Ciao a tutti!
Mi sono dedicato alla lettura delle regole del forum, ma spero comunque di non romperne nessuna con questo mio primo post. Abbiate indulgenza, c'è sempre una prima volta.
Ho letto un po' di topic sparsi qui e là, il livello generale di interesse mi sembra -non per piaggeria - alto... ma.
Mi viene in mente una piccola osservazione, che spesso mi torna durante la vita vissuta. Nel vostro -credo- quotidiano rapporto con la filosofia... qual è lo scopo che vi ponete? Mi spiego meglio, anche se la questione è di suo banale e sicuramente trattata più volte nel corso della storia... ma proprio il fatto che sia stata trattata più volte rivela che è materia non risolta.
Le discussioni ad altissimo livello di astrazione, per quanto mi attirino, faticano ad avere un posto preponderante nella mia attitudine al filosofare. Volendo spiegare la questione in termini semplici: per me la filosofia è un'estensione della mia mente, una vera e propria appendice di me che non posso fare a meno di usare per compiere un'azione, un pensiero, una parola. Per me -per fare un esempio - il modello di analisi della realtà delle categorie kantiane ha un'applicazione quotidiana. Non perché io effettivamente applichi le categorie kantiane a ogni azione che faccio, ma so che se voglio riesco a scomporre i processi che mi hanno portato a fare una certa azione e comprendere la sua consecutio logica. E questo mi ha aiutato tante volte nella vita, sul serio.
Certe volte, la pura accademia erudita, ovvero la rimasticazione dei livelli più alti di astrazione di pensatori preesistenti, senza nemmeno un tentativo applicativo, mi sembra un po'...sterile, non c'è altro modo di dirlo. ma, ancor più, mi sembra che sia una parte del problema che porta ogni giorno di più tanta gente a considerare la filosofia un inutile orpello (per quanto, per me, la scelta di non far filosofia è una filosofia - l'ignavia come scelta!) e allontanarla a priori dalla sua vita.
Cos'è, e che obiettivi si pone per voi il filosofare, soprattutto rapportato alla vostra pratica quotidiana?
Citazione di: Trauma il 26 Giugno 2017, 17:42:53 PM
...la rimasticazione dei livelli più alti di astrazione di pensatori preesistenti, senza nemmeno un tentativo applicativo, mi sembra un po'...sterile
...
Cos'è, e che obiettivi si pone per voi il filosofare, soprattutto rapportato alla vostra pratica quotidiana?
Forse avrai notato che a livello mondiale esiste un solo forum di filosofia decentemente frequentato e a livello nazionale esiste solo questo. Significa che la sterilità che tu avverti è ormai stata avvertita da decenni a livello mondiale e la gente non ha più interesse a una cosa che, come giustamente hai detto tu, non è altro che rimasticazione: dopo tanti secoli è ormai praticamente impossibile pensare di esplorare terreni non ancora esplorati continuando a muoversi nella filosofia dell'essere, o divenire che dir si voglia, cioè filosofia astratta. Gli obiettivi tradizionali che la filosofia si è finora posta, cioè comprendere, riflettere, hanno ormai fatto il loro tempo, è necessario modificare le cose alla radice.
Hai posto una domanda che contiene già in sé la risposta in modo lampante: "rapportato alla vostra pratica quotidiana": la filosofia deve dimostrare di saper toccare la vita, la persona, la società, la concretezza se vuole ricevere attenzione. Questa è un'esigenza che mi sembra mondiale.
Oggi facebook ha più successo di un forum perché su facebook non trovi tanto discussioni, ma soprattutto persone, facce (
face-book); inoltre su facebook è molto più probabile trovarsi a che fare con nomi e cognomi reali e foto di persone vive, mentre qui trovi un nick-maschera che serve solo a disumanizzare la discussione e a creare un contesto di attacco-difesa: se si usa un nick vuol dire che c'è bisogno di proteggersi e se c'è bisogno di proteggersi vuol dire che non è poi un ambiente tanto amichevole. E se l'ambiente non è amichevole, allora vuol dire che la filosofia che si farà in quell'ambiente non potrà essere nemmeno essa amichevole, benevola. Difatti, se hai spulciato i messaggi che qui circolano, avrai visto che qui non si esita a dare all'altro dell'ignorante o del malato mentale. Non che su facebook si trovino angioletti, ma almeno risulta più probabile sapere con chi si sta parlando.
Allora la filosofia credo che oggi dovrebbe dimostrare di saper creare amicizia, ambienti di pace, ma in tutto questo ha fallito e continua a fallire: per difendere l'essere o il divenire si perde di vista che il vero essere e divenire è la persona con cui stai parlando; ma qui accorgersi di questo non è favorito, per il fatto che dicevo dell'eccessivo anonimato.
Da parte mia ritengo, per tante ragioni e anche per queste che ho detto qui, che la filosofia oggi possa continuare ad esistere a patto di trasformarsi in spiritualità, che non è ciò che solitamente s'intende, cioè riferimento a mondi iperurani, a esistenze soprannaturali: spiritualità significa vita interiore degli esseri umani e oggi questa cosa viene particolarmente apprezzata se significa amichevolezza, benevolenza. Qui purtroppo, oltre a persone tendenzialmente corrette e rispettose, vedo che circolano anche fanatici e arroganti, i quali non fanno altro che confermare che è finito, a livello mondiale, il tempo delle forti convinzioni, sia filosofiche che religiose: il comportamento di chi ha forti convinzioni non fa certo onore a questo modo di essere.
Visto che hai fatto riferimento alle regole del forum, proprio ieri avevo scritto un
messaggio al riguardo.
Qual è il vostro scopo? Di torri d' avorio e strade da percorrere.
Il problema è sempre lo stesso e ormai l' ho ripetuto innumerevoli volte anche se non mi stancherò mai di ripeterlo. La filosofia con la contemporaneità, anche se la studia, può avere molto poco a che fare. Una filosofia che voglia infatti prendere in esame soltanto il presente finirebbe per svolgere il ruolo dell' intellettualismo. E' l' intellettuale che dovrebbe vigilare sul presente e dare risposte nell' immediato, il filosofo no. Il filosofo abbraccia tutta la Storia e la conoscenza, o almeno dovrebbe, e il suo filosofare può avere ripercussioni soltanto nel lungo periodo. Al vero filosofo l' uomo e l' ambiente sociale che lo circondano sono solo dati da aggiungere.
E questo come tu hai ben intuito non per scelta. Ma proprio perché non ne può fare a meno. Anche la Filosofia è una vocazione. E non dimentichiamo che Nietzsche, come ha sottolineato Heidegger, ha affermato che i filosofi appaiono e trovano il tessuto migliore per raggiungere il loro stato proprio nei periodi di crisi. Quando non si sa più cosa fare, quando il loro modo di essere non risulta essere contrario ai periodi di ascesa quando cioè si sa che si deve agire e si agisce. Il come ha poca importanza.
Ciò non toglie che i maggiori filosofi e pensatori hanno sempre trovato vantaggi dalla loro genialità, anche nel presente che vivono. Le uniche due eccezioni sono Cristo e Socrate, che Nietzsche interpreta come suicidi, degli altri non vale neanche la pena parlare.
Garbino Vento di Tempesta.
Personalmente trovo interessante che il forum sia uno spazio in cui si coltiva anche il solo pensiero, nel suo essere 'pura riflessione'. Non trovo affatto dimostrabile che non sia possibile pensare qualcosa di 'nuovo' ( che non sia mai stato pensato...). Non è colpa della filosofia se non ci sono filosofi geniali in circolazione , ma piuttosto il sintomo di un generale decadimento della volontà e della passione nel pensare, specchio di un generale impoverimento della qualità riflessiva del genere umano ( dell'homo come dice myfriend... :)). D'altronde siamo in Kali Yuga no? Non possiamo aspettarci molto di più...
Per contro il pensiero legato allo sviluppo della tecnica e dei suoi gadget non è mai stato così potente...
Poi ...perché le cose devono sempre essere utili, pratiche , legate al concreto?...Semo proprio occidentali...Vorrei invece fare l'elogio di tutto ciò che è inutile ( in particolare degli esseri umani 'inutili', senza obiettivi 'concreti', che pensano per il gusto di pensare, che non ne possono proprio fare a meno...anche se non sono dei geni).
Poi, Cannata, sei sempre un pò "estremista"...perché necessariamente chi ha forti convinzioni è arrogante e fanatico? Molti lo sono, ma molti altri non lo sono...tra l'altro l'arroganza e la presunzione è equamente spartita tra tutti, anche tra chi si dichiara nemico delle forti convinzioni ( in genere costoro sono nemici delle forti convinzioni altrui, ma non taccategli le loro 'deboli' convinzioni... :) ).
Non so se la crisi della filosofia sia effettiva o non siamo invece in presenza di una sua rinascita e di un recupero di interesse (le conferenze di filosofia sono pur sempre molto frequentate, soprattutto se il filosofo è famoso: personaggi come Severino, Sini, Cacciari, Galimberti attraggono anche molti giovani). D'altra parte il 900, secolo che ha visto il tramonto della filosofia, ha prodotto anche un'esplosione filosofica di enorme valore, sia pure con aspetti fortemente contrastanti (basti citare Heidegger, l'esistenzialismo, la fenomenologia husseliana, il neo idealismo, il pragmatismo, lo strutturalismo, il decostruttivismo, Bergson e Whitehead, il neo marxismo e molto altro ancora).
Forse quello che è morto è intendere la filosofia nel suo intento originario, ossia come ricerca di una verità fondamentale, buona per tutti. Questo compito "metafisico" è stato ormai assunto dalla scienza e soprattutto dalla tecnoscienza (in tal senso si potrebbe dire che la vecchia filosofia è culminata con la scienza, ha compiuto così il suo cammino), ma se la verità epistemica (dire come stanno le cose) non è più di appannaggio filosofico, la domanda di verità resta più forte che mai. Certamente però c'è oggi anche un discredito sociale che accompagna il fare filosofia, visto come una perdita di tempo per oziosi che si dilettano a cavillare con ragionamenti capziosi su banalità o, ben che vada, come una sorta di passatempo del tutto ininfluente. Come si suol dire, occorrono tecnici e scienziati, che effettivamente servono a fare qualcosa di utile, mentre la filosofia non serve a nulla (e infatti, come dice Severino, la filosofia non è una serva, almeno lei).
Per quanto mi riguarda la mia formazione è tecnico scientifica, ma la mia vocazione è sempre stata filosofica e ne vado orgoglioso. Sento l'estrema importanza della filosofia proprio nel suo non dare nulla per scontato, nel vedere l'estrema problematicità di ciò che si accetta come presupposto e quindi nel rimetterlo sempre in discussione per evitare di cadere in forme di superstizione estremamente deleterie (che spesso accompagnano lo stesso pensiero scientifico in voga: la superstizione dell'oggettività ad esempio). Quindi è indubbio che la filosofia non serve a fare e produrre cose, ma resta indispensabile nella ricerca di un senso a questo fare e produrre e dunque nel rimetterlo sempre in discussione. Che poi, alla fine il senso del nostro fare e produrre è il senso della nostra stessa esistenza, davanti alla quale si manifesta sempre l'immagine della sua finitudine, di quella mortalità che sempre ci accompagna. E' da questa consapevolezza che nasce il pensiero critico del filosofo.
Amo la filosofia è fondamentalmente una capacità di critica radicale anche e in primo luogo verso le nostre stesse idee e convinzioni e per questo la ritengo assolutamente preziosa.
PS Aggiungo, dopo aver letto alcune considerazioni sul decadimento della filosofia, che non è poi che nemmeno nella Grecia dei tempi d'oro il filosofo fosse così popolare e famoso. Quanti frequentavano la scuola di Platone e conoscevano le sue teorie rispetto alla popolazione ateniese che invece accorreva in massa a quella forma di rito che era il teatro? Probabilmente qualche scarsa decina di giovani aristocratici nullafacenti che, a eccezione di pochissimi tra loro, non capivano nulla di quanto Platone andasse dicendo. I filosofi poi venivano satireggiati ferocemente nelle commedie (basti pensare ad Aristofane) proprio per la loro inconcludenza. Socrate probabilmente venne più conosciuto, andava in giro per le strade a infastidire la gente con le sue domande importune e non per nulla alla fine fu condannato a morte con l'accusa di empietà. Aristotele rischiò di fare la stessa fine, anche lui dava fastidio ai potenti, ma, più furbo di Socrate, scappò in Macedonia a fare il precettore ad Alessandro e, considerando quale fosse all'epoca la considerazione culturale che gli Ateniesi avevano per i Macedoni, la dice lunga.
