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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: green demetr il 15 Maggio 2017, 19:14:48 PM

Titolo: Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 15 Maggio 2017, 19:14:48 PM
Prendo l'abbrivio dall'ultimo posto di Maral dal 3d cosa è l'uomo?
Le domande che pone mi hanno convinto dell'apertura di un 3d, a cui tengo particolarmente.


Citazione di: maral il 14 Maggio 2017, 23:43:37 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:04:58 PM
Pensa anche solo a Severino, ti ricordi i  nostri discorsi che partivano da alcune considerazioni di Berto? Ti ricordi come Berto era d'accordo a considerare la metafisica di Severino corretta a livello formale?

Non è infatti la correttezza formale, che rende la filosofia di Severino sulla realtà così Grande??
Temo che la correttezza formale non sia sufficiente (a parte che una correttezza formale assoluta si presenta sempre discutibile: quella che Severino chiama la follia dell'autocontraddizione da dove può saltar fuori se non dal principio di non contraddizione stesso che la contiene?)
Ma purtroppo c'è un punto che mi pare sempre più problematico da risolvere nel sistema di Severino che stabilisce su base formale tautologica e dunque incontrovertibile l'eternità dell'ente e il punto è: cos'è questo ente che eternamente è l'ente che è? Cos'è questa lampada accesa? Questo ciocco nel camino? Questo uomo seduto vicino al camino con la lampada accesa? Cos'è ogni ente che mentre lo dico già non è più quell'ente, perché un altro è già sopraggiunto al suo posto? E' qui che non mi ci raccapezzo più con Severino, a meno di non spostarsi dall'ente al significato dell'ente e in questo mi accosto a Sini, ma anche qui poi sorgono altre perplessità per cui trovo comunque estremamente difficile tenersi sul filo di un corretto pensare senza capitombolare e io per primo senza nemmeno accorgermene.

Per quanto riguarda le gerarchie, proprio oggi ho assistito a un incontro con Alessandro Carrera intitolato "Un pensiero non gerarchico" (ho pensato subito, qui dovrebbe esserci Green  :) ). Ora Carrera è un filosofo (di scuola siniana), attualmente direttore dell'istituto di italianistica all'università di Huston, davvero un personaggio poliedrico ad alto livello che si è occupato e si occupa di tutto (dalla psicosomatica, a Leopardi, alla musica, alla traduzione dei testi di Bob Dylan di cui è il curatore ufficiale), sempre guidato dal principio che non può esserci gerarchia tra le discipline e che quello che si considera il centro del pensiero è solo un caso particolare della periferia. Però occorre che ogni discorso sia condotto ad alto livello, capisci? Pone una discriminante tecnica! Sono d'accordissimo con lui in merito a una non gerarchia delle discipline, e sono d'accordissimo sulla sola discriminante tecnica che vale in ogni discorso (a perenne gloria della tecnica, sofistica compresa!), ma se la si adotta come si può parlare di un pensiero senza gerarchie? Certo, non saranno più gerarchie che vertono sui temi, ma è comunque una gerarchia che riguarda il modo di pensare, da cui ovviamente conseguono enormi problemi, tipo: come si fa a innalzare propriamente il livello dei discorsi? Come e chi valuta l'innalzamento del livello? Qual è il modello assunto?
E allora perché si parla di un pensiero senza gerarchie, quando semplicemente si stabilisce un altro tipo di gerarchia che si sente giustamente più appropriata? 
Nel momento in cui tu proponi e dimostri dopo lungo e attento studio una diversa interpretazione di Nietzsche non hai già posto in essere una gerarchia nell'approccio a Nietzsche? Ed è ovvio che sia così, non può essere altrimenti. 
Non vedo proprio come si possa uscire dalle gerarchie, è il pensare stesso che le implica, nel momento stesso in cui si attribuisce un qualsiasi senso al proprio pensare e quindi al proprio significare esistendo. Cosa possiamo mai dire di sensato che non abbia un senso gerarchico?

