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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: viator il 09 Giugno 2018, 10:22:20 AM

Titolo: Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 09 Giugno 2018, 10:22:20 AM
Salve. Decido di trasformare in ("nuovo" ??) argomento il tema del mio intervento di ieri in "Il relativismo è una tesi contradditoria?".
Scopo, l'esaminare se esista un rapporto tra relativo ed Assoluto.
Tanto per cominciare c'è il termine "rapporto" il quale dovrebbe evidenziare il fatto che potrebbe esistere appunto una relazione tra relativo ed Assoluto.
Diciamo subito che l'Assoluto è necessariamente unico, il che comporta l'esistenza di almeno due (in realtà, infiniti) enti relativi (se ce ne fosse solo uno, esso non potrebbe quindi che essere l'Assoluto !). Ciò va letto come il tramite, il passaggio dall'unicità del mondo alla molteplicità dei suoi componenti.
Ancora più singolare il fatto che l'unicità dell'Assoluto, risolvendosi nella molteplicità dei relativi, una volta che li includa tutti divenga quindi ovviamente la totalità dei contenuti del mondo. Cioè ci appare il Tutto che quindi non è che l'Assoluto rigorosamente singolare dal quale siamo partiti.
Perciò la molteplicità dei relativi - che rappresenta l'unica realtà vivibile dagli umani - nasce dalla singolarità (l'Assoluto), vive appunto di molteplcità (i relativi) ed infine "muore" nuovamente nella singolarità (il Tutto).
Ma tornando all'inizio, come può esistere una relazione tra Assoluto e relativo? Ovvio che se essa esistesse, rappresenterebbe la negazione dell'esistenza dell'Assoluto, il quale si rivelerebbe con ciò relativo.
Per mantenere in piedi la distinzione Assoluto/relativo, dobbiamo quindi postulare che l'Assoluto non sia in relazione con alcunchè. Poichè poi il concetto di Tutto rappresenta un semplice sinonimo di assoluto, ciò implicherebbe che il Tutto non sia in relazione con le sue parti.
In che modo dimostrare logicamente che l'Assoluto/Tutto non è in relazione con le sue parti? Semplice: Assoluto e Tutto restano identicamente sè stessi indipendendentemente dall'esistenza di qualsiasi loro parte. Il loro significato resta valido ed integro sia aggiungendo che togliendo una qualsiasi quantità di relativi (basta che ne restino al minimo due !). Quindi cade ogni relazione tra il concetto di Tutto e l'esistenza delle sue parti.
Ribadendo, l'Assoluto non è in relazione con i singoli relativi che pure contiene, ma è in relazione con la loro totalità, cioè con sè stesso, visto che Tutto ed Assoluto sono sinonimi.
Queste considerazioni secondo me sono quelle che permettono di sancire la validità del seguente aforisma : "Tutto è relativo ma il Tutto è Assoluto".
D'altra parte io ho sopra affermato che la molteplicità dei relativi nasce e muore nell'unicità del Tutto/Assoluto. Devo a questo punto sconfessarmi ?.
Secondo me, non necessariamente. Tutto ed Assoluto sono solamente puri concetti umani e solo per questa ragione riescono a sfuggire al rapporto con gli enti relativi del mondo fisico. Nascono, vivono e muoiono solo nelle nostre menti come estrapolazioni "ad infinitum" della nostra limitata esperienza fatta solo di percezione e conoscenza del relativo combinata con la nostra illimitata curiosità, ansia e capacità di astrazione. La quale genera masturbazioni mentali come la presente.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 09 Giugno 2018, 14:35:03 PM
Per quel che mi riguarda, preferisco pensare all'assoluto (e quindi al relativo) in termini etimologici.
L'assoluto è, da questo punto di vista, l'"ab-solutus": lo "sciolto"; il libero da vincoli...
E da quale vincolo l'assoluto potrebbe essere "sciolto"? Ad esempio dal vincolo dell'interpretazione soggettiva.
L'assoluto si verrebbe quindi a configurare come il non-interpretato; come la "cosa in sè"; come, in definitiva,
la Verità (specularmente il relativo sarebbe a questo punto l'interpretato; il "fenomeno"; l'opinione).
Occorre qui accennare che per il "relativismo" (cioè la corrente di pensiero che fa del relativo l'unica verità),
ove esso non fosse "ingenuo", verità inconfutabile, dunque "ab-soluta", è proprio il relativo stesso nella misura
in cui esso annulla l'assoluto ovunque TRANNE, appunto, che nell'affermazione circa la sua stessa "natura".
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: baylham il 09 Giugno 2018, 14:47:47 PM
Per me l'assoluto, il tutto, non esiste, ciò che esiste è relativo.  Quindi non c'è alcuna relazione tra il relativo e l'assoluto.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 09 Giugno 2018, 15:18:09 PM
Salve. Per Baylham. Posizione intellettual-esistenziale rispettabilissima e che concorda con la logica della mia umile esposizione. Salutoni.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 09 Giugno 2018, 19:17:33 PM
Credo di concordare con Viator e Oxdeadbeef, per lo meno in larga misura (se ben capisco).

Il pensiero umano (e dunque la conoscenza umana) é messa in relazione di concetti, ciascuno dei quali definiti attraverso la messa in relazione di altri concetti.

Dunque dell' assoluto si può ragionare solo "adobrandolo", per così dire, solo in negativo, come di caratteristica che non é e non può essere propria del pensiero, delle conoscenze, delle realtà oggetto di conoscenza (umana), o al massimo come di una sorta di limite cui può tendere asintoticamente, non potendolo mai raggiungere pur avvicinandoglisi, la conoscenza (umana).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 09 Giugno 2018, 19:41:23 PM
Perdonatemi ma trovo che la vostra posizione (certamente rispettabile e forse, per certi versi, anche condivisibile)
sia, come dire, esageratamente sbrigativa. E che poco faccia i conti proprio con il concetto di "relazione".
Affermare infatti che qualcosa (in questo caso l'assoluto) non "esiste" significa affermarlo in maniera assoluta.
Anche in questo caso mi rifaccio all'etimologia del termine "ex-sistere"; che vuol dire "stare saldamente fuori".
Fuori da che cosa? Naturalmente dall'interpretazione soggettiva; cioè dal relativo.
Trovo superfluo premettere "per me" (l'assoluto non esiste); ognuno di noi è in un certo qual modo "costretto" ad
esprimersi per assoluti (come il genio di Nietzsche ha intuito); essendo il silenzio la sola alternativa possibile.
Trovo perciò inevitabile, necessario, che tra il relativo e l'assoluto (come concetti, non certo come essenti
"concreti") si stabilisca una qualche relazione.
A mio modesto parere, l'identificazione fra assoluto e tutto (come fra relativo e molteplice) confonde e rende tutto
il discorso "distorto", ed appunto perchè troppo individua in questi due termini una esistenza "concreta" (che cioè
ha una posizione spazio-temporale).
saluti

(chiedo scusa all'amico Sgiombo: ho scritto questa risposta senza aver letto la sua)

Ecco si, appunto, carissimo Sgiombo, mi sembra tu abbia ben "inquadrato" il problema.
Dicevo di Nietzsche, il quale nei "Frammenti postumi" dice: "nell'eterno fluire delle cose di nulla potremmo dire
che è".
Cioè non potremmo mai, senza ricorrere all'assoluto, affermare che questa cosa E' questa cosa.
saluti e stima.
mauro
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 09 Giugno 2018, 22:05:30 PM
Salve. Per Oxdeadbeef. Precisazione corretta la tua. Nella mia argomentazione ho usato il verso esistere senza indugiare sui diversi significati di esistere-insistere-essere. Purtroppo non si è mai abbastanza pedanti. Il problema è che la pedanteria aumenta la precisione ma purtroppo anche la complicazione di un discorso. Saprai benissimo che il verbo essere è la base di qualsiasi forma di comunicazione semantica. Se ogni volta che lo usiamo dovessimo stare a distinguere la sua localizzazione.................... diventeremmo tutti degli A.Cannata (personaggio che stimo). Saluti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 09 Giugno 2018, 22:17:21 PM

Salve. Per Sgiombo. La tua conclusione sarebbe (riporto):
"Dunque dell' assoluto si può ragionare solo "adobrandolo", per così dire, solo in negativo, come di caratteristica che non é e non può essere propria del pensiero, delle conoscenze, delle realtà oggetto di conoscenza (umana), o al massimo come di una sorta di limite cui può tendere asintoticamente, non potendolo mai raggiungere pur avvicinandoglisi, la conoscenza (umana):".

Mi permetto di provare a modificare il tuo testo :
"Dunque dell'assoluto, concetto esclusivamente immateriale (i concetti appartengono tutti alla categoria dell'immateriale), si può solo ragionare senza potervi interagire concretamente. Esso non può far parte né della percezione né della conoscenza umane, ma solo dell'intuito, il quale non è altro che concepimento (concetto, appunto) metafisico generato dal nostro possedere la cosiddetta "capacità di astrazione". La quale, a sua volta è il frutto dell'albero della coscienza umana". Questo è il mio pensiero. Saluti.




Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 10 Giugno 2018, 00:09:44 AM
Per me ci sono concetti che hanno una storia antica e funzionano a meraviglia nel loro contesto originario, tuttavia fuori da quella metafisica, o da quella "poetica", o da quel dizionario "canonico", meriterebbero una sana rasoiata di Ockham, poiché, sornioni, creano più falsi problemi (irrisolvibili) di quanti ne risolvano... chiaramente, non per tutti i concetti è così: fare a meno dei concetti di coerenza logica, di percezione, di causa/effetto, di casistica, di scrittura, etc. mutilerebbe drasticamente la fruibilità della ragione umana.

I tre termini in oggetto al topic, secondo me, rientrano in quelli da usare (con cautela) solo una volta che ci si è ben inquadrati in determinati contesti settoriali, accettandone dunque le regole del gioco (semantico). Al netto di ogni sofismo o retorica, il senso di ogni concetto è inscindibile dal contesto di senso (quindi culturale, storico, ma anche individuale, etc.) in cui si innesta, a cui si relaziona, a cui cioè è relativo (re-latus, "che riporta a", al contesto che lo identifica).
Anche il concetto stesso di "relativo" è sempre pensato da qualcuno che lo intende in una determinata accezione (più o meno soggettiva), e quindi è inevitabilmente a sua volta relativo al chi/quando/come viene pensato, definito, argomentato, etc. 
Questo meccanismo di senso dell'essere relativo ad altro da sé è così inaggirabile che è forse superfluo evidenziarlo (come uomo sono biologicamente relativo alla specie umana ad un determinato stadio evolutivo, come votante sono relativo alla società attuale e alla legislazione vigente, come parlante uso una lingua con una relativa grafia, fonetica, etc.).

"Assoluto" e "Totalità" sono, in filosofia, parole ambigue (così "aperte" da risultare quasi vuote) di matrice metafisica, mentre in matematica, se non erro, hanno significati spendibili schiettamente nel calcolo (valore assoluto) e nell'insiemistica (totalità degli elementi dell'insieme), senza creare troppi dilemmi ed antinomie. Forse converrebbe lasciarli dove funzionano meglio  ;)
Anche se affermo qualcosa stimandola come assoluta, tale assolutezza è solo prospetticamente mia, ma per la comunità a cui mi rivolgo (e persino in caso di soliluquio intellettualmente onesto) è sempre una costatazione relativa a un parlante, a un tempo, a un luogo, a un contesto, etc. tuttavia se invece per "assolutezza" intendiamo "certezza", tutto il discorso slitta un bel po', perchè l'"assoluto" diventa allora l'"assolutamente certo" e dunque spalanchiamo le porte tanto all'epistemologia quanto allo psicologismo (e quell'"assolutamente" viene degradato a mero avverbio "rafforzativo", nulla di troppo possentemente filosofico  ;D ).

Resta indubbiamente possibile continuare a "flirtare" con le maiuscole: l'Assoluto, il Tutto, etc. stabilendo ("inventando" e non "scoprendo") una definizione roboante (ed autoreferenziale) di concetti estremi, proprio come capita con altre, guarda caso affini, definizioni in negativo (il Nulla, il Vuoto, etc.), eppure più la definizione è impervia (tirando in ballo tempi e modi inverificabili e "poetanti") più diventa una questione di avere senso solo all'interno di una scelta di "fede" (e non mi riferisco solo al dogmatismo religioso), che rischia di restare assoggettata ad una parola senza radici (ovvero annaffiata con amore dall'alto, ma non alimentata dal basso, la sua linfa vitale scarseggia...)
Ad esempio, prima di interrogarmi su come funziona e come si relaziona ad altro da sé, sono certo che l'Assoluto esista? Se esiste solo come concetto, astratto per "sublimazione" da ciò che assoluto non è, è lecito usarlo come fosse più di una bella metafora? In matematica si usa l'infinito (astratto via negationis dal finito) come "tappo", come limite; che in filosofia sia necessario fare altrettanto con l'assoluto? Certo, si può farlo e lo si è anche fatto, ma è davvero necessario, oggi, o conviene usare il suddetto rasoio per rastrellare le piante senza radici?
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 10 Giugno 2018, 09:28:40 AM
Beh, capisco come certi discorsi possano sembrare pedanti, "onanistici", riferiti cioè relativi a ristrette cerchie
di "iniziati" e che, tutto sommato, meritino una bella "rasoiata".
Però, appunto, sembrano soltanto...
Visto che, personalmente, ritengo la filosofia non esercizio astratto e sterile, ma ricerca dei fondamenti più
profondi di tutto ciò che risulta, poi, terribilmente immanente e concreto, farò qui l'esempio forse più
macroscopico della "realtà" dell'assoluto. Nelle aule di tribunale, infatti, c'è scritto: "la legge è uguale per tutti";
che vuol semplicemente dire che la legge viene intesa assolutamente.
Dunque l'assoluto "esiste" (...) eccome: lo si chieda a coloro che vengono condannati da una corte che, magari, non
"comprende" le motivazioni personali (relative) che hanno portato l'imputato a trasgredire l'assoluto rappresentato
dalla legge.
Quindi non ci si illuda pensando di aver liquidato una volta e per tutte certi concetti, perchè poi quei concetti, come
si suol dire, rientrano dalla finestra...
Proprio il "rasoio di Okham", fra l'altro, è un esempio di questo rientrare dei concetti per vie che non si erano
considerate. Ma non è questo il punto, e non divaghiamo.
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 10 Giugno 2018, 12:40:56 PM
L'assoluto della legge è... relativo: le leggi cambiano sia nel tempo (storia del diritto), che nello spazio (oggi le leggi italiane non sono quelle americane), sia talvolta persino nell'interpretazione (i casi anomali che costituiscono un "precedente" e condizionano la casistica di riferimento, v. corte di cassazione etc.). 
La legge, come concetto astratto, è assoluta, ovvero "sciolta, indipendente, incondizionata", solo dalla contaminazione di ciò che le si oppone (l'illegale); quindi in questo arbitrario "gioco delle parti" (e dei contrari), l'assolutezza non è, concedetemelo, filosofica, proprio perché è soltanto un "assoluto" relativo ad una coppia dicotomica (vero/falso, giusto/sbagliato, etc.). Restando all'esempio, se vengo condannato, non è in virtù dell'assoluto (come direbbe l'inquisizione  ;D ), ma solo per una convenzione stabilità da una comunità e applicata da alcuni dei suoi membri fiduciari (tutto molto immanente e contingente...).

Ritorna allora ad essere una questione meramente linguistica: assoluto è semplicemente ciò che è indipendente dal suo contrario? Si tratta dunque di una funzione logica identitaria (x è assoluto rispetto a non-x)? 
L'Assoluto dei filosofi antichi forse era di altra pasta... riservata agli "iniziati", come hai giustamente osservato, poiché richiedeva il "salto nella fede" (intesa come fiducia nel dogma, inverificabile, che l'Assoluto ci sia, e se ne possa persino predicare qualcosa, foss'anche "negativamente").

Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Giugno 2018, 09:28:40 AMVisto che, personalmente, ritengo la filosofia non esercizio astratto e sterile, ma ricerca dei fondamenti più profondi di tutto ciò che risulta, poi, terribilmente immanente e concreto
Concordo, tuttavia la storia della filosofia recente sembra metterci in guardia dal cercare tale "profondità" nell'ontologico (ormai lo fanno meglio le scienze ;) ), invitandoci piuttosto alla profondità ermeneutica (profondità del senso, non dell'Essere, anche se i due sono stati ben saldati, con-fusi assieme dalla metafisica occidentale, e a separarli forse non basta la decostruzione del postmoderno...).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 10 Giugno 2018, 14:21:50 PM
Beh, io direi che se vengo condannato è sì in virtù di una convenzione stabilità da una società; ma una convenzione che
pretende di valere assolutamente, cioè per tutti i membri di quella società.
Naturalmente è verissimo che le leggi cambiano nel tempo e nello spazio, ma è altrettanto vero che in un certo tempo e
in un certo spazio quelle leggi hanno una validità assunta come assoluta (seppur per convenzione).
L'assoluto, da questo punto di vista, non è da me inteso come relativo alla coppia dicotomica legale/illegale, ma
come riferentesi alla "universalità" del valore ascritto alla norma giuridica (cioè alla sua prescrittività "per tutti").
Ma dirò di più (lo accennavo): tutto il linguaggio è fondato su una pretesa di assolutezza, senza la quale nemmeno
potremmo alzarci e dire: "guarda che bella giornata è oggi". L'assoluto, da questo punto di vista, permea di sè
ogni aspetto della nostra vita quotidiana (Nietzsche diceva infatti che se dicìamo di qualcosa che "è" lo diciamo "così,
per vivere" - cioè legava la concezione di assoluto ad una visione convenzionale ed utilitaristica).
Chiaramente, ma lo dicevo, non è dell'assoluto "classicamente inteso", come è insomma in Aristotele, che sto parlando.
Diciamo che la mia visione dell'assoluto è più, come dire, "kantiana". Ma, visto che si parlava di "relazione", e da
quel punto di vista si escludeva categoricamente l'"esistenza" dell'assoluto, beh, io dico che invece quel termine
(esistenza-dell'assoluto) vada molto ma molto ben più ponderato e specificato.
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 12:40:56 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Giugno 2018, 09:28:40 AMVisto che, personalmente, ritengo la filosofia non esercizio astratto e sterile, ma ricerca dei fondamenti più profondi di tutto ciò che risulta, poi, terribilmente immanente e concreto
Concordo, tuttavia la storia della filosofia recente sembra metterci in guardia dal cercare tale "profondità" nell'ontologico (ormai lo fanno meglio le scienze ;) ), invitandoci piuttosto alla profondità ermeneutica (profondità del senso, non dell'Essere, anche se i due sono stati ben saldati, con-fusi assieme dalla metafisica occidentale, e a separarli forse non basta la decostruzione del postmoderno...).

Concordo anch ' io con Oxedadbeef, ma non con la successiva postilla di Phil.

La storia della filosofia recente secondo me é molto variegata, comprende derive idealistiche irrazionalistiche e derive scientistiche più o meno altrettanto irrazionalistiche, entrambe a mio avviso errate e negative, e "in mezzo" tante proposte (in varia misura razionalistiche e) più o meno valide.

Soprattutto dissento dalla tesi che nell' ontologia ormai bastino (o comunque "siano meglio") le scienze (in senso stretto o forte ovvero le "scienze naturali"; che ovviamente ritengo comunque necessario conoscere; e per parte mia più per il loro interesse teorico, di "conoscenza pura" che per le possibili applicazioni tecniche).
E questo principalmente per due motivi.
Il Primo è che ritengo che le scienze naturali si occupino ottimamente della ricerca della conoscenza vera nell' ambito naturale - materiale della realtà (più o meno la cartesiana res extensa), ma anche che la realtà non sia limitata ad essa ma invece comprenda anche la cartesiana res cogitans in nessun modo riducibile alla, né (qualsiasi cosa questi concetti possano significare) emergente dalla o sopravveniente alla res extensa (e lo stesso dicasi per i rapporti fra coscienza e cervello, che peraltro non sono in tutto e per tutto esattamente la stessa cosa che i rapporti fra pensiero e materia).
Il secondo é che la verità delle conoscenze scientifiche necessita di una "critica filosofica" che ne analizzi limiti, significato, condizioni; una severa critica razionale che implica anche importanti "considerazioni ed elementi di ontologia" (circa la realtà e la reale natura di ciò che é possibile conoscere, più o meno scientificamente) non assolutamente ricavabili dalla conoscenza scientifica stessa.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 10 Giugno 2018, 16:04:53 PM
Secondo me, appurato che parliamo di assoluto con la minuscola, si fanno convergere in tale vago termine ("assoluto") tanti significati specifici, e il risultato rischia di essere incline alla confusione (per eccessiva approssimazione); per questo alludevo alla rasoiata emendatrice:
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Giugno 2018, 14:21:50 PM
io direi che se vengo condannato è sì in virtù di una convenzione stabilità da una società; ma una convenzione che
pretende di valere assolutamente, cioè per tutti i membri di quella società
assolutamente, ovvero "in ogni caso"; ma esistono, in fondo, leggi giuridiche che non sono assolute (al netto delle rispettive postille)? Dire "legge che vale assolutamente" non è ridondante ed equivalente rispetto a semplicemente "legge"?
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Giugno 2018, 14:21:50 PM
tutto il linguaggio è fondato su una pretesa di assolutezza, senza la quale nemmeno
potremmo alzarci e dire: "guarda che bella giornata è oggi".
L'assolutezza del linguaggio è quella di essere fondato su definizioni, regole sintattiche, etc. atte a descrivere e comunicare? Anche qui: esistono forse linguaggi non assoluti, nel senso che non hanno questa "funzione strutturata"?
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Giugno 2018, 14:21:50 PM
L'assoluto, da questo punto di vista, permea di sè
ogni aspetto della nostra vita quotidiana (Nietzsche diceva infatti che se dicìamo di qualcosa che "è" lo diciamo "così,
per vivere" - cioè legava la concezione di assoluto ad una visione convenzionale ed utilitaristica).
Nel senso che ogni identità logica è intesa come assoluta? Ciò è già implicito nella definizione di identità: A è diverso da non-A; allora A è assoluto? Si rischia anche qui l'abuso, o meglio, l'uso superfluo del concetto di assolutezza (già presupposto da quello di identità logica).

Dirò forse che la mia chiave inglese ha una "utilità assoluta" se si tratta di avvitare o svitare un bullone n.12?
In tutti questi casi mi pare che l'appellativo "assoluto" (e l'assolutezza sottintesa come "l'essere ciò che si è, come si è, senza essere ciò che non si è") sia una ragnatela: non serve, anche se non danneggia troppo...

Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Giugno 2018, 14:21:50 PM
io dico che invece quel termine
(esistenza-dell'assoluto) vada molto ma molto ben più ponderato e specificato.
Se per "assoluto" non intendiamo semplicemente "autonomo" o "estendibile a tutta la sua casistica pertinente", bisogna chiedersi qual'è il piano di esistenza dell'assoluto (se non è puramente linguistico-concettuale) e, soprattutto, su cosa si fonda l'assoluto (che non sia astrazione concettuale).
Certo, parliamo di assouto per tradizione (indizio: citiamo autori metafisici di secoli passati...), ma ci fidiamo ciecamente del fatto che ci "sia", per passare così direttamente alla questione del "come" sia (prima di chiederci "se" sia)?
Una certa filosofia, più fresca di stampa (quindi con meno ragnatele), ci suggerisce che potrebbe essere un passo falso...


Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Soprattutto dissento dalla tesi che nell' ontologia ormai bastino (o comunque "siano meglio") le scienze (in senso stretto o forte ovvero le "scienze naturali"; che ovviamente ritengo comunque necessario conoscere; [...]
E questo principalmente per due motivi.
Il Primo è che ritengo che le scienze naturali si occupino ottimamente della ricerca della conoscenza vera nell' ambito naturale - materiale della realtà (più o meno la cartesiana res extensa), ma anche che la realtà non sia limitata ad essa ma invece comprenda anche la cartesiana res cogitans
Dubito (visto che si parla di Cartesio!) che la filosofia sia la disciplina più adatta a studiare la "res cogitans" (sebbene sia la più incline ad usarla) il cui "campo", non a caso, mi pare si sta riducendo e riconfigurando man mano che avanzano le neuroscienze (ad esempio, il pensiero non è una "voce immateriale" che abita la testa, come magari pensava Cartesio); tuttavia non voglio deviare il discorso off topic.

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Il secondo é che la verità delle conoscenze scientifiche necessita di una "critica filosofica" che ne analizzi limiti, significato, condizioni; una severa critica razionale che implica anche importanti "considerazioni ed elementi di ontologia"
Concordo con l'istanza della "supervisione filosofica", ma l'ontologia filosofica è a un vicolo cieco da molto tempo (almeno dalla nascita delle scienze fisiche moderne), vicolo cieco che termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave (ad esempio, la "causa formale" dell'uomo, di cui si parlava in filosofia antica. è, banalizzo per ignoranza, nella "programmazione" del Dna: da qui in poi la scienza può indagare sulla "forma" degli uomini, e alla filosofia non resta che osservare i passi della ricerca scientifica...).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
Salve. per Phil (tua risposta nr.otto): Cito : Anche il concetto stesso di "relativo" è sempre pensato da qualcuno che lo intende in una determinata accezione (più o meno soggettiva). Quindi siamo alla relatività del relativo. Bene.

La mia accezione di relativo è quella data dalla definizione "ciò che influisce su altro o è oggetto di influenza da parte di altro". Certo, se ciascuno ha proprie definizioni (che nelle discussioni- guarda caso - si ostinano a non venir mai fuori se non da parte mia) che sono diverse da questa.......allora si spiega - e in realtà si spiega proprio ! - perché le discussioni forumistiche continuano (fortunatamente) all'infinito. Su principi essenziali come questi però si dovrebbe far chiarezza, non crear variegatezza.

Ricito :"Assoluto" e "Totalità" sono, in filosofia, parole ambigue (così "aperte" da risultare quasi vuote) di matrice metafisica, mentre in matematica, se non erro, hanno significati spendibili schiettamente nel calcolo (valore assoluto) e nell'insiemistica (totalità degli elementi dell'insieme), senza creare troppi dilemmi ed antinomie. Forse converrebbe lasciarli dove funzionano meglio .

Se prima andavamo bene, ora andiamo meglio! Come parole (significato letterale-letterario) possono anche risultare ambigue ma solo perché esse, come tutte le parole importanti, fondanti, vengono volontariamente od inconsapevolmente mistificate da chi le usa.
Ma avete idea di quanta gente, anche in possesso di superba formazione culturale, non saprebbe fornire d'acchito (e spesso neppure dopo lunga cogitazione) una definizione dell'Assoluto ? Ovvio che, una volta che costoro vogliano o debbano usare tale termine lo facciano impropriamente od addirittura in senso relativo !.

Come concetti matematici, invece, siamo proprio fuori dalla "grazia di Dio"! La matematica (linguaggio figlio della logica e solo lontanamente nipote della filosofia) può occuparsi solo di molteplicità e non certo di unicità e totalità, le quali non rappresentano unità discrete. Non per nulla la radice quadrata di 1 è 1, mentre il quadrato dell'infinito (totalità) è l'infinito. Sono d'accordo con te sul fatto che Assoluto e Totalità vadano lasciati dove funzionano meglio.......cioè in filosofia !!.
Tutte le elucubrazioni matematiche che si occupino di nulla, unicità, totalità sono solo forzosi artifici creati per mantenere in vita teorie e convenzioni che dovrebbero reggere baracche utili a dare lustro a qualcuno.

Infine e quindi, a livello filosofico, "Assoluto" e "Totalità" secondo me sono concetti (i concetti son cosa diversa dalle parole) ambigui solo per menti limitate (anche la mia mente è limitata, ma non trovando ambiguità vorrà dire che sono l'eccezione che conferma la regola).

Sempre a proposito di definizioni, vorrei che qualcuno mi spiegasse l'oscurità, la complessità, l'ambiguità della seguente definizione di Assoluto : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso". La "Totalità" poi che sarebbe ? "il contenuto dell'Assoluto". Salutoni.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 10 Giugno 2018, 19:54:23 PM
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 16:04:53 PM

Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Giugno 2018, 14:21:50 PM
io dico che invece quel termine
(esistenza-dell'assoluto) vada molto ma molto ben più ponderato e specificato.
Se per "assoluto" non intendiamo semplicemente "autonomo" o "estendibile a tutta la sua casistica pertinente", bisogna chiedersi qual'è il piano di esistenza dell'assoluto (se non è puramente linguistico-concettuale) e, soprattutto, su cosa si fonda l'assoluto (che non sia astrazione concettuale).
Certo, parliamo di assouto per tradizione (indizio: citiamo autori metafisici di secoli passati...), ma ci fidiamo ciecamente del fatto che ci "sia", per passare così direttamente alla questione del "come" sia (prima di chiederci "se" sia)?
Una certa filosofia, più fresca di stampa (quindi con meno ragnatele), ci suggerisce che potrebbe essere un passo falso...
CitazioneFino a prova contraria (cioè a priva dell' erroneità delle loro tesi) non c' é niente di male a "citare autori metafisici dei secoli passati".

Noto (forse pleonasticamente; comunque chiarire il proprio pensiero é sempre utile) che il "fidarsi ciecamente del fatto che l' assoluto ci sia" non riguarda me (ed infatti era riferito ad Oaxdeadbeef), dal momento che ho affermato a chiare lettere che
"Dunque dell' assoluto si può ragionare solo "adobrandolo", per così dire, solo in negativo, come di caratteristica che non é e non può essere propria del pensiero, delle conoscenze, delle realtà oggetto di conoscenza (umana), o al massimo come di una sorta di limite cui può tendere asintoticamente, non potendolo mai raggiungere pur avvicinandoglisi, la conoscenza (umana)" (intervento #4 nella presente discussione).



Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Soprattutto dissento dalla tesi che nell' ontologia ormai bastino (o comunque "siano meglio") le scienze (in senso stretto o forte ovvero le "scienze naturali"; che ovviamente ritengo comunque necessario conoscere; [...]
E questo principalmente per due motivi.
Il Primo è che ritengo che le scienze naturali si occupino ottimamente della ricerca della conoscenza vera nell' ambito naturale - materiale della realtà (più o meno la cartesiana res extensa), ma anche che la realtà non sia limitata ad essa ma invece comprenda anche la cartesiana res cogitans
Dubito (visto che si parla di Cartesio!) che la filosofia sia la disciplina più adatta a studiare la "res cogitans" (sebbene sia la più incline ad usarla) il cui "campo", non a caso, mi pare si sta riducendo e riconfigurando man mano che avanzano le neuroscienze (ad esempio, il pensiero non è una "voce immateriale" che abita la testa, come magari pensava Cartesio); tuttavia non voglio deviare il discorso off topic.

CitazioneIo invece non ho proprio alcun dubbio che le scienze naturali siano le meno adatte a studiare la res cogitans (senza virgolette), nonché la coscienza in generale, dal momento che questa, non essendo in gran parte (per l' appunto quella mentale, la "res cogitans") intersoggettiva né misurabile quantitativamente, esula dal loro campo di indagine (e non può rientravi in alcun modo).

Sono convinto che il suo "campo" [della filosofia, N.d.R] non si stia affatto riducendo né riconfigurando man mano che avanzano le neuroscienze, dal momento che il mainstream (o la "quasi unanimità bulgara") delle neuroscienze (spalleggiato dai filosofi scientisti "di complemento") cerca la coscienza dove non può trovarla per semplice fatto che non può trovarvisi, e cioè nel cervello, dal momento che é invece il cervello (i cervelli) ad essere nella coscienza (nelle coscienze di chi li percepisce sensibilmente; e a contenere neuroni e altre cellule, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, ecc., e non affatto le esperienza coscienti che i "titolari" dei cervelli osservati vivono mentre vengono osservati -i loro cervelli- nell' ambito di altre, diverse esperienze coscienti).
Invece una parte decisamente minoritaria delle neuroscienze, decisamente più avveduta in proposito, evita "invasioni di campo" nella filosofia.

"(ad esempio, il pensiero non è una "voce immateriale" che abita la testa, come magari pensava Cartesio) mi sembra una descrizione decisamente caricaturale (e pure scorretta, falsa) del pensiero del grande filosofo francese.


Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Il secondo é che la verità delle conoscenze scientifiche necessita di una "critica filosofica" che ne analizzi limiti, significato, condizioni; una severa critica razionale che implica anche importanti "considerazioni ed elementi di ontologia"
Concordo con l'istanza della "supervisione filosofica", ma l'ontologia filosofica è a un vicolo cieco da molto tempo (almeno dalla nascita delle scienze fisiche moderne), vicolo cieco che termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave (ad esempio, la "causa formale" dell'uomo, di cui si parlava in filosofia antica. è, banalizzo per ignoranza, nella "programmazione" del Dna: da qui in poi la scienza può indagare sulla "forma" degli uomini, e alla filosofia non resta che osservare i passi della ricerca scientifica...).
CitazioneDa da dove avresti ricavato la pretesa che la l'ontologia filosofica è a un vicolo cieco da molto tempo (almeno dalla nascita delle scienze fisiche moderne), vicolo cieco che termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave?
Fra l' altro le scienze naturali non hanno alcuna "chiave d' accesso" alla coscienza, che nella sua componente mentale non é intersoggettivo, né misurabile, ma che non per questo non é parte integrante, né la é a minor titolo rispetto alla sua componente materiale, della realtà (e della realtà in generale, cioè dell' oggetto dell' ontologia).

Il superamento delle cause aristoteliche ulteriori rispetto a quella efficiente data da ben prima della nascita della biologia molecolare; ed é a mio parere un superamento innanzitutto e fondamentalmente filosofico (ovviamente non contraddetto ma per così dire confermato dalle scienze naturali).

Si limiteranno ad osservare i passi della ricerca scientifica... casomai le filosofie irrazionalistiche del positivismo, dello scientismo e affini; ma per fortuna (anche della filosofia stessa, ma non solo...), la filosofia moderna e contemporanea non é affatto limitata a scientismo e/o positivismo e affini!
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 10 Giugno 2018, 21:15:37 PM
Salve. Per Oxdeadbeef (tua risposta nr. nove): Anzitutto la frase "La Legge è uguale per tutti" viene da me trovata irrisoria nel confronti del Diritto e della Giustizia, alla luce della situazione di tali Istituzioni nel nostro (e magari non solo nostro) Paese: ne avessi l'autorità, ordinerei la sua cancellazione e sostituzione con una sua assai più realistica variante : "La Legge DEVE essere uguale per tutti".
Comunque nella frase attuale od in quella così modificata non trovo alcun contenuto assolutistico. La Legge potrebbe anche risultare relativamente uguale per tutti (infatti nelle carceri i riccastri ed i mammasantissima vivono meglio dei poveracci).
Noto poi (tua risposta di oggi h.14.21) che, a proposito delle Leggi, tu parli di assolutezza convenzionale. Mi risparmio un commento più esteso.
Convenzionale potrà essere la relatività, certamente non l'assolutezza !
Comunque ti do ragione. Non divaghiamo cercando l'assolutezza dentro relatività piccole e transitorie come quelle delle leggi umane.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 10 Giugno 2018, 22:29:00 PM
Citazione di: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
La mia accezione di relativo è quella data dalla definizione "ciò che influisce su altro o è oggetto di influenza da parte di altro".
In fondo, tale definizione appartiene ad ogni concetto, in quanto ogni concetto influisce su altro (su chi lo pensa, sui concetti "imparentati", etc.) o è influenzato da altro (chi lo definisce, i concetti da cui deriva, etc.). Concludiamo dunque che ogni concetto è relativo a, "riconduce a", "(inter)dipende da", chi lo pensa, dal modo e dal contesto teorico in cui viene pensato, etc.? Mi sembra legittimo... così come mi pare conseguente e coerente che anche il concetto di "relativo" non faccia eccezione, fino a prova contraria. (Per la mia definizione di "relativo" mi sono già banalmente appoggiato all'etimologia, e per adesso mi accontento  :) ).

Citazione di: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
Sono d'accordo con te sul fatto che Assoluto e Totalità vadano lasciati dove funzionano meglio.......cioè in filosofia !!.
Tutte le elucubrazioni matematiche che si occupino di nulla, unicità, totalità sono solo forzosi artifici creati per mantenere in vita teorie e convenzioni che dovrebbero reggere baracche utili a dare lustro a qualcuno.
Tuttavia, se mi è concessa la libera parafrasi, direi che anche "Tutte le elucubrazioni matematiche filosofiche che si occupino di nulla, unicità, totalità sono solo forzosi artifici creati per mantenere in vita teorie e convenzioni che dovrebbero reggere baracche utili a dare lustro a qualcuno" mi suona piuttosto familiare  ;) , con la differenza che in matematica si può fare abbastanza anche senza ricorrere ad assoluti ed infiniti, mentre nel tipo di filosofia chiamata "metafisica", tolti questi due mattoni, la torre implode al suolo. In altri tipi di filosofia, invece non è necessario scomodare concetti così audaci e l'impalcatura, per quanto meno "elevata", regge lo stesso.