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Come Maral (dal quale dissento quasi sempre su quasi tutto!) "Amo la filosofia. E' fondamentalmente una capacità di critica radicale anche e in primo luogo verso le nostre stesse idee e convinzioni e per questo la ritengo assolutamente preziosa".
Per me filosofia è cercare di vivere non a casaccio, come potrebbe capitare acriticamente e conformisticamente di fare, perché "così generalmente si fa intorno a me", ma cercare invece di vivere a ragion veduta, cercando di capire com' è la realtà di cui faccio parte (soprattutto in generale, complessivamente, non solo e non tanto nei dettagli: la scienza ci fa vedere moltissimo e assai fondatamente, attendibilmente gli alberi che costituiscono la foresta, mentre a me, da filosofo amatoriale -ma nemmeno Spinoza era un "professionista", ossia un professore, "della filosofia"- preme vedere soprattutto la foresta); cercando di capire cosa sono io, cosa è il caso di tentare di realizzare nella mia vita; e naturalmente, come necessaria premessa per rispondere attendibilmente a queste altre domande fondamentali, cosa è la conoscenza, come (e innanzitutto se) può ottenersi, in che senso, a quali condizioni ed entro quali limiti può ritenersi vera.
Ad AngeloCannata vorrei far notare che cercare amicizia e soddisfacenti rapporti umani in generale è ottima cosa, ma la filosofia è cosa un po' diversa ma pure ottima secondo il mio modo di vedere.
Certo, se riuscissi a trovare filosofi interessanti con i quali discutere che si rivelassero anche buoni amici, sarebbe tanto meglio! Ma questo è "tecnicamente" molto difficile per via telematica, e dunque non posso pretenderlo da questo magnifico e per la mia vita molto importante forum.
Come spesso mi capita, anche in questa occasione sono fortemente d' accordo con Sariputra.
Tranne che sulla domanda retorica e relativa risposta "...perché le cose devono sempre essere utili, pratiche, legate al concreto?...Semo proprio occidentali...".
Penso infatti che questo sia solo un modo, per quanto oggi molto diffuso, in larga misura prevalente, di essere occidentali.
Come ho sostenuto recentemente in un' altra discussione, penso che vi siano molti modi di essere occidentali, spesso in reciproca opposizione più o meno drastica. E per esempio i filosofi occidentali a me più cari, come Hume, Spinoza, Engels* e tantissimi altri, compreso Kant (dei quali, magari, dissento da molte importanti convinzioni; Spinoza e Kant ed Engels compresi, mentre solo del pensiero di Hume di fatto dissento da ben poco e di assai modesta importanza) non limitavano certo i loro interessi a questioni utili, pratiche, legate al concreto.
___________________
* malgrado la celebre undicesima tesi di Marx su Feuerbach da lui pubblicata.
Niente meglio della filosofia sa mettere in discussione i fondativi delle scienze.
La filosofia è la pietra angolare su cui sono costruite culture.
La cultura seconda la prassi della nostra vita mondana è quel modo di approcciarsi nelle azioni sociali.
I fondamenti delle scienze, dai postulati agli assiomi, la filosofia del diritto e della politica, le basi dello scambio economico,
sono tutte forme culturali.
Sono perfettamente d'accordo con Maral, nulla è dato per scontato e questo apre innumerevoli possibilità.
E' proprio nelle pratiche che si sente dire " ...è sempre stato così e sempre sarà",cioè si accetta supinamente ciò che potrebbe essere modificato.
La forma mentale è data da una cultura intesa come ambiente pedagogico educativo.
Sono d'accordo che la filosofia debba comunque relazionarsi alla prassi, il rischio è l'elucubrazione fine a se stessa.
La filosofia deve essere vita, è vita.
Un elogio infine all'inadeguatezza e all'inutilità. Perchè mai come in questo tempo in cui ogni cosa ha un prezzo e tutto ciò che facciamo deve essere utilitaristico compresi noi, l'uscire fuori da questo gioco meschino significa rimettere in discussione quei principi che hanno disumanizzato l'uomo.
Cos'è, e che obiettivi si pone per voi il filosofare, soprattutto rapportato alla vostra pratica quotidiana?
Indagare e comprendere "l'invisibile ordine delle cose". Cioè LA verità. ;)
Citazione di: Trauma il 26 Giugno 2017, 17:42:53 PM
Mi viene in mente una piccola osservazione, che spesso mi torna durante la vita vissuta. Nel vostro -credo- quotidiano rapporto con la filosofia... qual è lo scopo che vi ponete?
[...]
Cos'è, e che obiettivi si pone per voi il filosofare, soprattutto rapportato alla vostra pratica quotidiana?
Il mio filosofare ha come obiettivo primario la chiarificazione concettuale dei termini. Dopo applico un'analisi logica: mi chiedo cosa è coerente o meno, quali sono gli assunti necessari o sufficienti, cosa si può dedurre, ecc... Solo alla fine, se necessario, considero la ragionevolezza della questione in base alle migliori conoscenze a noi disponibili.
Questa mia attività la applico in modo ubiquo, dalla classica domanda filosofica come "Perché c'è qualcosa anziché nulla?" fino alle questioni più mondane che coinvolgono la vita sociale e sentimentale.
Io adoro gli enigmi (i paradossi, e tutte le stranezze del mondo e del linguaggio) e molte volte il mio atteggiamento verso un quesito filosofico è il medesimo di quello che ho per un bel enigma da risolvere.
Comunque dobbiamo considerare che se vogliamo che la filosofia sia una disciplina seria e matura e che disponga di una comulabilità del sapere, allora dobbiamo anche accettare (anzi, dovremmo essere contenti) che vengano affrontate anche questioni tecniche e difficili, anche molto astratte. E' così in ogni disciplina del sapere, e così deve essere.
Citazione di: Trauma il 26 Giugno 2017, 17:42:53 PM
Ciao a tutti!
Mi sono dedicato alla lettura delle regole del forum, ma spero comunque di non romperne nessuna con questo mio primo post. Abbiate indulgenza, c'è sempre una prima volta.
Ho letto un po' di topic sparsi qui e là, il livello generale di interesse mi sembra -non per piaggeria - alto... ma.
Mi viene in mente una piccola osservazione, che spesso mi torna durante la vita vissuta. Nel vostro -credo- quotidiano rapporto con la filosofia... qual è lo scopo che vi ponete? Mi spiego meglio, anche se la questione è di suo banale e sicuramente trattata più volte nel corso della storia... ma proprio il fatto che sia stata trattata più volte rivela che è materia non risolta.
Le discussioni ad altissimo livello di astrazione, per quanto mi attirino, faticano ad avere un posto preponderante nella mia attitudine al filosofare. Volendo spiegare la questione in termini semplici: per me la filosofia è un'estensione della mia mente, una vera e propria appendice di me che non posso fare a meno di usare per compiere un'azione, un pensiero, una parola. Per me -per fare un esempio - il modello di analisi della realtà delle categorie kantiane ha un'applicazione quotidiana. Non perché io effettivamente applichi le categorie kantiane a ogni azione che faccio, ma so che se voglio riesco a scomporre i processi che mi hanno portato a fare una certa azione e comprendere la sua consecutio logica. E questo mi ha aiutato tante volte nella vita, sul serio.
Certe volte, la pura accademia erudita, ovvero la rimasticazione dei livelli più alti di astrazione di pensatori preesistenti, senza nemmeno un tentativo applicativo, mi sembra un po'...sterile, non c'è altro modo di dirlo. ma, ancor più, mi sembra che sia una parte del problema che porta ogni giorno di più tanta gente a considerare la filosofia un inutile orpello (per quanto, per me, la scelta di non far filosofia è una filosofia - l'ignavia come scelta!) e allontanarla a priori dalla sua vita.
Cos'è, e che obiettivi si pone per voi il filosofare, soprattutto rapportato alla vostra pratica quotidiana?
Mi auto-cito: "
La ricerca filosofica è il tentativo di comprendere il più possibile la "realtà". Nasce da un bisogno intrinseco dell'uomo, che secondo me tutti hanno ma di cui non tutti ne sono coscienti, di avere una "visione del mondo". Chiaramente è un "surplus" nella vita e quindi per forza di cose richiede molta fatica, specialmente quando si è in un ambiente dove questa ricerca non è contemplata.
Perchè mi dedico alla filosofia? Beh semplicemente perchè non voglio passare la mia vita "dormendo" (nel senso che voglio essere sempre cosciente per quanto possibile di quello che sta succedendo). Fin da piccolo sono stato sempre una persona riflessiva e questo da un lato mi aiuta ad accorgermi di problemi che altri non vedono, dall'altro però mi crea angoscia e depressione. Se nessuno si fosse mai messo a filosofare saremo ancora nelle caverne: questo perchè senza la filosofia non si è coscienti dei problemi e quando uno non è cosciente di un problema come può trovare una soluzione al problema?
Chiarisco subito con un esempio: la scienza e la tecnica sono "figlie" della filosofia perchè sicuramente sono nate dal bisogno di prevedere e comprendere i fenomeni naturali (scienza) e di cambiare la realtà in modo da renderla adatta al nostro benessere (la tecnologia). Chiaramente uno prima di imbarcarsi ad esempio nella scienza deve riconoscere che l'ignoranza è un problema e questo è già filosofia.
Inoltre ci sono applicazioni della filosofia anche al carattere esistenziale ed etico. Nel primo caso è la filosofia che ci spinge a chiederci ad esempio domande come: "come posso ridurre la sofferenza?", "come posso uscire dall'angoscia", "come posso dare uno scopo alla mia esistenza?". Nel tentativo di rispondere a queste domande sono nate le religioni, l'arte e anche la psicologia. Nel secondo caso una riflessione ci mostra subito che non è affatto banale chiedersi come "ci si deve comportare", "che principi etici bisogna seguire ecc". Da qui è nata se vogliamo anche la politica.
Perchè dunque faccio filosofia? Perchè credo che sia l'attività più caratteristicamente umana di tutte, e avendo una sola vita e sapendo che questa vita è breve e piena di affanni voglio "viverla" al meglio. Tutto qui. So che non è una vita facile (non ho conosciuto nessuna persona angosciosa quanto me, per esempio) però d'altronde piuttosto di vivere una vita "da macchina" preferisco soffrire per la libertà e per la comprensione delle cose.
"
Filosofo semplicemente perchè ritengo che facendo così do valore alla mia umanità. Ovviamente la vita quotidiana non aiuta molto, ma ritengo che ciò sia dovuto ad un misto di paura, pigrizia, "cultura del telefonino/social network" (che in realtà non sono di per sé il problema, ma se si utilizzano
solo per complottismo, futilità ecc tendono a far perdere fiducia nel genere umano ;D ), sfiducia nella filosofia ecc. Eppure tutta la nostra cultura, il nostro benessere, la scienza ecc viene da lì.
Risposta breve: "filosofo perchè anche se non lo faccio comunque sto filosofando (male)". Pensiamo all'etica... se lo scopo della mia vita è "amare il prossimo come me stesso" comunque devo capire cosa significa tale massima, ergo devo filosofare sul concetto di "amore". Pensiamo alla scienza... affinché non sia un semplice lavoro da contabile devo chiedermi "cosa vuol dire fare una teoria scientifica? o cos'è una teoria scientifica e qual è il suo legame con la realtà?". Quindi filosofo perchè semplicemente è inevitabile visto che la non-filosofia è una filosofia.
Citazione di: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:51:42 PMFin da piccolo sono stato sempre una persona riflessiva e questo da un lato mi aiuta ad accorgermi di problemi che altri non vedono, dall'altro però mi crea angoscia e depressione.
Mi dispiace sentire di questo disagio.
Comunque, quando nel mio messaggio precedente ho scritto "molte volte il mio atteggiamento verso un quesito filosofico è il medesimo di quello che ho per un bel enigma da risolvere" era per comunicare proprio che il mio approccio alla filosofia è antitetico a quello di chi pratica l'attività filosofica spinto da un malessere esistenziale.