Ciao Maral la qualità della tua domanda (o forse meglio delle tue domande) richiede una articolazione complessa, a cui volentieri darò contributi. (nei limiti del mio progetto Nietzche, che chiede da gran tempo di essere riletto).


CONTRIBUTO 1. (UNA PRIMA RISPOSTA APPROSSIMATIVA GENERALE)

Certo sono consapevole che il labirinto filosofico, conduce al periferico.

Infatti l'uomo è strutturalmente periferico. (Hegel)

Ma non può essere una scusante per non vedere che vi sono pratiche che tendono a gerarchizzare!
Anche la pratica che non vuole gerarchizzare, gerarchizza.(Hai ragione tu)
Non è colpa mia se gli intellettuali contemporanei sono così stolti.(Carrera).


LA GRANDEZZA DI SINI 

Non rimane che controllare la propria pratica!

IL COSTRUTTIVISMO (IL NEO-REALISMO) SONO PRATICHE GERARCHIZZANTI

Poichè la propria pratica gerarchizza o è gerarchizzata, non si può controllare con un altra metafisica (la tecnica, in questo caso per Carrera nel caso, ma forse non è così vedi sotto).  8)

Il nuovo realismo o costruttivismo d'altrode fa esattamente quello.
(ossia ipotizza un oggetto esterno per impedire al soggetto di intervenire metafisicamente).
Ipotizzando si sgancia completamente dalla metafisica classica.
Lasciando da parte una battaglia (mai combattuta dagli intellettuali contemporanei, che accettano supinamente per tornaconto) se la metafisica debbe effettivamente essere lasciata o meno.
Per ora gli unici 2 interlocutori che si sono voluti confrontare sono scappati via. Vediamo Ceravolo.
Ma tornando a bomba, dicevamo che il costruttivismo (che sarebbe la cosa più vicina al continentalismo europeo in america, dove Carrera insegna) è una ipotesi.
Per l'esattezza è una ipotesi che cerca di diventare scientifica, appogiandosi completamente sulle Scienze.
E' quindi un formalismo che guida categorie scientifiche (ipotetiche).
Cioè è un formalismo che utilizzando categorie scientifiche di fatto ha come obiettivo quello di diventare scientifico.
Ossia metafisica, non si scappa, che lo riconoscano o meno. (a me non interessa).

LA GRANDEZZA DI HEIDEGGER E SEVERINO

Ma non avevamo detto con Heidegger che la metafisica è gerarchica e tecnica?
E Severino non dice la stessa identica cosa?


PROGETTI FUTURI ENNESIMI

Allora voglio dire non ci vuole un genio (o forse sì visto l'andazzo), per capire che il formalismo deve rimanere tale.

E guarda un pò è proprio ciò che i dipartimenti di linguistica da ANNI chiedono alla Filosofia di dargli una mano!!!

C'è mai stato un filosofo in grado di capirlo? no!
A parte me. Il che mi è sempre sembrato ridicolo.

Siccome sto vivendo un momento di ulteriore crisi, alla crisi esistenziale in cui verso.
Può darsi che mi dia infine completamente alla filosofia. (denaro permettendo).
Senza stare nell'accademia.
Sono stufo.

Può darsi che lo apra sto 3d....devo recuperare un vecchio video di Youtube una conferenza tra linguisti e semiologhi e filosofi.
Video che in quanto a valore non è mai stato superato da nessun altro video.
Sostanzialmente finiva con gli uni che rimandavano agli altri.
I filosofi ai linguisti, e i linguisti ai filosofi, che svagheggiavano a fine conferenza.

Esistono metafisiche ad oggi non gerarchiche?

Come ho scritto nel 3d di nietzche per me la metafisica etica di nietzche non è per nulla gerarchica. In quanto chiede il contrario. che ognuno lotti per la sua grandezza, in amicizia e quindi in lotta con gli altri.

Per raggiungere questo è necessario una cosa semplice: che non esista una etica esterna!
Mai!

