L'uomo, e la religione e gran parte della filosofia lo dimostrano, ha sempre sentito l'esigenza di "dare un senso" all'esistenza, cioè di decidere un motivo per cui siamo al mondo e in questo modo decidere come comportarsi e quali atteggiamenti invece evitare. Dare un senso è quindi rassicurante, serve ad avere certezze, prova ne è il fatto che la sensazione di "non senso" è all'origine di angosce più o meno grandi e persino di depressioni quando la caduta di senso è accompagnata anche da altri problemi. Io invece, può sembrare assai strano ma in fondo è così, sarei decisamente più felice se avessi la certezza che di fatto NON esiste alcun senso prestabilito. Infatti stabilire che si vive per uno scopo ben preciso e non per un altro ritenuto irrilevante o persino errato secondo me ci vincola moltissimo e ci rende schiavi di quel senso che la società, la cultura di appartenenza, ha già deciso per noi: se la tua personalità è in sintonia con quel significato astratto allora va tutto a gonfie vele, ma se invece non è così ecco che emergono conflitti, sensi di colpa, nevrosi, insomma le certezze prestabilite schiavizzano l'uomo. Io ritengo sia opportuno che la filosofia smascheri tutti i "sensi" stabiliti a priori rivelandone la fondamentale inconsistenza e lasci quindi libero l'individuo di decidere lui come vivere, senza condizionamenti. Quelli che si aggrappano al "senso" prestabilito alla fine sono dei deboli, per chi è veramente forte il senso è soltanto una palla al piede. Siete d'accordo?
Salve Socrate78. Perché la ricerca di un senso della vita rappresenta semplicemente l'espressione psichica - quindi ultrabiologica - dell'istinto di sopravvivenza.
Il corpo vuole sopravvivere biologicamente e cerca di farlo attraverso tale istinto.
Una volta che in un corpo si siano instaurate una psiche e soprattutto una COSCIENZA, anch'esse per sopravvivere al loro livello hanno bisogno di sostenersi a qualcosa che sia oltre la biologia corporale.
Per questo, essendo psiche e coscienza degli "extra" (delle specie di "optionals" della carrozzeria corporea), necessitano di una motivazione "extra" che noi chiamiamo senso della vita. Saluti.
ciao Socrate78,
non sono d'accordo.
L'osservazione di come "gira il mondo", le sue regolarità e i suoi diversi cicli, quelle che scientificamente chiamiamo leggi, da sempre o nei miti, o nelle filosofie o religioni vennero e vengono interpretate come senso.
L'argomento è vasto se applicabili a più domini,dal naturale all'etico morale.
Personalmente se c'è un senso è inquietante, non rassicurante o consolatorio, perchè per quanto possiamo osservare, riflettere, considerare e alla fine stabilire interpretativamente, la verità "è una soggettiva dal balcone da cui noi vediamo il mondo": è una prospettiva.
Se si pensa che vi sia un senso, il nostro comportamento ne viene influito.
Si può scegliere che non vi sia un senso e "lasciarsi vivere",che è una forma di oblio.
La libertà è un'altro grosso problema.Liberi da che cosa(negativa), liberi per che cosa(positiva)?
Questa società contemporanea in teoria è la più libera: un gran "casino"
Il senso della vita é viverla.
Sono d'accordo,ma.....
I deboli che si aggrappano formano un gruppo forte , rispetto al quale i forti isolati risultano deboli satelliti , costretti comunque a girarci attorno.
Quindi il senso ha a che fare con la creazione di una società.
Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo , e in fondo è fin troppo facile da smascherare , quanto pericoloso farlo.
Mettere in dubbio quel senso in effetti significa mettere in allarme l'istinto di sopravvivenza della società che lo ha adottato come collante.
L'esigenza di un senso nasce in ultima analisi da un istinto sociale , e la società , una volta costituita , si difende difendendo il suo senso .
Le società comunque si evolvono e ciò comporta modifiche di senso , le quali si hanno solo se si è usata sufficiente tolleranza verso il libero pensiero.
La domanda è: ci vuole più coraggio a restare liberi pensatori o ad aderire in modo acritico ad una società ?
Da che parte sto io dovrebbe essere chiaro , ma mi sforzo di immedesimarmi nell'altra parte , senza riuscire ad identificarmi (purtroppo ? ).