Citazione di: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
Sempre a proposito di definizioni, vorrei che qualcuno mi spiegasse l'oscurità, la complessità, l'ambiguità della seguente definizione di Assoluto : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso".
Tale definizione mi pare vada piuttosto bene anche per "universo", per "memoria", per "eternità" o "infinito", pur essendo parole che rimandano a realtà molto differenti...

Citazione di: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
La "Totalità" poi che sarebbe ? "il contenuto dell'Assoluto".
La definizione di totalità come "tutto ciò che è contenuto in un dato insieme" è di stampo logico-matematico e, non a caso, è poco ambigua.




Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 19:54:23 PM
Fino a prova contraria (cioè a priva dell' erroneità delle loro tesi) non c' é niente di male a "citare autori metafisici dei secoli passati".
Assolutamente nulla di male, anzi credo che la storia del pensiero vada tutelata anche in ciò che oggi si presenta come un errore; ma il fatto che certi sentieri non siano stati più battuti o non producano sbocchi interessanti (non solo "museali"), o siano un "vicolo cieco" (ci torno dopo), secondo me, può far riflettere.

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 19:54:23 PM
Noto (forse pleonasticamente; comunque chiarire il proprio pensiero é sempre utile) che il "fidarsi ciecamente del fatto che l' assoluto ci sia" non riguarda me (ed infatti era riferito ad Oaxdeadbeef),
Non mi riferivo nemmeno a lui (lo avrei specificato), parlavo in generale, come possibilità di prospettiva.

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Io invece non ho proprio alcun dubbio che le scienze naturali siano le meno adatte a studiare la res cogitans (senza virgolette), nonché la coscienza in generale, dal momento che questa, non essendo in gran parte (per l' appunto quella mentale, la "res cogitans") intersoggettiva né misurabile quantitativamente, esula dal loro campo di indagine (e non può rientravi in alcun modo).
Se le scienze naturali sono "le meno adatte" per studiare la res cogitans, intendi che la più adatta è la filosofia o (auspico) c'è un terzo approccio?
Se invece ritieni che sia "instudiabile", mi concederai che non c'è "meno" e "più" adatto...

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
(ad esempio, il pensiero non è una "voce immateriale" che abita la testa, come magari pensava Cartesio) mi sembra una descrizione decisamente caricaturale (e pure scorretta, falsa) del pensiero del grande filosofo francese.
Lungi da me il voler offendere Cartesio, volevo solo alludere (con un esempio malriuscito, posso dire ora) come all'epoca si potessero formulare ipotesi solo teoriche che oggi invece possono essere anche verificate empiricamente (supponevo che il funzionamento di sinapsi, neuroni ed aree del cervello non fosse adeguatamente noto all'epoca, lasciando spazio anche ad ipotesi fantasiose, seppur all'epoca verosimili; non ho fatto ricerche approfondite in merito poiché voleva essere solo un esempio estemporaneo, non il tema del discorso).

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Da da dove avresti ricavato la pretesa che la l'ontologia filosofica è a un vicolo cieco da molto tempo (almeno dalla nascita delle scienze fisiche moderne), vicolo cieco che termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave?
Allora diciamo che l'ontologia filosofica è (quasi) in riflessivo "silenzio stampa" da un paio di secoli? Oppure c'è un fervente dibattito e magari passi avanti significativi (che non siano storiografici) nel campo dell'ontologia? In filosofia, vengono prodotti trattati di ontologia, o teorie ontologiche (che non siano surrogato di riflessioni a posteriori su temi scientifici)?
Sicuramente c'è molto che non so, ma mi sbilancio nel supporre che l'ontologia filosofica, oggi, non stia progredendo molto, e non può progredire perché, per il suo tipo di approccio (filosofico, appunto), è in un vicolo cieco (fare una tesi sull'ontologia di Kant significa fare storia dell'ontologia, non alimentare la ricerca contemporanea sull'ontologia filosofica... se esiste).

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Fra l' altro le scienze naturali non hanno alcuna "chiave d' accesso" alla coscienza, che nella sua componente mentale non é intersoggettivo, né misurabile, ma che non per questo non é parte integrante, né la é a minor titolo rispetto alla sua componente materiale, della realtà (e della realtà in generale, cioè dell' oggetto dell' ontologia).
Non intendevo "chiave d'accesso" alla coscienza (?!), ma solo che dove si è fermata l'ontologia (vicolo cieco) la scienza può andare avanti (aprire una porta) per proseguire la ricerca volta alla comprensione dell'esistenza materiale (v. varie teorie fisiche) ed evidenzio materiale perché va ricordato che l'ontologia si occupa dell'esistenza (e non in chiave romantico-esistenzialistica, lì la strada è sempre aperta...).

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Si limiteranno ad osservare i passi della ricerca scientifica... casomai le filosofie irrazionalistiche del positivismo, dello scientismo e affini; ma per fortuna (anche della filosofia stessa, ma non solo...), la filosofia moderna e contemporanea non é affatto limitata a scientismo e/o positivismo e affini!
Mi riferivo al caso specifico della forma aristotelica e del Dna; è chiaro che la filosofia in generale non vive di sola ontologia (né di sola metafisica), quindi anche limitando l'ontologia all'aspetto storico-antiquario, la filosofia ha inevitabilmente molto altro da dire di attuale (e una certa ricerca filosofica va infatti in quella futuribile direzione).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 10 Giugno 2018, 23:01:11 PM
Salve Phil. Sono d'accordo su larga parte delle tue osservazioni anche se ne trovo alcune non proprio pertinenti. Per quanto riguarda le mie definizioni, guarda che non intendo certo brevettarle. Ovvio che una qualsiasi definizione può riguardare anche una grande quantità di altre cose. La definizione dell'ESSERE (la condizione per la quale le cause producono degli effetti) ad esempio vale proprio per TUTTO.
A livelli più prosaici, poi, la definizione di "amante" (nel caso particolare di colui che ami una persona già coniugata) vale, ad esempio, anche per il Sommo Pontefice il quale ama non solo le persone già coniugate, ma anche celibi, nubili, divorziati, separati, annullati rotali....insomma, l'umanità intera. Saluti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 11 Giugno 2018, 08:33:47 AM
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 22:29:00 PM


Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 19:54:23 PM
Fino a prova contraria (cioè a priva dell' erroneità delle loro tesi) non c' é niente di male a "citare autori metafisici dei secoli passati".
Assolutamente nulla di male, anzi credo che la storia del pensiero vada tutelata anche in ciò che oggi si presenta come un errore; ma il fatto che certi sentieri non siano stati più battuti o non producano sbocchi interessanti (non solo "museali"), o siano un "vicolo cieco" (ci torno dopo), secondo me, può far riflettere.
CitazioneIn un vicolo cieco si é cacciata secondo me innanzitutto la filosofia scientista e positivistica (professata oltre che da tanti filosofi anche da tantissimi neuroscienziati) che pretende che le neuroscienze possano risolvere il problema dei rapporti fra cervello e coscienza confondendo le due ben diverse "cose".

O credi forse che il coloratissimo arcobaleno che sto vedendo. il sentimento di amicizia che sto provando, la dimostrazione del teorema di Pitagora cui sto pensando, ecc. mentre tu stai -eventualmente- osservando il mio cervello (o viceversa) sia la stessa cosa di quella roba grigio-rosea gelatinosa e un po' viscida che tu stai vedendo, o magari dei neuroni, degli assoni, delle sinapsi, dei potenziali d' azione di cui quella robaccia  é costituita, o magari del "software" eventualmente implementato sull' "hardaware" costituito da tale robaccia  ? ? ?





Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Io invece non ho proprio alcun dubbio che le scienze naturali siano le meno adatte a studiare la res cogitans (senza virgolette), nonché la coscienza in generale, dal momento che questa, non essendo in gran parte (per l' appunto quella mentale, la "res cogitans") intersoggettiva né misurabile quantitativamente, esula dal loro campo di indagine (e non può rientravi in alcun modo).
Se le scienze naturali sono "le meno adatte" per studiare la res cogitans, intendi che la più adatta è la filosofia o (auspico) c'è un terzo approccio?
Se invece ritieni che sia "instudiabile", mi concederai che non c'è "meno" e "più" adatto...
CitazioneNo, intendo proprio che la più adatta é la filosofia (ontologia filosofica).
Anche perché le scienze naturali non troveranno mai la coscienza nella materia (cerebrale) perché non si può trovare ciò che si cerca dove esso non é.
E' infatti la materia (anche cerebrale) a trovarsi nella coscienza (l' esperineza cosciente: "esse est percipi", Berkeley) di chi la percepisca sensibilmente (ed eventualmente la osservi attivamente).
Di terzi approcci purtroppo non ne conosco.



Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
(ad esempio, il pensiero non è una "voce immateriale" che abita la testa, come magari pensava Cartesio) mi sembra una descrizione decisamente caricaturale (e pure scorretta, falsa) del pensiero del grande filosofo francese.
Lungi da me il voler offendere Cartesio, volevo solo alludere (con un esempio malriuscito, posso dire ora) come all'epoca si potessero formulare ipotesi solo teoriche che oggi invece possono essere anche verificate empiricamente (supponevo che il funzionamento di sinapsi, neuroni ed aree del cervello non fosse adeguatamente noto all'epoca, lasciando spazio anche ad ipotesi fantasiose, seppur all'epoca verosimili; non ho fatto ricerche approfondite in merito poiché voleva essere solo un esempio estemporaneo, non il tema del discorso).
CitazioneMa le sinapsi, gli assoni, i potenziai d' azione, le eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche (rilevabili in un certo cervello nell' ambito di certe esperienze coscienti* di osservatori non sono affatto l' esperienza cosciente** corrispondente a quel cervello osservato e da quelle* dei suoi osservatori ben diversa.
Nei cervelli osservati (i quali si trovano nelle esperienze coscienti*, nelle coscienze* di chi li osserva) non si troveranno mai che neuroni, sinapsi, assoni, ecc. ben diverse cose dalle esperienze coscienti** vissute dai "titolari" dei cervelli osservati stessi (osservati nell' ambito delle coscienze* dei loro osservatori).

L' odierna conoscenza di sinapsi ecc. non basta di certo (anche se serve) a risolvere il problema ontologico dei rapporti cervello/coscienza.
E infatti molti neurologi e filosofi scientisti propongono ipotesi fantasiose  e infondate non meno di quella cartesiana.

Citazione di: sgiombo il 10 Giugno 2018, 14:25:34 PM
Da da dove avresti ricavato la pretesa che la l'ontologia filosofica è a un vicolo cieco da molto tempo (almeno dalla nascita delle scienze fisiche moderne), vicolo cieco che termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave

Citazioneche termina con una porta di cui solo le scienze naturali che citi hanno la chiave?

Phil:
Allora diciamo che l'ontologia
filosofica è (quasi) in riflessivo "silenzio stampa" da un paio di secoli?

Sgiombo:
No.

Phil:
Oppure c'è un fervente dibattito e magari passi avanti significativi (che non siano storiografici) nel campo dell'ontologia? In filosofia, vengono prodotti trattati di ontologia, o teorie ontologiche (che non siano surrogato di riflessioni a posteriori su temi scientifici)?

Sgiombo:
Anche se di fatto attualmente sono largamente dominanti (=/= necessariamente corrette e vere!) filosofie scientistiche e positivistiche da una parte e irrazionalistiche idealistiche dall' altra (la filosofia é messa alquanto male di fatto), anche se vi si pubblica ben poco di interessante, questo non dimostra che si sia irrimediabilmente cacciata in un vicolo cieco e men che meno che le chiave per risolvere i problemi filosofici sia in mano alle scienze naturali.

Phil:
Sicuramente c'è molto che non so, ma mi sbilancio nel supporre che l'ontologia filosofica, oggi, non stia progredendo molto, e non può progredire perché, per il suo tipo di approccio (filosofico, appunto), è in un vicolo cieco (fare una tesi sull'ontologia di Kant significa fare storia dell'ontologia, non alimentare la ricerca contemporanea sull'ontologia filosofica... se esiste).

Sgiombo:
Non credo proprio, anche se non sono un seguace di Kant (se non in misura decisamente limitata).
E d' altra parte l' ignorare e trascurare un' analisi filosofica razionale dell' ontologia generale porta tantissimi scienziati a scrivere grandi corbellerie (come il cosiddetto "principio antropico" o le "teorie dei molti mondi"); se avessero studiato Kant probabilmente non ci sarebbero cascati.
Citazione da: sgiombo - 10 Giugno 2018, 14:25:34 pm
CitazioneFra l' altro le scienze naturali non hanno alcuna "chiave d' accesso" alla coscienza, che nella sua componente mentale non é intersoggettivo, né misurabile, ma che non per questo non é parte integrante, né la é a minor titolo rispetto alla sua componente materiale, della realtà (e della realtà in generale, cioè dell' oggetto dell' ontologia).

Non intendevo "chiave d'accesso" alla coscienza (?!), ma solo che dove si è fermata l'ontologia (vicolo cieco) la scienza può andare avanti (aprire una porta) per proseguire la ricerca volta alla comprensione dell'esistenza materiale (v. varie teorie fisiche) ed evidenzio materiale perché va ricordato che l'ontologia si occupa dell'esistenza (e non in chiave romantico-esistenzialistica, lì la strada è sempre aperta...).
CitazioneMa l' ontologia é precisamente (fra l' altro) studio dei rapporti materia (cerebrale) / coscienza; e su questo la scienza può offrire importanti informazioni ma di per sé non soluzioni (non soluzioni scientifiche a un problema filosofico cui peraltro può e deve contribuire per quanto le compete ).

La realtà del pensiero e della coscienza** non é affatto "romantico-esistenzialistica" e ritenerla erroneamente tale é il primo passo per compiere grossolani errori in materia ontologica.
Per esempio confondendola con la realtà, non affatto più effettiva e concreta di essa per quanto contrariamente ad essa intersoggettiva, del cervello cui essa corrisponde necessariamente nelle coscienze* di eventuali osservatori (ma col quale non si identifica affatto. Vedi l' esempio di cui sopra di esperienze** coscienti di immagini coloratissime, di vivaci sentimenti o di rigorosi ragionamenti ben diversi dai cervelli di chi compia tali esperienze**; cervelli presenti in ben altre coscienze*, di eventuali osservatori).


Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 11 Giugno 2018, 14:17:11 PM
Scusate ma cerco di dire ciò che intendo per "assoluto" fin dalla mia prima risposta (l'assoluto, dicevo, è lo "sciolto";
il libero da vincoli - come da etimologia).
Poi, ma solo poi, ho dato una mia interpretazione su ciò di cui questi vincoli potrebbero essere costituiti.
In realtà il termine "assoluto" non ha una storia molto antica (mi pare che una delle prime formulazioni sia stata di
Cusano a proposito di Dio, ma non vorrei ricordare male), e solo con l'Idealismo tedesco perviene al significato
etimologico corrente.
Dicevo anche che con quel termine non mi riferivo tanto ad una derivazione dalla "sostanza" aristotelica, ma al
significato che ad esso diede Kant, e che è appunto esprimibile in termini di "relazione" (assoluto come possibilità
sotto ogni aspetto).
Quindi, dicevo ancora, non capisco perchè ci si ostini ad attribuire a quel termine una valenza solo ed esclusivamente
"ontologica" (o metafisica).
Da questo punto di vista (l'assoluto come il libero da vincoli, costrizioni o impedimenti), con l'assoluto dobbiamo
eccome fare i conti.
Ho fatto l'esempio della legge (e ad essa mi riferivo come non-relativa - se si prescrive che uccidere è un reato tale
prescrizione vale anche per chi così non la pensa); avrei potuto riferirmi in genere alla "forza"; alla "sovranità",
che sempre legittima se stessa sulla base della propria volontà di potenza (che tende a rimuovere qualsiasi limite
che ad essa si opponga).
Ma potrei riferirmi anche a certo "scientismo" oggi dilagante (basti guardare all'economia, dove ci viene imposta una
visione dogmatica - cioè assoluta - che contrasta assai con quel principio di fallibilità che sempre dovrebbe guidare
la scienza autenticamente intesa).
Per finire, appunto, con lo stesso linguaggio (assoluto per "costrizione" - no, non esistono linguaggi che non hanno
una funzione strutturata "assolutamente")
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: paul11 il 11 Giugno 2018, 15:26:19 PM
La mia personale sistematizzazione è che l'assoluto crea regole non enti.
Sono le condizioni, le regole che formano la sintassi in cui gli enti (relativi) possono sussistere.
Son le forze di interazione nella fisica, nucleare forte, nucleare debole, gravità ed elettromagnetismo, che permettono la 
manifestazione degli enti fisici; sono le regole formali che permettono con la logica predicativa e proposizionale, così come la logica matematica di descrivere razionalmente i fenomeni.Non vedo antitesi fra fisica e metafisica. fra eterno e divenire,
 ma dominio che interagiscono fra loro grazie ai nostri linguaggi formali che anlaogicamente descrivono il concetto formale analogicamente al mondo fisico.
Il mio accento va quindi alle regole che relazionano le ontologie, fenomenologie, epistemologie, e devono convergere verso una unica e sola condizione iniziale, quella prima condizione originale che l'Assoluto creò appunto la regola originaria.
Così come non trovo che l'attuale metodo scientifico permetta l'unificazione , bensì promuove proliferazioni di discipline, di linguaggi, disperdendosi in infiniti concetti veritativi e manfestazioni fenomenologiche degli enti.
Per cui trovo la superiorità della filosofia verso le scienze naturali, come capacità di sintesi dei domini
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 12 Giugno 2018, 14:36:11 PM
Citazione di: paul11 il 11 Giugno 2018, 15:26:19 PM
La mia personale sistematizzazione è che l'assoluto crea regole non enti.



Con una battuta mi verrebbe da dire: finalmente qualcuno che capisce la differenza fra un aggettivo e un sostantivo
(differenza che solo l'Idealismo abolì)...
Sono in linea di massima d'accordo. Il problema della scienza propriamente detta è che, come dire, "non vede se
stessa", e quindi non può avere nessuna capacità di sintesi (da qui il problema del non vedere l'assoluto come
"relazione").
Un unico appunto: non parlerei di "superiorità" della filosofia sulle scienze come se essa potesse, di diritto,
attribuirsi un potere di guida e di giudizio su di esse.
Di fatto così è, necessariamente; ma. appunto, non lo può essere di diritto.
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 12 Giugno 2018, 16:23:52 PM
Mi pare inizi a brulicare una dissoluta molteplicità di assoluti:
l'assoluto u-topico di baylham
Citazione di: baylham il 09 Giugno 2018, 14:47:47 PM
Per me l'assoluto, il tutto, non esiste, ciò che esiste è relativo.
l'assoluto contenutistico di viator
Citazione di: viator il 10 Giugno 2018, 19:13:08 PM
definizione di Assoluto : "Ciò che contiene senza essere contenuto da altro più grande di esso"
l'assoluto apofatico di sgiombo
Citazione di: sgiombo il 09 Giugno 2018, 19:17:33 PM
Dunque dell' assoluto si può ragionare solo "adobrandolo", per così dire, solo in negativo, come di caratteristica che non é e non può essere propria del pensiero, delle conoscenze, delle realtà oggetto di conoscenza (umana),
l'assoluto incondizionato di Oxdeadbeef
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Giugno 2018, 14:17:11 PM
l'assoluto, dicevo, è lo "sciolto"; il libero da vincoli - come da etimologia) [...] Dicevo anche che con quel termine non mi riferivo tanto ad una derivazione dalla "sostanza" aristotelica, ma al significato che ad esso diede Kant, e che è appunto esprimibile in termini di "relazione" (assoluto come possibilità sotto ogni aspetto)
l'assoluto cosmogonico di paul11
Citazione di: paul11 il 11 Giugno 2018, 15:26:19 PM
l'assoluto crea regole non enti [...] l'Assoluto creò appunto la regola originaria.
Ci sarebbe poi l'assoluto come concetto semantico da "rasoiare", inteso a metà strada fra la ridondanza dell'identità logica (A è assolutamente A) e l'astrazione della sua negazione ("assoluto" come aulico contrario linguistico di "dipendente, connesso, relazionato").

Non sono sicuro che questa schiera di "assoluti insoluti", e persino relativi (ognuno è l'assoluto solo relativamente al suo "habitat interpretativo"), possa trovare adeguato compromesso o... (ass)soluzione  ;D

Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 12 Giugno 2018, 19:39:46 PM
E come potrebbe non iniziare a brulicare una dissoluta molteplicità di assoluti se esso, l'assoluto, è un aggettivo
(e non un sostantivo)? Cioè se esso "ex-siste" nella sfera della relazione ma non in quella dell'"in sè", della
sostanza?
Ma proviamo a fare un giochino che, a mio parere, potrebbe presentare aspetti interessanti ai fini del nostro
discorso. Proviamo, ad esempio, a definire la "politica"...
Comincio io. Per me la politica E' la distizione fra chi comanda e chi è comandato.
Naturalmente, si noti bene quell'"è" che definisce la politica nel senso "sostanziale" (cioè che la "sostantiva").
Altri, presumo, ne darebbero altre definizioni. Con la stessa (si badi bene) pretesa di sostanzialità.
Ma allora c'è qualcosa che non torna, visto che la "sostanza", aristotelicamente intesa, è una sola...
Questo Nietzsche lo aveva capito bene (nelle parole che ho riportato in altre risposte). E' per questo che, dicevo,
il linguaggio è "assoluto per costrizione" (si esprime necessariamente per sostantivi).
Questo è il motivo per cui sostengo che l'assoluto "esiste", eccome (e somiglia molto a quello descritto dall'amico
Sgiombo...)
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: paul11 il 12 Giugno 2018, 21:33:17 PM
ciao Mauro (Oxdeadbeef)
la superiorità della filosofia sulle scienze moderne non deve essere vista come un'arroganza semplicemente la filosofia tratta di
ontologie che le scienze, per loro delimitazione e forme sintattiche, non tratta.
Quando lo scienziato esce dai limiti delle discipline e e tratta degli argomenti propri della filosofia, nascono anche grandi filosofi.
E' una "divisione" di argomentazioni e di forme deduttive e induttive.
Il filosofo fa interagire più domini, la particolarità delle scienze è occuparsi  di "sottodomini".
Ma non è che l'uno sia più degno dell'altro,

Phil,
la regola dell'identità non è un principio è una regola formalizzata da Aristotele nella logica predicativa.
E' chiaro che se posta in ambito filosofico( e non solo linguistico in sè e per sè)) può costruire una rappresentazione contraddittoria se da regola diventa principio,come appunto pone Severino. Perchè l'identità posto nella logica dialettica, diventa implicitamente un eterno, mentre l'esistenza diventerebbe il dominio delle molteplicità degli enti(essenti) che appaiono in contraddizione con la regola d'identità, in quanto in divenire.

Forse poco vi entra in questo topic, ma alcuni dispositivi culturali di cui si occupa la filosofia, e non le scienze moderne, possono operare attraverso la "finzione".Riescono ad aggirare, senza rimuoverli, i paradossi , le antinomie e le aporie.
Il diritto lo ha ad esempio utilizzato come "arte"-
La "finzione" dei dispositivi culturali ha la proprietà di accettare nuovi contenuti che nella storia si propongono senza "rompere"
la disciplina esistente.Si adattano trasformando il falso in vero
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: green demetr il 13 Giugno 2018, 10:14:47 AM
Come dice Phil, relativo assoluto e totalità sono parole che hanno un loro canone metafisico.

Non capisco viceversa la sua proposta di intervenire con una rasoiata: va contro tutto quanto ha finora detto sul forum riguarda la semantica.
Evidentemente la civiltà dei robot lo ha convinto che la scienza non sia una semantica.

Temo che il concetto di utilità sia come al solito assolutizzato, dimenticando che lìuomo NON è un robot.

Ciò che è utile è semplicemente utile.

Non destinale.

Per il destinale esiste invece il canone occidentale.

Nessun rasoio di occam dunque.  ;D
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 12 Giugno 2018, 19:39:46 PM
E come potrebbe non iniziare a brulicare una dissoluta molteplicità di assoluti se esso, l'assoluto, è un aggettivo
(e non un sostantivo)? Cioè se esso "ex-siste" nella sfera della relazione ma non in quella dell'"in sè", della
sostanza?
Questo estemporaneo "esperimento sociale" in forma di topic (oltre a spiegare bene come nasca il relativismo  ;D ) ha portato a connotare assoluti che sono aggettivi, ma anche che non esistono (baylham), che sono un espediente narrativo della Storia (paul11), che sono indicibili (sgiombo), etc.
Nel tuo caso, ammetto di non aver chiaro l'identikit dell'assoluto: si tratta di un "aggettivo"(cit.) che descrive una relazione che è costituita dall'"essere sciolto da", ovvero allude ad una relazione che è (a sua volta) assoluta assenza di relazione? In che senso tale "aggettivazione" esiste e porta ad indagini filosofiche?
"L'assoluto" mi pare un aggettivo in forma sostantivata (altrimenti l'articolo non ha senso), e in quanto tale deve avere un referente semiotico (qualcosa di cui parla), dunque è più sostantivo che aggettivo, aprendosi a tutta la problematica ontologica (prima che relazionale) di cui si è accennato.
Non so se tu intenda "assoluto" (non "l'assoluto") similmente ad "autoreferenziale", il che spiegherebbe gli esempi della legge, la forza, la sovranità, il linguaggio... ma tale autoreferenzialità, mi permetto di insistere, fa già parte delle rispettive definizioni, è quindi semanticamente ridondante e non mi dà (limite mio) molto da riflettere, se astratta in generale come vago denominatore comune.


Citazione di: paul11 il 12 Giugno 2018, 21:33:17 PM
alcuni dispositivi culturali di cui si occupa la filosofia, e non le scienze moderne, possono operare attraverso la "finzione".Riescono ad aggirare, senza rimuoverli, i paradossi , le antinomie e le aporie.
Le scienze naturali moderne non possono permettersi "licenze poetiche" o prospettive estetizzate (come fa invece Severino, su cui ho già spiegato le mie umili perplessità nell'altro topic), quelle umanistiche invece si, e talvolta indugiano nel trastullarsene. Il filosofo spesso dipinge orizzonti di senso credendo di scattare foto, è un artista che si crede scienziato (ben diverso è il caso dello scienziato che decide, consapevolmente, di essere anche artista per hobby).
Secondo me, la questione che intorbida le acque della ricerca filosofica, è che in qualche filosofia circola ancora il vizio residuo di voler usare le categorie forti di "vero" e "falso" come molti secoli fa, anche se è ormai lampante che la pratica della verifica e della falsificazione non è affatto disciplina filosofica (e anche la teoria di tali procedure riguarda solo alcuni ambiti, non tutti quelli della filosofia "classica").
Le riflessioni più "fertili" dei filosofi attuali non sono forse quelle che non trattano della Verità?

Il rischio, come hai notato, è che ci si ritrovi a braccare le tracce di una verità "trasformista", mutevole quando la si vorrebbe invece muta, immobile ed eterna.
Certo, c'è stata un'epoca in cui i sapienti erano sia filosofi (edificatori di strutture di senso) che scienziati (studiosi della cosiddetta "realtà"), ma con il graduale settorializzazione del sapere, il filosofare odierno inizia (faticosamente e a focolai sparsi) a rendersi conto di non essere (più) studioso/studente delle verità ultime (semmai ve ne siano...). Dico ciò senza voler svalutare la filosofia; come se non fosse una parimenti nobile (ed imperitura) "mission" quella di dare (non trovare) un senso all'esistere, alla relazione uomo/uomo e uomo/mondo, etc. in fondo anche la scienza, se riusciamo a vederla dall'esterno dell'"umanesimo" che ci accompagna spontaneamente, è un divertissement di creature comunque mortali.


Citazione di: green demetr il 13 Giugno 2018, 10:14:47 AM
Non capisco viceversa la sua proposta di intervenire con una rasoiata: va contro tutto quanto ha finora detto sul forum riguarda la semantica.
Evidentemente la civiltà dei robot lo ha convinto che la scienza non sia una semantica.
Anche la scienza (o meglio ciascuna scienza) è una semantica, come lo è ciascuno degli approcci filosofici; eppure proprio all'interno di ogni semantica, di ogni "vocabolario", di ogni paradigma, conviene (opinione mia) fare adeguata "manutenzione del verde" falciando le piante secche, morte o infestate da parassiti; altrimenti il giardino muore (anche se possiamo sempre provare a imbalsamarlo con la fede...).
La dimensione semantica è forse, per me, il "marchio di fabbrica" dell'uomo, tuttavia ciò non significa che debbano esserci solo semantiche chiuse, (sovr)astoriche, "lingue morte"; personalmente prediligo quelle pulsanti, vive e... con la barba ben curata a rasoiate  ;)

Non è dunque leggendo il vocabolario scientifico che mi pare lecito rasoiare l'assoluto; invece è proprio sfogliando quello filosofico: finché si resta (consenzienti) in ostaggio della semantica metafisica (seppur soavemente, come da sindrome di Stoccolma o persino di Munchausen), si continuano ad usare arnesi teoretici che hanno pagato dazio al tempo e pongono (falsi) problemi, oppure sono stati sostituiti da altri più funzionali (altrimenti si ricade in quella filosofia narcisistica che cerca solo la propria bellezza estetica, a discapito della capacità di ricambiare il "philein" del filosofo con qualcosa di fruibile...).
Non è certo un reato dedicarsi all'enigmistica filosofica, speculando sull'Essere, l'Assoluto, la Verità, etc. ma adesso c'è anche il pensiero post-metafisico che ci propone giochi (linguistici) differenti e, forse, più contestualizzabili (non dico "pragmatici"). Basti pensare alla differenza (azzardo, perché li conosco ben poco) fra il pensiero di Severino e quello di Vattimo (non voglio impostare un duello/confronto, è solo un esempio fra due nomi noti... so già che me ne pentirò ;D ): quale dei due ci può dare strumenti di metodo (non contenuti!) per riflettere su ciò che ci circonda? Un'ontologia di essenti eterni che sostengono il cammino della Gloria oppure il pensiero debole che si crogiola disorientato sotto l'ombra lunga del nichilismo?
Come si dice nei casinò, "fate il vostro gioco!"... e attenzione a quanto puntate!  ;)
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: paul11 il 13 Giugno 2018, 21:49:27 PM
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PM


Citazione di: paul11 il 12 Giugno 2018, 21:33:17 PM
alcuni dispositivi culturali di cui si occupa la filosofia, e non le scienze moderne, possono operare attraverso la "finzione".Riescono ad aggirare, senza rimuoverli, i paradossi , le antinomie e le aporie.
Le scienze naturali moderne non possono permettersi "licenze poetiche" o prospettive estetizzate (come fa invece Severino, su cui ho già spiegato le mie umili perplessità nell'altro topic), quelle umanistiche invece si, e talvolta indugiano nel trastullarsene. Il filosofo spesso dipinge orizzonti di senso credendo di scattare foto, è un artista che si crede scienziato (ben diverso è il caso dello scienziato che decide, consapevolmente, di essere anche artista per hobby).
Secondo me, la questione che intorbida le acque della ricerca filosofica, è che in qualche filosofia circola ancora il vizio residuo di voler usare le categorie forti di "vero" e "falso" come molti secoli fa, anche se è ormai lampante che la pratica della verifica e della falsificazione non è affatto disciplina filosofica (e anche la teoria di tali procedure riguarda solo alcuni ambiti, non tutti quelli della filosofia "classica").
Le riflessioni più "fertili" dei filosofi attuali non sono forse quelle che non trattano della Verità?

Il rischio, come hai notato, è che ci si ritrovi a braccare le tracce di una verità "trasformista", mutevole quando la si vorrebbe invece muta, immobile ed eterna.
Certo, c'è stata un'epoca in cui i sapienti erano sia filosofi (edificatori di strutture di senso) che scienziati (studiosi della cosiddetta "realtà"), ma con il graduale settorializzazione del sapere, il filosofare odierno inizia (faticosamente e a focolai sparsi) a rendersi conto di non essere (più) studioso/studente delle verità ultime (semmai ve ne siano...). Dico ciò senza voler svalutare la filosofia; come se non fosse una parimenti nobile (ed imperitura) "mission" quella di dare (non trovare) un senso all'esistere, alla relazione uomo/uomo e uomo/mondo, etc. in fondo anche la scienza, se riusciamo a vederla dall'esterno dell'"umanesimo" che ci accompagna spontaneamente, è un divertissement di creature comunque mortali.
Durante la mia vita lavorativa in cui il mio ruolo è molto matematico, ho conosciuto parecchi ingegneri, dottori specialsti, capi del personale, formatori, dirigenti, che più che fare istogrammi, problem solving con un grafico di Pareto o un diagrrmma causa effetto, non sanno fare.Io li definisco i cretini intelligenti, perchè fuori dal loro ambito sono incapaci di "licenze poetiche" e di filosofeggiare.La scienza e l'industria, o se vogliamo l'industrializzazione della scienza sono dentro lo stesso dispositivo culturale chiamato tecnica.
Se si pensa come scrive il titolo del forum di argomentare in termini scientifici moderni il relativo con l'assoluto e la totalità, purtroppo mancano "prove" fisiche il risultato comprova i metodi.Peccato che è stata la filosofia a costruire postulati, enunciati, logica, matematica(nella scuola di Platone si entrava solo se si conosceva la matematica).Oggi gli ignoranti intelligenti che capiscono meno di un'alfabeta di una generazione fa come va il mondo e come va gestita la vita e l'economia famigliare, sono quelli che pretendono di fare conoscenza.
Ma va bene così..........andiamo pure avanti, nella relativa falsificazione, nella assoluta ignoranza  e nella totale ipocrisia.
Scusate ma io sono diretto e odio i giri di parole e sono abituato a dichiarare ciò che penso.Ma l'onestà ormai è un lusso.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 13 Giugno 2018, 23:30:50 PM
Salve Paul11. Ma per vivere e "progredire" a livello collettivo e pratico non occorre essere consapevoli di Assoluto e Totalità.

La superfluità di questi concetti discende dalla loro immodificabilità, dalla certezza che essi esisteranno sempre qualsiasi cosa avvenga. Se uno ha la granitica certezza che godrà sempre di tre pasti sicuri al giorno, anche se il nutrirsi è bisogno essenziale, egli se ne sbatterà di ciò fino a dimenticarsene o perfino a giungere a negare l'indispensabilità del cibo, visto che non ha mai conosciuto la fame.

Se un altro crede graniticamente in Dio, perché mai dovrebbe mettersi a meditare su ciò che per lui è un dato di fatto indiscutibile ?

Questi ora descritti sono gli l'aspetti opposti dell'effetto che genera la lamentata indifferenza dei tecnici per la speculazione filosofica.

Nella realtà poi sarà proprio invece chi non ha problemi di sopravvivenza a potersi dedicare - a livello però individuale ed esistenziale - a riflessioni così improduttive come quelle su Assoluto e Totalità.

La riflessione filosofica è solo una specie di ginnastica che serve a mantenere ben toniche le funzioni mentali una volta che queste non risultino "spremute" da circostanze esteriori troppo avverse. Serve a mantenere ben oliata la capacità di astrazione, la quale è la madre delle utopie, 999.999 delle quali non serviranno ad un fico secco mentre la milionesima cambierà il mondo.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: paul11 il 14 Giugno 2018, 00:02:52 AM
Citazione di: viator il 13 Giugno 2018, 23:30:50 PM
Salve Paul11. Ma per vivere e "progredire" a livello collettivo e pratico non occorre essere consapevoli di Assoluto e Totalità.

La superfluità di questi concetti discende dalla loro immodificabilità, dalla certezza che essi esisteranno sempre qualsiasi cosa avvenga. Se uno ha la granitica certezza che godrà sempre di tre pasti sicuri al giorno, anche se il nutrirsi è bisogno essenziale, egli se ne sbatterà di ciò fino a dimenticarsene o perfino a giungere a negare l'indispensabilità del cibo, visto che non ha mai conosciuto la fame.

Se un altro crede graniticamente in Dio, perché mai dovrebbe mettersi a meditare su ciò che per lui è un dato di fatto indiscutibile ?

Questi ora descritti sono gli l'aspetti opposti dell'effetto che genera la lamentata indifferenza dei tecnici per la speculazione filosofica.

Nella realtà poi sarà proprio invece chi non ha problemi di sopravvivenza a potersi dedicare - a livello però individuale ed esistenziale - a riflessioni così improduttive come quelle su Assoluto e Totalità.

