dello stato di quiete o moto rettilineo uniforme in assenza dell' applicazione di forze" "funziona meglio" per comprendere la realtà di quelllo di "invariabilità dello stato quiete in assenza dell' applicazione di forze", allora é la prima di esse che si sceglie; e lo stesso vale ad esempio per i concetti di "gene" o di "specie".
Secondo me a determinare (e spiegare) le spettacolari differenziazioni di sistemi, tessuti e organi dei metazoi pluricellulari sono le interazioni fra genoma e ambiente (intra ex extracellulare), in ultima analisi riducbili a reazioni chimiche o ad eventi fisici (va tenuto conto che esistono "interruttori citoplasmatici" -enzimi- che regolano diversamente nelle varie circostanze in ciascun tessuto la trascrizione dei geni e la sintesi delle proteine da essi codificate e "interruttori genetici" o geni regolatori che, dipendentemente dalle loro interazioni con l' ambiente intracellulare e indirettamente extracellulare, regolano diversamente nei vari tessuti la trascrizione dei diversi geni e la sintesi delle diverse proteine).
Rispondo a Sgiombo 55.
Quando io parlo di finalismo io mi riferisco a leggi astratte, non a comportamenti e credo di essere formalmente coerente, ti spiego perché.
La relatività di Einstein E=mC2 è una formula vera perché gli esperimenti fatti la dimostrano, non perché questa legge è scritta su un qualche supporto fisico, essa è cioè, per definizione astratta, immateriale. Allo stesso modo una legge finalistica immateriale può essere accettata se confermata da tanti fatti reali.
Il principio universale che unifica le due categorie di leggi è il Rasoio di Occam, il principio cioè per il quale un'argomentazione è tanto più vera quanto più riesce a spiegare fenomeni reali usando il numero minimo di argomenti.
Banalizzare poi i residui non spiegati che la legge di Darwin lascia nella specie umana come marginali mi sembra inaccettabile.
Naturalmente la specie umana ha sviluppato, in quanto animale dominatore del territorio, una forte spinta alla violenza. Tale spinta, tutt'oggi risulta sostanzialmente annichilita e questo è inspiegabile sulla base della logica Darwiniana.
La natura sociale della specie umana ha predisposto la stessa, per ragioni di equilibrio interno alla comunità, ad accettare e costruire rigorosi rapporti di autorità. Tale predisposizione studiata per i primati in generale e anche per l'uomo, contrasta con quei meccanismi culturali che hanno prodotto la democrazia e più in generale l'idea che noi uomini siamo tutti uguali.
Non violenza ed uguaglianza sono i fondamenti della nostra società moderna, ma contrastano(non posso dilungarmi c'è comunque un paper esaustivo al riguardo https://www.academia.edu/20428344/Il_disegno_della_civilt%C3%A0 ) con le leggi evoluzionistiche.
Preciso che con concetti come culturale o sociale io intendo sintetizzare qualcosa che non per questo è spiegato, l'uso è, cioè, puramente tautologico, per cui non interpretare le mie descrizioni come spiegazioni di qualcosa che oggi non è spiegabile.
Citazione di: maral il 21 Aprile 2016, 23:00:05 PM
CitazioneSu questo punto hai ragione, non penso Sgiombo o Maral possano argomentare contro.
Nel senso che la scienza (che io sappia) non l'ha ancora scoperto.
Se il motore che varia il vivente è conosciuto.
Il motore che varia l'organico in "vivente" è sconosciuto
Non solo è sconosciuto, ma ritengo che sia impossibile conoscerlo senza un approccio essenzialmente filosofico che stabilisca questo confine, che dia un criterio per poter dire cosa è vivente e cosa no. E il problema è che di criteri ne sono stati dati tanti, troppi, ma ognuno alla fine può essere messo del tutto lecitamente in discussione. E allora rassegnamoci: il vivente si distingue dal non vivente solo in virtù dell'opinione che la cultura a cui apparteniamo determina in noi su di essi e solo il senso di questa opinione alla fine merita di essere filosoficamente esplorato.
Sono d'accordo, più che la teoria è la prassi a determinare la storia, e quindi anche la storia delle idee.
(Non capisco cosa c'entri la "rassegnazione" però)
Citazione di: sgiombo il 22 Aprile 2016, 14:18:11 PM
Rispondo:
Mi sembra un' ottima definizione quella che tu stesso proponi in un altro intervento:
"L'organismo vivente è (da un punto di vista strettamente scientifico) fondamentalmente un trasformatore di energia che persiste finché riesce costantemente a mantenere integra a ogni variazione di contesto la propria complessa unità biostatica e, a differenza di un elemento non vivente, può fare questo solo interagendo con l'ambiente in modo ciclico".
Aggiungerei "e che si riproduce".
....
....
Secondo me a determinare (e spiegare) le spettacolari differenziazioni di sistemi, tessuti e organi dei metazoi pluricellulari sono le interazioni fra genoma e ambiente (intra ex extracellulare), in ultima analisi riducbili a reazioni chimiche o ad eventi fisici (va tenuto conto che esistono "interruttori citoplasmatici" -enzimi- che regolano diversamente nelle varie circostanze in ciascun tessuto la trascrizione dei geni e la sintesi delle proteine da essi codificate e "interruttori genetici" o geni regolatori che, dipendentemente dalle loro interazioni con l' ambiente intracellulare e indirettamente extracellulare, regolano diversamente nei vari tessuti la trascrizione dei diversi geni e la sintesi delle diverse proteine).
La definizione mi sembra corretta, anche dopo un breve giro sul web.
Potremmo dire ancora più brevemente:
Un vivente è quando ha un programma genetico (o ciclo vitale).
Ma appunto a livello di informazione pubblica, e a questa altezza storica (prassi scientifica).
Probabilmente è derivato da iterazioni genoma-ambiente: oggi come nell'articolo, postato da me sopra su scienze, possiamo bypassare miliardi di anni di "evoluzione" e creare una forma cluster, direttamente da laboratorio.
Nei prossimi anni ne sapremo di più.(Si tratta di leggere scienze ogni mese. Cosa che non faccio: mea culpa ovviamente).
Ora non ho tempo/voglia di controllare (se è ancora così, parlo di 10 anni fa) la questione del motore interattivo tra genoma e ambiente: rimango all'impasse che non era un fenomeno chimico (non almeno direttamente, benchè osservabile come tale, infatti mancavano i fattori di scatenamento: semplicemente ad un certo punto il citoplasma "si apre" a contatto con enzimi, mi sembra, ma quale siano le informazioni tra enzima e citoplasma scambiate questo rimane un mistero), e quindi dovendosi trattare di un fenomeno fisico, richiama possibilità tecniche di controllo atomico che non so se siamo ancora in grado di fare.
Se qualcuno corregge, magari tu Sgiombo, se avete letto qualcosa di simile, o di nuovo, grazie.
per anthonyi
Guarda che l'"evoluzione" sociale è completamente diversa da quella naturale, in quanto la prima è frutto della prassi umana, la secondo da meccanismi genetici.
Tra l'altro affermare che la violenza umana sia annichilita è talmento grossolana e infondata, che a me fa arrossire che tu l'abbia potuta formulare.
Ma scusa ma sai quante guerre sono in atto a livello globale? e intendo proprio a livello armato!
Per fare selezione la stiamo facendo:se quello è il tuo "problema", il che poi rimanderebbe anche ad una serie di considerazioni politiche che qui tralascerei.
Citazione di: maral il 22 Aprile 2016, 12:59:29 PM
CitazioneL'idea, avanzata dall'evo-devo, che un salto evolutivo possa avvenire in "toto" con una singola variazione, a mio avviso produce l'ingannevole percezione che questo salto, questa singola variazione "di successo" possa avvenire in maniera relativamente facile, relativamente probabile.
La questione è legata alla quantità di informazione codificata in una forma. Maggiori sono le differenze fra due forme, maggiore è la quantità informazione che serve per descrivere la variazione dall'una all'altra.
Non credo che nell'evo devo si consideri il salto di per sé facilmente funzionale: solo che la grande differenza di forme non è più considerata solo di stretta dipendenza genomica e se una forma sussiste semplicemente essa, come tale, in un determinato contesto, può con successo sussistere senza necessità di dover pensare a un fine che guida questa sussistenza.
Il contenuto informativo di una forma non è un contenuto che possa essere preso in sé, oggettivamente, ma è sempre legato a un'interazione soggettiva con l'osservatore, con ciò che questi può cogliere nel contesto in cui esiste partecipando di ciò che osserva, in termini biologici è anche la quantità di informazione è collegata alla omeostasi conservativa dell'osservatore. La differenza tra le forme è sempre un fenomeno relativo a chi percepisce e intende questa differenza nell'ambito della soggettività che lo determina.
Io avevo fatto qualche anche considerazione sull'improbabilità del successo di questi salti (non ho parlato di finalità), che però non sono state commentate.
Non c'è nulla di soggettivo nell'approccio alla forma: l'analisi di una forma può essere condotta in modo assolutamente matematico, come l'analisi di una struttura in cemento armato. Preso l'organismo biologico da studiare, se ne deve definire un modello parametrico (ogni parametro corrisponde a un aspetto rilevante) e di ogni parametro si deve definire la variabilità. Anche il modello più semplice e grossolano genera una variabilità straordinariamente elevata; il mio esempio del tweet ne è un'approssimazione per enorme difetto.
La tua (ma non solo tua) spiegazione lascia troppo nel vago. Le forme sembrano essere quasi idee platoniche (che stanno non si sa dove) che in determinate circostanze (non si sa bene quali) riescono a realizzarsi concretamente. E quando parlate della produzione di nuove forme biologiche come conseguenza dell'interazione fra genoma e contesto ambientale, be', tutto molto bello, ma concretamente come avviene?
Si torna al punto di partenza: perché si possa accettare questa spiegazione, perché questa spiegazione non sembri più una lettera d'intenti che una spiegazione scientifica, è necessario scendere sul concreto e descrivere (se non provare, almeno descrivere) come sia avvenuta la comparsa di una nuova forma biologica. Ma che sia veramente nuova, però, non parliamo del millepiedi che raddoppia le sue zampe. Quello è lo stesso animale. Che sia la questione arto-ala, o qualunque altra, ma che sia una questione veramente rilevante.
Esiste la descrizione convincente di anche uno soli di questi salti? Io non l'ho mai letta.
E parlo di semplice, ipotetica descrizione, non di prova (per il momento).
Concludo con una domanda. Nell'ottica dell'evo-devo, se avviene un salto che produce una nuova forma, come si trasmette ereditariamente questa nuova forma? Non con il DNA, perché sappiamo che il DNA non è in grado di definire da solo il risultato formale.
La nuova forma è stata acquisita come frutto di una specialissima interazione fra genoma e ambiente, e se questo risultato non si trasmette ereditariamente, come si conserva nella progenie? Si perderebbe. Non possiamo pensare che lo stesso "miracolo" si ripeta nei figli, no?
Quindi, dove sta il supporto delle informazioni che codificano le forme? Anche questo, mi pare, non ha una risposta.
Citazione di: sgiombo il 22 Aprile 2016, 13:24:23 PM
@ Loris Bagnara
Fra l' altro "da humeiano" non posso non respingere categoricamente l' affermazione della validità assoluta del principio di causalità proposta dall' esoterismo.
L.B.: E sarei io l'irrazionalista? ;)
Loris Bagnara ha scrtto:
Possibile che non ci si chieda mai per quale motivo esistono le leggi fisiche? Perché la realtà non è un semplice caos, privo di leggi e di forma? Perché la realtà è intelligibile?
Come si fa allora a dubitare che l'universo è intelligenza, quando è la scienza stessa a scoprire che non c'è un angolo dell'universo dove non esista un ordine?
Rispondo:
La realtà (secondo me la sola realtà materiale naturale, almeno per molti aspetti identificabile con la cartesiana res extensa e nettamente separata -trascendente- dal pensiero, la res cogitans) si può assumere indimostrabilmente (Hume) divenire secondo leggi universali e costanti, non essere un semplice caos, privo di leggi e di forma e dunque essere scientificamente conoscibile.
La domanda del perché di queste sue caratteristiche (se reali, cosa indimostrabile) secondo me é mal posta, non ha senso.
[...]
Secondo me ci sono tre possibili impostazioni filosofiche:
1) la realtà è mentale, e la materia ne è una proiezione
2) la realtà è materiale e la mente è una sua proprietà
3) la realtà materiale e quella mentale coesistono, trascendenti l'una rispetto all'altra.
Io sono per la 1, tu Sgiombo per la 3.
Tutte sono indimostrabili, e possono essere giudicate solo per la loro capacità di dare risposte senza cadere in contraddizioni.
Lo stesso Cartesio si era accorto di un'enorme difficoltà nella sua visione duale, e cioè: come fa la mente a interagire con il corpo, e viceversa? Come fa un atto di volontà dell'individuo, a produrre il movimento del suo braccio, ad esempio?
Se è vero che la
res cogitans e la
res extensa sono trascendenti l'una rispetto all'altra, non possono logicamente interagire.
Cartesio aveva proposto la ghiandola pineale come punto di incontro delle due realtà, ma il problema non è nel
dove, ma nel
come.
Per risolvere questo problema sorse la corrente di pensiero dell'occasionalismo (Malebranche, ad esempio). La soluzione era la seguente: era Dio stesso a garantire il perfetto accordo fra corpo e mente. L'uomo ha soltanto l'illusione di essere l'artefice del suo movimento, perché in realtà è Dio stesso a prendersi la briga di muovergli il braccio.
Io trovo a dir poco raccapricciante questa soluzione, ma non mi pare che ne siano uscite altre.
Tu che ne pensi?
Infine, chiudo con un sorriso. Per l'ennesima volta mi sento dire (non solo da te, ma in generale in tutti i forum che frequento) che le domande che pongo sono "mal poste".
Ma come, possibile che proprio le questioni fondamentali siano sempre "domande mal poste"?A me sinceramente non frega nulla di come l'arto si sia trasformato in ala, o di come si sia formato il sole etc. Sono tutte questioni secondarie.
Le questioni vere sono: perché esiste qualcosa anziché niente? Perché c'è ordine anziché caos? Perché c'è vita anziché non-vita? E perché ci sono io? :(
@ Loris Bagnara
Guarda io sono in disaccordo con Sgiombo, ma per lo meno, leggo quanto scrive e intendo.
Ti hanno già spiegato che la differenza genomica tra un scimpanzè e un uomo è intorno all'uno per cento, per non parlare del maiale che è sotto l'uno per cento.
E ancora tu qui a dire che non si capisce il soma....ma BASTA!
Citazione di: green demetr il 22 Aprile 2016, 19:34:27 PM
@ Loris Bagnara
Guarda io sono in disaccordo con Sgiombo, ma per lo meno, leggo quanto scrive e intendo.
Ti hanno già spiegato che la differenza genomica tra un scimpanzè e un uomo è intorno all'uno per cento, per non parlare del maiale che è sotto l'uno per cento.
E ancora tu qui a dire che non si capisce il soma....ma BASTA!
Quello che ho chiesto non è ancora stato detto in questo forum. Leggi meglio i post.
Se conosci la risposta, hai perso una buona occasione per farcela sapere.
Green Demetr ha scritto:
CitazioneIncuriosito cercando su google ho ottenuto questo risultato.
Le scienze.it
Si parla di Cluster e di organizzazione "sociale" delle cellule.
Dunque come immaginavo le prove sensibili ci sono di già, almeno per quanto riguarda il punto 1.
Ho letto l'articolo che citi. Non capisco in base a cosa sostieni che "provi" qualcosa a proposito del "punto1", ossia
che provi la possibilità che una combinazione delle mutazioni genetiche e della "selezione naturale" sia in grado di generare la gran varietà delle forme di vita che conosciamo a partire dagli organismi più semplici conosciuti.Quello che l'esperimento prova è che
in determinate condizioni (generate scientemente dagli sperimentatori)
delle cellule formano degli aggregati (cluster) nei quali alcune cellule si riproducono e altre muoiono, o meglio si suicidano mediante un processo chiamato
apoptosi. E anche che si verifica una sorte di riproduzione multicellulare attraverso il distacco di gruppi di cellule.
Ma non c'è (almeno nell'articolo) alcuna spiegazione del perché, sotto l'azione di quali agenti causali, alcune cellule si riproducono e altre si suicidano. Quindi anche questa forma estremamente rudimentale di "organizzazione" rimane avvolta nel mistero.
Comunque sia,
siamo lontani anni luce da qualsiasi forma di organizzazione, specializzazione coordinata e cooperazione.Potrebbe essere considerata un indizio (e non una prova) un esperimento in cui, in opportune condizioni create in laboratorio ma corrispondenti a condizioni possibili senza un intervento umano, delle cellule non solo si aggragassero, ma cominciassero a diffenziarsi nelle funzioni, a scambiarsi informazioni e a collaborare tra loro.
Ma, attenzione, non basterebbe certo l'osservazione del fenomeno, bisognerebbe anche provare che il fenomeno
segue necessariamente dalle condizioni iniziali (che, ripeto, devono essere possibili anche senza intervento umano)
e dall'azione delle forze conosciute (e in qualche modo misurabili) agenti nel sistema.
Colgo l'occasione per notare che nell'articolo si parla di "
emergere di alcuni tratti distintivi della cooperazione". La frase rimanda a un termine assai problematico (uno di quei termini usati da certi operatori scientifici per far finta di conoscere qualcosa appiccicandogli un'etichetta), quallo di
qualità emergente. Di cosa si tratta? Il suo uso a proposito della
coscienza è forse l'esempio più chiaro. I biologi notano che in organismi con un grado di complessità e organizzazione elevati "compare" il fenomeno della coscienza. Questa coscienza da alcuni, in modo totalmente arbitrario, viene considerato un "effetto collaterale" privo di "capacità d'agire", riservata, chissà perché alle sole forze del "modello standard". Il termine ha la non evidente implicazione (nel contesto in cui viene utilizzato) che il fenomeno così etichettato non è altro che la conseguenza, accidentale o no, ma comunque derivante meccanicamente da altri fenomeni guidati dalle solite "forze cieche". E assai spesso il termine viene utilizzato per mascherare
l'assoluta ignoranza sulla natura e il funzionamento di certi fenomeni, e la
totale arbitrarietà del considerarli conseguenze (e non magari cause) di altri fenomeni che ricadono nel "rassicurante" (perché illusoriamente "conosciuto") mondo del riduzionismo materialista.
In sostanza parlare di
emergenza di caratteri o fenomeni finisce col sottointendere (senza affermarlo ma dandolo per scontato) che questi sono determinati meccanicisticamente da fenomeni che non mettono in gioco altro che le "forze cieche".
Cosi, se confrontiamo
olismo e
riduzionismo, mentre un punto di vista olistico sostiene che
un sistema organizzato non è riducibile alla somma delle sue parti, il riduzionista sostiene che
l'organizzazione è una qualità emergente di un sistema complesso (riducibile alla somma delle sue parti), pretendendo di risolvere il problema con giochi di parole senza significato, che non rendono conto minimamente del perché l'"emersione" avvenga e di come un sistema si crei e come divenga complesso.
Così, la tesi riduzionista sulla vita si può esprimere dicendo che "La vita è una qualità emergente di un sistema complesso", che in sostanza è equivalente a dire che a vita è qualcosa la cui origine e natura è del tutto sconosciuta, ma facendo finta di saperla lunga...
@DONALDUCK E A @LORIS BAGNARA
Il perchè un fenomeno accada nella scienza consiste nel definire COME ACCADA, non nella sua definizone idealista (un perchè "agente", che richiamerebbe al disegno divino).
Nel caso specifico la domanda è legata alle forme evolutive, esse avvengono per organizzazione sociale.
A partire dalle forme più elementari.
Invece nel vostro tentativo di critica, rinnegate anche l'evidenza, che così le cose avvengano.
Andando con procedimenti logici per cui dovremmo aprire 3d specifici, alla vessata questio del circolo ermeneutico.(dove la domanda va all'infinito indietro di un grado).
La cosa bizzarra è che non vi accorgete che state chiedeno questioni che non sono dello stesso grado veritativo del reale. Un conto è il veritativo tra laboratorio e reale, che ha nome scienza, e un conto, è il veritativo del discorso.
Se io chiedessi la veritatività del circolo ermeneutico al reale, sarei un pazzo, in quanto il reale non ci risponde.
La veritatività del discorso scientifico invece risiede nella sua ideologia (Scientismo), non mi interessa qui dire se sia olista o riduttivista (infatti, in entrambi i casi, nella scienza si tratta solo di mezzi di argomentazione, non di pratica).
Se voi (non so se vi conoscete, o se avete lo stesso problema) indicate la questione della prassi come non veritativa, è solo perchè la vostra ideologia o ragiona per contrasto, scetticismo, o semplicemete si nasconde dietro l'omertà, dichiarandosi strategia pur di non mostrarsi (e subire i medesimi attacchi ideologici delle parti opposte o antagoniste).
Nell'attesa che siate voi a decidere se siate scettici o di altra ideologia.
A me non rimane che trarre l'ultimo ragionamento possibile allo stato delle cose.
E cioè il vostro continuo e mi permetto di dire ottuso (non) argomentare, risiede nel fatto che non avete la benchè minima idea di come funzioniono le pratiche della scienza.
Citazione di: anthonyi il 22 Aprile 2016, 17:37:09 PMAnthonyi ha scritto:
Quando io parlo di finalismo io mi riferisco a leggi astratte, non a comportamenti e credo di essere formalmente coerente, ti spiego perché.
La relatività di Einstein E=mC2 è una formula vera perché gli esperimenti fatti la dimostrano, non perché questa legge è scritta su un qualche supporto fisico, essa è cioè, per definizione astratta, immateriale. Allo stesso modo una legge finalistica immateriale può essere accettata se confermata da tanti fatti reali.
Il principio universale che unifica le due categorie di leggi è il Rasoio di Occam, il principio cioè per il quale un'argomentazione è tanto più vera quanto più riesce a spiegare fenomeni reali usando il numero minimo di argomenti.
Banalizzare poi i residui non spiegati che la legge di Darwin lascia nella specie umana come marginali mi sembra inaccettabile.
Naturalmente la specie umana ha sviluppato, in quanto animale dominatore del territorio, una forte spinta alla violenza. Tale spinta, tutt'oggi risulta sostanzialmente annichilita e questo è inspiegabile sulla base della logica Darwiniana.
La natura sociale della specie umana ha predisposto la stessa, per ragioni di equilibrio interno alla comunità, ad accettare e costruire rigorosi rapporti di autorità. Tale predisposizione studiata per i primati in generale e anche per l'uomo, contrasta con quei meccanismi culturali che hanno prodotto la democrazia e più in generale l'idea che noi uomini siamo tutti uguali.
Non violenza ed uguaglianza sono i fondamenti della nostra società moderna, ma contrastano(non posso dilungarmi c'è comunque un paper esaustivo al riguardo https://www.academia.edu/20428344/Il_disegno_della_civilt%C3%A0 ) con le leggi evoluzionistiche.
Preciso che con concetti come culturale o sociale io intendo sintetizzare qualcosa che non per questo è spiegato, l'uso è, cioè, puramente tautologico, per cui non interpretare le mie descrizioni come spiegazioni di qualcosa che oggi non è spiegabile.
Rispondo:
La relatività speciale (che non si limita all' equazione di trasformazione massa/energia) è un fatto verificabile e verificato, certo; ipotizzato e non letto ovviamente su nessun supporto fisico (prima che Einstein ci pensasse e lo pubblicasse su una rivista scientifica) e sottoposto appunto a verifica empirica.
Invece una "legge fisica finalistica immateriale" potrebbe essere accettata se confermata da fatti reali; ma così non è.
Ma mentre un comportamento finalistico, come gran parte dell' agire umano e una parte minore dell'agire animale, è compatibile, anche il linea teorica o ipotetica, con la conoscenza scientifica purché non ne violi il (presupposto necessariamente; e indimostrabile: Hume!) divenire ordinato secondo concatenazioni causali espresse da leggi causali (per lo meno probabilistiche; e infatti se ne hanno molteplici conferme empiriche), una "legge finalistica" non capisco come potrebbe essere compatibile, anche in linea teorica o ipotetica, con siffatto modo causale di divenire della natura materiale (e infatti non se ne vede traccia da nessuna parte).
Il rasoio di Ockam è un principio razionalistico per il quale è preferibile un' ipotesi (o una teoria da confermare empiricamente, per lo meno se appena possibile) implicante un minor numero di asserzioni indimostrate rispetto a un' altra che ne implichi un numero maggiore, ma non afferma affatto che la prima è necessariamente vera e che la seconda necessariamente falsa; è (anche) un principio euristico, che può guidare (preferibilmente, da un punto di vista razionalistico) la ricerca, ma non ne determina affatto necessariamente l' esito né in positivo, né in negativo (in linea di principio potrebbe anche darsi che la verifica empirica falsifichi una teoria più "economica" e non un' altra più "dispendiosa".
Quanto ai veri o presunti "residui non spiegati" che la "legge di Darwin" lascerebbe nell' evoluzione della specie umana (e di qualsiasi altra specie), ribadisco la mia indisponibilità a discuterne: in particolare per i pregiudizi apparentemente insuperabili che "il fronte antidarwiniano" ha dimostrato e continuamente dimostra di coltivare pervicacemente, oltre che in generale per l' eccessiva distanza delle rispettive posizioni che rende praticamente impossibile un confronto costruttivo in una sede come questo forum (cose delle quali leggicchiando senza impegno qua e là altri interventi mi convinco sempre di più).
E se qualcuno si ostina a ritenere illusoriamente che questo dimostri l' infondatezza della moderna scienza biologica, non so proprio cosa farci: porterò pazienza! Sarebbe come se qualcuno che non sa quasi nulla della storia dell' Impero Romano pretendesse che gli venisse narrata per filo e per segno -in un forum telematico!- per credere che l' impero romano sia esistito per una quindicina di secoli, contando anche quello d' Oriente).
Faccio finta di non aver letto che la "forte spinta (naturale?) alla violenza nella specie umana" sarebbe stata "oggi totalmente annichilita" (dalla cultura?); e che "Non violenza ed uguaglianza" sarebbero "i fondamenti della nostra società moderna", ma "contrasterebbero con le leggi evoluzionistiche".
Green Demetr ha scritto:
Ora non ho tempo/voglia di controllare (se è ancora così, parlo di 10 anni fa) la questione del motore interattivo tra genoma e ambiente: rimango all'impasse che non era un fenomeno chimico (non almeno direttamente, benchè osservabile come tale, infatti mancavano i fattori di scatenamento: semplicemente ad un certo punto il citoplasma "si apre" a contatto con enzimi, mi sembra, ma quale siano le informazioni tra enzima e citoplasma scambiate questo rimane un mistero), e quindi dovendosi trattare di un fenomeno fisico, richiama possibilità tecniche di controllo atomico che non so se siamo ancora in grado di fare.
Se qualcuno corregge, magari tu Sgiombo, se avete letto qualcosa di simile, o di nuovo, grazie.
Rispondo:
In realtà è empiricamente provato che la sintesi delle proteine per interazione genoma-ambiente (innanzitutto intracellulare) e la sua regolazione (diversificata nei diversi tessuti e nelle diverse circostanze) avviene per meccanismi puramente fisico-chimici (interazioni enzimatiche), in parecchi casi ben conosciute dettagliatamente nei particolari.
Ma non esageriamo; ognuno di noi ha interessi diversi e credo che non sia dovere di nessuno (che non sia un ricercatore di professione) leggere di scienza almeno ogni due mesi.
Loris Bagnara ha scritto:
(Sgiombo afferma che) Fra l' altro "da humeiano" non posso non respingere categoricamente l' affermazione della validità assoluta del principio di causalità proposta dall' esoterismo.L.B.: E sarei io l'irrazionalista?
Rispondo:
Beh, mi sembra evidente che chi crede "assolutamente valido" un principio indimostrato (e indimostrabile) sia molto più irrazionalista di chi si rende conto della sua infondatezza, del suo non essere dimostrato (né dimostrabile); e casomai si comporta come se ne avesse certezza, come fanno tutte le persona sane di mente (la stragrande maggioranza delle quali ne ha effettivamente infondata, irrazionale certezza).
Loris Bagnara ha scritto:
Secondo me ci sono tre possibili impostazioni filosofiche:
1) la realtà è mentale, e la materia ne è una proiezione
2) la realtà è materiale e la mente è una sua proprietà
3) la realtà materiale e quella mentale coesistono, trascendenti l'una rispetto all'altra.
Io sono per la 1, tu Sgiombo per la 3.
Tutte sono indimostrabili, e possono essere giudicate solo per la loro capacità di dare risposte senza cadere in contraddizioni.
Rispondo:
Sono sostanzialmente d' accordo.
Loris Bagnara ha scritto:
Lo stesso Cartesio si era accorto di un'enorme difficoltà nella sua visione duale, e cioè: come fa la mente a interagire con il corpo, e viceversa? Come fa un atto di volontà dell'individuo, a produrre il movimento del suo braccio, ad esempio?
Se è vero che la res cogitans e la res extensa sono trascendenti l'una rispetto all'altra, non possono logicamente interagire.
Cartesio aveva proposto la ghiandola pineale come punto di incontro delle due realtà, ma il problema non è nel dove, ma nel come.
Per risolvere questo problema sorse la corrente di pensiero dell'occasionalismo (Malebranche, ad esempio). La soluzione era la seguente: era Dio stesso a garantire il perfetto accordo fra corpo e mente. L'uomo ha soltanto l'illusione di essere l'artefice del suo movimento, perché in realtà è Dio stesso a prendersi la briga di muovergli il braccio.
Io trovo a dir poco raccapricciante questa soluzione, ma non mi pare che ne siano uscite altre.
Tu che ne pensi?
Rispondo:
Non trovo "raccapricciante" l' occasionalismo" ma solo falso (c' è ben di peggio nella storia della filosofia!).
Spinoza ha teorizzato che un' unica sostanza (divina) si manifesta in infiniti attributi reciprocamente trascendenti in divenire "per così dire (sono parole mie, non di Spinoza; e ti prego di tener conto che per forza di cose, oltre che per limiti miei personali, "sto lavorando grossolanamente di accetta"; mentre Baruch era "un virtuoso del bisturi") parallelo, di pari passo su diversi piani o in diversi ambiti del reale incomunicanti ma reciprocamente correlati"; e che due di questi attributi sono le cartesiane res extensa e res cogitans.
Salvo applicare da parte mia il rasoio di Ockam agli altri infinti -2 attributi, lo trovo molto convincente.
Loris Bagnara ha scritto:
Infine, chiudo con un sorriso. Per l'ennesima volta mi sento dire (non solo da te, ma in generale in tutti i forum che frequento) che le domande che pongo sono "mal poste". Ma come, possibile che proprio le questioni fondamentali siano sempre "domande mal poste"?
A me sinceramente non frega nulla di come l'arto si sia trasformato in ala, o di come si sia formato il sole etc. Sono tutte questioni secondarie.
Le questioni vere sono: perché esiste qualcosa anziché niente? Perché c'è ordine anziché caos? Perché c'è vita anziché non-vita? E perché ci sono io?
Rispondo:
Credo di averti già risposto nel precedente intervento che qui critichi.
Green Demertr ha scitto:
CitazioneIl perchè un fenomeno accada nella scienza consiste nel definire COME ACCADA, non nella sua definizone idealista (un perchè "agente", che richiamerebbe al disegno divino).
Nel caso specifico la domanda è legata alle forme evolutive, esse avvengono per organizzazione sociale.
A partire dalle forme più elementari.
Invece nel vostro tentativo di critica, rinnegate anche l'evidenza, che così le cose avvengano.
Peccato, finora c'era un barlume di logica in quello che scrivevi, ora siamo scivolati nell'irrazionalità pura.
Mi tocca tornare all'ABC, ma a quanto pare è necessario.
La scienza non si limita affatto a descrivere
come accadono i fenomeni, ma si occupa soprattutto di scoprire le
relazioni tra i fenomeni, soprattutto quelle di
causa ed effetto.E chiaro che chiunque può descrivere un corpo che cade, e come cade, ma la scienza spiega la caduta come l'azione della forza di gravità su corpi dotati di massa.
Nel caso specifico, non la scienza, ma una corrente pseudoscientifica della biologia, ritiene che la
causa di fenomeni osservati (dall'aggregazione e organizzazione di cellule in cluster all'incredibilmente complessa organizzazione e funzionalità degli esseri viventi più evoluti) sia
l'azione di forze cieche (nel caso dell'evoluzione, combinata con la selezione naturale, anch'essa comunque risultante dalle stesse forze cieche).
E' questo che è assolutamente gratuito e arbitrario e non ha traccia di dimostrazione alcuna. Per dimostrare anche solo la
possibilità non basta certo mostrare
che il fenomeno accade (e chi ne dubita?) ma bisogna ricostruire
tutta la catena di relazioni causa-effetto (e naturalmente tutti i diversi fenomeni legati da queste relazioni) che portano, prima di tutto dalla materia inanimata a un essere vivente, poi da un essere vivente unicellulare a un organismo complesso, il tutto sempre
soltanto sotto l'azione di forze cieche che agiscono sulla base di leggi "meccaniche" e fisse.
Se ti decidessi a riflettere seriamente, ti potresti forse rendere conto dell'enorme differenza che c'è tra descrivere come accadono i fenomeni e attribuire cause fantasiose, arbitrarie e inverosimili agli stessi, per poi sostenere spavaldamente che sono "fatti" (non i fenomeni, ma le relazioni di causalità).
Per quanto riguarda l'"agente intelligente" (senza attributi di sorta, se non quelli dell'intelligenza per come la conosciamo: capacità di ordinare e organizzare, di conseguire un fine, eccetera), ribadisco che, posto che non abbiamo nessuna certezza, resta l'unica ipotesi razionale allo stato attuale delle conoscenze, l'unica che permette almeno di immaginare una sequenza di fenomeni legati tra loro da relazioni definibili, che possano portare ai fenomeni che osserviamo.
Ma bisogna anche riconoscere che siamo in un territorio al limite delle possibilità del pensiero che, non dimentichiamo, è soltanto un sistema di simboli (e il linguaggio, sua manifestazione, è un serpente che si morde la coda) e che non ha alcuna possibilità di raggiungere nessuna "causa ultima" o "verità ultima". Son cose che gli scienziati seri evitano di trattare, se non togliendosi il cappello dello scienziato e mettendosi quello del filosofo o del semplice pensatore (almeno finché la scienza non avrà, se mai potrà avere, i mezzi per andare al di là dei suoi limiti).
Perdona Donalduck, ma non c'è nulla di scientificamente razionale nella soluzione dell'agente intelligente e nemmeno in quella del disegno intelligente intrinseco alla natura. Questo non significa che tali postulati a priori non possano venire adottati in quanto sentiti, ma non sono scientificamente esplorabili.
In primo luogo occorrerebbe ammettere che c'è un disegno intelligente in natura, una sorta di progetto provvidenziale, ma questo è solo una caratteristica dell'osservatore, che può venire messa in discussione, come abbiamo visto: in cosa consisterebbe questo disegno intelligente, nel fatto che noi, con la nostra meravigliosa e tanto presuntuosa intelligenza siamo venuti a esistere? Nella complessità che ci appare, ma che non è crescente se non in un certo modo molto superficiale e soggettivo di intendere certi fenomeni?
In che modo, se esistesse un agente intelligente, alla cui intelligente volontà è sottoposto il creato, si potrebbe mai anche solo tentare di dimostrarlo scientificamente? Non equivale forse a dire che, poiché non riusciamo a rendere conto di tanta intelligenza che sta dietro l'esistenza, occorre che ci sia una volontà che la vuole e tutto il mistero è risolto? Dove può innestarsi una qualsiasi ricerca scientifica in una simile assunzione?
Ho insistito più volte sulla necessità di mettere alla prova matematicamente la plausibilità del neodarwinismo e dell'evo-devo.
Ho trovato che esiste un indirizzo di ricerca che dovrebbe fare al caso, ed è quello che si occupa di
algoritmi genetici applicati alla biologia. C'è qualcuno di voi che conosce qualche risultato interessante in questo campo, a conferma o a smentita delle teorie suddette?
Io non ho nessuna mia teoria da difendere, e nessun pregiudizio su neodarwinismo e evo-devo: sono apertissimo a farle mie, purché se ne dimostri la plausibilità statistica.
Citazione di: green demetr il 22 Aprile 2016, 21:42:09 PM
@DONALDUCK E A @LORIS BAGNARA
Il perchè un fenomeno accada nella scienza consiste nel definire COME ACCADA, non nella sua definizone idealista (un perchè "agente", che richiamerebbe al disegno divino).