Mi è toccata questa parte e me la tengo.
Ci vuole coraggio , e io ce l'ho , ma non mi sembra che la forza stia dalla mia parte.
Citazione di: paul11 il 21 Novembre 2018, 22:30:09 PM
...
Se si pensa che vi sia un senso, il nostro comportamento ne viene influito.
Si può scegliere che non vi sia un senso e "lasciarsi vivere",che è una forma di oblio.
La libertà è un'altro grosso problema.Liberi da che cosa(negativa), liberi per che cosa(positiva)?
Questa società contemporanea in teoria è la più libera: un gran "casino"
La libertà è l'indicatore del senso della vita. Anche una vita obliata, apparentemente senza senso, lo riacquista all'istante mettendola in gabbia: il senso sta fuori dalla gabbia. Vale per ogni animale incluso l'umano. La cui specificità è la creazione di gabbie mentali. Così perfette da non apparire neppure gabbie e così abili da mascherarsi nel loro opposto. Va bene chiamare in causa le istituzioni che hanno prodotto la civiltà: esse danno un senso, ma quale ? Anche qui è sempre il negativo a illuminare il senso della vita. Nella vita antica stava fuori dal binomio astieniti-prega, nella moderna sta fuori del - perfettamente omologo - binomio lavora-consuma.
Dare un senso è importante per poter sviluppare le proprie potenzialità, più che per essere rassicurati.
Il problema non è il fatto che una certa dottrina ti offre un senso prestabilito a cui ci si deve adeguare, ma il fatto che non si capisca che i significati comuni vanno incarnati e quindi declinati secondo la prospettiva personale.
Nel Rinascimento non c'era tutta questa sensibilità alla propria autonomia di giudizio. Voglio dire che non temevano che la loro coscienza potesse essere colonizzata da qualche specifico sapere. Avevano la grande capacità di attraversare il sapere senza dover continuamente individuare nemici. Potevano conoscere perfettamente la teologia scolastica come la filosofia classica e la nuova filosofia della natura, senza sentire contraddizioni.
Al limite la loro intolleranza era riservata alla Chiesa in quanto istituzione.
Ai nostri tempi invece vengono moltiplicate le contrapposizioni. Non dico che non si debba esercitare la negazione – per poter poi abbracciare ciò che ci è affine –, ma a volte sembra che il percorso sia troppo breve e tutto interessato al "no" finale.
Il bisogno di senso deriva dalla consapevolezza del bene e del male. E dalla constatazione che non sembra proprio esserci giustizia in questo mondo.
Il bisogno di senso può condurci, se vissuto esistenzialmente, ossia con fede nella Verità, al "limite". Dove la ragione deve accettare il proprio naufragio.
Perché da un lato il mondo funziona così, e dall'altro questo mondo non è accettabile, in quanto non è giusto!
Nella ricerca della Verità, ogni possibile significato che dia un perché al male finisce inevitabilmente con il dover essere rifiutato.
Sì è così tentati di abbandonarsi al nichilismo. L'assenza di senso è allora vissuta come conferma dell'inesistenza della Verità.
La vita è così e basta.
Senza avvedersi che è proprio l'assenza di senso a pretendere da noi il passo decisivo.
Il passo verso la Verità.
Prima di domandarsi il senso della vita bisogna chiedersi cos'è la vita, cos'è un essere vivente.
Interrogarsi sul senso della vita significa indagare anche il significato della morte. Vita e morte sono in tandem.
Il biologo e genetista Edoardo Boncinelli nel suo saggio titolato "Vita" dice che un essere vivente è materia organizzata, limitata nel tempo e nello spazio, capace di metabolizzare, riprodursi ed evolvere.
I costituenti sono cellule e macromolecole, ma è il possesso del genoma che fa l'essere vivente.
la consapevolezza di dover morire è un peso che accompagna l'uomo in ogni circostanza, per quanto si sforzi di vivere come se così non fosse. E proprio per sopportare questo pesante fardello, l'uomo ha inventato l'anima, affinché almeno una parte di sé potesse essere immortale e incorruttibile, non deperire col tempo e non essere annientata.
Concordo pienamente. E' il negativo, la morte (quel che ne consegue, perché l'atto di morire é ancora un momento della vita), a riempire di senso la vita. A maggior ragione per chi non crede nell'aldilà. Fossimo immortali (sul serio) il senso della vita sarebbe totalmente differente.