Per questo il linguaggio formale deve controllare il carattere di funzione.
Ma questa è un altra storia. Forse un giorno quando capirò molto meglio queste mie intuiziono saranno facilmente fruibili.


BRAIN STORM

Provo qui ad annotare alcuni pensieri, magari rileggendoli sarò d'accordo con essi.
Funzione di soggetto.  Se la funzione non è coerente, la funzione di soggetto diventa discorso paranoico, schizofrenico, isterico, ossessivo. (quelli finora conosciuti dalla psico-analisi, ossia l'analisi della funzione di soggetto).
Ognuno di quelli (ma è in particolare la paranoia) è gerarchico.

Bisogna stare attenti, sono discorsi, è linguaggio, è formalismo.


IL CASO CARRERA

https://www.youtube.com/watch?v=zUQJ0smExk8

Ascoltandolo Carrera (mi hai incuriosito) forse però non lo hai inteso Maral, lui parla della necessità di superare l'evento (da husserl a badiou-zizek), perchè l'evento non è salvifico ma ancora più nichilistico. (seguendo Severino ancor più nella tecnica). 
Dunque o è schizofrenico e poi parla di tecnica come aiuto all'antimetafisico o non lo so (sarà il pegno da pagare per risiedere negli usa)).  ???

Certo mi rendo conto che la domanda che fai è ben più complessa.


CONTRIBUTO EFFETTIVO

Se riesci a seguire un paio di capi, mi capisci.
Il gerarchico è da evitare (e scrivevo preso da raptus inventivo qualche giorno fa, se poggi i piedi per terra, sei già nel gerarchico.)
1) Si evita NON appogiandosi (giustificandosi) tramite un altra metafisica.
2) Il linguaggio NON è una metafisica è una Relazione.
(l'arte, la musica cosa sono? sono relazioni).
3) L'uomo proprio strutturalmente è portato a ideare una metafisica: non ne esce.
4) E' il soggetto stesso la metafisica (non è che in neo-realisti e i costruttivisti partano da una critica sbagliata, hanno ragione in quello).

Ma come dice tu Maral, che dimostri una intelligenza acuta, riparafrasando quello che dico io, sarebbe questo: che il neo-realista è a sua volta un metafisico.
(pure stupido o ingenuo che sia). ;D

Ripeto linguaggio di controllo è la chiave (non ho idea di cosa sto parlando)....non so se sei interessato (non so gli altri utenti, visto che è una cosa MOOOLTO accademica), ma potrei metterlo nel paniere delle cose da fare.
edit. ok l'ho messo nel paniere.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: maral il 15 Maggio 2017, 23:38:22 PM
Sono perfettamente d'accordo, Green, sul fatto che il neo realistico sia comunque un metafisico e direi pure che la sua metafisica sia estremamente gerarchica, come peraltro lo è pure la tecnica, anche se ci libera da quell'altra metafisica che gerarchizza per tematiche e per questo l'evento della tecnica può apparire ed è apparso salvifico. Restando d'accordo sul fatto che l'uomo è comunque costruttore di metafisiche (o almeno che nel costruire metafisiche ci riconosciamo esseri umani e quindi soggetti gli uni per gli altri), a fronte del tuo "contributo effettivo" pongo però la domanda: perché il gerarchico è da evitare? Sarebbe come dire, se seguo il mio ragionamento, che allora è da evitare il pensare, dato che pensare non può fare a meno di porre (e rovesciare) gerarchie, quanto meno nel modo che vede appropriato  pensare, se non nel tema attorno a cui pensa. Non per nulla Carrera ha detto che l'essenziale è il "come", il come stabilisce una gerarchia, c'è un come migliore (di alto livello) e un come peggiore (di basso livello). E lo stesso pensiero di Nietzsche non è forse estremamente gerarchico? Come si può immaginare un Nietzsche non gerarchico?
Nemmeno io amo le gerarchie (come si può amarle, soprattutto oggi, anche se ogni tanto tornano in forma di nostalgici rimpianti), non le amo perché non mi ci trovo e le sento solo opprimenti, le sento concluse nel loro intento di dare significato e senso al mondo, ma mi pare molto chiaro che non potrei dire questo se non da un punto di vista che a sua volta istituisce, sia pure in modo molto vago e inappropriato una diversa gerarchia che in qualche modo negandole le richiama, perché che io lo voglia o no è pur sempre il risultato di quelle vecchie gerarchie che non amo, è ciò che resta nella meravigliosa e sconfortante rovina del loro tramontare. Non posso appoggiarmi su un'altra metafisica, ma c'è sempre un resto metafisico da cui parto per vagheggiare un "nuovo ordine", non posso partire dal nulla immaginando di aver fatto piazza pulita. C'è comunque una rovina (un complesso di rovine) in cui sta il seme del nuovo.
Sono d'accordo che il linguaggio non è una metafisica, ma una relazione, ma tuttavia si può fare una metafisica della relazione. Lo fa Ronchi ad esempio e lo dichiara apertamente. Ora, l'idea di una metafisica radicata sulla relazione in termini di pura praxis (senza alcuna finalità) potrebbe anche sembrare assolutamente non gerarchica, salvo però per chi la presenta, perché chi la enuncia sta evidentemente (magari anche se non lo vorrebbe) sopra e fuori da questo paesaggio tutto orizzontale, è in cima a una verticale lui con le sue parole piene di senso che non  ritiene di sicuro una sorta di rumore di fondo equivalente a un indistinto balbettio, o allo scatto di un termostato. Qui c'è addirittura una gerarchia che più assoluta non può essere: l'unica verticale su una sconfinata orizzontalità (e c'è solo da sperare che non siano in troppi a volerci salire sopra a una pertica così sottile).