Nel caso specifico la domanda è legata alle forme evolutive, esse avvengono per organizzazione sociale.
A partire dalle forme più elementari.
Invece nel vostro tentativo di critica, rinnegate anche l'evidenza, che così le cose avvengano.
Andando con procedimenti logici per cui dovremmo aprire 3d specifici, alla vessata questio del circolo ermeneutico.(dove la domanda va all'infinito indietro di un grado).
La cosa bizzarra è che non vi accorgete che state chiedeno questioni che non sono dello stesso grado veritativo del reale. Un conto è il veritativo tra laboratorio e reale, che ha nome scienza, e un conto, è il veritativo del discorso.
Se io chiedessi la veritatività del circolo ermeneutico al reale, sarei un pazzo, in quanto il reale non ci risponde.
La veritatività del discorso scientifico invece risiede nella sua ideologia (Scientismo), non mi interessa qui dire se sia olista o riduttivista (infatti, in entrambi i casi, nella scienza si tratta solo di mezzi di argomentazione, non di pratica).
Se voi (non so se vi conoscete, o se avete lo stesso problema) indicate la questione della prassi come non veritativa, è solo perchè la vostra ideologia o ragiona per contrasto, scetticismo, o semplicemete si nasconde dietro l'omertà, dichiarandosi strategia pur di non mostrarsi (e subire i medesimi attacchi ideologici delle parti opposte o antagoniste).
Nell'attesa che siate voi a decidere se siate scettici o di altra ideologia.
A me non rimane che trarre l'ultimo ragionamento possibile allo stato delle cose.
E cioè il vostro continuo e mi permetto di dire ottuso (non) argomentare, risiede nel fatto che non avete la benchè minima idea di come funzioniono le pratiche della scienza.
Il post di green demetr mi lascia esterrefatto. Ringrazio Donalduck (non ci conosciamo personalmente) per avergli già risposto nel merito, anche se mi rendo sempre più conto che l'impresa è disperata."Ottuso (non) argomentare" ? Sono state presentate chili di argomentazioni che in gran parte sono state semplicemente ignorate.in ogni caso, green demetr, quando scrivi fa almeno lo sforzo di renderti comprensibile: non so se per un tuo difetto di pensiero o di linguaggio, è veramente difficile, a volte, ricavare un senso dai tuoi post.
Sgiombo ha scritto:
CitazioneSpinoza ha teorizzato che un' unica sostanza (divina) si manifesta in infiniti attributi reciprocamente trascendenti in divenire "per così dire (sono parole mie, non di Spinoza; e ti prego di tener conto che per forza di cose, oltre che per limiti miei personali, "sto lavorando grossolanamente di accetta"; mentre Baruch era "un virtuoso del bisturi") parallelo, di pari passo su diversi piani o in diversi ambiti del reale incomunicanti ma reciprocamente correlati"; e che due di questi attributi sono le cartesiane res extensa e res cogitans.
Salvo applicare da parte mia il rasoio di Ockam agli altri infinti -2 attributi, lo trovo molto convincente.
Premetto che non intendo esporre una critica esterna, ma fare solo un ragionamento sulla coerenza interna di quanto sopra riportato.
A) Si afferma l'esistenza di "un'unica sostanza divina". Parola chiave:
unica.
B) Poi si dice che questa sostanza "si manifesta in infiniti attributi reciprocamente trascendenti". Parola chiave:
trascendenti.
Le due affermazioni non stanno insieme.
Se si afferma che la realtà è unica, la molteplicità della manifestazione è illusoria e non sussiste trascendenza di una parte rispetto all'altra.
Se si afferma invece che esistono realtà trascendenti, allora non sussiste una realtà ultima unica.
Poi osservo che, sostanzialmente, anche questa soluzione derivata da Spinoza non si discosta dall'occasionalismo: è pur sempre Dio a farsi garante della coerenza reciproca degli infiniti attributi trascendenti.
Infine, osservo questo. Se si giunge ad ammettere l'esistenza di un'unica sostanza divina, per quale motivo essere poi fermamente contrari a qualunque idea di un ordine universale, di un finalismo, di un "disegno intelligente"? Che ci sta a fare la sostanza divina?
A quel punto si può fare tranquillamente a meno di tale ipotesi. Tutto sommato, mi parrebbe più coerente (ma non la condivido) l'ipotesi secondo cui esiste solo la materia, e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia.maral ha scritto:CitazionePerdona Donalduck, ma non c'è nulla di scientificamente razionale nella soluzione dell'agente intelligente e nemmeno in quella del disegno intelligente intrinseco alla natura. Questo non significa che tali postulati a priori non possano venire adottati in quanto sentiti, ma non sono scientificamente esplorabili.
In primo luogo occorrerebbe ammettere che c'è un disegno intelligente in natura, una sorta di progetto provvidenziale, ma questo è solo una caratteristica dell'osservatore, che può venire messa in discussione, come abbiamo visto: in cosa consisterebbe questo disegno intelligente, nel fatto che noi, con la nostra meravigliosa e tanto presuntuosa intelligenza siamo venuti a esistere? Nella complessità che ci appare, ma che non è crescente se non in un certo modo molto superficiale e soggettivo di intendere certi fenomeni?
In che modo, se esistesse un agente intelligente, alla cui intelligente volontà è sottoposto il creato, si potrebbe mai anche solo tentare di dimostrarlo scientificamente? Non equivale forse a dire che, poiché non riusciamo a rendere conto di tanta intelligenza che sta dietro l'esistenza, occorre che ci sia una volontà che la vuole e tutto il mistero è risolto? Dove può innestarsi una qualsiasi ricerca scientifica in una simile assunzione?
Riporto queste parole di maral, ma mi richiamo in generale a tutta la diatriba in corso fra
razionalisti e
irrazionalisti.
Ha poco senso una discussione in questi termini. In primo luogo perché occorrerebbe prima intendersi sul significato delle parole stesse, poiché probabilmente ciascuno di noi intende il razionale e l'irrazionale un po' diversamente dagli altri. E poi, oltre al significato, c'è il connotato: spesso il termine "irrazionalista" viene lanciato in senso dispregiativo, come se tale qualifica dovesse inficiare la qualità di quel pensiero. In verità qualcuno potrebbe perfino andare fiero di esprimere un pensiero irrazionalista, anziché "angustamente" razionalista, e in certi periodi storici è stato proprio così.
Quindi lasciamo stare quella diatriba e andiamo al nocciolo della questione, che secondo me sta come segue.
Se siamo su questo forum vuol dire che tutti siamo interessati alla verità, no?
E credo che siamo tutti d'accordo che la scienza (intesa in senso tradizionale) può indagare
solo in parte la Verità; cioè, esistono parti della Verità che la scienza può illuminare solo debolmente oppure per nulla.
Quindi, esistono
due porzioni della Verità: una accessibile alla scienza, l'altra no.
Ora, i
ricercatori della Verità (cioè tutti noi) si dividono in
due categorie: quelli che si limitano alla
prima porzione, e quelli che aspirano
a tutta la Verità. Tutto qui. L'unica differenza vera è che i secondi hanno necessità di un senso, di un perché; i primi no, i primi questa esigenza non la sentono.
E' chiaro che i secondi, per coronare le proprie aspirazioni, dovranno utilizzare
altri strumenti, che non sono quelli propri della scienza; ma non si può fare diversamente, se si vuole illuminare tutta la Verità.
Non c'è nulla di male in questa divisione. Ognuno si comporta e pensa sulla base di quello che sente nel suo intimo.
Tuttavia, accade spesso che i primi, quelli che restano nei confini illuminati dalla scienza, si costruiscono dei paradigmi mentali in base quali qualunque domanda che miri a indagare la porzione della verità nascosta, "è mal posta", "è priva di senso" ecc. Quando semplicemente è che a tale domanda essi non sanno dare risposta con i propri strumenti. Dovrebbero semplicemente dire: "non so rispondere". O anche: "questa parte della Verità non mi interessa".Io credo che la finezza di un intelletto si vede ancor più nella capacità di sentire l'urgenza di certe domande, di dubitare, che nella capacità di dare risposte.
Citazione di: maral il 23 Aprile 2016, 12:48:07 PM
Perdona Donalduck, ma non c'è nulla di scientificamente razionale nella soluzione dell'agente intelligente e nemmeno in quella del disegno intelligente intrinseco alla natura. Questo non significa che tali postulati a priori non possano venire adottati in quanto sentiti, ma non sono scientificamente esplorabili.
In primo luogo occorrerebbe ammettere che c'è un disegno intelligente in natura, una sorta di progetto provvidenziale, ma questo è solo una caratteristica dell'osservatore, che può venire messa in discussione, come abbiamo visto: in cosa consisterebbe questo disegno intelligente, nel fatto che noi, con la nostra meravigliosa e tanto presuntuosa intelligenza siamo venuti a esistere? Nella complessità che ci appare, ma che non è crescente se non in un certo modo molto superficiale e soggettivo di intendere certi fenomeni?
In che modo, se esistesse un agente intelligente, alla cui intelligente volontà è sottoposto il creato, si potrebbe mai anche solo tentare di dimostrarlo scientificamente? Non equivale forse a dire che, poiché non riusciamo a rendere conto di tanta intelligenza che sta dietro l'esistenza, occorre che ci sia una volontà che la vuole e tutto il mistero è risolto? Dove può innestarsi una qualsiasi ricerca scientifica in una simile assunzione?
Innanzi tutto, cosa significa "scientificamente razionale"? Io ho parlato di razionalità, e la razionalità non è certo un'invenzione della scienza, casomai ne è alla base, ma la scienza non esaurisce di certo il campo di applicazione della razionalità.
Quello che sostengo è che di fronte a un fenomeno come la vita, non è affatto ragionevole supporre che sia originata e governata da forze cieche. E' evidente che non esiste nessun fatto che lo attesti in nessun modo, e neppure qualche debole indizio. L'intelligenza è qualcosa che conosciamo bene e che agisce a stretto contatto con la coscienza, e sappiamo che ha tutte le caratteristiche necessarie per ordinare, organizzare, congegnare, pianificare, adattarsi alle più diverse situazioni, eccetera. Che è quello che fa ogni essere vivente, in misura maggiore o minore, con diversi gradi di complessità ed efficacia. E la struttura stessa e il funzionamento degli esseri viventi si spiegano benissimo presupponendo una progettazione e un'attività ordinatrice di un "agente X", mentre le forze cieche non c'è modo di stabilire (e neppure di creare una rappresentazione immaginaria coerente e verosimile) come possano portare quest'ordine e questa organizzazione.
In base a che cosa dovremmo decidere che l'intelligenza è "nostra", come dici tu? Quello che so è che l'intelligenza agisce nello scenario della mia coscienza, e dall'osservazione degli altri uomini posso constatare che il loro comportamento ha tutte le caratteristiche dell'intelligenza, e che quindi anche loro hanno una coscienza simile alla mia in cui agisce l'intelligenza.
Dal momento che nella struttura stessa degli esseri viventi (ma a ben guardare nell'esistenza nel suo insieme) vedo ordine, coordinamento, cooperazione, progettazione (cos'altro è il codice genetico?), insomma tutte le caratteristiche dell'intelligenza, ritengo che l'unica ipotesi razionale, per analogia (che è uno degli strumenti più potenti del pensiero), è formulare l'ipotesi che l'intelligenza sia una componente intrinseca dell'esistenza, che si manifesta nella nostra coscienza individuale, ma non ha affato lì la sua sede, cosi come la forza di gravità si manifesta in tutti i corpi dotati di massa, ma non ha "sede" in nessuno di essi.
Ma tutto questo campo speculativo, secondo me sta totalmente al di fuori delle possibilità di indagine della scienza per come è attualmente, con i mezzi che usa, che permettono solo di osservare i fenomeni "materiali" in maniera sempre più dettagliata e di stabilire relazioni tra i fenomeni, relazioni di cui può riusciere a formulare delle "leggi" in base alle quali si possono predire, anche con molta precisione, gli esiti e le conseguenze di queste relazioni.
Ogni volta che gli scienziati cercano di andare al di là di questo, sconfinano nella metafisica, in un campo in cui sono anche, in generale, piuttosto sprovveduti.
Quindi non sto presentando nessuna "teoria scientifica" del "disegno intelligente", dico solo che l'ipotesi che l'intelligenza sia un fattore intrinseco e fondante dell'esistenza, pur lasciando intatti misteri che sono al di là delle possibilità del pensiero stesso, prospetta uno scenario concepibile, anche se in maniera molto parziale, mentre quella riduzionista, meccanicistica, non è neanche lontanamente rappresentabile razionalmente.
E dico che comunque siamo in un campo in cui la scienza non ha i mezzi né la competenza per indagare e farebbe assai bene a non pronunciarsi in alcun modo, soprattutto non infilando fantasie ascientifiche in mezzo a discipline che invece sono scientifiche a tutti gli effetti, utilizzando il prestigio della scienza per dare un'illusoria credibilità a vere e proprie "bufale pseudoscientifiche" alimentate unicamente da fattori ideologici e irrazionali.
Ma c'è di più. Un equivoco estremamente diffuso è che i concetti della scienza e quelli della "realtà" ossia della nostra esperienza cosciente, siano la stessa cosa. Il "peso", per fare un esempio, in fisica non è altro che un'entità concettuale (definita sulla base della massa e della forza gravitazionale) che serve a definire delle relazioni tra entità teoriche che, applicate a "corrispondenti" entità percettive della nostra realtà sensibile "funzionano" e rendono possibili predizioni esatte e azioni efficaci. Ma non è affatto lo stesso concetto che esprime la nostra esperienza del peso. La "curvatura dello spaziotempo" di Einstein è un esempio ancora migliore. Rispetto alla nostra realtà sensibile è un termine senza significato, mentre nell'ambito della teoria ha un significato e un ruolo precisi. Ma questo non significa affatto che "in realtà" ci sia un spaziotempo che possa curvarsi, anche perché lo stesso fenomeno potrebbe essere interpretato (sempre a partire da relazioni matematiche nell'ambito di una teoria) in un altro modo. Del resto questo concetto di "curvatura" è semplicemente un'altra interpretazione della "forza di gravità" che, dal punto di vista immaginativo (e analogico rispetto alla geometria), può render meglio ragione di recenti rilevazioni in disaccordo con le leggi di Newton.
E anche dire che "in realtà" quello che a noi appare come un oggetto tangibile è "solo" la combinazione di molecole, che a loro volta sono "solo"degli insiemi di atomi, e così via, ritengo che sia una mistificazione. In base a che cosa dovremmo considerare gli atomi o le sue particelle "più reali" di un sasso o un bicchiere di cui sono componenti? Sono entrambi reali, con "modalità di realtà" differenti, così come è ancora differente la "modalità di realtà" dei pensieri e delle emozioni. Come del resto il "peso" della fisica e il "peso" della nostra realtà sensibile sono entrambi "reali", ma con modalità diverse.
Invece troppo spesso, certi scienziati fanno confusione tra teorie scientifiche e "realtà" (una supposta "unica realtà"). E la divulgazione scientifica si dà molto da fare per fissare nella mente di ognuno questo travisamento, che induce tra l'altro a pensare che la scienza possa penetrare effettivamente i "misteri dell'esistenza".
Citazione di: Loris Bagnara il 23 Aprile 2016, 17:05:09 PMLoris Bagnara ha scritto:
Premetto che non intendo esporre una critica esterna, ma fare solo un ragionamento sulla coerenza interna di quanto sopra riportato.
A) Si afferma l'esistenza di "un'unica sostanza divina". Parola chiave: unica.
B) Poi si dice che questa sostanza "si manifesta in infiniti attributi reciprocamente trascendenti". Parola chiave: trascendenti.
Le due affermazioni non stanno insieme.
Se si afferma che la realtà è unica, la molteplicità della manifestazione è illusoria e non sussiste trascendenza di una parte rispetto all'altra.
Se si afferma invece che esistono realtà trascendenti, allora non sussiste una realtà ultima unica.
Poi osservo che, sostanzialmente, anche questa soluzione derivata da Spinoza non si discosta dall'occasionalismo: è pur sempre Dio a farsi garante della coerenza reciproca degli infiniti attributi trascendenti.
Infine, osservo questo. Se si giunge ad ammettere l'esistenza di un'unica sostanza divina, per quale motivo essere poi fermamente contrari a qualunque idea di un ordine universale, di un finalismo, di un "disegno intelligente"? Che ci sta a fare la sostanza divina? A quel punto si può fare tranquillamente a meno di tale ipotesi. Tutto sommato, mi parrebbe più coerente (ma non la condivido) l'ipotesi secondo cui esiste solo la materia, e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia.
Rispondo:
Scrivendo che Salvo applicare da parte mia il rasoio di Ockam agli altri infinti -2 attributi, lo trovo molto convincente sono forse stato un po' troppo nel vago e "filospinoziano" e ti ringrazio perché con il tuo intervento mi dai occasione di fare alcune precisazioni.
Pur essendo comunque un grande ammiratore (fra gli altri) di Spinoza, non sono uno "spinoziano".
Lo citavo, insieme agli occasionalisti, semplicemente per segnalare che una considerazione della res extensa e della res cogitans come reciprocamente separate e trascendenti e divenienti per così dire "in parallelo" su diversi piani (diversamente dal classico dualismo "interazionista" cartesiano facilmente criticato da tutti i monisti materialisti) non è qualcosa di strampalato e ha illustri precedenti.
Per me esiste una realtà "in sé", non percepibile e non percepita, che spiega la relativa costanza del divenire dei fenomeni (realtà sensibile) mentali e materiali malgrado la loro discontinuità (posso evocare ripetutamente svariati ricordi a distanza di tempo nel quale non ci penso; e a tratti –sonno senza sogni- il divenire dei miei pensieri e delle mie sensazioni materiali è per così dire "sospeso"; ma tra una pausa e l' altra ha un andamento discretamente coerente: come una casa che vedo discontinuamente perché c' davanti una torre, ma c' é una continuità reale fra le due parti che percepisco come reciprocamente discontinue); nonché l' intersoggettività (indimostrabile ma necessaria alla conoscenza scientifica) dei fenomeni materiali. Per me questa realtà congetturabile ma non sensibile (alla greca e a la Kant "noumeno") non è certo "divina" (è noumenica –congetturabile- e non fenomenica –apparente, sensibile- "e basta").
Ma anche il panteismo di Spinoza e il carattere "divino" della sua "sostanza" (col quale non concordo) sono qualcosa di ben diverso di una banale credenza in un Dio personale e dotato di libero arbitrio (libero arbitrio da lui fra l' altro chiaramente e fermamente negato).
Venendo a ciò che più conta, non vedo come non possano stare insieme con perfetta coerenza una realtà congetturabile e non scientifica unica e due realtà apparenti o sensibili, fenomeniche, tutte reciprocamente trascendenti e in divenire "parallelo", biunivocamente corrispondente "su diversi piani".
Se si afferma che la realtà in sè è unica, la molteplicità della manifestazioni fenomeniche è un' altra "cosa", ha una "valenza ontologica" semplicemente diversa (apparente ma non necessariamente illusoria; certamente non nel senso di "non reale": è casomai diversamente reale) e può benissimo e anzi deve sussistere trascendenza dell' una rispetto alle altre.
Se si afferma che esistono (ambiti della) realtà reciprocamente trascendenti (uno congetturabile, reale in sé, e altri due sensibili, reali in quanto insiemi e successioni di fenomeni coscienti), allora sussiste una realtà unica ("ultima"? Non saprei che senso dare a questo aggettivo) costituita dalla (o intesa come) loro somma o insieme o "congiunzione" o "totalità".
In ogni momento si dà una certa determinata "situazione " del noumeno (per dirlo a la kant); e in una certa parte del tempo di esistenza del noumeno si dà una certa determinata situazione dei fenomeni materiali e solo quella e/o una una certa determinata situazione dei fenomeni mentali e di coscienza e solo quella.
Più precisamente ritengo che:
a) si danno in determinate condizioni determinate "entità noumeniche" a ciascuna delle quali corrisponde un' esperienza fenomenica cosciente;
b) allorché una di tali "entità noumeniche correlate a coscienze" si trova in certi determinati rapporti con altre "entità noumeniche" da essa diverse nella rispettiva esperienza cosciente accadono certe determinate sensazioni materiali e solo quelle.
c) allorché una di tali "entità noumeniche correlate a coscienze" si trova in certi determinati rapporti con se stessa nella rispettiva esperienza cosciente accadono certe determinate sensazioni mentali o di pensiero e solo quelle.
Così, allorché per esempio tu vedi (di fatto solo potenzialmente o indirettamente tramite l' imaging neurologico) il mio cervello in un certo determinato stato funzionale l' entità noumenica che corrisponde ad esso è in una certa determinata relazione con l' entità noumenica corrispondente al tuo cervello tale che nell' ambito dell' esperienza fenomenica cosciente correlata ad essa (la "tua") accadono le sensazioni materiali costituenti il mio cervello in tale determinato stato funzionale e viceversa; stato funzionale al quale corrisponde quel certo determinato stato della mia esperienza cosciente che corrisponde biunivocamente al certo determinato stato dell' entità noumenica corrispondente cui è correlata (che corrisponde a sua volta alla percezione del mio cervello nell' ambito della tua esperienza cosciente): determinate sensazioni materiali se questa entità noumenica (in pratica io, la mia persona) è in determinati rapporti con enti ed eventi noumenici da essa diversa e/o determinate sensazioni mentali se questa entità noumenica (in pratica io, la mia persona) è in determinati rapporti con se stessa.
Naturalmente scrivo queste precisazioni senza la pretesa di convincere te o chiunque altro (anche se non si sa mai...), ma per illustrare a te e agli altri le mie convinzioni, nella speranza che le troviate almeno interessanti, oltre che con l' intento di dimostrartene la intrinseca coerenza.
Citazione di: Loris Bagnara il 23 Aprile 2016, 16:22:00 PM
Ho insistito più volte sulla necessità di mettere alla prova matematicamente la plausibilità del neodarwinismo e dell'evo-devo.
Ho trovato che esiste un indirizzo di ricerca che dovrebbe fare al caso, ed è quello che si occupa di algoritmi genetici applicati alla biologia. C'è qualcuno di voi che conosce qualche risultato interessante in questo campo, a conferma o a smentita delle teorie suddette?
Io non ho nessuna mia teoria da difendere, e nessun pregiudizio su neodarwinismo e evo-devo: sono apertissimo a farle mie, purché se ne dimostri la plausibilità statistica.
E' da tempo che la biologia utilizza gli algoritmi genetici sia per costruire modelli matematici che possano dare ragione del manifestarsi di organismi viventi, sia della loro evoluzione. Ne trovi un esempio proprio nell'articolo di McShea che ho linkato nella seconda pagina di questa discussione, se avrai la pazienza di leggerlo. McShea introduce gli esempi computazionali su cui verte la dimostrazione della sua "Zero force evolutionary law" con queste parole:
Citazione di: McSheaThe following examples are drawn from the Evolving Cellular Automata (EvCA) project (Hordijk 2013). In this project, a genetic algorithm was used to evolve cellular automata to perform a non-trivial computational task, with the aim of answering the general question: ''How does evolution produce sophisticated emergent computation in systems composed of simple components limited to local
interactions?
Personalmente comunque sono molto scettico sul fatto di poter costruire modelli matematici coerenti a quanto accade biologicamente in natura: penso che la biologia non è e non sarà mai ascrivibile alla fisica e men che meno alla matematica, se non in ambiti assai circoscritti.
Un'applicazione molto interessante del calcolo statistico in biologia è stata fatta da Cavalli Sforza per studiare i fenomeni in cui l'evoluzione è determinata essenzialmente dalla sola deriva genetica (quindi da una casualità pura che è, proprio in quanto rispondente alle sole leggi statistiche del caso, ben più facilmente modellabile di un'evoluzione determinata dalla selezione)
Citazione di: Loris Bagnara Riporto queste parole di maral, ma mi richiamo in generale a tutta la diatriba in corso fra razionalisti e irrazionalisti.
Ha poco senso una discussione in questi termini. In primo luogo perché occorrerebbe prima intendersi sul significato delle parole stesse, poiché probabilmente ciascuno di noi intende il razionale e l'irrazionale un po' diversamente dagli altri. E poi, oltre al significato, c'è il connotato: spesso il termine "irrazionalista" viene lanciato in senso dispregiativo, come se tale qualifica dovesse inficiare la qualità di quel pensiero. In verità qualcuno potrebbe perfino andare fiero di esprimere un pensiero irrazionalista, anziché "angustamente" razionalista, e in certi periodi storici è stato proprio così.
Veramente ho risposto citando la razionalità scientifica in risposta a Donalduck che in risposta a Green tira in ballo l'irrazionalità scrivendo:
CitazionePeccato, finora c'era un barlume di logica in quello che scrivevi, ora siamo scivolati nell'irrazionalità pura
. Evidentemente il tema dei disegni e dei progettisti intelligenti suscita sempre le più irrazionali passioni, sia da parte di chi li sostiene che di chi li nega e portano facilmente a scambiarsi reciproche accuse di irrazionalità.
La razionalità sta nel vedere la correttezza delle implicazioni di un discorso e vale per qualsiasi discorso argomentativo, ma non serve per stabilire i presupposti da cui muovono i discorsi. Razionalmente si può solo verificare se questi presupposti non sono negati dalle conclusioni a cui si perviene.
Sono perfettamente d'accordo sul fatto che la verità scientifica non è (né intende essere, se effettivamente è scientifica e non prodotto di un fideismo scientifico) alcuna verità assoluta. Esistono molti modi di presentarsi della verità, ma non ha senso tentare di dare una parvenza scientifica a presupposti che non possono appartenere alla scienza (e in questo sta l'irrazionale), esattamente come non ha senso razionale il contrario. E il disegno (e ancor meno il disegnatore) intelligente è uno di questi casi.
Citazione di: Loris Bagnara il 23 Aprile 2016, 17:05:09 PMHa poco senso una discussione in questi termini. In primo luogo perché occorrerebbe prima intendersi sul significato delle parole stesse, poiché probabilmente ciascuno di noi intende il razionale e l'irrazionale un po' diversamente dagli altri. E poi, oltre al significato, c'è il connotato: spesso il termine "irrazionalista" viene lanciato in senso dispregiativo, come se tale qualifica dovesse inficiare la qualità di quel pensiero. In verità qualcuno potrebbe perfino andare fiero di esprimere un pensiero irrazionalista, anziché "angustamente" razionalista, e in certi periodi storici è stato proprio così.
Quindi lasciamo stare quella diatriba e andiamo al nocciolo della questione, che secondo me sta come segue.
Se siamo su questo forum vuol dire che tutti siamo interessati alla verità, no?
E credo che siamo tutti d'accordo che la scienza (intesa in senso tradizionale) può indagare solo in parte la Verità; cioè, esistono parti della Verità che la scienza può illuminare solo debolmente oppure per nulla.
Quindi, esistono due porzioni della Verità: una accessibile alla scienza, l'altra no.
Ora, i ricercatori della Verità (cioè tutti noi) si dividono in due categorie: quelli che si limitano alla prima porzione, e quelli che aspirano a tutta la Verità. Tutto qui. L'unica differenza vera è che i secondi hanno necessità di un senso, di un perché; i primi no, i primi questa esigenza non la sentono.
E' chiaro che i secondi, per coronare le proprie aspirazioni, dovranno utilizzare altri strumenti, che non sono quelli propri della scienza; ma non si può fare diversamente, se si vuole illuminare tutta la Verità.
Non c'è nulla di male in questa divisione. Ognuno si comporta e pensa sulla base di quello che sente nel suo intimo.
Tuttavia, accade spesso che i primi, quelli che restano nei confini illuminati dalla scienza, si costruiscono dei paradigmi mentali in base quali qualunque domanda che miri a indagare la porzione della verità nascosta, "è mal posta", "è priva di senso" ecc. Quando semplicemente è che a tale domanda essi non sanno dare risposta con i propri strumenti. Dovrebbero semplicemente dire: "non so rispondere". O anche: "questa parte della Verità non mi interessa".
Io credo che la finezza di un intelletto si vede ancor più nella capacità di sentire l'urgenza di certe domande, di dubitare, che nella capacità di dare risposte.
Si, qualcuno
potrebbe del tutto legittimamente perfino andare fiero di esprimere un pensiero irrazionalista, anziché "angustamente" razionalista; e invece qualcun altro potrebbe del tutto legittimamente perfino andare fiero di esprimere un pensiero razionalista, anziché "angustamente" irrazionalista: questo secondo é il mo caso.Personalmente sono convinto che la scienza può indagare solo in parte la verità; cioè, esistono verità che la scienza non può illuminare per nulla (quelle relative alla "res extensa" e ai suoi rapporti con la "res cogitans").Ma c' é anche chi (a mio parere sbagliando) ritiene che esistano solo le verità scientifiche (ovvero che siano possibili soltanto le conoscenze vere ottenute dalla scienza).Non mi pare di avere costruito nessun artificioso "paradigma mentale" per dimostrare che la domanda (che anche io mi sono posto a mio tempo) sul "perché la realtà (in toto) sia così com' é (includente, fra l' altro, la mia esistenza) e non diversamente (magari costituita da nulla) é mal posta, senza senso; ma invece solo un sobrio e pacato ragionamento che lo dimostra (nella risposta # 54 di questa discussione). Puoi naturalmente non condividerlo, ma non negarne l' esistenza, né attribuirmi il fatto di non sapervi rispondere (sia pure magari scorrettamente, erroneamente secondo il tuo parere ) o il fatto che "questa parte della verità non mi interessa".Io credo che la finezza di un intelletto si vede a volte ancor più nella capacità di sentire l'urgenza di certe domande, di dubitare, che nella capacità di dare risposte, altre volte nella capacità di dare risposte corrette.
Citazione di: Donalduck il 23 Aprile 2016, 17:26:17 PM
Innanzi tutto, cosa significa "scientificamente razionale"? Io ho parlato di razionalità, e la razionalità non è certo un'invenzione della scienza, casomai ne è alla base, ma la scienza non esaurisce di certo il campo di applicazione della razionalità.
Significa coerente con i presupposti di un discorso scientifico, che tu poi dica che i presupposti del discorso scientifico attuale non ti convincono, che li trovi assurdi, nulla lo vieta, ma non è rimanendo su un piano scientifico che puoi farlo.
CitazioneQuello che sostengo è che di fronte a un fenomeno come la vita, non è affatto ragionevole supporre che sia originata e governata da forze cieche. E' evidente che non esiste nessun fatto che lo attesti in nessun modo, e neppure qualche debole indizio. L'intelligenza è qualcosa che conosciamo bene e che agisce a stretto contatto con la coscienza, e sappiamo che ha tutte le caratteristiche necessarie per ordinare, organizzare, congegnare, pianificare, adattarsi alle più diverse situazioni, eccetera. Che è quello che fa ogni essere vivente, in misura maggiore o minore, con diversi gradi di complessità ed efficacia. E la struttura stessa e il funzionamento degli esseri viventi si spiegano benissimo presupponendo una progettazione e un'attività ordinatrice di un "agente X", mentre le forze cieche non c'è modo di stabilire (e neppure di creare una rappresentazione immaginaria coerente e verosimile) come possano portare quest'ordine e questa organizzazione.
Ma non è vero che le forze cieche del caso non determinino alcun ordine. La deriva genetica in campo evolutivo ne è la dimostrazione. Anzi, è assai più difficile prevedere un ordine quando ad agire sono delle intenzionalità e soprattutto quando queste intenzionalità manco si riescono a definire: dove sta l'intenzione finale dell'evoluzione naturale? In che cosa consiste il suo progetto?
Sei libero di credere in un intelligenza cosmica che fa funzionare le cose, la materia, ma dove la collochi? Come la spieghi?
Tu dici il puro meccanicismo non è razionale e hai ragione, ma non è razionale solo in quanto lo si vuole assolutizzare, prendendolo a spiegazione di qualsiasi cosa.
L'intelligenza a che cosa corrisponde: a una capacità adattativa, a un saper funzionare in relazione ai contesti mantenendo integra la propria entità organizzativa? Capisci che quello che sembra tanto evidente e banale (c'è intelligenza nel cosmo) non lo è per nulla? E anche che di quello che percepisci con i tuoi sensi non è assolutamente facile dare ragione? Che pure quell'ordine, cooperazione, progettazione non implica per nulla l'esistenza di una volontà ordinante, progettante e cooperante? C'è solo l'uomo, per quanto ne sappiamo, che in tutto l'universo può progettare e può parlare di progetti o di mancanza di progetti e la natura include l'uomo, ma non lo include come suo progetto, ma come un semplice evento naturale.
CitazioneInvece troppo spesso, certi scienziati fanno confusione tra teorie scientifiche e "realtà" (una supposta "unica realtà"). E la divulgazione scientifica si dà molto da fare per fissare nella mente di ognuno questo travisamento, che induce tra l'altro a pensare che la scienza possa penetrare effettivamente i "misteri dell'esistenza".
Senza dubbio, ma questo non toglie che la scienza ci mostra una via di accesso alla realtà, una via di accesso che non è unica ed esaustiva, ma a cui non possiamo comunque rinunciarvi, ma al contrario, va compresa per quanto ci mostra.
Per brevità, riporto solo gli estremi dei post ai cui replico:
Citazione da: sgiombo - Sat Apr 23 2016 20:07:23 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale)Citazione da: sgiombo - Sat Apr 23 2016 20:07:23 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale)Grazie, Sgiombo, per i chiarimenti sulla tua concezione.
Non sono del tutto certo che tutti i "problemi" siano risolti, e avrei molte questioni da porti, ma non possiamo farlo in questo contesto. Magari apriremo un altro topic.
In ogni caso è per me difficile abbracciare una concezione dualista, o n-ista, perché trovo impareggiabile la semplicità e la potenza esplicativa del monismo (tipo advaita-vedanta, analogo alla concezione teosofica). Proprio per il principio del rasoio di Occam, perché non sbarazzarsi di tutti gli attributi tranne l'unico veramente indispensabile? Si può derivare la materia dalla coscienza; il contrario, invece, non si può fare (ed è questo lo scoglio sui cui naufraga un evoluzionismo riduttivista, che proprio per questo motivo è costretto a sminuire la coscienza a epifenomeno - l'effetto collaterale di un vasto quanto assurdo turbinare di fenomeni insignificanti).
La domanda è sempre quella, quella che "è mal posta" ( ;) ): perché due attributi (res cogitans e res extensa) e non tre, quattro, cento, o mille etc? E, inoltre, perché tutto ciò esiste?
Nel monismo il problema non si pone, e nella concezione teosofica si dà anche un perché, si danno risposte a tutte quelle domande "mal poste".
Quanto ho parlato di "paradigmi mentali", non intendevo certo dire che tu avessi costruito artificiosamente uno schema mentale per dimostrare l'infondatezza delle questioni che ponevo. Intendevo invece dire che il tuo ragionamento non partiva da un punto zero (nessun ragionamento può farlo), ma partiva dalla tua concezione; e può essere senz'altro vero che nella tua concezione quelle domande siano mal poste. Forse tu hai abbracciato quella concezione perché non senti l'esigenza di rispondere a quelle domande; ma io sì, invece...
Qualcuno dirà: la concezione teosofica è indimostrabile scientificamente.
A quelli rispondo che ognuno di noi, nella vita, pensa e agisce quotidianamente assumendo per vere un'infinità di cose che non sono dimostrabili scientificamente. Se io ti dico: "sai, ieri mattina mi sono affacciato alla finestra e ho visto il treno passare". E tu mi dici: "dimostralo scientificamente". Ecco, sono spacciato. Che cosa posso dimostrare? Eppure io so che quel treno è passato, e ne sono certo ancor più dell'esistenza dell'elettrone, perché l'elettrone non l'ho visto, e mi devo fidare di altri che mi dicono di averlo osservato... Ma chi l'ha detto? E se mi stanno ingannando?
Vedete che così non se ne esce. Non si conclude nulla. Esiste però una cosa come il buon senso, e l'intuito, e la chiarezza mentale, e la genuinità delle domande che sgorgano dal nostro profondo. A quelle bisogna dare ascolto.
maral ga scritto:
CitazionePerdona Donalduck, ma non c'è nulla di scientificamente razionale nella soluzione dell'agente intelligente e nemmeno in quella del disegno intelligente intrinseco alla natura. Questo non significa che tali postulati a priori non possano venire adottati in quanto sentiti, ma non sono scientificamente esplorabili.