Socrate, il bisogno di un direzionamento esteriore per le nostre azioni nasce dagli stessi meccanismi che fanno di noi una realtà sociale piuttosto che un gruppo di individui indipendenti l'uno dall'altro.
La scelta individuale deve essere socialmente sensata, cioè coerente con un'idea di fondo dei valori della società. L'idea di senso, come faceva notare anche Ipazia, limita la nostra libertà perché questo è funzionale alla definizione di un ordine sociale.
Citazione di: altamarea il 22 Novembre 2018, 21:04:09 PMPrima di domandarsi il senso della vita bisogna chiedersi cos'è la vita, cos'è un essere vivente. Interrogarsi sul senso della vita significa indagare anche il significato della morte. Vita e morte sono in tandem. Il biologo e genetista Edoardo Boncinelli nel suo saggio titolato "Vita" dice che un essere vivente è materia organizzata, limitata nel tempo e nello spazio, capace di metabolizzare, riprodursi ed evolvere. I costituenti sono cellule e macromolecole, ma è il possesso del genoma che fa l'essere vivente. la consapevolezza di dover morire è un peso che accompagna l'uomo in ogni circostanza, per quanto si sforzi di vivere come se così non fosse. E proprio per sopportare questo pesante fardello, l'uomo ha inventato l'anima, affinché almeno una parte di sé potesse essere immortale e incorruttibile, non deperire col tempo e non essere annientata.
Un ragionamento decisamente riduttivo. La ricerca di senso non ha a che fare solo con la morte, ma anche con cose come libertà, coscienza, bellezza, amore etc. Esperienze che se fossero solo il prodotto dello sforzo di rimuovere la paura della morte sarebbero fragili come certe costruzioni religiose (le idee di una vita oltre la morte a cui praticamente nessuno crede veramente). Invece hanno la forza di qualcosa di fondamentale, di irriducibile.
Del resto che dopo millenni di ricerca filosofica su questi temi ci si debba oggi affidare alla biologia mi sembra il segno per la nostra civiltà di un fallimento clamoroso.
Citazione di: Kobayashi il 24 Novembre 2018, 08:58:46 AM
Un ragionamento decisamente riduttivo. La ricerca di senso non ha a che fare solo con la morte, ma anche con cose come libertà, coscienza, bellezza, amore etc. Esperienze che se fossero solo il prodotto dello sforzo di rimuovere la paura della morte sarebbero fragili come certe costruzioni religiose (le idee di una vita oltre la morte a cui praticamente nessuno crede veramente). Invece hanno la forza di qualcosa di fondamentale, di irriducibile.
Del resto che dopo millenni di ricerca filosofica su questi temi ci si debba oggi affidare alla biologia mi sembra il segno per la nostra civiltà di un fallimento clamoroso.
Concordo: della filosofia. Che a forza di cercare nel mondo dietro il mondo i suoi fondamenti non si accorgeva, e continua a non accorgersi, di averli lì davanti: la vita umana. Da riempire di senso nella sua caducità e unicità (l'unico Uno che meriti la maiuscola). Cosa che gli umani fanno da sempre a prescindere e spesso contro i postulati metafisici dettati dalla falsa coscienza e dai veri interessi, riempiendola di libertà, coscienza, bellezza, amore, (conoscenza,..) per quello che è loro dato possibile fare. E le stelle stanno a guardare mentre la bella addormentata continua a sognare.
È buona cosa criticare la metafisica, poi però non ci si deve aspettare che la filosofia possa avere la stessa robustezza del passato e quindi, delusi, definirla come irrilevante o addormentata se procede per tentativi fragili.
Del resto, cara Ipazia, per essere terra-terra, la filosofia che ciascuno di noi sperimenta non è un adeguarsi faticoso ai sistemi riprodotti nei volumi della propria biblioteca, ma uno sforzo personale che si declina in parte nello studio, in parte nello scrivere, in parte nel parlare ad alta voce come dei pazzi...
Siamo noi a doverci svegliare. Impariamo ad essere un po' più spudorati nello sfruttare l'immenso deposito di sapere che abbiamo a disposizione per la costruzione della nostra verità... ma che sia una verità bella, ricca, feconda, lussureggiante! Non la striminzita formula di un certo materialismo (o di un certo fondamentalismo della ragione).