Non solo sono convinto che sia possibile vivere serenamente filosofeggiando, ma credo che sia la situazione migliore. Credo che se la spinta fosse una curiosità "ingenua", la ricerca filosofia sarebbe più proficua e oggettiva, o almeno più divertente. :)
Citazione di: Apeiron il 29 Giugno 2017, 11:04:36 AM
Risposta breve: "filosofo perchè anche se non lo faccio comunque sto filosofando (male)". Pensiamo all'etica... se lo scopo della mia vita è "amare il prossimo come me stesso" comunque devo capire cosa significa tale massima, ergo devo filosofare sul concetto di "amore". Pensiamo alla scienza... affinché non sia un semplice lavoro da contabile devo chiedermi "cosa vuol dire fare una teoria scientifica? o cos'è una teoria scientifica e qual è il suo legame con la realtà?". Quindi filosofo perchè semplicemente è inevitabile visto che la non-filosofia è una filosofia.
Ma è come dire "visto che tutti fan di conto, tutti sono matematici", "oppure tutti usano almeno un po' la logica, quindi sono tutti logici". Mi pare un po' riduttivo, e così saremmo tutti logici, matematici, informatici, economisti, politilogi, psicologi.... in pratica, tuttologi. ;D
Il fare filosofia in senso pieno del termine significa qualcosa di più che il semplice "ogni tanto rifletto su quello che faccio o dico".
Inoltre, conosco molte persone che vivono la vita in modo spensierato. Ragionano sui problemi lavorativi, politici o amorosi, ma hanno un approccio meno propenso alla riflessione profonda e/o astratta. Non si pongono "problemi sui massimi sistemi" o sulle fondamenta di alcune questioni. Ecco, questo mi pare l'esatto contrario del fare filosofia. E, aggiungo, non ci vedo nulla di male o di sbagliato. A me interessa la filosofia, a lui la finanza o la biologia... nessun problema. :)
L'idea di occuparmi, nei stretti limiti delle mie qualità, di filosofia, la vedo come un aiuto fondamentale a rigorizzare e legittimare le pretese di razionalità dei nostri discorsi e personali di visioni del mondo. Al di là ciò che molti possono pensare, il limitarsi ad avere delle opinioni soggettive sulle cose non è ancora filosofia, il momento filosofico subentra nel momento in cui la presunzione di oggettività di tali opinioni non è arbitrario, ma razionalmente fondato su argomenti che corroborano tale pretesa in modo radicale. La radicalità è data dal fatto che il compito della filosofia è l'individuazioni di quei princìpi e verità universali, valide al di là dei limiti e delle contingenze spazio-temporali, dunque fondamenti di tutte le altre verità. Utilizzare dei modelli, dei paradigmi ideali di leggi, relazioni fra concetti non vuol dire fuggire dalla realtà particolare empirica (a torto definita "concreta"), ma è indispensabile per interpretarla in modo il più possibile razionale e rigoroso. La filosofia è discorso, astratto, certo, nel senso che mira a individuare l'essenza, l'idea dei fatti reali, non i fatti in sé, ma questo è solo il primo dei due "momenti", il secondo momento consiste ne tornare al reale, ma nel senso di ricondurre l'esperienza dei fatti reali, politici, sociali, economici, all'interno dei concetti e delle categorie generali che lo sguardo trascendentale e "astratto" del filosofo ha permesso di elaborare, e le relazioni necessarie che collegano tra loro i concetti corrispondono alle reali relazioni che nella realtà legano i fatti empirici riconducibili ai concetti di quei fatti. Cogliere l'essenza delle cose e delle relazioni fra le cose, vuol dire individuare il senso generale delle cose, che nella loro totalità costituiscono quella visione d'insieme, impossibile da guadagnare fintanto che ci si limita alla ricezione ingenua e immediata dei singoli particolari. In sintesi, la filosofia è astrazione, ma non autoreferenziale, ma finalizzata alla formazione del senso critico rivolto all'esperienza del concreto. Almeno, ciò è questo è il modo con cui io nel quotidiano cerco, con alterne fortune, di intenderla e "applicarla"
Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 11:57:16 AM
Citazione di: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:51:42 PMFin da piccolo sono stato sempre una persona riflessiva e questo da un lato mi aiuta ad accorgermi di problemi che altri non vedono, dall'altro però mi crea angoscia e depressione.
Mi dispiace sentire di questo disagio. Comunque, quando nel mio messaggio precedente ho scritto "molte volte il mio atteggiamento verso un quesito filosofico è il medesimo di quello che ho per un bel enigma da risolvere" era per comunicare proprio che il mio approccio alla filosofia è antitetico a quello di chi pratica l'attività filosofica spinto da un malessere esistenziale. Non solo sono convinto che sia possibile vivere serenamente filosofeggiando, ma credo che sia la situazione migliore. Credo che se la spinta fosse una curiosità "ingenua", la ricerca filosofia sarebbe più proficua e oggettiva, o almeno più divertente. :)
Citazione di: Apeiron il 29 Giugno 2017, 11:04:36 AMRisposta breve: "filosofo perchè anche se non lo faccio comunque sto filosofando (male)". Pensiamo all'etica... se lo scopo della mia vita è "amare il prossimo come me stesso" comunque devo capire cosa significa tale massima, ergo devo filosofare sul concetto di "amore". Pensiamo alla scienza... affinché non sia un semplice lavoro da contabile devo chiedermi "cosa vuol dire fare una teoria scientifica? o cos'è una teoria scientifica e qual è il suo legame con la realtà?". Quindi filosofo perchè semplicemente è inevitabile visto che la non-filosofia è una filosofia.
Ma è come dire "visto che tutti fan di conto, tutti sono matematici", "oppure tutti usano almeno un po' la logica, quindi sono tutti logici". Mi pare un po' riduttivo, e così saremmo tutti logici, matematici, informatici, economisti, politilogi, psicologi.... in pratica, tuttologi. ;D Il fare filosofia in senso pieno del termine significa qualcosa di più che il semplice "ogni tanto rifletto su quello che faccio o dico". Inoltre, conosco molte persone che vivono la vita in modo spensierato. Ragionano sui problemi lavorativi, politici o amorosi, ma hanno un approccio meno propenso alla riflessione profonda e/o astratta. Non si pongono "problemi sui massimi sistemi" o sulle fondamenta di alcune questioni. Ecco, questo mi pare l'esatto contrario del fare filosofia. E, aggiungo, non ci vedo nulla di male o di sbagliato. A me interessa la filosofia, a lui la finanza o la biologia... nessun problema. :)
So benissimo che la mia opinione è molto particolare e non è condivisa da tutti. Riguardo al malessere esistenziale ritengo che sia abbastanza indubbio che è un
motore abbastanza comune della ricerca filosofica, specie quando questa è accompagnata da una forte spinta etico o perfino "religiosa" (anche se questo termine è pericoloso...). Riguardo poi a quanto dici che "tutti usano un po' di logica quindi sono tutti logici" cerco di farti considerare la cosa da un altro punto di vista. Qui in occidente, in genere, vuoi per l'ossessione medievale per il controllo delle coscienze vuoi per il fatto che la scienza ha dato una direzione molto "esterna/ingegneristica" al pensiero, ci siamo dimenticati che la filosofia è
centrale nella vita di un uomo. La comprensione delle cose, la comprensione di come funziona il nostro ragionare ecc si può anche considerare non come mero intellettualismo ma come una spinta genuina alla ricerca della verità, dell'"eudamonia", del bene ecc. Ma ahimé tutto questo si è perso :( In India, e in generem nell'estremo oriente, questo problema tra i filosofi non sussiste. Il primo interesse della filosofia orientale
sembra quello di unire la conoscenza e l'etica, tant'è che spesso senti dire che "la distorsione del pensiero è la causa della sofferenza" (concezione che era presente nel mondo ellenistico e perfino tra i primi filosofi cristiani tipo Boezio). In realtà l'idea mia di filosofia non è diversa da quella espressa da Schopenhauer, Nietzsche, Kierkegaard e Wittgenstein dai quali mi sono ispirato moltissimo. Il primo viene tacciato come "incoerente" (e lo era, ma non si può rifiutare il suo pensiero in questo modo...) perchè mai come prima di lui nessuno ha parlato della sofferenza in modo così onesto (e infatti è apprezzato da Jung, Einstein... non da filosofi accademici), Nietzsche e Kierkegaard sono perfetti esempi invece di come filosofia (o se vuoi "ricerca") e vita si intrecciano. Infine Wittgenstein lo apprezzo sia come filosofo/logico sia dal punto di vista esistenziale: "la
filosofia è un lavoro su se stessi". Perchè? perchè una mente chiara è più pronta a migliorarsi, una mente chiara riesce meglio a
svuotarsi di pregiudizi e distorsioni della realtà, una mente chiara è più pronta a riconoscere i propri difetti e per tutto ciò è anche più pronta ad accogliere l'altro senza pregiudizi ecc... http://www.canonepali.net/an-1-45-46-udakarahaka-sutta-uno-specchio-dacqua/ . Purtroppo per noi occidentali così convinti che sia un ramo del "sapere" come il resto abbiamo perso l'antica idea che "la filosofia è un lavoro su se stessi". "Conosci te stesso" (Oracolo di Delfi) - mi è inutile una conoscenza logica che non mi faccia conoscere me stesso. Con questo però sono profondamente convinto che ognuno debba seguire la sua via e proprio per questo cerco di non giudicare nessuno. Giudico semmai l'azione: secondo me chi non filosofa si perde la possibilità di "conoscere se stesso" e oltre ai vari motivi etici, si perde anche tutto il divertimento (o meglio la "passione") :) Non ho nessun problema con
loro ma non condivido il modo in cui chi non si pone domande e problemi vive.
P.S. Non prenderlo come una polemica, ma per me
questa è filosofia (intesa come "amore per la
saggezza"). Senza scomodare l'India per capire il mio punto di vista ricordati di Socrate, Platone, Anassimandro, Eraclito, Plotino, Pirrone ecc
Aggiungerei, per chiarire meglio come concepisco la filosofia, che:
Per me essere filosofi é anche cercare sempre "il pelo teorico o di principio", onde criticare "spietatamente" ogni credenza, onde comprendere la fondatezza, i limiti del credere ciò che credo, come appare evidente anche dal mio recente scambio di opinioni circa il solipsismo con l' ottimo Apeiron nella discussione su paradosso del mentitore.
Citazione di: davintro il 29 Giugno 2017, 19:31:05 PM
L'idea di occuparmi, nei stretti limiti delle mie qualità, di filosofia, la vedo come un aiuto fondamentale a rigorizzare e legittimare le pretese di razionalità dei nostri discorsi e personali di visioni del mondo. Al di là ciò che molti possono pensare, il limitarsi ad avere delle opinioni soggettive sulle cose non è ancora filosofia, il momento filosofico subentra nel momento in cui la presunzione di oggettività di tali opinioni non è arbitrario, ma razionalmente fondato su argomenti che corroborano tale pretesa in modo radicale. La radicalità è data dal fatto che il compito della filosofia è l'individuazioni di quei princìpi e verità universali, valide al di là dei limiti e delle contingenze spazio-temporali, dunque fondamenti di tutte le altre verità. Utilizzare dei modelli, dei paradigmi ideali di leggi, relazioni fra concetti non vuol dire fuggire dalla realtà particolare empirica (a torto definita "concreta"), ma è indispensabile per interpretarla in modo il più possibile razionale e rigoroso. La filosofia è discorso, astratto, certo, nel senso che mira a individuare l'essenza, l'idea dei fatti reali, non i fatti in sé, ma questo è solo il primo dei due "momenti", il secondo momento consiste ne tornare al reale, ma nel senso di ricondurre l'esperienza dei fatti reali, politici, sociali, economici, all'interno dei concetti e delle categorie generali che lo sguardo trascendentale e "astratto" del filosofo ha permesso di elaborare, e le relazioni necessarie che collegano tra loro i concetti corrispondono alle reali relazioni che nella realtà legano i fatti empirici riconducibili ai concetti di quei fatti. Cogliere l'essenza delle cose e delle relazioni fra le cose, vuol dire individuare il senso generale delle cose, che nella loro totalità costituiscono quella visione d'insieme, impossibile da guadagnare fintanto che ci si limita alla ricezione ingenua e immediata dei singoli particolari. In sintesi, la filosofia è astrazione, ma non autoreferenziale, ma finalizzata alla formazione del senso critico rivolto all'esperienza del concreto. Almeno, ciò è questo è il modo con cui io nel quotidiano cerco, con alterne fortune, di intenderla e "applicarla"
Ma è proprio il processo di astrazione in quanto tale che, volendo stabilire la verità incontrovertibilmente valida, ha in sé il proprio errore, un errore che si ripete a ogni passaggio astrattivo per correggerlo. E' per questo che la ricerca metafisica dell'episteme o della sostanza è fallita, ma è fallita nel senso che non potrà mai avere fine, che non potrà mai concludersi. La filosofia è sempre critica e la critica filosofica, se correttamente impostata, è sempre fondata, ma in termini rigorosi non può porre le basi certe di alcunché, poiché qualsiasi base sarà inevitabilmente e giustamente rimessa in discussione dalla critica filosofica stessa.