La riflessione filosofica è solo una specie di ginnastica che serve a mantenere ben toniche le funzioni mentali una volta che queste non risultino "spremute" da circostanze esteriori troppo avverse. Serve a mantenere ben oliata la capacità di astrazione, la quale è la madre delle utopie, 999.999 delle quali non serviranno ad un fico secco mentre la milionesima cambierà il mondo.
salve viator,,
sei un paradosso vivente e trovo paradossale cosa sta diventando il forum in generale.
Sei l'anfitrione che nel forum FILOSOFIA  ha posto questo topic e poi scrivi che non vale la pena fare filosofia   o peggio discuterne in termini filosofici perchè sei un "pratico"?
Ma se non ami la filosofia e lo dico in generale a coloro che scrivono nel forum filosofia, perchè non ponete il topic in SCIENZA E TECNOLOGIA?
Pitagora andava a scuola alla Cambridge University la scuola della Stoà degli stoici che hanno costituito la logica proposizionale  era presso la Oxford University e Democrito quello dell'atomos era al Cern di Ginevra.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 14 Giugno 2018, 13:04:38 PM
Salve Paul11. Amare la filosofia non significa certo essere obbligati a sostenerne l'utilità pratica o la supremazia. A questo mondo si amano cose utili, inutili, superflue, divertenti, nocive, inesistenti........Figurati che tanto tempo fa io mi trovai ad amare una donna che non mi era affatto utile e nella quale non trovavo tracce di supremazia. Si trattava di puro sollazzo. Sempre però nel rispetto della sua persona.

Secondo me non esistono termini più squisitamente filosofici dei tre che formano la titolazione di questo argomento. Certo, io sono privo di qualsiasi formazione canonica e qualcuno potrebbe magari dimostrarmi che la filosofia non c'entra nulla né col philos né col sophos ma riguarda solo il masturbos.
Non comprendo il tuo riferimento alla sezione "Scienza e Tecnologia". Saluti sinceri.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 14 Giugno 2018, 16:17:59 PM
@paul11
Concordo sull'importanza di non confondere (non so se condividerai la tripartizione): competenza (tecnica, esecutiva, settoriale), conoscenza (sapere, più o meno nozionistico e utilitaristico) e sapienza/saggezza (esistenziale, nel senso più ampio del termine, dal "saper stare al mondo" al riflettere sul senso della vita). 
Credo che la filosofia non debba affatto essere "gelosa" dei traguardi empirici che la scienza applicata ha raggiunto nei secoli, magari sottraendo alla filosofia un po' del suo sterminato campo di riflessione. Proprio nel momento in cui una questione può essere risolta esaustivamente da una scienza, significa che la filosofia non ha più motivo di formulare indagini in merito e può passare ad un ruolo di "supervisione" o concentrarsi su altro (i filosofi antichi si occupavano quasi di tutto; oggi non è consuetudine, inevitabilmente, che un filosofo si dedichi "professionalmente" anche all'etologia, all'astronomia o a discipline simili; e non credo ciò vada vissuto come una sconfitta o un depotenziamento della filosofia).

Quando affermo che la filosofia ammicca alla costruzione estetica di orizzonti di senso, non intendo affatto sminuirla come capricciosa o ciarliera o inutile, bensì
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PM
Dico ciò senza voler svalutare la filosofia; come se non fosse una parimenti nobile (ed imperitura) "mission" quella di dare (non trovare) un senso all'esistere, alla relazione uomo/uomo e uomo/mondo, etc. in fondo anche la scienza, se riusciamo a vederla dall'esterno dell'"umanesimo" che ci accompagna spontaneamente, è un divertissement di creature comunque mortali.
D'altronde, se ci interroghiamo sulle verità ultime o sulle metafisiche con le maiuscole, non c'è dubbio che in tale ambito sarà sempre e solo la filosofia ad aver diritto d'opinione, senza temere la "concorrenza sleale" di una qualunque scienza. Il vantaggio odierno, il "plus-valore" rispetto ai tempi della Stoà, è che la filosofia può essere anche altro (in modo diverso) senza smettere di essere ancora la cara vecchia metafisica (il menù delle portate si è arricchito di pietanze più recenti, ma sempre per saziare l'atavica fame... de gustibus!).
Per questo alludo sempre volentieri ad una filosofia "demetafisicizzata", proprio per scongiurare la riduttiva equivalenza "filosofia = metafisica" che porta viator ad osservare che
Citazione di: viator il 14 Giugno 2018, 13:04:38 PMnon esistono termini più squisitamente filosofici dei tre che formano la titolazione di questo argomento
Che la filosofia possa essere metafisica, la storia ce lo ha spiegato eloquentemente, ma il fatto che possa essere anche altro (di non-metafisico), è una risorsa, secondo me, da non sottovalutare, e che consente anche di guardare alla filosofia come qualcosa di vivo in un'epoca in cui alcuni concetti classici (prendo ad esempio ancora viator, non me ne voglia :) ) vengono percepiti (senza tutti i torti, direi) come qualcosa privo di utilità pratica1, gettando nell'ombra l'intera disciplina (foraggiando lo stereotipo della" testa fra le nuvole" e onanismi vari).


1Se dovessi scegliere i tre termini odiernamente più filosofici, mi verrebbe in mente proprio la pratica filosofica e direi: uomo, scelta, interpretazione (tre termini che non tradiscono nemmeno se li usiamo come lente per guardare alla filosofia passata...).
Credo che la mortalità della filosofia sia strettamente connessa a quella della specie umana: finché ci saranno uomini, sarà inevitabile che alcuni si faranno domande "più grandi di loro" (sul come compiere scelte e come interpretare il mondo), a cui magari la loro scienza non saprà dare al momento una risposta, ma le loro filosofie, invece, anche troppe  ;D
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: paul11 il 14 Giugno 2018, 17:23:36 PM
salve Viator.
semplicemente se fingi di piacerti la filosofia e ne tratti gli argomenti in senso pratico potresti chiedere all'operatore in fabbrica
o al migrante sul barcone cosa ne pensa del relativo, assoluto e totalità e ne avrai risposte confacenti al suo uopo.

salve Phil,
 la tua risposta è onesta e anche se non è, ma non è questo il problema, in accordo a quel che penso, dici bene sul "senso comune"
dell'uomo della strada. Ma sbagli.

Il fatto che il sottoscritto sappia muoversi in ambiti apparentemente diversi (perchè lo sono solo apparentemente)fra la filosofia e la scienza, fra la religione, il diritto, la politica e l''economia è perchè esiste un solo dispositivo culturale che fa da cappello a tutta la conoscenza dell'uomo occidentale: è il come(no il cosa) interpreta i domini-
Un problema deriva da come si insegnano a scuola, università le discipline ,fra cui la filosofia: da schifo.
Perchè l'accademismo è autoreferenziale , per cui chiedere come Platone o Kant avrebbero interpretato relativo, assoluto e totalità è rimanere nell'ambito accademico, ma invece un altro conto è dire  ci sono istituti giuridici, economici, modelli scientifici che assumono ancora i concetti di relativo, assoluto e totalità? La VERA filosofia è dinamica, ma i odcenti essendo ignoranti mentalmente, ma bravi nozionisticamente sanno solo definizioni, descrizioni interne alla filoafia e sono quindi fuori dal mondo.
I veri filosfi e pensatori, da Nietzsche, Heidegger ad altri pensatori come Foucoult,  Deleuze, e Benjamin, Agamben, hanno capito che la visione epistemologica in toto, della filosofia, delle scienze, della religioni, sino alle pratiche giuriidche economiche pelitche, hanno alla base ancora visioni millenarie soprattutto nella fase fra l'ellenismo greco e la nascita dell'impero romano, quando interagiscono le forme filosofiche della Grecia con la nascita del diritto romano latino dell'Impero romano e il nascente cristianesimo.Queste tre componenti hanno agito e tutt'ora agiscono senza che i contemporanei ne siano consapevoli sul "come" teorizziamo e pratichiamo qualunque cosa del mondo e nel mondo. Per fortuna ogi ci sono bravi studiosi, anche scienziati, che stanno allargando  il l oro orizzonte, nel momento in cui stanno entrando in crisi tutti i modelli e istituti culturali che sono alla base di tutto il saper pensare e il saper fare.A chi è digiuno di filosfia consiglierei un contemporaneo Giorgio Agamben, non perchè mi piaccia o sia d'accordo con il suo pensiero, ma perchè è quasi sconoscuto in Italia ma chiamato in USA, Germania, e Francia a tenere lezioni sulle dinamiche culturali di cui poc'anzi scrivevo.
La metafisica presa in sè e per sè (se così intendete l' assoluto) e le scienze moderne in sè e per sè(se così intendete il relativo),ci d raccontano parziali verità che non possono essere verità, perchè la metafisica ha necessità dell'esistenza pratica per confermare
le sue tesi e le scienze a loro volta non possono restringere il ruolo cconoscitivo all'esercizio del fine, è giusto solo ciò che è comprovabile,saremmo ancora alla preistoria.il grande scienziato è prima di tutto un visionario che intuisce dal suo sapere esperienziale quale strada percorrere e anticipare ciò che confermerà il tempo storico, lo è in politica lo statista, non il politico di due soldi, sanno pensare "in grande" e non nelle ristrettezze della mera disciplina in cui sono collocati.Ribadisco i grandi matematici e scienziati sono filosofi quasi per necessità, perchè vanno oltre il pensiero a loro contemporaneo.
Infine quindi non sono solo la metafisica o solo la filosofia quando si autoreferenzia, così come non lo è la scienza e le varie discipline contemporanee che daranno risposte alla crisi prima di tutto culturale su come gestire l'intera umanità dai problemi attuali che ci arrivano ai prossimi a venire.Abbiamo necessità, questo è ciò che "sento" di dialettica, di interazione, di interdisciplinarietà, senza che il filosofo o lo scienziato si arroghino superiorità.
Non dimenticherei che è la filosofia che ha voluto questo tipo di scienza nella modernità.Le scienze così come oggi vengono studiate e praticate, le ha volute a appoggiate la filosofia.Quindi, sarà strano, ma se si addita la colpa alle scienze in realtà lo si deve fare al mittente che sono stati  i filosofi che spostarono verso le pratiche verso un antropocentrismo la visione ,mentre gli istituti giuridici ed economici si stavano trasformando dal medioevo all'umanesimo e la futura rivoluzione industriale e tecnologica.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 14 Giugno 2018, 17:34:52 PM
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PM
Nel tuo caso, ammetto di non aver chiaro l'identikit dell'assoluto: si tratta di un "aggettivo"(cit.) che descrive una relazione che è costituita dall'"essere sciolto da", ovvero allude ad una relazione che è (a sua volta) assoluta assenza di relazione? In che senso tale "aggettivazione" esiste e porta ad indagini filosofiche?
"L'assoluto" mi pare un aggettivo in forma sostantivata (altrimenti l'articolo non ha senso), e in quanto tale deve avere un referente semiotico (qualcosa di cui parla), dunque è più sostantivo che aggettivo, aprendosi a tutta la problematica ontologica (prima che relazionale) di cui si è accennato.
Non so se tu intenda "assoluto" (non "l'assoluto") similmente ad "autoreferenziale", il che spiegherebbe gli esempi della legge, la forza, la sovranità, il linguaggio... ma tale autoreferenzialità, mi permetto di insistere, fa già parte delle rispettive definizioni, è quindi semanticamente ridondante e non mi dà (limite mio) molto da riflettere, se astratta in generale come vago denominatore comune.




Come possiamo definire "lo" sciolto; "il" senza vincoli (cioè l'assoluto)? Forse contemplando l'"in sè" costituito da
quegli articoli? Forse pensando che quegli articoli nascondano una "sostanza" eterna, immutabile, totale, infinita e
via discorrendo?
Mi sembra francamente superfluo ribadire che "dietro" quegli articoli ci deve essere un sostantivo; sostantivo di cui
quello "sciolto"; quel "senza vincoli" rappresentano l'aggettivazione.
Dunque un sostantivo, come "forza", "sovranità" o "politica", cui si accosta (si "relaziona") un aggettivazione che
rende tale forza o sovranità, o politica, "assoluta", cioè senza vincoli o limiti.
E purtuttavia, a rigor di logica, nemmeno quei sostantivi sono tali. Perchè non poggiano su nessun "in sè", su nessuna
"sostanza" (tant'è che la loro definizione non è mai univoca - e se li nominiamo tali è solo, direbbe Nietzsche, "così,
per vivere").
Quindi non ne farei una questione grammaticale (da quel punto di vista la mia è una specie di provocazione), ma,
appunto, proprio di referenza semiotica.
E questa, come accennavo, ci dice che per nessun termine "esiste" un "in sè", una "sostanza" che lo connoti in maniera
incontrovertibile; sia esso, il termine, nominato come "assoluto", "relativo", "forza", "sovranità", "politica" e
quant'altro (con o senza articolo...).
Il problema filosofico (poi che interessi o meno è un altro discorso) è appunto questo dell'"esistenza" di un qualcosa
al di là del termine che lo connota. Ed è qui, trovo, su questo terreno dell'esistenza che, per così dire, si gioca la
partita.
Trovo, per fare un esempio, francamente troppo semplicistico dire: "l'assoluto non esiste; esiste il relativo".
Beh, che vuol dire "assoluto"; che vuol dire "relativo"; che vuol dire "esistere"?
C.S.Peirce, cui già accennavo, diceva che già il solo pensare ad un qualcosa è inserirlo in una catena segnica
ben determinata (e dunque che quel qualcosa sia, già in origine, null'altro che un interpretato, un fenomeno particolare).
Come del resto anche Whitehead intuiva quando si chiedeva: "ma quest'oggetto su cui sono seduto, è una sedia o una
danza di elettroni?
Allo stesso modo vi chiedo e mi chiedo: è, questo "assoluto", un qualcosa che esiste in sè, che ha sostanza; è
è un aggettivo riferito ad un qualche sostantivo; è qualcos'altro?
La risposta che personalmente mi dò è che l'oggetto di qualsiasi risposta "esiste" solo all'interno di una certa pratica
discorsiva, di una certa catena segnica.
Da questo punto di vista l'assoluto "esiste" anche laddove è negato; come negativo del termine "relativo". "Esiste", certo,
non di una esistenza, come dire, "spaziale"; esiste come concetto; ma chi l'ha detto che i concetti, le idee, non esistono?
E allora ancora: che vuol dire "esistere"?

saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: green demetr il 14 Giugno 2018, 22:05:51 PM
x Phil

Ah ecco, dunque ritieni la metafisica demodè, superata da non so bene che imprecisata ragione.

Se prendi Vattimo, anche tu....Vattimo è un filosofo che stimo, ma non considerarlo all'interno della crisi della metafisica, che nel suo caso, diventa ideologia pantanata, mi fa solo ridere.
In soldoni Vattimo è un pessimo metafisico.(non ho ancora letto il suo pensiero debole, ma la sua interpretazione totalmente errata di Nietzche mia basta e avanza.)

Severino forse dal tuo (miope) punto di vista fa filosofia artistica, ma le sue analisi sulla tecnica e sulla religione, a me paiono "milioni anni luce" avanti rispetto a quelle fatte dai suoi allievi, che spesso si chiudono in forme che non  posso che percepire come claustrofobiche, benchè li "perdoni", siamo comunque nel pieno del pensiero unico, e cioè paranoico.

Per assurdo ecco di nuovo per l'ennesima millesima volta essere d'accordo con Paul, che dunque nonostante mi abbia tacciato di astrusità, e ovviamente poichè la mia metafisica negativa (di stampo idealistico, topologica, formale, non del formalismo analitico, direi più una sorta di funzionalismo del soggetto) è l'esatto opposto della sua metafisica acosmica (spinoziana, geometrica, naturale e quindi ingenua).
E cioè se non riusciamo ad avere una dimensione globale, media-logica, trans-oggettiva, e perciò stesso meta-fisica, e cioè se non addottiamo punti di vista, come punti di vista sul MONDO...io non so minimamente come  possiamo procedere nel dialogo, che in effetti, ha un gran bisogno del tuo intuito meta-logico.

Insomma mi tocca ammettere che sono più vicino a Paul, pur nella sostanziale differenza, vorrà dire che tu scali al terzo posto.  ;)  (scherzo)
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 14 Giugno 2018, 22:06:24 PM
Salve Oxdeadbeef. Ho letto il tuo ultimo intervento. Alla fine, ancora una volta, ho sperimentato la conferma della mia convinzione interiore di essere un privilegiato. Il mio privilegio consiste nel non aver mai letto di filosofia canonica e quindi dall'aver potuto mantenere una certa qual "verginità" intellettuale che si può anche chiamare ignoranza. Due o tre testi canonici di filosofia moderna mi caddero invero tra le mani (in realtà li cercai deliberatamente), ma li richiusi dopo un paio di pagine, completamente sconvolto dalla loro incomprensibile pallosità autoreferenziale che trovavo aggiungesse solo nebbia all'essenziale.

Cosa per me siano i concetti, le idee, l'essere, l'essenza, l'ente, l'entità, l'esistere, l'insistere, il consistere, il sussistere, il persistere, l'Assoluto, il relativo, il Tutto, la totalità e qualche altra cosa ancora mi è successo di accennarlo qua e la all'interno dei miei ormai non pochi interventi. Ovvio che si tratti della mia personale e limitata visione delle cose. Ovvio che la Verità non solo non sappiamo dove stia ma addirittura non possiamo sapere se sia. L'importante non è conoscere la Verità. L'importante è riuscire a costruire una visione del mondo che ci permetta di vivere in pace con esso.

Circa i numerosi interrogativi da te proposti (ai quali magari tu hai già dato tue risposte, ma che riproponi per indurre alla riflessione chi non vi abbia risposto), prendiamone uno a caso : "essere".

Definizione : "condizione per la quale le cause producono i loro effetti (e viceversa)". Obiezioni ?

Causa. Definizione : la metà di un evento (l'altra metà è l'effetto)". Obiezioni ?

Effetto. Definizione : vedi sopra. Obiezioni ?

Evento. Definizione: "dimensione dinamica dell'essere". Obiezioni ?

Dimensione dinamica. Definizione : "L'equivalente energetico (E=Mc^2) richiesto dallo svolgersi dell'evento". Obiezioni ?

L'essere (totalizzante) non sarebbe quindi che l'insieme di tutti gli equivalenti energetici richiesti dallo svolgersi di tutti gli eventi, mentre l'essere (particolare e locale) sarà l'equivalente energetico richiesto dallo specifico evento.

Se poi qualcuno obietterà che l'essere non è entità e concetto esclusivamente energetico, lo invito a citarmi un qualsiasi fenomeno o condizione che può "essere" anche in assenza di energia. (le sedie son fatte di atomi animati da forsennata energia interna....i concetti non si generano senza energia elettrochimica neuronale né si trasmettono senza energie di altro genere).

A questo punto non chiedo se vi sono obiezioni, ma vi invito a manifestarle tutte.

Visto come è facile delirare per i poveri ignoranti come me ? Salutoni a tutti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: davintro il 14 Giugno 2018, 22:16:26 PM
esiste un piano per così dire "idealistico" in cui la coincidenza tra "assoluto" e "totalità" appare legittima, ed è quello per il quale la caratteristica definitoria del concetto di "assoluto", cioè l'indipendenza, l' essere "sciolto da legami" ben si può attribuire alla "totalità, cioè a ciò che tutto comprende in sé, e oltre il quale c'è il Nulla, dunque nulla di reale che possa influenzare e condizionare la natura di tale totalità. Ma questa prospettiva, seppur logicamente coerente, resta appunto valida ad un livello ancora idealistico e astratto, dato che il concetto di totalità appare come un'universalità ancora astratta e indeterminata, che non tiene conto delle differenze qualitative tra gli enti che concretamente esistono e agiscono all'interno di essa. La "totalità" a mio avviso non può esistere come esistenza a sé stante, ma come solo come concetto, e la sua qualifica come essere assoluto resta su di un piano a sua volta solo concettuale. Possiamo dire che tale visione è quella caratterizzante i modelli ontologici e metafisici di tipi immanentista-panteista, i quali, negando una dualità tra una realtà assoluta e una contingente, vedono l'assoluto solo come insieme delle singole parti, della totalità degli enti, che invece, concepiti ciascuno singolarmente, sarebbero relativi, in quanto costantemente a contatto gli uni con gli altri. In questi modelli, l'Assoluto viene visto come privo di un'esistenza autonoma, finisce di fatto, anche al di là delle esplicite intenzioni di partenza dei loro esponenti,  con l'essere "solo" una forma logica. Ma questa accezione mostra i suoi limiti... perché l'Assoluto sia pienamente e concretamente "sciolto dai legami", autosufficiente, non basta che sia la totalità degli enti, in quanto ogni totalità, per quanto organica e non riducibile a mera somma delle parti, non può nemmeno essere indipendente da esse, dato che queste consisterebbero nella materia che poi la forma universale unificherebbe. Ogni trasformazione, accadimento nei singoli enti componenti ne modificherebbe la natura di quest'ultima, che così non potrebbe davvero porsi come "assoluta" e autosufficiente, in quanto dipendente dalle caratteristiche delle singole parti che le compongono. Ecco perché a mio avviso l'esistenza dell'Assoluto avrebbe vera ragion d'essere solo come esistenza trascendente, causa di se stessa, e responsabile dell'esistenza degli enti relativi, relativi nel senso di contingenti, in quanto traggono la loro ragion d'essere dall'Assoluto anziché da essi stessi (qua in occidente tale modello si è sviluppato in rapporto con l'ispirazione della teologia giudaico-cristiana, col suo dualismo tra Dio Principio primo e creatore dell'Universo, e mondo creato e contingente, ma ciò non esclude che possa essere supportato anche in un contesto "laico", senza aderire a una determinata dottrina o teologia). Dunque, dal punto di vista esistenziale l'identificazione totalità-assoluto andrebbe superata, o quantomeno rivista... l'assoluto esisterebbe come totalità non nel senso di essere l'unità di tutti gli enti, immanente e non distinta da essi, ma nel senso che sarebbe quell'ente da cui la totalità delle cose deriva, ciascuna relativa, dato che qualunque cosa non ad esso subordinata finirebbe necessariamente per limitarlo, e quindi negarlo come "assoluto", cioè come realtà sciolta e indipendente.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: green demetr il 14 Giugno 2018, 22:40:16 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Giugno 2018, 17:34:52 PM
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PM
Nel tuo caso, ammetto di non aver chiaro l'identikit dell'assoluto: si tratta di un "aggettivo"(cit.) che descrive una relazione che è costituita dall'"essere sciolto da", ovvero allude ad una relazione che è (a sua volta) assoluta assenza di relazione? In che senso tale "aggettivazione" esiste e porta ad indagini filosofiche?
"L'assoluto" mi pare un aggettivo in forma sostantivata (altrimenti l'articolo non ha senso), e in quanto tale deve avere un referente semiotico (qualcosa di cui parla), dunque è più sostantivo che aggettivo, aprendosi a tutta la problematica ontologica (prima che relazionale) di cui si è accennato.
Non so se tu intenda "assoluto" (non "l'assoluto") similmente ad "autoreferenziale", il che spiegherebbe gli esempi della legge, la forza, la sovranità, il linguaggio... ma tale autoreferenzialità, mi permetto di insistere, fa già parte delle rispettive definizioni, è quindi semanticamente ridondante e non mi dà (limite mio) molto da riflettere, se astratta in generale come vago denominatore comune.




Come possiamo definire "lo" sciolto; "il" senza vincoli (cioè l'assoluto)? Forse contemplando l'"in sè" costituito da
quegli articoli? Forse pensando che quegli articoli nascondano una "sostanza" eterna, immutabile, totale, infinita e
via discorrendo?
Mi sembra francamente superfluo ribadire che "dietro" quegli articoli ci deve essere un sostantivo; sostantivo di cui
quello "sciolto"; quel "senza vincoli" rappresentano l'aggettivazione.
Dunque un sostantivo, come "forza", "sovranità" o "politica", cui si accosta (si "relaziona") un aggettivazione che
rende tale forza o sovranità, o politica, "assoluta", cioè senza vincoli o limiti.
E purtuttavia, a rigor di logica, nemmeno quei sostantivi sono tali. Perchè non poggiano su nessun "in sè", su nessuna
"sostanza" (tant'è che la loro definizione non è mai univoca - e se li nominiamo tali è solo, direbbe Nietzsche, "così,
per vivere").
Quindi non ne farei una questione grammaticale (da quel punto di vista la mia è una specie di provocazione), ma,
appunto, proprio di referenza semiotica.
E questa, come accennavo, ci dice che per nessun termine "esiste" un "in sè", una "sostanza" che lo connoti in maniera
incontrovertibile; sia esso, il termine, nominato come "assoluto", "relativo", "forza", "sovranità", "politica" e
quant'altro (con o senza articolo...).
Il problema filosofico (poi che interessi o meno è un altro discorso) è appunto questo dell'"esistenza" di un qualcosa
al di là del termine che lo connota. Ed è qui, trovo, su questo terreno dell'esistenza che, per così dire, si gioca la
partita.
Trovo, per fare un esempio, francamente troppo semplicistico dire: "l'assoluto non esiste; esiste il relativo".
Beh, che vuol dire "assoluto"; che vuol dire "relativo"; che vuol dire "esistere"?
C.S.Peirce, cui già accennavo, diceva che già il solo pensare ad un qualcosa è inserirlo in una catena segnica
ben determinata (e dunque che quel qualcosa sia, già in origine, null'altro che un interpretato, un fenomeno particolare).
Come del resto anche Whitehead intuiva quando si chiedeva: "ma quest'oggetto su cui sono seduto, è una sedia o una
danza di elettroni?
Allo stesso modo vi chiedo e mi chiedo: è, questo "assoluto", un qualcosa che esiste in sè, che ha sostanza; è
è un aggettivo riferito ad un qualche sostantivo; è qualcos'altro?
La risposta che personalmente mi dò è che l'oggetto di qualsiasi risposta "esiste" solo all'interno di una certa pratica
discorsiva, di una certa catena segnica.
Da questo punto di vista l'assoluto "esiste" anche laddove è negato; come negativo del termine "relativo". "Esiste", certo,
non di una esistenza, come dire, "spaziale"; esiste come concetto; ma chi l'ha detto che i concetti, le idee, non esistono?
E allora ancora: che vuol dire "esistere"?

saluti

Per una volta che scrivo on-line....ancora la punizione divina (eh sì che lo so che è luna nuova....grrrr).


Allora ho perso un ora e mezza di analisi.

Per rabbia e per dispetto, allora scrivo solo:


Ma Mauro! è proprio l'ontologia il vecchio problema della metafisica!!!

Ricordiamoci dei limiti del giudizio.

Assoluto è dissoluzione.

La dissoluzione si collega alla paura della morte.

Chi non ha paura diventa metafisico hegeliano.

Che ha paura viene preso in consegna dalla Macchina.

Peirce ti ricordo che vuole rifare una critica della ragione pura, e cioè egli COPIA Kant.

La sua scoperta, per quel poco che ho capito è che mentre esiste la categoria di assoluto, ma non è una base discorsiva, non esiste la categoria di totalità, ma quella di enne potenze.

Ricordandoci che l'uomo crea discorsi matematici ossia segnici solo in base due, e che lui Peirce ha scoperto quelli di base tre e quattro.

Dal tre so che deriva l'idea del cristianesimo come salvezza.

E del quattro, credo che nessuno abbia capito ancora qualcosa.

E' che matematicamente è un casino, e io non ho capito quattro anni fa, alle lezioni del professor Ballo. (ex professore di Logica, e storia della logica)
(la mia educazione matematica rimane sempre nel cassetto dei desideri)
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: green demetr il 14 Giugno 2018, 22:46:12 PM
Citazione di: viator il 14 Giugno 2018, 22:06:24 PM
Salve Oxdeadbeef. Ho letto il tuo ultimo intervento. Alla fine, ancora una volta, ho sperimentato la conferma della mia convinzione interiore di essere un privilegiato. Il mio privilegio consiste nel non aver mai letto di filosofia canonica e quindi dall'aver potuto mantenere una certa qual "verginità" intellettuale che si può anche chiamare ignoranza. Due o tre testi canonici di filosofia moderna mi caddero invero tra le mani (in realtà li cercai deliberatamente), ma li richiusi dopo un paio di pagine, completamente sconvolto dalla loro incomprensibile pallosità autoreferenziale che trovavo aggiungesse solo nebbia all'essenziale.

Cosa per me siano i concetti, le idee, l'essere, l'essenza, l'ente, l'entità, l'esistere, l'insistere, il consistere, il sussistere, il persistere, l'Assoluto, il relativo, il Tutto, la totalità e qualche altra cosa ancora mi è successo di accennarlo qua e la all'interno dei miei ormai non pochi interventi. Ovvio che si tratti della mia personale e limitata visione delle cose. Ovvio che la Verità non solo non sappiamo dove stia ma addirittura non possiamo sapere se sia. L'importante non è conoscere la Verità. L'importante è riuscire a costruire una visione del mondo che ci permetta di vivere in pace con esso.

Circa i numerosi interrogativi da te proposti (ai quali magari tu hai già dato tue risposte, ma che riproponi per indurre alla riflessione chi non vi abbia risposto), prendiamone uno a caso : "essere".

Definizione : "condizione per la quale le cause producono i loro effetti (e viceversa)". Obiezioni ?

Causa. Definizione : la metà di un evento (l'altra metà è l'effetto)". Obiezioni ?

Effetto. Definizione : vedi sopra. Obiezioni ?

Evento. Definizione: "dimensione dinamica dell'essere". Obiezioni ?

Dimensione dinamica. Definizione : "L'equivalente energetico (E=Mc^2) richiesto dallo svolgersi dell'evento". Obiezioni ?

L'essere (totalizzante) non sarebbe quindi che l'insieme di tutti gli equivalenti energetici richiesti dallo svolgersi di tutti gli eventi, mentre l'essere (particolare e locale) sarà l'equivalente energetico richiesto dallo specifico evento.

Se poi qualcuno obietterà che l'essere non è entità e concetto esclusivamente energetico, lo invito a citarmi un qualsiasi fenomeno o condizione che può "essere" anche in assenza di energia. (le sedie son fatte di atomi animati da forsennata energia interna....i concetti non si generano senza energia elettrochimica neuronale né si trasmettono senza energie di altro genere).

A questo punto non chiedo se vi sono obiezioni, ma vi invito a manifestarle tutte.

Visto come è facile delirare per i poveri ignoranti come me ? Salutoni a tutti.

Ma perchè tu hai mai visto un atomo? molto semplicemente.

Il fenomeno è proprio il contrario del dato scientifico.

Che ti voglio ricordare è solo una presunzione.

Nessuno ha mai visto un elettrone. (e io ho qualche dubbio pure sugli atomi, visto che è lo stesso Bohr a metterlo in discussione).

Poi se tu sei in pace con te stesso nel mondo delle macchine : per carità Buon per TE!

(Caro robot....peccato perchè in altre sezioni andiamo d'accordo mi pare)
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: green demetr il 14 Giugno 2018, 22:54:31 PM
Citazione di: davintro il 14 Giugno 2018, 22:16:26 PM
esiste un piano per così dire "idealistico" in cui la coincidenza tra "assoluto" e "totalità" appare legittima, ed è quello per il quale la caratteristica definitoria del concetto di "assoluto", cioè l'indipendenza, l' essere "sciolto da legami" ben si può attribuire alla "totalità, cioè a ciò che tutto comprende in sé, e oltre il quale c'è il Nulla, dunque nulla di reale che possa influenzare e condizionare la natura di tale totalità. Ma questa prospettiva, seppur logicamente coerente, resta appunto valida ad un livello ancora idealistico e astratto, dato che il concetto di totalità appare come un'universalità ancora astratta e indeterminata, che non tiene conto delle differenze qualitative tra gli enti che concretamente esistono e agiscono all'interno di essa. La "totalità" a mio avviso non può esistere come esistenza a sé stante, ma come solo come concetto, e la sua qualifica come essere assoluto resta su di un piano a sua volta solo concettuale. Possiamo dire che tale visione è quella caratterizzante i modelli ontologici e metafisici di tipi immanentista-panteista, i quali, negando una dualità tra una realtà assoluta e una contingente, vedono l'assoluto solo come insieme delle singole parti, della totalità degli enti, che invece, concepiti ciascuno singolarmente, sarebbero relativi, in quanto costantemente a contatto gli uni con gli altri. In questi modelli, l'Assoluto viene visto come privo di un'esistenza autonoma, finisce di fatto, anche al di là delle esplicite intenzioni di partenza dei loro esponenti, "solo" una forma logica. Ma questa accezione mostra i suoi limiti... perché l'Assoluto sia pienamente e concretamente "sciolto dai legami", autosufficiente, non basta che sia la totalità degli enti, in quanto ogni totalità, per quanto organica e non riducibile a mera somma delle parti, non può nemmeno essere indipendente da esse, dato che queste consisterebbero nella materia che poi la forma universale unificherebbe. Ogni trasformazione, accadimento nei singoli enti componenti ne modificherebbe la natura di quest'ultima, che così non potrebbe davvero porsi come "assoluta" e autosufficiente, in quanto dipendente dalle caratteristiche delle singole parti che le compongono. Ecco perché a mio avviso l'esistenza dell'Assoluto avrebbe vera ragion d'essere solo come esistenza trascendente, causa di se stessa, e responsabile dell'esistenza degli enti relativi, relativi nel senso di contingenti, in quanto traggono la loro ragion d'essere dall'Assoluto anziché da essi stessi (qua in occidente tale modello si è sviluppato in rapporto con l'ispirazione della teologia giudaico-cristiana, col suo dualismo tra Dio Principio primo e creatore dell'Universo, e mondo creato e contingente, ma ciò non esclude che possa essere supportato anche in un contesto "laico", senza aderire a una determinata dottrina o teologia). Dunque, dal punto di vista esistenziale l'identificazione totalità-assoluto andrebbe superata, o quantomeno rivista... l'assoluto esisterebbe come totalità non nel senso di essere l'unità di tutti gli enti, immanente e non distinta da essi, ma nel senso che sarebbe quell'ente da cui la totalità delle cose deriva, ciascuna relativa, dato che qualunque cosa non ad esso subordinata finirebbe necessariamente per limitarlo, e quindi negarlo come "assoluto", cioè come realtà sciolta e indipendente.

Grazie Davintro!

Nella parte andata cancellata, infatti ricordavo come per Peirce, la categoria di assoluto, esiste, ma non è un discorso, ossia NON è un segno.


Ma è proprio da questa categoria che si dipano le ennesime potenza di linguaggio segnico.

Dunque la categoria di totalità NON esiste, ma esiste solo quella di ASSOLUTO.

Purtroppo non ho capito come ha fatto a derivare, che le catene segniche di base due sono quelle umane, quelle di base tre, sono il Cristo, e quelle di base 1 e 4, mi pare che ancora nessuno le abbia intese.

Pensando che per Peirce le potenze di discorso, ossi di concatenazione segnica, sono infinite....capiamo quanto c'è da lavorare anche in campo NON umano.

Ma ogni catena segnica, si puà riscrivere con diversa base.

Tranne le potenze di zero.

Purtroppo il mio cervello andò in pappa liquefatta, nel tentativo disperato (per miei limiti matematici, del perchè la base zero è diversa anche solo diciamo dalla base due, ed essendo la base una, altra cosa diceva il prof. Ballo.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: paul11 il 15 Giugno 2018, 00:08:58 AM
Citazione di: viator il 14 Giugno 2018, 22:06:24 PM


Se poi qualcuno obietterà che l'essere non è entità e concetto esclusivamente energetico, lo invito a citarmi un qualsiasi fenomeno o condizione che può "essere" anche in assenza di energia. (le sedie son fatte di atomi animati da forsennata energia interna....i concetti non si generano senza energia elettrochimica neuronale né si trasmettono senza energie di altro genere).
il problema non è ammettere l'ignoranza, anzi è un ottimo punto di partenza.E' il dire castronerie nell'ignoranza che genera confusione.