Citazione di: Kobayashi il 24 Novembre 2018, 10:48:05 AM
È buona cosa criticare la metafisica, poi però non ci si deve aspettare che la filosofia possa avere la stessa robustezza del passato e quindi, delusi, definirla come irrilevante o addormentata se procede per tentativi fragili.
Del resto, cara Ipazia, per essere terra-terra, la filosofia che ciascuno di noi sperimenta non è un adeguarsi faticoso ai sistemi riprodotti nei volumi della propria biblioteca, ma uno sforzo personale che si declina in parte nello studio, in parte nello scrivere, in parte nel parlare ad alta voce come dei pazzi...
Siamo noi a doverci svegliare. Impariamo ad essere un po' più spudorati nello sfruttare l'immenso deposito di sapere che abbiamo a disposizione per la costruzione della nostra verità... ma che sia una verità bella, ricca, feconda, lussureggiante! Non la striminzita formula di un certo materialismo (o di un certo fondamentalismo della ragione).
Forse è proprio la robustezza del passato a rispondere alla domanda sulla debolezza dell'oggi. Ma non sarà la nostalgia del passato a riesumarla con le sue striminzite formule sull'Essere, Nulla, e sulla robinsoniana dialettica Soggetto-Oggetto. Non più di un certo materialismo da shopping e di un scientismo che ne è il sommo profeta. Se il Soggetto è la vita umana nel suo
esserci reale circoscritto tra la nascita e la morte, da lì bisogna ripartire. E c'è spazio pure per la trascendenza. Umana.
Citazione di: Socrate78 il 21 Novembre 2018, 20:57:33 PMQuelli che si aggrappano al "senso" prestabilito alla fine sono dei deboli, per chi è veramente forte il senso è soltanto una palla al piede.
CARLO
Questa tua affermazione
è già una attribuzione di senso a un aspetto della vita. Sei forse un debole per questo?
Lo scopo esiste e ignorarlo significa andare contro noi stessi.
Tu stesso dici che saresti più felice se non ci fosse uno scopo.
Quella felicità è lo scopo, il problema non è quale esso sia ma raggiungerlo e il modo per farlo di certo non è dettato dall'ego.
La felicità non è l'appagamento e se per molti di noi lo è il motivo è che abbiamo un senso della felicità malato.
Citazione di: simo il 17 Dicembre 2018, 09:11:35 AM
Lo scopo esiste e ignorarlo significa andare contro noi stessi.
Tu stesso dici che saresti più felice se non ci fosse uno scopo.
Quella felicità è lo scopo, il problema non è quale esso sia ma raggiungerlo e il modo per farlo di certo non è dettato dall'ego.
La felicità non è l'appagamento e se per molti di noi lo è il motivo è che abbiamo un senso della felicità malato.
CARLO
Sono d'accordo. P
er noi umani la ricerca di senso (di significato, di scopo) non è un'opzione, ma una inclinazione innata, un istinto; e dove c'è un istinto, esiste anche il suo oggetto. Si tratta "solo" di cercarlo, in ogni cosa che facciamo o che conosciamo. E chi cerca trova: "Cercate e troverete; bussate, e vi sarà aperto"!
Citazione di: Carlo Pierini il 17 Dicembre 2018, 12:49:35 PM
Citazione di: simo il 17 Dicembre 2018, 09:11:35 AM
Lo scopo esiste e ignorarlo significa andare contro noi stessi.
Tu stesso dici che saresti più felice se non ci fosse uno scopo.
Quella felicità è lo scopo, il problema non è quale esso sia ma raggiungerlo e il modo per farlo di certo non è dettato dall'ego.
La felicità non è l'appagamento e se per molti di noi lo è il motivo è che abbiamo un senso della felicità malato.
CARLO
Sono d'accordo. Per noi umani la ricerca di senso (di significato, di scopo) non è un'opzione, ma una inclinazione innata, un istinto; e dove c'è un istinto, esiste anche il suo oggetto. Si tratta "solo" di cercarlo, in ogni cosa che facciamo o che conosciamo. E chi cerca trova: "Cercate e troverete; bussate, e vi sarà aperto"!