Citazione di: maral il 01 Luglio 2017, 22:56:37 PM
Ma è proprio il processo di astrazione in quanto tale che, volendo stabilire la verità incontrovertibilmente valida, ha in sé il proprio errore, un errore che si ripete a ogni passaggio astrattivo per correggerlo. E' per questo che la ricerca metafisica dell'episteme o della sostanza è fallita, ma è fallita nel senso che non potrà mai avere fine, che non potrà mai concludersi. La filosofia è sempre critica e la critica filosofica, se correttamente impostata, è sempre fondata, ma in termini rigorosi non può porre le basi certe di alcunché, poiché qualsiasi base sarà inevitabilmente e giustamente rimessa in discussione dalla critica filosofica stessa.
CitazioneNon riesco a dare a queste parole un senso diverso da questo:
Bisogna sempre esercitare una critica (razionale per parte mia) di ogni credenza e convinzione (il cartesiano dubbio metodico); infatti spesso si scopre che credenze la verità delle quali ci sembrava certissima si rivelano false.
Il punto Sgiombo è che la critica (che bisogna certamente fare sempre) non può porre il fondamento razionale della critica stessa. Il pensiero occidentale si è mosso su questa strada, ha creduto di poter porre un fondamento logico alla logica, da cui il naufragio inevitabile. Questo non significa abbandonare la critica o le proprie posizioni, ma viverle con spirito critico nel contesto che di volta in volta le dà per valide. Per questo la critica filosofica è critica a se stessi, senza per questo sentirsi indeboliti. E' un procedere continuo che ha la propria verità sempre in costruzione nel procedere stesso.
Citazione di: maral il 02 Luglio 2017, 11:24:36 AM
Il punto Sgiombo è che la critica (che bisogna certamente fare sempre) non può porre il fondamento razionale della critica stessa. Il pensiero occidentale si è mosso su questa strada, ha creduto di poter porre un fondamento logico alla logica, da cui il naufragio inevitabile. Questo non significa abbandonare la critica o le proprie posizioni, ma viverle con spirito critico nel contesto che di volta in volta le dà per valide. Per questo la critica filosofica è critica a se stessi, senza per questo sentirsi indeboliti. E' un procedere continuo che ha la propria verità sempre in costruzione nel procedere stesso.
CitazioneSalvo la mia non accettazione del concetto indiscriminato di un unico "pensiero occidentale" (come già in precedenza accennato) sono d' accordo che un razionalismo critico conseguente, "portato fino in fondo", fino alle estreme conseguenze, deve essere anche autocritico.
Ho sempre pensato che essere consapevoli dei limiti della razionalità significa essere più conseguentemete razionali (e razionalisti) che ignorarli, cadendo in pie illusioni in proposito (come fa anche quella forma di irrazionalismo che ritengo sia lo scientismo acritico).
Non ricade sull'astrazione la responsabilità di illudere l'uomo di poter giungere un sapere perfetto e totalizzante. La responsabilità sta nella superbia dell'uomo, che disconosce la sua finitezza, presume di divinizzare se stesso e di poter eliminare la limitatezza dovuta al suo situarsi nello spazio-tempo dalla sua visione del mondo. Comunque io distinguerei l'incontrovertibilità di alcune verità dalla presunzione di totalità del sapere. Ammettere l'impossibilità umana di poter conoscere perfettamente e una volta per tutte tutti gli aspetti del mondo non implica necessariamente l'impossibilità di raggiungere delle certezze almeno parziali, che non pretendono di risolvere in se stesse tutte le questioni dell'universo. Pensando il sistema delle conoscenze come un edificio in costruzione, il carattere dinamico della conoscenza assume un senso positivo e costruttivo, se i nuovi mattoni, i nuovi dati e scoperte si aggiungono ad altri mattoni già presenti, e soprattutto se l'intero edificio poggia su fondamenta solide, che sappiano reggere la casa. Senza le fondamenta la casa crolla. Fuor di metafora, le fondamenta sono i principi primi del pensiero, quel nucleo di verità ontologiche e logiche, che sono i presupposti senza i quali nessun pensiero e conoscenza della realtà. Ovviamente, questo nucleo è dal punto di vista quantitativo limitato, "piccolo", non esaurisce la totalità della possibile conoscenza, ma senza di esso nessun altra conoscenza è possibile, anche se poi il suo utilizzo può essere implicito e non pienamente consapevole da parte del soggetto conoscente (come accade naturalmente, nell'atteggiamento naturale-ingenuo dell'uomo, che in Husserl precede la conversione fenomenologica). La casa non si riduce certo alle fondamenta, ma sono le fondamenta a rendere possibile l'aggiunta di nuovi mattoni. Ovviamente è possibile anche che il costruttore ritenga sufficientemente solide le fondamenta quando invece non lo sono, ma questa è solo un'accidentalità, se fosse un condizione necessaria, non avrebbe senso continuare a costruire nulla. Che senso avrebbe continuare a ricercare e costruire una visione unitaria del sapere se ci rassegniamo a-priori che i punti di partenza sono davvero fondanti, e ogni volta occorre ripartire da zero, facendo e disfacendo la trama senza arrivare a costruire nulla di solido e positivo? Allora sì che la scienza e la filosofia diverrebbero solo un divertente gioco di società, in cui ci si diverte a teorizzare e a sollevare ipotesi, sapendo che però a un certo punto che i risultati a cui giungiamo dovranno essere abbandonati per far posto ad altri, che però subiranno la stessa sorta e così via, senza arrivare a nulla. Non c'è cioè alcun conflitto fra l'individuazione di un nucleo di verità incontrovertibili (le fondamenta) e il dinamismo storico della ricerca (il continuo aggiungere di mattoni su mattoni), anzi uno avvalora l'altro.
Citazione di: davintro il 02 Luglio 2017, 18:59:52 PM
Non ricade sull'astrazione la responsabilità di illudere l'uomo di poter giungere un sapere perfetto e totalizzante. La responsabilità sta nella superbia dell'uomo, che disconosce la sua finitezza, presume di divinizzare se stesso e di poter eliminare la limitatezza dovuta al suo situarsi nello spazio-tempo dalla sua visione del mondo.
Na la superbia dell'uomo è proprio l'astrazione a generarla. Ossia il prendere le cose estraendole dalla loro concreta presenza in forme che le sostituiscono. Beninteso, questo processo è del tutto umano e non può essere rinnegato. Quello che va rinnegato è l'astrazione di ciò che si è preso in astratto che porta a concepirlo come totalità sovrastante reale e fondante, perfettamente definibile: il totale astratto che tutto governa e ci fissa per sempre nelle sue definizioni radicali.
Le certezze parziali sono comunque astrazioni valide in un determinato contesto, ma non valide in assoluto, per essere valide in assoluto dovrebbero essere certezze totali.. E' allora che sorge la pretesa che lo siano, che sorge la pretese che sia questa la verità radicale, l'incontrovertibile che sarà sempre a ragione controvertito.
Certo, noi procediamo sulla strada della conoscenza, mutando le nostre prospettive, le prospettive delle nostre stesse radici il cui significato è in quanto ora accade, è sempre in questa nostra attuale parzialità che vediamo il mondo e noi stessi, non dal di fuori. Le fondamenta accadono proprio ora, nella parzialità in cui troviamo ragione, non in un assoluto in cui non ci troviamo mai. Ma questo assoluto in cui non siamo ci richiede continuamente, per questo procediamo, per questo ogni certezza farà sempre naufragio (la casa che faticosamente edifichiamo crollerà sempre prima o poi) e questa sarà l'unica certezza, ma a ogni naufragio si potrà procedere dai suoi resti che sono come impronte che segnano il cammino, le tracce che ci orientano senza per questo prefissare nulla e su questi resti costruiremo una nuova casa che ancora prima o poi crollerà lasciando altri resti, allestiremo una nuova imbarcazione che prima o poi farà ancora naufragio, ma sempre in vista di nuovi orizzonti.
E' questo che esprime l'irriducibile dualismo che c'è tra la conoscenza e il vivere, il continuo decentramento del soggetto di conoscenza, ossia dell'osservatore come forma di vita. Vivendo siamo sempre nella verità, ma vivendo come esseri coscienti vogliamo conoscerla e per conoscerla possiamo solo incontrare le sue maschere, ma senza incontrare queste maschere non possiamo vivere, quindi non possiamo essere nella verità.
Come sempre finisco per "infervorarmi" e spararle grosse (anche involontaramente) ;D in particolare vorrei correggere il tiro su un paio di osservazioni.
il "perfino" usato nella frase "concezione che era presente nel mondo ellenistico e perfino tra i primi filosofi cristiani tipo Boezio" non vuole dare discredito alla filosofia/tradizione cristiana. In realtà quel "perfino" significa: anche se a noi oggi dopo i tempi bui dell'inquisizione vediamo come nemiche religione e filosofia dobbiamo renderci conto che non è sempre stato così (e oggi sembra che stiamo tornado a quei tempi o almeno è questa l'impressione che mi sono fatto parlando con due teologi). Perarltro ci sono ottimi filosofi cristiani anche nel medioevo (Niccolò Cusano, Occam, per certi versi anche Tommaso ecc).
L'altro punto su cui vorrei puntualizzare è il seguente: se per filosofia intendiamo "amore per la saggezza" allora vediamo che un uomo saggio che non conosce quasi nulla è in un senso importante un miglior "filosofo" di un professore di filosofia. La concezione moderna della filosofia come un "sapere" come la scienza o la storia ecc si dimentica che la filosofia è sempre stata un'attività nella quale si è sempre riconosciuto il limite delle nostre facoltà intellettuali. Dunque non è di certo all'Onniscenza che gli antichi maestri volevano portarci. In verità mi sembra che volevano portarci ad una sorta di "purificazione e perfezione della mente". Quindi sotto questo aspetto un uomo saggio "ignorante" può avere una mente "migliore" di un altro più acculturato. Gli antichi lo sapevano bene: il punto della filosofia è quello di lavorare su se stessi, sull'unica cosa che possiamo davvero influenzare con una certa possibilità di successo, la nostra stessa mente. Purtroppo è una concezione che si è persa.
Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 14:57:10 PMSo benissimo che la mia opinione è molto particolare e non è condivisa da tutti. Riguardo al malessere esistenziale ritengo che sia abbastanza indubbio che è un motore abbastanza comune della ricerca filosofica, specie quando questa è accompagnata da una forte spinta etico o perfino "religiosa" (anche se questo termine è pericoloso...).
Sì, sono ben consapevole che sia una cosa comune. E' proprio per questo che ho voluto specificare il mio approccio, per dire che esiste anche questo. :D Inoltre credo sia più proficui l'approprio chiamiamolo "intellettuale", ma non vorrei aprire qui questa megaparentesi.
Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 14:57:10 PMRiguardo poi a quanto dici che "tutti usano un po' di logica quindi sono tutti logici" cerco di farti considerare la cosa da un altro punto di vista. Qui in occidente, in genere, vuoi per l'ossessione medievale per il controllo delle coscienze vuoi per il fatto che la scienza ha dato una direzione molto "esterna/ingegneristica" al pensiero, ci siamo dimenticati che la filosofia è centrale nella vita di un uomo. La comprensione delle cose, la comprensione di come funziona il nostro ragionare ecc si può anche considerare non come mero intellettualismo ma come una spinta genuina alla ricerca della verità, dell'"eudamonia", del bene ecc.
Innanzitutto c'è da dire che mai la filosofia è stata centrale nella vita dell'uomo. Nel senso che l'uomo comune non si è mai interessato ad alcun campo del sapere. Anzi, dire che abbiamo raggiunto il picco di filosofi (professionisti o amatoriali) proprio nell'epoca contemporanea.