Da dove nasce l'energia? Ma tu che ci fai nel mondo, oltre a bere, mangiare, dormire, ecc. ?Hai una mente per suppellettile?A che cosa servirebbe mai avere una mente?
Sì ci sono parecchi testi pallosi anche nella filosofia, si tratta di cercare pensatori intelligenti.Quellii pallosi sono incomprensibili perchè il loro pensiero è controrto.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: paul11 il 15 Giugno 2018, 00:40:14 AM
Citazione di: davintro il 14 Giugno 2018, 22:16:26 PM..................
Ecco perché a mio avviso l'esistenza dell'Assoluto avrebbe vera ragion d'essere solo come esistenza trascendente, causa di se stessa, e responsabile dell'esistenza degli enti relativi, relativi nel senso di contingenti, in quanto traggono la loro ragion d'essere dall'Assoluto anziché da essi stessi (qua in occidente tale modello si è sviluppato in rapporto con l'ispirazione della teologia giudaico-cristiana, col suo dualismo tra Dio Principio primo e creatore dell'Universo, e mondo creato e contingente, ma ciò non esclude che possa essere supportato anche in un contesto "laico", senza aderire a una determinata dottrina o teologia). Dunque, dal punto di vista esistenziale l'identificazione totalità-assoluto andrebbe superata, o quantomeno rivista... l'assoluto esisterebbe come totalità non nel senso di essere l'unità di tutti gli enti, immanente e non distinta da essi, ma nel senso che sarebbe quell'ente da cui la totalità delle cose deriva, ciascuna relativa, dato che qualunque cosa non ad esso subordinata finirebbe necessariamente per limitarlo, e quindi negarlo come "assoluto", cioè come realtà sciolta e indipendente.


quasi ci siamo.........
L'Assoluto è pensabile solo concettualmente non dalla percezione del sensibile
A sua volta ogni fenomeno, evento fisico che prima di tutto percepiamo sensorialmente viene concettualmente codificato.Che cosa è una categorizzazione quando dico regno animale, regno vegetale, regno minerale, se non la totalità per ogni regno.e se unisco i tre regni(o se vuoi i tre insiemi) non ottengo la totalità?.Il movimento deduttivo è legare il percettivo sensoriale al concetto mentale del pensiero e per far questo la mente confronta definizioni dichiarazioni proprietà comparative,
Tutto ciò che è conosciuto dall'uomo è all'interno di classificazioni e una legge fisica non è altro che la sintesi di  event, fenomeni con proprietà comuni.ma il problema è proprio quì nelle relazioni fra i vari elementi delle manifestazioni del sensibile,
perchè ogni conoscenza addizionata rimette in discussione le classificazioni interne come la scoperta di una pianta o di un animale oppure ancor di più si muta il criterio di classificazione.Il vero problema scientifico e non filosofico è perdersi nelle conoscenze addizionali di nuovi eventi, ma che non possono invece mettere in discussione la Totalità o l'Assoluto.E' il relativo che continuamente rincorre nuove conoscenze addizionali, perchè aggiunge nuovi elementi nei sottoinsiemi che devono essere funzionalmente ricollegati, ricategorizzati. Ma l'insieme Totale per suo concetto costitutivo non muta la sua essenza per una nuovo elemento scoperto, perchè l'universo se volessimo dare un nome al Totale comprende anche il non conosciuto o quello che ancora dovrà essere conosciuto
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PM
Riassumo i miei dissensi da PHIL

Malgrado ripetuti "riconoscimenti" e "omaggi" formali alla filosofia, mi sembra che tu non le riconosca in realtà una funzione, un' attualità e un' utilità e teorica effettiva, abbracciando a mio parere una visione positivistica e scientistica secondo la quale soltanto le scienze naturali (almeno oggi, dopo le rivoluzioni scientifiche degli ultimi secoli) sarebbero fonte di autentica conoscenza, mentre la filosofia e soprattutto la metafisica sarebbero solo chiacchiere vuote di autentico contenuto conoscitivo.

Il mio dissenso ha due motivi principali.
Il primo é che ritengo qualsiasi convinzione e credenza, ivi comprese quelle proposte dalle scienze naturali, degna di severa critica razionale; e questa non può che essere filosofica (gnoseologia, epistemologia, filosofia della scienza...) e non scientifica (la scienza di per sé -a prescindere dal fatto che a nessun suo cultore é ovviamente interdetta la possibilità di interessarsi anche di filosofia-  ci fornisce conoscenze vere a certe condizioni, in un certo senso, entro certi limiti, indagare i quali é (direi per definizione) ricerca filosofica.
La seconda é che secondo me la realtà materiale - naturale, che essendo misurabile mediante rapporti esprimibili numericamente e potendo essere postulata (ma non dimostrata, come ci insegna per l' appunto la critica filosofica; in particolare humeiana) essere intersoggettiva é passibile di conoscenza scientifica (in senso "stretto" o "forte", quello delle scienze naturali) non esaurisce la realtà (umanamente conoscibile; e auspicabilmente da conoscere per parte mia soggettiva) in toto.
Ritengo infatti che della realtà in toto facciano parte a pieno titolo, "in non minor misura rispetto alla materia" anche i pensieri, i sentimenti, i "contenuti mentali" in generale, malgrado la loro non intersoggettività: intersoggettivo =/= reale e soggettivo =/= non reale); e che questi ultimi non siano in alcun modo riducibili alla, emergenti dalla, sopravvenienti alla (qualsiasi cosa questi concetti possano significare) materia (in particolare cerebrale).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 15 Giugno 2018, 13:08:19 PM
Salve. Per Green Demetr: Per quanto esistano immagini, riprese dal microscopia elettronico, che mostrano - a dire il vero confusamente - un reticolo che viene spiegato essere quello di una struttura atomica cristallina ed alle cui intersezioni appaiono delle palline...., No, dal vivo non l'ho mai visto. Quindi secondo te è solo la percezione sensoriale che può giustificare l'esistente ?

Guarda che comunque io non mi sono mai riferito ad un supposto atomo MATERIALE, ma al supposto movimento interiore che anima i suoi supposti componenti. Cioè alla supposta energia del supposto atomo. Tutte queste supposizioni le faccio poiché la struttura fisica del mondo atomico so benissimo essere solo un MODELLO e non certo una realtà-verità. Infatti suppongo che l'essere consista nel comportamento dell'energia.

Credo che anche tutte le tue idee, convinzioni, fedi e visione del mondo siano delle supposizioni.

Avendo già detto che la realtà-verità resta comunque inattingibile, la dialettica e la riflessione filosofiche devono secondo me servire a costruire una visione CIRCOLARE e LOGICAMENTE NON CONTRADDITORIA (la contraddizione filosofica è invece ammessa per ragioni che qui trovo troppo lungo spiegare) del mondo.

Tale visione inoltre, e sempre secondo me, deve includere e giustificare le (sempre solo apparenti !) contrapposizioni tra gli aspetti fisici, quelli esperienziali, quelli metafisici e quelli fideistici. Cordiali saluti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 15 Giugno 2018, 14:58:53 PM
Citazione di: davintro il 14 Giugno 2018, 22:16:26 PM
esiste un piano per così dire "idealistico" in cui la coincidenza tra "assoluto" e "totalità" appare legittima, ed è quello per il quale la caratteristica definitoria del concetto di "assoluto", cioè l'indipendenza, l' essere "sciolto da legami" ben si può attribuire alla "totalità, cioè a ciò che tutto comprende in sé, e oltre il quale c'è il Nulla, dunque nulla di reale che possa influenzare e condizionare la natura di tale totalità.


A parer mio, sì, da un certo punto di vista idealistico totalità ed assoluto possono coincidere; ma appunto proprio perchè,
da un punto di vista idealistico (letteralmente inteso, cioè inteso come "Idealismo tedesco"), la totalità come coincidenza
e, diciamo, "somma" del reale e del razionale è pensata come in-finita ed assoluta.
Naturalmente, per correnti di pensiero diverse dall'Idealismo le cose non stanno in questo modo (ad esempio per Kant la
"totalità" riguarda il solo aspetto quantitativo, cioè delle "cose"), e totalità ed assoluto/infinito divergono.
Dunque, l'identificazone totalità-assoluto non tanto "andrebbe" superata, ma è di fatto già superata nel considerarla
patrimonio esclusivo dell'Idealismo o di modelli ontologici e metafisici di tipo panteista, come ben dici.
Naturalmente concordo su questi concetti come pensabili (ed "esistenti") solo concettualmente, come ben dice anche Paul11.
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 15 Giugno 2018, 15:35:19 PM
Citazione di: viator il 14 Giugno 2018, 22:06:24 PM
Salve Oxdeadbeef. Ho letto il tuo ultimo intervento. Alla fine, ancora una volta, ho sperimentato la conferma della mia convinzione interiore di essere un privilegiato. Il mio privilegio consiste nel non aver mai letto di filosofia canonica e quindi dall'aver potuto mantenere una certa qual "verginità" intellettuale che si può anche chiamare ignoranza. Due o tre testi canonici di filosofia moderna mi caddero invero tra le mani (in realtà li cercai deliberatamente), ma li richiusi dopo un paio di pagine, completamente sconvolto dalla loro incomprensibile pallosità autoreferenziale che trovavo aggiungesse solo nebbia all'essenziale.

Cosa per me siano i concetti, le idee, l'essere, l'essenza, l'ente, l'entità, l'esistere, l'insistere, il consistere, il sussistere, il persistere, l'Assoluto, il relativo, il Tutto, la totalità e qualche altra cosa ancora mi è successo di accennarlo qua e la all'interno dei miei ormai non pochi interventi. Ovvio che si tratti della mia personale e limitata visione delle cose. Ovvio che la Verità non solo non sappiamo dove stia ma addirittura non possiamo sapere se sia. L'importante non è conoscere la Verità. L'importante è riuscire a costruire una visione del mondo che ci permetta di vivere in pace con esso.





Quindi ben per te che ci vivi in pace, no?
Affermi però che non è importante conoscere la verità. Presumo però, da quanto scrivi, tu la conosca già, visto che sembri
avere convinzioni piuttosto ferrate circa un rigido determinismo causa/effetto che regge (reggerebbe) tutta la realtà.
O almeno questo è quel che a me sembra leggendo certe tue considerazioni/domande sull'"essere" (ma può darsi io non ci abbia
capito niente).
Solo un paio di domande/considerazioni anch'io. Visto che affermi di non aver letto di filosofia, sei consapevole che la
scienza nasce proprio dalla filosofia (in particolare la concezione di causa/effetto da Aristotele, il filosofo della
"sostanza" eterna ed immutabile)?
Come ti poni davanti al principio di indeterminazione di Heisemberg e più in generale davanti alla fisica contemporanea
che proprio il rigido determinismo del passato ha confutato definitivamente?
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Sariputra il 15 Giugno 2018, 16:15:51 PM
Rieccomi a voi al mutar della marea (cit. Tolkien)
Pur essendo parecchio 'svuotato' d'intenti e di energie, volando tristemente rasoterra, e ammirando da lontano le aquile in volo sopra le cime...non resisto a buttar giù due righe su un tema, un classico direi del forum, che ci ha visto spesso protagonisti di accese discussioni, senza mai giunger a risoluzione.
Premettendo, come al solito, che non son filosofo (desiderei tanto esserlo veramente, ma la mia pigrizia lo ha sempre temuto in verità...ravvisando forse un pericolo ad un certo grado di selvaggia libertà) voglio introdurre una concezione di assoluto 'capovolta', si può dire.
Noi solitamente, istintivamente direi, ci formiamo un'idea d'assoluto come 'pienezza', come qualcosa di 'grande' che contiene qualcosa di 'piccolo', cioè di relativo, di dipendente.
Ma esiste un'altra visione dell'assoluto: l'assoluto come assoluto vuoto. Qui troviamo un vuoto ( vacuità) che è essenzialmente uno spazio illimitato, uno spazio che concede potenziale, possibilità al venire ad esistere di ciò che noi , con una definizione, chiamiamo relativo.  Ciò che è (relativo) esiste in quanto vuoto.
Siamo tormentati da un'idea di vuoto come qualcosa di negativo. Infatti, quando pensiamo a qualcosa di assoluto, tendiamo sempre a riempire quest'idea ( e non potrebbe essere diversamente...) di proprietà e di attributi. Arriviamo a dargli un nome o ad identificarla con qualcosa di "esistente", per esempio l'energia. La mente non trascende la sua limitata capacità e non vede dove essa stessa poggia/sta sospesa: il vuoto che permette il suo insorgere e svanire. Lo specchio non può riflettere se stesso...
Però il vuoto , lontano da ogni definizione di positivo o negativo,  permette al relativo ( che chiamo semplicemente ciò che è, e non vado più in là...) di dispiegarsi e nel suo dispiegarsi manifestare la sua esistenza come vacuità e nella vacuità; nel suo venire ad esistere in questo spazio illimitato, neutro ma fecondo.
Come può essere definito negativo un vuoto che dà pienezza e possibilità?
Come può essere definito positivo un vuoto che toglie e limita?
Assoluto e relativo formano una dualità illusoria: ciò che è non può che essere nel vuoto e il vuoto non può che manifestare ciò che è. 
La nostra natura relativa è quindi la natura stessa dell'assoluto. Di più, partecipando della natura dell'assoluto, la nostra natura relativa è la stessa natura di ogni altro essere.
Questa è una grande potenza, grande perché illimitato è questo vuoto, che genera anche una grande compassione. Si può dare il nome di Dio a questa grande compassione generata dalla potenzialità del vuoto, non è così importante ( ma può essere utile e di conforto per molti...) se si realizza questa reciproca compenetrazione di vacuità e d'esistenza...
Questa compenetrazione impedisce che il Reale  possa essere appreso tramite la Ragione, in quanto non può venir categorizzato e reso relativo. La Ragione si potrebbe definire come falsificatrice del Reale. Il Reale è qualcosa in sè, auto-evidente...
La Ragione, che capisce le cose attraverso la distinzione e la relazione è un principio di falsità, perché distorce e nasconde la vacuità del Reale.
Questo assoluto vuoto illimitato, non essendo condizionato da alcuna distinzione e relazione, è reale in quanto incondizionato e non può essere concepito con definizioni come esistenza, non esistenza o entrambi...
Lascio perdere la riflessione Madhyamika per cui  proprio la scomparsa  effettiva e completa del pensiero è l'intuizione del reale, intuizione che non sorge da nessun luogo ma che, come la vacuità, è sempre presente, perché ci trascinerebbe in territori "mistici" ... e so  che possono creare 'reazioni allergiche' a molti...  ;)
L'assoluto non è quindi una realtà posta contro un'altra, l'empirico. Questo assoluto, quando lo 'vediamo' attraverso le forme del pensiero è fenomeno.
Il fenomeno, liberato, spogliato direi, dalle forme di pensiero sovraimposte è l'Assoluto.
Per questo nella filosofia hindu si parla di samsara o samvrta, letteralmente 'coperto' ( ...dal pensiero).
Mò ve asso... :)
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 15 Giugno 2018, 17:26:47 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Giugno 2018, 17:34:52 PM


La risposta che personalmente mi dò è che l'oggetto di qualsiasi risposta "esiste" solo all'interno di una certa pratica
discorsiva, di una certa catena segnica.
Da questo punto di vista l'assoluto "esiste" anche laddove è negato; come negativo del termine "relativo". "Esiste", certo,
non di una esistenza, come dire, "spaziale"; esiste come concetto; ma chi l'ha detto che i concetti, le idee, non esistono?
E allora ancora: che vuol dire "esistere"?

saluti

Beh, però c' é una bella differenza fra l' esistere (o accadere, checché ne pensi Severino...) come ente o evento reale (anche indipendentemente dall' essere eventualmente pure la denotazione o estensione di un concetto reale -quest' ultimo- unicamente in quanto pensato da una parte e, dall' altra parte esistere o accadere realmente unicamente in quanto connotazione o intensione di un concetto (sia pure reale, ma solo in quanto tale, solo come "contenuto di pensiero") senza alcuna denotazione o estensione reale (realmente esistente/accadente indipendentemente dal reale esistere/accadere o meno anche di tale mero concetto ovvero "contenuto di pensiero").
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 15 Giugno 2018, 17:44:03 PM
Citazione di: viator il 14 Giugno 2018, 22:06:24 PM

Se poi qualcuno obietterà che l'essere non è entità e concetto esclusivamente energetico, lo invito a citarmi un qualsiasi fenomeno o condizione che può "essere" anche in assenza di energia. (le sedie son fatte di atomi animati da forsennata energia interna....i concetti non si generano senza energia elettrochimica neuronale né si trasmettono senza energie di altro genere).

A questo punto non chiedo se vi sono obiezioni, ma vi invito a manifestarle tutte.

Visto come è facile delirare per i poveri ignoranti come me ? Salutoni a tutti.

I concetti (ma anche le cose materiali) facenti parte di una determinata esperienza fenomenica cosciente non accadono "senza energia elettrochimica neuronale" (se é vera la conoscenza scientifica; cosa che credo senza che sia dimostrabile: Hume), ma non sono costituiti da "energia elettrochimica neuronale" (che due cose non possano non essere/accadere realmente l' una senza che sia accada l' altra non significa necessariamente che siano la stessa cosa: anche il polo negativo di un magnete non può esistere -secondo le conoscenze scientifiche al loro attuale "stato dell' arte; cioé per quanto é scientificamente consentito dirne- senza che esista il polo positivo e viceversa, e tuttavia non sono affatto "la stessa cosa").

I determinati eventi "tipo energia elettrochimica neuronale" che inevitabilmente accadono in un cervello (appartenente all' esperienza cosciente* degli osservatori di tale cervello) ogniqualvolta il "titolare di tale cervello (osservato)" vive una determinata esperienza cosciente** (altra, ben diversa da quelle* dei suoi osservatori) non sono affatto identici a (non si identificano affatto con, non sono affatto le stesse, medesime cose di) tale determinata esperienza cosciente**, bensì sono "ben altre cose", nello spesso modo in cui il polo posotivo di un megnete non può esistere senza il polo negativo e viceversa ma non per questo sono affatto le "stesse, medesime cose".
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 15 Giugno 2018, 18:07:35 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Giugno 2018, 15:35:19 PM


Come ti poni davanti al principio di indeterminazione di Heisemberg e più in generale davanti alla fisica contemporanea
che proprio il rigido determinismo del passato ha confutato definitivamente?
saluti

Dissento totalmente.

A (pretendere di) aver "superato definitivamente il rigido determinismo del passato" é solo l' interpretazione filosofica, che personalmente denomino "conformistica", "di Copenhagen - Gottinga", dell' indeterminismo quantistico, "bulgaricamente prevalente" fra gli "addetti ai lavori" (i ricercatori scientifici; che a mio parere generalmente non brillano certo per "acume filosofico" e men che meno per preparazione filosofica: per dirlo volgarmente, non di rado sparano delle gran cazzate filosofiche).
Ma esiste anche (oltre ad altre ancora) per lo meno un' interpretazione, che personalmente ritengo razionalistica al contrario di quella conformistica, di Bohm (da lui formulata "sulla scia di" e in ottimo accordo con quanto sostenevano scienziati come Einstein, Schroedinger e de Broglie, il contributo dei quali alla meccanica quantistica non é certamente da meno di quelli di Bohr ed Heisenberg), perfettamente compatibile con le osservazioni empiriche (almeno altrettanto di quella "bulgaricamente" prevalente fra gli addetti ai lavori) e pure perfettamente compatibile con un "rigido determinismo" (del presente e mio parere del futuro, oltre che di un glorioso passato).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 15 Giugno 2018, 20:01:53 PM
Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 18:07:35 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Giugno 2018, 15:35:19 PM


Come ti poni davanti al principio di indeterminazione di Heisemberg e più in generale davanti alla fisica contemporanea
che proprio il rigido determinismo del passato ha confutato definitivamente?
saluti

Dissento totalmente.

A (pretendere di) aver "superato definitivamente il rigido determinismo del passato" é solo l' interpretazione filosofica, che personalmente denomino "conformistica", "di Copenhagen - Gottinga", dell' indeterminismo quantistico, "bulgaricamente prevalente" fra gli "addetti ai lavori" (i ricercatori scientifici; che a mio parere generalmente non brillano certo per "acume filosofico" e men che meno per preparazione filosofica: per dirlo volgarmente, non di rado sparano delle gran cazzate filosofiche).




Non conosco in maniera sufficiente le tesi degli scienziati-pensatori che citi, quindi non mi azzardo ad esprimere un
parere dettagliato in merito.
Mi limito ad osservare però che un conto è parlare di "compatibilità con le osservazioni empiriche" (ci mancherebbe
solo che la scienza perdesse di vista l'empiria...), un altro è parlare di compatibilità con un determinismo rigido.
Il determinismo, ove "rigido", contempla una esatta prevedibilità degli eventi, in quanto la causalità è ritenuta
universalmente valida ed indipendente dalle condizioni di osservazione.
Mi sembra (ma, ripeto, non conosco a sufficienza l'argomento) che la scienza moderna vada orientandosi verso un
modello cosiddetto a "connessione condizionale" (dunque non più la causalità necessaria), in cui la previsione
è probabile (dunque non più infallibile).
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 15 Giugno 2018, 22:39:33 PM
Salve Paul11 (tuo intervento nr.41) :
Comunque voglio farti i miei complimenti per l'interesse dei quesiti che mi hai sottoposto. Purtroppo i pensieri sono tanti ma il tempo e lo spazio da dedicar lo sono sempre limitati. Stammi bene.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 15 Giugno 2018, 23:54:47 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Giugno 2018, 17:34:52 PM
Mi sembra francamente superfluo ribadire che "dietro" quegli articoli ci deve essere un sostantivo; sostantivo di cui
quello "sciolto"; quel "senza vincoli" rappresentano l'aggettivazione.
Sostantivare: questo è forse il passaggio cruciale che, se dato per valido ed implicito, ha ripercussioni profondissime sullo sviluppo del pensiero che ci si fonda; ma se non lo mettiamo in discussione, non conosceremo chiaramente i fondamenti del discorso in questione (quello su "l'assoluto" che non è più descrittivo, come un aggettivo, ma viene, appunto, sostantivato).
Sostantivare significa relazionare una parola ad un referente semiotico o, in sua assenza, crearlo (concettualmente); la differenza fra queste due relazioni non è da sottovalutare. C'è "assoluto" aggettivo e ci sono i sostantivi "l'assolutezza" e "l'assoluto", la prima è una caratteristica di qualcosa, il secondo è qualcosa (o meglio, sembrerebbe esserlo se ci fidiamo della morfologia). Come dire: c'è "conveniente" come aggettivo, c'è "la convenienza" e "il conveniente".
Secondo me, siamo immersi in quel gioco delle astrazioni e delle dinamiche linguistiche a cui, retroattivamente, cerchiamo di far corrispondere il reale (e non viceversa); si tratta di chiederci se creiamo più il linguaggio sulla realtà o più la realtà (concettuale) sul linguaggio (per questo parlavo di sublimazione per "via negativa" e di esistenza solamente astratta dell'assoluto).


Citazione di: viator il 14 Giugno 2018, 22:06:24 PM
A questo punto non chiedo se vi sono obiezioni, ma vi invito a manifestarle tutte.
Non oppongo obiezioni dirette alle tue definizioni, piuttosto propongo un metodo (che già conoscerai) per (auto)collaudarle: formula una frase semplice con uno di quei termini, e poi sostituisci al termine la definizione; se la frase diventa più chiara dopo la sostituzione, o resta almeno comprensibile (mettendoti nei panni di chi non sa già il senso della parola), allora è una buona definizione...
buon collaudo!


Citazione di: green demetr il 14 Giugno 2018, 22:05:51 PM
se non addottiamo punti di vista, come punti di vista sul MONDO...io non so minimamente come  possiamo procedere nel dialogo
Proprio la possibilità di punti di vista sul mondo che non parlino (solo) il linguaggio della metafisica è la prospettiva che tratteggiavo (e non certo di mia invenzione). Se poi ogni astrazione è in quanto tale meta-fisica, allora non parliamo più da filosofi (la "storia della metafisica" diverrebbe la "storia delle astrazioni"! ;D ).


Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PM
Riassumo i miei dissensi da PHIL

Malgrado ripetuti "riconoscimenti" e "omaggi" formali alla filosofia, mi sembra che tu non le riconosca in realtà una funzione, un' attualità e un' utilità e teorica effettiva, abbracciando a mio parere una visione positivistica e scientistica secondo la quale soltanto le scienze naturali (almeno oggi, dopo le rivoluzioni scientifiche degli ultimi secoli) sarebbero fonte di autentica conoscenza, mentre la filosofia e soprattutto la metafisica sarebbero solo chiacchiere vuote di autentico contenuto conoscitivo.
Dipende, pensiamo che la filosofia sia solo la metafisica? Tuttavia (il '900 docet), non sono né il primo né l'unico che si è orientato a pensarla anche diversamente... che l'indagare filosofico non sia quello scientifico è lapalissiano; il voler fare una gerarchia fra i due è invece un'ostinazione del pensiero metafisico (personalmente, essendone ai margini, se non fuori, mi interessa cogliere le differenze e le possibilità di collaborazione, piuttosto di scegliere uno schieramento, in un aut-aut dal retrogusto medioevale).

Provo a scendere nello specifico della tua diffidenza:
Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PM
Malgrado ripetuti "riconoscimenti" e "omaggi" formali alla filosofia, mi sembra che tu non le riconosca in realtà una funzione
Citazione di: Phil il 14 Giugno 2018, 16:17:59 PM
finché ci saranno uomini, sarà inevitabile che alcuni si faranno domande "più grandi di loro" (sul come compiere scelte e come interpretare il mondo), a cui magari la loro scienza non saprà dare al momento una risposta, ma le loro filosofie, invece, anche troppe  ;D

Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PM
un' attualità
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 22:29:00 PM
è chiaro che la filosofia in generale non vive di sola ontologia (né di sola metafisica), quindi anche limitando l'ontologia all'aspetto storico-antiquario, la filosofia ha inevitabilmente molto altro da dire di attuale (e una certa ricerca filosofica va infatti in quella futuribile direzione)
Citazione di: Phil il 14 Giugno 2018, 16:17:59 PM
Il vantaggio odierno, il "plus-valore" rispetto ai tempi della Stoà, è che la filosofia può essere anche altro (in modo diverso) senza smettere di essere ancora la cara vecchia metafisica [...] ma il fatto che possa essere anche altro (di non-metafisico), è una risorsa, secondo me, da non sottovalutare, e che consente anche di guardare alla filosofia come qualcosa di vivo

Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PM
un' utilità
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PMcome se non fosse una parimenti nobile (ed imperitura) "mission" quella di dare (non trovare) un senso all'esistere, alla relazione uomo/uomo e uomo/mondo, etc.
Se ti fidi di me (ma non è obbligatorio ;) ), ti dichiaro che non è certo per vuota retorica che, sulla filosofia (non sulla metafisica!) ho scritto queste cose.

Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PM
abbracciando a mio parere una visione positivistica e scientistica secondo la quale soltanto le scienze naturali (almeno oggi, dopo le rivoluzioni scientifiche degli ultimi secoli) sarebbero fonte di autentica conoscenza
Ovviamente, dipende di quale "autentica conoscenza" parliamo: la filosofia attuale non fa scoperte (sbaglio?), piuttosto conferisce senso; studia l'agire umano (è una scienza sociale) edificandone una conoscenza dinamica come è dinamica la società.
Se per conoscenza autentica intendi la conoscenza della cause prime, dei misteri della vita, e della Verità, allora puoi rivolgerti (non certo a me ;D ) a quel ricolmo ramo della filosofia detto metafisica (dalla cui linfa è nata, non a caso, la teologia).



@Sariputra
Nell'epoca del (presunto) tramonto filosofico dell'occidente, un po' di brezza dal sol levante è una boccata d'aria da accogliere con un respiro profondo  :)
Citazione di: Sariputra il 15 Giugno 2018, 16:15:51 PM
Ma esiste un'altra visione dell'assoluto: l'assoluto come assoluto vuoto.
Osserverei che, pieno o vuoto che sia, l'assoluto è spesso un'esigenza di pensiero: l'esigenza del confine, del sapere che c'è un punto fisso e invalicabile. Che si tratti della materia, di una divinità, di un indicibile substrato dell'esistenza, abbiamo bisogno di postulare e di credere in qualcosa che ci sopravviva e ci contenga, qualcosa per cui siamo insignificanti perchè esso è il significato stesso. Provare a non sentire, decostruendola, questa esigenza, è provare a pensare senza assoluti... un tentativo di vagabondaggio filosofico senza chiedersi qual'è la frontiera che non si può valicare (anche perchè le frontiere sono sempre convenzioni e l'assoluto, nel proliferare di definizioni e interpretazioni, come dimostra questo stesso topic, si conferma sempre più tale...).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 16 Giugno 2018, 00:18:14 AM
Salve. Per Oxdeadbeef :
Io non trovo alcuna contraddizione tra determinismo ed indeterminazione. Il determinismo implica che esistano relazioni ferree tra cause ed effetti, non il fatto che noi le si conosca tutte ! .L'indeterminazione dimostra solamente appunto ciò. L'indeterminazione  filosofica in via intuitiva, quella matematica in via logico-formale.
La scienza, contemporanea o meno, non sfugge alla verità assoluta che ho citato in inizio. La scienza è la struttura che ha il compito di tradurre in effetti pratici CONVENZIONALMENTE PREVEDIBILI le elucubrazioni filosofiche dopo che queste ultime siano state formalizzate, canonizzate dal linguaggio matematico. Un passaggio intermedio di tale processo sono appunto le ipotesi, le teorie. Per quel che mi risulta relatività, quantica, evoluzionismo, psicanalisi, sono tuttora quasi completamente solo ancora teorie.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 16 Giugno 2018, 01:43:12 AM
Salve. Per Phil : Ragazzi!...quanto mi fate lavorare! Ma in fondo devo solo ringraziarvi.
Dunque Phil, il problema non è quello della maggiore o minore comprensibilità di una definizione o della sua spigazione. Per alcuni la parola "amore" dice tutto, mentre l'analisi del suo concetto risulterebbe incomprensibile. E' impossibile stabilire se la abbia maggior potere esplicativo una definizione od una spiegazione. Comunque voglio cercare di accontentarti :
Bene. Immagino i tuoi eventuali commenti. Ovviamente facile  il demolire e più difficile il costruire. Comunque considero il presente esercizio logico-dialettico come estortomi. Infatti non accetterò alcuna critica, diversamente da quanto riguarderà invece il testo del mio intervento originario. Salutoni.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 16 Giugno 2018, 12:08:56 PM
Salve. Per Sgiombo (risposta nr.49):" I concetti non consistono in energia neuronale etc.".
Sacrosanto. I concetti sono incorporei, astratti, immateriali, formali. Infatti essi consistono nella FORMA, cioè nella STRUTTURA assunta dalle relazioni energetiche (elettrochimiche) neuronali la quale FORMA permette lo svolgimento della loro FUNZIONE.

Gli edifici consistono in murature e le murature in mattoni. I mattoni possono esistere buonini buonini senza alcun concetto che si occupi di loro.

La realtà fisica di un edificio invece necessita, per determinarsi, che  mattoni e murature vengano disposti in una certa specifica relazione spaziale e funzionale. Esistono quindi i progetti mentali dei progettisti (CONCETTI), i fogli che descrivono in modo FORMALE tali progetti-concetti, la STRUTTURA materiale che permette di realizzare la FUNZIONE dell'edificio, IL CORPO dell'edificio che permettà di insediarvisi.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 16 Giugno 2018, 13:54:12 PM
Citazione di: viator il 16 Giugno 2018, 01:43:12 AM
Bene. Immagino i tuoi eventuali commenti. Ovviamente facile  il demolire e più difficile il costruire. Comunque considero il presente esercizio logico-dialettico come estortomi. Infatti non accetterò alcuna critica, diversamente da quanto riguarderà invece il testo del mio intervento originario. Salutoni.
(Forse hai già immaginato questo commento, quindi cercherò di essere breve :) ) Mi spiace che tu abbia percepito un intento malevolo nella mia proposta: non volevo "estorcerti" nulla, infatti non ti avevo nemmeno chiesto di "pubblicare" i risultati del tuo "collaudo"; era solo un amichevole suggerimento per il fai-da-te, in risposta alla tua aperta richiesta di obiezioni.
Non sono affatto qui per giocare a criticare gli sforzi di altri utenti (va bene che ognuno ha i suoi hobby, ma non mi pare che questo sia il mio...); non a caso, non ho criticato le tue definizioni e proprio il fatto che non ti abbia proposto esempi ad hoc in cui le tue definizioni falliscono, mi sembra un eloquente sintomo di non belligeranza  ;)
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:03:53 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Giugno 2018, 20:01:53 PM

Non conosco in maniera sufficiente le tesi degli scienziati-pensatori che citi, quindi non mi azzardo ad esprimere un
parere dettagliato in merito.
Mi limito ad osservare però che un conto è parlare di "compatibilità con le osservazioni empiriche" (ci mancherebbe
solo che la scienza perdesse di vista l'empiria...), un altro è parlare di compatibilità con un determinismo rigido.
Il determinismo, ove "rigido", contempla una esatta prevedibilità degli eventi, in quanto la causalità è ritenuta
universalmente valida ed indipendente dalle condizioni di osservazione.
Mi sembra (ma, ripeto, non conosco a sufficienza l'argomento) che la scienza moderna vada orientandosi verso un
modello cosiddetto a "connessione condizionale" (dunque non più la causalità necessaria), in cui la previsione
è probabile (dunque non più infallibile).
saluti
Citazione
Ma infatti ho affermato che l' interpretazione "a variabili nascoste" "a là Bohm" della MQ é perfettamente compatibile da una parte con le osservazioni scientifiche (poiché solo se -per assurdo, ammesso e non concesso- non la fosse il "rigido determinismo" sarebbe effettivamente "cosa del passato definitivamente superata dalla scienza"), e dall' altra per l' appunto con un "rigido determinismo" del presente, a mio parere con ogni verosimiglianza del futuro, oltre che di un glorioso passato.
"Rigido determinismo" da intendersi in senso ontologico - oggettivo, cioé come univocamente determinata (per l' appunto) possibilità di evoluzione del mondo naturale - materiale (che non esaurisce secondo me il "mondo in toto") e non necessariamente in modo gnoseologico (o epistemico) - soggettivo, cioé come prevedibilità (conoscibilità indiretta per calcolo o deduzione da osservazioni dirette) del mondo materiale - naturale stesso.

<<umodello cosiddetto a "connessione condizionale" (dunque non più la causalità necessaria), in cui la previsione è probabile (dunque non più infallibile)>> é infatti un "indeterminismo relativo, probabilistico-statistico gnoseologico soggettivo" perfettamente compatibile con un rigidissimo "determinismo ontologico - oggettivo" (oltre che ovviamente anche con un "indeterminismo relativo, probabilismo-statistico, ontologico oggettivo".

Ricambio cordialmente i saluti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
Citazione di: Phil il 15 Giugno 2018, 23:54:47 PM

Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PM
Riassumo i miei dissensi da PHIL

Malgrado ripetuti "riconoscimenti" e "omaggi" formali alla filosofia, mi sembra che tu non le riconosca in realtà una funzione, un' attualità e un' utilità e teorica effettiva, abbracciando a mio parere una visione positivistica e scientistica secondo la quale soltanto le scienze naturali (almeno oggi, dopo le rivoluzioni scientifiche degli ultimi secoli) sarebbero fonte di autentica conoscenza, mentre la filosofia e soprattutto la metafisica sarebbero solo chiacchiere vuote di autentico contenuto conoscitivo.
Dipende, pensiamo che la filosofia sia solo la metafisica? Tuttavia (il '900 docet), non sono né il primo né l'unico che si è orientato a pensarla anche diversamente... che l'indagare filosofico non sia quello scientifico è lapalissiano; il voler fare una gerarchia fra i due è invece un'ostinazione del pensiero metafisico (personalmente, essendone ai margini, se non fuori, mi interessa cogliere le differenze e le possibilità di collaborazione, piuttosto di scegliere uno schieramento, in un aut-aut dal retrogusto medioevale).
CitazioneAnche che la filosofia non sia solo metafisica é lapalissiano.
Infatti non l' ho mai negato, mentre mi sono sempre limitato ad affermare (ed argomentare) che secondo me una filosofia (e in particolare un' ontologia) che sia solo fisica - naturalistica e non anche "mentalistica", ed inoltre "metafisica" in senso stretto (cioé implicante realtà che stanno "oltre" le sensazioni fenomeniche materiali-naturali o "res extensa"; ma anche "oltre" quelle mentali o di pensiero o "res cogitans", altrettanto indubitabili per immediata constatazione empirica anche se non postulabili essere intersoggettive) é falsa.