In primo luogo occorrerebbe ammettere che c'è un disegno intelligente in natura, una sorta di progetto provvidenziale, ma questo è solo una caratteristica dell'osservatore, che può venire messa in discussione, come abbiamo visto: in cosa consisterebbe questo disegno intelligente, nel fatto che noi, con la nostra meravigliosa e tanto presuntuosa intelligenza siamo venuti a esistere? Nella complessità che ci appare, ma che non è crescente se non in un certo modo molto superficiale e soggettivo di intendere certi fenomeni?
In che modo, se esistesse un agente intelligente, alla cui intelligente volontà è sottoposto il creato, si potrebbe mai anche solo tentare di dimostrarlo scientificamente? Non equivale forse a dire che, poiché non riusciamo a rendere conto di tanta intelligenza che sta dietro l'esistenza, occorre che ci sia una volontà che la vuole e tutto il mistero è risolto? Dove può innestarsi una qualsiasi ricerca scientifica in una simile assunzione?
maral, all'inizio sembri accettare come legittima l'adozione del postulato dell'agente intelligente.
Poi, evidentemente, qualcosa si ribella dentro di te e scatta il riduzionismo ( ;) ). Infatti, sintetizzando le tue parole conclusive:
- l'esistenza dell'agente intelligente è indimostrabile
- se anche esistesse, non sarebbe esplorabile.
Ergo, l'agente intelligente non esiste. O meglio, mi comporto come se non esistesse.
E' questa la conclusione implicita.Ancora una volta si ricade nella visione che esiste sono ciò che è esplorabile dalla scienza: ciò che non è esplorabile, non esiste. Ma questo sì che è un limite legato all'osservatore: la scienza è uno strumento che l'uomo si è costruito. Se cambia l'osservatore, cambia lo strumento e si allarga o restringe il perimetro del conoscibile. Qual è l'universo di un lombrico? E quale sarebbe l'universo di una creatura ancora più complessa dell'uomo?Eppure la verità è sempre lì, identica a sé: non può certo allargarsi o restringersi in funzione del faro che tenta di illuminarla.
Citazione di: maral il 23 Aprile 2016, 22:32:20 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 23 Aprile 2016, 16:22:00 PM
Ho insistito più volte sulla necessità di mettere alla prova matematicamente la plausibilità del neodarwinismo e dell'evo-devo.
Ho trovato che esiste un indirizzo di ricerca che dovrebbe fare al caso, ed è quello che si occupa di algoritmi genetici applicati alla biologia. C'è qualcuno di voi che conosce qualche risultato interessante in questo campo, a conferma o a smentita delle teorie suddette?
Io non ho nessuna mia teoria da difendere, e nessun pregiudizio su neodarwinismo e evo-devo: sono apertissimo a farle mie, purché se ne dimostri la plausibilità statistica.
E' da tempo che la biologia utilizza gli algoritmi genetici sia per costruire modelli matematici che possano dare ragione del manifestarsi di organismi viventi, sia della loro evoluzione. Ne trovi un esempio proprio nell'articolo di McShea che ho linkato nella seconda pagina di questa discussione, se avrai la pazienza di leggerlo. McShea introduce gli esempi computazionali su cui verte la dimostrazione della sua "Zero force evolutionary law" [...]
Mi sono andato a leggere l'articolo: non l'ho ancora studiato approfonditamente, ma me ne sono fatto un'idea per poter dire quanto segue.
1) La complessità generata dagli algoritmi genetici descritti nell'articolo è ancora incomparabilmente lontana dalla complessità biologica. Può darsi che in futuro ci si arrivi (oppure no, come dici tu), ma per adesso...
2) Gli algoritmi genetici funzionano in modo
gradualistico, cioè un piccolo passo dopo l'altro. In questo modo si potrebbe forse spiegare l'evoluzionismo graduale, che però è proprio quella soluzione che la maggioranza degli utenti di questo forum
scarta, preferendo la soluzione a
salti. E del resto, lo abbiamo già detto, l'evoluzione graduale è smentita dalla
mancanza di prove fossili sufficienti. Quindi, in sostanza, ne ricavo che
l'evoluzionismo a salti non ha ancora il benché minimo supporto dagli algoritmi genetici.
3) L'articolo ha l'intento di spiegare come la complessità biologica sia stata
ridotta dall'evoluzione, non come si sia
accresciuta dall'inizio della vita: cioè, la complessità biologica è assunta come un
punto di partenza del discorso, anziché come un risultato da
spiegare.
Poi, maral, hai scritto:
CitazionePersonalmente comunque sono molto scettico sul fatto di poter costruire modelli matematici coerenti a quanto accade biologicamente in natura: penso che la biologia non è e non sarà mai ascrivibile alla fisica e men che meno alla matematica, se non in ambiti assai circoscritti.
E quindi a cosa mai ci si potrà affidare per scoprire su quali
meccanismi si basa - cioè come realmente
funziona - l'evoluzionismo a
salti?
a)
Modelli matematici, no, lo dici anche tu.
b)
Prove fossili, no (impossibile, trattandosi appunto di salti).
c) Il
DNA non basta, l'abbiamo già detto, a spiegare i salti evoluzionistici.
d) Altri meccanismi, non se ne vedono.
Dunque, al momento
attuale della ricerca, cosa resta a supporto dell'evoluzionismo a salti, evo-devo o comunque lo vogliamo chiamare?
Un bell'atto di
fede, glielo mettiamo?
P.S. L'evoluzione della vita, in ottica riduttivista, è il risultato della combinazione di fenomeno fisici e e chimici.
La fisica è studiata attraverso modelli matematici. La chimica, altrettanto.
Non sarebbe accettata alcuna spiegazione non matematizzata di fenomeni fisici o chimici.
La logica conseguenza di ciò è che anche l'evoluzione della vita dovrebbe essere matematizzabile. Data la premessa, non si capisce perché non dovrebbe esserlo.
Ora, affermando che l'evoluzione della vita non è matematizzabile, la si sottrae almeno in parte al dominio dei fenomeni fisici e chimici.
Il che è come dire che la vita è anche qualcos'altro. Il che nega la premessa.
Se accettiamo il significato di retrogrado come di colui che è legato alle consuetudini e avverso al cambiamento del pensiero attorno al paradigma del senso della vita la risposta può essere solo "si è retrogrado". :)
L'intuizione che è dietro alla teoria evoluzionista può semplicemente venire accettata o negata, la teoria invece criticata in molti o tutti i suoi aspetti ma la teoria presenta solo delle possibili declinazioni dell'intuizione.
Chiedo a chi critica l'evoluzionismo se nega le teorie evoluzioniste ma ne accetta l'intuizione o se invece nega l'intuizione originaria.
Per non nascondermi dietro un paravento di molte parole io sono convinto che tutte le persone, nessuna esclusa, che criticano la teoria dell'evoluzionismo in realtà ne rifiutino l'intuizione.
Sebbene da un punto di vista strettamente logico l'intuizione evoluzionista non neghi la possibilità di un principio creativo razionale, essa colpisce la declinazione principale della filosofia cattolica, dove al principio creativo razionale segue un percorso razionale di trasformazione della realtà basato sulla volontà della stessa natura del principio creativo.
E' per questa ragione che viene accettata la teoria del big bang, perché questa pur possedendo alcune caratteristiche evoluzioniste non mina alla base l'idea della creazione da parte di un'entità superiore razionale, anzi rafforza la tesi della complementarietà. L'evoluzionismo al contrario invade proprio la declinazione principale, proponendo non una realtà assoggettata alla ragione bensì al caso, ovvero alla non ragione.
CitazioneLoris Bagnara ha scritto:
Proprio per il principio del rasoio di Occam, perché non sbarazzarsi di tutti gli attributi tranne l'unico veramente indispensabile? Si può derivare la materia dalla coscienza; il contrario, invece, non si può fare (ed è questo lo scoglio sui cui naufraga un evoluzionismo riduttivista, che proprio per questo motivo è costretto a sminuire la coscienza a epifenomeno - l'effetto collaterale di un vasto quanto assurdo turbinare di fenomeni insignificanti).
La domanda è sempre quella, quella che "è mal posta" ( ): perché due attributi (res cogitans e res extensa) e non tre, quattro, cento, o mille etc? E, inoltre, perché tutto ciò esiste?
Rispondo:
Innanzitutto apprezzo lo spirito con cui stiamo ragionando: non per convincerci reciprocamente (men che meno per lanciarci reciproche scomuniche) ma per informarci su opinioni e credenze non necessariamente da abbracciare (men che meno integralmente) ma comunque interessanti da conoscere, anche perché stimolanti ulteriori considerazioni e affinamenti delle convinzioni di ciascuno di noi: credo che questo sia lo "spirito" del presente forum.
Secondo me sia la materia che il pensiero (del tutto parimenti, con il medesimo "grado di realtà", fenomenico) fanno parte della coscienza.
E l' evoluzionismo riduttivista, cui aderisco, semplicemente non prende in considerazione la coscienza, che non fa parte (dell' ambito) della realtà cui si applica come teoria.
Ritengo che non sia possibile sbarazzarsi dei fenomeni materiali e mentali per il fatto che se ne constata empiricamente l 'esistenza: le sensazioni "extensae" e "cogitantes" accadono e non si possono "cancellare dalla realtà".
Mentre ritengo indispensabile l' esistenza della "cosa in sé" per spiegare (in mancanza, almeno di fatto, di altre ipotesi in grado di farlo meglio) l' intersoggettività del divenire della res extensa (indimostrabile, che credo fideisticamente; e che è indispensabile alla conoscenza scientifica) e i rapporti di corrispondenza biunivoca che la neurologia dimostra fra il divenire della materia e della mente cosciente: non c'è una determinata esperienza cosciente (nella mente di un "osservato") senza un determinato processo neurofisiologico in un determinato cervello e solo quello (nell' ambito, almeno potenzialmente, o di fatto al solito indirettamente, delle esperienze coscienti di "osservatori"), e (almeno potenzialmente, e di fatto al solito indirettamente) viceversa.
E questo malgrado lunghi intervalli di tempo nei quali non esistono né i fenomeni materiali (le sensazioni, anche solo potenziali e indirette, del cervello dell' "osservato" nell' ambito delle esperienze coscienti degli "osservatori"), né (ancor più lunghi) i fenomeni mentali (esperienze coscienti dell' "osservato"); intervalli di tempo nei quali qualcosa di reale (per definizione non fenomenico, non apparente sensibilmente ma "in sé" o meramente congetturabile) deve pur continuare ad esistere, perché il tutto sia comprensibile.
Sul "perché [di fatto; come empiricamente constatato] due attributi (res cogitans e res extensa) e non tre, quattro, cento, o mille etc? E, inoltre, perché tutto ciò esiste?" la mia convinzione è sempre quella della risposta # 54.
Loris Bagnara ha scritto:
Esiste però una cosa come il buon senso, e l'intuito, e la chiarezza mentale, e la genuinità delle domande che sgorgano dal nostro profondo. A quelle bisogna dare ascolto.
Rispondo:
Con questo concordo, aggiungendo che in secondo luogo bisogna anche cercare di trovarvi risposte (e per quanto mi riguarda il più razionalmente possibile).
Loris Bagnara ha scritto:
maral, all'inizio sembri accettare come legittima l'adozione del postulato dell'agente intelligente.
Poi, evidentemente, qualcosa si ribella dentro di te e scatta il riduzionismo. Infatti, sintetizzando le tue parole conclusive:
- l'esistenza dell'agente intelligente è indimostrabile
- se anche esistesse, non sarebbe esplorabile.
Ergo, l'agente intelligente non esiste. O meglio, mi comporto come se non esistesse. E' questa la conclusione implicita.
Ancora una volta si ricade nella visione che esiste solo ciò che è esplorabile dalla scienza: ciò che non è esplorabile, non esiste. Ma questo sì che è un limite legato all'osservatore: la scienza è uno strumento che l'uomo si è costruito. Se cambia l'osservatore, cambia lo strumento e si allarga o restringe il perimetro del conoscibile. Qual è l'universo di un lombrico? E quale sarebbe l'universo di una creatura ancora più complessa dell'uomo?
Eppure la verità è sempre lì, identica a sé: non può certo allargarsi o restringersi in funzione del faro che tenta di illuminarla.
Rispondo:
(Evidentemente espongo le mie brevi considerazioni perché stimolato da queste parole senza pretendere di sostituirmi a Maral, che probabilmente replicherà diversamente; d' altra parte credo che la discussione sia più interessante se favorisce l' esposizione di più punti di vista sulle questioni affrontate; fine della sviolinata: perdonatemi, mi è venuta spontanea e sincera).
In proposito è anche mia convinzione che non esiste solo ciò che è esplorabile dalla scienza e che non è vero che ciò che non è esplorabile, non esiste.
Ma (non essendo monista, contrariamente a te) credo che comunque nell' ambito materiale naturale della realtà esiste (e diviene) solo ciò che è esplorabile dalla scienza: la materia.
Secondo me la mente cosciente è reale su un altro "piano ontologico" e non interferisce con la res extensa: esplorando la natura materiale non la si incontra come sua componente o parte integrante (assumendo l' atteggiamento di dubbio metodico cartesiano non si può non ammettere che alcuni o anche tutti gli uomini e animali che ciascuno di noi percepisce, con i loro comportamenti più o meno intelligenti, potrebbero anche essere dei meri zombi privi di coscienza senza che nulla cambi nel mondo naturale materiale, senza alcuna possibilità di accorgercene).
Citazione di: HollyFabius il 24 Aprile 2016, 14:12:01 PM
Se accettiamo il significato di retrogrado come di colui che è legato alle consuetudini e avverso al cambiamento del pensiero attorno al paradigma del senso della vita la risposta può essere solo "si è retrogrado". :)
L'intuizione che è dietro alla teoria evoluzionista può semplicemente venire accettata o negata, la teoria invece criticata in molti o tutti i suoi aspetti ma la teoria presenta solo delle possibili declinazioni dell'intuizione.
Chiedo a chi critica l'evoluzionismo se nega le teorie evoluzioniste ma ne accetta l'intuizione o se invece nega l'intuizione originaria.
Per non nascondermi dietro un paravento di molte parole io sono convinto che tutte le persone, nessuna esclusa, che criticano la teoria dell'evoluzionismo in realtà ne rifiutino l'intuizione.
Sebbene da un punto di vista strettamente logico l'intuizione evoluzionista non neghi la possibilità di un principio creativo razionale, essa colpisce la declinazione principale della filosofia cattolica, dove al principio creativo razionale segue un percorso razionale di trasformazione della realtà basato sulla volontà della stessa natura del principio creativo.
E' per questa ragione che viene accettata la teoria del big bang, perché questa pur possedendo alcune caratteristiche evoluzioniste non mina alla base l'idea della creazione da parte di un'entità superiore razionale, anzi rafforza la tesi della complementarietà. L'evoluzionismo al contrario invade proprio la declinazione principale, proponendo non una realtà assoggettata alla ragione bensì al caso, ovvero alla non ragione.
Ciao HollyFabius, non sono sicuro di aver be compreso cosa intendi per "intuizione originaria" dietro alla teoria evoluzionista.
i critici della teoria, qui, non negano l'esistenza dell'evoluzione, che è un dato di fatto, ma mettono in dubbio e discutono le spiegazioni date, perché invece potrebbero essercene altre. E per questo si chiedono prove: non della realtà dell'evoluzione, ma delle spiegazioni fornite.
HollyFabius ha scritto:
CitazioneSe accettiamo il significato di retrogrado come di colui che è legato alle consuetudini e avverso al cambiamento del pensiero attorno al paradigma del senso della vita la risposta può essere solo "si è retrogrado".
Dovresti però spiegare il perché, ovviamente non si tratta di una domanda che richiede come risposta solo un si o un no.
La mia posizione non è affatto legata alle consuetudini, tutto il contrario, perché le attuali consuetudini sono proprio di dare un credito immotivato a questa teoria per puro conformismo, favorito anche dalle campagne sistematiche di discredito che i neodarwinisti hanno attuato nei confronti dei "dissidenti", accusati di irrazionalità e oscurantismo (che invece, a mio parere, sono proprio le caratteristiche del neodarwinismo). E questa "consuetudine" è diffusissima sia tra gli atei che tra i credenti, cattolici o no. Alla fine questa "teoria" è diventata praticamente un dogma intoccabile.
CitazioneL'intuizione che è dietro alla teoria evoluzionista può semplicemente venire accettata o negata, la teoria invece criticata in molti o tutti i suoi aspetti ma la teoria presenta solo delle possibili declinazioni dell'intuizione.
Chiedo a chi critica l'evoluzionismo se nega le teorie evoluzioniste ma ne accetta l'intuizione o se invece nega l'intuizione originaria.
Anche qui vai un po' troppo per le spicce e non chiarisci cosa esattamnte intendi per "intuizione originaria".
Mi sembra di aver abbondantemente chiarito, nel post iniziale, che quello che critico principalmente è l'idea che la combinazione di mutazioni casuali e selezione naturale possa essere il principale motore dell'"evoluzione" ossia dell'origine delle specie e del progressivo aumento di complessità, sia strutturale che funzionale, delle forme viventi.
Più in generale (ma questo non riguarda solo l'evoluzione ma la vita in generale) critico l'idea che la vita possa essere spiegata (in base alle attuali conoscenze) come risultato di meccanismi automatici guidati unicamente da forze cieche.
Quindi, probabilmente, critico proprio quella che chiami "intuizione originaria".
Ma tutto questo non ha nulla ache fare con le credenze religiose, dal momento che non sono affatto un credente, anzi considero ogni tipo di credenze (tra le quali compare, secondo me, a pieno titolo il neodarwinismo) solo un handicap mentale (non nel senso comune del termine, ovviamente, ma di elemento che distorce i processi di pensiero).
Citazione di: Loris Bagnara il 24 Aprile 2016, 15:56:30 PM
Citazione di: HollyFabius il 24 Aprile 2016, 14:12:01 PMCiao HollyFabius, non sono sicuro di aver be compreso cosa intendi per "intuizione originaria" dietro alla teoria evoluzionista.
i critici della teoria, qui, non negano l'esistenza dell'evoluzione, che è un dato di fatto, ma mettono in dubbio e discutono le spiegazioni date, perché invece potrebbero essercene altre. E per questo si chiedono prove: non della realtà dell'evoluzione, ma delle spiegazioni fornite.
Scusatemi, non so ancora come multi-citare quindi rispondo sulla "intuizione originaria" dietro alla teoria evoluzionista citando solo questo post.
L'idea dell'evoluzione delle forme viventi è una intuizione non Darwiniana, se i miei ricordi sbiaditi non mi ingannano fu Lamarck il primo a proporre una teoria evolutiva. L'intuizione di una evoluzione è invece più antica, mi pare si possa far risalire ad Anassimandro.
La mia osservazione riguardava proprio il fatto che nelle motivazioni dei critici della teoria io non ho letto una riflessione sui limiti dello stato attuale della teoria evoluzionista, nella direzione del rafforzamento per eliminazione delle tesi depotenziate bensì un tentativo di negare ogni forma di evoluzionismo negando l'idea stessa di evoluzione. In questo senso mi è parso un tentativo di negare preconcetto.
L'intuizione originaria darwiniana è l'idea pura del cambiamento naturale con aggiunta la sopravvivenza del più adatto. La storia di Darwin e del darwinismo è poi il tentativo di costruire una teoria suffragata da osservazioni, ovvero di declinare l'intuizione in un insieme coerente sperimentale, una teoria comprovata dalla dialettica sperimentale. Non voglio entrare nei mille rivoli delle critiche possibili perché la natura di queste critiche è spesso pretestuosa. Leggendo il 3d non ho affatto avuto l'impressione che quello che tu scrivi sia vero, molti (ovviamente non posso dire tutti) criticano non negando espressamente l'esistenza dell'evoluzione ma tra le righe la presenza di questa negazione si sente piuttosto forte. Per esempio mettono in dubbio e discutono le spiegazioni date senza proporne alternative nella direzione di un miglioramento della teoria rendendo evidente che sono critiche solo nella direzione della affermazione della sua totale inadeguatezza.
L'impressione forte è che si rifiutino tutte le ricette e portate messe in tavola senza una critica positiva, in genere questo rende la sensazione che a non piacere sia il cuoco, che magari con un minimo di malizia può sembrare che si desideri sostituire con un altro magari amico di famiglia.
Citazione di: Donalduck il 24 Aprile 2016, 17:42:34 PM
Dovresti però spiegare il perché, ovviamente non si tratta di una domanda che richiede come risposta solo un si o un no.
La mia posizione non è affatto legata alle consuetudini, tutto il contrario, perché le attuali consuetudini sono proprio di dare un credito immotivato a questa teoria per puro conformismo, favorito anche dalle campagne sistematiche di discredito che i neodarwinisti hanno attuato nei confronti dei "dissidenti", accusati di irrazionalità e oscurantismo (che invece, a mio parere, sono proprio le caratteristiche del neodarwinismo). E questa "consuetudine" è diffusissima sia tra gli atei che tra i credenti, cattolici o no. Alla fine questa "teoria" è diventata praticamente un dogma intoccabile.
Nel mio messaggio era presente la faccina tipica della cosa detta un poco per scherzo ma provocatoria. Dai tuoi messaggi non ho intuito che tu fossi un evoluzionista dissidente, l'impressione era invece altra.
Devo dire che il resto della frase mi pare incomprensibile, la "teoria" non è affatto un dogma intoccabile ma è abbastanza chiaro che esiste una vasta propaganda anti-evoluzionista dalle motivazioni vecchie come il mondo. In questo clima si può comprendere come le critiche mal poste non vengano neppure sottoposte ad analisi.
Citazione di: Donalduck il 24 Aprile 2016, 17:42:34 PM
Anche qui vai un po' troppo per le spicce e non chiarisci cosa esattamnte intendi per "intuizione originaria".
Mi sembra di aver abbondantemente chiarito, nel post iniziale, che quello che critico principalmente è l'idea che la combinazione di mutazioni casuali e selezione naturale possa essere il principale motore dell'"evoluzione" ossia dell'origine delle specie e del progressivo aumento di complessità, sia strutturale che funzionale, delle forme viventi.
Più in generale (ma questo non riguarda solo l'evoluzione ma la vita in generale) critico l'idea che la vita possa essere spiegata (in base alle attuali conoscenze) come risultato di meccanismi automatici guidati unicamente da forze cieche.
Quindi, probabilmente, critico proprio quella che chiami "intuizione originaria".
Ma tutto questo non ha nulla ache fare con le credenze religiose, dal momento che non sono affatto un credente, anzi considero ogni tipo di credenze (tra le quali compare, secondo me, a pieno titolo il neodarwinismo) solo un handicap mentale (non nel senso comune del termine, ovviamente, ma di elemento che distorce i processi di pensiero).
Sull'intuizione originaria ho risposta al post precedente.
Qui mi pare che tu confermi la mia impressione, ovvero non è come mi pareva ti configurassi sopra, non sei un evoluzionista dissidente per capirci -e qui mi pare che tu ti contraddica-, è proprio l'idea di evoluzione guidata dal caso e dalla selezione naturale che non accetti.
Spero tu ti renda conto che considerare ogni tipo di credenza solo un handicap è a sua volta una credenza.
Il punto è che se l'evoluzionismo per te non esiste avrai sicuramente una ipotesi sulle ragioni dei cambiamenti che nel tempo vediamo attorno a noi oppure semplicemente negherai che questi cambiamenti esistano. In ogni caso dopo aver letto le tue tesi alternative sicuramente potrò prendere nota delle tue idee ma certamente non avrà senso realizzare una dialettica sul tema dell'evoluzionismo ma piuttosto su altro e certamente su un livello diverso da quello strettamente scientifico e legato alle osservazioni.
Segnalo questo articolo a firma di Michele Forastiere, pubblicato sul blog di Enzo Pennetta.
http://www.enzopennetta.it/2012/09/verso-una-nuova-teoria-dellevoluzione/
A me sembra ben fatto, equilibrato e per nulla fazioso.
Riconosce i meriti del neo-darwinismo (ad esempio nello spiegare la micro-evoluzione), ma ne mette in luce le lacune (nello spiegare la macro-evoluzione, ad esempio).
Mi sembra ben informato e documentato, ed è ricco di riferimenti alle ricerche che alimentano il dibattito in corso.
L'articolo si conclude, costruttivamente, con una ipotesi per il superamento del neo-darwinismo verso una nuova teoria più completa.
Vi invito a leggerlo, in primo luogo perché mostra che le critiche alla teoria, avanzate anche in questo forum, trovano il loro posto nel mondo scientifico, e in secondo luogo perché, sensatamente, non dice che è tutto da buttare, e che la soluzione può trovarsi nel'ambito della scienza.
Citazione di: Loris Bagnara il 24 Aprile 2016, 21:35:04 PM
Segnalo questo articolo a firma di Michele Forastiere, pubblicato sul blog di Enzo Pennetta.
http://www.enzopennetta.it/2012/09/verso-una-nuova-teoria-dellevoluzione/
A me sembra ben fatto, equilibrato e per nulla fazioso.
Riconosce i meriti del neo-darwinismo (ad esempio nello spiegare la micro-evoluzione), ma ne mette in luce le lacune (nello spiegare la macro-evoluzione, ad esempio).
Mi sembra ben informato e documentato, ed è ricco di riferimenti alle ricerche che alimentano il dibattito in corso.
L'articolo si conclude, costruttivamente, con una ipotesi per il superamento del neo-darwinismo verso una nuova teoria più completa.
Vi invito a leggerlo, in primo luogo perché mostra che le critiche alla teoria, avanzate anche in questo forum, trovano il loro posto nel mondo scientifico, e in secondo luogo perché, sensatamente, non dice che è tutto da buttare, e che la soluzione può trovarsi nel'ambito della scienza.
Concordo sulla qualità dell'articolo, ho qualche dubbio però sulla validità della critica fondamentale, quella legata ai "colpi di fortuna", cerco di esprimere sinteticamente il mio pensiero in merito.
Probabilmente possiamo enunciare un principio, la non applicabilità del calcolo statistico nella direzione del passato.
Supponiamo di prendere tutto l'elenco dei numeri estratti dalla ruota di Genova, dall'inizio dell'enalotto e chiediamoci quale probabilità c'era che uscissero quei numeri e in quella sequenza, la probabilità è così bassa da considerarla nulla. Ora chiediamoci la stessa cosa per ogni ruota, e otterremmo la stessa improbabile probabilità. Estendiamo l'esempio a tutte le ruote di tutte le lotterie terrestri.
Poi facciamo un saltino nel futuro, supponiamo di arrivare all'anno 15000 con una bella costanza di estrazioni settimanali, diventate giornaliere e magari arrivate ad una frequenza di una estrazione ogni minuto (con la tecnologia di oggi questo già potrebbe essere possibile). Bene calcoliamo la probabilità di uscita dell'unica sequenza di numeri di tutte le ruote di tutte le lotterie della terra da qui all'anno 15000 e rifacciamo una valutazione sulla differenza tra la probabilità della realtà e la probabilità di una qualunque simulazione.
La mia convinzione è che il calcolo delle probabilità riferito al passato sia un artificio logico da prendere con le molle e soprattutto da "evitare" quando si tratta di 1 accadimento unico. La probabilità è "probabilmente" sensata quando si parla di popolazioni di risultati e di numerosità di campioni. Bisogna considerare sempre il "se non così come altrimenti?"
HollyFabius ha scritto:
CitazioneQui mi pare che tu confermi la mia impressione, ovvero non è come mi pareva ti configurassi sopra, non sei un evoluzionista dissidente per capirci -e qui mi pare che tu ti contraddica-, è proprio l'idea di evoluzione guidata dal caso e dalla selezione naturale che non accetti.
Spero tu ti renda conto che considerare ogni tipo di credenza solo un handicap è a sua volta una credenza.
Il punto è che se l'evoluzionismo per te non esiste avrai sicuramente una ipotesi sulle ragioni dei cambiamenti che nel tempo vediamo attorno a noi oppure semplicemente negherai che questi cambiamenti esistano. In ogni caso dopo aver letto le tue tesi alternative sicuramente potrò prendere nota delle tue idee ma certamente non avrà senso realizzare una dialettica sul tema dell'evoluzionismo ma piuttosto su altro e certamente su un livello diverso da quello strettamente scientifico e legato alle osservazioni.
Non capisco dove vada a parare il tuo intervento.
Primo qui non è in discussione che etichetta dare al mio pensiero (preferirei proprio nessuna), sei io sia da considerare evoluzionista o non evoluzionista (noto per inciso che il modo di concepire l'evoluzione non è certo limitato a quello attribuitogli della teoria evoluzionistica di stampo darwiniano, anche nel campo della evoluzione del vivente) e altre divagazioni del genere, che ritengo francamente inutili e fuorvianti.
Secondo quello che intendo per
credenza non è semplice
convinzione (che comunque per essere sana deve sempre essere temperata da una certa quantità, anche minima, di dubbio). La convinzione si basa sui dati dell'esperienza e sulla riflessione su tali dati. La credenza si basa su una scelta arbitraria tra una serie di "verità" già preconfezionate e difesa sulla base di motivazioni simili a quelle dei tifosi delle squadre di calcio. Esistono naturalmente forme intermedie, ma resta il fatto che ciò che viene accettato senza venir sottoposto al vaglio della ragione costituisce un handicap per l'esercizio della ragione stessa.
Terzo, non è che se qualcuno tira in ballo una teoria strampalata e priva di fondamento razionale, per criticarla si debba per forza avere una teoria alternativa. Un bambino che ancora non sa come vengono al mondo i bambini può benissimo rendersi conto che la storia della cicogna o del cavolo è inverosimile, senza per questo avere i mezzi per costruire una "teoria alternativa"
Quarto, ho già chiarito che secondo me la
causa che sta dietro la formazione delle diverse specie e la complessità crescente delle forme di vita (ma più in generale della organizzazione e del carattere teleologico del vivente), che i neodarwiniani pretendono di aver scoperto nella combinazione mutazione-selezione, è un tema che la scienza, ora come ora,
non ha affatto i mezzi per affrontare, e forse non li avrà mai. Secondo me questa teoria della mutazione-selezione
non è una teria scientifica, ma una
tesi metafisica, quindi filosofica, piuttosto sgangherata, che si tenta per far passare per scientifica (con notevole successo, non lo nego, da un secolo a questa parte).
Quinto, ho gia scritto più volte (ne deduco che
non hai letto in realtà i miei interventi che pure sembri voler discutere) che l'ipotesi che mi sembra più attendibile, sulla base di quei pochi elementi che abbiamo, è che ci sia un "fattore X", che sia alla base dei fenomeni della coscienza e dell'intelligenza, come costituente essenziale e imprescindibile della realtà, (allo stesso modo di quei fattori costituiti da spazio, tempo, forza e materia, che la scienza prende in considerazione) e che costituisca la sorgente sia della vita che della nostra coscienza e intelligenza individuale. Non ritengo inverosimili altre "teorie" formulate, come la creazione da parte di un essere con una forma di esistenza non fisicamente rilevabile, un "creatore" o anche di un'intera schiera o gerarchia di simili esseri, come certe dottrine esoteriche sostengono. Oppure che siamo stati creati da qualche razza di esseri extraterrestri esistenti nel mondo fisico. Tutte ipotesi plausibili ma indimostrabili e non smentibili che, fino a prova contraria, lasciano il tempo che trovano. In ogni caso, anche eventuali creatori, presupporrebbero comunque un "principio fondamentale" alla base di coscienza e intelligenza di cui, come noi, sarebbero partecipi.
Ti sarei grato se, visto che il tema in qualche modo sembra interessarti, dessi un contributo attivo e concreto alla discussione, commentando ed eventualmente contestando puntualmente le numerose argomentazioni che ho inserito nei miei interventi, piuttosto che fare discorsi di principio, generici, che prescindono da quello che ho scritto e fanno riferimento a vaghe ipotesi su cosa potrei o non potrei pensare.
Maral ha scritto:
CitazioneMa non è vero che le forze cieche del caso non determinino alcun ordine. La deriva genetica in campo evolutivo ne è la dimostrazione. Anzi, è assai più difficile prevedere un ordine quando ad agire sono delle intenzionalità e soprattutto quando queste intenzionalità manco si riescono a definire: dove sta l'intenzione finale dell'evoluzione naturale? In che cosa consiste il suo progetto?
Non ho sostenuto che le forze cieche non possano generare alcun ordine. Anche il sistema solare ha un ordine, e anche i cristalli. Questo tipo di ordine si può ricostruire, logicamente o sperimentalmente con i soli ingredienti delle forze cieche e della materia dotata di massa. Invece la deriva genetica non stabilisce nessun ordine, ma potrebbe condizionare l'ordine e l'organizzazione di esseri viventi dotati
intrinsecamente di ordine, organizzazione eccetera, il che è molto diverso.
In ogni caso quello che dico e che non è che le forze cieche non possano determinare nessun ordine, ma non esiste indizio che possano generare quel tipo particolare d'ordine del vivente, e l'organizzazione, il coordinamento e la cooperazione e quello che viene definito "carattere teleologico" del vivente stesso.
Ho anche chiarito che questo discorso si situa
al di fuori della scienza e che secondo me la teoria che contesto
non è affatto una teoria scientifica, e quindi non va sostituita con altre teorie scientifiche. E ho anche chiarito che secondo me non abbiamo nessun dato per poter rispondere a domande come "dove sta l'intenzione finale dell'evoluzione naturale? In che cosa consiste il suo progetto?". Ci son cose che semplicemente non abbiamo i mezzi per indagare, almeno non razionalmente, inutile far girare la mente in folle.
CitazioneCapisci che quello che sembra tanto evidente e banale (c'è intelligenza nel cosmo) non lo è per nulla? E anche che di quello che percepisci con i tuoi sensi non è assolutamente facile dare ragione? Che pure quell'ordine, cooperazione, progettazione non implica per nulla l'esistenza di una volontà ordinante, progettante e cooperante? C'è solo l'uomo, per quanto ne sappiamo, che in tutto l'universo può progettare e può parlare di progetti o di mancanza di progetti e la natura include l'uomo, ma non lo include come suo progetto, ma come un semplice evento naturale.
Se l'intelligenza è un evento naturale, come dici, significa che deve esistere in natura qualche "principio fondamentale" che renda possibile la sua esistenza. La scienza non ha fatto che questo, nell'ambito del mondo fisico: ha studiato eventi percepibili e li ha "ricondotti", messi in relazione con principi e "leggi" fondamentali, in base ai quali è in grado di ricostruire un percorso logico di relazioni che conducono dal semplice al complesso, da un piccolo insieme di fattori generativi a una enorme molteplicità di fenomeni osservabili.
Ora, delle due una: o si riesce a ricondurre agli stessi principi la vita e i suoi fenomeni, oppure si deve presupporre l'esistenza di altri fattori fondamentali.
Inoltre si deve render ragione anche della
candidabilità dei "fattori generativi" conosciuti dalla scienza a generatori della vita.
Prendiamo uno che si addormenta nel suo appartamento, in cui vive solo, la notte del 5 gennaio. Se il giorno dopo, senza aver sentito nulla, trova sulla scrivania un bel regalo impacchettato e non capisce chi possa avercelo messo e come sia entrato, l'ipotesi della Befana non è sullo stesso piano di, che so, un amico o parente a cui aveva lasciato (magari senza ricordarsene) una copia delle chiavi, o che si sia servito delle prestazioni professionali di un abile scassinatore. Ma la spiegazione potrebbe anche essere qualcsa che è al di fuori delle sue capacità di verifica (che so, qualche bizzarro scassinatore filantropo). Ci sono comunque cause "candidabili" e altre meno candidabili, e cause che si sottraggono alle tue capacità di trovarle.
La teoria della mutazione-selezione, per i motivi che ho estesamente spiegato, equivalgono per me all'ipotesi Befana. E non vedo nessun dato o indizio che possa indurmi a pensare che con l'andar del tempo si arrivi a giustificarla sulla base di nuove scoperte (anche se non posso escluderlo del tutto, anche perché contrasterebbe con le mie abitudini).
Per quanto riguarda il discorso sul
progetto è comunque arbitrario dire che la "natura" (cosa sarebbe, poi, questa natura? Piu che altro uno dei termini usati per mascherare una sostanziale ignoranza, come le "qualità emergenti" o l'"effetto placebo") non progetta e non ha volontà.