SCusate, ma (in buona compagnia di Epicuro, degli Stoici e di tanti altri) sono convinto proprio che la
felicità, il benessere consista nell' appagamento delle proprie aspirazioni, l' infelicità, il malessere nella loro frustrazione.E non credo proprio di essere (mentalmente né fisicamente) malato (se fossi superstizioso farei gli scongiuri. Ma non lo sono).Purtroppo la vita reale é piena (anche; per fortuna non solo) di casi nei quali chi cerca non trova.Specialmente (ma purtroppo non solo) se cerca male, evitando di analizzare razionalmente quali aspirazioni sono avvertite come più forti e quali meno, nonché quali insiemi di esse possono essere realisticamente soddisfatti a scapito di (al prezzo della rinuncia a) quali altri insiemi (chi cerca sia la botte piena che il coniuge ubriaco col cavolo che li troverà entrambi, e dunque sarà sempre in maggiore o minor misura insoddisfatto; id est: infelice).
Citazione di: sgiombo il 17 Dicembre 2018, 15:54:23 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 17 Dicembre 2018, 12:49:35 PM
Citazione di: simo il 17 Dicembre 2018, 09:11:35 AM
Lo scopo esiste e ignorarlo significa andare contro noi stessi.
Tu stesso dici che saresti più felice se non ci fosse uno scopo.
Quella felicità è lo scopo, il problema non è quale esso sia ma raggiungerlo e il modo per farlo di certo non è dettato dall'ego.
La felicità non è l'appagamento e se per molti di noi lo è il motivo è che abbiamo un senso della felicità malato.
CARLO
Sono d'accordo. Per noi umani la ricerca di senso (di significato, di scopo) non è un'opzione, ma una inclinazione innata, un istinto; e dove c'è un istinto, esiste anche il suo oggetto. Si tratta "solo" di cercarlo, in ogni cosa che facciamo o che conosciamo. E chi cerca trova: "Cercate e troverete; bussate, e vi sarà aperto"!
SGIOMBO
Scusate, ma (in buona compagnia di Epicuro, degli Stoici e di tanti altri) sono convinto proprio che la felicità, il benessere consista nell' appagamento delle proprie aspirazioni, l' infelicità, il malessere nella loro frustrazione.
E non credo proprio di essere (mentalmente né fisicamente) malato (se fossi superstizioso farei gli scongiuri. Ma non lo sono).
Purtroppo la vita reale é piena (anche; per fortuna non solo) di casi nei quali chi cerca non trova.
Specialmente (ma purtroppo non solo) se cerca male, evitando di analizzare razionalmente quali aspirazioni sono avvertite come più forti e quali meno, nonché quali insiemi di esse possono essere realisticamente soddisfatti a scapito di (al prezzo della rinuncia a) quali altri insiemi (chi cerca sia la botte piena che il coniuge ubriaco col cavolo che li troverà entrambi, e dunque sarà sempre in maggiore o minor misura insoddisfatto; id est: infelice).
CARLO
...E da tutto ciò cosa concludi? Che la ricerca di senso ...non ha senso? Oppure che chi non riesce a dare senso alla propria vita è perché non lo ha cercato con sufficiente determinazione?