Provo a scendere nello specifico della tua diffidenza:
Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PM
Malgrado ripetuti "riconoscimenti" e "omaggi" formali alla filosofia, mi sembra che tu non le riconosca in realtà una funzione
Citazione di: Phil il 14 Giugno 2018, 16:17:59 PM
finché ci saranno uomini, sarà inevitabile che alcuni si faranno domande "più grandi di loro" (sul come compiere scelte e come interpretare il mondo), a cui magari la loro scienza non saprà dare al momento una risposta, ma le loro filosofie, invece, anche troppe  ;D
CitazioneRisposta di Sgiombo:

Il mio dissenso riguarda proprio:

il preteso carattere "più grande di loro" (ovvero, mi sembra evidente, non razionalmente fondabile, fantasioso, illusorio) delle risposte (anche; non solo) metafisiche alle questioni ontologiche:

La possibilità della scienza di dare loro risposte prima o poi ("a cui magari la loro scienza non saprà dare al momento una risposta [evidenziazione in grassetto mia]");

la filosofia invece troppe (ovvero, mi pare altrettanto evidente, infondate, illusorie, false).
Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PM
un' attualità
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 22:29:00 PM
è chiaro che la filosofia in generale non vive di sola ontologia (né di sola metafisica), quindi anche limitando l'ontologia all'aspetto storico-antiquario, la filosofia ha inevitabilmente molto altro da dire di attuale (e una certa ricerca filosofica va infatti in quella futuribile direzione)
CitazioneRisposta di Sgiombo:
Non l' ho mai negato.
Mentre mi sono sempre limitato ad affermare (ed argomentare) che secondo me una filosofia (e in particolare un' ontologia) che sia solo fisica - naturalistica e non anche "mentalistica", ed inoltre "metafisica" in senso stretto é falsa.
Citazione di: Phil il 14 Giugno 2018, 16:17:59 PM
Il vantaggio odierno, il "plus-valore" rispetto ai tempi della Stoà, è che la filosofia può essere anche altro (in modo diverso) senza smettere di essere ancora la cara vecchia metafisica [...] ma il fatto che possa essere anche altro (di non-metafisico), è una risorsa, secondo me, da non sottovalutare, e che consente anche di guardare alla filosofia come qualcosa di vivo

Risposta di Sgiombo:
La é sempre stata (e non l' ho mai negato)


Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PMun' utilità
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2018, 18:07:31 PMcome se non fosse una parimenti nobile (ed imperitura) "mission" quella di dare (non trovare) un senso all'esistere, alla relazione uomo/uomo e uomo/mondo, etc.
Se ti fidi di me (ma non è obbligatorio ;) ), ti dichiaro che non è certo per vuota retorica che, sulla filosofia (non sulla metafisica!) ho scritto queste cose.
CitazioneRisposta di Sgiombo:
Ma ripeto che il mio dissenso riguarda l' ontologia, e il fatto che si possa ridurla al naturalismo, al mondo fenomenico materiale scientificamente indagabile e conoscibile.

Citazione di: sgiombo il 15 Giugno 2018, 12:30:36 PM
abbracciando a mio parere una visione positivistica e scientistica secondo la quale soltanto le scienze naturali (almeno oggi, dopo le rivoluzioni scientifiche degli ultimi secoli) sarebbero fonte di autentica conoscenza
Ovviamente, dipende di quale "autentica conoscenza" parliamo: la filosofia attuale non fa scoperte (sbaglio?), piuttosto conferisce senso; studia l'agire umano (è una scienza sociale) edificandone una conoscenza dinamica come è dinamica la società.
Se per conoscenza autentica intendi la conoscenza della cause prime, dei misteri della vita, e della Verità, allora puoi rivolgerti (non certo a me ;D ) a quel ricolmo ramo della filosofia detto metafisica (dalla cui linfa è nata, non a caso, la teologia).

CitazioneLa filosofia attuale non fa scoperte scientifiche, ovviamente, ma sviluppa (anche: c' é filosofia e filosofia, e quella di Severino, per esempio, l' ho sempre sommamente disprezzata...)  una critica razionale della conoscenze -tutte, anche scientifiche- e una ricerca ontologica generale (che nelle sue espressioni a mio parere migliori -non quelle scientistiche - positivistiche- non ignora o men che meno nega erroneamente componenti non materiali - naturali della realtà).

Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 16 Giugno 2018, 15:11:35 PM
Citazione di: viator il 16 Giugno 2018, 12:08:56 PM
Salve. Per Sgiombo (risposta nr.49):" I concetti non consistono in energia neuronale etc.".
Sacrosanto. I concetti sono incorporei, astratti, immateriali, formali. Infatti essi consistono nella FORMA, cioè nella STRUTTURA assunta dalle relazioni energetiche (elettrochimiche) neuronali la quale FORMA permette lo svolgimento della loro FUNZIONE.
CitazioneNo, scusa, la "forma ovvero la struttura assunta dalle relazioni energetiche (elettrochimiche) neuronali , la quale forma permette lo svolgimento della loro funzione non é affatto costituita da - identica a l' esperienza cosciente** ai fenomeni neurologici accadenti un un determinato cervello nell' ambito di altre da essa diverse esperienze coscienti* (per esempio coloratissimi arcobaleni, più o meno forti sentimenti, ragionamenti più o meno rigorosi e logicamente corretti, ecc.), ma invece é costituita da potenziali d' azione lungo assoni, eccitazioni e/o inibizioni trans-sinaptiche, ecc. accadenti nell' ambito di quella "roba" roseo-grigiastra umida, molliccia, gommosa-viscida che é un cervello in attività: "cose" completamente diverse!

Gli edifici consistono in murature e le murature in mattoni. I mattoni possono esistere buonini buonini senza alcun concetto che si occupi di loro.
CitazioneMai negato (ma non vedo che ci azzecchI).

La realtà fisica di un edificio invece necessita, per determinarsi, che  mattoni e murature vengano disposti in una certa specifica relazione spaziale e funzionale. Esistono quindi i progetti mentali dei progettisti (CONCETTI), i fogli che descrivono in modo FORMALE tali progetti-concetti, la STRUTTURA materiale che permette di realizzare la FUNZIONE dell'edificio, IL CORPO dell'edificio che permettà di insediarvisi.
CitazioneMa quale mai conseguenza logica ("quindi" ) ? ? ?

Qui stai confondendo varie cose ben diverse.
Da un lato la realtà delle strutture fisiche più complesse e delle strutture biologiche (a strutture fisiche particolarmente complesse perfettamente riducibili), e dall' altro la conoscenza (= il pensiero, i concetti che le descrivono, che le predicano essere/accadere correttamente, conformemente alla loro realtà) di tali strutture fisiche complesse e/o biologiche (a strutture fisiche particolarmente complesse perfettamente riducibili).
E inoltre da un lato gli artefatti umani (materiali) intenzionali e le intenzionalità che li producono e dall' altro il mondo materiale-naturale non frutto di progettazione cosciente e finalizzata.

Quella dei rapporti (di necessaria coesistenza/coevoluzione ma non di identità; se, come credo anche se é indimostrabile, la conoscenza scientifica e in particolare neurologica é vera) fra esperienze coscienti** e cervelli (esistenti-divenienti, funzionanti nell' ambito di altre, diverse esperienze coscienti* é tutt' altra questione.
E' sbagliato cercare le coscienze** nei cervelli, dal momento che nei cervelli ci sono solo neuroni, assoni, sinapsi, potenziali d' azione (costituiti da particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.) e non affatto esperienze coscienti**, mentre invece sono proprio i cervelli a trovarsi nelle coscienze* (di chi li osserva).
Finchè non si compirà questa autentica rivoluzione copernicana non si potrà mai risolvere la questione!
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 16 Giugno 2018, 15:27:20 PM
Salve. Per Phil: Ma per carità! Con il termine "estorto" intendevo il fatto che dall'interno del tuo ragionare mi sembrava emergere una intenzione estorsiva di taglio ed intenzione puramente INTELLETTUALE !!. Comunque ti assicuro di essere un tipo per nulla permaloso. Salutoni.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 16 Giugno 2018, 16:45:19 PM
Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
Anche che la filosofia non sia solo metafisica é lapalissiano.
eppure subito dopo affermi
Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
secondo me una filosofia [...] che sia solo fisica - naturalistica e non anche [...] "metafisica" in senso stretto [...] é falsa.
Ovvero "la filosofia non è solo metafisica, ma se non è metafisica è falsa"; dove per metafisica in senso stretto intendi
Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
implicante realtà che stanno [... ]anche "oltre" quelle mentali o di pensiero o "res cogitans", altrettanto indubitabili
il che è una posizione legittima filosoficamente, seppure (sembrerebbe) ancora interna alla corrispondenza "filosofia autentica = metafisica", che è quello di cui dubitavo; sempre ribadendo che
Citazione di: Phil il 15 Giugno 2018, 23:54:47 PM
Se poi ogni astrazione è in quanto tale meta-fisica, allora non parliamo più da filosofi (la "storia della metafisica" diverrebbe la "storia delle astrazioni"! ;D )
Il tuo approccio, da un lato, applica alla filosofia i criteri vero/falso (ho già espresso le mie personali perplessità in merito), dall'altro, è confutata dalla storia attuale della filosofia, che (se ci fidiamo dei libri di storia della filosofia) è "autentica" pur essendo non metafisica (il che non significa che la filosofia non possa più essere metafisica, ma, ripeto, che può avere anche un altro approccio).

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
Il mio dissenso riguarda proprio:

il preteso carattere "più grande di loro" (ovvero, mi sembra evidente, non razionalmente fondabile, fantasioso, illusorio)
L'evidenza inganna  ;D  per domande "più grandi di loro" intendo solo domande "irrisolvibili", "aperte", "abissali", "senza fondo", etc. : ad esempio, chiedersi se c'è qualcosa dopo la morte o quale sia la fonte (o il senso) delle vita, sono domande filosofiche ricorrenti, ma decisamente, per adesso, "più grandi di noi" (e anche più grandi di ogni scienza attualmente disponibile, direi).
Che poi qualcuno possa trovarle insensate è un altro discorso, ma questo qualcuno non è certo l'incarnazione della filosofia: o si parla della filosofia "in generale" o del "secondo me" (e qui parlo della "filosofia in generale secondo me" non della mia filosofia). Ad esempio, se affermo che la teologia è un ramo della filosofia e poi sostengo che secondo me è filosoficamente priva di senso, non c'è contraddizione; prendo solo atto dell'esistenza di un paradigma che, di fatto, non condivido, ma non posso destituire il suo essere, di diritto, comunque un paradigma filosofico.

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
La possibilità della scienza di dare loro risposte prima o poi ("a cui magari la loro scienza non saprà dare al momento una risposta [evidenziazione in grassetto mia]");

la filosofia invece troppe (ovvero, mi pare altrettanto evidente, infondate, illusorie, false).
L'evidenza inganna ancora  ;)   Quando parlo di "troppe risposte" non intendo affatto "false, infondate, illusorie", ma alludo ad una visione pluralista, relativista, postmoderna, delle questioni filosofiche.
Pensando in modo poco metafisico, o addirittura post-metafisico, risulta piuttosto conseguenziale: mentre per la metafisica (in ciò affine alla scienza) c'è solo una risposta giusta (2+2=4; l'Essere è eterno; etc.), per una certa filosofia debole, più risposte possono coesistere (proprio come possono coesistere più correnti artistiche... e ribadisco che, per me e per il postmoderno in genere, il binomio estetica-filosofia non è dispregiativo di nessuna delle due discipline).


Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 22:29:00 PM
è chiaro che la filosofia in generale non vive di sola ontologia (né di sola metafisica), quindi anche limitando l'ontologia all'aspetto storico-antiquario, la filosofia ha inevitabilmente molto altro da dire di attuale (e una certa ricerca filosofica va infatti in quella futuribile direzione)
Risposta di Sgiombo:
Non l' ho mai negato.
Hai negato che lo fosse per me, e ti ho mostrato che avevi frainteso...

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
Citazione di: Phil il 14 Giugno 2018, 16:17:59 PM
Il vantaggio odierno, il "plus-valore" rispetto ai tempi della Stoà, è che la filosofia può essere anche altro (in modo diverso) senza smettere di essere ancora la cara vecchia metafisica [...] ma il fatto che possa essere anche altro (di non-metafisico), è una risorsa, secondo me, da non sottovalutare, e che consente anche di guardare alla filosofia come qualcosa di vivo

Risposta di Sgiombo:
La é sempre stata (e non l' ho mai negato)
Si, ma secondo te io lo negavo e mi sono autocitato per spiegarti che t'ingannavi anche qui... decidiamoci, parliamo di te o delle obiezioni che ti ho suscitato?  :)

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
una ricerca ontologica generale (che nelle sue espressioni a mio parere migliori -non quelle scientistiche - positivistiche- non ignora o men che meno nega erroneamente componenti non materiali - naturali della realtà).
Perdona l'ignoranza in materia, questa ricerca ontologica, non positivistica e non materiale, da quali filosofi o correnti filosofiche è portata avanti?
C'è davvero una ricerca ontologica filosofica che non sia subordinata, o solo una ripercussione della scienza o delle teorie linguistiche o delle scienze cognitive?
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 16 Giugno 2018, 19:23:46 PM
Citazione di: Phil il 16 Giugno 2018, 16:45:19 PM
Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
Anche che la filosofia non sia solo metafisica é lapalissiano.
eppure subito dopo affermi
Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
secondo me una filosofia [...] che sia solo fisica - naturalistica e non anche [...] "metafisica" in senso stretto [...] é falsa.
Ovvero "la filosofia non è solo metafisica, ma se non è metafisica è falsa"; dove per metafisica in senso stretto intendi

CitazioneCitazione da: sgiombo - Sat Jun 16 2018 14:36:28 GMT+0200 (ora legale Europa occidentale)
Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
implicante realtà che stanno [... ]anche "oltre" quelle mentali o di pensiero o "res cogitans", altrettanto indubitabili
il che è una posizione legittima filosoficamente, seppure (sembrerebbe) ancora interna alla corrispondenza "filosofia autentica = metafisica", che è quello di cui dubitavo; sempre ribadendo che
Citazione di: Phil il 15 Giugno 2018, 23:54:47 PM
Se poi ogni astrazione è in quanto tale meta-fisica, allora non parliamo più da filosofi (la "storia della metafisica" diverrebbe la "storia delle astrazioni"! ;D )
Il tuo approccio, da un lato, applica alla filosofia i criteri vero/falso (ho già espresso le mie personali perplessità in merito), dall'altro, è confutata dalla storia attuale della filosofia, che (se ci fidiamo dei libri di storia della filosofia) è "autentica" pur essendo non metafisica (il che non significa che la filosofia non possa più essere metafisica, ma, ripeto, che può avere anche un altro approccio).
Citazione
CitazionePer la serie:

LA LOGICA, QUESTA SCONOSCIUTA ! ! !

Infatti che la filosofia non sia solo metafisica non implica affatto necessariamente che una filosofia (e in particolare una ontologia: pregasi non tagliare quanto scrivo in modo da stravolgerne completamente il senso!) che non implichi anche una metafisica sia vera.

E' lapalissiano che la filosofia non sia solo metafisica in quanto é anche, per esempio, gnoseologia. etica, estetica e tanto altro.
Il che non toglie che una ontologia (la quale é filosofia; ergo: una filosofia che tratti di ontologia) che neghi la metafisica é falsa (ovviamente secondo le mie convinzioni, più volte argomentate).


E ulteriormente illogico é pretendere, come fai tu, che sostenere, come faccio io, che una filosofia, e in particolare un' ontologia (= una filosofia in quanto si occupa, fra l' altro, non unicamente, di ontologia), che pretenda di ridurre la realtà in toto alla fisica negando la metafisica é falsa sia la stessa cosa che affermare che
"filosofia autentica = metafisica" (casomai filosofia -in quanto si occupa di ontologia- vera = anche, oltre alla fisica, metafisica):
Si tratta di due affermazioni completamente diverse  ! ! !


Le tue perplessità non destituiscono di fondamento i concetti di "vero" e di "falso" e inoltre la storia attuale della filosofia non mi confuta proprio per neiente.

Casomai confuta la deformazione caricaturale delle mie tesi falsamente  da te operata attribuendomi indebitamente la pretesa che la filosofia per essere "autentica" non debba non essere metafisica.
Per me se non é metafisica (anche; e non: solo) semplicemente é autentica filosofia (e non -che ne so? botanica, o numismatica, o poesia, ecc. inautenticamente fatta passare per filosofia) falsa.
Non ho infatti mai negato che le oggi largamente dominanti filosofie sceintistiche e positivistiche siano autentiche filosofie, bensì (tutt' altra cosa ! ! !) che sono (autentiche) filosofie vere.



Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
Il mio dissenso riguarda proprio:

il preteso carattere "più grande di loro" (ovvero, mi sembra evidente, non razionalmente fondabile, fantasioso, illusorio)
L'evidenza inganna  ;D  per domande "più grandi di loro" intendo solo domande "irrisolvibili", "aperte", "abissali", "senza fondo", etc. : ad esempio, chiedersi se c'è qualcosa dopo la morte o quale sia la fonte (o il senso) delle vita, sono domande filosofiche ricorrenti, ma decisamente, per adesso, "più grandi di noi" (e anche più grandi di ogni scienza attualmente disponibile, direi).
Che poi qualcuno possa trovarle insensate è un altro discorso, ma questo qualcuno non è certo l'incarnazione della filosofia: o si parla della filosofia "in generale" o del "secondo me" (e qui parlo della "filosofia in generale secondo me" non della mia filosofia). Ad esempio, se affermo che la teologia è un ramo della filosofia e poi sostengo che secondo me è filosoficamente priva di senso, non c'è contraddizione; prendo solo atto dell'esistenza di un paradigma che, di fatto, non condivido, ma non posso destituire il suo essere, di diritto, comunque un paradigma filosofico.
CitazioneMa chi ha mai parlato di domande come "se c'è qualcosa dopo la morte o quale sia la fonte (o il senso) delle vita" in questa discussione (per lo meno in questa discussione fra noi due)?

Io ho obiettato contro le tue tesi scientistiche e positivistiche sull' ontologia, e in particolare contro la pretesa, qui ribadita, che la questione dei rapporti coscienza - materia (cerebrale) sia risolvibile scientificamente e non invece filosoficamente.

E allora perché non applichi lo stesso ragionamento relativo a teologia (falsa, ma autentica filosofia) e filosofia secondo te, anche a filosofia (e in particolare ontologia) monistica materialistica (falsa ma autenticamente tale: filosofia a buon diritto) e filosofia vera (dunque chi non limita l' ontologia alla fisica) secondo me?

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
La possibilità della scienza di dare loro risposte prima o poi ("a cui magari la loro scienza non saprà dare al momento una risposta [evidenziazione in grassetto mia]");

la filosofia invece troppe (ovvero, mi pare altrettanto evidente, infondate, illusorie, false).
L'evidenza inganna ancora  ;)   Quando parlo di "troppe risposte" non intendo affatto "false, infondate, illusorie", ma alludo ad una visione pluralista, relativista, postmoderna, delle questioni filosofiche.
Pensando in modo poco metafisico, o addirittura post-metafisico, risulta piuttosto conseguenziale: mentre per la metafisica (in ciò affine alla scienza) c'è solo una risposta giusta (2+2=4; l'Essere è eterno; etc.), per una certa filosofia debole, più risposte possono coesistere (proprio come possono coesistere più correnti artistiche... e ribadisco che, per me e per il postmoderno in genere, il binomio estetica-filosofia non è dispregiativo di nessuna delle due discipline).
CitazioneNo, guada che 2 + 2 = 4 è la sola risposta giusta alla domanda "a che cosa é uguale 2 + 2 ? " per la matematica e per la logica, e non per la "metafisica" (a scanso di sofismi preciso che ciò, per la proprietà transitiva -se "4" = "2 al quadrato" e "2 + 2 = 4", allora anche "2 + 2" = "2 al quadrato", che é semplicemente un altro modo di dire "4", e "2 + 2"- implica ovviamente che 2 + 2 é anche = 8/2, 2 al quadrato e a un' infinità di altri modi per esprimere lo stesso numero "4"; ma non certo a 3, a 7, a 249 e a infiniti altri numeri diversi da "4").
Ma stavamo parlando di ontologia monistica materialistica (conoscibile unicamente da parte delle scienze naturali) oppure pluralistica (conoscibile dalla filosofia) o di "pensiero debole" e "postmoderno"?
No, perché a me sembrava "la prima che hai detto", mentre della "seconda" non mi ero proprio accorto.



Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 22:29:00 PM
è chiaro che la filosofia in generale non vive di sola ontologia (né di sola metafisica), quindi anche limitando l'ontologia all'aspetto storico-antiquario, la filosofia ha inevitabilmente molto altro da dire di attuale (e una certa ricerca filosofica va infatti in quella futuribile direzione)
Risposta di Sgiombo:
Non l' ho mai negato.
Hai negato che lo fosse per me, e ti ho mostrato che avevi frainteso...
CitazioneMa dove mai avrei negato "che lo fosse per te" ? ! ? ! ? !

Ho sempre e solo negato (mi pare proprio del tutto correttamente) che per te l' ontologia non fosse limitata alla fisica (alla materia) ma implicasse (come invece per me) anche la mente (alla materia in nessun modo riducibile, sopravveniente o da essa emergente) e il noumeno letteralmente "metafisico (= al di là del fisico; e pure del mentale: del fenomenico in generale).

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
Citazione di: Phil il 14 Giugno 2018, 16:17:59 PM
Il vantaggio odierno, il "plus-valore" rispetto ai tempi della Stoà, è che la filosofia può essere anche altro (in modo diverso) senza smettere di essere ancora la cara vecchia metafisica [...] ma il fatto che possa essere anche altro (di non-metafisico), è una risorsa, secondo me, da non sottovalutare, e che consente anche di guardare alla filosofia come qualcosa di vivo

Risposta di Sgiombo:
La é sempre stata (e non l' ho mai negato)
Si, ma secondo te io lo negavo e mi sono autocitato per spiegarti che t'ingannavi anche qui... decidiamoci, parliamo di te o delle obiezioni che ti ho suscitato?  :)
CitazioneBALLE ! ! !
Non ho mai affermati che lo negassi.
Decidiamoci, parliamo (anche per criticarlo, negarlo, eventualmente confutarlo) di quanto affermo veramente o di quanto tu falsamente pretendi di farmi affermare?

Citazione di: sgiombo il 16 Giugno 2018, 14:36:28 PM
una ricerca ontologica generale (che nelle sue espressioni a mio parere migliori -non quelle scientistiche - positivistiche- non ignora o men che meno nega erroneamente componenti non materiali - naturali della realtà).
Perdona l'ignoranza in materia, questa ricerca ontologica, non positivistica e non materiale, da quali filosofi o correnti filosofiche è portata avanti?
C'è davvero una ricerca ontologica filosofica che non sia subordinata, o solo una ripercussione della scienza o delle teorie linguistiche o delle scienze cognitive?
CitazioneDa non molti, nell' odierno panorama filosofico dominato da scientismo e positivismo.
Ma non credo proprio (per parte mia; tu non so...) che sia dirimente circa la correttezza e la verità in filosofia (e anche nella scienze naturali) il fatto di "essere portata avanti" dal mainstream (o meglio, in italiano: dall' andazzo) corrente.

Comunque esistono anche correnti che si riallacciano a Kant, a Spinoza, a Leibniz, perfino a Cartesio, e ad altre concezioni in varia misura metafisiche.

Una ricerca ontologica filosofica non deve assolutamente essere "subordinata alla", e men che meno essere "solo una ripercussione della" scienza o delle teorie linguistiche o delle scienze cognitive, che deve invece sottoporre a spietata critica razionale.
Quelle (numerose e largamente prevalenti) che lo fanno propongono (ovviamente a mio modesto parere) pretese ontologie errate e false.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 17 Giugno 2018, 00:13:06 AM
@sgiombo

Data l'ora e la mole di considerazioni, provo ad essere sintetico:

- per leggere te che mi imputi di non riconoscere alla filosofia "funzione, attualità e utilità"(cit.) puoi andare al messaggio numero 43.

- per ripassare le mie "tesi scientistiche e positivistiche"(cit.) posso andare al messaggio numero...?
Intendi quando ho parlato di distinzione fra scienza e ontologia, nel loro essere in conflitto nel medesimo campo di applicazione (quello dello studio dell'esistenza), quando ho affermato che la materia viene studiata meglio dalla scienza che dalla filosofia (è una tesi positivistica o un'ovvietà?), quando ho anche evidenziato (sin dall'inizio) il ruolo del linguaggio, delle semantiche, etc.?

- in questo topic, dove ho mai trattato "la questione dei rapporti coscienza - materia"(cit.) tramite la "pretesa che sia risolvibile scientificamente e non invece filosoficamente"? Non sono sicuro, magari sbaglio, di aver mai usato la parola "coscienza"...

- al messaggio numero 59 hai scritto che una filosofia (soprattutto un'ontologia) che non è anche metafisica, è per te falsa; ovvero, stando alla logica di quell'"anche", per essere vera, deve essere necessariamente metafisica, e poi magari altro (l'essere metafisica è come minimo condizione necessaria ma non sufficiente). Mi sono limitato a citarlo perché, correggimi se sbaglio, riconduce alla posizione per cui la filosofia autentica o vera è quella (come minimo) metafisica, per cui quella non metafisica (non avendo questa condizione posta da te come necessaria) è inautentica, falsa. 
Per te una filosofia "inautentica e falsa" è ancora filosofia? Mi era parso di capire di no, ma probabilmente mi sono sbagliato; in tal caso, equivoco chiarito!  :)

- sulla questione "filosofia vera" o "filosofia falsa", mi limito ad osservare che non ho voluto (eventualmente segnalamelo) "destituire i concetti di vero e falso"(cit.), ho solo dichiarato che non li applicherei alla filosofia (dove le pratiche della falsificazione e della verificazione, fino a prova contraria, sono piuttosto deboli... fermo restando che la coerenza logica e la verità sono ben differenti).

- sulla storia attuale della filosofia, sei ovviamente libero di interpretarla personalmente; non a caso, ho parlato di libri di storia della filosofia, che non sono testi sacri (è possibile anche non concordare).

- scrissi che per la metafisica, come per la scienza, c'è solo una risposta giusta... "2+2=4" era un esempio riferito alla scienza (matematica, ovviamente), mentre "l'Essere è eterno" era riferito alla metafisica.

- "la vita dopo la morte" e "il senso della vita" erano esempi di domande "più grandi di noi", per spiegarti cosa intendevo, ovvero non domande "fantasiose e illusorie" (come le avevi intese) bensì semplicemente senza risposta assoluta e univoca.

- la mia posizione si alimenta molto di postmoderno e pensiero debole (forse dovrei citarli di più?); se sfugge questo, risulto inevitabilmente "oscuro" quando parlo (spesso, qui) di post-metafisica e ontologia "in panne".

- sulle attuali correnti ontologiche (di quelle si parlava, e mi fido ciecamente quando dici che ci sono  ;) ) che si riallacciano "a Kant, a Spinoza, a Leibniz, perfino a Cartesio, e ad altre concezioni in varia misura metafisiche"(cit.) mi permetto di richiamare la già citata distinzione fra ricerca storiografica (suppongo ancora ben viva persino in teologia) e ricerca filosofica (la prima, storiografica. volta soprattutto, seppur non solo, al passato, l'altra soprattutto al futuro... d'altronde, quando si è di fronte a un vicolo cieco, ci si volta indietro, no?).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
Citazione di: Phil il 17 Giugno 2018, 00:13:06 AM
@sgiombo

Data l'ora e la mole di considerazioni, provo ad essere sintetico:

- per leggere te che mi imputi di non riconoscere alla filosofia "funzione, attualità e utilità"(cit.) puoi andare al messaggio numero 43.
CitazioneA questo proposito devo correggermi, precisando (anche se mi sembra evidente che si sarebbe potuto capirlo dal contesto della nostra discussione, non l' avevo esplicitato, cosa che faccio volentieri adesso) che in quell' intervento per "filosofia" non intendevo la filosofia in generale, ma in particolare l' ontologia (filosofica e ovviamente non scientifica, dato che le scienze naturali non si occupano della realtà in toto e in generale ma solo, in particolare, del suo ambito materiale naturale).


- per ripassare le mie "tesi scientistiche e positivistiche"(cit.) posso andare al messaggio numero...?
Intendi quando ho parlato di distinzione fra scienza e ontologia, nel loro essere in conflitto nel medesimo campo di applicazione (quello dello studio dell'esistenza), quando ho affermato che la materia viene studiata meglio dalla scienza che dalla filosofia (è una tesi positivistica o un'ovvietà?), quando ho anche evidenziato (sin dall'inizio) il ruolo del linguaggio, delle semantiche, etc.?
CitazioneEsatto:

Poiché (ovviamente secondo il mio modesto parere e contrariamente a positivismo e scientismo) l' esistenza (in assenza di aggettivi e altre precisazioni ciò significa "tutto ciò che esiste indiscriminatamente") non é limitata ai fenomeni materiali - naturali, implica per lo meno, per immediata evidenza empirica, i fenomeni mentali a quelli materiali non riducibili, sopravvenienti, né da essi emergenti in alcun senso, se non anche il noumeno, la materia* ontologica (lo studio della realtà in generale) non può essere correttamente studiata dalle scienze naturali ma invece dalla filosofia (ontologia filosofica).

Linguaggio, semantiche, ecc. che c' entrano con questo problema ? ? ?
__________________________
* Spero avrai la correttezza di non attaccarti sofisticamente all' ambiguità del termine "materia", dal momenti che stai parlando inequivocabilmente di "esistenza" senza alcun aggettivo o precisazione; anche perché che la materia nel senso dell' insieme dei (soli) "fenomeni materiali" (ai quali non é limitata la realtà in toto) debba essere conosciuta dalla scienza e non dalla filosofia non l' ho assolutamente mai negato (e qualche volta, in altre discussioni, inequivocabilmente affermato).

- in questo topic, dove ho mai trattato "la questione dei rapporti coscienza - materia"(cit.) tramite la "pretesa che sia risolvibile scientificamente e non invece filosoficamente"? Non sono sicuro, magari sbaglio, di aver mai usato la parola "coscienza"...
CitazioneCredo proprio che ti sbagli.

Infatti hai usato ripetutamente le parole "realtà" ed "esistenza" senza alcun aggettivo o altra precisazione.
E di ciò che realmente esiste fanno parte anche la mente e i pensieri.
Ed hai ripetutamente affermato che la realtà esistente (inequivocabilmente in generale, in toto, dato che non precisavi si trattasse solo del suo ambito materiale) oggi non può essere e di fatto non é oggetto indagine e di conoscenza (anche) metafisica, ma solo scientifica naturale.

- al messaggio numero 59 hai scritto che una filosofia (soprattutto un'ontologia) che non è anche metafisica, è per te falsa; ovvero, stando alla logica di quell'"anche", per essere vera, deve essere necessariamente metafisica, e poi magari altro (l'essere metafisica è come minimo condizione necessaria ma non sufficiente). Mi sono limitato a citarlo perché, correggimi se sbaglio, riconduce alla posizione per cui la filosofia autentica o vera è quella (come minimo) metafisica, per cui quella non metafisica (non avendo questa condizione posta da te come necessaria) è inautentica, falsa.
Per te una filosofia "inautentica e falsa" è ancora filosofia? Mi era parso di capire di no, ma probabilmente mi sono sbagliato; in tal caso, equivoco chiarito!  :)
CitazioneTi correggo eccome!
Infatti riconosce che l' ontologia vera (e non solo autentica) è quella (come minimo) metafisica, per cui quella non metafisica (non avendo questa condizione posta da me come necessaria) è falsa, e non affatto inautentica: ho ripetuto più volte che quelle scientiste e positivistiche sono filosofie (e in particolare ontologie) autentiche ma false (e inoltre che la filosofia in generale comprende molto altro, oltre all' ontologia).

- sulla questione "filosofia vera" o "filosofia falsa", mi limito ad osservare che non ho voluto (eventualmente segnalamelo) "destituire i concetti di vero e falso"(cit.), ho solo dichiarato che non li applicherei alla filosofia (dove le pratiche della falsificazione e della verificazione, fino a prova contraria, sono piuttosto deboli... fermo restando che la coerenza logica e la verità sono ben differenti).
CitazioneDunque li hai destituiti di validità per lo meno nelle questioni filosofiche.

Ma dove avrei mai negato che  la coerenza logica e la verità sono ben differenti ? ? ?

 - sulla storia attuale della filosofia, sei ovviamente libero di interpretarla personalmente; non a caso, ho parlato di libri di storia della filosofia, che non sono testi sacri (è possibile anche non concordare).
CitazioneI testi di Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant e di tanti altri metafisici più o meno "antichi" vengono tutt' ora pubblicati, studiati, criticati, e non certo solamente da parte di cultori della storia della filosofia e della cultura in generale.

- scrissi che per la metafisica, come per la scienza, c'è solo una risposta giusta... "2+2=4" era un esempio riferito alla scienza (matematica, ovviamente), mentre "l'Essere è eterno" era riferito alla metafisica.
CitazioneA parte il fatto che -ribadisco- ciò é per la matematica e la logica e non per la metafisica,  allora non vedo l' attinenza con ciò di cui si discute (fra noi due: oggi l' ontologia é stubiabile correttamente soltanto dalle scienze naturali oppure no?).

- "la vita dopo la morte" e "il senso della vita" erano esempi di domande "più grandi di noi", per spiegarti cosa intendevo, ovvero non domande "fantasiose e illusorie" (come le avevi intese) bensì semplicemente senza risposta assoluta e univoca.
CitazioneMa anche ontologie filosofiche più o meno metafisiche  possono benissimo arrivare alla conclusione che tali domande non abbiano risposta, e dunque non vedo il nesso con la questione che stiamo discutendo.

Peraltro, per quanto mi concerne, ritengo che quella del "senso della vita" sia proprio una domanda senza senso.

- la mia posizione si alimenta molto di postmoderno e pensiero debole (forse dovrei citarli di più?); se sfugge questo, risulto inevitabilmente "oscuro" quando parlo (spesso, qui) di post-metafisica e ontologia "in panne".
CitazioneD' accordo.
Non sei semplicemente uno scientista. Ne prendo atto (volentieri, per la cronaca).

E sempre per la cronaca mio confermo nella convinzione, già suggeritami da precedenti interventi nel forum di Angelo Cannata, che postmoderno, pensiero debole, relativismo ontologico ed epistemico tendono a sposarsi felicemente con lo scientismo, e con il monismo materialistico in ontologia.

- sulle attuali correnti ontologiche (di quelle si parlava, e mi fido ciecamente quando dici che ci sono  ;) ) che si riallacciano "a Kant, a Spinoza, a Leibniz, perfino a Cartesio, e ad altre concezioni in varia misura metafisiche"(cit.) mi permetto di richiamare la già citata distinzione fra ricerca storiografica (suppongo ancora ben viva persino in teologia) e ricerca filosofica (la prima, storiografica. volta soprattutto, seppur non solo, al passato, l'altra soprattutto al futuro... d'altronde, quando si è di fronte a un vicolo cieco, ci si volta indietro, no?).
CitazioneMi corre l' obbligo di tagliare - incollare:

I testi di Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant e di tanti altri metafisici più o meno "antichi" vengono tutt' ora pubblicati, studiati, criticati, e non certo solamente da parte di cultori della storia della filosofia e della cultura in generale.

E che 

non credo proprio (per parte mia; tu non so...) che sia dirimente circa la correttezza e la verità in filosofia (e anche nella scienze naturali) il fatto di "essere portata avanti" dal mainstream (o meglio, in italiano: dall' andazzo) corrente.


Altro che "vicolo cieco" ! ! !
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 17 Giugno 2018, 13:23:14 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
stai parlando inequivocabilmente di "esistenza" senza alcun aggettivo o precisazione [...] hai usato ripetutamente le parole "realtà" ed "esistenza" senza alcun aggettivo o altra precisazione. E di ciò che realmente esiste fanno parte anche la mente e i pensieri.
Hai perfettamente ragione, non ho precisato che riguardo alla attività della scienza mi riferivo solo alla realtà empirica; forse mi sembrava implicito, avendo già ripetuto più volte che la filosofia si occupa di concetti e astrazioni, per cui sul piano della "realtà concettuale" il ruolo della filosofia l'ho dato per scontato (ammetto sia stata una leggerezza), mentre sui misteri della res cogitans ho smorzato con:
Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 16:04:53 PM
Dubito [...] che la filosofia sia la disciplina più adatta a studiare la "res cogitans" [...] tuttavia non voglio deviare il discorso off topic.
al che tu hai risposto che la scienza è "la meno adatta" a farlo, ovvero (vado a memoria) la filosofia è più adatta. Vorrei chiederti qual'è il vantaggio della filosofia, quali strumenti filosofici la rendono più adatta delle scienze a studiare (non formulare mere ipotesi indimostrabili), la res cogitans... ma vige l'imperativo di non uscire off topic, quindi magari ne riparleremo altrove  :) 

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
Linguaggio, semantiche, ecc. che c' entrano con questo problema ? ? ?
C'entrano sempre: lo strumento che si usa per un indagine non è mai irrilevante, anzi, è sempre molto condizionante (in scienza, in filosofia, e in ogni analisi di ogni disciplina). Sorvolare sull'influenza dello strumento e sul suo ruolo "tecnico" (anche nel senso teoretico del termine) compromette il valore e il senso dei risultati (ad esempio, non riferito a te, si rischia di assolutizzarli).

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
Citazione- sulla questione "filosofia vera" o "filosofia falsa", mi limito ad osservare che non ho voluto (eventualmente segnalamelo) "destituire i concetti di vero e falso"(cit.), ho solo dichiarato che non li applicherei alla filosofia (dove le pratiche della falsificazione e della verificazione, fino a prova contraria, sono piuttosto deboli... fermo restando che la coerenza logica e la verità sono ben differenti).
Dunque li hai destituiti di validità per lo meno nelle questioni filosofiche.
All'interno delle questioni filosofiche il vero e il falso hanno la loro validità, quello che metto in dubbio è che una filosofia in toto possa essere vera o falsa: dire che "la filosofia dell'autore x è vera", o "una ontologia non metafisica è falsa", per me (ma non per tutti!), non ha senso, perché il vero e il falso non possono essere applicati ai criteri che li determinano (Godel docet).