La volontà e la progettualità esistono, e lo possiamo testimoniare direttamente, l'intelligenza esiste, e lo possiamo testimoniare direttamente. Se esiste in noi, e se noi siamo parte di questa "natura" possiede queste caratteristiche se non altro attraverso di noi. Ossia se noi vogliamo, progettiamo, capiamo e siamo coscienti, significa che la "natura" ha volontà, progettualità, intelligenza e coscienza, perché noi siamo parti di essa. Potremmo anche pensare che questa fantomatica "natura" esprima queste "qualità" solo attraverso di noi, ma se attorno a noi (e in noi stessi) vediamo cose che hanno tutte le caratteristiche di un prodotto di queste "qualità" e non si spiegano come prodotto delle "forze cieche", e non le abbiamo fatte noi, mi sembra che l'ipotesi di una comune origine di queste qualità in un fattore (o magari più fattori) costituente la "natura" stessa (se vogliamo usare questo ambiguo termine) sia la più razionale che abbiamo attualmente a disposizione.
Citazione di: HollyFabius il 25 Aprile 2016, 08:33:31 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 24 Aprile 2016, 21:35:04 PM
Segnalo questo articolo a firma di Michele Forastiere, pubblicato sul blog di Enzo Pennetta.
http://www.enzopennetta.it/2012/09/verso-una-nuova-teoria-dellevoluzione/
A me sembra ben fatto, equilibrato e per nulla fazioso.
Riconosce i meriti del neo-darwinismo (ad esempio nello spiegare la micro-evoluzione), ma ne mette in luce le lacune (nello spiegare la macro-evoluzione, ad esempio).
Mi sembra ben informato e documentato, ed è ricco di riferimenti alle ricerche che alimentano il dibattito in corso.
L'articolo si conclude, costruttivamente, con una ipotesi per il superamento del neo-darwinismo verso una nuova teoria più completa.
Vi invito a leggerlo, in primo luogo perché mostra che le critiche alla teoria, avanzate anche in questo forum, trovano il loro posto nel mondo scientifico, e in secondo luogo perché, sensatamente, non dice che è tutto da buttare, e che la soluzione può trovarsi nel'ambito della scienza.
Concordo sulla qualità dell'articolo, ho qualche dubbio però sulla validità della critica fondamentale, quella legata ai "colpi di fortuna", cerco di esprimere sinteticamente il mio pensiero in merito.
Probabilmente possiamo enunciare un principio, la non applicabilità del calcolo statistico nella direzione del passato.
Supponiamo di prendere tutto l'elenco dei numeri estratti dalla ruota di Genova, dall'inizio dell'enalotto e chiediamoci quale probabilità c'era che uscissero quei numeri e in quella sequenza, la probabilità è così bassa da considerarla nulla. Ora chiediamoci la stessa cosa per ogni ruota, e otterremmo la stessa improbabile probabilità. Estendiamo l'esempio a tutte le ruote di tutte le lotterie terrestri.
Poi facciamo un saltino nel futuro, supponiamo di arrivare all'anno 15000 con una bella costanza di estrazioni settimanali, diventate giornaliere e magari arrivate ad una frequenza di una estrazione ogni minuto (con la tecnologia di oggi questo già potrebbe essere possibile). Bene calcoliamo la probabilità di uscita dell'unica sequenza di numeri di tutte le ruote di tutte le lotterie della terra da qui all'anno 15000 e rifacciamo una valutazione sulla differenza tra la probabilità della realtà e la probabilità di una qualunque simulazione.
La mia convinzione è che il calcolo delle probabilità riferito al passato sia un artificio logico da prendere con le molle e soprattutto da "evitare" quando si tratta di 1 accadimento unico. La probabilità è "probabilmente" sensata quando si parla di popolazioni di risultati e di numerosità di campioni. Bisogna considerare sempre il "se non così come altrimenti?"
Il
calcolo probabilistico nella direzione del passato è
regolarmente applicato in qualunque altra disciplina scientifica, qualora si presenti il caso.
Facciamo l'esempio della
cosmologia. E' evidente che l'universo come si presenta a noi oggi è
un caso unico, non è che abbiamo un milione di universi da confrontare. Però cosa fanno i cosmologi? Costruiscono
tanti modelli matematici dell'universo per quante sono le differenti teorie da verificare; poi definiscono una condizione di partenza uguale per tutti (diciamo il Big Bang); definiscono le leggi (uguali per tutti) a cui devono sottostare tutti i modelli; poi fanno "partire il tempo", cioè i computer cominciano a calcolare l'evoluzione dei diversi modelli. Quando è passato virtualmente lo stesso tempo che intercorre fra il Big Bang e oggi, si ferma la computazione e si
confrontano i risultati dei modelli evoluti: il modello che, a evoluzione terminata,
appare più simile all'universo osservato, è il modello vincente, quello che ha
più probabilità di avvicinarsi al "vero". Così funziona la scienza. Altrimenti sarebbe
impossibile condurre qualunque riflessione su un fenomeno unico (e sono numerosissimi).
Del resto, anche il comune buon senso quotidiano non si comporta diversamente. Se dobbiamo risolvere un caso di omicidio, quale pista seguiamo? Quella di uno scenario
verosimile, o quella di uno scenario assolutamente
inverosimile, che si basa sulla concatenazione di eventi asolutamente
fortuiti e
improbabili? Naturalmente il primo.
In conclusione, non si vede perché il neo-darwinismo (che pretende di essere
teoria scientifica) non dovrebbe essere sottoposto, come tutte le altre teorie scientifiche, al vaglio del
calcolo probabilistico.
Citazione di: Loris Bagnara il 25 Aprile 2016, 15:03:16 PM
Il calcolo probabilistico nella direzione del passato è regolarmente applicato in qualunque altra disciplina scientifica, qualora si presenti il caso.
Facciamo l'esempio della cosmologia. E' evidente che l'universo come si presenta a noi oggi è un caso unico, non è che abbiamo un milione di universi da confrontare. Però cosa fanno i cosmologi? Costruiscono tanti modelli matematici dell'universo per quante sono le differenti teorie da verificare; poi definiscono una condizione di partenza uguale per tutti (diciamo il Big Bang); definiscono le leggi (uguali per tutti) a cui devono sottostare tutti i modelli; poi fanno "partire il tempo", cioè i computer cominciano a calcolare l'evoluzione dei diversi modelli. Quando è passato virtualmente lo stesso tempo che intercorre fra il Big Bang e oggi, si ferma la computazione e si confrontano i risultati dei modelli evoluti: il modello che, a evoluzione terminata, appare più simile all'universo osservato, è il modello vincente, quello che ha più probabilità di avvicinarsi al "vero". Così funziona la scienza. Altrimenti sarebbe impossibile condurre qualunque riflessione su un fenomeno unico (e sono numerosissimi).
Del resto, anche il comune buon senso quotidiano non si comporta diversamente. Se dobbiamo risolvere un caso di omicidio, quale pista seguiamo? Quella di uno scenario verosimile, o quella di uno scenario assolutamente inverosimile, che si basa sulla concatenazione di eventi asolutamente fortuiti e improbabili? Naturalmente il primo.
In conclusione, non si vede perché il neo-darwinismo (che pretende di essere teoria scientifica) non dovrebbe essere sottoposto, come tutte le altre teorie scientifiche, al vaglio del calcolo probabilistico.
Non mi dici nulla che io non conosca, la cosa che volevo far notare è che le teorie basata sulla statistica hanno sempre un margine di miglioramento, basato su un modello più adeguato. Il processo di miglioramento delle teorie può fare un salto di qualità solo in presenza di una nuova descrizione formale più accurata della precedente.
E' stato così nel passato, ed è invece oggi più difficoltoso perché il paradigma basato sulla risultanza sperimentale statistica ha sostituito e reso meno potenti modelli e raffigurazioni della realtà più ideali. Con meno potenti intendo meno aderenti al riscontro sperimentale. Il procedimento della fisica basato sul metodo di indagine statistico è quello che meglio risponde alle istanze di puro calcolo, ma non tutti i fisici sono concordi nell'accettare l'abdicazione totale rispetto ad altri modelli che appaiono oggi meno precisi.
La questione è la stessa posta ad inizio del '900: si deve rinunciare ad una descrizione della realtà classica accettando la indeterminatezza come principio. Ma se poi si usa la probabilità come mezzo per comprendere i fenomeni non si può chiedere alla sperimentazione di superare ogni indeterminatezza. Questo limite nella fisica di base è stato precisamente definito, possiamo dire altrettanto con la teoria evoluzionista? L'uso della statistica porrà sempre mezzo gatto vivo e mezzo gatto morto oltre lo strumento.
Se vuoi condivido che oggi il metodo predittivo più potente è basato sulla statistica, mi auguro solo che un domani si possa tornare a metodi predittivi più metafisici, il riuscirci sarà il segnale di aver compreso meglio la natura della realtà. Il non cercarli però rappresenta già una sconfitta.
Citazione di: Donalduck il 25 Aprile 2016, 13:32:20 PM
Non capisco dove vada a parare il tuo intervento.
Probabilmente va a parare solo e semplicemente nell'osservare che il tuo intervento non va a parare da nessuna parte.
Citazione di: Donalduck il 25 Aprile 2016, 13:32:20 PM
Primo qui non è in discussione che etichetta dare al mio pensiero (preferirei proprio nessuna), sei io sia da considerare evoluzionista o non evoluzionista (noto per inciso che il modo di concepire l'evoluzione non è certo limitato a quello attribuitogli della teoria evoluzionistica di stampo darwiniano, anche nel campo della evoluzione del vivente) e altre divagazioni del genere, che ritengo francamente inutili e fuorvianti.
Non esiste pensiero senza etichetta, la comprensione delle componenti preconcette del discorso altrui è semplicemente un mezzo per meglio confrontarsi. Ho premesso di non aver letto completamente i 300 interventi precedenti, le mie domande sono rivolte a comprendere quelle 3 o 4 cose del mio interlocutore che possano dare spazio costruttivo al discorso, la reazione stizzita non è un buon viatico al confronto.
Citazione di: Donalduck il 25 Aprile 2016, 13:32:20 PM
Secondo quello che intendo per credenza non è semplice convinzione (che comunque per essere sana deve sempre essere temperata da una certa quantità, anche minima, di dubbio). La convinzione si basa sui dati dell'esperienza e sulla riflessione su tali dati. La credenza si basa su una scelta arbitraria tra una serie di "verità" già preconfezionate e difesa sulla base di motivazioni simili a quelle dei tifosi delle squadre di calcio. Esistono naturalmente forme intermedie, ma resta il fatto che ciò che viene accettato senza venir sottoposto al vaglio della ragione costituisce un handicap per l'esercizio della ragione stessa.
Certo la credenza è preconcetta mentre la convinzione è basata sull'esperienza, condivido. Per quanto mi riguarda non ho credenze e ho anche scarse convinzioni, la mia natura è essenzialmente scettica. Mi piacciono e ammiro i sistemi filosofici coerenti ma non ho sinceramente profonda e piena assonanza con nessuno, più che preferenze ho qualche riserva maggiore su alcuni rispetto ad altri. Credo di non appartengo al tifo insomma.
Citazione di: Donalduck il 25 Aprile 2016, 13:32:20 PM
Terzo, non è che se qualcuno tira in ballo una teoria strampalata e priva di fondamento razionale, per criticarla si debba per forza avere una teoria alternativa. Un bambino che ancora non sa come vengono al mondo i bambini può benissimo rendersi conto che la storia della cicogna o del cavolo è inverosimile, senza per questo avere i mezzi per costruire una "teoria alternativa"
In generale concordo, ma spero che con questo tu non voglia sostenere che la selezione naturale e l'evoluzione sia una teoria strampalata, perché se è così capisco che il discorso non posso procedere oltre.
Citazione di: Donalduck il 25 Aprile 2016, 13:32:20 PM
Quarto, ho già chiarito che secondo me la causa che sta dietro la formazione delle diverse specie e la complessità crescente delle forme di vita (ma più in generale della organizzazione e del carattere teleologico del vivente), che i neodarwiniani pretendono di aver scoperto nella combinazione mutazione-selezione, è un tema che la scienza, ora come ora, non ha affatto i mezzi per affrontare, e forse non li avrà mai. Secondo me questa teoria della mutazione-selezione non è una teria scientifica, ma una tesi metafisica, quindi filosofica, piuttosto sgangherata, che si tenta per far passare per scientifica (con notevole successo, non lo nego, da un secolo a questa parte).
Qui non capisco stai sostenendo che questa evoluzione esiste ma la sua spiegazione non può essere razionale?
Premesso che ogni teoria si basa su un substrato metafisico, nessuna esclusa, il punto è che si tratta di capire quale metafisica, quale idea, quale intuizione permette la migliore comprensione dei meccanismi naturali attraverso dei modelli. La convinzione che possano esistere tesi scientifiche non basata su nessuna metafisica è un limite del pensiero di molti piuttosto grave. Magari possiamo parlarne in un 3D dedicato.
Citazione di: Donalduck il 25 Aprile 2016, 13:32:20 PM
Quinto, ho gia scritto più volte (ne deduco che non hai letto in realtà i miei interventi che pure sembri voler discutere) che l'ipotesi che mi sembra più attendibile, sulla base di quei pochi elementi che abbiamo, è che ci sia un "fattore X", che sia alla base dei fenomeni della coscienza e dell'intelligenza, come costituente essenziale e imprescindibile della realtà, (allo stesso modo di quei fattori costituiti da spazio, tempo, forza e materia, che la scienza prende in considerazione) e che costituisca la sorgente sia della vita che della nostra coscienza e intelligenza individuale. Non ritengo inverosimili altre "teorie" formulate, come la creazione da parte di un essere con una forma di esistenza non fisicamente rilevabile, un "creatore" o anche di un'intera schiera o gerarchia di simili esseri, come certe dottrine esoteriche sostengono. Oppure che siamo stati creati da qualche razza di esseri extraterrestri esistenti nel mondo fisico. Tutte ipotesi plausibili ma indimostrabili e non smentibili che, fino a prova contraria, lasciano il tempo che trovano. In ogni caso, anche eventuali creatori, presupporrebbero comunque un "principio fondamentale" alla base di coscienza e intelligenza di cui, come noi, sarebbero partecipi.
Il "fattore X" è equipollente all'idealismo, se vuoi al creazionismo, tesi rispettabili e piuttosto datate. Ti ringrazio perché ora mi è chiara e mi diventano comprensibili le tue critiche all'evoluzionismo indagato scientificamente. La tua tesi evidentemente è comparabile a quella di una evoluzione dello spirito.
Citazione di: Donalduck il 25 Aprile 2016, 13:32:20 PM
Ti sarei grato se, visto che il tema in qualche modo sembra interessarti, dessi un contributo attivo e concreto alla discussione, commentando ed eventualmente contestando puntualmente le numerose argomentazioni che ho inserito nei miei interventi, piuttosto che fare discorsi di principio, generici, che prescindono da quello che ho scritto e fanno riferimento a vaghe ipotesi su cosa potrei o non potrei pensare.
Ero convinto di averlo fatto, mi pare di capire che per te il contributo attivo e concreto corrisponda a quello di corroborare le tue tesi o magari criticare le tesi che tu critichi, in questo capisco che potrei essere lontano dalla tua gratitudine, in genere ho la tendenza a non accettare le forme di adulazione non ben motivate.
Il mio contributo può essere solo e soltanto sulla critica ai discorsi di principio, generici che rilevo nei tuoi post, mi spiace.
Io invece non gradisco chi ha l'arroganza di elencare le sue ragioni alla stregua di fendenti di spada, spesso questo atteggiamento nasconde solo debolezza e insicurezza delle ragioni del discorso.
Con questo direi che non è neppure necessaria una tua replica, alla quale difficilmente ne potrà seguire una mia, mi pare che l'onda della dialettica si sia già arenata sullo scoglio della presunzione.
Loris Bagnara ha scritto:
Ma parliamo anche della coscienza. Che cos'è la realtà della coscienza se non la più colossale sfida alla concezione materialista?
Come si spiega, scientificamente, l'esistenza dell'autocoscienza?
Secondo il darwinismo, tutte le strutture biologiche e le loro funzioni e proprietà si conservano perché, sorte ad un certo punto casualmente, si sono poi rivelate di qualche utilità, giusto? Non ci può essere un'altra risposta, per il darwinismo.
Ma, domando io, qual è l'utilità dell'autocoscienza? Non dell'intelligenza, ma dell'autocoscienza.
Anche un computer è intelligente, perché con opportuni algoritmi è in grado di fornire risposte sensate agli stimoli dell'ambiente.
Allora l'uomo potrebbero essere semplicemente un computer biologico, e comportarsi esattamente come si comporta ora: non ne vedremmo la differenza, non ci possiamo accorgere dall'esterno che un "individuo" in realtà non è autocosciente. L'autocoscienza si percepisce solo dall'interno. Non sto dicendo nulla di nuovo, filosofi della mente hanno già detto tutto questo.
Ma, allora, se l'autocoscienza non è necessaria per reagire in maniera intelligente agli stimoli ambientali, perché l'evoluzione darwiniana l'avrebbe premiata, nell'uomo, in maniera così spettacolare?
Concordo perfettamente, quando la nostra intelligenza diventa introspezione, interiorità e non si interessa più delle realtà ambientali, ci rende più deboli sul piano evoluzionistico. Questo è uno dei tanti caratteri umani che è difficile spiegare come prodotti da una selezione naturale.
Ora supponiamo di dare per giusta la teoria Darwiniana per tutte le specie, verrebbe fuori un'eccezione, la specie umana, sarebbe solo da spiegare perché quest'ultima fa eccezione ...
Citazione di: Loris Bagnara il 24 Aprile 2016, 10:51:38 AM
maral, all'inizio sembri accettare come legittima l'adozione del postulato dell'agente intelligente.
Poi, evidentemente, qualcosa si ribella dentro di te e scatta il riduzionismo ( ;) ). Infatti, sintetizzando le tue parole conclusive:
- l'esistenza dell'agente intelligente è indimostrabile
- se anche esistesse, non sarebbe esplorabile.
Ergo, l'agente intelligente non esiste. O meglio, mi comporto come se non esistesse. E' questa la conclusione implicita.
Ancora una volta si ricade nella visione che esiste sono ciò che è esplorabile dalla scienza: ciò che non è esplorabile, non esiste. Ma questo sì che è un limite legato all'osservatore: la scienza è uno strumento che l'uomo si è costruito. Se cambia l'osservatore, cambia lo strumento e si allarga o restringe il perimetro del conoscibile. Qual è l'universo di un lombrico? E quale sarebbe l'universo di una creatura ancora più complessa dell'uomo?
Eppure la verità è sempre lì, identica a sé: non può certo allargarsi o restringersi in funzione del faro che tenta di illuminarla.
Quello che sostengo è che l'esistenza dell'agente intelligente è scientificamente inesplorabile e indimostrabile in quanto non è più ammissibile su un piano scientifico. Ma questa inamissibilità (che è un'inamissibilità dovuta a una coerenza prospettica) non significa per nulla negarne assolutamente l'esistenza (cosa che implicherebbe accettare il presupposto che l'esistenza è solo in ciò che la scienza può definire e spiegare nei termini e nella sintassi del suo discorso). Pertanto mi stai mettendo in bocca un riduzionismo che non mi appartiene per nulla.
Il problema non è qual è l'universo di un lombrico, perché in quell'universo noi non entriamo per nulla e se lo facciamo, se immaginiamo di poter cogliere la cosa per come stanno per i lombrichi, è sempre e solo dal nostro punto di vista, umanamente finalistico, che lo facciamo: è sempre e solo l'osservatore che parla e l'osservatore di cui possiamo intendere le parole come significanti siamo solo noi, comunque la pensiamo. L'unico presupposto che ritengo ragionevolmente lecito è il riconoscimento che al di fuori dei presupposti (che non scegliamo, ma da cui veniamo sempre scelti) non c'è nessuna possibilità di costruire scienze, filosofie, miti o una qualsiasi visione del mondo. E questo per il semplice motivo che la nostra esistenza di osservatori è solo nel mondo, comunque la mettiamo non ci troviamo su alcun piano panoramico sopraelevato: né la nostra scienza o la nostra filosofia o le nostre credenze religiose ci porranno mai su alcun piano sopraelevato da cui poter dire le cose stanno realmente così per tutto e per tutti, lombrichi compresi.
Il giorno che arriveremo ad accettare questo limite fondamentale che ci definisce nella nostra umana possibilità di sapere, sarà il giorno in cui si potrà davvero dialogare tentando di comprenderci (comprendere come ci troviamo gettati nel mondo, ciascuno per quello che è o crede fermamente di essere).
Citazione1) La complessità generata dagli algoritmi genetici descritti nell'articolo è ancora incomparabilmente lontana dalla complessità biologica. Può darsi che in futuro ci si arrivi (oppure no, come dici tu), ma per adesso...
E siamo d'accordo
Citazione2) Gli algoritmi genetici funzionano in modo gradualistico, cioè un piccolo passo dopo l'altro. In questo modo si potrebbe forse spiegare l'evoluzionismo graduale, che però è proprio quella soluzione che la maggioranza degli utenti di questo forum scarta, preferendo la soluzione a salti. E del resto, lo abbiamo già detto, l'evoluzione graduale è smentita dalla mancanza di prove fossili sufficienti. Quindi, in sostanza, ne ricavo che l'evoluzionismo a salti non ha ancora il benché minimo supporto dagli algoritmi genetici.
Su questo invece non sono per nulla d'accordo: come già detto, differenze minime dell'algoritmo possono determinare forme molto diverse e senza alcuna necessità che si passi per gli stadi intermedi. E' proprio la matematica (e le simulazioni al computer possono facilmente confermarlo) che lo dimostra, basti pensare alla teoria delle catastrofi. Se modifichi anche di pochissimo il valore di una variabile, in particolari situazioni, puoi ottenere in un colpo solo risultati completamente diversi, sia in termini quantitativi che qualitativi.
Citazione3) L'articolo ha l'intento di spiegare come la complessità biologica sia stata ridotta dall'evoluzione, non come si sia accresciuta dall'inizio della vita: cioè, la complessità biologica è assunta come un punto di partenza del discorso, anziché come un risultato da spiegare.
Sì, questo è un punto che trovo anch'io criticabile, ma lo trovo criticabile nel senso che trovo arbitrario quell'aumento iniziale repentino di complessità iniziale. E' il concetto stesso di tendenza biologica alla complessità che trovo del tutto fuorviante, ciò che si osserva è sempre e solo un adattamento complesso di tipo interattivo della struttura biologica al contesto in cui si trova a esistere. Laddove l'ambiente non esercita alcuna pressione selettiva le forme biologiche si svilupperanno in ogni direzione, ma è proprio questa molteplicità direzionale che, ponendole in relazione tra loro in ragione della loro coesistenza, determinerà da subito una pressione selettiva crescente che potrà prima o poi rivelarsi catastrofica.
CitazioneE quindi a cosa mai ci si potrà affidare per scoprire su quali meccanismi si basa - cioè come realmente funziona - l'evoluzionismo a salti?
L'evoluzionismo descritto dall'Evo Devo si basa sullo studio osservativo comparato della filogenesi con l'ontogenesi e sulle somiglianze che si riscontrano nelle ontogenesi degli individui di tutte le specie. Questa osservazione è scientificamente trattabile, mentre quella del disegnatore (o dell'indefinibile disegno) intelligente non lo è, anche se ci si può credere o meno e resta lecito crederci o meno, ma al di fuori di qualsiasi discorso scientifico. Resta il fatto, sul quale sono d'accordo con te, che il discorso scientifico non è l'unico modo di discorrere (o di osservare) possibile, ma non ha senso tentare di presentare come scientifico qualcosa che non può esserlo e non può esserlo nemmeno se il discorso scientifico presenta delle lacune, poiché né il creazionismo, né il disegno intelligente può dare una risposta scientificamente sensata a quelle lacune.
Citazione di: HollyFabius il 24 Aprile 2016, 14:12:01 PM
Per non nascondermi dietro un paravento di molte parole io sono convinto che tutte le persone, nessuna esclusa, che criticano la teoria dell'evoluzionismo in realtà ne rifiutino l'intuizione.
Sebbene da un punto di vista strettamente logico l'intuizione evoluzionista non neghi la possibilità di un principio creativo razionale, essa colpisce la declinazione principale della filosofia cattolica, dove al principio creativo razionale segue un percorso razionale di trasformazione della realtà basato sulla volontà della stessa natura del principio creativo.
E' per questa ragione che viene accettata la teoria del big bang, perché questa pur possedendo alcune caratteristiche evoluzioniste non mina alla base l'idea della creazione da parte di un'entità superiore razionale, anzi rafforza la tesi della complementarietà. L'evoluzionismo al contrario invade proprio la declinazione principale, proponendo non una realtà assoggettata alla ragione bensì al caso, ovvero alla non ragione.
In realtà il motivo fondamentale che separa il creazionismo dall'evoluzionismo sta proprio nel presupposto di un progetto provvidenziale che dall'esterno dovrebbe guidare l'evolversi della natura. Sappiamo quanto Darwin si sia trovato in difficoltà con il termine di evoluzione, tanto da non usarlo praticamente mai nei suoi scritti (a differenza dei suoi successori), temeva che si confondesse l'evoluzione con una sorta di progresso delle forme viventi verso un fine, ravvisando in essa un disegno teleologico, un progetto che era del tutto estranea alla sua idea di cambiamento per mutazioni generazionali.
Questa posizione corrisponde in ambito filosofico al radicale immanentismo razionale di Spinoza che lo sostiene in contrapposizione al dualismo cartesiano (che ha a lungo dominato la scienza stessa nelle sue forme più deleterie). La materia e lo spirito non sono enti autosussistenti in contrapposizione di cui si debba rivendicare la primarietà a seconda delle prospettive da cui ci si pone, ma sono semplicemente aspetti della medesima... materia: la materia esprime in sé lo spirito, esattamente come il corpo vivente esprime nei suoi meccanismi corporei la propria coscienza, non esiste una coscienza separata in sé, fuori dalla necessità della materia del corpo che vive.
Citazione di: maral il 25 Aprile 2016, 22:52:42 PM
In realtà il motivo fondamentale che separa il creazionismo dall'evoluzionismo sta proprio nel presupposto di un progetto provvidenziale che dall'esterno dovrebbe guidare l'evolversi della natura. Sappiamo quanto Darwin si sia trovato in difficoltà con il termine di evoluzione, tanto da non usarlo praticamente mai nei suoi scritti (a differenza dei suoi successori), temeva che si confondesse l'evoluzione con una sorta di progresso delle forme viventi verso un fine, ravvisando in essa un disegno teleologico, un progetto che era del tutto estranea alla sua idea di cambiamento per mutazioni generazionali.
Questa posizione corrisponde in ambito filosofico al radicale immanentismo razionale di Spinoza che lo sostiene in contrapposizione al dualismo cartesiano (che ha a lungo dominato la scienza stessa nelle sue forme più deleterie). La materia e lo spirito non sono enti autosussistenti in contrapposizione di cui si debba rivendicare la primarietà a seconda delle prospettive da cui ci si pone, ma sono semplicemente aspetti della medesima... materia: la materia esprime in sé lo spirito, esattamente come il corpo vivente esprime nei suoi meccanismi corporei la propria coscienza, non esiste una coscienza separata in sé, fuori dalla necessità della materia del corpo che vive.
Forse è compatibile non solo con la posizione Spinoziana ma anche con il pensiero di Schopenhauer.
In fondo da una parte viviamo nella rappresentazione, con la nostra intelligenza che costruisce modelli connessi alla percezione e alla sensibilità e dall'altra subiamo la volontà, con la sua natura irrazionale ed imprevedibile.
I modelli evolutivi che costruiamo, in definitiva non sono che il nostro tentativo di assoggettare alla ragione le forme della rappresentazione che si mostrano mutevoli ma intellegibili; per contro l'indagine può venire negata nella sua essenza più autentica dall'imprevedibilità e dall'irrazionalità della volontà. Io credo che in definitiva non si possa negare una qualche forma di evoluzione, e non si possa neppure negare la forza del tentativo umano di comprendere la natura, si può però certamente supporre che questo operare dell'uomo sia neutrale o inutile rispetto ad una qualunque forma di salvezza.
Citazione di: anthonyi il 25 Aprile 2016, 19:28:17 PM
quando la nostra intelligenza diventa introspezione, interiorità e non si interessa più delle realtà ambientali, ci rende più deboli sul piano evoluzionistico. Questo è uno dei tanti caratteri umani che è difficile spiegare come prodotti da una selezione naturale.
Ora supponiamo di dare per giusta la teoria Darwiniana per tutte le specie, verrebbe fuori un'eccezione, la specie umana, sarebbe solo da spiegare perché quest'ultima fa eccezione ...
Innanzitutto é tutta da dimostare l' affermazione che "quando la nostra intelligenza diventa introspezione, interiorità e non si interessa più [immediatamente e direttamente, N.d.R.] delle realtà ambientali, ci rende più deboli sul piano evoluzionistico".
E (comunque anche ammesso e non concessdo) le corna dei cervi e di tantissimi altri mammiferi maschi???
E le piume caudali dei pavoni e di tanti altri uccelli maschi???
Nessuna eccezione, casomai la regola!
Per la quale la selezione naturale non elimina tutti tranne i "superadattatissimi" (a un ambiente che prima o poi muta rendendoli "superinadattatissimi"), ma elimina solo gli "eccessivamente inadatti".
Questo a parte il fatto che, come ho già risposto a Loris Bagnara, quello del rapporto cervello/coscienza non é un problema scientidfico e non ha nulla a che vedere con l' evoluzione bologica: qualcuno o tutti gli animali (uomini compresi) che si osservano e sono comparsi per l' evoluzione biologica potrebbe anche essere in teoria uno zombi privo di coscienza e comportarsi esattamente allo stesso modo di come si comporta essendo dotato di coscienza, e non sarebbe assolutamente possibile accorgersene in alcun modo; e l' evoluzione biologica non sarebbe mutata di una virgola!
maral ha scritto:CitazioneIl problema non è qual è l'universo di un lombrico, perché in quell'universo noi non entriamo per nulla e se lo facciamo, se immaginiamo di poter cogliere la cosa per come stanno per i lombrichi, è sempre e solo dal nostro punto di vista, umanamente finalistico, che lo facciamo: è sempre e solo l'osservatore che parla e l'osservatore di cui possiamo intendere le parole come significanti siamo solo noi, comunque la pensiamo. L'unico presupposto che ritengo ragionevolmente lecito è il riconoscimento che al di fuori dei presupposti (che non scegliamo, ma da cui veniamo sempre scelti) non c'è nessuna possibilità di costruire scienze, filosofie, miti o una qualsiasi visione del mondo.
Non è che ci dobbiamo mettere nella testa del lombrico, non era quello il punto. Intendevo dire che lo spazio entro cui si muove la scienza ha un perimetro che dipende dall'osservatore e, con lo stesso osservatore, cambia nel tempo. Per dirla con Popper, oggi appartengono alla scienza cose che ieri non c'erano, e domani ci saranno cose che oggi vengono escluse. La storia della scienza è la storia di una continua violazione di confini precedenti.Se il criterio con cui si deve decidere l'ammissibilità di un'ipotesi esplicativa è il perimetro attuale della scienza, si rischia di perdere un'idea potenzialmente feconda. Vale la pena, dunque, quantomeno di tentare, ma seriamente e senza preclusioni, la possibilità di mutare il paradigma corrente e allargare di conseguenza quel perimetro.E poi, ma chi l'ha detto che l'idea di un "disegno intelligente" è così inconciliabile con un approccio scientifico? Quando si parla di intelligenza e di coscienza di solito le posizioni cadono ai due estremi: o è un fenomeno che trascende la realtà materiale (res cogitans cartesiana) o è un epifenomeno della realtà materiale (cioè un effetto collaterale, un'illusione, qualcosa di sostanzialmente trascurabile).Ma esiste anche una posizione intermedia, la più sensata a mio avviso: la coscienza e l'intelligenza sono uno dei principi fondamentali dell'universo UNO, al pari di materia, energia, spazio, tempo.Cos'è che disturba tanto nella concezione che anche l'intelligenza e la coscienza possano essere fenomeni indagabili sperimentalmente? La nostra intelligenza individuale non è forse un fenomeno di questo universo, che si esplica in questo universo? Forse che non ne tocchiamo concretamente gli effetti nelle nostre azioni quotidiane? Che cos'è allora uno psicologo? Un operatore trascendentale?maral ha scritto:CitazioneSu questo invece non sono per nulla d'accordo: come già detto, differenze minime dell'algoritmo possono determinare forme molto diverse e senza alcuna necessità che si passi per gli stadi intermedi. E' proprio la matematica (e le simulazioni al computer possono facilmente confermarlo) che lo dimostra, basti pensare alla teoria delle catastrofi. Se modifichi anche di pochissimo il valore di una variabile, in particolari situazioni, puoi ottenere in un colpo solo risultati completamente diversi, sia in termini quantitativi che qualitativi.
Forse non mi sono spiegato bene, accennando al gradualismo. Intendevo dire che una forma di selezione naturale può aiutare gradualmente un algoritmo genetico a produrre un ordine maggiore, una maggiore complessità, una forma più adatta al proprio ambiente. È quel che accade nella micro-evoluzione, dove non discuto il neodarwinismo.Siamo d'accordo che piccole variazioni possono generare di colpo forme molto diverse: diverse sì, ma non più ordinate, non più complesse.Tu usi il termine "qualitativo" (nel senso di "forme qualitativamente diverse"), che ha poco significato in fisica. Bisogna tornare al concetto di entropia dell'informazione, e l'entropia dell'informazione di un sistema ha molta più probabilità di aumentare (disordine) che di diminuire (ordine).Se taglio un pilastro di un edificio, di colpo l'edificio crolla a terra, ma non mi aspetto che si ricostruisca sull'altro lato della strada, e non mi aspetto nemmeno che i materiali si mettano in bell'ordine: mattoni da una parte, vetro dall'altra etc. Una variazione catastrofica porta il sistema ad un nuovo punto di equilibrio che corrisponde ad un punto minimo locale dell'ordine, non ad un nuovo punto di massimo dell'ordine.Invece la teoria dell'evoluzionismo a salti, nella macro-evoluzione, invoca tutta una serie di improbabilissime "catastrofi" che avrebbero prodotto, ogni volta, più ordine e complessità di prima (se consideriamo la totalità dell'evoluzione della vita, dall'ambiente pre-biotico ad oggi).Come torno a ripetere, finché non si dimostra con modelli matematici che l'ordine può sorgere dal caos, l'idea della macro-evoluzione a salti resta un wishful thinking, come illustra ance l'articolo di Forastiere che ho citato in precedenza.
Sgiombo ha scritto:
CitazioneQuesto a parte il fatto che, come ho già risposto a Loris Bagnara, quello del rapporto cervello/coscienza non é un problema scientidfico e non ha nulla a che vedere con l' evoluzione bologica: qualcuno o tutti gli animali (uomini compresi) che si osservano e sono comparsi per l' evoluzione biologica potrebbe anche essere in teoria uno zombi privo di coscienza e comportarsi esattamente allo stesso modo di come si comporta essendo dotato di coscienza, e non sarebbe assolutamente possibile accorgersene in alcun modo; e l' evoluzione biologica non sarebbe mutata di una virgola!
Questo si può affermare solo al prezzo di trascurare il fatto incontrovertibile che l'intera evoluzione della specie umana è la storia di un progressivo trasferimento di funzioni dal corpo alla mente, tanto che se oggi riducessimo l'intelligenza umana a quella dei nostri cugini antropoidi, la specie umana sparirebbe nel giro di poche settimane.L'uomo ha "rinunciato" al pelo e ha perduto gran parte della sua resistenza naturale alle intemperie, perché ha imparato a vestirsi e a riscaldarsi. Ha perduto forza fisica, denti e artigli perché ha imparato a costruirsi strumenti e armi. Ha modificato la laringe per poter parlare e comunicare, divenendo così l'unico animale che può soffocare mangiando.E la lista potrebbe continuare a lungo.L'evoluzione umana è la prova che la coscienza e l'intelligenza non possono essere escluse dalla evoluzione biologica nella sua globalità.A meno che non si voglia porre una distinzione fra "comportamento intelligente" e "intelligenza autocosciente" vera e propria: anche uno zombi biologico potrebbe comportarsi in maniera apparentemente intelligente, pur essendo privo di reale autocoscienza. Quindi, si potrebbe in teoria affermare che l'evoluzione biologica potrebbe aver prodotto il comportamento intelligente nella specie umana, ma che l'intelligenza autocosciente comunque proverrebbe da un'altra dimensione e si sovrapporrebbe all'intelligenza "biologica", aderendovi perfettamente... Chi è soddisfatto di una soluzione del genere, alzi la mano (io però non lo sono...).