Continuo a ritenere estremamente forviante l'argomentazione "nessuno piò evitare di ragionare (e quindi filosofeggiare), quindi siamo tutti filosofi". Però la cosa che mi confonde di più è questa: da una parte mi pare tu sostenga il fatto che c'è sempre meno gente che filosofeggia, dall'altra con l'argomentazione suddetta sembra che tu stia sostenendo che in realtà tutti sono filosofi. Mi puoi spiegare meglio?
Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 14:57:10 PMInfine Wittgenstein lo apprezzo sia come filosofo/logico sia dal punto di vista esistenziale: "la filosofia è un lavoro su se stessi". Perchè? perchè una mente chiara è più pronta a migliorarsi, una mente chiara riesce meglio a svuotarsi di pregiudizi e distorsioni della realtà, una mente chiara è più pronta a riconoscere i propri difetti e per tutto ciò è anche più pronta ad accogliere l'altro senza pregiudizi ecc... http://www.canonepali.net/an-1-45-46-udakarahaka-sutta-uno-specchio-dacqua/ . Purtroppo per noi occidentali così convinti che sia un ramo del "sapere" come il resto abbiamo perso l'antica idea che "la filosofia è un lavoro su se stessi". "Conosci te stesso" (Oracolo di Delfi) - mi è inutile una conoscenza logica che non mi faccia conoscere me stesso.
Mi contraddico. ;D Avevo detto che non volevo aprire una megaparentesi, però qui devo riprendere il discorso: a maggior ragione, mi sembra che quello che impropriamente ho chiamato "approccio intellettuale" sia più proficuo proprio perché permette di avere una mente chiara, senza pensieri tristi che ottenebrano il giudizio, o comunque senza avere preferenze sulla meta finale. Però ammetto che la cosa più importante, forse l'unica cosa importante, è il risultato filosofico (tesi e argomentazione) che si ottiene, più che il fattore psicologico contingente a monte.
Comunque vorrei che tu approfondissi di più il punto del "conosci te stesso" per farmelo comprendere meglio. In particolare, come funziona nello specifico? Cioè, poniamo che devi parlare del PM, dell'esistenza di Dio o del riduzionismo, come utilizzi il "conosci te stesso" in queste questioni? Inoltre, come si differenzia questo principio dallo scopo che ha la psicologia?
Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 14:57:10 PMCon questo però sono profondamente convinto che ognuno debba seguire la sua via e proprio per questo cerco di non giudicare nessuno. Giudico semmai l'azione: secondo me chi non filosofa si perde la possibilità di "conoscere se stesso" e oltre ai vari motivi etici, si perde anche tutto il divertimento (o meglio la "passione") :) Non ho nessun problema con loro ma non condivido il modo in cui chi non si pone domande e problemi vive.
P.S. Non prenderlo come una polemica [...].
Non vedo la cosa come una polemica, come dicevo nell'altro topic, è il medium scritto che a volte ci frega. ;)
Proviamo un momento a fare un esperimento e mettiamoci dei panni di un fisico professionista che adori la fisica. Cerchiamo, per quanto ci è possibile, di vedere il mondo con i suoi occhi e con i suoi sentimenti. Tutto l'universo si sorregge grazie alle leggi della fisica. Le leggi della fisica sono ovunque e potrebbero spiegarci ogni cosa... Cosa c'è di più importante del conoscere le leggi fisiche? Alla fine è la chiave per conoscere come funziona la nostra intera realtà! Perché perdere questa preziosissima opportunità, chi mai vorrebbe vivere nelle tenebre, vivere in un mondo alieno senza consapevolezza di ciò che accade?
Consideriamo ora lo psicologo. L'universo non è niente rispetto all'esperienza soggettiva dell'essere umano: un labirinto infinitamente complesso e affascianante. Cosa ci potrebbe mai essere di più importante del conoscere pensieri, credenze, paure, ossessioni, speranze, ecc... dell'uomo? Chi mai non vorrebbe diventare psicologo è perdersi questo universo dentro l'universo?
Questa lista sarebbe molto lunga: matematici, sociologi, economisti, antropologi, biologi, storici, linguisti......... Ognuno esamina un aspetto della realtà. Ognuno potrebbe considerare il proprio dominio come il più importante. Potrebbe, ma non dovrebbe. Dovrebbe invece riconoscere che il bello della nostra realtà è che ha più sfaccettature, tutte estremamente affascinanti e importanti. Il sapere ha oggigiorno una vastità inimmaginabile, quindi non è più possibile, come alle origini, avere persone che si interessano ad esso in ogni suo aspetto. I filosofi di un tempo si sono dovuti specializzare per necessità nelle varie discipline e la filosofia ora è una di queste. Non la più importante, ma una parte del sapere umano. Ma non per questo poco importante, anzi.
p.s. Strano che citi Wittgenstein qui, l'uomo che riteneva che il filosofeggiare portasse solo sofferenza alla persona e che per sfuggire a ciò ha fatto i lavori più improbabili per il suo status (considerando che lui era un ricco di una importante famiglia e che non necessitava di lavorare per vivere): giardiniere e insegnate di scuole elementari e medie. Si offrì anche volontario per partecipare alla Seconda Guerra Mondiale. Per Wittgenstein non c'era nulla di più sereno e dignitoso del vivere una vita semplice senza le complicazioni e le sofferenze che derivavano dalla filosofia. Questo è compatibile con il suo vedere l'attività di filosofo in modo assolutamente demetafisicizzato, come una semplice attività di chiarificazione linguistica, di mostrare come il linguaggio ordinario fosse perfettamente apposto così com'era. I filosofi erano per lui le persone che fraintendevano ed abusavano del linguaggio, le persone ordinarie invece erano perfette così com'erano.
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:19:05 PM
Questa lista sarebbe molto lunga: matematici, sociologi, economisti, antropologi, biologi, storici, linguisti......... Ognuno esamina un aspetto della realtà. Ognuno potrebbe considerare il proprio dominio come il più importante. Potrebbe, ma non dovrebbe. Dovrebbe invece riconoscere che il bello della nostra realtà è che ha più sfaccettature, tutte estremamente affascinanti e importanti. Il sapere ha oggigiorno una vastità inimmaginabile, quindi non è più possibile, come alle origini, avere persone che si interessano ad esso in ogni suo aspetto. I filosofi di un tempo si sono dovuti specializzare per necessità nelle varie discipline e la filosofia ora è una di queste. Non la più importante, ma una parte del sapere umano. Ma non per questo poco importante, anzi.
ciao Epicurus,
scusa se mi intrometto.
E possible se si giunge ai primitivi ai fondamenti su cui poggiano le varie discipline scientifiche:questo è uno degli essenziali ruoli del filosofo che i vari specialisti non fanno.Che cosa caratterizza un tempo culturale,, quale è il suo modello rappresentativo?
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:19:05 PM
Proviamo un momento a fare un esperimento e mettiamoci dei panni di un fisico professionista che adori la fisica. Cerchiamo, per quanto ci è possibile, di vedere il mondo con i suoi occhi e con i suoi sentimenti. Tutto l'universo si sorregge grazie alle leggi della fisica. Le leggi della fisica sono ovunque e potrebbero spiegarci ogni cosa... Cosa c'è di più importante del conoscere le leggi fisiche? Alla fine è la chiave per conoscere come funziona la nostra intera realtà! Perché perdere questa preziosissima opportunità, chi mai vorrebbe vivere nelle tenebre, vivere in un mondo alieno senza consapevolezza di ciò che accade?
Consideriamo ora lo psicologo. L'universo non è niente rispetto all'esperienza soggettiva dell'essere umano: un labirinto infinitamente complesso e affascianante. Cosa ci potrebbe mai essere di più importante del conoscere pensieri, credenze, paure, ossessioni, speranze, ecc... dell'uomo? Chi mai non vorrebbe diventare psicologo è perdersi questo universo dentro l'universo?
Questa lista sarebbe molto lunga: matematici, sociologi, economisti, antropologi, biologi, storici, linguisti......... Ognuno esamina un aspetto della realtà. Ognuno potrebbe considerare il proprio dominio come il più importante. Potrebbe, ma non dovrebbe. Dovrebbe invece riconoscere che il bello della nostra realtà è che ha più sfaccettature, tutte estremamente affascinanti e importanti. Il sapere ha oggigiorno una vastità inimmaginabile, quindi non è più possibile, come alle origini, avere persone che si interessano ad esso in ogni suo aspetto. I filosofi di un tempo si sono dovuti specializzare per necessità nelle varie discipline e la filosofia ora è una di queste. Non la più importante, ma una parte del sapere umano. Ma non per questo poco importante, anzi.
CitazionePer me la filosofia é diversa dalle scienze "particolari" ("naturali" o "umane" che siano) perché non si interessa di questo o quell' albero (ma con l' iperspecialismo oggi raggiunto delle scienze sarebbe forse meglio parlare di questa o quella foglia o addirittura di questa o quella venatura di questa o quella foglia); fuor di metafora: di questo o quel particolare aspetto della realtà in cui vivo e della mia vita in riferimento a tale particolare aspetto, come fanno le varie scienze. Ma invece si interessa della foresta; fuor di metafora: della realtà in cui vivo in generale, complessivamente intesa e della mia vita in generale, complessivamente considerata in riferimento alla realtà in generale). Deve dunque fondarsi comunque su un "minimo di conoscenza" (scientifica) degli aspetti particolari della realtà, quale più quale meno).
Per questo credo che almeno potenzialmente (e in qualche misura -al limite nulla, nei casi più "filosoficamente disperati"- di fatto, attualmente) tutti gli uomini siano filosofi.
Anche se oggi (in questo credo di interpretare anche il pensiero do Apeiron; ma mi dica se sbaglio) di fatto la "misura media" in cui questa "potenzialità filosofica" generalmente umana si attua sia particolarmente bassa (non solo a livello di massa ma anche anche a livello di "elités intellettuali" e per lo meno rispetto agli ultimi due - trecento anni; e a prescindere dalla qualità con cui si attua -oggi generalmente più razionalistica, un tempo cadendo in maniera quasi generalizzata nella religione o nella superstizione- forse é bassa a livello di massa anche rispetto a i secoli precedenti l' illuminismo e lo sviluppo industriale).
Citazione di: paul11 il 03 Luglio 2017, 17:56:30 PM
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:19:05 PM
Questa lista sarebbe molto lunga: matematici, sociologi, economisti, antropologi, biologi, storici, linguisti......... Ognuno esamina un aspetto della realtà. Ognuno potrebbe considerare il proprio dominio come il più importante. Potrebbe, ma non dovrebbe. Dovrebbe invece riconoscere che il bello della nostra realtà è che ha più sfaccettature, tutte estremamente affascinanti e importanti. Il sapere ha oggigiorno una vastità inimmaginabile, quindi non è più possibile, come alle origini, avere persone che si interessano ad esso in ogni suo aspetto. I filosofi di un tempo si sono dovuti specializzare per necessità nelle varie discipline e la filosofia ora è una di queste. Non la più importante, ma una parte del sapere umano. Ma non per questo poco importante, anzi.
ciao Epicurus,
scusa se mi intrometto.
E possible se si giunge ai primitivi ai fondamenti su cui poggiano le varie discipline scientifiche:questo è uno degli essenziali ruoli del filosofo che i vari specialisti non fanno.Che cosa caratterizza un tempo culturale,, quale è il suo modello rappresentativo?
Ciao Paul,
questo è un campo borderline. Nel senso che esistono anche scienziati che si occupano delle fondamenta della propria disciplina senza essere dei veri filosofi, e i filosofi professionisti che si vogliono occupare delle fondamenta scientifiche solitamente hanno almeno una laurea anche in tale disciplina scientifica. Inoltre, anche la matematica ha una veste interdisciplinare, ma da questo cosa ne dovremmo dedurre?
Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMPer me la filosofia é diversa dalle scienze "particolari" ("naturali" o "umane" che siano) perché non si interessa di questo o quell' albero (ma con l' iperspecialismo oggi raggiunto delle scienze sarebbe forse meglio parlare di questa o quella foglia o addirittura di questa o quella venatura di questa o quella foglia); fuor di metafora: di questo o quel particolare aspetto della realtà in cui vivo e della mia vita in riferimento a tale particolare aspetto, come fanno le varie scienze. Ma invece si interessa della foresta; fuor di metafora: della realtà in cui vivo in generale, complessivamente intesa e della mia vita in generale, complessivamente considerata in riferimento alla realtà in generale). Deve dunque fondarsi comunque su un "minimo di conoscenza" (scientifica) degli aspetti particolari della realtà, quale più quale meno).