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
Ma dove avrei mai negato che la coerenza logica e la verità sono ben differenti ? ? ?
Ho citato la coerenza logica non perché tu abbia affermato il contrario (quando faccio una precisazione in generale, per chiarire, mi imputi spesso di insinuare che tu abbia detto il contrario; come mai ti desto così tanta cattiva fede?) per sottolineare come il vero e il falso siano applicabili, e giustamente da applicare, all'interno dei paradigmi filosofici, ma non ai paradigmi stessi (salvo ricorrere ad un meta-paradigma).

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
oggi l' ontologia é stubiabile correttamente soltanto dalle scienze naturali oppure no?
Secondo me, l'ontologia non è studiabile dalle scienze naturali (che sono un'altra disciplina), direi piuttosto che sia le scienze naturali che l'ontologia si impegnano a studiare l'esistenza; concordi?
Per me, l'esistenza empirica è studiata dalle scienze (con tutte le problematiche annesse), mentre l'esistenza non empirica (possibile) non è studiata dall'ontologia, perché è un oggetto di studio solo postulabile, e formulare teorie non falsificabili (sempre per me) non significa "studiare" (così come, opinione mia, la teologia non "studia" dio, lo postula, lo presuppone come fondamento, non lo fonda... e anche qui potremmo riallacciarci a Godel).

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
Citazione- "la vita dopo la morte" e "il senso della vita" erano esempi di domande "più grandi di noi", per spiegarti cosa intendevo, ovvero non domande "fantasiose e illusorie" (come le avevi intese) bensì semplicemente senza risposta assoluta e univoca.
Ma anche ontologie filosofiche più o meno metafisiche  possono benissimo arrivare alla conclusione che tali domande non abbiano risposta, e dunque non vedo il nesso con la questione che stiamo discutendo.
Ho fatto quegli esempi per spiegare che secondo me la filosofia (metafisica compresa) ha un'utilità che non è riducibile a quella dell'ontologia (sempre per rispondere alla tua osservazione che mi vedeva ritenere la filosofia inutile... ma mi hai già spiegato che hai confuso filosofia e ontologia).

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
Peraltro, per quanto mi concerne, ritengo che quella del "senso della vita" sia proprio una domanda senza senso.
Qui siamo persino d'accordo... e credo concorderemo che resta comunque una tematica in sé filosofica.

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
E sempre per la cronaca mio confermo nella convinzione, già suggeritami da precedenti interventi nel forum di Angelo Cannata, che postmoderno, pensiero debole, relativismo ontologico ed epistemico tendono a sposarsi felicemente con lo scientismo, e con il monismo materialistico in ontologia.
Nel mio piccolo, come accennavo sopra, sono "possibilista" riguardo l'esistenza di un piano non-materiale (anche perché è indimostrabile il contrario); forse questo mi rende un po' meno "monista materialista"?

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
Mi corre l' obbligo di tagliare - incollare:

I testi di Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant e di tanti altri metafisici più o meno "antichi" vengono tutt' ora pubblicati, studiati, criticati, e non certo solamente da parte di cultori della storia della filosofia e della cultura in generale.

E che

non credo proprio (per parte mia; tu non so...) che sia dirimente circa la correttezza e la verità in filosofia (e anche nella scienze naturali) il fatto di "essere portata avanti" dal mainstream (o meglio, in italiano: dall' andazzo) corrente.


Altro che "vicolo cieco" ! ! !
(su "correttezza e verità" in filosofia, rimando alla distinzione fatta sopra, che, chiaramente, non ha nulla a che fare con le mode filosofiche o altri aspetti quantitativi)
Il mio discorso alludeva proprio a questo: ho già scritto che il passato filosofico per me va tutelato e studiato anche nelle teorie più anomale e falsificate (come quelle dei fisici presocratici della scuola di Mileto), ma ciò non va confuso con il progresso (non storiografico) di una disciplina.
Quando parlo di "vicolo cieco" intendo, cambiando settore, che uno studio approfondito della medicina ai tempi di Galeno, per quanto interessante. non fa fare un passo avanti alla medicina applicabile e attuale (è un esempio, non ho fatto ricerche in merito, se ho scritto una corbelleria ti invito a leggere il senso fra le righe!).
Parimenti, studiare il concetto di sostanza in Spinoza, non credo faccia fare un passo avanti all'ontologia attuale e alle conoscenze connesse alla comprensione del reale ("la filosofia non fa scoperte", avevamo concordato  ;) ).

Prendere atto che l'ontologia filosofica oggi "vive di ricordi" (pur sempre vive) o sopravvive come "subordinata, o solo una ripercussione della scienza o delle teorie linguistiche o delle scienze cognitive" (autocit.) non significa che i testi degli autori passati vadano messi al rogo o che vada cancellata come disciplina (per fare il solito esempio, anche la teologia è perlopiù in un "vicolo cieco", salvo timidi tentativi di "aggiornamento per la sopravvivenza sociale", eppure ti confesso che se non ci fosse ne sentirei la mancanza... noi pluralisti siam così! ;D ).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 17 Giugno 2018, 14:03:41 PM
Citazione di: Phil il 15 Giugno 2018, 23:54:47 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Giugno 2018, 17:34:52 PM
Mi sembra francamente superfluo ribadire che "dietro" quegli articoli ci deve essere un sostantivo; sostantivo di cui
quello "sciolto"; quel "senza vincoli" rappresentano l'aggettivazione.
Sostantivare: questo è forse il passaggio cruciale che, se dato per valido ed implicito, ha ripercussioni profondissime sullo sviluppo del pensiero che ci si fonda; ma se non lo mettiamo in discussione, non conosceremo chiaramente i fondamenti del discorso in questione (quello su "l'assoluto" che non è più descrittivo, come un aggettivo, ma viene, appunto, sostantivato).
Sostantivare significa relazionare una parola ad un referente semiotico o, in sua assenza, crearlo (concettualmente); la differenza fra queste due relazioni non è da sottovalutare. C'è "assoluto" aggettivo e ci sono i sostantivi "l'assolutezza" e "l'assoluto", la prima è una caratteristica di qualcosa, il secondo è qualcosa (o meglio, sembrerebbe esserlo se ci fidiamo della morfologia). Come dire: c'è "conveniente" come aggettivo, c'è "la convenienza" e "il conveniente".
Secondo me, siamo immersi in quel gioco delle astrazioni e delle dinamiche linguistiche a cui, retroattivamente, cerchiamo di far corrispondere il reale (e non viceversa); si tratta di chiederci se creiamo più il linguaggio sulla realtà o più la realtà (concettuale) sul linguaggio (per questo parlavo di sublimazione per "via negativa" e di esistenza solamente astratta dell'assoluto).





Beh, credo che il termine "sostantivare" non possa che riferirsi alla, diciamo, "cosa in sè"; all'oggetto
primo prima che vi sia una qualsiasi interpretazione di esso.
Da questo punto di vista, e pur rendendosi di fatto sempre impossibile (perchè l'oggetto-primo non è conoscibile
se non attraverso l'interpretazione), la sola cosa che potremmo, idealmente, "sostantivare" è la cosa sensibile,
essendo il concetto necessariamente un interpretato.
In virtù (o in vizio...) di ciò "l'assoluto" come sostantivo è impossibile (non essendo cosa sensibile, ma concetto).
A mio parere, noi creiamo la realtà sul linguaggio (anche se siamo convinti del contrario).
Accettando il "divenire" delle cose come evidenza suprema rigettiamo implicitamente tutto ciò che il verbo "essere"
indica (e su questo verbo ruota e si impernia ogni nostro linguaggio). E' questo che porta Nietzsche ad affermare:
"nell'eterno fluire delle cose di nulla potremmo dire che è".
Il "nominare", come "nomos", già in origine si pone in antitesi alla "physis" come tentativo di "ordinare", di
stabilire un "kosmos" umano in tutto simile a quello divino.
"Parlare" è dunque "creare", cioè creare una realtà fatta "a somiglianza" di colui che, appunto, nomina le cose.
Chiaramente è un discorso lungo e complesso.
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: 0xdeadbeef il 17 Giugno 2018, 14:40:35 PM
Citazione di: viator il 16 Giugno 2018, 00:18:14 AM
Salve. Per Oxdeadbeef :

  • Certo che conosco la verità assoluta ! Il suo enunciato in positivo è il seguente ; "Ciascuna cosa è relativa e l'insieme di tutti i relativi è l'Assoluto", mentre la sua versione in negativo è :"Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza". A questo punto ti chiedo : la versione positiva della verità è invalidata da quella negativa - e viceversa ??.

Dunque Viator, nella mia risposta (a Phil) che tu hai con tanto sarcasmo commentato era contenuta questa tesi di
fondo: "Il problema filosofico (poi che interessi o meno è un altro discorso) è appunto questo dell'"esistenza" di un
qualcosa al di là del termine che lo connota. Ed è qui, trovo, su questo terreno dell'esistenza che, per così dire, si
gioca la partita" (la riporto integralmente).
Fin dalla mia seconda risposta (in alto in prima pagina) al tuo post originario dicevo di condividere "per certi versi"
la tesi, tua e di Baylam, sull'inesistenza dell'assoluto. Solo, appuntavo, trovavo quella tesi "eccessivamente
sbrigativa" (e proprio sul tema dell'"esistenza").
Insomma, molta acqua è passata sotto i ponti, molte parole sono state dette, ma come puoi vedere anche dall'ultima mia
risposta a Phil (proprio sopra questa, la mia posizione sull'assoluto è che esso "esista" di una esistenza riferita al
solo concetto (l'assoluto non può essere sostantivo, perchè non può avere "sostanza").
Adesso affermi che l'assoluto (anzi: l'Assoluto...) è l'insieme di tutti i relativi, dunque mi sembra tu abbia cambiato
idea (cosa che non sempre, ma spesso, fa onore), visto che un insieme è pur sempre un qualcosa che "esiste".
Insomma, vorrei capire meglio il tuo linguaggio, ma ti assicuro che la cosa non mi riesce facile...
saluti
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 17 Giugno 2018, 18:33:12 PM
Salve. Per Oxdeadbeef: Ben trovato. Anzitutto il mio sarcasmo è stato di tipo puramente intellettuale, rivolto ai nonsensi, alle (apparenti) contraddizioni che sono eternamente in agguato quando si affrontano certi argomenti.

Circa l'assoluto......beh, il mio vizio di tendere costantemente alla sintesi genera spesso incomprensioni quando non addirittura lacune. E' il prezzo da pagare quando non si vuole annoiare sé stessi e gli altri.

Qui si ricade nell'uso più o meno appropriato del verbo esistere. Quando affermo o faccio dedurre che l'Assoluto non esista intendo dire (qui è la mia imprecisione) che esso non è, non può essere in noi. (non insiste in noi). Che è intrinsecamente inattingibile non foss'altro perché noi ne facciamo parte e per la parte risulta impossibile capacitarsi del tutto. Quindi l'Assoluto non può essere oggetto di percezione ma solo di concezione. Ovvio che la concezione dell'Assoluto non possa consistere nell'Assoluto stesso.

D'altra parte dovrebbe essere ovvio che l'Assoluto - se si accetta la definizione che ne ho dato - esiste in sé in maniera veramente assoluta !

Altro discorso potrebbe essere la realtà dell'Assoluto: se per reale vogliamo intendere "ciò che è producendo degli effetti" [Non posso andare oltre, trattando di cause, effetti ed essere, altrimenti ci ritroviamo in Australia] allora potremmo affermare che esso non è reale poiché pur contenendo, attraverso tutti i relativi in cui consiste, tutte le cause e tutti gli effetti.....non è causato da nulla di ciò che contiene e non genera alcun effetto su di esso. Come vedi, c'è da uscire matti. Amichevoli saluti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
Citazione di: Phil il 17 Giugno 2018, 13:23:14 PM

Citazione di: Phil il 10 Giugno 2018, 16:04:53 PM
Dubito [...] che la filosofia sia la disciplina più adatta a studiare la "res cogitans" [...] tuttavia non voglio deviare il discorso off topic.
al che tu hai risposto che la scienza è "la meno adatta" a farlo, ovvero (vado a memoria) la filosofia è più adatta. Vorrei chiederti qual'è il vantaggio della filosofia, quali strumenti filosofici la rendono più adatta delle scienze a studiare (non formulare mere ipotesi indimostrabili), la res cogitans... ma vige l'imperativo di non uscire off topic, quindi magari ne riparleremo altrove  :)  
CitazioneNessun problema per parte mia a chiarire che i metodi di studio delle scienze naturali si applicano a ciò che é (postulabile, anche se non dimostrabile essere) intersoggettivo e misurabile attraverso rapporti esprimibili mediante numeri.
E con tutta evidenza il pensiero (grosso modo la cartesiana res cogitans) non lo é, contrariamente alla materia (grosso modo la artesiana res extensa).
(Fuori dall' argomento che da il titolo alla discussione mi sembra che, come non di rado accade nel forum, ci siamo già da un bel pezzo...).

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Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
Linguaggio, semantiche, ecc. che c' entrano con questo problema ? ? ?
C'entrano sempre: lo strumento che si usa per un indagine non è mai irrilevante, anzi, è sempre molto condizionante (in scienza, in filosofia, e in ogni analisi di ogni disciplina). Sorvolare sull'influenza dello strumento e sul suo ruolo "tecnico" (anche nel senso teoretico del termine) compromette il valore e il senso dei risultati (ad esempio, non riferito a te, si rischia di assolutizzarli).
CitazioneMa il fatto innegabile ed ovvio che si ragiona e discute sempre mediante il linguaggio (linguisticamente) non implica certo (per fortuna!) che si possa solo e unicamente ragionare e di discutere del linguaggio (attraverso un metalinguaggio se si vogliono evitare i paradossi e inconvenienti dell' autoreferenzialità); e nemmeno che ogni volta di debba ripartire  da "Adamo ed Eva" cominciando con una preliminare critica del linguaggio, cui invece di solito si ricorre solo se necessario, a causa di ambiguità semantiche o sintattiche in cui si incappasse.

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All'interno delle questioni filosofiche il vero e il falso hanno la loro validità, quello che metto in dubbio è che una filosofia in toto possa essere vera o falsa: dire che "la filosofia dell'autore x è vera", o "una ontologia non metafisica è falsa", per me (ma non per tutti!), non ha senso, perché il vero e il falso non possono essere applicati ai criteri che li determinano (Godel docet)
[evidenziazione in grassetto mia] .


CitazioneInfatti, fra i molti altri, anche per me é sensatissima (ma poiché andremmo ulteriormente fuori tema mi limito a dire la mia senza argomentare).
Anche se non vedo come dal fatto che "perché il vero e il falso non possono essere applicati ai criteri che li determinano (Godel docet)" possa conseguire che "in dubbio è che una filosofia in toto possa essere vera o falsa: dire che "la filosofia dell'autore x è vera", o "una ontologia non metafisica è falsa" (omissis) non ha senso".
Per me dire (veracemente) che una filosofia in toto sia vera o falsa é impossibile banalmente per l' imperfezione e la fallibilità umana (anche nel fallire, con la sola eccezione degli economisti della Boccooni, London School of Economy e affini di altri paesi, i quali -eccezione che conferma la regola!- non ne imbroccano mai una che é una, nemmeno per isbaglio; oltre ad essere nemici del popolo "da trattamento alla Robespierre – Stalin").

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Citazione di: Phil il 17 Giugno 2018, 13:23:14 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
Ma dove avrei mai negato che la coerenza logica e la verità sono ben differenti ? ? ?

Phil:
Ho citato la coerenza logica non perché tu abbia affermato il contrario (quando faccio una precisazione in generale, per chiarire, mi imputi spesso di insinuare che tu abbia detto il contrario; come mai ti desto così tanta cattiva fede?) per sottolineare come il vero e il falso siano applicabili, e giustamente da applicare, all'interno dei paradigmi filosofici, ma non ai paradigmi stessi (salvo ricorrere ad un meta-paradigma).

Risposta di Sgiombo:
Ma semplicemente perché stai discutendo con me e dunque mi viene ovvio ritenere che le tue affermazioni siano obiezioni alle mie (oppure, in alternativa, esprimano concordanza di vedute, magari apportando ulteriori argomenti "a favore").

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Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
oggi l' ontologia é stubiabile correttamente soltanto dalle scienze naturali oppure no?

Secondo me, l'ontologia non è studiabile dalle scienze naturali (che sono un'altra disciplina), direi piuttosto che sia le scienze naturali che l'ontologia si impegnano a studiare l'esistenza; concordi?
Per me, l'esistenza empirica è studiata dalle scienze (con tutte le problematiche annesse), mentre l'esistenza non empirica (possibile) non è studiata dall'ontologia, perché è un oggetto di studio solo postulabile, e formulare teorie non falsificabili (sempre per me) non significa "studiare" (così come, opinione mia, la teologia non "studia" dio, lo postula, lo presuppone come fondamento, non lo fonda... e anche qui potremmo riallacciarci a Godel).

CitazioneSecondo me le scienze naturali si impegnano a studiare quella parte (non il tutto!) dell' esistenza (della realtà) immediatamente evidente alla coscienza che é fenomenica materiale; mentre per "ontologia" comunemente si intende lo studio (filosofico e non scientifico) e la ricerca della conoscenza dell' esistenza (realtà) in toto e in generale, compresa quella parte altrettanto immediatamente evidente alla coscienza che é fenomenica mentale,ed eventualmente altre parti che non fossero fenomeniche (né materiali, né mentali, non immediatamente presenti ed evidenti alla coscienza, ma fossero invece "cosa in sé", non apparente, non sensibile ma solo congetturabile o "noumeno").
Le scienze naturali non studiano l' esistenza empirica o fenomenica (tale non meno della materia) mentale la quale, non essendo postulabile essere intersoggettiva (ma non per questo é meno reale della materia postulabile essere intersoggettiva!) né misurabile attraverso rapporti quantitativi esprimibili mediante numeri (non essendo "scritta in lingua matematica", per parafrasare Galileo), é priva dei presupposti indispensabili, delle conditiones sine qua non della conoscibilità scientifica (in senso stretto o "naturale").

In particolare la neurologia studia le correlazioni fra eventi neurofisiologici, cioè materiali naturali (a mio parere perfettamente riducibili alla fisica – chimica), ed eventi di coscienza.
Ma in realtà, contrariamente a quanto pretenderebbe una diffusissima filosofia (ontologia) scientista o positivista, non studia la coscienza nel cervello (né mai potrà trovarcela), in quanto riducibile a eventi neurofisiologici cerebrali o ad essi sopravveniente o da essi emergente (qualsiasi cosa possano significare questi concetti o pretesi tali), per il semplice fatto che ciò é impossibile, non essendo le coscienze** (dei "titolari dei cervelli osservati) nei cervelli, ma invece i cervelli nelle coscienze* (degli osservatori dei cervelli): finché non compiranno una sorta di "rivoluzione copernicana" consistente nel rendersi conto di questo malinteso, i seguaci dello scientismo, filosofi o scienziati che siano, continueranno (ovviamente secondo il mio modesto parere) a brancolare nel buio (non circa lo studio scientifico delle correlazioni fra coscienza e cervello, ovviamente, ma invece nello studio filosofico (ontologico) della natura (reale) dei rapporti fra materia (e in particolare materia cerebrale) e coscienza (compresa la coscienza fenomenica mentale).

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Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 09:28:04 AM
E sempre per la cronaca mio confermo nella convinzione, già suggeritami da precedenti interventi nel forum di Angelo Cannata, che postmoderno, pensiero debole, relativismo ontologico ed epistemico tendono a sposarsi felicemente con lo scientismo, e con il monismo materialistico in ontologia.

Nel mio piccolo, come accennavo sopra, sono "possibilista" riguardo l'esistenza di un piano non-materiale (anche perché è indimostrabile il contrario); forse questo mi rende un po' meno "monista materialista"?

CitazioneSì, certo.
Ma l' esistenza reale del pensiero (non riducibile, ecc.: vedi sopra, alla materia; cerebrale) non é che non sia dimostrabile non esistere: é invece immediatamente constatabile empiricamente esistere (esattamente, precisamente altrettanto della materia).

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(su "correttezza e verità" in filosofia, rimando alla distinzione fatta sopra, che, chiaramente, non ha nulla a che fare con le mode filosofiche o altri aspetti quantitativi)
Il mio discorso alludeva proprio a questo: ho già scritto che il passato filosofico per me va tutelato e studiato anche nelle teorie più anomale e falsificate (come quelle dei fisici presocratici della scuola di Mileto), ma ciò non va confuso con il progresso (non storiografico) di una disciplina.
Quando parlo di "vicolo cieco" intendo, cambiando settore, che uno studio approfondito della medicina ai tempi di Galeno, per quanto interessante. non fa fare un passo avanti alla medicina applicabile e attuale (è un esempio, non ho fatto ricerche in merito, se ho scritto una corbelleria ti invito a leggere il senso fra le righe!).

CitazioneDa medico ti confermo che non si tratta di una corbelleria ma di un' affermazione vera ("alla faccia di" relativismo, pensiero debole , ecc.).


Parimenti, studiare il concetto di sostanza in Spinoza, non credo faccia fare un passo avanti all'ontologia attuale e alle conoscenze connesse alla comprensione del reale ("la filosofia non fa scoperte", avevamo concordato  ;) ).

CitazioneVeramente non ricordo di aver concordato che la filosofia non faccia scoperte (se non nel senso di scoperte scientifiche, ovviamente; anche perché trovo alquanto vago e problematico, poco definito il concetto di "scoperta" in generale).
Ma dissento nettamente sul fatto che lo studio del concetto di sostanza in Spinoza non faccia fare passi avanti al' ontologia.
Nel mio piccolo a me ne ha fatti fare di molto importanti; per dire poco e in breve mi ha fatto comprendere una cosa che ritengo importantissima: che se qualcosa permane reale anche quando chiudo gli occhi e non vedo il bel cedro del Libano nel giardino del mio vicino di casa (id est: tale cedro del Libano non esiste, non é reale), così da spiegare il fatto che immancabilmente nonappena riapro gli occhi lo rivedo (id est: torna ad esistere, ad essere reale), allora tale "qualcosa", non essendo e non potendo essere l' insieme di sensazioni visive, uditive e olfattive costituenti tale cedro del Libano (affermarlo, anzi: pretendere di affermarlo significherebbe cadere platealmente in contraddizione!), deve per forza essere qualche cosa di da esse diverso e ad esse biunvocamente corrispondente, esattamente come per Spinoza la res cogitans e la res extensa sono due (fra gli infiniti) attributi biunivocamente corrispondenti nel loro divenire alla Sostanza (divina; ma su questo aspetto personalmente dissento, come pure sull' infinità dei suoi attributi fenomenici: mi bastano i due umanamente sensibili), e di conseguenza, transitivamente reciprocamente in corrispondenza biunivoca fra loro (come infatti le neuroscienze sempre più convincentemente dimostrano che a una certa situazione di una coscienza** e non altre necessariamente corrisponde biunivocamente una certa situazione neurofisiologica e non altre di un certo cervello* (quello il cui "titolare" sta vivendo quella determinata situazione cosciente**) e non di altri cervelli (cervello* presente, reale nelle esperienze coscienti* di coloro che lo osservano).

Prendere atto che l'ontologia filosofica oggi "vive di ricordi" (pur sempre vive) o sopravvive come "subordinata, o solo una ripercussione della scienza o delle teorie linguistiche o delle scienze cognitive" (autocit.) non significa che i testi degli autori passati vadano messi al rogo o che vada cancellata come disciplina (per fare il solito esempio, anche la teologia è perlopiù in un "vicolo cieco", salvo timidi tentativi di "aggiornamento per la sopravvivenza sociale", eppure ti confesso che se non ci fosse ne sentirei la mancanza... noi pluralisti siam così! ;D ).


Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:17:56 PM
Aggiungo la replica all' ultima osservazione di Phil che -non so perché- non vuol saperne di essere inserita nel precedente intervento #70:
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:20:01 PM
Niente, per qualche mistero della fede la mia risposta all' ultima osservazione di Phil non ne vuol sapere di comparire.

Provo a rimandarla di seguito (nel prossimo intervento) per conto suo.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:20:36 PM
L' avevo capito benissimo (che non sei un iconoclasta o un "distruttore di vestigia del passato" alla maniera dei futuristi dei primi decenni del '900.
Ma, come ti ho appena esemplificato, sono convinto che non si tratti affatto di "vestigia del passato" ma invece di strumenti di riflessione e di studio (ontologico, filosofico) attualissimi, assai fecondi di spunti di riflessione e di ricerca importantissimi.

Oh, alla buon ora!
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 17 Giugno 2018, 22:54:51 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
Ma il fatto innegabile ed ovvio che si ragiona e discute sempre mediante il linguaggio (linguisticamente) non implica certo (per fortuna!) che si possa solo e unicamente ragionare e di discutere del linguaggio (attraverso un metalinguaggio se si vogliono evitare i paradossi e inconvenienti dell' autoreferenzialità); e nemmeno che ogni volta di debba ripartire  da "Adamo ed Eva" cominciando con una preliminare critica del linguaggio, cui invece di solito si ricorre solo se necessario, a causa di ambiguità semantiche o sintattiche in cui si incappasse.
L'uso del linguaggio in filosofia, secondo me, non è mai così pacifico da richiedere "manutenzione" solo in caso di ambiguità; quella è la situazione critica più palese, ma il linguaggio che usiamo è sempre molto vincolante e, soprattutto, non è uguale per tutti (la lingua, quella si spera di si ;D ). Una riflessione in corso d'opera sul linguaggio in uso sarebbe sempre una buona prassi (certamente poco adatta al forum, più adatta alla stesura di un libro!).

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
Per me dire (veracemente) che una filosofia in toto sia vera o falsa é impossibile
Concordo, e per questo non capisco bene quando dici che "un'ontologia non sia anche metafisica, è falsa". Se non possiamo dire che la "filosofia di Tizio" sia in toto falsa o vera, come possiamo affermare che, "se non è metafisica, un'ontologia non può essere vera"? Abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità per l'ontologia in toto?

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
Ma semplicemente perché stai discutendo con me e dunque mi viene ovvio ritenere che le tue affermazioni siano obiezioni alle mie (oppure, in alternativa, esprimano concordanza di vedute, magari apportando ulteriori argomenti "a favore").
Non fraintendermi, ma pur parlando con te, mi piace mettere sul tavolo anche elementi che né io né te abbiamo ancora coinvolto (come esempi, ma non solo), che non sono necessariamente un'obiezione a ciò che hai detto oppure un'argomentazione per corroborare la mia posizione; servono solo ad allargare il discorso o ad approfondirlo; altrimenti ci si ritrova a fare un "duello polemico" piuttosto che una "problematizzazione congiunta" (o "dialogo critico", se preferisci).

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
l' esistenza reale del pensiero (non riducibile, ecc.: vedi sopra, alla materia; cerebrale) non é che non sia dimostrabile non esistere: é invece immediatamente constatabile empiricamente esistere (esattamente, precisamente altrettanto della materia).
Accarezzo l'off topic (che qui è radicale): per esistenza non-materiale non mi riferivo esplicitamente al pensiero o alla mente o alla coscienza, tuttavia nel loro caso, suppongo (parafraso, adeguatamente spero) che con "constatare empiricamente l'esistenza del pensiero" tu ti riferisca all'esperirlo in prima persona, come già discutemmo tempo fa, e questo sentirlo, anche secondo me, è "materiale". Tuttavia, e qui credo inizino le divergenze, scommetto (quindi è solo una opinione da ignorante in materia) il pensiero sia tutto materialmente cerebrale: in qualche modo ascolto il mio pensare in forma sonora, per cui è comunque una percezione, quindi devono esserci degli input sonori (vibrazioni o simili) che il mio cervello decodifica (anche se dall'esterno non sono percepibili); se è un suono deve essere, a suo modo, "materia che vibra" (non ne so di più  :) ) o viene comunque elaborata come tale. Uso "materia" con le virgolette perché non ho idea di che tipo di materia sia (anche gli elettroni e protoni che costituiscono l'elettricità li chiamerei, nella mia ignoranza, "materia", eppure magari è un'inesattezza clamorosa...). Così come non ho idea di quali siano i meccanismi, materiali e cerebrali, che generino il pensiero... per questo ho parlato di "scommessa"!
Mi dirai che pensare non è solo sentire la voce del "soliloquio interiore"; tuttavia, per le altre operazioni associate al pensiero (il ricordare, il ragionare, etc.) il classico parallelismo con un calcolatore materiale (che risolve problemi matematici, ovvero quelli a lui "congeniali", reperisce informazioni, etc.) credo renda più plausibile una dimensione tutta materiale di tali "operazioni mentali".

Dunque l'esperienza in prima persona che ho (di questi "movimenti materiali" e della "materiale elaborazione" del cervello) la vivo come ciò che chiamo "pensiero"; proprio come l'insieme di eventi fisici e materiali che coinvolgono l'apparato visivo e il cervello, li vivo in prima persona come "vista" (anche se qui l'input è esterno, la luce riflessa, mentre nel caso cerebrale è tutto interno, ad esempio quando penso ad occhi chiusi); vista che viene riconosciuta, ma potrei sbagliarmi, come fenomeno tutto materiale (sembra sia qualcosa di immateriale finché non si aprono i libri di scienze, e come avrai capito è attività a cui mi sono dedicato poco  ;D ).

Se invece pensiamo il pensiero come esterno alla materialità del cervello (sinora non ho affermato che coincida con esso, ma solo che venga elaborato e localizzato lì o che emerga lì o che sia prodotto da esso), credo ci poniamo in una prospettiva più "animistica", su cui non mi sento di scommettere, oppure su una diplomaticamente "apofatica".

Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
dissento nettamente sul fatto che lo studio del concetto di sostanza in Spinoza non faccia fare passi avanti al' ontologia.
Nel mio piccolo a me ne ha fatti fare di molto importanti; per dire poco e in breve mi ha fatto comprendere una cosa che ritengo importantissima
Certo, progressi e scoperte individuali: tu hai fatto passi avanti studiando Spinoza nel ventesimo secolo (non mi sbilancio sull'anno), ma con te li ha fatti anche tutta l'ontologia?
Ad esempio, studiare la logica di Aristotele, per il ragazzo che non la conosce ancora, è una scoperta personale tanto utile quanto folgorante; tuttavia in ambito filosofico, e per la comunità filosofica, oggi, difficilmente studiare la logica di Aristotele farà progredire la ricerca logica come disciplina (se non altro per il fatto che il suo studio è stato già approfondito da secoli).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Sariputra il 18 Giugno 2018, 08:58:30 AM
@Phil

Il problema dell'assoluto come limite si presenta quando lo si intende e lo si cristallizza in un particolare concetto o forma. Un'assoluto inteso invece come assoluta potenzialità è esattamente il contrario di una posizione fissa, che pone limiti invalicabili, che osteggia il 'vagabondaggio' filosofico, come l'hai definito.
Credo che sia un errore il contrapporre questi termini, assoluto e relativo, e lo si vede storicamente nell'affermarsi di culture 'chiuse' quando si dà il prevalere di uno sull'altro. Nel presente, in una cultura di fatto dominata dal relativismo, troviamo lo sviluppo di una società individualistica che, ponendo i moti e i desideri del proprio io al centro di ogni cosa, crea individui dall'ego ipertrofico.
Una tensione interiore verso un assoluto che sempre si deve cercare, che è sempre al di là del mio misero orticello di pulsioni e desideri, oltre che porci in una giusta prospettiva, a parer mio, di relazioni autentiche con l'altro, con ciò che è al di fuori del mio ego relativo, non minate dall'utilitarismo, combatte il  continuo creare questi mondi 'grigi' , parzializzati  dall'assunzione come 'assoluto'  del momento interiore fuggevole, dall'eccessiva importanza, poco relativa, che si viene a costruire artificiosamente  sulla propria 'personalità'. Così , mentre ciò che ci circonda è relativo, non sappiamo assumere anche il nostro ego nello stesso modo ( qui direi soprattutto il nostro desiderio egoistico...) che di fatto diventa il nostro nuovo assoluto.
Se potessimo usare il termine 'relazione' anzichè la coppia assoluto-relativo, ci troveremmo a risolvere molti dei limiti  dei due concetti.  E' giocoforza una danza di relazioni e di interdipendenza reciproca , quella in cui ci troviamo ad esistere. La spinta interiore verso qualcosa che esca dal recinto angusto del proprio ego, diventa quindi relazione verso l'assoluto. La spinta esteriore verso tutto il relativo dei fenomeni che ci circondano e ci costituiscono diventa relazione verso l'altro, ma relativa relazione autentica, non un'ipocrita maschera che mettiamo per nascondere il nostro nuovo dio, il nostro ego smisurato.
Se c'è un abisso interiore che ci tormenta dentro di noi, lo dobbiamo investigare ed entrarci in relazione. E se c'è un tormento esteriore dato dal continuo cozzare gli uni contro gli altri...anche con questo dobbiamo entrare in relazione e, se ci riusciamo, fare pace.  :)
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 18 Giugno 2018, 16:21:22 PM
Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 08:58:30 AM
Il problema dell'assoluto come limite si presenta quando lo si intende e lo si cristallizza in un particolare concetto o forma. Un'assoluto inteso invece come assoluta potenzialità è esattamente il contrario di una posizione fissa, che pone limiti invalicabili,
Eppure, anche intenderlo come "assoluta potenzialità" significa comunque cristallizzarlo in un concetto utile, contenitivo e "invalicabile" (chi può andare oltre l'"assoluta potenzialità"?), demarcante un certo orizzonte (e proprio come l'orizzonte, per definizione, l'assoluto è sempre lontano...).
Proponevo di "rasoiarlo" (con rispettosa delicatezza) proprio per evitare di fare fallimentarmente i conti con qualcosa che non può essere dentro la nostra pratica, il nostro vivere, ma solo ai confini, inaccessibile, con il ruolo di frontiera dell'ignoto, o meglio, lato dell'ignoto rivolto verso il nostro sguardo.
Se dico che, al di là di metafore poetiche e slanci mistici, il concetto di assoluto è assolutamente infingardo, non è perché "tutto è relativo", piuttosto perché, secondo me, lasciando l'assoluto ai libri (di vario tipo), scopriremo che non ne abbiamo bisogno per (e qui ti faccio eco) relazionarci a ciò che è "al di qua" del presunto assoluto.

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 08:58:30 AM
La spinta interiore verso qualcosa che esca dal recinto angusto del proprio ego, diventa quindi relazione verso l'assoluto.
Perché dare un nome (sia predeterminato che vago) alla mèta? Perché indirizzarci dove (suppongo) non si può arrivare? E se fosse banalmente una "spinta alla relazione verso altro-da-sé"?
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
cit.Phil
Eppure, anche intenderlo come "assoluta potenzialità" significa comunque cristallizzarlo in un concetto utile, contenitivo e "invalicabile" (chi può andare oltre l'"assoluta potenzialità"?), demarcante un certo orizzonte .

Beh!...è sicuramente un concetto utile per parlarne, né più né meno che il concetto di "relativo", a parer mio. Nel momento stesso che ne devi parlare, lo cristallizzi inevitabilmente. Si tratta sempre di non confondere la definizione con la dinamica che ne soggiace...
Una dinamica potenzialità è per definizione 'valicabile'.

Proponevo di "rasoiarlo" (con rispettosa delicatezza) proprio per evitare di fare fallimentarmente i conti con qualcosa che non può essere dentro la nostra pratica.

Qui il problema è per come lo intendi. Se tu lo vedi come esterno a te, come qualcosa che devi raggiungere, ma di cui non sei parte, allora sei destinato al fallimento della pratica. Ma se la pratica è essa stessa una dinamica dell' assoluto , di cui sei parte, le cose cambiano. In realtà non c'è nulla da raggiungere. Altrimenti crei la solita dualità di assoluto e relativo, che è solo concettuale...è inutile "rasoiare" il vuoto, oltre che ridicolo alla fin fine... :) ( forse serve a mitigare qualche forma di antipatia "ideologica" verso il termine, che io invece sento come 'neutro', come del resto sento il termine 'relativo'...e diciamo che alla fin fine possono servirci ambedue, almeno per discuterne amabilmente e ampliare le possibilità...).

Perché indirizzarci dove (suppongo) non si può arrivare? E se fosse banalmente una "spinta alla relazione verso altro-da-sé"?