L'idea delle due forme di intelligenza sovrapposte è interessante, io credo però che il problema sia più complesso, sono tanti i comportamenti umani in contraddizione con la logica evoluzionistica. Con contraddizione io non intendo solo comportamenti che rendono debole l'individuo o la comunità, ma comportamenti che contrastano con altri comportamenti che, nella logica evoluzionistica dovrebbero essere vincenti. L'eterno dibattito sulla reale natura umana, violenta o pacifica, approcciato con la logica Darwiniana per me non lascia scampo alla seconda ipotesi. Sappiamo che l'uomo, nel corso della sua storia biologica, è stato un animale estremamente violento e che tale propensione, nel corso degli ultimi secoli, si è profondamente ridotta, forse per effetto di quell'intelligenza sovrapposta, forse per effetto di input sociali la cui origine però non può essere attribuita all'uomo che non aveva una natura pacifica.
Citazione di: Loris Bagnara il 26 Aprile 2016, 11:40:41 AM
Sgiombo ha scritto:
CitazioneQuesto a parte il fatto che, come ho già risposto a Loris Bagnara, quello del rapporto cervello/coscienza non é un problema scientidfico e non ha nulla a che vedere con l' evoluzione bologica: qualcuno o tutti gli animali (uomini compresi) che si osservano e sono comparsi per l' evoluzione biologica potrebbe anche essere in teoria uno zombi privo di coscienza e comportarsi esattamente allo stesso modo di come si comporta essendo dotato di coscienza, e non sarebbe assolutamente possibile accorgersene in alcun modo; e l' evoluzione biologica non sarebbe mutata di una virgola!
Risposta di Loris Bagnara:
Questo si può affermare solo al prezzo di trascurare il fatto incontrovertibile che l'intera evoluzione della specie umana è la storia di un progressivo trasferimento di funzioni dal corpo alla mente, tanto che se oggi riducessimo l'intelligenza umana a quella dei nostri cugini antropoidi, la specie umana sparirebbe nel giro di poche settimane.
L'uomo ha "rinunciato" al pelo e ha perduto gran parte della sua resistenza naturale alle intemperie, perché ha imparato a vestirsi e a riscaldarsi. Ha perduto forza fisica, denti e artigli perché ha imparato a costruirsi strumenti e armi. Ha modificato la laringe per poter parlare e comunicare, divenendo così l'unico animale che può soffocare mangiando.
E la lista potrebbe continuare a lungo.
L'evoluzione umana è la prova che la coscienza e l'intelligenza non possono essere escluse dalla evoluzione biologica nella sua globalità.
A meno che non si voglia porre una distinzione fra "comportamento intelligente" e "intelligenza autocosciente" vera e propria: anche uno zombi biologico potrebbe comportarsi in maniera apparentemente intelligente, pur essendo privo di reale autocoscienza. Quindi, si potrebbe in teoria affermare che l'evoluzione biologica potrebbe aver prodotto il comportamento intelligente nella specie umana, ma che l'intelligenza autocosciente comunque proverrebbe da un'altra dimensione e si sovrapporrebbe all'intelligenza "biologica", aderendovi perfettamente... Chi è soddisfatto di una soluzione del genere, alzi la mano.
CitazioneReplica di Sgiombo:
Per me il fatto che "l'intera evoluzione della specie umana è la storia di un progressivotrasferimento di funzioni dal corpo alla mente" lungi dall' essere incontrovertibile è falso.
La biologia, in quanto scienza naturale, si occupa del divenire del mondo materiale – naturale e non dei rapporti fra mondo materiale – naturale, e in particolare sistemi nervosi centrali nel suo ambito, da una parte, ed esperienze coscienti ai sistemi nervosi centrali "correlate" e biunivocamente corrispondenti nel loro divenire dall' altra, che è un problema letteralmente "eccedente le scienze naturali", filosofico (nota bene: é filosofico e non scientifico il problema dei rapporti o relazioni ontologiche fra di essi, quello dell' "interpretazione" o "comprensione della natura" di tali corrispondenze, non quello dell' individuazione delle loro corrispondenze così come di fatto accadono e si verificano: invece quest' ultimo é un problema scientifico per lo meno "in avanzato stato di risoluzione").
Nell' evoluzione della specie umana si potrà casomai osservare (fra l' altro, non unicamente) un progressivo trasferimento di funzioni dal resto del corpo al cervello, che dirige i comportamenti umani e non all' esperienza cosciente; la qualeaccompagna il funzionamento del cervello (quest' ultimo reale all' interno di altre, diverse esperienze coscienti, anche se per lo più solo potenzialmente o indirettamente); cervello e comportamento da esso diretto che sarebbero del tutto indistinguibili da quelli che sono anche se non fossero accompagnati dall' esperienza cosciente (la quale, contrariamente al cervello e al suo funzionamento, e ai comportamenti che ne sono diretti, governati, é per l' appunto del tutto irrilevante per l' evoluzione biologica, non c' entra per nulla).
Infatti sono due cose reciprocamente distinguibili (e che in linea di principio potrebbero anche non "andare di pari passo") il "comportamento intelligente" e l' "autocoscienza intelligente" vera e propria: anche uno zombi biologicopotrebbe comportarsi in maniera intelligente, pur essendo privo di reale autocoscienza. Quindi, si può (e si deve) affermare che l'evoluzione biologica potrebbe aver prodotto (ed ha prodotto) il comportamento intelligente nella specie umana, ma che l' intelligenza autocosciente comunque no. In un certo senso si può dire che essa appartiene a un'altra dimensione (preferisco dire "piano ontologico" o "ambito della realtà"; ma comunque non contano le parole ma i significati che vi si attribuiscono di comune accordo convenzionalmente) che coesiste (-rebbe) all' intelligenza "biologica", trascendendola (non comunicando e interagendo con essa) e corrispondendovi perfettamente...
Chiedi: "Chi è soddisfatto di una soluzione del genere, alzi la mano".
Alzo la mano!
E non pretendo che altri lo siano, mi basta illustrare loro le mie convinzioni.
Anche se domando a mia volta: chi ha altre proposte altrettanto o più compatibili con la chiusura causale del mondo fisico (indispensabile alla conoscenza scientifica) e con la corrispondenza che le neuroscienze dimostrano sempre più convincentemente fra determinati stati funzionali di determinati cervelli e determinati stati di coscienza nell' ambito di determinate esperienze fenomeniche coscienti (diverse da quelle degli osservatori di tali cervelli) me lo faccia sapere.
Citazione di: maral il 25 Aprile 2016, 22:52:42 PM
Questa posizione corrisponde in ambito filosofico al radicale immanentismo razionale di Spinoza che lo sostiene in contrapposizione al dualismo cartesiano (che ha a lungo dominato la scienza stessa nelle sue forme più deleterie). La materia e lo spirito non sono enti autosussistenti in contrapposizione di cui si debba rivendicare la primarietà a seconda delle prospettive da cui ci si pone, ma sono semplicemente aspetti della medesima... materia: la materia esprime in sé lo spirito, esattamente come il corpo vivente esprime nei suoi meccanismi corporei la propria coscienza, non esiste una coscienza separata in sé, fuori dalla necessità della materia del corpo che vive.
Ritengo insostenibile il dualismo di tipo "cartesiano" in quanto implica interazioni causali fra materia e pensiero cosciente violando la chiusura causale del modo fisico che é imprescindibile dalla conoscenza scientifica (non é coerentemente sostenibile un dualismo "cartesiano" in concomitanza con la credenza nella conoscenza scientifica; alla quale non mi sento di rinunciare).
La concezione spinoziana del "pluralismo degli attributi (pensiero e materia, fra gli infiniti altri), monismo della sostanza (divina)" può naturalmente essere interpretato in più di un modo.
Personalmente non ritengo sostenibile (e nemmeno troppo fedelmente "spinoziana" ) la tesi per la quale
"la materia esprime in sé lo spirito, esattamente come il corpo vivente esprime nei suoi meccanismi corporei la propria coscienza, non esiste una coscienza separata in sé, fuori dalla necessità della materia del corpo che vive"; per lo meno per come riesco a intenderla io (salvo eventuali ulteriori spiegazioni da parte tua).Infatti per me i meccanismi corporei (neurofisiologici) non possono al loro interno contenere la coscienza: il cervello di uno che stia vedendo un bell' albero verdeggiante o che sia innamorato non contiene nessun albero (nulla di verde), né sentimento amoroso alcuno, ma solo determinati processi neurofisiologici (interessanti soprattutto il lobo occipitale nel primo caso; più diffusi e di localizzazione meno nota nel secondo) alla visione dell' albero o al sentimento di amore corrispondenti ma costituiti da tutt' altro: trasmissioni di impulsi lungo assoni di neuroni e attraverso sinapsi (macroscopicamente "roba grigio-rosea molliccia o gelatinosa"; microscopicamente molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, ecc.).La coscienza corrispondente (biunivocamente) ai processi neurofisiologici (e al loro divenire deterministico, in accordo con Spinoza) deve essere "da qualche altra parte", in un diverso "ambito ontologico"
Citazione di: Loris Bagnara il 26 Aprile 2016, 10:08:16 AM
Intendevo dire che lo spazio entro cui si muove la scienza ha un perimetro che dipende dall'osservatore e, con lo stesso osservatore, cambia nel tempo. Per dirla con Popper, oggi appartengono alla scienza cose che ieri non c'erano, e domani ci saranno cose che oggi vengono escluse. La storia della scienza è la storia di una continua violazione di confini precedenti.
Certo, ma l'idea del disegno intelligente era definita entro i confini di una visione precedente che è stata superata in relazione alle sue trascendenti indefinibili implicazioni che non ne permettono alcuna valutazione scientifica, poiché qualsiasi osservatore che volesse dire qualcosa sul disegno intelligente sarebbe un elemento di quello stesso disegno che pretende di definire. In questo senso il progetto resta fuori da ogni portata di indagine scientifica. Per questo esso rappresenta un'idea scientificamente superata e non certo una novità da venire esplorata.
Quando si parla di intelligenza e di coscienza di solito le posizioni cadono ai due estremi: o è un fenomeno che trascende la realtà materiale (res cogitans cartesiana) o è un epifenomeno della realtà materiale (cioè un effetto collaterale, un'illusione, qualcosa di sostanzialmente trascurabile).Ma esiste anche una posizione intermedia, la più sensata a mio avviso: la coscienza e l'intelligenza sono uno dei principi fondamentali dell'universo UNO, al pari di materia, energia, spazio, tempo.[/quote]
Ma è proprio alla luce di questa unità che non ha senso considerare la materia separata dalla coscienza o la coscienza come una sorta di spiritualità del tutto immateriale che dal di fuori ordina la materia. Non c'è nulla di più spirituale della materia, non occorre andare oltre essa per trovare un fantomatico spirito che la governa e la plasma. Non vi è dubbio che nell'universo c'è intelligenza e coscienza, ma questa intelligenza e questa coscienza sono nel modo di presentarsi interagendo della materia dell'universo stesso, è il modo con cui noi, esseri coscienti, materialmente funzioniamo ed è il modo con cui l'universo conosce se stesso, ma non come totalità unitaria, bensì come molteplicità di parti che accadono interagendo. Quindi non c'è alcun progetto predefinito che rappresenterebbe un punto di arrivo ultimo e definitivo, ma solo una continua trasformazione nella quale gli osservatori tentano di trovare il senso perdurante di se stessi. Non ci vedo nessuna intelligenza o coscienza che dall'alto regola ogni cosa, ma solo l'intelligenza e la coscienza di questi osservatori che tentano di conservare la propria stabile identità dinamica da ciò con cui interagiscono evitando per quanto possibile di disintegrarsi, guidati dalla medesima necessità a esistere che è propria di ogni evento.
CitazioneCos'è che disturba tanto nella concezione che anche l'intelligenza e la coscienza possano essere fenomeni indagabili sperimentalmente? La nostra intelligenza individuale non è forse un fenomeno di questo universo, che si esplica in questo universo? Forse che non ne tocchiamo concretamente gli effetti nelle nostre azioni quotidiane? Che cos'è allora uno psicologo? Un operatore trascendentale?
E non vengono forse indagati sperimentalmente? C'è tutto un filone di ricerca che tenta di definire la coscienza nei termini di funzionamento interattivo dei neuroni. Uno degli esponenti più interessanti è Damasio che vede il fenomeno coscienza come una interazione continua tra i neuroni del midollo allungato e quelli dell'area neocorticale, in stretta polemica con l'idea cartesiana di una res cogitans. La psiche è materia non intesa come cosa, ma come relazione, non una sostanza ineffabile che sta oltre la materia vivente.
CitazioneForse non mi sono spiegato bene, accennando al gradualismo. Intendevo dire che una forma di selezione naturale può aiutare gradualmente un algoritmo genetico a produrre un ordine maggiore, una maggiore complessità, una forma più adatta al proprio ambiente. È quel che accade nella micro-evoluzione, dove non discuto il neodarwinismo.
Siamo d'accordo che piccole variazioni possono generare di colpo forme molto diverse: diverse sì, ma non più ordinate, non più complesse.
Tu usi il termine "qualitativo" (nel senso di "forme qualitativamente diverse"), che ha poco significato in fisica. Bisogna tornare al concetto di entropia dell'informazione, e l'entropia dell'informazione di un sistema ha molta più probabilità di aumentare (disordine) che di diminuire (ordine).
Se taglio un pilastro di un edificio, di colpo l'edificio crolla a terra, ma non mi aspetto che si ricostruisca sull'altro lato della strada, e non mi aspetto nemmeno che i materiali si mettano in bell'ordine: mattoni da una parte, vetro dall'altra etc. Una variazione catastrofica porta il sistema ad un nuovo punto di equilibrio che corrisponde ad un punto minimo locale dell'ordine, non ad un nuovo punto di massimo dell'ordine.
Invece la teoria dell'evoluzionismo a salti, nella macro-evoluzione, invoca tutta una serie di improbabilissime "catastrofi" che avrebbero prodotto, ogni volta, più ordine e complessità di prima (se consideriamo la totalità dell'evoluzione della vita, dall'ambiente pre-biotico ad oggi).
Ma non è che l'evoluzione (intesa in senso darwiniano) generi forme migliori, come un ingegnere che progetta edifici che reggano sempre meglio alla forza gravitazionale, semplicemente si determinano forme secondo certe regole che possono o meno reggere in rapporto ai contesti in cui si vengono a trovare. Possono pure essere forme di nicchia, del tutto trascurabili rispetto ad altre forme del mutamento che prevalgono, come lo erano i mammiferi nel Giurassico rispetto ai rettili. Poi accade un mutamento improvviso del contesto e quelle forme di nicchia, fino ad allora svantaggiate, si moltiplicano, mentre i rettili si trovano a loro volta del tutto svantaggiati, se non in altri contesti di nicchia che a loro volta possono trovare modo di affermarsi (come gli uccelli). Non c'è un percorso progressivamente anti entropico, ma il mantenimento costante della autopoiesi nelle condizioni di adattamento richieste. I mammiferi prevalgono sui grandi rettili non perché rappresentino una forma migliore, più efficiente, ma perché un caso cosmico è stato l'artefice della loro fortuna, non certo un progetto preordinato (sempre a meno di non pensare che quel meteorite sia stato il progettista a scagliarlo di sua volontà sul pianeta, ma qui, lo capisci bene, si esce da ogni possibilità scientifica di analisi).
Le grandi catastrofi che periodicamente si sono abbattute sul globo terrestre sono state il vero motore evolutivo che svolge la sua azione non nel premiare chi sempre meglio contrasta la tendenza entropica, ma nel determinare la necessità di instaurare adattamenti sempre diversi per conservare una soglia minima di resistenza temporanea alla disgregazione entropica in contesti più o meno estesi, necessità che talvolta comporta una serie così vasta di cambiamenti quantitativi morfologici da rappresentare una repentina variazione qualitativa.
Si corre per poter restare dove si è, questo è la frase che più di ogni altra dà il senso del quadro evolutivo in termini darwiniani.
Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2016, 19:40:14 PM
Personalmente non ritengo sostenibile (e nemmeno troppo fedelmente "spinoziana" ) la tesi per la quale "la materia esprime in sé lo spirito, esattamente come il corpo vivente esprime nei suoi meccanismi corporei la propria coscienza, non esiste una coscienza separata in sé, fuori dalla necessità della materia del corpo che vive"; per lo meno per come riesco a intenderla io (salvo eventuali ulteriori spiegazioni da parte tua).
Infatti per me i meccanismi corporei (neurofisiologici) non possono al loro interno contenere la coscienza: il cervello di uno che stia vedendo un bell' albero verdeggiante o che sia innamorato non contiene nessun albero (nulla di verde), né sentimento amoroso alcuno, ma solo determinati processi neurofisiologici (interessanti soprattutto il lobo occipitale nel primo caso; più diffusi e di localizzazione meno nota nel secondo) alla visione dell' albero o al sentimento di amore corrispondenti ma costituiti da tutt' altro: trasmissioni di impulsi lungo assoni di neuroni e attraverso sinapsi (macroscopicamente "roba grigio-rosea molliccia o gelatinosa"; microscopicamente molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, ecc.).
La coscienza corrispondente (biunivocamente) ai processi neurofisiologici (e al loro divenire deterministico, in accordo con Spinoza) deve essere "da qualche altra parte", in un diverso "ambito ontologico"
Sono d'accordo con te, mi premeva solo sottolineare la radicale visione monistica di Spinoza sintetizzata nel suo "
Deus sive natura" in contrapposizione a quel dualismo cartesiano sul quale, che lo si voglia o meno, ha trovato fondamento la scienza moderna. La coscienza non è nemmeno a mio avviso riducibile a un fenomeno trattabile in termini biochimici, pur tuttavia non parlerei di ontologia diversa, quanto piuttosto di una descrizione secondo linguaggi diversi (e diversamente esplicativi) di un medesimo fenomeno e di un'unica ontologia. La scienza utilizza un linguaggio che le permette di vedere alcuni aspetti della faccenda, ma questi aspetti da soli non danno di sicuro ragione esaustiva (e nemmeno preminente) del fenomeno per come effettivamente si manifesta. Ed è qui che, a mio avviso, una analisi transdisciplinare del fenomeno coscienza, libero da pretese pregiudiziali e sorretto da un modo di pensare filosofico capace di coglierne i sensi, potrebbe risultare di grande utilità.
Dopo un centinaio di post in questo 3D, vorrei fare il punto della situazione.
La questione iniziale era: la moderna sintesi dell'evoluzione, o neodarwinismo, è davvero in grado di spiegare tutto? È una teoria scientifica sufficientemente comprovata? Oppure no, e allora criticarla non è retrogrado, ma semmai un'operazione necessaria e costruttiva?
In base alle informazioni che ho potuto leggere qui, e altrove sul web, mi pare si possa dire quanto segue.
A) Nell'ambito della micro-evoluzione, la teoria è convincente e comprovata (anche se magari migliorabile, come tutte le teorie), come dimostrano numerosissimi esperimenti in laboratorio.
B) Nell'ambito della macro-evoluzione, dove non è possibile evidentemente condurre esperimenti di laboratorio, la situazione è ben diversa, e una parte non disprezzabile della comunità scientifica ravvede numerosi problemi irrisolti. La paleontologia offre una documentazione relativamente scarsa, e ovviamente non replicabile in laboratorio. Le ricostruzioni filogenetiche, pertanto, si basano su pochi e controversi elementi, e le lacune sono integrate con abbondante wishful thinking; così come, del resto, la descrizione dei meccanismi che produrrebbero la macro-evoluzione. Non esistono modellazioni matematiche che supportino i meccanismi evolutivi invocati; peraltro si rileva, nei sostenitori della teoria, una sostanziale insensibilità al problema della verosimiglianza dei meccanismi invocati, tanto che il problema di una seria e rigorosa verifica matematica e statistica è poco (o per nulla) sentito. Si ha l'impressione che, per i sostenitori della teoria, la verifica matematica non sia necessaria, forse perché si ritiene esauriente la descrizione dei meccanismi, oppure perché la teoria non può che essere vera (poiché non ve ne sono altre accettabili), e prima o poi le prove arriveranno.
Stando così le cose, le due "fazioni" hanno ben poco da discutere. La sensibilità alla verosimiglianza non si può imporre, né si può rimuovere da chi la avverte. Solo elementi nuovi potrebbero riavviare fruttuosamente la discussione. In mancanza di questi, io personalmente mi astengo da ulteriori interventi sul tema specifico (sul piano filosofico, invece, si può dire ancora molto).
In conclusione, l'opinione non solo mia, ma anche di una parte della comunità scientifica, è che il neodarwinismo sia in parte comprovato, ma in parte no; e per quest'ultima parte, il neodarwinismo è solo un'ipotesi come altre ipotesi da verificare. Non sembra motivata, quindi, alcuna forma di preclusione e di chiusura (ai limiti dell'anatema...) nei confronti di altre ipotesi.
Sgiombo ha scritto:CitazioneIn proposito è anche mia convinzione che nonesiste solo ciò che è esplorabile dalla scienza e che non è vero che ciò che non è esplorabile, non esiste.
Ma (non essendo monista, contrariamente a te) credo che comunque nell'ambito materiale naturale della realtà esiste (e diviene) solo ciò che è esplorabile dalla scienza: la materia.
Secondo me la mente cosciente è reale su un altro "piano ontologico" e non interferisce con la res extensa: esplorando la natura materiale non la si incontra come sua componente o parte integrante (assumendo l' atteggiamento di dubbio metodico cartesiano non si può non ammettere che alcuni o anche tutti gli uomini e animali che ciascuno di noi percepisce, con i loro comportamenti più o meno intelligenti, potrebbero anche essere dei meri zombi privi di coscienza senza che nulla cambi nel mondo naturale materiale, senza alcuna possibilità di accorgercene).
Vorrei approfondire le implicazioni di quanto affermi.Se è vero che la mente cosciente non interferisce con la res extensa, cioè con il piano materiale, allora le azioni che un individuo compie non dipendono dalla mente cosciente, cioè non dipendono dalla volontà dell'individuo. Il nostro corpo, allora, agirebbe e si muoverebbe solo per conseguenza di altre cause che stanno nel piano materiale. Il libero arbitrio non esisterebbe. In altri termini, la mente cosciente dell'essere umano sarebbe solo il prigioniero testimone di un robot biologico, vivendo nell'illusione di poterne controllare (almeno in parte) le azioni.Ne segue anche questa riflessione: la mente cosciente sarebbe un orpello perfettamente inutile, dato che il corpo agisce autonomamente in virtù di cause materiali.Anche altrove hai parlato di "chiusura causale " del piano materiale: cioè, secondo tale assioma, tutto quanto avviene sul piano materiale ha una causa che sta nello stesso piano. E' l'assioma che porterebbe ad escludere ogni "disegno intelligente".La mia conclusione, ovviamente, è una domanda: perché la mente cosciente dovrebbe scendere sul piano materiale ed essere sottoposta a questa sorta di impotente, ingannevole schiavitù?Qualunque risposta è accettabile, tranne "la domanda è mal posta"... ;)
Loris Bagnara ha scritto:
Vorrei approfondire le implicazioni di quanto affermi.
Se è vero che la mente cosciente non interferisce con la res extensa, cioè con il piano materiale, allora le azioni che un individuo compie non dipendono dalla mente cosciente, cioè non dipendono dalla volontà dell'individuo. Il nostro corpo, allora, agirebbe e si muoverebbe solo per conseguenza di altre cause che stanno nel piano materiale. Il libero arbitrio non esisterebbe.
Rispondo:
Fin qui, salvo l' affermazione "cioè non dipendono dalla volontà dell'individuo", per il resto sono perfettamente d' accordo (cioé hai esposto impeccabilmente quanto io personalmente -non tu ovviamente- penso).
Loris Bagnara ha scritto:
In altri termini, la mente cosciente dell'essere umano sarebbe solo il prigioniero testimone di un robot biologico, vivendo nell'illusione di poterne controllare (almeno in parte) le azioni.
Ne segue anche questa riflessione: la mente cosciente sarebbe un orpello perfettamente inutile, dato che il corpo agisce autonomamente in virtù di cause materiali.
Rispondo:
La descrizione del primo capoverso non mi piace, anche se potrebbe essere probabilmente compatibile con le mie convinzioni ("soggettivamente interpretate" non da me).
Quanto alla seconda affermazione, la mente cosciente sarebbe un orpello perfettamente inutile rispetto al cervello, dato che il corpo agisce autonomamente in virtù di cause materiali, esattamente quanto il corpo materiale e il cervello sarebbero orpelli perfettamente inutili rispetto alla mente cosciente, dato che essa diviene altrettanto autonomamente secondo i modi sui propri (le cui componenti "cogitantes" non sono misurabili nè intersoggettivamente verificabili, e conseguentemente non sono conoscibili scientificamente, per lo meno in senso "stretto" o "proprio").
Loris Bagnara ha scritto:
Anche altrove hai parlato di "chiusura causale " del piano materiale: cioè, secondo tale assioma, tutto quanto avviene sul piano materiale ha una causa che sta nello stesso piano. E' l'assioma che porterebbe ad escludere ogni "disegno intelligente".
La mia conclusione, ovviamente, è una domanda: perché la mente cosciente dovrebbe scendere sul piano materiale ed essere sottoposta a questa sorta di impotente, ingannevole schiavitù?
Qualunque risposta è accettabile, tranne "la domanda è mal posta"...
Rispondo:
L' assioma della chiusura causale del mondo fisico é imprescindibile perché possa darsene conoscenza scientifica (e infatti nessun "disegno intelligente" che non sia naturalmente tale, cioé dovuto ad esempio all' uomo, é compatibile con la conoscenza scientifica).
La res extensa non é sotto (né sopra) alla res cogitans; entrambe sono e divengono nell' ambito delle esperienze coscienti.
Non vedo alcuna "schiavitù" (concetto antropomorfo, non applicabile a mio avviso, se non in senso meramemnte metaforico, alla realtà extraumana), ma solo un determinismo (ovvero ordine del divenire), che per lo meno in una forma "debole", statistica - probabilistica é presupposto necessario (e indimostrabile: Hume!) della possibilità di conoscenza scientifica (in particolare della res extensa); e secondo me anche della valutabilità in termini di etica dell' agire umano.
In questo senso, mi spaice tanto ma ritengo proprio che la domanda sia mal posta (vi ho comunque risposto).
Le cose secondo me stanno in questi termini semplicemente perché stanno in questi termini.
Chiedersi il perché dalla totalità del reale non ha senso perché oltre ad essa non ci può essere altro (in particolare dunque nemmeno una spiegazione di essa) per definizione; ci si può chiedere il "perché" di qualche parte del reale, se esso diviene ordinatamente secondo leggi causali.
Leggendo e riflettendo sugli ultimi commenti mi chiedevo se non fosse razionale, per un materialista radicale, sostenere che la coscienza esista solo a livello percettivo. Tutto sommato mi sembrerebbe una posizione equipollente al pensare, da una posizione idealista radicale, che tutta la realtà sia contenuta al livello del pensiero. E mi pare pure equivalente ad una posizione panteista. Il tutto esiste e sta immanentemente lì, mutando illusorie qualità, derivate da una unica "sostanza" che per alcuni è materia, per altri è pensiero per altri ancora è spirito o sostanza divina.
Citazione di: HollyFabius il 28 Aprile 2016, 14:04:40 PM
Leggendo e riflettendo sugli ultimi commenti mi chiedevo se non fosse razionale, per un materialista radicale, sostenere che la coscienza esista solo a livello percettivo. Tutto sommato mi sembrerebbe una posizione equipollente al pensare, da una posizione idealista radicale, che tutta la realtà sia contenuta al livello del pensiero. E mi pare pure equivalente ad una posizione panteista. Il tutto esiste e sta immanentemente lì, mutando illusorie qualità, derivate da una unica "sostanza" che per alcuni è materia, per altri è pensiero per altri ancora è spirito o sostanza divina.
Personalmente non sono un materialista radicale.
Inoltre ritengo che tanto la materia quanto il pensiero esistano solo a livello percettivo, ovvero siano reali unicamente in quanto percepite, costituite da collezioni o fasci di sensazioni coesistenti/succedentisi
nel tempo (esse est percipi).Per Spinoza la sostanza non é né materia né pensiero (che ne sono "attributi" sensibili); essa è in sé e non appare (a noi uomini; per lo meno non direttamente) se non mediante questi due attributi (degli infiniti di cui é dotata); un po' come il noumeno kantiano.E anche io personalmente (si parva licet!!!) penso che esista una realtà in sé in divenire corrispondente sia (in determinate circostanze) al pensiero, sia (in determinate altre circostanze) alla materia.Mi sembra necessario ammetterlo per spiegare l' altrimenti per me incomprensibile (se non con una per me oscura leibniziana "armonia prestabilita", che non trovo convincente) intersoggettività del divenire materiale (indimostrabile ma necessario se é vera la conoscenza scientifica), e inoltre l' esistenza di lunghi lassi di spazio e di tempo (nell' ambito fenomenico materiale della realtà) senza organismi cui possa ragionevolmente ritenersi correlata un' esperienza fenomenica cosciente: "qualcosa" dovrà pur persistere in tali lassi di spaziotempo per spiegare la continuità del divenire materiale naturale nelle varie esperienze fenomeniche coscienti (allorché accadono) come ci dice accada la scienza .
Segue qualche commento al precedente post di Sgiombo
[questo -->
Citazione da: sgiombo - Thu Apr 28 2016 12:56:12 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale)]Ne riporto solo i passi rilevanti.Citazione[...] salvo l' affermazione "cioè non dipendono dalla volontà dell'individuo" [...]
Per come io intendevo il senso delle mie parole, la volontà dell'individuo è un'espressione della mente cosciente, ma tu sembri non pensarla così.
Cosa intendi dunque per "volontà dell'individuo"?
Citazione[...] il corpo materiale e il cervello sarebbero orpelli perfettamente inutili rispetto alla mente cosciente, dato che essa diviene altrettanto autonomamente secondo i modi sui propri [...]
Qui si spalancherebbe un mondo di domande... Se il corpo e il cervello sono orpelli inutili per la mente cosciente, dato che questa diviene nel suo mondo e per conto suo, per quale motivo la mente cosciente si trova ad essere "innestata", "legata" ad un pezzo di materia che non le fornisce nulla di utile per la sua evoluzione, e di cui potrebbe fare a meno? La mia è una richiesta di senso, lo so come rispondi alle mie richieste di senso, ma questa non è una domanda che riguarda il senso complessivo dell'universo, riguarda il senso di un porzione molto piccola dell'universo, di una porzione molto piccola di materia-pensiero... Se si sfugge anche in questo caso alla richiesta di senso, allora si può sfuggirne sempre, in ogni occasione e per qualunque fenomeno grande o piccolo dell'universo. Le ragioni stesse dell'atto conoscitivo verrebbero meno.
Inoltre, tu dici che la mente cosciente evolve nel suo piano. Ora, ciò che evolve, evolve da una condizione verso un'altra condizione. Nel caso della mente cosciente, qual è la condizione iniziale da cui parte e qual è la condizione finale (oppure la prossima condizione a cui arriverà, in una serie di condizioni infinite)? Ancora: è un'evoluzione che è un progresso, o è un vano girare in tondo senza meta? Naturalmente vorrei anche chiederti "perché?", ma evito...
Citazione[...] (le cui componenti "cogitantes" non sono misurabili nè intersoggettivamente verificabili, e conseguentemente non sono conoscibili scientificamente, per lo meno in senso "stretto" o "proprio").
Dici che la res cogitans non può essere oggetto di conoscenza scientifica perché non è misurabile né verificabile intersoggettivamente. Ma la misurabilità e la verificabilità intersoggettiva della res extensa avviene attraverso la mente cosciente, non per conto suo. Come mai, chiedo, la res cogitans non può compiere sul suo piano quella verifica intersoggettiva che compie sul piano della res extensa? Questa domanda è legata ad un altra: qual è il rapporto fra tutte le menti coscienti che esistono nel piano della res cogitans? Sono in relazione fra loro, nel loro piano? Oppure sono monadi incomunicabili?
CitazioneL' assioma della chiusura causale del mondo fisico é imprescindibile perché possa darsene conoscenza scientifica (e infatti nessun "disegno intelligente" che non sia naturalmente tale, cioé dovuto ad esempio all' uomo, é compatibile con la conoscenza scientifica).
Perché darsi tanta pena per garantire la conoscibilità del piano materiale, se il prezzo da pagare è la totale inconoscibilità del res extensa, e una assoluta mancanza di senso?
Tanto più che questa insensatezza non è una necessità, ma una precisa scelta dell'impostazione assunta: con altre impostazioni, si può dare una risposta alla richiesta di senso, senza rinunciare in nulla alla conoscibilità del tutto.
CitazioneNon vedo alcuna "schiavitù" (concetto antropomorfo, non applicabile a mio avviso, se non in senso meramemnte metaforico, alla realtà extraumana), ma solo un determinismo (ovvero ordine del divenire), che per lo meno in una forma "debole", statistica - probabilistica é presupposto necessario (e indimostrabile: Hume!) della possibilità di conoscenza scientifica (in particolare della res extensa); e secondo me anche della valutabilità in termini di etica dell' agire umano.
Puoi anche non chiamarla schiavitù, ma nella tua concezione la mente cosciente scende in un corpo che non controlla, assiste ad un film che non ha deciso di vedere (cioè tutte le esperienze percettive della vita) e subisce anche le eventuali conseguenze negative (punizioni) di comportamenti assunti dal corpo che la ospita. Quanto all'etica, semplicemente sparisce: se l'agire umano è deterministicamente stabilito (o anche probabilisticamente stabilito), se il libero arbitrio non esiste... be', non c'è responsabilità morale: quel che accade, accade perché deve accadere.
CitazioneLe cose secondo me stanno in questi termini semplicemente perché stanno in questi termini.
Allora tanto valeva che il primo uomo che si è chiesto "Perché piove?", prendesse per buona la risposta del suo compagno: "Piove perché piove". L'uomo sarebbe ancora lì, a scheggiare pezzi di selce e a masticare pelli.
CitazioneChiedersi il perché dalla totalità del reale non ha senso perché oltre ad essa non ci può essere altro [...]
La "totalità del reale" è un'espressione fuorviante: cosa intendi, il nostro universo osservabile?
Allora, non sappiamo se il nostro universo è la totalità del reale: è la totalità dell'osservabile, ma è una cosa ben diversa.
Potrebbero esserci altri universi, e il nostro universo potrebbe essere semplicemente una parte di una totalità maggiore, un fenomeno anch'esso. E se è un fenomeno, non vedo perché non possa chiedermi le ragioni di quel fenomeno, esattamente come per tutti gli altri fenomeni.
E poi, dire che una certa domanda non si può porre perché ti porta al di fuori della "totalità del reale", significa che tu conosci già i limiti della totalità del reale, oppure che li dai per scontati... E invece proprio l'espandersi della conoscenza potrebbe portare a ridefinire i limiti della totalità del reale.
(L'unica totalità rispetto a cui non ci può essere altro è la totalità di tutti i possibili "universi"... ma questo è il TUTTO di cui parla l'esoterismo, ad esempio il Kybalion.)
Citazione di: Loris Bagnara il 27 Aprile 2016, 10:26:19 AM
B) Nell'ambito della macro-evoluzione, dove non è possibile evidentemente condurre esperimenti di laboratorio, la situazione è ben diversa, e una parte non disprezzabile della comunità scientifica ravvede numerosi problemi irrisolti. La paleontologia offre una documentazione relativamente scarsa, e ovviamente non replicabile in laboratorio. Le ricostruzioni filogenetiche, pertanto, si basano su pochi e controversi elementi, e le lacune sono integrate con abbondante wishful thinking; così come, del resto, la descrizione dei meccanismi che produrrebbero la macro-evoluzione. Non esistono modellazioni matematiche che supportino i meccanismi evolutivi invocati; peraltro si rileva, nei sostenitori della teoria, una sostanziale insensibilità al problema della verosimiglianza dei meccanismi invocati, tanto che il problema di una seria e rigorosa verifica matematica e statistica è poco (o per nulla) sentito. Si ha l'impressione che, per i sostenitori della teoria, la verifica matematica non sia necessaria, forse perché si ritiene esauriente la descrizione dei meccanismi, oppure perché la teoria non può che essere vera (poiché non ve ne sono altre accettabili), e prima o poi le prove arriveranno.