Aggiungo solo una piccola nota in merito a Carrera. Nel video parla della superstizione dell'evento, in rapporto a quello che Severino dice in merito e della cui "Essenza del nichilismo" è traduttore (e credo che occorra essere davvero traduttori di alto livello per tradurre Severino in inglese!). Mi sembra però che vi accenni in un modo più illustrativo che non con una dichiarazione di posizione. Non credo peraltro che Carrera abbia elaborato una posizione speculativa sull'evento, solo qui fa presente la superstizione di chi sostiene che tutto è evento.
Nell'incontro a cui ho partecipato ha comunque dichiarato che la sua posizione verso Severino è critica, ed è appunto particolarmente critica sull'ente (in tutta conformità con la posizione siniana ... la superstizione dell'ente) e che considera gli sviluppi degli ultimi vent'anni di Severino (dalla "Gloria" in poi) come una sorta di approdo mistico che si rivela anche nei termini utilizzati. Ci ha pure scritto un libro in cui lo tratta, guarda caso, con Heidegger e Nietzsche: https://www.amazon.it/consistenza-passato-Heidegger-N%C3%AFetzsche-Severino/dp/8876981195/ref=sr_1_2?ie=UTF8&qid=1494882370&sr=8-2&keywords=alessandro+carrera su cui però ha detto che Severino non gli ha risposto. Se vogliamo più che contro l'evento o contro l'ente mi pare che in generale sia in ogni caso contro la superstizione, ossia il modo superstizioso di dire l'evento o l'ente o qualsiasi altra cosa, di dirli cioè come assoluti.
Mi pare comunque molto stimolante l'idea del centro come caso particolare della periferia, lui la ha collegata con l'esperienza delle periferie urbane in cui è vissuto. Non so, è un'idea che mi piacerebbe approfondire ad aver tempo.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 16 Maggio 2017, 02:20:44 AM
Citazione di: maral il 15 Maggio 2017, 23:38:22 PM
Sono perfettamente d'accordo, Green, sul fatto che il neo realistico sia comunque un metafisico e direi pure che la sua metafisica sia estremamente gerarchica, come peraltro lo è pure la tecnica, anche se ci libera da quell'altra metafisica che gerarchizza per tematiche e per questo l'evento della tecnica può apparire ed è apparso salvifico. Restando d'accordo sul fatto che l'uomo è comunque costruttore di metafisiche (o almeno che nel costruire metafisiche ci riconosciamo esseri umani e quindi soggetti gli uni per gli altri), a fronte del tuo "contributo effettivo" pongo però la domanda: perché il gerarchico è da evitare? Sarebbe come dire, se seguo il mio ragionamento, che allora è da evitare il pensare, dato che pensare non può fare a meno di porre (e rovesciare) gerarchie, quanto meno nel modo che vede appropriato  pensare, se non nel tema attorno a cui pensa. Non per nulla Carrera ha detto che l'essenziale è il "come", il come stabilisce una gerarchia, c'è un come migliore (di alto livello) e un come peggiore (di basso livello). E lo stesso pensiero di Nietzsche non è forse estremamente gerarchico? Come si può immaginare un Nietzsche non gerarchico?
Nemmeno io amo le gerarchie (come si può amarle, soprattutto oggi, anche se ogni tanto tornano in forma di nostalgici rimpianti), non le amo perché non mi ci trovo e le sento solo opprimenti, le sento concluse nel loro intento di dare significato e senso al mondo, ma mi pare molto chiaro che non potrei dire questo se non da un punto di vista che a sua volta istituisce, sia pure in modo molto vago e inappropriato una diversa gerarchia che in qualche modo negandole le richiama, perché che io lo voglia o no è pur sempre il risultato di quelle vecchie gerarchie che non amo, è ciò che resta nella meravigliosa e sconfortante rovina del loro tramontare. Non posso appoggiarmi su un'altra metafisica, ma c'è sempre un resto metafisico da cui parto per vagheggiare un "nuovo ordine", non posso partire dal nulla immaginando di aver fatto piazza pulita. C'è comunque una rovina (un complesso di rovine) in cui sta il seme del nuovo.
Sono d'accordo che il linguaggio non è una metafisica, ma una relazione, ma tuttavia si può fare una metafisica della relazione. Lo fa Ronchi ad esempio e lo dichiara apertamente. Ora, l'idea di una metafisica radicata sulla relazione in termini di pura praxis (senza alcuna finalità) potrebbe anche sembrare assolutamente non gerarchica, salvo però per chi la presenta, perché chi la enuncia sta evidentemente (magari anche se non lo vorrebbe) sopra e fuori da questo paesaggio tutto orizzontale, è in cima a una verticale lui con le sue parole piene di senso che non  ritiene di sicuro una sorta di rumore di fondo equivalente a un indistinto balbettio, o allo scatto di un termostato. Qui c'è addirittura una gerarchia che più assoluta non può essere: l'unica verticale su una sconfinata orizzontalità (e c'è solo da sperare che non siano in troppi a volerci salire sopra a una pertica così sottile).