E ti sembra una cosa banale una "spinta alla relazione verso altro da sè"? Io la vedo proprio come una freccia scagliata verso l'assoluto, se è autentica questa spinta.
Il concetto di relativo rischia di 'rinchiuderti' nella tua gabbia mentale e ritenere che i muri siano la sola realtà ( da qui l'individualismo sfrenato dei tempi che viviamo...). Di più, che i tuoi muri personali, siano i muri di tutti e di tutto. Ossia fare della propria vita relativa un metro assoluto di misurazione.
E infatti affermi che è inutile indirizzarci verso dove non si può arrivare. Così hai già deciso che il muro della tua gabbia è il confine della tua esperienza.  E come fai ad esser sicuro che sia il confine di tutti e di tutto? Questo diventa contraddittorio con la necessità della libertà nel "vagabondare" per i campi della filosofia, di cui parlavi sopra, mi sembra...

Perché dare un nome (sia predeterminato che vago) alla mèta?

Infatti non c'è alcuna meta ( sia predeterminata che vaga) da nominare o da raggiungere. Perciò...

non ne abbiamo bisogno per (e qui ti faccio eco) relazionarci a ciò che è "al di qua" del presunto assoluto.

Questa frase rivela che tu intendi l'assoluto come trascendenza e non come qualcosa che è tuo, di cui sei parte e che manifesti nel tuo agire. Lo vedi esterno e ritieni di non aver bisogno del concetto perché tu "stai al di qua". Ma che vuol dire al di qua o al di là. Di che cosa? Non ha senso...

Per superare questa dualità allora, per par condicio, "rasoiamo" ambedue i termini...così da non stare al di qua o al di là, ma semplicemente stare qua... ;D  ;D
Ciao
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 18 Giugno 2018, 17:59:06 PM
Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Una dinamica potenzialità è per definizione 'valicabile'.
Avevo letto "assoluta potenzialità", se è dinamica, concordo!

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Qui il problema è per come lo intendi. Se tu lo vedi come esterno a te, come qualcosa che devi raggiungere, ma di cui non sei parte, allora sei destinato al fallimento della pratica.
Come dicevo, pensavo all'assoluto come all'orizzonte: lontano, estraneo e... una sorta di illusione ottico-prospettica (che dunque secondo me non ha "contenuto").
Se lo consideriamo come "qualcosa di cui siamo parte", ovviamente cambia tutto!

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
E ti sembra una cosa banale una "spinta alla relazione verso altro da sè"? Io la vedo proprio come una freccia scagliata verso l'assoluto, se è autentica questa spinta.
Intendevo "banale" perchè è rivolta verso l'alterità, che suona meno "epica" di "verso l'assoluto" e che può consistere anche in traguardi meno "nobili" (non voglio fare il giudice delle "spinte" altrui  ;) ).

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Il concetto di relativo rischia di 'rinchiuderti' nella tua gabbia mentale e ritenere che i muri siano la sola realtà ( da qui l'individualismo sfrenato dei tempi che viviamo...). Di più, che i tuoi muri personali, siano i muri di tutti e di tutto. [/font][/size][/color]Ossia fare della propria vita relativa un metro assoluto di misurazione.
E infatti affermi che è inutile indirizzarci verso dove non si può arrivare. Così hai già deciso che il muro della tua gabbia è il confine della tua esperienza.  E come fai ad esser sicuro che sia il confine di tutti e di tutto? Questo diventa contraddittorio con la necessità della libertà nel "vagabondare" per i campi della filosofia, di cui parlavi sopra, mi sembra...
Qui l'apparente dissonanza è dovuta a come intendo l'assoluto (vedi sopra): per definizione irraggiungibile ed extra-umano.
Mi concederai che il relativo è la gabbia più sgangherata e debole che ci sia, i suoi muri sono al massimo di "cemento disarmato", ma non voglio deviare il discorso sul relativo (già fatto altrove, come ricorderai :) ), qui mi interessa di più l'assoluto.

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Questa frase rivela che tu intendi l'assoluto come trascendenza e non come qualcosa che è tuo
Si, lo concepisco come da etimologia, "sciolto (anche da me)", e come da tradizione filosofica (occidentale), ovvero trascendente, etc.

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Ma che vuol dire al di qua o al di là. Di che cosa? Non ha senso...
Intendevo "al di qua" della trascendenza dell'assoluto (che infatti definivo "invalicabile"), che è forse più un "al di giù" (immanente) rispetto a un "al di su" (trascendente).

Citazione di: Sariputra il 18 Giugno 2018, 17:17:16 PM
Per superare questa dualità allora, per par condicio, "rasoiamo" ambedue i termini...così da non stare al di qua o al di là, ma semplicemente stare qua... ;D  ;D
Ciao
Credo anch'io che sarebbe un bel passo avanti (sebbene, per alcuni, in fondo, un passo non è mai assolutamente né avanti né indietro  ;) ).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 18 Giugno 2018, 18:19:33 PM
Citazione di: Phil il 17 Giugno 2018, 22:54:51 PM

L'uso del linguaggio in filosofia, secondo me, non è mai così pacifico da richiedere "manutenzione" solo in caso di ambiguità; quella è la situazione critica più palese, ma il linguaggio che usiamo è sempre molto vincolante e, soprattutto, non è uguale per tutti (la lingua, quella si spera di si ;D ). Una riflessione in corso d'opera sul linguaggio in uso sarebbe sempre una buona prassi (certamente poco adatta al forum, più adatta alla stesura di un libro!).
CitazioneSe é per questo il linguaggio presenta sempre, inevitabilmente qualche ineliminabile "residuo di ambiguità", non solo allorché usato in filosofia.
Ma ciononostante, in filosofia e non, solitamente ci si intende egregiamente, e la necessità di esaminare e criticare il linguaggio "parola per parola" per potersi intendere é di fatto alquanto rara, infrequente, per fortuna, che altrimenti si riuscirebbe a ragionare con gli altri e a discutere di ben poco.



Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
Per me dire (veracemente) che una filosofia in toto sia vera o falsa é impossibile
Concordo, e per questo non capisco bene quando dici che "un'ontologia non sia anche metafisica, è falsa". Se non possiamo dire che la "filosofia di Tizio" sia in toto falsa o vera, come possiamo affermare che, "se non è metafisica, un'ontologia non può essere vera"? Abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità per l'ontologia in toto?
CitazioneAd essere franco questa obiezione mi sembra proprio un volgare sofisma.

Che una filosofia non sia in toto falsa o vera per l' imperfezione umana (anche "in negativo") che non lo consente non implica certo che una filosofia (in particolare monistica materialistica e dunque negatrice della realtà di qualsiasi cosa che ecceda la fisicità materiale, secondo le mie convinzioni) non sia falsa (imperfettamente tale, nel senso che anche qualcosa di vero quasi certamente dirà, malgrado la sua falsità complessiva, come é ovvio per l' insuperabile perfezione umana, anche in negativo: anche Hitler avrà fatto prima o poi qualche buone azione, se non altro per isbaglio...).

Mica ho affermato che una filosofia monistica materialistica é perfettamente (o integralmente) falsa, ma solo che é falsa: c' é una bella differenza fra "falso" e "perfettamente o integralmente falso" ! ! !




Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
l' esistenza reale del pensiero (non riducibile, ecc.: vedi sopra, alla materia; cerebrale) non é che non sia dimostrabile non esistere: é invece immediatamente constatabile empiricamente esistere (esattamente, precisamente altrettanto della materia).
Accarezzo l'off topic (che qui è radicale): per esistenza non-materiale non mi riferivo esplicitamente al pensiero o alla mente o alla coscienza, tuttavia nel loro caso, suppongo (parafraso, adeguatamente spero) che con "constatare empiricamente l'esistenza del pensiero" tu ti riferisca all'esperirlo in prima persona, come già discutemmo tempo fa, e questo sentirlo, anche secondo me, è "materiale". Tuttavia, e qui credo inizino le divergenze, scommetto (quindi è solo una opinione da ignorante in materia) il pensiero sia tutto materialmente cerebrale: in qualche modo ascolto il mio pensare in forma sonora, per cui è comunque una percezione, quindi devono esserci degli input sonori (vibrazioni o simili) che il mio cervello decodifica (anche se dall'esterno non sono percepibili); se è un suono deve essere, a suo modo, "materia che vibra" (non ne so di più  :) ) o viene comunque elaborata come tale. Uso "materia" con le virgolette perché non ho idea di che tipo di materia sia (anche gli elettroni e protoni che costituiscono l'elettricità li chiamerei, nella mia ignoranza, "materia", eppure magari è un'inesattezza clamorosa...). Così come non ho idea di quali siano i meccanismi, materiali e cerebrali, che generino il pensiero... per questo ho parlato di "scommessa"!
Mi dirai che pensare non è solo sentire la voce del "soliloquio interiore"; tuttavia, per le altre operazioni associate al pensiero (il ricordare, il ragionare, etc.) il classico parallelismo con un calcolatore materiale (che risolve problemi matematici, ovvero quelli a lui "congeniali", reperisce informazioni, etc.) credo renda più plausibile una dimensione tutta materiale di tali "operazioni mentali".

Dunque l'esperienza in prima persona che ho (di questi "movimenti materiali" e della "materiale elaborazione" del cervello) la vivo come ciò che chiamo "pensiero"; proprio come l'insieme di eventi fisici e materiali che coinvolgono l'apparato visivo e il cervello, li vivo in prima persona come "vista" (anche se qui l'input è esterno, la luce riflessa, mentre nel caso cerebrale è tutto interno, ad esempio quando penso ad occhi chiusi); vista che viene riconosciuta, ma potrei sbagliarmi, come fenomeno tutto materiale (sembra sia qualcosa di immateriale finché non si aprono i libri di scienze, e come avrai capito è attività a cui mi sono dedicato poco  ;D ).

Se invece pensiamo il pensiero come esterno alla materialità del cervello (sinora non ho affermato che coincida con esso, ma solo che venga elaborato e localizzato lì o che emerga lì o che sia prodotto da esso), credo ci poniamo in una prospettiva più "animistica", su cui non mi sento di scommettere, oppure su una diplomaticamente "apofatica".
CitazioneQui (fuori tema rispetto al titolo della discussione: chiedo venia al Webmaster, ma spesso i ragionamenti prendono strade impreviste e non calcolate ma interessantissime) sta il nocciolo della questione (che di fatto ci si é posta discutendo).

Esperire coscientemente** "in prima persona" il pensiero (ma anche il mondo materiale) é altra, ben diversa cosa (anche se necessariamente coesistente con essi e biunivocamente corrispondente nel suo divenire ad essi; i quali comunque accadono in altre, diverse esperienze coscienti*) dai processi neurofisiologici cerebrali che altri, nell' ambito delle loro esperienze coscienti* necessariamente percepiscono allorché il pensiero "in prima persona" realmente accade coscientemente**.
E, contrariamente al cervello al cui funzionamento corrisponde biunivocamente, il pensiero non é niente di materiale.
Puoi cercare fin che vuoi in un cervello, ma non vi troverai mai altro che neuroni, sinapsi, potenziali d' azione, ecc. (a loro volta costituiti da molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.); o magari "software" (o qualcosa di analogo a software) implementato su (o emergente da, o sopravveniente a, se é questo che significano questi concetti) un hardware (o qualcosa di analogo ad hardware) costituito da materia cerebrale (neuroni, membrane, assoni, sinapsi, ecc.).
Ma invece non vi troverai mai quelle ben altre, diversissime cose che sono i pensieri o i sentimenti (o anche le sensazioni materiali) che a tali processi neurofisiologici (i quali accadono nell' ambito della tua coscienza*) biunivocamente corrispondono nell' ambito della coscienza** del "titolare" del cervello che tu, nell' ambio della tua* coscienza stai osservando).
Infatti non é la coscienza** a trovarsi nel cervello (ove invece non c' é altro che materia biologica, eventualmente funzionante "a mo' di hardware su cui sia implementato qualcosa di analogo a un software: tutti enti ed eventi materiali ben diversi dai pensieri -ma anche dalle sensazioni fenomeniche materiali- accadenti nella coscienza** del "titolare" di tale cervello); ma invece é il cervello (le sensazioni materiali che unicamente lo costituiscono, analizzabili come costituite da neuroni, sinapsi, ecc., a loro volta analizzabili come -ovvero perfettamente riducibili a- particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.) a trovarsi nella coscienza* di chi lo osservi.

Nessun meccanismo materiale cerebrale può generare alcun pensiero (ovvero sensazione mentale; ma nemmeno alcuna sensazione materiale) per il semplice fatto che tutto ciò che i meccanismi neurofisiologici materiali nei cervelli possono "generare" (causare) non é altro che: contrazioni muscolari, cioè azioni corporee, comportamenti (o al limite, eccezionalmente, secrezioni ghiandolari), oppure altri meccanismi neurofisiologici ("memorizzazioni") che non determinano, almeno immediatamente, a breve termine temporale, movimenti muscolari cioè azioni corporee, comportamenti (bensì nell' immediato "astensioni" da azioni e comportamenti attivi), e probabilmente più o meno a lungo termine, potenzialmente, anche future azioni e comportamenti attivi o modificazioni di potenziali azioni e comportamenti attivi.

Solo metaforicamente e non letteralmente si può parlare di "altre operazioni associate al pensiero (il ricordare, il ragionare, etc.) il classico parallelismo con un calcolatore materiale (che risolve problemi matematici, ovvero quelli a lui "congeniali", reperisce informazioni, etc.)" dal momento che, contrariamente ai cervelli (i quali ultimi non contengono "omini" o "fantasmi nella macchina" che li usino, pongano loro imput e leggano i loro  output ! ! !), i calcolatori materiali sono strumenti usati da persone che pongono loro imput e leggono i loro output; e dunque non si può sostenere in alcun senso che ciò (l' esistenza dei calcolatori elettronici) <<renda più plausibile una dimensione tutta materiale di tali "operazioni mentali" [letteralmente, senza virgolette, N.d.R.]>> ...a meno che (cosa ipotizzabile ma non dimostrabile né confutabile, alquanto inverosimile, almeno per le macchine attualmente realizzate, "fantascientifica") agli elaboratori elettronici (presenti nelle coscienze* di chi li osservi) corrispondano biunivocamente esperienze coscienti** costituite da sensazioni materiali e mentali (pensieri): cose completamente diverse dai chip di silicio, semiconduttori e circuiti costituenti gli hardware dei computer stessi e dai software su di essi implementati ! ! !

Dunque l'esperienza** in prima persona che hai non é ' esperienza* che altri potrebbero avere "in terza persona" osservando il tuo cervello (di questi "movimenti materiali" e della "materiale elaborazione" del cervello); Il quale si trova in altre, diverse dalla tua**, esperienze coscienti* e tu non lo vivi come ciò che chiami "pensiero"; proprio come l'insieme di eventi fisici e materiali che coinvolgono l'apparato visivo e il cervelli; viviinvece i tuoi pensieri in prima persona come esperienza** mentale (o anche materiale) "interna" alla (facente parte della) tua coscienza fenomenica** e non affatto "interna" al (facente parte del) tuo cervello (il quale é invece interno alle, fa a sua volta parte delle coscienze fenomeniche* di chi lo osservasse (mentre tu pensi* o hai altre esperienze fenomeniche**).

Dunque il pensiero va pensato come esterno alla materialità del cervello.
Ma in ciò non c'é proprio nulla di animistico (nel senso dell' "anima immortale": la vita cosciente inizia quando iniziano determinate funzioni neurofisiologiche cerebrali -con le quali non si identifica affatto, non vi é affatto riducibile, non vi sopravviene né ne emerge affatto; invece vi corrisponde biunivocamente- e finisce allorché tali determinate funzioni neurofisiologiche cerebrali vengono meno).



Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
dissento nettamente sul fatto che lo studio del concetto di sostanza in Spinoza non faccia fare passi avanti al' ontologia.
Nel mio piccolo a me ne ha fatti fare di molto importanti; per dire poco e in breve mi ha fatto comprendere una cosa che ritengo importantissima
Certo, progressi e scoperte individuali: tu hai fatto passi avanti studiando Spinoza nel ventesimo secolo (non mi sbilancio sull'anno), ma con te li ha fatti anche tutta l'ontologia?
Ad esempio, studiare la logica di Aristotele, per il ragazzo che non la conosce ancora, è una scoperta personale tanto utile quanto folgorante; tuttavia in ambito filosofico, e per la comunità filosofica, oggi, difficilmente studiare la logica di Aristotele farà progredire la ricerca logica come disciplina (se non altro per il fatto che il suo studio è stato già approfondito da secoli).
CitazioneMa di solito tutti i filosofi fanno passi avanti individualmente: credo di poter dire che opere di filosofia non "compilative" (o non piuttosto di storia della filosofia che di filosofia) ma tali da contenere autentici sviluppi creativi del pensiero filosofico scritte collettivamente a più mani siano "più uniche che rare".

E se é per questo nemmeno la geometria di Euclide o quelle non euclidee, né la fisica di Newton o quella di Einstein di fatto vengono più studiate sui testi originali "se non altro per il fatto che il loro studio è stato già approfondito da secoli" [al singolare + qualche altro anno nel caso di Einstein].

Ma, per fare un' altro esempio dopo quello relativo a Spinoza, sarebbe utilissimo per tutti, onde superare un inganno del senso comune generalizzatissimo, "quasi universalmente", anche fra i ricercatori scientifici e i filosofi e terribilmente inibente la possibilità di affrontare correttamente le questioni ontologiche, imparare da Berkeley e soprattutto da Hume (che, pur essendovi "arrivato successivamente", non cade nelle arbitrarie e false inferenze teologiche trattene da Bereley) che "esse est percipi".
Ovvero che la realtà che empiricamente attingiamo é costituita da apparenze sensibili, fenomeniche (insiemi e successioni di sensazioni materiali o mentali) reali unicamente in quanto tali e fintanto che sono realmente in atto (che accadono realmente) in quanto tali, e non mentre non le percepiamo. Per esempio il magnifico cedro del Libano nel giardino del mio vicino di casa non esiste allorché non esistono le sensazioni visive, uditive e olfattive di cui (e da nient' altro che dalle quali) é costituito (id est: allorché non lo vedo; sarebbe una plateale contraddizione pretenderlo!); ma invece se qualcosa di reale c' é – accade allorché non lo vedo, onde spiegare come mai nonappena mi colloco e guardo nei modi appropriati puntualmente lo vedo, allora questo "qualcosa di reale" deve essere qualcosa di diverso da tali sensazioni fenomeniche (che altrimenti dovrebbero essere reali – accadere realmente anche quando non fossero reali – non accadessero realmente ! ! !): deve essere invece qualcosa di non fenomenico (non apparente) ma solo congetturabile (noumeno) a tali sensazioni fenomeniche biunivocamente corrispondente.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Lou il 18 Giugno 2018, 19:42:05 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Giugno 2018, 19:41:23 PM
Perdonatemi ma trovo che la vostra posizione (certamente rispettabile e forse, per certi versi, anche condivisibile)
sia, come dire, esageratamente sbrigativa. E che poco faccia i conti proprio con il concetto di "relazione".
Affermare infatti che qualcosa (in questo caso l'assoluto) non "esiste" significa affermarlo in maniera assoluta.
Anche in questo caso mi rifaccio all'etimologia del termine "ex-sistere"; che vuol dire "stare saldamente fuori".
Fuori da che cosa? Naturalmente dall'interpretazione soggettiva; cioè dal relativo.
Trovo superfluo premettere "per me" (l'assoluto non esiste); ognuno di noi è in un certo qual modo "costretto" ad
esprimersi per assoluti (come il genio di Nietzsche ha intuito); essendo il silenzio la sola alternativa possibile.
Trovo perciò inevitabile, necessario, che tra il relativo e l'assoluto (come concetti, non certo come essenti
"concreti") si stabilisca una qualche relazione.
A mio modesto parere, l'identificazione fra assoluto e tutto (come fra relativo e molteplice) confonde e rende tutto
il discorso "distorto", ed appunto perchè troppo individua in questi due termini una esistenza "concreta" (che cioè
ha una posizione spazio-temporale).
saluti

(chiedo scusa all'amico Sgiombo: ho scritto questa risposta senza aver letto la sua)

Ecco si, appunto, carissimo Sgiombo, mi sembra tu abbia ben "inquadrato" il problema.
Dicevo di Nietzsche, il quale nei "Frammenti postumi" dice: "nell'eterno fluire delle cose di nulla potremmo dire
che è".
Cioè non potremmo mai, senza ricorrere all'assoluto, affermare che questa cosa E' questa cosa.
saluti e stima.
mauro
Quasi nulla potremmo dire che è tranne il divenire stesso, forse, che permane. Ciò che non diviene , non muta è il mutare stesso.
Come intravide Eraclito e sulla sua scia Nietzsche, al divenire i caratteri dell'essere...
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 18 Giugno 2018, 19:55:50 PM
Citazione di: sgiombo il 18 Giugno 2018, 18:19:33 PM
Citazione di: Phil il 17 Giugno 2018, 22:54:51 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
Per me dire (veracemente) che una filosofia in toto sia vera o falsa é impossibile
Concordo, e per questo non capisco bene quando dici che "un'ontologia che non sia anche metafisica, è falsa". Se non possiamo dire che la "filosofia di Tizio" sia in toto falsa o vera, come possiamo affermare che, "se non è metafisica, un'ontologia non può essere vera"? Abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità per l'ontologia in toto?
Ad essere franco questa obiezione mi sembra proprio un volgare sofisma. [...] Mica ho affermato che una filosofia monistica materialistica é perfettamente (o integralmente) falsa, ma solo che é falsa: c' é una bella differenza fra "falso" e "perfettamente o integralmente falso" ! ! !
Tale differenza mi intriga alquanto, soprattutto per poter redimere il mio volgare sofisma: se dico che la frase "bla, bla, bla" è "falsa", oppure che è "perfettamente o integralmente falsa", qual'è la differenza?
Come valore di verità esiste "F", ma anche il valore "piF" (perfettamente o integralmente Falso)?
Certo, qui non si parla di mere frasi, ma i valori di verità classici, per la logica, restano sempre quelli (possiamo aggiungerne altri con ulteriori tipi di logica, ma "piF" ammetto di non conoscerlo... non sarà mica un valore da "piFferaio"  ;D ).

Comunque, sto volentieri al gioco e riformulo diligentemente la domanda: se scrivi che un'ontologia che non sia anche metafisica è falsa (ma non perfettamente o integralmente!), allora abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità (ma non perfetta o integrale!) per l'ontologia?
Questo si che sarebbe un passo avanti!

A proposito, esiste anche una valore "perfettamente o integralmente vero"(piV) che ha una "bella differenza" dal "vero"(V)?


P.s.
Sul resto, probabilmente non ho saputo spiegarmi adeguatamente, né con l'esempio della "materialità della vista", né con la differenza fra progresso di una disciplina e progresso di un individuo (mi dispiace, non posso spenderci altre parole... non ne ho di migliori!).
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 18 Giugno 2018, 20:51:16 PM
Citazione di: Phil il 18 Giugno 2018, 19:55:50 PM
Citazione di: sgiombo il 18 Giugno 2018, 18:19:33 PM
Citazione di: Phil il 17 Giugno 2018, 22:54:51 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Giugno 2018, 20:16:08 PM
Per me dire (veracemente) che una filosofia in toto sia vera o falsa é impossibile
Concordo, e per questo non capisco bene quando dici che "un'ontologia che non sia anche metafisica, è falsa". Se non possiamo dire che la "filosofia di Tizio" sia in toto falsa o vera, come possiamo affermare che, "se non è metafisica, un'ontologia non può essere vera"? Abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità per l'ontologia in toto?
Ad essere franco questa obiezione mi sembra proprio un volgare sofisma. [...] Mica ho affermato che una filosofia monistica materialistica é perfettamente (o integralmente) falsa, ma solo che é falsa: c' é una bella differenza fra "falso" e "perfettamente o integralmente falso" ! ! !
Tale differenza mi intriga alquanto, soprattutto per poter redimere il mio volgare sofisma: se dico che la frase "bla, bla, bla" è "falsa", oppure che è "perfettamente o integralmente falsa", qual'è la differenza?
Come valore di verità esiste "F", ma anche il valore "piF" (perfettamente o integralmente Falso)?
Certo, qui non si parla di mere frasi, ma i valori di verità classici, per la logica, restano sempre quelli (possiamo aggiungerne altri con ulteriori tipi di logica, ma "piF" ammetto di non conoscerlo... non sarà mica un valore da "piFferaio"  ;D ).

Comunque, sto volentieri al gioco e riformulo diligentemente la domanda: se scrivi che un'ontologia che non sia anche metafisica è falsa (ma non perfettamente o integralmente!), allora abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità (ma non perfetta o integrale!) per l'ontologia?
Questo si che sarebbe un passo avanti!

A proposito, esiste anche una valore "perfettamente o integralmente vero"(piV) che ha una "bella differenza" dal "vero"(V)?


P.s.
Sul resto, probabilmente non ho saputo spiegarmi adeguatamente, né con l'esempio della "materialità della vista", né con la differenza fra progresso di una disciplina e progresso di un individuo (mi dispiace, non posso spenderci altre parole... non ne ho di migliori!).
CitazioneVeramente con questi banali sofismi e puerili prese in giro stai mettendo a dura prova la mia pazienza.

Come é inequivocabile da tutto quanto ho scritto finora, intendo dire che anche in un libro di ontologia monistico materialistico (che dunque secondo me propone una ontologia falsa) ci può pure essere qua e là qualche affermazione vera, dal momento che nessuno é perfetto, neanche in negativo, e dunque anche al peggiore monista materialista può "sfuggire" -che ne so?- che nel cervello ci sono neuroni o che a determinate lesioni cerebrali corrispondono necessariamente determinate menomazioni nelle funzioni psichiche.

Per esempio nel celebre ponderoso librone di Dennett sulla mente (a occhio e croce un migliaio di pagine, se ricordo bene!), che espone un' ontologia scientista per me falsa, certamente non il 100% delle proposizioni é falsa; ce ne sono certamente anche di vere, il che non toglie nulla alla falsità della sua ontologia).

E adesso, per favore, basta con le provocazioni ! ! !

Siamo seri, per favore ! ! !
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 18 Giugno 2018, 21:01:17 PM
Ho controllato.
Ricordavo male: sono quasi 600 pagine.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: Phil il 18 Giugno 2018, 21:15:29 PM
A parte la battuta del "piFferaio" (per scherzare, non certo per provocare  :) ), il resto del messaggio vorrebbe essere serio, soprattutto l'importante domanda (che mi permetto di riproporre, in versione disambiguata dalla tua precisazione "logica"):
Citazione di: Phil il 18 Giugno 2018, 19:55:50 PMse scrivi che un'ontologia che non sia anche metafisica è falsa (ma non perfettamente o integralmente!), allora abbiamo trovato (nell'esser metafisica) un criterio di verità (ma non perfetta o integrale!) per l'ontologia?
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 18 Giugno 2018, 22:19:54 PM
Salve. Per Sgiombo (tua risposta nr.60): Io non ho affermato che la FORMA sia costituita da- o sia identica alla coscienza. LA FORMA consente il funzionamento della coscienza. E' la disposizione, l'orientamento delle particelle che compongono una specie di "specchio interiore" semitrasparente attraverso il quale il sé può a volontà specchiarsi (autocoscienza) oppure, cambiando l'orientamento delle particelle, guardare il mondo esterno dietro la parete dello specchio (coscienza dell'alterità). Dall'esterno, invece, è impossibile osservare cosa ci sia dietro tale specchio (impenetrabilità dei nostri contenuti). Questo, secondo me, è il modo in cui FUNZIONA la coscienza.

Il paragone con le costruzioni umane l'ho scelto perché altamente semplificante e quindi comprensibile. Io cerco di scrivere anche per eventuali profani (visto che anch'io lo sono). L'intenzionalità delle motivazioni umane nel costruire non capisco cosa possa invalidare. Il ragionamento su forma, struttura, funzione funziona benissimo anche per termitai ed alveari. Tutto a questo modo ha un'intenzione. Quella di contribuire alla sopravvivenza del mondo. (Non importa se attraverso la propria specie, la propria individualità od i propri disegni architettonici).

Mi autocito : "Esistono quindi i progetti......."; forse avresti capito meglio se io avessi scritto "Il tutto quindi comincia con i progetti......".

Citando invece te : "E' sbagliato invece cercare le coscienze nei cervelli......". Certo, perché non le si troverà mai, visto che la coscienza è una FUNZIONE. Essa FUNZIONE, come ho accennato, è un'ente concettuale che non può coincidere con enti materiali o comunque fisici. La FUNZIONE di Dirigente Scolastico infatti è del tutto slegata dalla persona fisica, dagli atti, dalle idee di chiunque ricopra un tale incarico. Il Dirigente può cambiare in qualsiasi momento ma la FUNZIONE resterà. Salutoni.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 19 Giugno 2018, 11:11:30 AM
Citazione di: viator il 18 Giugno 2018, 22:19:54 PM
CitazioneObietto volentieri a Viator, ignorando deliberatamente provocatori e propalatori di penosi sofismi.

Salve. Per Sgiombo (tua risposta nr.60): Io non ho affermato che la FORMA sia costituita da- o sia identica alla coscienza. LA FORMA consente il funzionamento della coscienza. E' la disposizione, l'orientamento delle particelle che compongono una specie di "specchio interiore" semitrasparente attraverso il quale il sé può a volontà specchiarsi (autocoscienza) oppure, cambiando l'orientamento delle particelle, guardare il mondo esterno dietro la parete dello specchio (coscienza dell'alterità). Dall'esterno, invece, è impossibile osservare cosa ci sia dietro tale specchio (impenetrabilità dei nostri contenuti). Questo, secondo me, è il modo in cui FUNZIONA la coscienza.
CitazioneLa disposizione delle particelle materiali in un cervello e gli eventi neurofisiologici che la riguardano (che si trovano nelle coscienze* di coloro che osservano tale cervello: "esse est percipi" – Berkeley) sono tutt' altre cose (enti ed eventi) che "il sé" (cioè l' autocoscienza** in particolare, nell' ambito generale della coscienza**) del "titolare di tale cervello", necessariamente a tali eventi neurofisiologici (reali in altre coscienze*) biunivocamente corrispondente, come dimostrano più che convincentemente le neuroscienze: ad ogni certo determinato evento di coscienza** e a nessun altro corrispondono certi determinati eventi neurofisiologici e nessun altro in un certo determinato cervello e in nessun altro (nell' ambito di altre, diverse coscienze*) e viceversa.
 
Gli eventi neurofisiologici sono eventi materiali che accadono nell' abito di esperienze coscienti* e non comprendono alcun "omuncolo" cosciente che possa guardarsi in alcuno specchio (nemmeno metaforico) oppure guardare altrove e vedere il mondo esterno.
Le particelle del cervello non guardano nulla, semplicemente divengono secondo le leggi della fisiologia (biologia) perfettamente riducibili a quelle della fisica - chimica: partecipano ad eventi fisici (reali nell' ambito delle coscienze* degli osservatori del cervello stesso), e non agli eventi di coscienza** del "titolare di esso" (salvo il caso del tutto particolare e un po' cervellotico -e anche un po' raccapricciante- che costui abbia il cranio aperto e davanti a sé uno specchio, reale e preferibilmente non semitrasparente).
 
Naturalmente dall' esterno di una coscienza** non si può guardare* dentro una coscienza**: si possono solo guardare* eventualmente gli eventi neurofisiologici in un determinato cervello che ad essa** corrispondono.



Il paragone con le costruzioni umane l'ho scelto perché altamente semplificante e quindi comprensibile. Io cerco di scrivere anche per eventuali profani (visto che anch'io lo sono). L'intenzionalità delle motivazioni umane nel costruire non capisco cosa possa invalidare. Il ragionamento su forma, struttura, funzione funziona benissimo anche per termitai ed alveari. Tutto a questo modo ha un'intenzione. Quella di contribuire alla sopravvivenza del mondo. (Non importa se attraverso la propria specie, la propria individualità od i propri disegni architettonici).
CitazioneTralascio la questione della funzione della conservazione del mondo perché mi sembra espressione di una concezione irrazionalistica, mistica della realtà cui sono alieno (lo dico con tutto rispetto, senza intenzioni dispregiative: ognuno la pensi come gli pare insindacabilmente da parte di chichessia). Anche perché non mi pare rilevante per la questione dei rapporti cervello-coscienza.
 
Secondo me il parallelismo fra i cervelli e termitai, alveari, ecc. é invalidato (non tanto dall' intenzionalità delle realizzazioni umane, quanto) dal fatto che a questi ultimi non é ragionevole ammettere che corrisponda alcuna coscienza (non ci raccontano linguisticamente di esperienze coscienti, interiori od esteriori), contrariamente ai primi.



Mi autocito : "Esistono quindi i progetti......."; forse avresti capito meglio se io avessi scritto "Il tutto quindi comincia con i progetti......".

Citando invece te : "E' sbagliato invece cercare le coscienze nei cervelli......". Certo, perché non le si troverà mai, visto che la coscienza è una FUNZIONE. Essa FUNZIONE, come ho accennato, è un'ente concettuale che non può coincidere con enti materiali o comunque fisici. La FUNZIONE di Dirigente Scolastico infatti è del tutto slegata dalla persona fisica, dagli atti, dalle idee di chiunque ricopra un tale incarico. Il Dirigente può cambiare in qualsiasi momento ma la FUNZIONE resterà. Salutoni.
CitazioneMa se la coscienza fosse una funzione del cervello o delle particelle materiali che lo costituiscono, allora credo che necessariamente, osservando il cervello e le particelle materiali che lo costituiscono, ve la si troverebbe.
Infatti se cerchi in una scuola la funzione di dirigente scolastico (che é bensì distinguibile concettualmente ma non affatto separabile realmente dalla persona fisica, dagli atti, dalle idee di chiunque ricopra un tale incarico) vi troverai un preside che svolge per l' appunto tale funzione, ovvero vi troverai la funzione di dirigente scolastico svolta dal preside.
Mentre se cerchi in un cervello non vi puoi trovare che funzioni neurofisiologiche perfettamente riducibili ad eventi fisico – chimici ma non alcuna "funzione -  coscienza": in teoria l' uomo o altro animale che comprendesse tale cervello potrebbe anche essere uno zombi del tutto privo di coscienza (le cui funzioni cerebrali perfettamente riducibili a reazioni chimiche – eventi fisici si svolgerebbero del tutto regolarmente) senza che in alcun modo ti fosse possibile accorgertene.
Anche in un cervello in teoria (é un noto esperimento mentale; ovviamente non qualcosa di realizzabile in pratica di fatto!) potresti a poco a poco sostituire con "microprotesi materiali" (in silicio o in altri materiali) tutti i circuiti neurali che lo costituiscono e relative connessioni nervose periferiche afferenti ed efferenti, così persistendone la funzione pur essendo cambiato chi la svolge (ovvero "ne ricopre l' incarico").
Ma né prima il "cervello naturale", né alla fine della graduale sostituzione il "cervello artificiale" (nelle coscienze* di chi li osservi) si identificherebbero affatto con la coscienza** ad essi (per lo meno fino a un qualche certo momento della sostituzione fra strutture naturale e artificiali che svolgessero le funzioni neurofisiologiche) corrispondente, bensì sarebbero tutt' altro che la coscienza** del "titolare delle strutture che le svolgessero".
 
Ricambio cordialmente i saluti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 19 Giugno 2018, 16:48:12 PM
Salve Sgiombo. A proposito di "omuncoli" e di "titolari", al posto di questi io intendo il "me". Definizione di "me" (o se si preferisce, di "sè") :
"Ciò che resterà di me dopo che io mi sia separato da tutto ciò che è separabile da me".


Alla fine di questi interventi ci ritroveremo un essere artificiale il quale, se si rispetta il presupposto di aver riprodotto la completa FUNZIONALITA' fisiologica di tutti i suoi componenti, si comporterà e vivrà esattamente allo stesso modo di un umano. Salutoni.
Ovvio che, a parte il funzionamento fisiologico, una tale impresa ricostruttivo-sostitutiva riprodurrebbe anche eventuali mie patologie in atto.
Ovvio che riprodurrebbe tutti i miei contenuti genetici che ereditai alla nascita.
Ovvio che riprodurrebbe ogni genere di predisposizione, di capacità, di sensibilità, di individualità.
Ovvio che riprodurrebbe tutti i contenuti della mia memoria oltre a tutte le mie convinzioni.

Perchè dovrebbe cambiare qualcosa ? Abbiamo sostituito della materia (organica) la quale era disposta in una certa FORMA (la disposizione dei suoi componenti) che la rendeva adatta a svolgere un stupefacente quantità di raffinatissime FUNZIONI, e l'abbiamo fatto utilizzando altra materia (tecnologico/artificiale) alla quale abbiamo attribuito una qualsiasi FORMA che risultasse nei fatti adatta a svolgere le identiche FUNZIONI in identico modo. (nella pratica, per poter svolgere le stesse funzioni in modo perfettamente identico, occorre disporre della stessa FORMA).
Ma......alla fine......dov'è finito il "me" ? Credo sia rimasto al suo posto. Il "ME" è l'insieme delle FUNZIONI che mi fanno vivere.