La mente umana non può fare a meno di ricercare un senso proprio in virtù della sua essenza, ciò che la definisce in quanto tale. Tramite l'intelletto l'uomo astrae dal flusso di dati sensibili, individuando leggi, concetti che lo regolano, posti come universali e validi al di là delle circostanze contingenti in cui abbiamo esperienza di tale flusso. Questo nucleo di schemi tramite cui ordiniamo i dati e gli stimoli che riceviamo sono funzionali sia a perseguire una conoscenza razionale e più o meno sistematica del mondo( (la scienza), sia a orientare il proprio agire esistenziale sulla base di una certa, personale, gerarchia di valori, necessaria a compiere le scelte (etica). Se l'uomo smettesse di ricercare il senso, semplicemente cesserebbe di essere un uomo, deporrebbe la sua proprietà essenziale, la razionalità, per regredire al livello della vita meramente animale, sensitiva, dove ci si limita in modo irriflesso ad aderire agli istinti connaturati alla specie, o a condizionamenti estrinseci, come il cane che meccanicamente viene addestrato dall'uomo a obbedire a suoi comandi, senza una reale rielaborazione soggettiva atta a interpretare i propri istinti sulla base dell'aderenza a criteri di giudizi e modelli posti come universali riferimenti. Immagino che ad alcune persone quest'idea di vita possa essere vista con una certa simpatia, in qualche modo come "liberatoria": meno preoccupazioni, meno necessità di riflettere e valutare quanto la nostra vita sia adeguata a un'ideale di regolativo di senso, ed eventualmente ammettere con sconforto quando tale adeguatezza non c'è, mentre se i nostri bisogni coincidessero pienamente con gli istinti che effettivamente determinano le nostre azioni, allora sarebbe impossibile sentirsi insoddisfatti. In realtà pensare questa concezione vitalista e irrazionalista dell'esistenza, nel quale ci si sbarazzerebbe della ricerca del "senso", come "liberatoria", è solo un'illusione: gli istinti di fronte a cui non avremmo nulla per opporci, che non possiamo che seguire irriflessivamente, non esprimono in modo autentico la libertà, perché non davvero proveniente da un nucleo intimo dell'individualità, ma da fattori più esterni, come la specie di appartenenza, o l'ambiente circostante, mentre un'autentica libertà implica la capacità della mente di oggettivare i contenuti della propria esperienza, valutandoli in base a criteri di valore. Nel momento in cui riflettiamo sugli istinti e le tendenze che ci spingono a fare qualcosa poniamo dei criteri regolativi ad essi superiori, in base a cui siamo liberi di metterli in discussione, questi criteri regolativi sono appunto il "senso", che rappresenta la nostra individualità. Questo mettere in discussione testimonia un certo margine di autonomia dell'individuo nei confronti degli oggetti della sua riflessione critica, un margine di trascendenza del soggetto riflettente rispetto agli oggetti dell'attività riflettente. Ecco perché il "senso", lungi dall'essere una gabbia che imprigiona la spontaneità della vita, ne rappresenta invece la più importante condizione di libertà
Citazione di: Carlo Pierini il 17 Dicembre 2018, 16:41:52 PMCARLO
...E da tutto ciò cosa concludi? Che la ricerca di senso ...non ha senso? Oppure che chi non riesce a dare senso alla propria vita è perché non lo ha cercato con sufficiente determinazione?
Di questa questione abbiamo già parlato in varie altre discussioni.
Riassumo quanto da me già esposto in precedenza.
1) Se per senso si intende "scopo", allora senso può essere attribuito unicamente a ciò che é prodotto da un agente intenzionale, magari dotato di libero arbitrio (almeno a parte dei suoi prodotti, probabilmente non a tutto in quanto alcune azioni del "produttore" potrebbero anche essere casuali e non finalizzate).
Agenti intenzionali (non dotati di libero arbitrio per me possono essere solamente gli uomini e in qualche limitata misura altri animali.
In questo senso il senso (che schifo di gioco di parole!) della vita di ognuno di noi é il fine per il quale ci hanno procreati i nostri genitori (***
se*** l' hanno fatto per uno scopo consapevole): potrebbe essere per esempio e la perpetuazione della specie umana, il desiderio di un sostegno per la loro vecchiaia, quello di dare un fratellino al nostro germano maggiore, un nipotino ai loro genitori, ecc. (ovviamente questo non ci impedisce di cercarci autonomamente dei nostri scopi per i quali vivere, cioé di darci noi stessi un senso alla nostra vita).
Invece non può avere senso la realtà in toto, l' "universo" perché non realizzato intenzionalmente da nessuno (anche se per assurdo -ammesso e non concesso da parte mia- ci fosse un Dio creatore, potrebbe esserci un senso del resto dell' universo eccedente il creatore e da lui creato, costituito dagli scopi della sua azione creativa, ma non del creatore stesso né dell' universo in toto == creatore + creato, in quanto non scopi della creazione di alcuno).
2) Se per senso si intende "spiegazione causale", allora il discorso é del tutto analogo: il senso del nostro esistere é costituito dalle leggi generali astratte universali e costanti di natura e dalle circostanze particolari concrete da cui é stato causato il nostro venire al mondo secondo tali leggi di natura.