Aggiungo solo una piccola nota in merito a Carrera. Nel video parla della superstizione dell'evento, in rapporto a quello che Severino dice in merito e della cui "Essenza del nichilismo" è traduttore (e credo che occorra essere davvero traduttori di alto livello per tradurre Severino in inglese!). Mi sembra però che vi accenni in un modo più illustrativo che non con una dichiarazione di posizione. Non credo peraltro che Carrera abbia elaborato una posizione speculativa sull'evento, solo qui fa presente la superstizione di chi sostiene che tutto è evento.
Nell'incontro a cui ho partecipato ha comunque dichiarato che la sua posizione verso Severino è critica, ed è appunto particolarmente critica sull'ente (in tutta conformità con la posizione siniana ... la superstizione dell'ente) e che considera gli sviluppi degli ultimi vent'anni di Severino (dalla "Gloria" in poi) come una sorta di approdo mistico che si rivela anche nei termini utilizzati. Ci ha pure scritto un libro in cui lo tratta, guarda caso, con Heidegger e Nietzsche: https://www.amazon.it/consistenza-passato-Heidegger-N%C3%AFetzsche-Severino/dp/8876981195/ref=sr_1_2?ie=UTF8&qid=1494882370&sr=8-2&keywords=alessandro+carrera su cui però ha detto che Severino non gli ha risposto. Se vogliamo più che contro l'evento o contro l'ente mi pare che in generale sia in ogni caso contro la superstizione, ossia il modo superstizioso di dire l'evento o l'ente o qualsiasi altra cosa, di dirli cioè come assoluti.
Mi pare comunque molto stimolante l'idea del centro come caso particolare della periferia, lui la ha collegata con l'esperienza delle periferie urbane in cui è vissuto. Non so, è un'idea che mi piacerebbe approfondire ad aver tempo.