Naturalmente sia la forma che la funzione sono CONCETTI. Ecco perchè possono sopportare benissimo lo scompaginamento della materia che avviene durante la sostituzione dei miei singoli componenti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 19 Giugno 2018, 21:40:47 PM
Risposta a Viator:

Sì, non cambierà nulla, il robot risultato finale della graduale sostituzione di strutture biologiche con strutture artificiali funzionanti allo stesso modo si comporterà esattamente allo stesso modo di un umano (sul "vivrà" sospenderei il giudizio; dipende da che cosa si intende per "vivere").

Ma ciò non significa che continuerà ad avere una coscienza.
Infatti nemmeno dell' esistenza reale delle altre coscienze di uomini ed animali (oltre alla "propria" immediatamente esperita, vissuta) si può avere certezza assoluta, non potendosene dimostrare l' esistenza né men che meno potendole esperire coscientemente; si ammette comunemente che esistano in corrispondenza biunivoca con ogni sistema nervoso "sufficientemente complesso e sofisticato", ma ammettere che esitano anche in corrispondenza biunivoca con macchine artificiali funzionanti come cervelli umani, in un certo senso che esistano in corrispondenza di qualsiasi "hardware", anche non naturale - biologico, che supporti un "software" simile a quello "implementato sui" cervelli biologici "sufficientemente complessi e sofisticati" é un' ulteriore ammissione indimostrabile, ulteriormente incerta.

Ma anche nel caso (non dimostrabile essere reale né non essere reale) che alla fine della sostituzione completa dei "circuiti" cerebrali con "circuiti" artificiali funzionanti esattamente allo stesso modo ("dalla medesima forma", per dirlo alla tua maniera) continuasse ad esistere (e ad evolversi) l' esperienza cosciente** iniziata in corrispondenza biunivoca col cervello naturale originario, questa non sarebbe affatto identificabile con il funzionamento del meccanismo artificiale, esattamente come precedentemente non era affatto identificabile con il funzionamento naturale del cervello (i quali -prima il cervello naturale e poi, alla fine della sua trasformazione passo a passo in una macchina artificiale, la macchina stessa- esistono comunque in altre, diverse coscienze*, quelle di loro osservatori, ben diverse, tutt' altre cose, dalla coscienza** del "titolare del cervello naturale poi trasformato in macchina artificiale": se anche quest' ultima coscienza** non fosse mai esistita e l' "organismo naturale prima, macchina poi" di cui parliamo fosse sempre stato una specie di zombi (prima biologico poi meccanico o elettronico: un robot senza coscienza) non ci sarebbe alcun modo di accorgersene da parte di chi lo osservasse (nella cui coscienza* si trovasse).


Sia la forma che la funzione sono CONCETTI, ma la coscienza reale e il cervello reale sono cose reali (fra loro biunivocamente corrispondenti -non completamente, solo negli eventi cerebrali che hanno un corrispondente cosciente: non per esempio nel sonno senza sogni- ma diversi, distinti, non identificabili in alcun modo.

Cordialissimi saluti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 19 Giugno 2018, 22:43:08 PM
Salve Sgiombo. nel mio precedente intervento ho affermato che la "nuova" creatura artificiale possiede - di "mio", anche LA MEMORIA.
La COSCIENZA è fatta di percezione del sé + percezione dell'alterità, IL TUTTO TENUTO ASSIEME E COLLEGATO DALLA MEMORIA.

Ricordi la metafora dello specchio semitrasparente ; Nel suo spessore è ricavato un alloggiamento che contiene una CAPIENTISSIMA SCHEDA DI MEMORIA il cui pregio è soprattutto IL MOTORE DI RICERCA INTERNO IMMENSAMENTE PIU' FLESSIBILE di quelli VIRTUALI  del web. Anch'esso però fornisce dei risultati che tengono conto della mia propria gerarchia di interessi "pubblicitari". Infatti tutte le memorie privilegiano i dati che noi stessi abbiamo in passato selezionato come più favorevoli alla nostra sopravvivenza, Anzitutto fisica ma poi.......infine anche psichica. Noi e la nostra coscienza ci fanno ricordare più a lungo e per prime le nozioni che più "ci piacciono".

Tutto questo poiché, come dovrebbe essere intuitivo, i motori di ricerca e l'intero web e l'intera informatica sono opera degli ORIGINALI corrispondenti, cioè dei nostri cervelli e coscienze ed "anime" intente a riprodurre una rozza copia di sé stesse e del loro funzionamento. Una copia del cervello può sempre far comodo, no? Lo stesso che è accaduto per il MONDO il quale ha creato la VITA come copia "di riserva" di sé stesso.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 20 Giugno 2018, 10:07:58 AM
Salve, Viator.
 
Purtroppo continuiamo a non intenderci.
 
La "memoria" di cui parli é puramente e semplicemente qualcosa di materiale, analogamente alla "memoria" di un computer: un insieme di stati del cervello naturale (collegamenti assonali e sinaptici) prima, della macchina artificiale (circuiti elettronici di semiconduttori o altro di analogo) dopo la sostituzione passo a passo delle strutture biologiche originarie.
Ma i ricordi coscienti sono tutt' altra cosa, anche se accadono (o "si evocano") nella coscienza** del "titolare del cervello-poi-macchina" (il quale cervello-poi-macchina si trova nelle coscienze* di eventuali osservatori) solo allorché tali circuiti prima neurologici e poi meccanici o elettronici si attivano (in corrispondenza biunivoca di tali "attivazioni").
 
Certe determinate esperienze coscienti** dei ricordi (e non altre) necessariamente accadono contemporaneamente a ed in corrispondenza biunivoca con certe determinate attivazioni di certi determinati circuiti prima neurologici poi artificiali e non altre (reali nelle esperienze coscienti* di chi le osservi), ma tuttavia sono ben altre "cose" (enti e/od eventi): da una parte per esempio i ricordi, magari vividi e coloratissimi, di albe, tramonti o arcobaleni, di emozioni magari intensissime di gioia o di paura, di sentimenti magari fortissimi, di ragionamenti e di esperienze vissute e informazioni acquisite, ecc. in una determinata coscienza** e dall' altra determinate attivazioni di circuiti neuronali biologici oppure artificiali elettronici di altra natura materiale non biologica in determinate altre coscienze*: che differenza enorme fra le due pur necessariamente coesistenti e biunivocamente corrispondenti!.
 
Un cervello é una certa determinata cosa (reale, accadente nella coscienza* di chi lo osservi), l' esperienza cosciente** che il "titolare di tale cervello" sta vivendo-esperendo é tutt' altra cosa anche se di necessità le due cose accadono contemporaneamente e in modo biunivocamente corrispondente: determinate attivazioni di determinate aree e circuiti cerebrali (che accadono nell' abito delle esperienze coscienti* di osservatori) e non altri in caso di determinate esperienze coscienti** (corrispondenti a ciò che accade nel cervello dell' osservato) e non altre e viceversa.
 
Non comprendo punto le tue considerazioni finali sulle "copie" della realtà e dei cervelli; ma sicuramente queste ultime non possono con tutta evidenza essere identificate con le esperienze coscienti corrispondenti agli eventi cerebrali: é difficile trovare altre cose tanto reciprocamente diverse quanto lo sono determinate attività neurofisiologiche cerebrali (potenziali d' azione, eccitazioni e/o inibizioni trans-sinaptiche, ecc.) da una parte (nelle esperienze coscienti* degli osservatori dei cervelli) e le esperienze coscienti vissute (coloratissimi arcobaleni, emozionanti sensazioni, forti sentimenti, rigorosi ragionamenti, ecc. a seconda dei casi) in altre, diverse esperienze coscienti** dall' altra.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 20 Giugno 2018, 12:57:20 PM
Salve Sgiombo. La memoria consiste nelle informazioni e non nel supporto di memoria rappresentato da cellule o chips. Le informazioni sono enti (mentalmente)concettuali quindi (fisicamente) immateriali, dal momento che sono codificate da un insieme di "stati" energetici. L'energia infatti è una dimensione fisica IMMATERIALE (non per nulla si distingue tra materia ed energia).
Se l'energia non fosse immateriale - ad esempio - non potrebbe propagarsi alla velocità della luce. (Solo ciò che è privo di massa può venir accelerato sino a tale velocità-limite).
Per avere a che fare con l'immaterialità non è quindi necessario scomodare lo spiritualismo o porsi profondissimi quesiti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 21 Giugno 2018, 09:38:42 AM
Ciao, Viator.
 
Ma massa ed energia si trasformano l' una nell' altra secondo proporzioni definite (e = m c c), deterministicamente (in circostanze definite da modalità o leggi universali e costanti): sono la stessa cosa ("materia in generale") che deterministicamente passa continuamente dallo stato di massa o "materia massiva" allo stato di energia o "materia energetica" e viceversa.
Tutto ciò nell' ambito del mondo (fenomenico) materiale naturale (la cartesiana "res extensa"), esperito in terza persona, (postulabile sebbene non dimostrabile essere) intersoggettivo e misurabile attraverso rapporti espressi da numeri, e dunque scientificamente conoscibile.
 
Non vedo perché mai l' energia (ma invero solo quella elettromagnetica), per il fatto di essere materia, non dovrebbe potersi propagare alla velocità della luce, cosa impossibile unicamente a quell' altro stato o forma della materia, alternativo a quello energetico, che é la massa; casomai per essere materia non dovrebbe potersi muovere a velocità infinita; ed infatti non lo fa.
E per avere a che fare con l'immaterialità è quindi necessario prescindere dalla materialità (anche energetica: non confondere "immaterialità" ovvero "non materialità" con "non massività"), senza necessariamente cadere nello spiritismo (pensare ad anime immortali e affini), ma comunque non confondendo la res cogitans con quella parte non massiva ma pur sempre materiale della res extensa che é l' energia.
 
Invece il pensiero é un altro "ambito" (pure fenomenico) della realtà, non misurabile attraverso rapporti numerici  e non postulabile essere intersoggettivo (e dunque non conoscibile scientificamente; per lo meno in senso "stretto" o "forte") e con quello materiale naturale (=massivo e/o energetico) non comunicante o in alcun modo interferente (per la chiusura causale del mondo fisico, che é un' altra condizione della conoscibilità scientifica di quest' ultimo), ma che si può solo postulare con esso divenga in corrispondenza biunivoca.
E' con tutta evidenza tutt' altro che quella componente del mondo fisico o materiale naturale che é l' energia (materia in forma energetica).
 
Le informazioni (in senso stretto o letterale; non la cosiddetta metaforicamente "informazione" come caratteristica del mondo fisico materiale, cioé il suo ordine, il modo determinato e non casuale in cui diviene, oggi molto di moda ma decisamente fuorviante) sono mentali, concettuali (costituiti da pensieri), quindi immateriali;
Il fatto che possano essere simbolizzate verbalmente (materialmente: su carta o altro supporto materiale o attraverso quegli eventi fisici, materiali, che sono i suoni: propagazioni -peraltro a velocità sottoluminale- di energia meccanica) o comunque codificate su supporti fisici (materiali) in modo da poterle comunicare e conservare nel tempo (rileggendo gli scritti o comunque decodificando quanto simbolizzato su supporti materiali) non ne fa qualcosa di fisico materiale (quale é invece quella forma di materia che chiamiamo energia): i concetti (mentali) non sono (e non vanno confusi con) i loro rispettivi simboli o corrispondenti materiali, ma invece i significati a questi arbitrariamente attribuiti per convenzione, che questi evocano nelle menti (e non nei cervelli) per associazione di idee.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 21 Giugno 2018, 18:08:41 PM
Salve Sgiombo.
"Non vedo perché mai l' energia (ma invero solo quella elettromagnetica), per il fatto di essere materia, non dovrebbe potersi propagare alla velocità della luce, cosa impossibile unicamente a quell' altro stato o forma della materia, alternativo a quello energetico, che é la massa; casomai per essere materia non dovrebbe potersi muovere a velocità infinita; ed infatti non lo fa
Forse c'è stata una vista nel leggere il mio testo precedente, nel quale io precisavo che l'energia (una delle due dimensioni della SOSTANZA, assieme alla materia eventualmente  massificata) è caratterizzata dal poter propagarsi alla velocità della luce. Il fatto che massa ed energia siano reciprocamente convertibili e le relative condizioni ed esiti della reciproca convertibilità fa in modo che la materia-massa possa venir definita come "energia estremamente concentrata" e la energia-forza come "materia estremamente diluita".

"E per avere a che fare con l'immaterialità è quindi necessario prescindere dalla materialità (anche energetica: non confondere "immaterialità" ovvero "non materialità" con "non massività")".
Qui si apre il caso. Ti spiego la mia visione del mondo fisico :

Il mondo fisico privo della presenza umana consiste in una unicità (che chiameremo SOSTANZA) che vive attraverso l'intrinseca contraddizione di una duplicità: quella costituita dalla MATERIA da una parte e dall'ENERGIA dall'altra. Chiamiamo queste ultime due "DIMENSIONI della SOSTANZA".
Non posso/voglio qui spiegarti in cosa consista secondo me tale contraddizione (che chiameremo ENTROPIA) perchè la faremmo troppo lunga.
La continua parziale trasformazione di materia in energia (e viceversa) genera la "vita" del mondo fisico.

Il mondo fisico includente la presenza umana consiste nell'apparire altre due DIMENSIONI che si affiancano alla materia ed all'energia: esse sono il TEMPO e lo SPAZIO. Il loro insieme si chiama FORMA. Anche queste due dimensioni sono reciprocamente convertibili : "v=s/t". Andando più veloci si può "accorciare lo spazio" impiegando meno tempo, no?.
Quindi abbiamo due "dimensioni sostanziali" e due "dimensioni formali", queste ultime generate dall'apparizione dell'uomo.
In che senso ? Perchè l'uomo è apparso come "osservatore dell'esistente" per osservarlo ha utilizzato una modalità, una FORMA in cui lo osserva. Il TEMPO è solo la dimensione FORMALE consistente nella percezione, da parte nostra delle modalità con cui avvengono i fenomeni che coinvolgono la MATERIA. Lo SPAZIO è la stessa cosa per quanto guarda i fenomeni che coinvolgono l'ENERGIA.
Quindi delle quattro dimensioni classiche utilizzate  dalla scienza (umana) fisica (materia, energia, tempo, spazio) due fanno parte del mondo fisico, le altre due della mente dello scienziato che le esamina.
Il tempo e lo spazio non fanno parte della realtà a noi esterna (SOSTANZIALE) ma solo di quella a noi interna (FORMALE).
Ecco quindi la distinzione tra il mondo MATERIALE (SOSTANZA ed oggettività) e IMMATERIALE (FORMA e soggettività).
Più in là non vado, almeno per ora. Ma altre cose mi sono trovato a pensare. Salutoni.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 21 Giugno 2018, 21:24:34 PM
Citazione di: viator il 21 Giugno 2018, 18:08:41 PM
Salve Sgiombo.
"Non vedo perché mai l' energia (ma invero solo quella elettromagnetica), per il fatto di essere materia, non dovrebbe potersi propagare alla velocità della luce, cosa impossibile unicamente a quell' altro stato o forma della materia, alternativo a quello energetico, che é la massa; casomai per essere materia non dovrebbe potersi muovere a velocità infinita; ed infatti non lo fa
Forse c'è stata una vista nel leggere il mio testo precedente, nel quale io precisavo che l'energia (una delle due dimensioni della SOSTANZA, assieme alla materia eventualmente  massificata) è caratterizzata dal poter propagarsi alla velocità della luce. Il fatto che massa ed energia siano reciprocamente convertibili e le relative condizioni ed esiti della reciproca convertibilità fa in modo che la materia-massa possa venir definita come "energia estremamente concentrata" e la energia-forza come "materia estremamente diluita".

CitazioneTu hai scritto.
"Se l'energia non fosse immateriale - ad esempio - non potrebbe propagarsi alla velocità della luce".
Dove sarebbe la mia svista?
Le tue parole inequivocabilmente negano che qualcosa di materiale (ovvero: qualcose che non sia immateriale) possa propagarsi alla velocità della luce, al che ho obiettato che casomai qualcosa di materiale non potrebbe propagarsi a velocità infinita, ma alla velocità della luce può benissimo farlo.

Quella che chiami "
SOSTANZA" non é che la materia, la quale può presentarsi o come massa o come energia, non si crea né si annichila (resta complessivamente di quantità costante),  ma continuamente si trasforma dall' una all' altra e viceversa secondo modalità e in quantitativi universali e costanti.



"E per avere a che fare con l'immaterialità è quindi necessario prescindere dalla materialità (anche energetica: non confondere "immaterialità" ovvero "non materialità" con "non massività")".
Qui si apre il caso. Ti spiego la mia visione del mondo fisico :

Il mondo fisico privo della presenza umana consiste in una unicità (che chiameremo SOSTANZA) che vive attraverso l'intrinseca contraddizione di una duplicità: quella costituita dalla MATERIA da una parte e dall'ENERGIA dall'altra. Chiamiamo queste ultime due "DIMENSIONI della SOSTANZA".
Non posso/voglio qui spiegarti in cosa consista secondo me tale contraddizione (che chiameremo ENTROPIA) perchè la faremmo troppo lunga.
La continua parziale trasformazione di materia in energia (e viceversa) genera la "vita" del mondo fisico.

CitazioneIl mondo fisico non é (di fatto) privo della "presenza umana" ma invece la comprende.

Quella fra massa ed energia, le due forme della materia che, restando complessivamente costante (quantitativamente), non creandosi né annichilendosi mai, si trasforma continuamente secondo proporzioni determinate universali e costanti (e = m c c) dall' una all' altra non può essere considerata una contraddizione, ma casomai una complementarità fra due modi di essere della materia stessa.
Nel che non c' é proprio nulla di contraddittorio (contrariamente alle pretese di Parmenide e di Severino): é il divenire naturale (che fra ' altro, in determinate, particolari condizioni, genera la vita).

Secondo il II° principio della termodinamica l' entropia é una grandezza fisica che tende a crescere (=/=cresce sempre e comunque!) nei sistemi termodinamicamente isolati (=/= in qualsiasi sistema termodinamico, compresi quelli chiusi ma non isolati e quelli quelli aperti!), spiegando l' evoluzione della probabilità della configurazione macroscopica di essi nel tempo come espressione (o conseguenza) della frequenza relativa delle sue diverse possibili configurazioni macroscopiche caratterizzate da diversa quantità di ordine (o inversamente di informazioni di cui é necessario disporre per descriverle).



Il mondo fisico includente la presenza umana consiste nell'apparire altre due DIMENSIONI che si affiancano alla materia ed all'energia: esse sono il TEMPO e lo SPAZIO. Il loro insieme si chiama FORMA. Anche queste due dimensioni sono reciprocamente convertibili : "v=s/t". Andando più veloci si può "accorciare lo spazio" impiegando meno tempo, no?.

CitazioneAnche quelle parti del mondo fisico che non implicano (non ancora, oppure non più, oppure non mai) la presenza umana divengono (cambiano ordinatamente, cioé secondo modalità generali universali e costanti, astraibili da parte de pensiero scientifico dai variabili e cangianti particolari concreti) nello spaziotempo.

Non vedo in che senso le accelerazioni possano essere considerate conversioni reciproche fra spazio e tempo.

Quindi abbiamo due "dimensioni sostanziali" e due "dimensioni formali", queste ultime generate dall'apparizione dell'uomo.
In che senso ? Perchè l'uomo è apparso come "osservatore dell'esistente" per osservarlo ha utilizzato una modalità, una FORMA in cui lo osserva. Il TEMPO è solo la dimensione FORMALE consistente nella percezione, da parte nostra delle modalità con cui avvengono i fenomeni che coinvolgono la MATERIA. Lo SPAZIO è la stessa cosa per quanto guarda i fenomeni che coinvolgono l'ENERGIA.

CitazioneAnche gli animali comparsi prima dell' uomo osservano (anche se molto meno "contemplativamente", "teoricamente", disinteressatamente) l' esistente (quella parte che é percepibile dai loro organi di senso; ma questa limitazione vale altrettanto per l' uomo).

Il tempo scorre in natura (=la natura diviene) anche senza alcuna osservazione (umana in particolare), del tutto indipendentemente da qualsiasi eventuale osservazione (umana o meno).
E di conseguenza ogni osservazione umana della natura avviene, in quanto fenomeno naturale, nel divenire naturale, id est: nel tempo.

Quindi delle quattro dimensioni classiche utilizzate  dalla scienza (umana) fisica (materia, energia, tempo, spazio) due fanno parte del mondo fisico, le altre due della mente dello scienziato che le esamina.

Il tempo e lo spazio non fanno parte della realtà a noi esterna (SOSTANZIALE) ma solo di quella a noi interna (FORMALE).
Ecco quindi la distinzione tra il mondo MATERIALE (SOSTANZA ed oggettività) e IMMATERIALE (FORMA e soggettività).
Più in là non vado, almeno per ora. Ma altre cose mi sono trovato a pensare. Salutoni.

CitazioneDi tutte quelle da te enunciate solo il tempo é una dimensione del divenire naturale (lo spazio é costituito dall' insieme di tre dimensioni; secondo alcune teorie che personalmente non condivido da di più di tre).
Solo il tempo é una dimensione del divenite mentale (oltre che di quello fisico ovvero materiale; per dirlo alla tua personale maniera "sostanziale"); le altre sono proprie unicamente del mondo fisico materiale ("sostanziale").

Ricambio di cuore i cordiali saluti.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: viator il 22 Giugno 2018, 22:44:59 PM
Salve Sgiombo. Farò un ultimo sforzo chiarificatorio.

"Se l'energia non fosse immateriale - ad esempio - non potrebbe propagarsi alla velocità della luce".
Dove sarebbe la mia svista?
Le tue parole inequivocabilmente negano che qualcosa di materiale (ovvero: qualcose che non sia immateriale) possa propagarsi alla velocità della luce, al che ho obiettato che casomai qualcosa di materiale non potrebbe propagarsi a velocità infinita, ma alla velocità della luce può benissimo farlo".

La tua svista (o convinzione secondo me errata) consiste nel sostenere che un ente materiale possa muoversi alla velocità della luce. Un ente materiale, possedendo una massa, non può raggiungere la velocità della luce perchè l'energia occorrente ad accelerarlo fino a tale velocità aumenta costantemente al crescere della velocità dell' "oggetto" sino a diventare INFINITA. E' come per lo zero assoluto, infinitamente avvicinabile ma mai raggiungibile. Comunque ciò risulta da qualsiasi testo o voce che tratti della "velocità della luce".


"Quella che chiami "SOSTANZA" non é che la materia, la quale può presentarsi o come massa o come energia"
Io chiamo SOSTANZA la coppia di dimensioni fisiche che la scienza ufficiale chiama rispettivamente e separatamente materia ed energia. Concordo sul fatto che materia ed energia siano reciprocamente convertibili e che la quantità totale di SOSTANZA resti invariata all'interno del mondo.

Se tu preferisci chiamare sostanza la sola materia oppure non vuoi attribuire un nome, una defizione all'insieme delle due dimensioni che, secondo me - visto che rappresentano le due facce della medesima medaglia - rappresentano l'UNICITA' fondamentale.........OK, prendo atto.


Il mondo fisico non é (di fatto) privo della "presenza umana" ma invece la comprende
Non capisco la tua precisazione. Nellla prima ipotesi ho considerato lo stato di un mondo prima dell'arrivo dell'uomo o dopo la sua scomparsa, nel secondo caso ho parlato dell'attualità del mondo , la quale include ovviamente anche noi umani


"Secondo il II° principio della termodinamica l' entropia é una grandezza fisica che tende a............"
L'esistenza dell'entropia genera la contraddizione (esclusivamente logica e filosofica) fondamentale circa l'essere del mondo. L'entropia è quell'andamento delle cose (cioè la modalità di funzionamento del mondo fisico) che fa in modo che l'energia tenda a distribuirsi da dove ce nè di più verso dove ce n'è di meno.
Quindi consiste nella tendenza al raggiungimento dell'equilibrio energetico e termico che si realizzarebbe una volta che - infine - dappertutto fosse presente la stessa quantità di energia (cioè la medesima temperatura). Il guaio sarebbe che, raggiunta tale condizione, non ci sarebbe più energia che si sposta e cesserebbero le trasmutazioni tra materia ed energia. Nulla più potrebbe accadere e quindi assisteremmo alla morte del mondo fisico (credo proprio anche di quello "formale", cioè astratto e spirituale !). Tale tendenza però si realizza attraverso i fenomeni fisici che intanto fanno "vivere" il mondo. Perciò l'entropia lavora facendo esistere l'opposto di ciò a cui tende. L'entropia realizza la continua diversificazione dei contenuti del mondo (vita del mondo) che si oppone nei fatti alla tendenziale uniformità di essi (morte del mondo).


Non vedo in che senso le accelerazioni possano essere considerate conversioni reciproche fra spazio e tempo.
Mai affermato da parte mia  : ho solo detto "Andando più veloci si può "accorciare lo spazio" impiegando meno tempo, no?". Tale considerazione riguarda unicamente la velocità momentanea che si sta tenendo, non il fatto che possa occorrere una accelerazione per raggiungerla.



Anche gli animali comparsi prima dell' uomo osservano
Benvenuti gli animali, allora. Se osservano allo stesso modo dell'uomo, applicheremo democraticamente ad essi le considerazioni fatte per l'uomo, altrimenti lasciamoli perdere.



Il tempo scorre in natura (=la natura diviene) anche senza alcuna osservazione (umana in particolare)
Guarda che non è l'osservazione umana a far si che il tempo esista fuori di noi mentre osserviamo. Secondo te, mi sembra, il tempo è una dimensione oggettiva e fisica. Secondo me è una modalità di percezione psichica. Quello che tu chiami scorrere del tempo (locuzione perfettamente sensata in via interlocutoria) io lo chiamo "sequenza degli eventi", cioè "svolgersi dell'essere" cioè "inarrestabile concatenazione di cause ed effetti". Quindi l'uomo osservatore non sta guardando il tempo (che è solo in lui) ma gli eventi.


(lo spazio é costituito dall' insieme di tre dimensioni; secondo alcune teorie che personalmente non condivido da di più di tre).

Lo spazio, ripeto, secondo me è solo la modalità psichica con cui noi percepiamo l'esistenza della materia, e non possiede "sottodimensioni". Le tre (od "n") dimensioni con le quali noi ci trastulliamo hanno un significato geometrico e non fisico. Fanno quindi parte delle convenzioni presenti nel linguaggio matematico-geometrico (assieme ai concetti di retta, semiretta, striscie di Moebius etc., le quali sono anch'esse solo nostre creazioni mentali).

Chiudo augurandoti qualcosa che credo prezioso nelle giornate attuali : tanto fresco. Salutoni.
Titolo: Re:Relativo, Assoluto, Totalità
Inserito da: sgiombo il 23 Giugno 2018, 16:13:11 PM
Citazione di: viator il 22 Giugno 2018, 22:44:59 PM
CitazioneSalve, Viator!

Salve Sgiombo. Farò un ultimo sforzo chiarificatorio.

"Se l'energia non fosse immateriale - ad esempio - non potrebbe propagarsi alla velocità della luce".
Dove sarebbe la mia svista?
Le tue parole inequivocabilmente negano che qualcosa di materiale (ovvero: qualcose che non sia immateriale) possa propagarsi alla velocità della luce, al che ho obiettato che casomai qualcosa di materiale non potrebbe propagarsi a velocità infinita, ma alla velocità della luce può benissimo farlo".

La tua svista (o convinzione secondo me errata) consiste nel sostenere che un ente materiale possa muoversi alla velocità della luce. Un ente materiale, possedendo una massa, non può raggiungere la velocità della luce perchè l'energia occorrente ad accelerarlo fino a tale velocità aumenta costantemente al crescere della velocità dell' "oggetto" sino a diventare INFINITA. E' come per lo zero assoluto, infinitamente avvicinabile ma mai raggiungibile. Comunque ciò risulta da qualsiasi testo o voce che tratti della "velocità della luce".

CitazioneUn ente materiale non necessariamente possiede una massa, potendo trattarsi benissimo di energia senza massa, per esempio di una radiazione elettromagnetica ovvero un fascio di fotoni che hanno massa = 0).
E in questo caso nulla osta al suo propagarsi alla velocità della luce (ma casomai a una velocità infinita).
Infatti "ciò risulta da qualsiasi testo o voce che tratti della velocità della luce".



"Quella che chiami "SOSTANZA" non é che la materia, la quale può presentarsi o come massa o come energia"
Io chiamo SOSTANZA la coppia di dimensioni fisiche che la scienza ufficiale chiama rispettivamente e separatamente materia ed energia. Concordo sul fatto che materia ed energia siano reciprocamente convertibili e che la quantità totale di SOSTANZA resti invariata all'interno del mondo.

Se tu preferisci chiamare sostanza la sola materia oppure non vuoi attribuire un nome, una defizione all'insieme delle due dimensioni che, secondo me - visto che rappresentano le due facce della medesima medaglia - rappresentano l'UNICITA' fondamentale.........OK, prendo atto.
CitazioneNo, guarda che tu (confondendo ciò che la scienza ufficiale intende per "massa" con ciò che la scienza ufficiale intende per "materia") chiami SOSTANZA (non ciò che la s. u. chiama "massa", bensì) ciò che la s, u. intende come "materia" (e chiama solitamente "energia"), la quale può trasformarsi secondo proporzioni definite, universali e costanti da massa ad energia e viceversa (di fatto da parte della scienza ufficiale si preferisce parlare di "energia" per indicare quella che secondo me meglio -sventando il pericolo di fraintendimenti come il tuo proprio- sarebbe chiamare "materia (in generale)", ovvero quella che tu chiami "SOSTANZA", della quale "energia" chiama indifferentemente "massa" o "materia" (ovvero:) le "manifestazioni" o "i casi" dotati di massa (per l' appunto "energia massiva", "energia dotata di, o caratterizzata -anche- da, massa).
 
Infatti massa ed energia sono reciprocamente convertibili e dunque la quantità di materia (in generale: di ciò che tu chiami "SOSTANZA" e che la scienza ufficiale solitamente chiama "energia") resta invariata nel mondo fisico materiale.



"Secondo il II° principio della termodinamica l' entropia é una grandezza fisica che tende a............"
L'esistenza dell'entropia genera la contraddizione (esclusivamente logica e filosofica) fondamentale circa l'essere del mondo. L'entropia è quell'andamento delle cose (cioè la modalità di funzionamento del mondo fisico) che fa in modo che l'energia tenda a distribuirsi da dove ce nè di più verso dove ce n'è di meno.
Quindi consiste nella tendenza al raggiungimento dell'equilibrio energetico e termico che si realizzarebbe una volta che - infine - dappertutto fosse presente la stessa quantità di energia (cioè la medesima temperatura). Il guaio sarebbe che, raggiunta tale condizione, non ci sarebbe più energia che si sposta e cesserebbero le trasmutazioni tra materia ed energia. Nulla più potrebbe accadere e quindi assisteremmo alla morte del mondo fisico (credo proprio anche di quello "formale", cioè astratto e spirituale !). Tale tendenza però si realizza attraverso i fenomeni fisici che intanto fanno "vivere" il mondo. Perciò l'entropia lavora facendo esistere l'opposto di ciò a cui tende. L'entropia realizza la continua diversificazione dei contenuti del mondo (vita del mondo) che si oppone nei fatti alla tendenziale uniformità di essi (morte del mondo).
CitazioneSecondo il II° pr. d. TD. il raggiungimento dell'equilibrio energetico e termico tende a realizzarsi (e non: necessariamente sempre e comunque si realizza!) una volta che [non: "dappertutto" ma invece soltanto nei sistemi termodinamicamente isolati!] fosse uniformemente distribuita la stessa quantità di energia [termica]; e inoltre non "infine", non essendo impossibile (ma solo improbabilissimo =/= infinitamente improbabile! =/= impossibile!), anche nei sistemi termodinamicamente isolati una violazione di un processo "tendenziale" (=/= assolutamente, inderogabilmente necessario sempre e comunque).
Ovvero potrebbe ancora darsi, per quanto improbabilissimamente, che ci fosse ancora energia [e pure massa] che si sposta e che ancora accadessero trasmutazioni tra massa ed energia (nell' ambito della costanza quantitativa della materia in generale): nessuna ineluttabile "morte del mondo fisico"!
Anche perchél' universo fisico (secondo me; e contro le cosmologie conformistiche) é esteso spazialmente (e temporalmente) al' infinito, e dunque non può essere considerato un sistema termodinamicamente isolato (non potendo esistere altro da esso che lo circoscriva e da cui possa essere termodinamicamente isolato); inoltre perché (comunque, anche ammessa e non concessa la finitezza spaziale dell' universo fisico) in un tempo infinito prima o poi accadono anche gli eventi più improbabili (=/= infinitamente improbabili =/= impossibili).
 
Questo ci ha insegnato il grandissimo Boltzmann (e un secolo dopo Prigogine non l' aveva ancora capito).
 
Peraltro la vita (complessivamente) costituisce un sistema termodinamico aperto (scambia con il resto dell' universo materia, sia sotto forma di massa che di energia) per il quale non vale dunque il II° principio, abbassandosi la sua entropia proprio in virtù degli apporti materiali (e in particolare energetici ad alta temperatura) dal suo esterno.



Non vedo in che senso le accelerazioni possano essere considerate conversioni reciproche fra spazio e tempo.
Mai affermato da parte mia  : ho solo detto "Andando più veloci si può "accorciare lo spazio" impiegando meno tempo, no?". Tale considerazione riguarda unicamente la velocità momentanea che si sta tenendo, non il fatto che possa occorrere una accelerazione per raggiungerla.

CitazioneVeramente hai scritto testualmente (copio/incollo):
 
"...il TEMPO e lo SPAZIO. Il loro insieme si chiama FORMA. Anche queste due dimensioni [inequivocabilmente il tempo e lo spazio, N.d.R.] sono reciprocamente convertibili : "v=s/t".
Andando più veloci [= accelerando] si può "accorciare lo spazio" impiegando meno tempo, no?



Il tempo scorre in natura (=la natura diviene) anche senza alcuna osservazione (umana in particolare)
Guarda che non è l'osservazione umana a far si che il tempo esista fuori di noi mentre osserviamo. Secondo te, mi sembra, il tempo è una dimensione oggettiva e fisica. Secondo me è una modalità di percezione psichica. Quello che tu chiami scorrere del tempo (locuzione perfettamente sensata in via interlocutoria) io lo chiamo "sequenza degli eventi", cioè "svolgersi dell'essere" cioè "inarrestabile concatenazione di cause ed effetti". Quindi l'uomo osservatore non sta guardando il tempo (che è solo in lui) ma gli eventi.
CitazioneGuarda che, se é vera la conoscenza scientifica (che se non lo credi, allora non penso potremmo intenderci), allora il tempo é una dimensione fisica (= materiale naturale) intersoggettiva, per quanto relativa, dello spaziotempo, reale "fuori di noi" (indipendentemente dalla presenza o meno qualsiasi eventuale osservatore), oltre che un aspetto del nostro divenire interiore o menale (o ("psichico").
 
Quindi l'uomo osservatore sta proprio guardando il tempo (che non è solo in lui) ma anche negli eventi fisici naturali materiali, il cui "svolgersi dell'essere" è un "inarrestabile concatenazione di cause ed effetti".



(lo spazio é costituito dall' insieme di tre dimensioni; secondo alcune teorie che personalmente non condivido da di più di tre).

Lo spazio, ripeto, secondo me è solo la modalità psichica con cui noi percepiamo l'esistenza della materia, e non possiede "sottodimensioni". Le tre (od "n") dimensioni con le quali noi ci trastulliamo hanno un significato geometrico e non fisico. Fanno quindi parte delle convenzioni presenti nel linguaggio matematico-geometrico (assieme ai concetti di retta, semiretta, striscie di Moebius etc., le quali sono anch'esse solo nostre creazioni mentali).
CitazioneSecondo me lo spazio é un aspetto astratto dei fenomeni (insiemi, successioni di sensazioni) materiali (è qualcosa di fenomenico materiale e non fenomenico "psichico" se, come comunemente accade, per "psichico" si intende il fenomenico mentale e non materiale); e con tutta evidenza empirica si articola in tre dimensioni (almeno; secondo molti in più di tre).
Le tre "o più) dimensioni con le quali "ci trastulliamo" utilmente e dilettevolmente conoscendo scientificamente il mondo materiale naturale hanno anche un dignificato "fisico" (= fenomenico materiale), oltre che geometrico (fenomenico mentale).
 
Assieme ai concetti di retta, semiretta, strisce di Moebius etc., sono anch'esse nostre astrazioni (fenomeniche) mentali dal mondo (fenomenico) materiale (postulabile, anche se non dimostrabile, essere) intersoggettivo e scientificamente conoscibile.

Chiudo augurandoti qualcosa che credo prezioso nelle giornate attuali : tanto fresco. Salutoni.
CitazioneChiudo ricambiando il gradito augurio di frescura e i salutoni!