Non è che non esistano modellazioni matematiche, di tentativi ce ne sono fin troppi. Il problema sta nel fatto che in campo macro evolutivo l'attendibilità di queste modellazioni resta assai discutibile e la domanda fondamentale è se davvero la biologia possa essere affrontata adeguatamente con strumenti matematici che tra l'altro di sicuro oggi non abbiamo se non per casi molto semplici e strettamente casuali, come la deriva genetica.
Certamente tutto il discorso è retto da tematiche filosofiche che appartengono ad ambiti culturali e sono proprio questi ambiti culturali che ormai hanno reso l'idea del disegno intelligente di fatto ben poco proponibile in termini scientifici.
Come abbiamo visto lo studio comparato di evoluzione e sviluppo (filogenesi e ontogenesi) sta ormai superando il neo darwinismo classico che faceva dipendere tutto dal genoma, è un approccio nato da poco che a mio avviso potrà portare a sviluppi molto interessanti.
Quanto al problema della coscienza, vista come aspetto evolutivo, essa credo che potrà benissimo venire descritta in termini di funzionamento fisiologico (ad esempio nei termini di continue reiterazioni tra diversi livelli neuronali che funzionano a specchio rendendosi di reciproco stimolo), non con la pretesa di dire cosa è in sé, ma per tentare di stabilire come funziona nell'ambito dell'attività del sistema nervoso senza introdurre misteriosi fluidi trascendenti. Che poi il cosiddetto libero arbitrio sia il prodotto di una necessità di cui il soggetto con le sue volizioni è solo espressione mi pare sia ormai evidente, ma questo non annulla il problema etico, lo sposta semplicemente dall'illusoria pretesa di essere l'artefice autonomo delle proprie scelte, alla piena assunzione della responsabilità di se stessi per quello che si è, per come ci si viene rivelando nel proprio agire.
Citazione di: Loris Bagnara il 28 Aprile 2016, 20:02:46 PMRe:Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado?
« Risposta #107 il: Oggi alle 20:02:46 »
Loris Bagnara ha scritto:
Per come io intendevo il senso delle mie parole, la volontà dell'individuo è un'espressione della mente cosciente, ma tu sembri non pensarla così.
Cosa intendi dunque per "volontà dell'individuo"?
Rispondo:
Per volontà dell' individuo (umano) intendo ciò che l' individuo cosciente vuole (res cogitans). E che non causa le sue azioni; queste sono infatti causate dal suo cervello, precisamente da determinati stati funzionali del suo cervello (res extensa) che causano i movimenti volontari dei suoi muscoli; e che per l' appunto corrispondono biunivocamente alle sue volizioni, ma non vi si identificano.
Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"[...] il corpo materiale e il cervello sarebbero orpelli perfettamente inutili rispetto alla mente cosciente, dato che essa diviene altrettanto autonomamente secondo i modi sui propri [...]" (Sgiombo)
Qui si spalancherebbe un mondo di domande... Se il corpo e il cervello sono orpelli inutili per la mente cosciente, dato che questa diviene nel suo mondo e per conto suo, per quale motivo la mente cosciente si trova ad essere "innestata", "legata" ad un pezzo di materia che non le fornisce nulla di utile per la sua evoluzione, e di cui potrebbe fare a meno?
Rispondo:
Semplicemente perché (secondo questa tesi; non scientifica ma filosofica; e indimostrabile) così stanno le cose (e ovviamente la res cogitans non è per nulla pertinente rispetto alla res extensa, in particolare all' evoluzione biologica).
Naturalmente la lettera della mia asserzione non fa che riprendere polemicamente le tue parole invertendone il significato (dal rapporto fra res cogitans e res extensa anziché viceversa; o meglio: oltre che e nella stesso senso che viceversa); non è (in assoluto, "fuori dalla polemica") un modo molto felice (è un po' troppo caricaturale) di esprimere la mia convinzione, anche se non ne tradisce la sostanza.
Loris Bagnara ha scritto:
La mia è una richiesta di senso, lo so come rispondi alle mie richieste di senso, ma questa non è una domanda che riguarda il senso complessivo dell'universo, riguarda il senso di un porzione molto piccola dell'universo, di una porzione molto piccola di materia-pensiero... Se si sfugge anche in questo caso alla richiesta di senso, allora si può sfuggirne sempre, in ogni occasione e per qualunque fenomeno grande o piccolo dell'universo. Le ragioni stesse dell'atto conoscitivo verrebbero meno.
Rispondo:
Questo riguarda in generale i rapporti fra res cogitans e res extensa, è un aspetto fondamentale della (mia personale) ontologia, che può spiegare e spiega molte cose particolari ma non ha (né necessita di) spiegazioni (proprio come nell' ambito della res extensa le leggi fisiche spiegano i fatti particolari senza essere spiegate, né necessitare di essere spiegate da alcunché: "Hypotheses non fingo", Newton).
Ma la non pertinenza del concetto di "spiegazione", "ragione" o "senso" al contesto generale non impedisce affatto l' identificabilità di "spiegazioni", "ragioni" o "sensi" dei fatti particolari (che infatti sono offerti per l' appunto dal contesto generale, se non caotico, ma ordinato o "regolato").
Loris Bagnara ha scritto:
Inoltre, tu dici che la mente cosciente evolve nel suo piano. Ora, ciò che evolve, evolve da una condizione verso un'altra condizione. Nel caso della mente cosciente, qual è la condizione iniziale da cui parte e qual è la condizione finale (oppure la prossima condizione a cui arriverà, in una serie di condizioni infinite)? Ancora: è un'evoluzione che è un progresso, o è un vano girare in tondo senza meta? Naturalmente vorrei anche chiederti "perché?", ma evito...
Rispondo:
E fai bene!
"La mente "evolve" nel senso che muta, diviene: ora è occupata da un ragionamento deduttivo, ora dalla rievocazione di un ricordo, ora da una fantasia o una immaginazione creativa, artistica, ora da un desiderio, un sentimento, uno stato d' animo, ecc.
In un certo senso "è un vano girare in tondo senza meta (oggettiva, dimostrabile essere giusta o buona; men che meno soprannaturalmente impostale da chichessia)"; ovvero al perseguimento di mete arbitrariamente assunte, avvertite irrazionalmente, fatto che personalmente mi è da grande soddisfazione.
Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"[...] (le cui componenti "cogitantes" non sono misurabili nè intersoggettivamente verificabili, e conseguentemente non sono conoscibili scientificamente, per lo meno in senso "stretto" o "proprio")" (Sgiombo).
Dici che la res cogitans non può essere oggetto di conoscenza scientifica perché non è misurabile né verificabile intersoggettivamente. Ma la misurabilità e la verificabilità intersoggettiva della res extensa avviene attraverso la mente cosciente, non per conto suo. Come mai, chiedo, la res cogitans non può compiere sul suo piano quella verifica intersoggettiva che compie sul piano della res extensa? Questa domanda è legata ad un altra: qual è il rapporto fra tutte le menti coscienti che esistono nel piano della res cogitans? Sono in relazione fra loro, nel loro piano? Oppure sono monadi incomunicabili?
Rispondo:
Che la verificabilità intersoggettiva della res extensa avvenga attraverso la mente cosciente, e non "per conto suo" mi pare del tutto ovvio.
Ed altrettanto che la res cogitans non possa compiere a proposito di se stessa quella verifica intersoggettiva che compie sul piano della res extensa: se io e te andiamo a Courtmaieur e guardiamo entrambi verso nord-ovest vediamo entrambi il monte Bianco; ma hai un bel guadare verso la mia testa e anche dentro, e mai vedrai in essa i miei pensieri, ma solo il mio cervello e le sue parti, e viceversa da parte mia verso di te.
Ritengo che una realtà in sé o noumeno (a la Kant; o "sostanza", a la Spinoza) sia necessaria proprio per spiegarlo: a determinati enti e/o eventi nel noumeno corrispondono determinate esperienze coscienti, in modo tale che ogni volta che una di tali entità o eventualità è in determinati rapporti con se stessa allora nella corrispettiva esperienza fenomenica cosciente accadono determinate sensazioni mentali (res cogitans), e ogni volta che una di tali entità o eventualità è indeterminati rapporti con altre, da sé diverse entità o eventualità (pure del noumeno) allora nella corrispettiva esperienza fenomenica cosciente accadono determinate sensazioni materiali (res extensa).
Per esempio se io (nell' ambito della mia esperienza cosciente) sto pensando a mia moglie e/o mio figlio (res cogitans) tu puoi (in teoria) constatare (nell' ambito della tua esperienza cosciente) che il mio cervello (res extensa) si trova in un determinato stato funzionale: alla stessa "entità noumenica con correlata coscienza" (per esempio a me) corrisponde nella "sua" rispettiva esperienza cosciente una determinata res cogitans, nell' esperienza cosciente di un' altra, diversa di tali peculiari "entità noumeniche con correlata coscienza" corrisponde una determinata res extensa (un determinato stato funzionale cerebrale).
Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"L' assioma della chiusura causale del mondo fisico é imprescindibile perché possa darsene conoscenza scientifica (e infatti nessun "disegno intelligente" che non sia naturalmente tale, cioé dovuto ad esempio all' uomo, é compatibile con la conoscenza scientifica)" (sgiombo)
Perché darsi tanta pena per garantire la conoscibilità del piano materiale, se il prezzo da pagare è la totale inconoscibilità del res extensa, e una assoluta mancanza di senso?
Tanto più che questa insensatezza non è una necessità, ma una precisa scelta dell'impostazione assunta: con altre impostazioni, si può dare una risposta alla richiesta di senso, senza rinunciare in nulla alla conoscibilità del tutto.
Rispondo:
(Penso che si tratti di un lapsus e tu intenda la "non conoscibilità della res cogitans").
Perché a quanto pare agli uomini (in generale e a me personalmente in particolare) piace (anche) conoscere scientificamente la res extensa (disinteressatamente, come fine a se stessa, e inoltre per le possibili applicazioni tecniche come mezzi per conseguire fini; limitati e realistici, ovviamente). E a quanto pare questo genere di conoscenza non è possibile della res cogitans.
E' logicamente impossibile (non c'è possibile scelta di "impostazione" che tenga!) attribuire un senso alla realtà in toto (non esistendo per definizione alcunché d' altro oltre di essa, dunque in particolare "qualcosa che ne possa costituire il "senso"); si può attribuire un senso solo a una parte della realtà se essa è complessivamente ordinata e non caotica: il senso essendo la collocazione della parte nell' ambito dell' ordine complessivo, le sue "relazioni determinate (nell' ambito dell' ordine complessivo) con altre parti" che spiegano per l' appunto la sua "collocazione" (non necessariamente intesa in senso fisico – topografico, eventualmente anche in senso logico).
Loris Bagnara ha scritto
Citazione
"Non vedo alcuna "schiavitù" (concetto antropomorfo, non applicabile a mio avviso, se non in senso meramemnte metaforico, alla realtà extraumana), ma solo un determinismo (ovvero ordine del divenire), che per lo meno in una forma "debole", statistica - probabilistica é presupposto necessario (e indimostrabile: Hume!) della possibilità di conoscenza scientifica (in particolare della res extensa); e secondo me anche della valutabilità in termini di etica dell' agire umano" (Sgiombo).
Puoi anche non chiamarla schiavitù, ma nella tua concezione la mente cosciente scende in un corpo che non controlla, assiste ad un film che non ha deciso di vedere (cioè tutte le esperienze percettive della vita) e subisce anche le eventuali conseguenze negative (punizioni) di comportamenti assunti dal corpo che la ospita. Quanto all'etica, semplicemente sparisce: se l'agire umano è deterministicamente stabilito (o anche probabilisticamente stabilito), se il libero arbitrio non esiste... be', non c'è responsabilità morale: quel che accade, accade perché deve accadere.
Rispondo:
Perché invece tu credi forse di essere venuto al mondo per tua libera scelta, con le caratteristiche (che ti ritrovi) che tu liberamente ti sei scelto prima di esistere?
Assurdo! autocontraddittorio!
Se l'agire umano (libero da condizionamenti estrinseci: da non confondere con condizionamenti intrinseci: tutt' altra cosa!) è deterministicamente stabilito (o anche probabilisticamente stabilito) dal modo in cui si è (più o meno buoni oppure cattivi), se il libero arbitrio non esiste... be' è proprio per questo che c' è responsabilità morale: quel che si fa, lo si fa perché si hanno determinate qualità morali (più o meno buone o cattive; che dal modo di agire sono appunto dimostrate).
Se invece esiste il libero arbitrio, cioè il nostro agire non è determinato da come si è (caratterizzati da qualità morali più o meno buone o cattive) allora esso è (per definizione) casuale, fortuito: è conseguenza di come (e dimostra che) siamo più o meno fortunati o sfortunati, non più o meno buoni o cattivi; è eticamente irrilevante, insignificante
Loris Bagnara ha scritto
Citazione
"Le cose secondo me stanno in questi termini semplicemente perché stanno in questi termini" (Sgiombo).
Allora tanto valeva che il primo uomo che si è chiesto "Perché piove?", prendesse per buona la risposta del suo compagno: "Piove perché piove". L'uomo sarebbe ancora lì, a scheggiare pezzi di selce e a masticare pelli.
Rispondo:
Ma è proprio perché le cose stanno (o meglio: divengono) in generale nei termini in cui stanno che si possono spiegare i particolari, per esempio il fatto che piova.
Loris Bagnara ha scritto
Citazione
"Chiedersi il perché dalla totalità del reale non ha senso perché oltre ad essa non ci può essere altro [...]" (Sgiombo)
La "totalità del reale" è un'espressione fuorviante: cosa intendi, il nostro universo osservabile?
Allora, non sappiamo se il nostro universo è la totalità del reale: è la totalità dell'osservabile, ma è una cosa ben diversa.
Potrebbero esserci altri universi, e il nostro universo potrebbe essere semplicemente una parte di una totalità maggiore, un fenomeno anch''esso. E se è un fenomeno, non vedo perché non possa chiedermi le ragioni di quel fenomeno, esattamente come per tutti gli altri fenomeni.
(L'unica totalità rispetto a cui non ci può essere altro è la totalità di tutti i possibili "universi"... ma questo è il TUTTO di cui parla l'esoterismo, ad esempio il Kybalion.)
Rispondo:
Innanzitutto "totalità" e "parzialità" sono concetti ben diversi da "noumeno" e "fenomeni".
La totalità del nostro universo fisico osservabile è la totalità della res extensa; che non è la totalità del reale da noi conoscibile, perché questa include anche la res cogitans (e secondo me anche la cosa in sé).
La totalità di ciò che a noi è consocibile non è detto sia la totalità del reale: potrebbe esser reale (anche se non possiamo intendere compiutamente il senso di queste parole, inevitabilmente "oscure") anche altro di non conoscibile, analogamente a come si è rivelato esere reale (successivamente) altro (precedentemente ignorato) da ciò che precedentemente conoscevamo.
Per chiederti le ragioni del nostro "universo" (termine improprio perché letteralmente significa "il tutto") nell' ambito del metauniverso dovresti conoscere che esiste e come è il metauniverso (non mi pare proprio...); e allora (ammesso e non concesso), se il metauniverso fosse ordinato, potresti identificare le ragioni in esso del nostro "universo".
Ma allora non avrebbe alcun senso chiedersi il "perché?" (ricercare un senso, le ragioni) del "metauniverso" (la vera totalità del reale)...
Di esoterismo sono completamente digiuno (sono razionalista).
Segue qualche commento al precedente post di maral[questo --> Citazione da: maral - Tue Apr 26 2016 22:27:42 GMT+0200]Ne riporto solo i passi rilevanti.Citazione[...] l'idea del disegno intelligente era definita entro i confini di una visione precedente che è stata superata in relazione alle sue trascendenti indefinibili implicazioni che non ne permettono alcuna valutazione scientifica, poiché qualsiasi osservatore che volesse dire qualcosa sul disegno intelligente sarebbe un elemento di quello stesso disegno che pretende di definire.
Non mi pare si possa dire che l'ipotesi del "disegno intelligente" sia stata superata, nel senso di "verificata e poi accantonata": è stata semplicemente accantonata, questo sì, ma per ragioni ideologiche, cioè filosofiche, in nome di una visione del mondo autosufficiente rispetto a quel Dio che era il cardine delle precedenti concezioni. Ad un certo punto si è stabilito che dovesse valere quella che Sgiombo ben definisce la "chiusura causale": i fenomeni dell'universo si devono poter spiegare con cause che restano all'interno dell'universo. Ma lo si è stabilito "a tavolino", come assioma. Un assioma che ti porta all'arcinota contraddizione della causa prima: ossia, dopo aver risalito la catena delle cause fino all'origine (diciamo fino al Big Bang), qui la catena si deve interrompere, perché prima non c'era l'universo e quindi non c'era una causa a cui far attribuire l'inizio dell'universo stesso. Oppure bisogna postulare la causa incausata, l'aristotelico motore immobile... concetto poco scientifico, no?
No, nessuno ha verificato l'ipotesi del disegno intelligente... Benché la moderna fisica quantistica sia arrivata a concepire un universo dove non esistono parti (che sono illusioni), ma solo un TUTTO strettamente interrelato. in questo senso la fisica quantistica è arrivata a capire quello che la
philosophia perennis dice da sempre (migliaia e migliaia d'anni). Il fenomeno dell'
entanglement è la base su cui avviare una nuova comprensione dell'universo come l'antica
Anima Mundi.
E poi, chi l'ha detto che il disegno intelligente non si può conoscere perché noi ne siamo dentro? E se chi l'ha concepito, quel disegno intelligente (perché qualcuno lo deve aver concepito), semplicemente ce lo
rivelasse? Rivelazione - termine passato di moda, vero? - Certo, nei limiti della nostra comprensione, ma sempre meglio che il non-senso del nulla.
Comunque non procedo oltre col disegno intelligente, perché non è propriamente la soluzione a cui io penso. E' solo per far comprendere che vi è una preclusione ideologica nei suoi confronti.
CitazioneMa è proprio alla luce di questa unità che non ha senso considerare la materia separata dalla coscienza o la coscienza come una sorta di spiritualità del tutto immateriale che dal di fuori ordina la materia.
Infatti, sono d'accordo. Io sono un assoluto monista. Lo spirito e la materia sono i due poli di una stessa sostanza non-manifesta (
Para Brahman può essere uno dei suoi nomi). Però io credo che questa sostanza non manifesta emani da se stessa l'aspetto materia (
Prakrti) come veicolo e strumento dell'aspetto spirito (
Purusha), anch'esso emanato dalla sostanza non-manifesta.
CitazioneC'è tutto un filone di ricerca che tenta di definire la coscienza nei termini di funzionamento interattivo dei neuroni. Uno degli esponenti più interessanti è Damasio che vede il fenomeno coscienza come una interazione continua tra i neuroni del midollo allungato e quelli dell'area neocorticale, in stretta polemica con l'idea cartesiana di una res cogitans. La psiche è materia non intesa come cosa, ma come relazione, non una sostanza ineffabile che sta oltre la materia vivente.
Io intendevo dire che il fenomeno della coscienza non viene oggi inteso come parte attiva nell'universo, né pertanto indagato come tale. Viene inteso riduttivamente nel modo che hai detto tu. Io, sinceramente, provo quasi compassione per questi tentativi, per queste menti peraltro brillanti che credono di poter spiegare l'origine della coscienza in questo modo.
In poche righe si può dimostrare che la coscienza non può venire fuori in quel modo.Vi è un esperienza interiore che tutti possono fare, ed è quella del proprio perdurare come
io-sono aldilà dei mutevoli contenuti che attraversano l'io-sono.
Ora, se l'io-sono perdura
costantemente, e se è vero che esso è
generato dal corpo, si deve trovare qualcosa nel corpo che perdura.
Ma vi è
qualcosa nel corpo che perdura? Assolutamente no. Perfino nel cervello non c'è
nulla che sia immutabile: i neuroni (benché propriamente non muoiano) comunque scambiano molecole, energia, cambiano potenziale elettrico etc.
Non c'è nulla che resti uguale a se stesso nel corpo umano, e dunque nulla a cui agganciare quell'
io-sono che noi sentiamo indubitabilmente essere sempre
uguale a se stesso.
Sgiombo, replico solo a un paio di cose del tuo ultimo messaggio.
Per il resto ho compreso la tua concezione, quel tanto che basta per starne alla larga (detto con simpatia ;)).
CitazionePerché invece tu credi forse di essere venuto al mondo per tua libera scelta, con le caratteristiche (che ti ritrovi) che tu liberamente ti sei scelto prima di esistere?
Assurdo! autocontraddittorio!
E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto.
Reincarnazione e
karma, questi sono i concetti chiave. L'
evoluzione della vita è un processo letteralmente
infinito che porta ogni
atomo a divenire un
Dio (concetto che sarebbe da chiarire...), e a sua volta un
creatore di universi.
E' questo lo
scopo per cui siamo qui.
CitazioneDi esoterismo sono completamente digiuno (sono razionalista).
L'
esoterismo e la
teosofia sono assolutamente
razionali, benché includano anche la comprensione di stati di coscienza
sovra-razionali, che non contraddicono la mente razionale, ma si elevano dove essa non può giungere.
C'è molta più razionalità nella concezione teosofica che nella tua, dove ravvedo (ma è una mia opinione) una razionalità fredda, artificiosa, inutilmente complicata, un po' sofistica, troppo disinteressata alle vere domande che l'uomo si pone. E dove l'
amore e la
fratellanza umana sembrano quasi parole prive di senso.
(Sempre con simpatia, mi raccomando... ;D)
CitazioneLoris Bagnara ha scritto:
"Perché invece tu credi forse di essere venuto al mondo per tua libera scelta, con le caratteristiche (che ti ritrovi) che tu liberamente ti sei scelto prima di esistere?
Assurdo! autocontraddittorio!". (Sgiombo).
E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto.
Reincarnazione e karma, questi sono i concetti chiave. L'evoluzione della vita è un processo letteralmente infinito che porta ogni atomo a divenire un Dio (concetto che sarebbe da chiarire...), e a sua volta un creatore di universi.
E' questo lo scopo per cui siamo qui.
Rispondo:
Capisco a mia volta quanto basta per tenermici altrettanto simpaticamente alla larga!
(Curioso!).
Loris Bagnara ha scritto:
L'esoterismo e la teosofia sono assolutamente razionali, benché includano anche la comprensione di stati di coscienza sovra-razionali, che non contraddicono la mente razionale, ma si elevano dove essa non può giungere.
C'è molta più razionalità nella concezione teosofica che nella tua, dove ravvedo (ma è una mia opinione) una razionalità fredda, artificiosa, inutilmente complicata, un po' sofistica, troppo disinteressata alle vere domande che l'uomo si pone. E dove l'amore e la fratellanza umana sembrano quasi parole prive di senso.
(Sempre con simpatia, mi raccomando...).
Rispondo:
Beh se per te l' autocontraddizione e il credere del tutto acriticamente alle più sfrenate fantasie è "razionalismo" (vedi appena sopra), se alla razionalità ritieni si possa rinfacciare di essere troppo "fredda" (o anche "calda") anziché troppo poco coerente e conseguente, allora con questa parola intendiamo concetti radicalmente diversi, anzi diametralmente opposti!
Ma autocontraddittorio (per come intendo io il concetto assolutamente irrazionale) è anche (pretendere di) affermare che la razionalità consentirebbe "anche la comprensione di stati di coscienza sovra-razionali, che non contraddicono la mente razionale, ma si elevano dove essa non può giungere".
Amore e fratellanza umana sono sentimenti, non ragionamenti.
Non sono in relazione né di affinità né di incompatibilità con la ragione ma casomai vi è fra essi e la razionalità un rapporto di (possibile; e per me auspicabile) complementarietà: si può benissimo essere irrazionalistissimi e superstiziosissimi e al contempo sentimentalmente aridissimi, grettissimi e meschinissimi; e si può essere razionalistissimi e al contempo generosissimi e magnanimissimi.
(Personalmente, non senza una buona dose di presunzione, mi sono sempre definito "un razionalista sentimentale").
Simpatia a parte, sono comunque per me interessanti alcune tue obiezioni a Maral, alle quali cercherò di rispondere con la dovuta calma appena ne avrò il tempo.
Loris Bagnara ha scritto:
Non mi pare si possa dire che l'ipotesi del "disegno intelligente" sia stata superata, nel senso di "verificata e poi accantonata": è stata semplicemente accantonata, questo sì, ma per ragioni ideologiche, cioè filosofiche, in nome di una visione del mondo autosufficiente rispetto a quel Dio che era il cardine delle precedenti concezioni. Ad un certo punto si è stabilito che dovesse valere quella che Sgiombo ben definisce la "chiusura causale": i fenomeni dell'universo si devono poter spiegare con cause che restano all'interno dell'universo. Ma lo si è stabilito "a tavolino", come assioma. Un assioma che ti porta all'arcinota contraddizione della causa prima: ossia, dopo aver risalito la catena delle cause fino all'origine (diciamo fino al Big Bang), qui la catena si deve interrompere, perché prima non c'era l'universo e quindi non c'era una causa a cui far attribuire l'inizio dell'universo stesso. Oppure bisogna postulare la causa incausata, l'aristotelico motore immobile... concetto poco scientifico, no?
Rispondo:
Non é che si é arbitrariamente stabilito "per capriccio" o per "biechi motivi ideologici" di "abolire Dio dalla natura" e "stabilire la chiusura causale del mondo fisico".
Semplicemente si é constatato che per credere vero ciò che ci dice la conoscenza scientifica (e per contunuare a fare ricerca scientifica) é necessario postulare che Dio, se anche c' é, non interferisca (da dopo la creazione fino all' apocalissi) col divenire naturale, così come nient' altro di non naturale: bisgna che il divenire naturale sia regolato secondo modalità universali e costanti e questo non consente l' irrompere in esso di elementi di disordine, che falsificherebbe ogni e qualsiasi legge fisica conosciuta o immaginabile; per esempio non é vero che e = m (c al quadrato), se Dio o chi per esso può, volendo, annichilire qualche corpo massivo senza trasformarlo nella quantità prevista di energia oppure far comparire un corpo massivo non "a spese" della quantità corrispondente di energia; sarà casomai vero che a volte, quando Dio si astiene dal mettere il naso nel mondo, saltuariamente e = m (c al quadrato), altre volte no, ovvero che il mutamento naturale é caotico e non conoscibile scientificamente. Tertium non datur.
E' sulla base di questo presupposto ineludibile che si possono mettere alla prova delle osservazioni empiriche le ipotesi scientifiche.
Se l' universo fisico ha avuto un inizio (e magari avrà una fine) bisogna ammettere che l' universalità e costanza delle leggi fisiche non sono propriamente tali, ma solo limitatamente alla durata dell' universo.
Non é detto che questo sia meno verosimle rispetto all' ipotesi di durata infinita; semplicemente crederlo é meno razoinalistico per il rasoio di Ockam (richiede di ammettere almeno due affermazioni indimostrabili: che la natura diviene secondo le leggi fisiche dal B.b. all' apocalisse -1- e che prima ed eventualmente dopo non era/sarà così -2- contro un' unica affermazione indimostrabile: "la natura diviene secondo le leggi fisiche", che senza ultriori determinazioni significa "per sempre e dovunque").
Se fossero più filosoficamente ferrati i ricercatori "mainstream" (o, come preferisco dire, conformisti) ne sarebbero indotti non ad abbandonare, ma almeno ad accettare meno acriticamente la teoria del B.b. ed impiegare risorse economiche anche per esplorare ipotesi alternative.
Loris Bagnara ha scritto:
No, nessuno ha verificato l'ipotesi del disegno intelligente... Benché la moderna fisica quantistica sia arrivata a concepire un universo dove non esistono parti (che sono illusioni), ma solo un TUTTO strettamente interrelato. in questo senso la fisica quantistica è arrivata a capire quello che laphilosophia perennis dice da sempre (migliaia e migliaia d'anni). Il fenomeno dell'entanglement è la base su cui avviare una nuova comprensione dell'universo come l'antica Anima Mundi.
E poi, chi l'ha detto che il disegno intelligente non si può conoscere perché noi ne siamo dentro? E se chi l'ha concepito, quel disegno intelligente (perché qualcuno lo deve aver concepito), semplicemente ce lo rivelasse?
Rispondo:
L' entanglement quantistico non ha nulla di "misterioso", é una regolarità del divenire naturale come le altre, solo "un po' inaspettata" al momento in cui é stata scoperta.
E' fra l' altro perfettamente inquadrabile in un' interpretazione epistemica, ontologicamente deterministica "a variabili nascoste", dell' indeterminismo quantistico, quella di Bohm, (per quanto questa interpretazione non piaccia ai ricercatori conformisti, scarsamente ferrati in filosofia e indulgenti verso l' irrazionalismo come sono).
Resto in paziente, anche se scettica, attesa di rivelazioni divine...
Maral ha scritto:
C'è tutto un filone di ricerca che tenta di definire la coscienza nei termini di funzionamento interattivo dei neuroni. Uno degli esponenti più interessanti è Damasio che vede il fenomeno coscienza come una interazione continua tra i neuroni del midollo allungato e quelli dell'area neocorticale, in stretta polemica con l'idea cartesiana di una res cogitans. La psiche è materia non intesa come cosa, ma come relazione, non una sostanza ineffabile che sta oltre la materia vivente.
E Loris Bagnara ha risposto:
Io intendevo dire che il fenomeno della coscienza non viene oggi inteso come parte attiva nell'universo, né pertanto indagato come tale. Viene inteso riduttivamente nel modo che hai detto tu. Io, sinceramente, provo quasi compassione per questi tentativi, per queste menti peraltro brillanti che credono di poter spiegare l'origine della coscienza in questo modo. In poche righe si può dimostrare che la coscienza non può venire fuori in quel modo.
Rispondo a mia volta:
Stavolta sono sostanzialmente d' accordo con Loris (tranne però circa la coscienza intesa come parte attiva nell'universo fisico).
Il dualismo "interazionista" cartesiano, palesemente insostenibile, non é l' unico possibile dualismo.
E altrettanto insostenibile é, a mio parre, il monismo materialistico.
La neurofisiologia può solo conoscere tendenzialmente sempre meglio i meccanismi fisiologici cerebrali e stabilire le corrispondenze fra determinati meccanismi nurofisiologici e determinati stati di coscienza; può anche studiarne gli aspetti funzionali e pure algoritmici; ma non può pretendere di identificare le due ben diverse, anche se "strettamente correlate" cose: trasmissioni di potenziali di azione in fibre nervose e attraverso sinapsi (in ultima analisi molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forze), e anche elaborazioni algoritmiche su di esse implementate (e riproducibili in linea di principio su altri hardwares) da una parte e sensazioni, sentimenti, ricordi, ragionamenti, ecc. dall' altra.
Una questione tira l'altra...
Cito ancora qua e là da Sgiombo, e commento.
CitazioneE' logicamente impossibile (non c'è possibile scelta di "impostazione" che tenga!) attribuire un senso alla realtà in toto (non esistendo per definizione alcunché d' altro oltre di essa, dunque in particolare "qualcosa che ne possa costituire il "senso");
Infatti, sono d'accordo. Proprio perché è vero quel che dici, l'unica soluzione logicamente sensata è che la totalità del reale sia il TUTTO: il TUTTO è ciò che include in sé tutte le possibili cause, tutti i possibili effetti e tutti i possibili sensi. Gli universi manifestati sono solo espressioni contingenti del TUTTO.
CitazioneSemplicemente si é constatato che per credere vero ciò che ci dice la conoscenza scientifica (e per contunuare a fare ricerca scientifica) é necessario postulare che Dio, se anche c' é, non interferisca (da dopo la creazione fino all' apocalissi) col divenire naturale, così come nient' altro di non naturale: bisgna che il divenire naturale sia regolato secondo modalità universali e costanti e questo non consente l' irrompere in esso di elementi di disordine, che falsificherebbe ogni e qualsiasi legge fisica conosciuta o immaginabile; [...]
Ora ho finalmente capito cos'è che disturba tanto nell'idea del disegno intelligente. Se si intende la versione riportata da Sgiombo, sono perfettamente d'accordo anch'io: un Dio "interventista" è qualcosa che mi fa letteralmente ribrezzo. Questa sì che è una visione superata, ma superata non solo dalla scienza, anche dalla filosofia. Superata e ingenua.
Quel che si deve intendere, quando si parla di disegno intelligente, è qualcosa di più sottile.
Supponiamo che Dio esista. Se esiste, e se decide di creare un universo, ha naturalmente carta bianca: può stabilire le leggi fisiche che crede e bilanciarle come crede; ha a disposizione tutta la materia che vuole, materia da lavorare come più gli aggrada; ha tutto lo spazio che serve per sistemare quella materia e ha anche tutto il tempo necessario da dare a quell'universo per evolvere. Giusto? Ora, però, converrete che se Dio decide di creare un universo, non lo fa tanto per fare, ma per uno scopo, giusto?
E allora immaginiamo Dio come il più felice degli ingegneri che può progettare una macchina industriale avendo completa carta bianca su tutto, dalle leggi fisiche ai materiali. Non penserete certo che quell'ingegnere realizzerà una macchina insensata che non produce nulla? Assurdo, no? Quell'ingegnere realizzerà certamente un macchina che, una volta avviata, produrrà esattamente quello che l'ingegnere si prefigge, senza alcun bisogno di interventi straordinari.
La concezione, più seria, del disegno intelligente è questa: il disegno intelligente è intessuto nelle fibre stesse dell'universo, senza alcuna necessità di interventi straordinari da parte di Dio. E lo scienziato può indagare l'universo proprio come se Dio non esistesse. Semmai, potrebbe restare stupito della straordinaria finezza della sua regolazione, tanto che se il cosmo fosse regolato diversamente, anche di pochissimo, lui non sarebbe lì a stupirsi di tanta meraviglia... E' il
principio antropico: l'universo sembra essere regolato per poter dare luogo alla vita e alla vita intelligente.
CitazioneL' entanglement quantistico non ha nulla di "misterioso", é una regolarità del divenire naturale come le altre, solo "un po' inaspettata" al momento in cui é stata scoperta.
Infatti io non invoco nulla di misterioso. Tutto ciò che accade nell'universo è naturale. Anche i fenomeni psi, come la telepatia, che potrebbero trovare una spiegazione nel fenomeno dell'entanglement.
Concludo chiedendo a Sgiombo una cosa che mi sono dimenticato di chiedere prima.
Nella tua concezione, la mente cosciente è
mortale o
immortale? Esiste prima di congiungersi al corpo materiale? Se sì, qual è la sua condizione?
E dopo la morte del corpo materiale, continua a esistere la mente cosciente? E se sì, qual è la sua condizione?Visto che colleghi la mente cosciente al piano ontologico della res cogitans, mi viene da pensare, per coerenza, che tu la ritenga immortale.
Citazione
Re:Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado?
« Risposta #107 il: Oggi alle 20:02:46 »
Loris Bagnara ha scritto:
Infatti, sono d'accordo. Proprio perché è vero quel che dici, l'unica soluzione logicamente sensata è che la totalità del reale sia il TUTTO: il TUTTO è ciò che include in sé tutte le possibili cause, tutti i possibili effetti e tutti i possibili sensi. Gli universi manifestati sono solo espressioni contingenti del TUTTO.
Rispondo:
Ma questa è solo una banale tautologia: il tutto è tutto.
Bella scoperta!
Ma non vedo come possa costituire la (pretesa) risposta alla (pretesa) domanda (senza senso) sul senso della totalità del reale.
Loris Bagnara ha scritto:
Ora ho finalmente capito cos'è che disturba tanto nell'idea del disegno intelligente. Se si intende la versione riportata da Sgiombo, sono perfettamente d'accordo anch'io: un Dio "interventista" è qualcosa che mi fa letteralmente ribrezzo. Questa sì che è una visione superata, ma superata non solo dalla scienza, anche dalla filosofia. Superata e ingenua.
Quel che si deve intendere, quando si parla di disegno intelligente, è qualcosa di più sottile.
Supponiamo che Dio esista. Se esiste, e se decide di creare un universo, ha naturalmente carta bianca: può stabilire le leggi fisiche che crede e bilanciarle come crede; ha a disposizione tutta la materia che vuole, materia da lavorare come più gli aggrada; ha tutto lo spazio che serve per sistemare quella materia e ha anche tutto il tempo necessario da dare a quell'universo per evolvere. Giusto? Ora, però, converrete che se Dio decide di creare un universo, non lo fa tanto per fare, ma per uno scopo, giusto?