Ma anche in questo caso la realtà in toto non potrebbe avere senso dal momento che in un universo in divenire ordinato secondo modalità generali universali e costanti si può dare spiegazione causale di parti di esso (eventi concreti, spiegati con le circostanze nelle quali le leggi generai del divenire li hanno causati); ma oltre al "tutto" per definizione non può esservi altro che ne possa essere spiegazione causale, altre circostanze particolari concrete e altre leggi generali astratte universali e costanti che in tali circostanze particolari concrete abbiano causato l' universo.
Più in generale qualcosa é spiegata da qualcosaltro, qualcosa dà senso a qualcosaltro, e dunque solo parti del tutto possono essere spiegate o sensate, mentre il tutto non si può spiegare, non può avere senso per definizione dal momento che oltre ad esso non vi può essere altro che lo spieghi o gli attribuisca senso.
3) La risposta corretta alla domanda che sorge spontanea "perché la realtà é così com' é e non diversamente?" é "perché per definizione (di negazione, di essere e di realtà) ciò che é non può non essere, ciò che non é non può non essere".
La realtà può bensì
essere pensata diversa da com' é, ma non affatto
essere realmente diversa da così com' é, e questo é il motivo per il quale (può bensì essere pensata diversa da così come realmente é, ma invece) non può che essere realmente così come realmente é e in nessun altro modo.
Citazione di: sgiombo il 17 Dicembre 2018, 17:55:50 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 17 Dicembre 2018, 16:41:52 PMCARLO
...E da tutto ciò cosa concludi? Che la ricerca di senso ...non ha senso? Oppure che chi non riesce a dare senso alla propria vita è perché non lo ha cercato con sufficiente determinazione?
Di questa questione abbiamo già parlato in varie altre discussioni.
Riassumo quanto da me già esposto in precedenza.
1) Se per senso si intende "scopo", allora senso può essere attribuito unicamente a ciò che é prodotto da un agente intenzionale, magari dotato di libero arbitrio (almeno a parte dei suoi prodotti, probabilmente non a tutto in quanto alcune azioni del "produttore" potrebbero anche essere casuali e non finalizzate).
Agenti intenzionali (non dotati di libero arbitrio per me possono essere solamente gli uomini e in qualche limitata misura altri animali.
In questo senso il senso (che schifo di gioco di parole!) della vita di ognuno di noi é il fine per il quale ci hanno procreati i nostri genitori (***se*** l' hanno fatto per uno scopo consapevole): potrebbe essere per esempio e la perpetuazione della specie umana, il desiderio di un sostegno per la loro vecchiaia, quello di dare un fratellino al nostro germano maggiore, un nipotino ai loro genitori, ecc. (ovviamente questo non ci impedisce di cercarci autonomamente dei nostri scopi per i quali vivere, cioé di darci noi stessi un senso alla nostra vita).
Invece non può avere senso la realtà in toto, l' "universo" perché non realizzato intenzionalmente da nessuno (anche se per assurdo -ammesso e non concesso da parte mia- ci fosse un Dio creatore, potrebbe esserci un senso del resto dell' universo eccedente il creatore e da lui creato, costituito dagli scopi della sua azione creativa, ma non del creatore stesso né dell' universo in toto == creatore + creato, in quanto non scopi della creazione di alcuno).
2) Se per senso si intende "spiegazione causale", allora il discorso é del tutto analogo: il senso del nostro esistere é costituito dalle leggi generali astratte universali e costanti di natura e dalle circostanze particolari concrete da cui é stato causato il nostro venire al mondo secondo tali leggi di natura.
Ma anche in questo caso la realtà in toto non potrebbe avere senso dal momento che in un universo in divenire ordinato secondo modalità generali universali e costanti si può dare spiegazione causale di parti di esso (eventi concreti, spiegati con le circostanze nelle quali le leggi generai del divenire li hanno causati); ma oltre al "tutto" per definizione non può esservi altro che ne possa essere spiegazione causale, altre circostanze particolari concrete e altre leggi generali astratte universali e costanti che in tali circostanze particolari concrete abbiano causato l' universo.
Più in generale qualcosa é spiegata da qualcosaltro, qualcosa dà senso a qualcosaltro, e dunque solo parti del tutto possono essere spiegate o sensate, mentre il tutto non si può spiegare, non può avere senso per definizione dal momento che oltre ad esso non vi può essere altro che lo spieghi o gli attribuisca senso.