Non metto in dubbio il fatto che la filosofia sia occupi di questioni massimamente generali. (Anche se, devo ammettere, credo che si occupi di questioni ancora più generali la matematica.) Ma, come ho chiesto a Paul, da questo cosa dobbiamo concludere in riferimento a questa discussione?
Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMPer questo credo che almeno potenzialmente (e in qualche misura -al limite nulla, nei casi più "filosoficamente disperati"- di fatto, attualmente) tutti gli uomini siano filosofi.
Dimmi se ho capito bene: dato che la filosofia è più generale delle altre scienze, allora tutti gli uomini potenzialmente sono filosofi?
Da un certo punto di vista è una palese verità: tutti gli uomini possono essere dei filosofi; di fatto alcuni lo sono in pieno, altri in gradi intermedi, alcuni per nulla. Ma è così per ogni disciplina.
O c'è un altro modo di intendere la cosa: visto che tutti o quasi riflettono su questioni generali, allora tutti o quasi sono filosofi, in qualche grado. Però, anche qui, allora ciò vale per moltissime altre discipline. "Dato che tutti usiamo la logica, allora...", "Dato che tutti usiamo i numeri, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con questioni economiche, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con il prossimo, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con il mondo fisico, allora", ecc...
Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMAnche se oggi [...].
Secondo me è falso che il livello quantitativo e qualitativo sia inferiore del passato, ma non mi esprimo oltre su questioni statistiche di questo genere senza avere dei dati significativi.
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 10:52:22 AM
Citazione di: paul11 il 03 Luglio 2017, 17:56:30 PM
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:19:05 PM
Questa lista sarebbe molto lunga: matematici, sociologi, economisti, antropologi, biologi, storici, linguisti......... Ognuno esamina un aspetto della realtà. Ognuno potrebbe considerare il proprio dominio come il più importante. Potrebbe, ma non dovrebbe. Dovrebbe invece riconoscere che il bello della nostra realtà è che ha più sfaccettature, tutte estremamente affascinanti e importanti. Il sapere ha oggigiorno una vastità inimmaginabile, quindi non è più possibile, come alle origini, avere persone che si interessano ad esso in ogni suo aspetto. I filosofi di un tempo si sono dovuti specializzare per necessità nelle varie discipline e la filosofia ora è una di queste. Non la più importante, ma una parte del sapere umano. Ma non per questo poco importante, anzi.
ciao Epicurus,
scusa se mi intrometto.
E possible se si giunge ai primitivi ai fondamenti su cui poggiano le varie discipline scientifiche:questo è uno degli essenziali ruoli del filosofo che i vari specialisti non fanno.Che cosa caratterizza un tempo culturale,, quale è il suo modello rappresentativo?
Ciao Paul,
questo è un campo borderline. Nel senso che esistono anche scienziati che si occupano delle fondamenta della propria disciplina senza essere dei veri filosofi, e i filosofi professionisti che si vogliono occupare delle fondamenta scientifiche solitamente hanno almeno una laurea anche in tale disciplina scientifica. Inoltre, anche la matematica ha una veste interdisciplinare, ma da questo cosa ne dovremmo dedurre?
ciao Epicurus,
che è possible trovare i denominatori comuni tipici della filosofia: ontologici, epistemologici e fenomenologici.
D'altra parte le discipline scientifiche non sono nate dal nulla e postulati ,enunciati, assiomi da qualche parte sono scaturiti.
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 14:07:01 PMciao Epicurus,
che è possible trovare i denominatori comuni tipici della filosofia: ontologici, epistemologici e fenomenologici.
D'altra parte le discipline scientifiche non sono nate dal nulla e postulati ,enunciati, assiomi da qualche parte sono scaturiti.
Certo, potremmo dire che questa è l'eredità del passato della filosofia. Questo non lo nego.
Continuo però a pensare che: 1) non tutti siano filosofi; 2) non tutti debbano essere filosofi; 3) la filosofia non è il campo del sapere più importante.
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 14:57:29 PM
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 14:07:01 PMciao Epicurus,
che è possible trovare i denominatori comuni tipici della filosofia: ontologici, epistemologici e fenomenologici.
D'altra parte le discipline scientifiche non sono nate dal nulla e postulati ,enunciati, assiomi da qualche parte sono scaturiti.
Certo, potremmo dire che questa è l'eredità del passato della filosofia. Questo non lo nego.
Continuo però a pensare che: 1) non tutti siano filosofi; 2) non tutti debbano essere filosofi; 3) la filosofia non è il campo del sapere più importante.
1) ma tutti sono consapevoli e si pongono delle domande che non sono domini squisitamente delle scienze naturali e fisiche
2) ognuno è libero di scegliere ,ma anche la scelta e il libero arbitrio e/o libertà è campo della filosofia
3) questa è una tua deduzione dettata da una tua formazione culturale; io ho altre gerarchie di importanze.
Bisogna capire cosa intendiamo per "importante".
ciao
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 14:57:29 PM
Certo, potremmo dire che questa è l'eredità del passato della filosofia. Questo non lo nego.
Continuo però a pensare che: 1) non tutti siano filosofi; 2) non tutti debbano essere filosofi; 3) la filosofia non è il campo del sapere più importante.
1) ma tutti sono consapevoli e si pongono delle domande che non sono domini squisitamente delle scienze naturali e fisiche
Come ho detto anche agli altri, basta questo per essere un filosofo? Domanda linguistica, questa. Quindi per me può anche essere positiva, ma poi dobbiamo distinguere tra i gradi. Oltre al fatto, che allora dobbiamo dire che ogni essere umano è filosofo, matematico, logico, economista... Ripeto, si può anche intendere così il discorso, anche se lo trovo poco produttivo e informativo.
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM2) ognuno è libero di scegliere ,ma anche la scelta e il libero arbitrio e/o libertà è campo della filosofia
Ognuno è libero di pensare quello che vuole, ma questa azione è anche dominio della psicologia e della fisica... ma ciò è comunque irrilevante.
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM
3) questa è una tua deduzione dettata da una tua formazione culturale; io ho altre gerarchie di importanze.
Bisogna capire cosa intendiamo per "importante".
E' proprio per il fatto che "importante" per me ha poco senso in questo contesto che ho affermato che non c'è gerarchia di importanza. Ovvio che ognuno può dire "per me la disciplina X è la più importante", ma finisce per essere un semplice giudizio soggettivo come "per me il gelato al gusto Y è il più buono".
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 15:38:10 PM
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 14:57:29 PM
Certo, potremmo dire che questa è l'eredità del passato della filosofia. Questo non lo nego.
Continuo però a pensare che: 1) non tutti siano filosofi; 2) non tutti debbano essere filosofi; 3) la filosofia non è il campo del sapere più importante.
1) ma tutti sono consapevoli e si pongono delle domande che non sono domini squisitamente delle scienze naturali e fisiche
Come ho detto anche agli altri, basta questo per essere un filosofo? Domanda linguistica, questa. Quindi per me può anche essere positiva, ma poi dobbiamo distinguere tra i gradi. Oltre al fatto, che allora dobbiamo dire che ogni essere umano è filosofo, matematico, logico, economista... Ripeto, si può anche intendere così il discorso, anche se lo trovo poco produttivo e informativo.
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM2) ognuno è libero di scegliere ,ma anche la scelta e il libero arbitrio e/o libertà è campo della filosofia
Ognuno è libero di pensare quello che vuole, ma questa azione è anche dominio della psicologia e della fisica... ma ciò è comunque irrilevante.
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 15:10:50 PM
3) questa è una tua deduzione dettata da una tua formazione culturale; io ho altre gerarchie di importanze.
Bisogna capire cosa intendiamo per "importante".
E' proprio per il fatto che "importante" per me ha poco senso in questo contesto che ho affermato che non c'è gerarchia di importanza. Ovvio che ognuno può dire "per me la disciplina X è la più importante", ma finisce per essere un semplice giudizio soggettivo come "per me il gelato al gusto Y è il più buono".
Vorresti sentirti affermare che la filosofia sia un obbligo? Non siamo nemmeno obbligati a vivere domani.
ma se per te importante ha poco senso cosa viviamo a fare?
Tu cerchi il senso nel linguaggio e io lo cerco nella vita. Tu vedi i paradosso linguistici e io umani
E' l'uomo che ha creato il linguaggio e non il linguaggio l'uomo.
ciao ;D
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 10:52:22 AM
Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMPer me la filosofia é diversa dalle scienze "particolari" ("naturali" o "umane" che siano) perché non si interessa di questo o quell' albero (ma con l' iperspecialismo oggi raggiunto delle scienze sarebbe forse meglio parlare di questa o quella foglia o addirittura di questa o quella venatura di questa o quella foglia); fuor di metafora: di questo o quel particolare aspetto della realtà in cui vivo e della mia vita in riferimento a tale particolare aspetto, come fanno le varie scienze. Ma invece si interessa della foresta; fuor di metafora: della realtà in cui vivo in generale, complessivamente intesa e della mia vita in generale, complessivamente considerata in riferimento alla realtà in generale). Deve dunque fondarsi comunque su un "minimo di conoscenza" (scientifica) degli aspetti particolari della realtà, quale più quale meno).
Non metto in dubbio il fatto che la filosofia sia occupi di questioni massimamente generali. (Anche se, devo ammettere, credo che si occupi di questioni ancora più generali la matematica.) Ma, come ho chiesto a Paul, da questo cosa dobbiamo concludere in riferimento a questa discussione?
CitazioneDissento circa la maggior generalità dei problemi matematici rispetto a quelli filosofici.
Esiste una filosofia della matematica (oltre ad altre filosofie), ma non credo esista una matematica della filosofia (oltre ad altre matematiche).
Cioé le conoscenze matematiche fanno parte della conoscenza in generale; e la filosofia si occupa (anche) di conoscenza in generale (e per esempio vi sono filosofie che della matematica affermano si tratti di giudizi analitici a priori).
Ma non credo che la filosofia possa essere considerata una parte della matematica.
Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMPer questo credo che almeno potenzialmente (e in qualche misura -al limite nulla, nei casi più "filosoficamente disperati"- di fatto, attualmente) tutti gli uomini siano filosofi.
Dimmi se ho capito bene: dato che la filosofia è più generale delle altre scienze, allora tutti gli uomini potenzialmente sono filosofi?
Da un certo punto di vista è una palese verità: tutti gli uomini possono essere dei filosofi; di fatto alcuni lo sono in pieno, altri in gradi intermedi, alcuni per nulla. Ma è così per ogni disciplina.
O c'è un altro modo di intendere la cosa: visto che tutti o quasi riflettono su questioni generali, allora tutti o quasi sono filosofi, in qualche grado. Però, anche qui, allora ciò vale per moltissime altre discipline. "Dato che tutti usiamo la logica, allora...", "Dato che tutti usiamo i numeri, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con questioni economiche, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con il prossimo, allora...", "Dato che tutti abbiamo a che fare con il mondo fisico, allora", ecc...
CitazioneSi possono scegliere i più svariati "mestieri" (compreso quello di "storico della filosofia e anche di epistemologo o di ontologo (o di "professore di metafisica", "di epistemologia" e di "etica").
Ma, quale che sia il mestiere che si sceglie, per "essere filosofo" intendo (rispondendo alla domanda che da il titolo alla discussione) il porsi e l' affrontare razionalmente, criticamente le questioni:
ontologica (o metafisica: com' é in generale la realtà? Per esempio: é monistica materialistica? Monistica spiritualistica? Dualistica? Pluralistica? E' immutabile o muta? Se muta é ordinata ovvero deterministica oppure disordinata? Se é ordinata la é in senso "forte" ovvero meccanicistico-deterministico oppure in senso "debole" ovvero probabilistico-statistico? Esiste o no il libero arbitrio? Esiste Dio? Siamo mortali o immortali?):
gnoseologica (si può conoscere com' é la realtà? Come? In che senso? Entro quali limiti? A quali condizioni?);
etica (che cosa é preferibile fare nella vita? Perché farlo? Come farlo?):
eventualmente estetica e politica (come articolazioni della questione etica, in sostanza).