E allora immaginiamo Dio come il più felice degli ingegneri che può progettare una macchina industriale avendo completa carta bianca su tutto, dalle leggi fisiche ai materiali. Non penserete certo che quell'ingegnere realizzerà una macchina insensata che non produce nulla? Assurdo, no? Quell'ingegnere realizzerà certamente un macchina che, una volta avviata, produrrà esattamente quello che l'ingegnere si prefigge, senza alcun bisogno di interventi straordinari.
La concezione, più seria, del disegno intelligente è questa: il disegno intelligente è intessuto nelle fibre stesse dell'universo, senza alcuna necessità di interventi straordinari da parte di Dio. E lo scienziato può indagare l'universo proprio come se Dio non esistesse. Semmai, potrebbe restare stupito della straordinaria finezza della sua regolazione, tanto che se il cosmo fosse regolato diversamente, anche di pochissimo, lui non sarebbe lì a stupirsi di tanta meraviglia... E' il principio antropico: l'universo sembra essere regolato per poter dare luogo alla vita e alla vita intelligente.
Rispondo:
Se il disegno intelligente "è intessuto nelle fibre stesse dell'universo, senza alcuna necessità di interventi straordinari da parte di Dio. E lo scienziato può indagare l'universo proprio come se Dio non esistesse", allora spiega l' evoluzione biologica unicamente con cause naturali. E infatti questo è prprio ciò che effettivamente fanno tutti i non pochi scienziati seri credenti: la spiegano con le mutazioni genetiche casuali e la selezione naturale.
Il principio antropico l' ho sempre ritenuto una bufala irrazionalistica, tipica espressione della totale impreparazione filosofica di tantissimi scienziati che vanno per la maggiore: dal momento che la vita intelligente c' è nell' universo, allora è banalissimamente ovvio che l' universo non poteva non essere fatto (da nessuno: non poteva non avere le caratteristiche che ha) che in modo tale che la vita intelligente ci fosse.
Allo stesso modo che se dell' acqua è calda, allora bisogna per forza che o si è formata calda, per liquefazione del vapore, oppure che sia stata scaldata: la celeberrima "scoperta dell' acqua calda"!
Loris Bagnara ha scritto:
Infatti io non invoco nulla di misterioso. Tutto ciò che accade nell'universo è naturale. Anche i fenomeni psi, come la telepatia, che potrebbero trovare una spiegazione nel fenomeno dell'entanglement.
Rispondo:
Beh se ritieni reale la telepatia e i fenomeni "paranormali" (credo intenda questo con "psi" -?-), allora vale lo stesso discorso del definire "razionale" l' autocontraddirsi: parliamo lingue diverse e non intertraducibili!
Per usare una tua felice espressione, ci conviene stare reciprocamente alla larga!
Loris Bagnara ha scritto:
Concludo chiedendo a Sgiombo una cosa che mi sono dimenticato di chiedere prima.
Nella tua concezione, la mente cosciente è mortale o immortale? Esiste prima di congiungersi al corpo materiale? Se sì, qual è la sua condizione? E dopo la morte del corpo materiale, continua a esistere la mente cosciente? E se sì, qual è la sua condizione?
Visto che colleghi la mente cosciente al piano ontologico della res cogitans, mi viene da pensare, per coerenza, che tu la ritenga immortale.
Rispondo:
Per quel che ci è possibile ragionevolmente arguire in proposito credo proprio che in assenza di un cervello vivo e funzionante (per lo meno potenzialmente e di solito di fatto indirettamente) nell' ambito di altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti (dunque prima della nascita e dopo a morte) non possa darsi mente cosciente.
Non vedo come considerare un piano ontologico mentale diverso da quello materiale sia contraddittorio con il considerare le menti coscienti mortali (aventi durata temporale finita, con un inizio e una fine).
Ma certamente uno che ritiene "razionale" l' affermazione che "E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto" [evidentemente prima di esserci] ha dei concetti di "coerenza logica" e di "contraddizione" molto personali, per così dire...
Citazione di: Loris Bagnara il 28 Aprile 2016, 23:07:47 PM
Non mi pare si possa dire che l'ipotesi del "disegno intelligente" sia stata superata, nel senso di "verificata e poi accantonata": è stata semplicemente accantonata, questo sì, ma per ragioni ideologiche, cioè filosofiche, in nome di una visione del mondo autosufficiente rispetto a quel Dio che era il cardine delle precedenti concezioni.
Non c'è dubbio che vi siano ragioni culturali e filosofiche a monte, sviluppatesi a partire dalle stesse precedenti storie delle trascendenze che ora vengono negate, ragioni che vanno ben oltre la stretta verificabilità scientifica, ma questo non accade ad arbitrio. Non è che
CitazioneAd un certo punto (a tavolino) si è stabilito che ... i fenomeni dell'universo si devono poter spiegare con cause che restano all'interno dell'universo
ma che ogni pretesa di leggere la trascendenza nei fenomeni è venuta a cadere per una necessità culturale che appartiene alla storia del pensiero occidentale fin dalle sue origini mitiche, e questo divenire in sé autosufficiente potrà certamente essere messa filosoficamente in dubbio, ma non si può cancellarla in nome di un ritorno ai felici vecchi tempi quando la mitologia delle rivelazioni da parte del progettista o da chi si proclamava autorizzato a parlare in nome suo potevano ancora essere intese come credibili.
Qualsiasi discorso sull'origine, che non si appelli a una pretesa mitica arbitraria, è contraddittorio, poiché niente può apparire prima dell'origine della coscienza interpretante che è pur tuttavia il prodotto di questa origine, può solo venire immaginato, l'osservatore non può porsi al di sopra di ciò che vede ritenendo così di godere la visione oggettiva delle cose per come stanno, non può esimere dal dubbio nessuna rivelazione, c'è dentro in ogni caso, anche quando immagina di riceverle dall'alto.
L'entanglement quantistico non esula per nulla dal punto di vista assunto dall'osservatore e resta comunque legato alla probabilità, a un fattore del tutto immanente e casuale, una probabilità che assume addirittura un significato ontologico e autoreferente da cui ogni progetto è radicalmente escluso. Se in essa alcuni avvertono un sapore (ad alcuni gradito ad altri no) di un misticismo olistico, è comunque un misticismo del tutto immanente alla materia stessa e alla perfetta casualità che determina ogni sua forma.
CitazioneE poi, chi l'ha detto che il disegno intelligente non si può conoscere perché noi ne siamo dentro? E se chi l'ha concepito, quel disegno intelligente (perché qualcuno lo deve aver concepito), semplicemente ce lo rivelasse? Rivelazione - termine passato di moda, vero? - Certo, nei limiti della nostra comprensione, ma sempre meglio che il non-senso del nulla.
Comunque non procedo oltre col disegno intelligente, perché non è propriamente la soluzione a cui io penso. E' solo per far comprendere che vi è una preclusione ideologica nei suoi confronti.
Il problema non è quello delle preclusioni ideologiche alle rivelazioni, ma che una rivelazione può essere accettata solo per fede. Occorre cioè credere a priori nelle rivelazioni per poter dire di averne ricevuta una e ci sarà sempre qualcun altro che quella rivelazione non la trova per nulla degna di fede. La scienza attuale non può basarsi sulle rivelazioni dall'alto, dato che comunque pretende di poter dare una ragione oggettiva del mondo, in grado di reggersi da sola. La scienza pone la fede solo nel suo metodo che le consente di mostrare a chiunque lo applichi che funziona, che sia musulmano, politeista, cristiano, ateo, buddista e via dicendo. E funziona al punto che oggi che lo si voglia o no, che si creda o no alla formulazione tecnico scientifica del mondo, nessuno può e sa farne a meno.
CitazioneVi è un esperienza interiore che tutti possono fare, ed è quella del proprio perdurare come io-sono aldilà dei mutevoli contenuti che attraversano l'io-sono.
Ora, se l'io-sono perdura costantemente, e se è vero che esso è generato dal corpo, si deve trovare qualcosa nel corpo che perdura.
Ma vi è qualcosa nel corpo che perdura? Assolutamente no. Perfino nel cervello non c'è nulla che sia immutabile: i neuroni (benché propriamente non muoiano) comunque scambiano molecole, energia, cambiano potenziale elettrico etc.
Non c'è nulla che resti uguale a se stesso nel corpo umano, e dunque nulla a cui agganciare quell'io-sono che noi sentiamo indubitabilmente essere sempre uguale a se stesso.
E' vero, il senso dell'io è sempre presente alla coscienza, ma il contenuto di esso varia continuamente e quindi varia il cosa io sono a partire da ciò che ora sono. L'io infatti non è una cosa con una sua permanenza oggettiva, ma il modo di darsi di una relazione che accade ripetendosi nel mondo in rapporto a ciò che non sono. L'io non è in nessun modo un assoluto, ma un evento relativo che si ripete mutando continuamente di significato pur conservando la propria complessiva identità di segno. Certo, Damasio e altri neurologi tentano di dare un senso a questo accadere nei termini che consente il linguaggio scientifico di cui sono esperti e questo non è cero sbagliato, se lo si intende come una particolare prospettiva che tenta di individuare nella fisiologia il modo di costruirsi di questa relazione, è sbagliato invece se questa prospettiva la si intende come l'unico modo esaustivo ed essenziale di dare ragione del proprio essere coscienti di sé.
Citazioni da
Sgiombo:
CitazioneMa questa è solo una banale tautologia: il tutto è tutto.
Bella scoperta!
Ma non vedo come possa costituire la (pretesa) risposta alla (pretesa) domanda (senza senso) sul senso della totalità del reale.
La tautologia è tutta e solo in quella frase, in cui il concetto di
TUTTO è stato svuotato (intenzionalmente) di ogni significato.
Eppure è un concetto antico quanto la filosofia: il
finito è
contingente, solo l'
infinito è
assoluto.
Evidentemente non lo si è compreso. Nel
Kybalion si dice:
"Non appena l'allievo sarà pronto per la Verità, questo libro giungerà a lui."
CitazioneIl principio antropico l' ho sempre ritenuto una bufala irrazionalistica, tipica espressione della totale impreparazione filosofica di tantissimi scienziati che vanno per la maggiore: dal momento che la vita intelligente c' è nell' universo, allora è banalissimamente ovvio che l' universo non poteva non essere fatto (da nessuno: non poteva non avere le caratteristiche che ha) che in modo tale che la vita intelligente ci fosse.
Questa sì che è una tautologia: si afferma che "
l'universo è così perché è così". E questo vale non solo col "perché", ma anche col "come" e col "quanto". Ha senso chiedersi com'è o quant'è l'universo, se l'universo è quel che è e non poteva essere diversamente, e non ci sono nemmeno termini di riferimento per confrontarlo?
CitazionePer quel che ci è possibile ragionevolmente arguire in proposito credo proprio che in assenza di un cervello vivo e funzionante (per lo meno potenzialmente e di solito di fatto indirettamente) nell' ambito di altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti (dunque prima della nascita e dopo a morte) non possa darsi mente cosciente.
Non vedo come considerare un piano ontologico mentale diverso da quello materiale sia contraddittorio con il considerare le menti coscienti mortali (aventi durata temporale finita, con un inizio e una fine).
E con questo si compie l'apoteosi dell'insensatezza. Abbiamo il noumeno, una
realtà-in-sé-che-non-si-sa-cos'è-né-perché, da cui dipendono due precari piani ontologici che non sussistono
di per sé, che non sono nemmeno in grado di
interagire l'uno con l'altro, e i cui contenuti fluttuano nell'
impermanenza. La mente cosciente sorge dal
nulla e sparisce nel nulla, senza spiegare come avvenga il mistero dell'
individuazione, cioè come avvenga che
io (non una mente cosciente qualsiasi, ma:
io) sia apparso "qui e ora", e non in un altro qualsiasi "qui e ora". Dov'è l'incoerenza? Non era necessario postulare un piano ontologico proprio per la coscienza: se la l'idea che la mente cosciente è comunque legata all'esistenza corporea, tanto vale risolvere il problema restando nel piano ontologico della materia (e risparmio un piano: rasoio di Occam). Quanto alla
realtà-in-sé-che-non-si-sa-cos'è-né-perché, sembra proprio avere tutte le prerogative di Dio, senza però che lo si possa nominare tale: l'ideologia materialista non lo consente.CitazioneMa certamente uno che ritiene "razionale" l' affermazione che "E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto" [evidentemente prima di esserci] ha dei concetti di "coerenza logica" e di "contraddizione" molto personali, per così dire...
La
coerenza logica delle
concezioni altrui di solito la si verifica partendo dalle
premesse altrui, non dalle proprie.
Io ho fatto così con le concezioni di altri, ma non ho visto fare altrettanto con le mie.
maral ha scritto:
CitazioneL'io infatti non è una cosa con una sua permanenza oggettiva, ma il modo di darsi di una relazione che accade ripetendosi nel mondo in rapporto a ciò che non sono.
Si cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il
dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come
essere pensante.
Come si può affermare che l'io non ha una "
permanenza oggettiva"? E' l'
unica cosa di cui possiamo con assoluta
certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che
sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un
sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto.
La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà. E invece la mente materialista ribalta la situazione, affermando la realtà della materia e l'inconsistenza dell'io, e costruisce su questa base l'edificio della scienza... Una base che si fonda su un postulato arbitrario e contrario all'esperienza soggettiva. Straordinaria esempio di logica e coerenza. E poi per arrivare a cosa? A non spiegare nulla di rilevante. Ad alzare le mani di fronte ad ogni domanda che non sia un "come" o un "quanto".Non è
fede, questa? E in virtù di cosa si crede all'esistenza degli
elettroni, dei protoni, degli atomi e di tutto il resto? Ciascuno di noi li ha personalmente verificati? Ha costruito gli strumenti necessari? Ha elaborato gli strumenti matematici e le teorie necessarie per interpretare i dati? Certamente no. Ci si fida del lavoro di altri ritenuti degni di fiducia, e anche gli scienziati lo fanno: qual è lo scienziato che ha personalmente verificato tutto il "materiale" che gli serve per portare il suo piccolo contributo alla conoscenza? Nessuno, ovviamente: non basterebbero cento vite. La scienza procede perché vi è una comunità di persone ritenute degne di fiducia che convalida risultati ritenuti degni di ficucia.Ma se applichiamo questo principio ad altri aspetti della realtà, scopriamo di poter espandere la nostra visione della realtà stessa.Dovremmo prendere atto che da quando esiste l'uomo vi sono stati migliaia, forse milioni di individui che hanno dichiarato di poter vedere una realtà "sottile", esattamente con la stessa certezza con cui ciascuno di noi vede la realtà "grossolana". E fra queste persone, evidentemente dotate di qualche facoltà superiore alla media, esattamente come qualcuno è più intelligente di altri, vi erano e vi sono persone spiritualmente straordinarie, maestri spirituali il cui unico scopo nella vita era ed è aiutare gli altri; persone straordinarie, attorniate da cerchie di persone animate dallo stesso spirito e che hanno portato diretta testimonianza dei loro maestri. Non faccio nomi, ce n'è un'infinità, grandi e piccoli, noti e meno noti. E quel che dicono tutte queste persone, riguardo alla realtà "sottile", è esattamente la stessa cosa. Tutti descrivono in essenza la stessa realtà, con una concordia che non si ritrova neanche nella comunità scientifica.Perché allora non prestare a queste persone - che non hanno mai mostrato di voler ingannare, anzi il contrario - la stessa fiducia che accordiamo alla comunità scientifica? (Per inciso, è questo ciò che intendevo con "rivelazione", quando ne ho accennato in un post precedente.)La risposta è semplice: farlo significherebbe minare alla radice la mente materialista, a cui evidentemente si è tanto affezionati.Ne Il paese dei chiechi, Wells illustra bene come sia impossibile convincere un cieco che esiste una realtà che lui non riesce vedere; e colui che vede, è solo un pazzo.
Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"Ma questa è solo una banale tautologia: il tutto è tutto.
Bella scoperta!
Ma non vedo come possa costituire la (pretesa) risposta alla (pretesa) domanda (senza senso) sul senso della totalità del reale." (Sgiombo)
La tautologia è tutta e solo in queste parole, in cui il concetto di
TUTTO è stato svuotato (intenzionalmente) di ogni significato.
Eppure è un concetto antico quanto la filosofia: il
finito è
contingente, solo l'
infinito è
assoluto.
Nel
Kybalion si dice:
"Non appena l'allievo sarà pronto per la Verità, questo libro giungerà a lui."
Rispondo:
Io ho impiegato il concetto di "tutto" nel suo significato letterale, quale si può trovare nei comuni vocabolari (non svuotandolo di esso)!
Mi sa che per quanto mi riguarda Kybalion e il suo libro dovranno aspettare a lungo; anzi: all' infiniti-assoluto, e dunque invano!
Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"Il principio antropico l' ho sempre ritenuto una bufala irrazionalistica, tipica espressione della totale impreparazione filosofica di tantissimi scienziati che vanno per la maggiore: dal momento che la vita intelligente c' è nell' universo, allora è banalissimamente ovvio che l' universo non poteva non essere fatto (da nessuno: non poteva non avere le caratteristiche che ha) che in modo tale che la vita intelligente ci fosse" (Sgiombo).
Questa sì che è una tautologia: si afferma che "
l'universo è così perché è così". E questo vale non solo col "perché", ma anche col "come" e col "quanto". Ha senso chiedersi com'è o quant'è l'universo, se l'universo è quel che è e non poteva essere diversamente, e non ci sono nemmeno termini di riferimento per confrontarlo?
Rispondo:
La risposta a questa domanda é ovviamente NO!
Infatti ovviamente se l' universo contiene la vita intelligente non c' é bisogno di alcun presunto "principio antropico" perché debba essere fatto in modo da contenere la vita intelligente: é già logicamente necessario in quanto tautologico.Universo = "tutto ciò che é reale" ovvero "oltre al quale non esiste null' altro (con cui si possa confrontarlo)": dunque "confrontarlo" non ha senso.Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"Per quel che ci è possibile ragionevolmente arguire in proposito credo proprio che in assenza di un cervello vivo e funzionante (per lo meno potenzialmente e di solito di fatto indirettamente) nell' ambito di altre, diverse esperienze fenomeniche coscienti (dunque prima della nascita e dopo a morte) non possa darsi mente cosciente.
Non vedo come considerare un piano ontologico mentale diverso da quello materiale sia contraddittorio con il considerare le menti coscienti mortali (aventi durata temporale finita, con un inizio e una fine)" (Sgiombo).
E con questo si compie l'apoteosi dell'insensatezza. Abbiamo il noumeno, una
realtà-in-sé-che-non-si-sa-cos'è-né-perché, da cui dipendono due precari piani ontologici che non sussistono
di per sé, che non sono nemmeno in grado di
interagirel'uno con l'altro, e i cui contenuti fluttuano nell'
impermanenza. La mente cosciente sorge dal
nulla e sparisce nel nulla, senza spiegare come avvenga il mistero dell'
individuazione, cioè come avvenga che
io (non una mente cosciente qualsiasi, ma:
io) sia apparso "qui e ora", e non in un altro qualsiasi "qui e ora". Dov'è l'incoerenza? Non era necessario postulare un piano ontologico proprio per la coscienza: se la l'idea che la mente cosciente è comunque legata all'esistenza corporea, tanto vale risolvere il problema restando nel piano ontologico della materia (e risparmio un piano: rasoio di Occam).
Rispondo:
Non ci vedo proprio nulla di insensato (autocontraddittorio): altro che "apoteosi"!
Io (non una mente cosciente qualsiasi, ma: io) sono comparso qui e ora: e perché mai sarei dovuto comparire là e allora?!?!?!
Se constato empiricamente due piani ontologici diversi e non reciprocamente interferenti ed entrambi in mutamento più o meno continuo non posso certo appellarmi (indebitamente) al rasoio di Ockam per eliminarne uno o entrambi!
Mica sono ipotesi, sono realtà empiricamente constate!
Loris Bagnara ha scritto:
Citazione
"Ma certamente uno che ritiene "razionale" l' affermazione che "E' proprio così. Noi siamo qui perché l'abbiamo voluto" [evidentemente prima di esserci] ha dei concetti di "coerenza logica" e di "contraddizione" molto personali, per così dire..." (Sgiombo)
La
coerenza logica delle
concezioni altrui di solito la si verifica partendo dalle
premesse altrui, non dalle proprie.
Io ho fatto così con le concezioni di altri, ma non ho visto fare altrettanto con le mie.
Rispondo:
Infatti sei tu che alla mia domanda "Credi forse di essere al mondo (così come sei) per tua libera scelta antecedente alla tua esistenza stessa" mi hai risposto che le cose stanno proprio cosi!
La coerenza logica di una conclusione la si valuta relativamente (é relativa) alle sue premesse, di chiunque siano (come puoi ben constatare ho fatto io in questa discussione).
CitazioneSe constato empiricamente due piani ontologici diversi e non reciprocamente interferenti ed entrambi in mutamento più o meno continuo non posso certo appellarmi (indebitamente) al rasoio di Ockam per eliminarne uno o entrambi!
Mica sono ipotesi, sono realtà empiricamente constate!
"Realtà
empiricamente constatate"?
Tu avresti
constatato che la res extensa e la res cogitans sono "due piani ontologici diversi e non reciprocamente interferenti etc"?
E sarei io il folle visionario e irrazionalista, quando dico di credere alle facoltà psi, e questo in virtù di una mole impressionante di dati raccolti anche da scienziati peraltro degni di fiducia?
Non ti seguo più, e mi pare che la qualità delle risposte sia alquanto scaduta.
Questa, ad esempio, non la comprendo proprio:
CitazioneInfatti sei tu che alla mia domanda "Credi forse di essere al mondo (così come sei) per tua libera scelta antecedente alla tua esistenza stessa" mi hai risposto che le cose stanno proprio cosi!
La coerenza logica di una conclusione la si valuta relativamente (é relativa) alle sue premesse, di chiunque siano (come puoi ben constatare ho fatto io in questa discussione).
Mi hai forse dimostrato che nella mia concezione la reincarnazione e il karma sono incoerenti con quel che ho detto, e cioè che l'individuo progetta la propria vita prima di incarnarsi? E invece la reincarnazione e il karma dicono proprio questo...
Oppure quest'altra risposta:
CitazioneIo ho impiegato il concetto di "tutto" nel suo significato letterale, quale si può trovare nei comuni vocabolari (non svuotandolo di esso)!
Vogliamo fare filosofia col vocabolario? Oppure possiamo farcela ad andare un po' oltre?
Oppure ancora quest'altra:
CitazioneInfatti ovviamente se l' universo contiene la vita intelligente non c' é bisogno di alcun presunto "principio antropico" perché debba essere fatto in modo da contenere la vita intelligente: é già logicamente necessario in quanto tautologico.
Universo = "tutto ciò che é reale" ovvero "oltre al quale non esiste null' altro (con cui si possa confrontarlo)": dunque "confrontarlo" non ha senso.
E' evidente, qui, che ti sfugge la differenza fra l'"essere
manifesto" e l'"essere
immanifesto". E non sono deboli in filosofia quegli scienziati che vedono nel principio antropico una questione importante, soprattutto se congiunta alla possibilità del
multiverso come sembrerebbe emergere in alcune interpretazioni della meccanica quantistica, e nella stessa teoria delle stringhe (o almeno in alcune sue varianti).
Questa infine le batte tutte:
CitazioneIo (non una mente cosciente qualsiasi, ma: io) sono comparso qui e ora: e perché mai sarei dovuto comparire là e allora?!?!?!
Purtroppo il senso dell'assurdo non si può spiegare: o lo si sente, o non c'è niente da fare. E qui non c'è niente da fare.
Anch'io un tempo mi dilettavo con i
sofismi, con le
trappole verbali, con i
depistaggi del pensiero; poi ho smesso, perché mi sono reso conto che è come masturbarsi, però fermandosi prima dell'orgasmo.
Ho scoperto che smontare il senso non dà gusto: c'è più gusto a costruirlo.
ce un "confine" un limite nell'io individuale,manifesto e relativo,per cui tutto cambia incessantemente così da avere quasi l'impressione di una impermanenza assoluta e in definitiva una non identità
cio che si ignora e' la sua origine e la sua provenienza,senza la quale non potrebbe nemmeno esistere (ex-stare = venire fuori,anche in inglese exit,uscita,uscire) ed essere,e che e' il non essere,immanifesto,immutabile e perenne..e se così si può dire quella e' la nostra autentica identità,e' quell'io-sono di assoluta certezza.
Trenta raggi convergono nel mozzo,ma è il vuoto del mozzo l'essenziale della ruota.
I vasi sono fatti di argilla,ma è il vuoto interno che fa l'essenza del vaso.
Mura con finestre e porte formano una casa,ma è il vuoto di essi che ne fa l'essenza.
l'essere serve come mezzo utile,nel non essere sta l'essenza.
gran cosa la libertà,come queste parole appena accennate,libere come il vento :)
Mi sembra stiano emergendo due novi temi di discussione e riflessione non direttamente pertinenti con questo topic che riguarda l'evoluzione darwiniana. Questi temi, filosoficamente fondamentali, sono la natura dell'io (scaturente dal cogito cartesiano, ma non solo) e quella del tutto (la questione che sta all'origine stessa della filosofia). Vi invito quindi ad aprire nuovi temi di discussione pertinenti ove poter proseguire con queste interessanti riflessioni, evitando di disperdere il senso specifico di questo topic.
CitazioneLoris Bagnara ha scritto:
"Realtà empiricamenteconstatate"?
Tu avresti constatatoche la res extensa e la res cogitans sono "due piani ontologici diversi e non reciprocamente interferenti etc"?
E sarei io il folle visionario e irrazionalista, quando dico di credere alle facoltà psi, e questo in virtù di una mole impressionante di dati raccolti anche da scienziati peraltro degni di fiducia?
Non ti seguo più, e mi pare che la qualità delle risposte sia alquanto scaduta.
Rispondo:
Constato che ho (o meglio: accadono) sensazioni materiali e sensazioni mentali.
E che perché il mondo fisico (materiale) sia scientificamente conoscibile se ne esige la "chiusura causale" come un' ineludibile conditio sine qua non.
Ne deduco che sensazioni mentali e materiali devono per forza divenire in diversi "ambiti della realtà" o "piani ontologici" non reciprocamente condizionantisi o influenzantisi (ovvero reciprocamente trascendenti); e constato che le moderne neuroscienze dimostrano (scientificamente; e sempre più convincentemente) le reciproche corrispondenze o le correlazioni necessarie fra di esse.
Non mi sono mai accorto della presunta "mole impressionante di dati raccolti anche da scienziati peraltro [SIC!, N.d.R.] degni di fiducia" che renderebbe credibili le "facoltà psi" (ma che cavolo sono? I presunti "poteri paranormali"? Per quanto mi riguarda sarei rimasto al "glorioso partito miserabilmente distrutto da Bettino Craxi").
...Sarò un po' distratto!
Faccio comunque mie le tue parole finali: "Non ti seguo più, e mi pare che la qualità delle risposte sia alquanto [anzi: di molto!, N.d.R.] scaduta".
Loris Bagnara ha scritto:
Mi hai forse dimostrato che nella mia concezione la reincarnazione e il karma sono incoerenti con quel che ho detto, e cioè che l'individuo progetta la propria vita prima di incarnarsi? E invece la reincarnazione e il karma dicono proprio questo...
Rispondo:
Parlando di "venire al mondo" non intendevo certo la reincarnazione ma il "cominciare ad esistere" (in assoluto). In mancanza di una tua precedente precisazione in proposito non potevo quindi che cogliere la contraddizione.
Certo che se si crede alla reincarnazione non è contraddittorio.
Resta comunque il fatto che la reincarnazione implica necessariamente la "formattazione del disco" delle esperienze precedentemente vissute (altrimenti ce le ricorderemmo, saremmo in continuità con le presunte nostre vite precedenti: la nostra vita attuale, e in particolare i ricordi nel suo ambito, si estenderebbe all' infinito nel passato implicando tutte le precedenti "reincarnazioni"); implica necessariamente il ricominciare un' esperienza che si sviluppa "da zero".
Mi sembra solo un tentativo (disperato, vano) di negare l' inizio (e soprattutto la fine! Che invece per parte mia ritengo si possa e debba serenamente accettare) della propria vita cosciente (quella attuale che ciascuno vive e che non ha alcuna reminiscenza di eventi precedenti in grado di avere su di essa un qualche effetto, di influenzarla in un qualsiasi modo, e che è iniziata dopo la nascita) semplicemente cambiando il significato delle parole usate e lasciando perfettamente invariata la realtà inesorabile dei fatti: in realtà le mie o tue presunte vite precedenti, assolutamente, integralmente dimenticate "starebbero (ammesso e non concesso) rispettivamente con la mia e la tua vita (reale) attuale come la tua vita attuale sta alla mia vita attuale e viceversa" (e così le nostre presunte vite o "reincarnazioni" future con le nostre reali vite attuali): in un rapporto di totale separatezza e alterità!
Loris Bagnara ha scritto:
Vogliamo fare filosofia col vocabolario? Oppure possiamo farcela ad andare un po' oltre?
Rispondo:
Se mi tacci di avere "svuotato (intenzionalmente) [SIC!] di ogni significato" con le mie parole "il concetto di TUTTO", beh, allora credo di avere tutto il diritto di rivendicare il mio corretto, anzi correttissimo, uso (nei loro significati letterali) dei termini impiegati nelle mie argomentazioni!
Loris Bagnara ha scritto:
"Infatti ovviamente se l' universo contiene la vita intelligente non c' é bisogno di alcun presunto "principio antropico" perché debba essere fatto in modo da contenere la vita intelligente: é già logicamente necessario in quanto tautologico.
Universo = "tutto ciò che é reale" ovvero "oltre al quale non esiste null' altro (con cui si possa confrontarlo)": dunque "confrontarlo" non ha senso" (Sgiombo)
E' evidente, qui, che ti sfugge la differenza fra l'"essere manifesto" e l'"essere immanifesto". E non sono deboli in filosofia quegli scienziati che vedono nel principio antropico una questione importante, soprattutto se congiunta alla possibilità del multiverso come sembrerebbe emergere in alcune interpretazioni della meccanica quantistica, e nella stessa teoria delle stringhe (o almeno in alcune sue varianti).
Rispondo:
Da dove salterebbe fuori questa "differenza fra l'"essere manifesto" e l'"essere immanifesto" di cui non hai mai finora parlato?
Certo che se nemmeno me ne hai accennato la differenza non può che sfuggirmi: (per mia fortuna) mica sono un "olista in grado di praticare la telepatia grazie all' entaglement quantistico"!
"Multiverso": altra bufala non scientifica (assolutamente non verificabile/falsificabile) da scienziati scarsissimi in filosofia e irrazionalisti!
Perfino quella del "Dio creatore" è una tesi relativamente meno irrazionalistica: postulazione dell' esistenza di un minor numero di enti indimostrati e indimostrabili esistere (rasoio di Ockam)!
Loris Bagnara ha scritto:
Purtroppo il senso dell'assurdo non si può spiegare: o lo si sente, o non c'è niente da fare. E qui non c'è niente da fare.
Anch'io un tempo mi dilettavo con i sofismi, con le trappoleverbali, con i depistaggi del pensiero; poi ho smesso, perché mi sono reso conto che è come masturbarsi, però fermandosi prima dell'orgasmo.
Ho scoperto che smontare il senso non dà gusto: c'è più gusto a costruirlo.
Rispondo:
Infatti la coerenza logica (o meno) delle affermazioni non "si sente" (questo è irrazionalismo allo stato puro! Confusione fra sentimento e dimostrazione razionale!), casomai la si argomenta e la si spiega proprio ragionando.
Rimando al mittente le elegantissime insinuazioni su "i sofismi, le trappoleverbali, i depistaggi del pensiero e le masturbazioni mentali interruptae" (a proposito: "godere nel costruire -arbitrariamente e irrazionalmente- sensi" -presunti!- anziché dimostrarli essere reali mi sembra proprio un'ottima esemplificazione!): è dai tempi dell' asilo infantile che non li pratico più (io).
Citazione da Sgiombo:
Citazionein realtà le mie o tue presunte vite precedenti, assolutamente, integralmente dimenticate "starebbero (ammesso e non concesso) rispettivamente con la mia e la tua vita (reale) attuale come la tua vita attuale sta alla mia vita attuale e viceversa" (e così le nostre presunte vite o "reincarnazioni" future con le nostre reali vite attuali): in un rapporto di totale separatezza e alterità!
Secondo la dottrina del karma tutte le innumerevoli vite sono legate
causalmente l'una all'altra. Il fatto di non ricordarsele è una necessità, per poter affrontare ogni singola vita come se fosse unica e senza il fardello dei ricordi. Del resto, quanto effettivamente ricordiamo della nostra presente vita? L'uno per cento? Vuol forse dire che ciò che non ricordiamo non è esistito?
Citazione da Sgiombo:CitazioneDa dove salterebbe fuori questa "differenza fra l'"essere manifesto" e l'"essere immanifesto" di cui non hai mai finora parlato?
E' un concetto filosofico fondamentale, a cui ho implicitamente accennato in altri post, e che do per scontato in questo genere di discussione.
Leggi la risposta #121 di Acquario69: lui ha capito perfettamente.
Queste cose si "vedono" con l'intuizione, non si spiegano come si spiega un teorema matematico, l'unica cosa che si può fare è tentare di evocarne l'intuizione attraverso metafore.
Ecco un'altra metafora, allora.
Pensate al cappello del mago.
Ne possono uscire
tante cose: un coniglio, oppure una colomba, oppure un mazzo di carte, oppure un foulard...
Pensate ora all'interno
vuoto del cappello...
Basta, è tutto qui.
Ha ragione maral, siamo o.o.t, mi scuso.
(Smetto di scrivere su questo 3D)
Citazione di: Loris Bagnara il 01 Maggio 2016, 16:07:20 PM
CitazioneSecondo la dottrina del karma tutte le innumerevoli vite sono legate causalmente l'una all'altra. Il fatto di non ricordarsele è una necessità, per poter affrontare ogni singola vita come se fosse unica e senza il fardello dei ricordi. Del resto, quanto effettivamente ricordiamo della nostra presente vita? L'uno per cento? Vuol forse dire che ciò che non ricordiamo non è esistito?
E' esistito, ma non esiste più: ora, al contrario di ciò che ricordiamo, é come se non l' avessimo mai vissuto (almeno finché non ci risovvenga).
(Anch' io Smetto di scrivere su questo 3D)
La Teoria dell'evoluzione è stata una guerra ideologica nella modernità per determinare il potere culturale.
La scienza e gli scienziati sono stati strumentalizzati ai fini di determinare il potere culturale..
Se la scienza è FATTI DIMOSTRATI secondo una metodica sperimentale, non può contraddittoriamente fingere che le ipotesi siano tesi e arrivare addirittura a costruire una Teoria sul principio di casualità per nascondere le difficoltà a relazionare i fatti sperimentale osservativi che emergono dalla macroevoluzione, microevoluzione e biologia molecolare.
Adatto che ci sono seri scienziati che studiano nei vari campi, come al solito c'è una cultura dominate che vuol fare della scienza una filosofia fino a farla diventare una cosmologia moderna per vincere la teologia che fino al Medioevo deteneva quel potere culturale.
Non voglio dare quì giudizi di valore, se sia giusto o no , ma vorrei sottolineare che questa guerra è stata fondamentale per determinare le giustificazioni e plausibilità dentro le teorie pratiche dell' economia, del diritto e della politica, cioè in tutte le prassi umane, in cui vige il principio edonistico e la morale diventa utilitarismo opportunistico.
Tecnicamente il primo post di Donaduck ha già messo in evidenza delle difficoltà teoriche in una postulazione scientifica che possa ricomprendere tesi osservative ,fatti sperimentali e dimostrali, se la scienza vuol essere scienza e non qualcos'altro.
A solo titolo di esempio la prima cellula avrebbe dovuto già avere, pena la sua sopravvivenza, una membrana con principio osmotico per interscambi dei nutrienti e protezione dell'ambiente, un meccanismo interno, un motore energetico come l'ATP, l'adenosina trifosfato per il metabolismo cellulare, e una forma riproduttiva già in essere, diversamente quella cellula sarebbe morta senza dare continuità. Avrei altri esempi sui "salti", mutazioni e quant'altro.
Ma ciò che vorrei mettere in luce è che se il tecnobiologo può ergersi al di sopra del filosofo nella nostra contemporaneità, quel "mandato" gli viene da un potere culturale acquistio da circa tre secoli ,in cui la stessa filosofia si divise in maniera interlocutoria, determinando l'attuale stato di supina osservanza verso la scienza che ha ovviamente sconfinato la sua forma di conoscenza sperimentale
Ho finalmente trovato qualche dato relativo a ricerche autorevoli sulla probabilità che per puro caso si producano molecole organiche e poi la vita.