3) La risposta corretta alla domanda che sorge spontanea "perché la realtà é così com' é e non diversamente?" é "perché per definizione (di negazione, di essere e di realtà) ciò che é non può non essere, ciò che non é non può non essere".
La realtà può bensì essere pensata diversa da com' é, ma non affatto essere realmente diversa da così com' é, e questo é il motivo per il quale (può bensì essere pensata diversa da così come realmente é, ma invece) non può che essere realmente così come realmente é e in nessun altro modo.
CARLO
Tante chiacchiere e zero risposte.
Citazione di: Carlo Pierini il 17 Dicembre 2018, 18:49:43 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Dicembre 2018, 17:55:50 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 17 Dicembre 2018, 16:41:52 PMCARLO
...E da tutto ciò cosa concludi? Che la ricerca di senso ...non ha senso? Oppure che chi non riesce a dare senso alla propria vita è perché non lo ha cercato con sufficiente determinazione?
Di questa questione abbiamo già parlato in varie altre discussioni.
Riassumo quanto da me già esposto in precedenza.
1) Se per senso si intende "scopo", allora senso può essere attribuito unicamente a ciò che é prodotto da un agente intenzionale, magari dotato di libero arbitrio (almeno a parte dei suoi prodotti, probabilmente non a tutto in quanto alcune azioni del "produttore" potrebbero anche essere casuali e non finalizzate).
Agenti intenzionali (non dotati di libero arbitrio per me possono essere solamente gli uomini e in qualche limitata misura altri animali.
In questo senso il senso (che schifo di gioco di parole!) della vita di ognuno di noi é il fine per il quale ci hanno procreati i nostri genitori (***se*** l' hanno fatto per uno scopo consapevole): potrebbe essere per esempio e la perpetuazione della specie umana, il desiderio di un sostegno per la loro vecchiaia, quello di dare un fratellino al nostro germano maggiore, un nipotino ai loro genitori, ecc. (ovviamente questo non ci impedisce di cercarci autonomamente dei nostri scopi per i quali vivere, cioé di darci noi stessi un senso alla nostra vita).
Invece non può avere senso la realtà in toto, l' "universo" perché non realizzato intenzionalmente da nessuno (anche se per assurdo -ammesso e non concesso da parte mia- ci fosse un Dio creatore, potrebbe esserci un senso del resto dell' universo eccedente il creatore e da lui creato, costituito dagli scopi della sua azione creativa, ma non del creatore stesso né dell' universo in toto == creatore + creato, in quanto non scopi della creazione di alcuno).
2) Se per senso si intende "spiegazione causale", allora il discorso é del tutto analogo: il senso del nostro esistere é costituito dalle leggi generali astratte universali e costanti di natura e dalle circostanze particolari concrete da cui é stato causato il nostro venire al mondo secondo tali leggi di natura.
Ma anche in questo caso la realtà in toto non potrebbe avere senso dal momento che in un universo in divenire ordinato secondo modalità generali universali e costanti si può dare spiegazione causale di parti di esso (eventi concreti, spiegati con le circostanze nelle quali le leggi generai del divenire li hanno causati); ma oltre al "tutto" per definizione non può esservi altro che ne possa essere spiegazione causale, altre circostanze particolari concrete e altre leggi generali astratte universali e costanti che in tali circostanze particolari concrete abbiano causato l' universo.
Più in generale qualcosa é spiegata da qualcosaltro, qualcosa dà senso a qualcosaltro, e dunque solo parti del tutto possono essere spiegate o sensate, mentre il tutto non si può spiegare, non può avere senso per definizione dal momento che oltre ad esso non vi può essere altro che lo spieghi o gli attribuisca senso.
3) La risposta corretta alla domanda che sorge spontanea "perché la realtà é così com' é e non diversamente?" é "perché per definizione (di negazione, di essere e di realtà) ciò che é non può non essere, ciò che non é non può non essere".
La realtà può bensì essere pensata diversa da com' é, ma non affatto essere realmente diversa da così com' é, e questo é il motivo per il quale (può bensì essere pensata diversa da così come realmente é, ma invece) non può che essere realmente così come realmente é e in nessun altro modo.
CARLO
Tante chiacchiere e zero risposte.
Zero, delle mie più che esaurienti e argomentate risposte (e non solo...), sarà casomai quello che sei in grado di capire tu!