Questo significa per me "essere filosofo" (quale che sia il mestiere o i mestieri che si esercitano), in questo senso credo di esserlo.
Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 18:24:59 PMAnche se oggi [...].
Secondo me è falso che il livello quantitativo e qualitativo sia inferiore del passato, ma non mi esprimo oltre su questioni statistiche di questo genere senza avere dei dati significativi.
CitazioneCredo che si tratti di una questione non affrontabile in termini statistici in quanto la qualità con cui si affrontano i problemi filosofici non é oggettivamente quantificabile.
E anche per questo non credo sia decidibile con certezza: si tratta di "mere impressioni" vaghe, indeterminate, opinabili: questo era quanto intendevo sostenere, non di più (e dunque comprendo che altri, come te, possano avere in proposito impressioni e convinzioni diverse e contrarie alle mie; ma non credo esistano argomenti oggettivi e cogenti per dirimere le disparità di valutazione).
epicurus cerco di riponderti in poche ma concise righe,
Intellettualismo significa (per esempio) pensare al PM o all'esistenza di Dio in modo "distaccato", quasi fosse un dovere. "Filosofeggiare" lo vedo più come una sorta di attività in cui ci metti la "passione", ci metti tutto te stesso. Poi ognuno chiaramente pensa a ciò che gli viene meglio pensare: un appassionato di filosofia della matematica penserà a quell'ambito, un ricercatore di Dio penserà a Dio. Ma è anche vero che un'attività "manuale" può essere fatta con questo tipo di ricerca "interiore". Pensa alla storia, se ti è familiare, del cuoco Ding nel Chaung-Tzu.
Sul discorso del non pensare... a mio giudizio se uno prende la vita con serietà filosofa. Forse "filosofare=prendere la vita seriamente"...
Su Wittgenstein: anche io maledico la filosofia a volte quando sono depresso. Però come me Wittgenstein alla fine tornava sempre a filosofare :)
P.S. Per un problema al PC non ho scritto nulla per tre giorni... pardon per il ritardo
Il cuoco Ding è intento a smembrare un bue per il principe Wenhui: afferra la bestia con la mano, la spinge con la spalla e, tenendosi ben saldo sui piedi, la regge con le ginocchia. Si odono le ossa dell'animale scricchiolare da ogni parte e la lama penetrare nelle carni a ritmo di musica.
«Bravo!» esclamò il principe «come hai potuto raggiungere un'arte così perfetta?».
Il cuoco Ding posò il coltello e rispose: «Il vostro servo cerca quanto vi è di meglio, ossia il Dao, e si è lasciato alle spalle la mera tecnica. All'inizio, quando ho cominciato questo lavoro, non vedevo che buoi; nel giro di tre anni, non vedevo più il bue. Ora non vedo più l'animale con gli occhi, ma lo percepisco con lo spirito. Il mio coltello si affida alle linee della conformazione naturale: taglia lungo i grandi interstizi, si lascia guidare dalle cavità principali, non sfiora mani nervi o tendini, né mai scalfisce le ossa. Un cuoco normale consuma un coltello al mese, un buon cuoco consuma un coltello all'anno: il coltello del vostro servo è stato usato per diciannove anni, ha squartato migliaia di buoi, ma la sua lama è come nuova.
Detto questo, ogni volta che arrivo ad una articolazione complessa, prima osservo dove è la difficoltà e mi preparo con cura. Il mio sguardo si fissa, i miei gesti rallentano: si vede appena il movimento della lama e, d'un colpo solo, la giuntura è recisa. E io reso con il coltello in mano, mi guardo attorno soddisfatto, poi lo ripulisco e lo ripongo nella sua custodia.
«Magnifico!» esclamò il principe «dopo avere udito le parole del cuoco Ding, so come nutrire il principio vitale»
http://iltaodilao.blogspot.it/2010/11/la-metafora-del-cuoco-ding.html
Oppure se leggi lo "Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta" vedi esempi simili.
Il motivo per cui secondo me "non filosofare" (qualunque cosa voglia dire "filosofare") è una filosofia sbagliata è perchè secondo me c'è sempre una scelta. Uno sceglie di non domandarsi niente, di non farsi problemi, di non prendere le cose seriamente ecc. Spero di aver chiarito cosa intendo :) a volte mi sembra di balbettare frasi incomprensibili (e magari insensate) ;D
Citazione di: paul11 il 04 Luglio 2017, 16:02:16 PMVorresti sentirti affermare che la filosofia sia un obbligo? Non siamo nemmeno obbligati a vivere domani.
ma se per te importante ha poco senso cosa viviamo a fare?
Tu cerchi il senso nel linguaggio e io lo cerco nella vita. Tu vedi i paradosso linguistici e io umani
E' l'uomo che ha creato il linguaggio e non il linguaggio l'uomo.
Per me, ovviamente, le cose importanti della vita sono importanti. ;D
E apprezzo ogni genere di paradosso, anche quelli umani. ;)
Citazione di: sgiombo il 04 Luglio 2017, 21:56:56 PMMa, quale che sia il mestiere che si sceglie, per "essere filosofo" intendo (rispondendo alla domanda che da il titolo alla discussione) il porsi e l' affrontare razionalmente, criticamente le questioni:
ontologica [...]
gnoseologica [...]
etica [...]
estetica e politica [...]
Questo significa per me "essere filosofo" (quale che sia il mestiere o i mestieri che si esercitano), in questo senso credo di esserlo.
Concordo, cioè anch'io preferisco quest'interpretazione del concetto di "essere filosofo". Semplificando: significa ragionare su questioni che storicamente possiamo far appartenere al dominio delle questioni filosofiche.
Citazione di: Apeiron il 06 Luglio 2017, 20:03:10 PM
Intellettualismo significa (per esempio) pensare al PM o all'esistenza di Dio in modo "distaccato", quasi fosse un dovere. "Filosofeggiare" lo vedo più come una sorta di attività in cui ci metti la "passione", ci metti tutto te stesso. Poi ognuno chiaramente pensa a ciò che gli viene meglio pensare: un appassionato di filosofia della matematica penserà a quell'ambito, un ricercatore di Dio penserà a Dio. Ma è anche vero che un'attività "manuale" può essere fatta con questo tipo di ricerca "interiore".
Ma io sono superappassionato di filosofia (e altro, ovviamente). :D
Sono appassionato, ma non in apprensione, diciamo così.
Citazione di: Apeiron il 06 Luglio 2017, 20:03:10 PMSul discorso del non pensare... a mio giudizio se uno prende la vita con serietà filosofa. Forse "filosofare=prendere la vita seriamente"...
Su Wittgenstein: anche io maledico la filosofia a volte quando sono depresso. Però come me Wittgenstein alla fine tornava sempre a filosofare :)
Il motivo per cui secondo me "non filosofare" (qualunque cosa voglia dire "filosofare") è una filosofia sbagliata è perchè secondo me c'è sempre una scelta. Uno sceglie di non domandarsi niente, di non farsi problemi, di non prendere le cose seriamente ecc. Spero di aver chiarito cosa intendo :) a volte mi sembra di balbettare frasi incomprensibili (e magari insensate) ;D
E' questo il punto che forse non sono riuscito a spiegare bene e di cui parlavo anche a Paul. A me stride la tesi che uno che non filosofa è una persona che prende la vita con meno serietà o che vive una vita senza senso. Comunque non voglio insistere oltre su questa questione, visto che non ho buoni argomenti da sottoporre a riguardo.
p.s. E' vero che Wittgenstein alla fin fine non riusciva a staccarsi dalla filosofia, ma si potrebbe dire, seguendo la sua visione, che ciò era dovuto al fatto che lui era "malato", cioè ossessionato dalla filosofia (noi diremo più modestamente che era un appassionato di filosofia). Tuttavia lui era convinto che la filosofia fosse un'attività umana come le altre.
ciao epicurus,
il problema non è la serietà del filosofo o l'idea del popolino che il filosofo sia un "cazzeggiatore" fra le nuvole.
La serietà non implica che una persona non possa essere anche autoironica o felice, anzi, ma scegliere il momento in cui si è seri e quelli in cui si sorride. L'ignorante spesso sbaglia i tempi, perchè il problema non è la serietà ma i livelli di conoscenza conseguiti che tornano nella vita pratica.
Lo studio del latino, mi aiutò nelle scienze matematiche, lo studio della filosofia aiuta l'argomentazione e il livello di relazioni fra la complessità e i particolari.L'ignorante si perde nel bicchiere d'acqua, perchè non sa sistematizzare un problema, la complessità spaventa nel momento in cui non si conoscono le propedeutiche che uniscono le varie discipline.
Lo scopo pratico della filosofia è aiutare a vivere, quello invece essenziale ciascuno lo può cercare se vuole, il mio si riassume nel senso della vita.
epicurus,
quello che volevo dire io è che: chi prende sul serio la vita filosofa (non il contrario...). Io mi faccio sempre questa domanda: "sto veramente prendendo la mia vita seriamente o il tempo passa e io cazzeggio?". La risposta ovviamente è: "non prendo abbastanza sul serio la vita...". Anzi ritengo che se veramente vivessi la mia vita seriamente probabilmente sarei un "serio felice" come dice anche paul11.
Secondo me la filosofia non è "quella cosa" che si studia al liceo o all'università, non è quella cosa che si studia dai libri dei filosofi. Ossia la filosofia non è un bagaglio di conoscenze, così come la scienza non lo è. Entrambe sono attività.
Nel caso della filosofia secondo me poi abbiamo due definizioni incompatibili che ci causano un fraintendimento. Per me e Wittgenstein, Adam Smith, Platone, Marx, Plotino (per fare degli esempi) erano tutti filosofi eppure le loro dottrine riguardano ambiti differenti. Proprio per questo secondo me non ha senso dire "in questo ambito della vita o in questo argomento di studio la filosofia non c'è". No, la filosofia è un metodo, un modo di prendere la vita.
P.S. Wittgenstein considerava la filosofia come "analisi del linguaggio". Ma questa d'altronde era la sua definizione e non la mia. Secondo me la filosofia è "analisi delle attività umane" (e quindi essa stessa è un'attività). D'altronde era anche una persona che cerava sempre di fare la "vita giusta". Se vogliamo era ossessionato proprio dall'etica anche se l'etica non compare molto nei suoi scritti.
@Paul
Il popolino (diciamo per definizione? :D) pensa in modo superficiale della filosofia, ma anche delle varie forme di scienze e arti. Ma penso che qui siamo tutti concordi nel rifiutare questa concezione.
@Apeiron
Capisco la tua interpretazione di "fare filosofia". Naturalmente, se esplicitata come da te fatto, è un'interpretazione legittima. L'unica cosa che mi viene da dire, ma di cui non ho ancora un'idea precisa, è che forse la dicotomia serietà/cazzeggiamento non è proprio adeguata. Il mio senso estetico mi suggerisce di vivere seguendo qualcosa di (almeno all'apparenza) contraddittorio: uno stato di ingenuità e contemporaneamente di profondità. Questo si riflette nel mio comportamento nella vita di tutti giorni: nel modo di vivere pratico la mia vita (compreso le relazioni con il prossimo) cerco la massima semplicità, mentre (in un certo senso) con il pensiero astratto bramo la massima complessità.
Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 10:30:21 AM@Paul Il popolino (diciamo per definizione? :D) pensa in modo superficiale della filosofia, ma anche delle varie forme di scienze e arti. Ma penso che qui siamo tutti concordi nel rifiutare questa concezione. @Apeiron Capisco la tua interpretazione di "fare filosofia". Naturalmente, se esplicitata come da te fatto, è un'interpretazione legittima. L'unica cosa che mi viene da dire, ma di cui non ho ancora un'idea precisa, è che forse la dicotomia serietà/cazzeggiamento non è proprio adeguata. Il mio senso estetico mi suggerisce di vivere seguendo qualcosa di (almeno all'apparenza) contraddittorio: uno stato di ingenuità e contemporaneamente di profondità. Questo si riflette nel mio comportamento nella vita di tutti giorni: nel modo di vivere pratico la mia vita (compreso le relazioni con il prossimo) cerco la massima semplicità, mentre (in un certo senso) con il pensiero astratto bramo la massima complessità.