Charles-Eugène Guye in L'évolution phisico-chimique (Hermann, Paris 1940), ha calcolato la probabilità che per puro caso combinatorio si sia potuta formare, nell'intera storia della Terra, la prima molecola della più semplice fra le proteine. Questa probabilità è dell'ordine di 10^600: dieci seguito da 600 zeri.
E questo è solo per la prima molecola proteica dalla struttura più semplice.
Come si vede, la scienza ha stabilito da tempo che la vita non può essere sorta per caso.
Questo il link ad una traduzione inglese del lavoro di Guye:
http://creationsafaris.com/epoi_c06.htm
Il testo ha questo titolo e questo autore:
"Evolution: possible or impossibile" di JAMES F. COPPEDGE.
Da una veloce scorsa della pagina indirizzata traggo l'impressione che l'autore ha una totale incomprensione della teoria darwiniana, in particolare del ruolo del caso. Inoltre dimentica del tutto la necessità, cioè la selezione che l'ambiente opera sulle creazioni del caso.
Ragiona come il se il caso avesse l'obiettivo, il fine di far uscire quella specifica molecola o proteina o il vivente o l'uomo o qualunque altra cosa reale di cui si tratti. Per caso poteva uscire qualunque proteina, qualunque cosa, semplicemente l'evoluzione sarebbe stata diversa, andava ugualmente bene. Sul caso poi agisce la necessità attraverso la selezione.
Mi ricorda il ragionamento del giovane forumista che si stupiva della sua esistenza visto l'enorme numero di coincidenze casuali che la riguardano, coincidenze che posso calcolare in modo smisurato, basta scegliere un campo di probabilità enorme, ad esempio a livello di posizione di atomi nel tempo.
Citazione di: baylham il 13 Giugno 2016, 16:42:35 PM
Il testo ha questo titolo e questo autore:
"Evolution: possible or impossibile" di JAMES F. COPPEDGE.
Da una veloce scorsa della pagina indirizzata traggo l'impressione che l'autore ha una totale incomprensione della teoria darwiniana, in particolare del ruolo del caso. Inoltre dimentica del tutto la necessità, cioè la selezione che l'ambiente opera sulle creazioni del caso.
Ragiona come il se il caso avesse l'obiettivo, il fine di far uscire quella specifica molecola o proteina o il vivente o l'uomo o qualunque altra cosa reale di cui si tratti. Per caso poteva uscire qualunque proteina, qualunque cosa, semplicemente l'evoluzione sarebbe stata diversa, andava ugualmente bene. Sul caso poi agisce la necessità attraverso la selezione.
Mi ricorda il ragionamento del giovane forumista che si stupiva della sua esistenza visto l'enorme numero di coincidenze casuali che la riguardano, coincidenze che posso calcolare in modo smisurato, basta scegliere un campo di probabilità enorme, ad esempio a livello di posizione di atomi nel tempo.
A me pare, invece, che siano i darwiniani ad avere una totale incomprensione della chimica e del calcolo probabilistico.
In primo luogo, è tutto da dimostrare che qualunque altra proteina sarebbe andata altrettanto bene. Proviamo a simulare la costruzione della vita con qualunque altra proteina, e vediamo se viene fuori qualcosa...
in secondo luogo, mi si deve spiegare in che modo la selezione e la necessità può agire su una singola molecola di proteina, che da sola non serve assolutamente a nulla se non inserita dentro ad un organismo biologico.
In altre parole, qual è il "vantaggio" offerto da una singola molecola di proteina che si sarebbe rivelata utile non nell'immediato, ma nel futuro, e solo dopo che altre innumerevoli e fortuite combinazioni (= altre proteine utili) si fossero realizzate?
Osservo che l'autore ignora la concezione soggettivistica della probabilità, non mi esprimo sulla parte chimica, che a mia volta ignoro.
Tuttavia non occorre una speciale preparazione tecnico scientifica per capire le differenti impostazioni in gioco.
Se gli atomi o le molecole hanno un nome diverso significa che hanno caratteristiche, strutture diverse e quindi anche le relazioni, i legami tra gli atomi o le molecole saranno diversi, alcuni saranno possibili, altri no. In breve ci sono differenze che producono differenze. Questo è il senso della necessità: alcune cose sono possibili, altre no, alcune saranno stabili, altre no.
Perciò ragionare di legami tra atomi e molecole sulla base dell'ipotesi che questi siano ugualmente probabili, di disposizioni con ripetizione di atomi e molecole in modo stocasticamente indipendente tra di loro significa negare le loro differenze, specificità.
Pensare diversamente le relazioni tra atomi restringe il campo delle possibilità. In quel saggio la necessità, l'ordine, la selezione è assente. Non si può discutere di darwinismo senza la necessità, la selezione ambientale, che è un fondamento essenziale della teoria dell'evoluzione.
Ma la questione di fondo resta quella della incomprensione del caso, come è evidente da questa affermazione: "Proviamo a simulare la costruzione della vita con qualunque altra proteina, e vediamo se viene fuori qualcosa..."
Certamente viene fuori qualcosa, un'altra realtà possibile, un'altra evoluzione: sono i bivi, le biforcazione, le alternative del sistema, della realtà.
In natura, nella realtà, qualunque cosa va bene e questa qualunque cosa produrrà qualche altra cosa. Il caso non si prefigge di far uscire un determinato risultato, una determinata molecola, un determinato aminoacido o altro, altrimenti non stiamo parlando di caso e di probabilità. C'è una struttura, un congegno, un sistema, un ordine, che produce un risultato più o meno probabile nell'ambito di altri risultati possibili, casuale appunto, ad esempio una molecola o un aminoacido. Che la probabilità attribuibile a quel risultato sia pari a 1/10^1000 non significa nulla, doveva uscire una proteina, è uscita quella specifica proteina. Il risultato sarà poi soggetto alla selezione dell'ambiente. Quando una cosa è accaduta discutere di probabilità è del tutto fuori luogo. Se non usciva quella proteina non ci sarebbe stata la vita? Allora non saremmo qui a discuterne.
Citazione di: baylham il 15 Giugno 2016, 11:42:52 AM
Osservo che l'autore ignora la concezione soggettivistica della probabilità, non mi esprimo sulla parte chimica, che a mia volta ignoro.
Tuttavia non occorre una speciale preparazione tecnico scientifica per capire le differenti impostazioni in gioco.
Se gli atomi o le molecole hanno un nome diverso significa che hanno caratteristiche, strutture diverse e quindi anche le relazioni, i legami tra gli atomi o le molecole saranno diversi, alcuni saranno possibili, altri no. In breve ci sono differenze che producono differenze. Questo è il senso della necessità: alcune cose sono possibili, altre no, alcune saranno stabili, altre no.
Perciò ragionare di legami tra atomi e molecole sulla base dell'ipotesi che questi siano ugualmente probabili, di disposizioni con ripetizione di atomi e molecole in modo stocasticamente indipendente tra di loro significa negare le loro differenze, specificità.
Pensare diversamente le relazioni tra atomi restringe il campo delle possibilità. In quel saggio la necessità, l'ordine, la selezione è assente. Non si può discutere di darwinismo senza la necessità, la selezione ambientale, che è un fondamento essenziale della teoria dell'evoluzione.
Ma la questione di fondo resta quella della incomprensione del caso, come è evidente da questa affermazione: "Proviamo a simulare la costruzione della vita con qualunque altra proteina, e vediamo se viene fuori qualcosa..."
Certamente viene fuori qualcosa, un'altra realtà possibile, un'altra evoluzione: sono i bivi, le biforcazione, le alternative del sistema, della realtà.
In natura, nella realtà, qualunque cosa va bene e questa qualunque cosa produrrà qualche altra cosa. Il caso non si prefigge di far uscire un determinato risultato, una determinata molecola, un determinato aminoacido o altro, altrimenti non stiamo parlando di caso e di probabilità. C'è una struttura, un congegno, un sistema, un ordine, che produce un risultato più o meno probabile nell'ambito di altri risultati possibili, casuale appunto, ad esempio una molecola o un aminoacido. Che la probabilità attribuibile a quel risultato sia pari a 1/10^1000 non significa nulla, doveva uscire una proteina, è uscita quella specifica proteina. Il risultato sarà poi soggetto alla selezione dell'ambiente. Quando una cosa è accaduta discutere di probabilità è del tutto fuori luogo. Se non usciva quella proteina non ci sarebbe stata la vita? Allora non saremmo qui a discuterne.
Sicuramente le combinazioni che danno luogo a proteine non sono tutte esattamente equivalenti, assumerlo è un'approssimazione come se ne fanno tante nella scienza. Ma sei sicuro che assumere diversamente migliori la comprensione della cosa?
Mi spiego. Tu sembri voler dire che alcune combinazioni sono più probabili, e sono proprio quelle combinazioni a produrre i materiali utili alla vita.
Ma guarda caso.
Il caso avrebbe voluto che un cosa così straordinaria come la vita sia stata addirittura favorita dalle condizioni di partenza, condizioni si sono premurate di far fuori tutto quello che non serve alla vita stessa (e quello che non serve, fra l'altro, è straordinariamente maggiore di quello che serve...)
Non mi sembra che la cosa migliori, come plausibilità.
Poi la formazione di una proteina utile non basta. Una proteina sola non basta, servono anche almeno alcune altre per cominciare. E devono trovarsi in prossimità l'una dell'altra, non servono a nulla se una si forma qui e l'altra anche solo a qualche metro di distanza. E serve un meccanismo di replicazione, perché altrimenti anche la proteina utile sparisce, e poi dev'essere di nuovo il caso a produrla...
E ancora, che cosa significa il concetto di "selezione" applicato a questa fase prebiotica? La selezione può intervenire su un animale, ad esempio, "premiando" una caratteristica utile. Ma per quale motivo dovrebbe essere selezionata una proteina anziché un'altra, quando tutte le proteine sono assolutamente inutili in fase pre-biotica?
Le uniche caratteristiche utili in fase prebiotica potrebbero essere la stabilità e la replicabilità; ma queste caratteristiche utili potrebbero accoppiarsi ad altre perfettamente inutili o dannose ai fini della costituzione di organismi biologici funzionali. Proprio come un bravo studente non è necessariamente un bravo giocatore di calcio, né un bravo giocatore di calcio è anche un bravo giocatore di basket.
Noto infine un curiosa attitudine, in questi casi, ad assumere come necessario quel che è accaduto, per il semplice fatto che è accaduto.
Non è quel che fa la scienza in qualunque altro campo. A quanto pare accade solo quando si parla di vita. Perché? Perché si sa già quale dev'essere la soluzione: il caso e nient'altro.
La vita c'è, e non poteva non esserci. Certo che la vita c'è, ma le cause non sono quelle che dice il darwinismo.
Sono certo che se vi imbattete in una pagina scritta, con senso perfettamente compiuto, nessuno di voi pensa neanche per un attimo che sia il frutto di un software che estrae a caso le lettere dell'alfabeto.
Eppure, anche in questo caso la pagina è lì: perché anche in questo caso non si dice che se è lì, non poteva che essere lì? Perché è inverosimile, come è inverosimile la comparsa casuale della vita.
Mio modesto parere: Secondo me Darwin ha fatto la più grande scoperta in campo scientifico, poi interpretata male dai posteri. Mi sono sempre chiesto se per caso ci trovassimo ad affrontare 1000 anni di era glaciale con temperature sotto i -50 gradi, la popolazione diminuirebbe drasticamente , però quelli che sopravvivono si evolvono, e modificano la loro biologia in modo automatico, così nel giro di 2/3 generazioni diventerebbe lo standard. Da qui la selezione naturale, chi sopravvive in questo caso andrà a modificare la struttura della pelle rendendola più dura, svilupperà peli o che ne so io , questo non importa. Gli esempi possono essere molteplici e anche più astratti, era solo per rendere l'idea. Ecco secondo me Darwin facendo questa grandiosa scoperta, poi ipotizzò che l'uomo si evolse dalla scimmia, a causa delle somiglianze biologiche e generiche, ma questa è una supposizione, che era semplicemente coorente con la sua teoria, non una verità assoluta! E anche lui lo sapeva. Come é andata non lo sappiamo.
La speciazione oltre che per l'ambiente ovviamente può avvenire per un intervento forzato esterno ( esperimento in laboratorio , vedi oggi come si sbizzarriscono con gli OGM ), il che renderebbe più veloce la prassi, cosa che secondo me è successo con l'essere umano. Hamer poi in fondo ha intuito la stessa cosa, solo che si è concentrato in campo medico con i tumori, che non andrebbero chiamati così, ma sempre secondo me ''reazioni biologiche del corpo per assicurarsi la sopravvivenza''
Citazione di: Loris Bagnara il 15 Giugno 2016, 12:40:56 PM
Noto infine un curiosa attitudine, in questi casi, ad assumere come necessario quel che è accaduto, per il semplice fatto che è accaduto.
Non è quel che fa la scienza in qualunque altro campo. A quanto pare accade solo quando si parla di vita. Perché? Perché si sa già quale dev'essere la soluzione: il caso e nient'altro.
La vita c'è, e non poteva non esserci. Certo che la vita c'è, ma le cause non sono quelle che dice il darwinismo.
Sono certo che se vi imbattete in una pagina scritta, con senso perfettamente compiuto, nessuno di voi pensa neanche per un attimo che sia il frutto di un software che estrae a caso le lettere dell'alfabeto.
Eppure, anche in questo caso la pagina è lì: perché anche in questo caso non si dice che se è lì, non poteva che essere lì? Perché è inverosimile, come è inverosimile la comparsa casuale della vita.
Se mi imbatto in una pagina scritta in presenza di un software che estrae a caso le lettere dell'alfabeto (metafora delle mutazioni genetiche casuali e altri eventi casuali all' origine della vita) e (per rendere la metafora veramente congruente con l' oggetto della biologia) di alcuni "revisori" che scartano le pagine non perfettamente sensate (= la selezione naturale!!!), o credo, se sono irrazionalista, che esista qualche "Disegnatore più o meno intelligente" che ha imposto per miracolo (letteralmente) l' uscita del testo dal computer alla prima stesura, oppure, se sono razionalista e voglio restare sul terreno scientifico e non credere a nulla di "soprannaturale", penso che il tempo della durata degli eventi considerati, il lavoro dei "revisori" e un po' di "sacrosanto culo" siano le uniche spiegazioni attendibili, e dunque quelle cui credere (che la vita sia improbabile può solo significare che se esistono tantissimi altri pianeti del tutto simili alla nostra Terra, solo in pochissimi di essi si é sviluppata la vita come "da noi": siamo fra i pochi detentori dei biglietti vincenti della lotteria; se poi la Terra fosse l' unico pianeta con le caratteristiche necessarie, un "caso unico", allora non si porrebbe alcun problema di "maggiore o minore probabilità", come afferma giustamente Baylham, vorrebbe dire he le cose sono andate così, punto e basta: "così va il mondo").
Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 11:25:48 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 15 Giugno 2016, 12:40:56 PM
Noto infine un curiosa attitudine, in questi casi, ad assumere come necessario quel che è accaduto, per il semplice fatto che è accaduto.
Non è quel che fa la scienza in qualunque altro campo. A quanto pare accade solo quando si parla di vita. Perché? Perché si sa già quale dev'essere la soluzione: il caso e nient'altro.
La vita c'è, e non poteva non esserci. Certo che la vita c'è, ma le cause non sono quelle che dice il darwinismo.
Sono certo che se vi imbattete in una pagina scritta, con senso perfettamente compiuto, nessuno di voi pensa neanche per un attimo che sia il frutto di un software che estrae a caso le lettere dell'alfabeto.
Eppure, anche in questo caso la pagina è lì: perché anche in questo caso non si dice che se è lì, non poteva che essere lì? Perché è inverosimile, come è inverosimile la comparsa casuale della vita.
Se mi imbatto in una pagina scritta in presenza di un software che estrae a caso le lettere dell'alfabeto (metafora delle mutazioni genetiche casuali e altri eventi casuali all' origine della vita) e (per rendere la metafora veramente congruente con l' oggetto della biologia) di alcuni "revisori" che scartano le pagine non perfettamente sensate (= la selezione naturale!!!), o credo, se sono irrazionalista, che esista qualche "Disegnatore più o meno intelligente" che ha imposto per miracolo (letteralmente) l' uscita del testo dal computer alla prima stesura, oppure, se sono razionalista e voglio restare sul terreno scientifico e non credere a nulla di "soprannaturale", penso che il tempo della durata degli eventi considerati, il lavoro dei "revisori" e un po' di "sacrosanto culo" siano le uniche spiegazioni attendibili, e dunque quelle cui credere (che la vita sia improbabile può solo significare che se esistono tantissimi altri pianeti del tutto simili alla nostra Terra, solo in pochissimi di essi si é sviluppata la vita come "da noi": siamo fra i pochi detentori dei biglietti vincenti della lotteria; se poi la Terra fosse l' unico pianeta con le caratteristiche necessarie, un "caso unico", allora non si porrebbe alcun problema di "maggiore o minore probabilità", come afferma giustamente Baylham, vorrebbe dire he le cose sono andate così, punto e basta: "così va il mondo").
Il fatto è che, come ho già osservato, non riesco a capire come possa agire il lavoro di "revisione" nella fase prebiotica: una molecola vale l'altra, poiché nessuna serve a qualcosa. L'unica qualità potrebbe essere la stabilità e la replicabilità; ma non è affatto detto che la qualità della replicabilità si accoppi ad altre qualità più specificamente utili in prospettiva della formazione di strutture organiche più complesse e, poi, di organismi biologici.
Però vorrei soprattutto dire quanto segue.
I darwiniani sembrano, più o meno esplicitamente, obiettare ai non-darwiniani che, se non si accetta la teoria darwiniana del caso+selezione, allora resta solamente il nulla o, peggio, il soprannaturale. Sembra quasi un "mangiare la minestra o saltare la finestra".
Ma le cose non stanno in questi termini. Io penso che ci possano essere altre teorie perfettamente razionali e scientifiche che riescano a colmare le palesi lacune della teoria caso+necessità.
Una teoria è provata se si osservano direttamente i fatti; oppure se vi sono conferme sperimentali; oppure se vi sono modelli matematici verosimili.
Al momento, la teoria darwiniana manca di tutto questo, per quanto riguarda la macro-evoluzione e ancora più per la fase prebiotica.
Nessuno era là a verificare i fatti.
Conferme sperimentali non ve ne sono ("il brodo primordiale" è ben lontano dall'essere una conferma esauriente).
L'unico strumento che resta, per poter convalidare una teoria sulla formazione ed evoluzione della vita, è la modellazione matematica e la valutazione della verosimiglianza della teoria stessa.
E questo vale per qualunque teoria: vale per la teoria darwiniana come per qualunque altra alternativa venga proposta. Non si può eludere, a mio avviso, perché altrimenti restano solo chiacchiere.
Del resto, in tutti gli altri campi della scienza si fa così. In cosmologia, ad esempio. Anche lì, nessuno c'era a vedere; prove sperimentali non se ne possono fare: resta solo la verosimiglianza delle diverse teorie.
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Giugno 2016, 13:05:54 PMI fatto è che, come ho già osservato, non riesco a capire come possa agire il lavoro di "revisione" nella fase prebiotica: una molecola vale l'altra, poiché nessuna serve a qualcosa. L'unica qualità potrebbe essere la stabilità e la replicabilità; ma non è affatto detto che la qualità della replicabilità si accoppi ad altre qualità più specificamente utili in prospettiva della formazione di strutture organiche più complesse e, poi, di organismi biologici.
Però vorrei soprattutto dire quanto segue.
I darwiniani sembrano, più o meno esplicitamente, obiettare ai non-darwiniani che, se non si accetta la teoria darwiniana del caso+selezione, allora resta solamente il nulla o, peggio, il soprannaturale. Sembra quasi un "mangiare la minestra o saltare la finestra".
Ma le cose non stanno in questi termini. Io penso che ci possano essere altre teorie perfettamente razionali e scientifiche che riescano a colmare le palesi lacune della teoria caso+necessità.
Una teoria è provata se si osservano direttamente i fatti; oppure se vi sono conferme sperimentali; oppure se vi sono modelli matematici verosimili.
Al momento, la teoria darwiniana manca di tutto questo, per quanto riguarda la macro-evoluzione e ancora più per la fase prebiotica.
Nessuno era là a verificare i fatti.
Conferme sperimentali non ve ne sono ("il brodo primordiale" è ben lontano dall'essere una conferma esauriente).
L'unico strumento che resta, per poter convalidare una teoria sulla formazione ed evoluzione della vita, è la modellazione matematica e la valutazione della verosimiglianza della teoria stessa.
E questo vale per qualunque teoria: vale per la teoria darwiniana come per qualunque altra alternativa venga proposta. Non si può eludere, a mio avviso, perché altrimenti restano solo chiacchiere.
Del resto, in tutti gli altri campi della scienza si fa così. In cosmologia, ad esempio. Anche lì, nessuno c'era a vedere; prove sperimentali non se ne possono fare: resta solo la verosimiglianza delle diverse teorie.
CitazioneIl fatto è che mentre ad un' ipotesi soprannaturale (non necessaria per spiegare la realtà empiricamente constatabile), come "il disegno intelligente", se irrazionalisticamente vuoi crederci, puoi attribuire gratuitamente la spiegazione di tutto nei minimi particolari (senza prova alcuna, né alcuna possibilità di sottoporla a conferma/falsificazione ma per definizione, a priori), da una teoria scientifica, come il "darwinismo odierno" (tanto per intenderci) non puoi pretendere l' onniscienza, l' illustrazione dettagliata dei minimi particolari della nascita della vita e dell' evoluzione biologica (sarebbe come chiedere alla cosmologia la descrizione per filo e per segno di tutti i pianeti e i satelliti di tutte le stelle della via lattea, o alla geologia la descrizione minuziosa di ogni piccola irregolarità del terreno del nostro pianeta: puoi pretenderlo dall' onniscienza divina, non dalle scienze dell' uomo!).
Alla scienza biologica puoi chiedere solo quali siano (e come sottoporre a conferma/falsificazione) le caratteristiche generali del processo "vita", i "meccanismi" fondamentali che ne possano naturalisticamente render conto.
E la moderna teoria dell' evoluzione biologica fondata da Darwin le propone (sostanzialmente mutazioni genetiche causali e selezione naturale; non semplicisticamente deformate, ma includendo i complessi meccanismi epigenetici, l' exattazione e tutta la gran mole di contributi scientifici portati dalla biologia seria del XX secolo), le confronta con i dati empirici, sottoponendole a falsificazione brillantissimamente confermata.
Che la cosa ti risulti "strana" o (impropriamente parlando) "improbabile", la realtà dei fatti (scientificamente conosciuta) è questa.
Cosa che non cambia per quante altre volte (come non dubito farai ancora, conoscendoti ormai un poco) tu ribadisca il tuo sembrarti "incredibile" (e ovviamente per parte mia non perderò tempo a riproporre risposte già date alla ripetizione ulteriore delle stesse argomentazioni già proposte e già criticate; ma sia chiaro: in questo caso chi tace non acconsente!).
Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 19:51:46 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Giugno 2016, 13:05:54 PMI fatto è che, come ho già osservato, non riesco a capire come possa agire il lavoro di "revisione" nella fase prebiotica: una molecola vale l'altra, poiché nessuna serve a qualcosa. L'unica qualità potrebbe essere la stabilità e la replicabilità; ma non è affatto detto che la qualità della replicabilità si accoppi ad altre qualità più specificamente utili in prospettiva della formazione di strutture organiche più complesse e, poi, di organismi biologici.
Però vorrei soprattutto dire quanto segue.
I darwiniani sembrano, più o meno esplicitamente, obiettare ai non-darwiniani che, se non si accetta la teoria darwiniana del caso+selezione, allora resta solamente il nulla o, peggio, il soprannaturale. Sembra quasi un "mangiare la minestra o saltare la finestra".
Ma le cose non stanno in questi termini. Io penso che ci possano essere altre teorie perfettamente razionali e scientifiche che riescano a colmare le palesi lacune della teoria caso+necessità.
Una teoria è provata se si osservano direttamente i fatti; oppure se vi sono conferme sperimentali; oppure se vi sono modelli matematici verosimili.
Al momento, la teoria darwiniana manca di tutto questo, per quanto riguarda la macro-evoluzione e ancora più per la fase prebiotica.
Nessuno era là a verificare i fatti.
Conferme sperimentali non ve ne sono ("il brodo primordiale" è ben lontano dall'essere una conferma esauriente).
L'unico strumento che resta, per poter convalidare una teoria sulla formazione ed evoluzione della vita, è la modellazione matematica e la valutazione della verosimiglianza della teoria stessa.
E questo vale per qualunque teoria: vale per la teoria darwiniana come per qualunque altra alternativa venga proposta. Non si può eludere, a mio avviso, perché altrimenti restano solo chiacchiere.
Del resto, in tutti gli altri campi della scienza si fa così. In cosmologia, ad esempio. Anche lì, nessuno c'era a vedere; prove sperimentali non se ne possono fare: resta solo la verosimiglianza delle diverse teorie.
CitazioneIl fatto è che mentre ad un' ipotesi soprannaturale (non necessaria per spiegare la realtà empiricamente constatabile), come "il disegno intelligente", se irrazionalisticamente vuoi crederci, puoi attribuire gratuitamente la spiegazione di tutto nei minimi particolari (senza prova alcuna, né alcuna possibilità di sottoporla a conferma/falsificazione ma per definizione, a priori), da una teoria scientifica, come il "darwinismo odierno" (tanto per intenderci) non puoi pretendere l' onniscienza, l' illustrazione dettagliata dei minimi particolari della nascita della vita e dell' evoluzione biologica (sarebbe come chiedere alla cosmologia la descrizione per filo e per segno di tutti i pianeti e i satelliti di tutte le stelle della via lattea, o alla geologia la descrizione minuziosa di ogni piccola irregolarità del terreno del nostro pianeta: puoi pretenderlo dall' onniscienza divina, non dalle scienze dell' uomo!).
Alla scienza biologica puoi chiedere solo quali siano (e come sottoporre a conferma/falsificazione) le caratteristiche generali del processo "vita", i "meccanismi" fondamentali che ne possano naturalisticamente render conto.
E la moderna teoria dell' evoluzione biologica fondata da Darwin le propone (sostanzialmente mutazioni genetiche causali e selezione naturale; non semplicisticamente deformate, ma includendo i complessi meccanismi epigenetici, l' exattazione e tutta la gran mole di contributi scientifici portati dalla biologia seria del XX secolo), le confronta con i dati empirici, sottoponendole a falsificazione brillantissimamente confermata.
Che la cosa ti risulti "strana" o (impropriamente parlando) "improbabile", la realtà dei fatti (scientificamente conosciuta) è questa.
Cosa che non cambia per quante altre volte (come non dubito farai ancora, conoscendoti ormai un poco) tu ribadisca il tuo sembrarti "incredibile" (e ovviamente per parte mia non perderò tempo a riproporre risposte già date alla ripetizione ulteriore delle stesse argomentazioni già proposte e già criticate; ma sia chiaro: in questo caso chi tace non acconsente!).
Sgiombo, vedo che quanto si tocca questo tasto del darwinismo non ci vedi proprio più, non ci vedi fino al punto di continuare ad attribuirmi l'intenzione di proporre "il disegno intelligente", quando invece io nel mio ultimo post ho parlato chiaramente della necessità di
teorie scientifiche alternative. Che ci possono essere, purché ci sia anche una mente aperta.
Questo tuo intervento non fa che confermare, tuttavia, che per voi darwiniani la soluzione c'è già, non bisogna cercarne altre, perché qualunque
siano le pecche, non ci sono altre soluzioni, e questa bisogna tenere. Questa sì che è
fede.
Be', tenetevele pure, la vostra soluzione. Io preferisco cercarne altre leggermente più
verosimili.
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Giugno 2016, 20:11:13 PM
Sgiombo, vedo che quanto si tocca questo tasto del darwinismo non ci vedi proprio più, non ci vedi fino al punto di continuare ad attribuirmi l'intenzione di proporre "il disegno intelligente", quando invece io nel mio ultimo post ho parlato chiaramente della necessità di teorie scientifiche alternative. Che ci possono essere, purché ci sia anche una mente aperta.
Questo tuo intervento non fa che confermare, tuttavia, che per voi darwiniani la soluzione c'è già, non bisogna cercarne altre, perché qualunque
siano le pecche, non ci sono altre soluzioni, e questa bisogna tenere. Questa sì che è fede.
Be', tenetevele pure, la vostra soluzione. Io preferisco cercarne altre leggermente più verosimili.
CitazioneCi vedo sempre molto bene: non preoccuparti!
E infatti cito un certo "Loris Bagnara" (per caso lo conosci?) dalla risposta # 20 di questa stessa discussione:
"Ma allora, se siamo arrivati ad ammettere tutto questo, cosa c'è di strano nell'idea di un disegno intelligente che guida l'evoluzione dell'universo, se è vero che tutto è coscienza?" (Loris Bagnara).
Sono io che non ci vedo o sei tu che fai il gioco delle tre carte?
No, caro, questa é scienza, sottoposta a verifica e ben confermata!
Ma quali sarebbero queste presunte "teorie scientifiche alternative. Che ci possono essere, purché ci sia anche una mente aperta"?
Quando le avrai trovate, le presunte soluzioni più verosimili, facci un fischio (se avranno scientificamente superato le attuali teorie evoluzionistiche, avendo " una mente aperta", noi razionalisti saremo ben lieti di accoglierle)!
Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2016, 21:35:31 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 16 Giugno 2016, 20:11:13 PM
Sgiombo, vedo che quanto si tocca questo tasto del darwinismo non ci vedi proprio più, non ci vedi fino al punto di continuare ad attribuirmi l'intenzione di proporre "il disegno intelligente", quando invece io nel mio ultimo post ho parlato chiaramente della necessità di teorie scientifiche alternative. Che ci possono essere, purché ci sia anche una mente aperta.
Questo tuo intervento non fa che confermare, tuttavia, che per voi darwiniani la soluzione c'è già, non bisogna cercarne altre, perché qualunque
siano le pecche, non ci sono altre soluzioni, e questa bisogna tenere. Questa sì che è fede.
Be', tenetevele pure, la vostra soluzione. Io preferisco cercarne altre leggermente più verosimili.
CitazioneCi vedo sempre molto bene: non preoccuparti!
E infatti cito un certo "Loris Bagnara" (per caso lo conosci?) dalla risposta # 20 di questa stessa discussione:
"Ma allora, se siamo arrivati ad ammettere tutto questo, cosa c'è di strano nell'idea di un disegno intelligente che guida l'evoluzione dell'universo, se è vero che tutto è coscienza?" (Loris Bagnara).
Sono io che non ci vedo o sei tu che fai il gioco delle tre carte?
No, caro, questa é scienza, sottoposta a verifica e ben confermata!
Ma quali sarebbero queste presunte "teorie scientifiche alternative. Che ci possono essere, purché ci sia anche una mente aperta"?
Quando le avrai trovate, le presunte soluzioni più verosimili, facci un fischio (se avranno scientificamente superato le attuali teorie evoluzionistiche, avendo " una mente aperta", noi razionalisti saremo ben lieti di accoglierle)!
Quando ho parlato della possibilità del disegno intelligente, ho anche sempre aggiunto che non lo ritengo un intervento dall'esterno, trascendente, ma una proprietà immanente all'universo, che si esplica con leggi perfettamente razionali e scientifiche. Ma sono certo che questo non lo comprendi.
Vuoi un esempio? I concetti di entropia e sintropia, proposti dal matematico Fantappiè, potrebbero spiegare la vita e molte altre cose. Ma non credo che ti interessi, tanto la soluzione ce l'hai già.
Comunque, se vuoi proprio la rissa...
Vediamo dunque come Sgiombo, questo difensore della scienza, è giunto a formulare il suo pensiero.
Punto di partenza, un convinto materialismo. e la chiusura causale dell'universo.
Ecco allora Sgiombo abbracciare con convinzione la corrente mainstream della scienza, nella fattispecie il darwinismo, capace di mettere fuori gioco ogni pretesa di disegno intelligente. O meglio, non proprio tutto mainstream, perché Sgiombo preferisce alla "selezione del più adatto" un concetto tutto suo, inesistente nella letteratura scientifica, che è la "selezione del non troppo disadatto". Senza rendersi conto che in tal modo depotenzia enormemente la capacità selettiva dell'ambiente, ma tant'è, Sgiombo avrà le sue ragioni...
E in cosmologia? Qui il mainstream parla di Big Bang, di un universo finito nello spazio e nel tempo, o meglio, di uno spazio-tempo quadridimensionale finito ma senza limiti: concetto che Sgiombo rifiuta perché contrario a ciò che, lui, esperisce.
No, niente mainstream allora: meglio ripescare una teoria morta e sepolta, che è quella dell'universo stazionario, infinito nel tempo e nello spazio. Una teoria oggi assolutamente marginale, perché praticamente insostenibile alla luce della relatività, delle osservazioni e dei paradossi che produce (il paradosso di Olbers non si risolve come dice Sgiombo).
E perché Sgiombo ha bisogno di un universo infinito nel tempo e nello spazio? Perché in questo caso quel che dice il mainstream non va bene? Ma perché Sgiombo sa bene che un universo finito nel tempo e nello spazio necessita di una prima causa per metterlo in moto, una prima causa che non può logicamente che essere esterna, e questo sa troppo di "motore immobile", e - non sia mai - di Dio!
Quindi, niente spazio-tempo quadridimensionale, niente Big Bang, e magari anche niente relatività: via tutto quello che confuta il suo universo infinito nel tempo e nello spazio, che (crede lui) non ha bisogno di Dio.
E nel mondo microscopico? Anche qui il mainstream non va bene: l'interpretazione di Copenaghen della m.q. non va bene, perché non è causale, e Sgiombo ha bisogno di causalità. Che fa dunque Sgiombo? Va a pescare una teoria originale e personale di uno scienziato, peraltro brillante, ma che gode di un consenso piuttosto limitato: David Bohm, con la sua interpretazione causale della m.q.
Ma Sgiombo poi si prende tutto di Bohm? Anche quando parla di
Universo, mente e materia? Ah no, quello no, lì Bohm diventa irrazionalista, e quindi, via. Insomma, niente interpretazione di Copenaghen; meglio Bohm, ma mica tutto, solo quel che pare più comodo a Sgiombo.
Eccolo dunque, lo "slalom speciale" mirabilmente disegnato fra i paletti delle varie teorie scientifiche, da parte di questo strenuo difensore della genuina scienza che è Sgiombo! O anche, potremmo dire, la spesa di Sgiombo al supermercato della scienza e della filosofia: un concetto qui, una teoria lì... quel che torna più comodo a Sgiombo.
Come non dargli fiducia, dunque, quando difende con tanto ardore la potenza esplicativa del darwinismo?
RISPOSTA DEFINITIVA A LORIS BAGNARA
"Caro" Loris Bagnara, compiendo sforzi "eroici" per trattenere i conati di vomito mi sono letto il tuo ultimo penoso e scorretto intervento nel quale, come sempre, stravolgi completamente (e in evidente malafede) il mio pensiero (fra l' altro mi definisci "convintamente materialista": SIC!).
Fra l' altro non credo che in generale la compilazione (oltretutto in questo caso completamente falsa e malevola, denigratoria, malignamente deformata e caricaturalizzata) delle convinzioni di un partecipante al forum su vari argomenti trattati in esso, allo scopo di "tracciarne un -falsissimo- profilo" da additare al (preteso!) ludibrio degli altri frequentatori sia ammissibile in questa discussione, né in generale nel forum stesso.
A me piace discutere con interlocutori corretti e leali e non con chi sistematicamente deforma in maniera denigratoria (e offensiva; se non altro della loro intelligenza) le tesi degli interlocutori.
Avevo già deciso una prima volta, in seguito a un'altra tua analoga grave scorrettezza polemica. di ignorarti, ma poi mi sono lasciato andare (ma dovevo aspettarmi che con te non poteva che finire così).
STAVOLTA CON TE PASSO E CHIUDO DEFINITIVAMENTE.
P.S.: Dato il tuo grado di intelligenza, non dubito ovviamente che a questo mio intervento definitivo nei tuoi confronti opporrai un' altra penosa e scorretta risposta piena di deformazioni caricaturali e falsificazioni delle mie opinioni (peccato per te che nemmeno la leggerò).
Sgiombo, non sono io ad aver accusato l'altro di "fare il gioco delle tre carte".
Passo e chiudo volentieri..