Avverto anche io comunque la stessa ambiguità. Da un lato per esempio quando ricerco la "verità ultima" (l'incondizionato...) vedo la cosa come una questione di massima serietà, dall'altro sapendo che non potrò MAI averne una comprensione completa allora i risultati che trovo nella mia ricerca non li considero poi così importanti. Allo stesso modo da un lato vedo che molte cose nella vita non sono da prendersi seriamente, dall'altro visto appunto che sono "ossessionato" dall'etica ogni mia azione la prendo con una serietà enorme e finisco per essere investito da un'ansia tremenda (ma qui forse è più una questione psicologica).
In un certo senso è la "coincidentia oppositorum" ;D
Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 10:56:09 AM
Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 10:30:21 AMCapisco la tua interpretazione di "fare filosofia". Naturalmente, se esplicitata come da te fatto, è un'interpretazione legittima. L'unica cosa che mi viene da dire, ma di cui non ho ancora un'idea precisa, è che forse la dicotomia serietà/cazzeggiamento non è proprio adeguata. Il mio senso estetico mi suggerisce di vivere seguendo qualcosa di (almeno all'apparenza) contraddittorio: uno stato di ingenuità e contemporaneamente di profondità. Questo si riflette nel mio comportamento nella vita di tutti giorni: nel modo di vivere pratico la mia vita (compreso le relazioni con il prossimo) cerco la massima semplicità, mentre (in un certo senso) con il pensiero astratto bramo la massima complessità.
Avverto anche io comunque la stessa ambiguità. Da un lato per esempio quando ricerco la "verità ultima" (l'incondizionato...) vedo la cosa come una questione di massima serietà, dall'altro sapendo che non potrò MAI averne una comprensione completa allora i risultati che trovo nella mia ricerca non li considero poi così importanti. Allo stesso modo da un lato vedo che molte cose nella vita non sono da prendersi seriamente, dall'altro visto appunto che sono "ossessionato" dall'etica ogni mia azione la prendo con una serietà enorme e finisco per essere investito da un'ansia tremenda (ma qui forse è più una questione psicologica).
In un certo senso è la "coincidentia oppositorum" ;D
:D
Forse la questione può dischiudersi analizzando l'espressione "prendere seriamente". Come chiarificheresti tale concetto?
Si ti va di parlarne, potresti spiegare perché il tuo voler agire eticamente ti conduce ad uno stato di ansia?
Prendere seriamente significa non prendere tutto come scontato ma essere pronti a cambiare la propria vita (ossia le proprie azioni, le proprie idee, le proprie parole...). Il "popolino" prende la vita come scontata: nasce in una tradizione e non la accetta criticamente ma perchè "è così che si fa", accetta alcune idee rispetto ad altre senza alcun impegno ecc... Purtroppo è un concetto molto vago, non so davvero spiegarti bene la cosa. Tutto questo poi finisce per farti capire che bisogna rivolgersi alle cose davvero importanti, ma ahimé su cosa siano queste cose di "massimo" valore tutto diventa ambiguo. Spero di essere stato chiaro.
Sulla seconda domanda ecco, rischiamo di andare fuori tema, comunque non ti lascio senza risposta. La situazione diciamo che è molto complessa ed ha vari livelli. Uno è esistenziale ossia vedere tutte le cose come condizionate e quindi instabili e non riesco a applicare questa mia "visione delle cose" nella vita. Poi c'è la mia caratteristica di essere alquanto "ipercritico" che mi da problemi: per esempio al mio quinto anno di fisica ora non sono pià convinto di fare il dottorato di ricerca per come è la vita del ricercatore (NON per motivi economici), mi sembra una rinuncia alla libertà troppo grossa per i risultati che potrei dare io vista la mia limitatezza. Nelle relazioni sociali prendo tutto seriamente, ho difficoltà a mantere le amicizie ecc anche perchè vorrei fare tutto nel modo giusto, non far arrabbiare nessuno (specie chi mi è più caro) ecc. E a volte questa mia tendenza contrasta la mia tendenza filosofica, per esempio sono molto reticente a dire la mia "controversa" opinione sulle cose. E ovviamente l'ossessione crea isolamento, l'isolamento crea ansia, l'ansia crea un comportamento "impopolare", l'impopolarità crea isolamento, l'isolamento crea ossessioni ed ansia e il ciclo si ripete. Accorgersi di problemi che nessuno ritiene tali ed essere stra-convinto che invece siano importanti è un altro modo per isolarsi. Il perfezionismo (che non condanno in toto, credo che un po' serva per non cadere nel "qualunquismo") (patologico?) poi ti fa sentire in dubbio su tutto: non sai mai qual è la cosa "giusta", non sai mai se parlare o star zitto. Finisci poi per dubitare perfino dei tuoi sensi (e se senza accorgemene non ho visto quella cosa?). Ritengo che una dose di "disturbo ossessivo-compulsivo" (DOC) in pratica sia un effetto indisiderato molto comune di chi "prende sul serio" le cose. Di certo ad uno che non gli importa nulla del benessere altrui non si fa problemi morali nelle sue azioni. Uno che ritiene che non ci siano cose "davvero importanti" alla fine "vive la giornata" ecc la filosofia e il DOC a mio giudizio sono molto correlati (il DOC se vogliamo è il gemello cattivo della filosofia).
P.S. Non sono "diagnosticato" ufficialmente però di certo è ovvio che sono "diverso", "nevrotico" ecc
Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 11:45:39 AM
Prendere seriamente significa non prendere tutto come scontato ma essere pronti a cambiare la propria vita (ossia le proprie azioni, le proprie idee, le proprie parole...). Il "popolino" prende la vita come scontata: nasce in una tradizione e non la accetta criticamente ma perchè "è così che si fa", accetta alcune idee rispetto ad altre senza alcun impegno ecc... Purtroppo è un concetto molto vago, non so davvero spiegarti bene la cosa. Tutto questo poi finisce per farti capire che bisogna rivolgersi alle cose davvero importanti, ma ahimé su cosa siano queste cose di "massimo" valore tutto diventa ambiguo. Spero di essere stato chiaro.
Prima tu hai scritto: "Da un lato per esempio quando ricerco la "verità ultima" (l'incondizionato...) vedo la cosa come una questione di massima serietà, dall'altro sapendo che non potrò MAI averne una comprensione completa allora i risultati che trovo nella mia ricerca non li considero poi così importanti. Allo stesso modo da un lato vedo che molte cose nella vita non sono da prendersi seriamente, dall'altro visto appunto che sono "ossessionato" dall'etica ogni mia azione la prendo con una serietà enorme [...]. "
E allora tu stesso hai fornito le chiavi per risolvere il tuo enigma. Per te "prendere seriamente" significa avere uno spirito critico verso il mondo. Non dare nulla per scontato e accettare le cose perché poste al vaglio da te, non perché proposte da altri.
Questo atteggiamento è centrale per fare filosofia. Ma secondo me non dovrebbe essere visto male, anzi... per dire io non lo chiamerei "prendere seriamente le cose", ma "ragionare criticamente". Dal punto di vista psicologico l'utilizzo di alcune descrizione anziché altre "crea" mondi completamente diversi.
Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 11:45:39 AMSulla seconda domanda ecco, rischiamo di andare fuori tema, comunque non ti lascio senza risposta.
Grazie per esserti aperto su una questione così delicata. Se vuoi puoi aprire un topic apposito e potremmo continuare lì questa nostra chiacchierata.
Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 14:45:21 PMCitazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 11:45:39 AMPrendere seriamente significa non prendere tutto come scontato ma essere pronti a cambiare la propria vita (ossia le proprie azioni, le proprie idee, le proprie parole...). Il "popolino" prende la vita come scontata: nasce in una tradizione e non la accetta criticamente ma perchè "è così che si fa", accetta alcune idee rispetto ad altre senza alcun impegno ecc... Purtroppo è un concetto molto vago, non so davvero spiegarti bene la cosa. Tutto questo poi finisce per farti capire che bisogna rivolgersi alle cose davvero importanti, ma ahimé su cosa siano queste cose di "massimo" valore tutto diventa ambiguo. Spero di essere stato chiaro.
Prima tu hai scritto: "Da un lato per esempio quando ricerco la "verità ultima" (l'incondizionato...) vedo la cosa come una questione di massima serietà, dall'altro sapendo che non potrò MAI averne una comprensione completa allora i risultati che trovo nella mia ricerca non li considero poi così importanti. Allo stesso modo da un lato vedo che molte cose nella vita non sono da prendersi seriamente, dall'altro visto appunto che sono "ossessionato" dall'etica ogni mia azione la prendo con una serietà enorme [...]. " E allora tu stesso hai fornito le chiavi per risolvere il tuo enigma. Per te "prendere seriamente" significa avere uno spirito critico verso il mondo. Non dare nulla per scontato e accettare le cose perché poste al vaglio da te, non perché proposte da altri. Questo atteggiamento è centrale per fare filosofia. Ma secondo me non dovrebbe essere visto male, anzi... per dire io non lo chiamerei "prendere seriamente le cose", ma "ragionare criticamente". Dal punto di vista psicologico l'utilizzo di alcune descrizione anziché altre "crea" mondi completamente diversi. Citazione di: Apeiron il 19 Luglio 2017, 11:45:39 AMSulla seconda domanda ecco, rischiamo di andare fuori tema, comunque non ti lascio senza risposta.
Grazie per esserti aperto su una questione così delicata. Se vuoi puoi aprire un topic apposito e potremmo continuare lì questa nostra chiacchierata.
@epicurus, grazie del tuo interesse! comunque sì "prendere seriamente la vita" secondo me è collegato a "ragionare criticamente". Ma questo vale in TUTTI gli ambiti, non solo diciamo la logica o comunque la filosofia accademica. Il problema è che questo tipo di cammino che ti "eleva" rispetto alla "piattezza" di chi "vive dormendo" (a volte citare Eraclito è davvero divertente) ma allo stesso tempo rischia di gonfiarti, di farti diventare un "giudice" di tutto e di tutti, un misantropo, un dispregiatore dell'altro, uno che a parole parla contro l'egoismo e nei fatti è egoista, oppure un megalomane o un narcisista, uno che pensa di possedere la verità... Ovviamente per contrastare questa tendenza bisogna faticare molto e si finisce spesso per raggiungere la "mortificazione" di sé. Entrambi gli estremi sono da evitare. Ma tutto questo è frustrante e faticoso se avverti che nessuno ha una simile "tensione" e questa sensazione di isolamento crea ancora più tensione. L'unica cosa che mi "fa andare avanti" nella mia ricerca è la convinzione che l'obbiettivo che mi pongo (ossia avere una comprensione migliore del "Bene" e del "Vero") è un obbiettivo di valore. Se non avessi questa convinzione non continuerei questo cammino.
-Inzio: Off Topic -
D'altro canto è tremendamente difficile mettere in pratica i propri principi se vanno contro le proprie abitudini, le proprie debolezze ecc e se l'applicazione di alcuni principi rischia di andare contro altri nell'immeditato. Quindi per questo motivo ritengo che disturbi d'ansia come il DOC o il disturbo da ansia generalizzata siano pressoché inevitabili per uno che vuole mettere in pratica i suoi principi in cui crede. Ma non solo: oltre a questi anche la depressione (accompagnati da pensieri molto negativi) ma anche stati di eccitazione e di euforia (a volte possono anche venire pensieri di auto-esaltazione, del tipo "ho avuto una comprensione delle cose", "sono speciale", "ho ottenuto l'illuminazione") sono da tenere in considerazione. Quello che in genere non si capisce (ahimé anche coloro che studiano i disturbi mentali) è che gli individui con questi disturbi nevrotici spesso non sono semplicemente "malati" ma semplicemente soffrono perchè effettivamente "qualcosa non va". La mancata comprensione di questo in genere causa ancora frustrazione, ostracismo ecc. Ovviamente c'è anche il discorso inverso: chi ha una natura nevrotica spesso tende a mettere in discussione tutto e quindi a "fare il filosofo", spesso infangandosi ancor di più nella nevrosi ma allo stesso tempo formando una mentalità critica. Quindi tornando al mio caso sinceramente non so se "pratico la filosofia" perchè sono nevrotico o sono nevrotico perchè "pratico filosofia".
Sulla tua proposta possiamo aprire davvero un argomento dedicato a questo nella sezione "Percorsi ed esperienze". Ti ringrazio della proposta, dammi qualche giorno per decidere.
-Fine: Off Topic -