Allora il Carrera lo mettiamo nel paniere. Il libro è del 2007 dovrebbe essere presente nella biblioteca, il titolo è stimolante.

A Sini risponderei così che l'essere non è l'ente.
In Sini l'idea di essere scompare. O se vi è, viene intesa in senso di esistenza.
Non formale. Certo Severino si distanzia dal formale, perchè lo mixa col dialettico Hegeliano. Ma l'esistenza dialettico formale di Severino non è l'esistenza.
Perchè sennò ha ragione Sini, l'esistenza dell'ente, è semplicemente l'ente.
E quindi l'ente "Essere" ovviamente è una presunzione.

Torniamo ancora sul problema del gerarchico.

Sono d'accordo quando dici, che il gerarchico si instaura appena noi parliamo.

Quindi a rigor di logica, se il soggetto è il metafisico, allora il soggetto è gerarchico.

E' vero, ma tu stesso hai detto che se il soggetto parla, automaticamente diventa periferico.

E hai perfettamente ragione.

Carrera invece a quanto scrivi vuole rimettere il periferico nel centrale.

Eccolo lì il vero gerarchico caro amico mio.

Pretendere di parlare di centrale, a partire dal periferico.....ma non ha senso!

A meno che spostiamo il centrale come formale!

Il periferico per non andare alla deriva, deve essere controllato, da una metafisica 2.0.

Ossia da una metafisica di ordine diverso.

E' l'ordine del linguistico.

Se io parto dal periferico mi devo trovare un controllo linguistico, che faccia attenzione a che non voglia far diventare centrale quel periferico.
Un controllo che mi ricordi ovvero che sono il soggetto parlante. che il racconto fatto sono io e NON DIO.
Un vero e proprio controllo grammaticale.

Il soggetto DEVE rimanere periferico.(in quanto è già da sempre periferico)

Mentre scrivo mi rendo conto, per la prima volta, che è proprio quello che vuole Nietzche.
(e Kafka, mi è sovvenuto alla mente il problema della letteratura "secondaria")

Per rimanere periferico egli che si fa metafisico DEVE ricordarsi di essere periferico.

Se lo scorda torna ad essere metafisica 1.0. Ossia gerarchico.

Deve quindi mentire. Sapendo di mentire. Ovvero deve conformarsi al periferico che lui stesso ha creato.

In fin dei conti potrebbe avere un parallelo con quella che tu chiami la necessaria nascita e morte di ogni metafisica.

Con l'accortezza che questa metafisica EVITA di essere centrale, racconto principale, narrativa primaria.

E' sempre e solo narrativa secondaria, periferica, menzognera.

Forse comincio a capire cosa intende Nietzche  quando afferma perchè il vero piuttosto che il falso. (da pensare).

Non capisco cosa intendi per Nietzche e filosofia gerarchica?

Diamoci risposta nel 3d nietzche!

Grazie amico! le tue intuizioni sono sempre preziose!
comunque magari più a rilento rispetto al Nietzche project porterò altri contributi.


:)  :)  :)  :)

Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: maral il 17 Maggio 2017, 12:52:10 PM
CitazioneSe io parto dal periferico mi devo trovare un controllo linguistico, che faccia attenzione a che non voglia far diventare centrale quel periferico.
Un controllo che mi ricordi ovvero che sono il soggetto parlante. che il racconto fatto sono io e NON DIO.
Un vero e proprio controllo grammaticale.
Sì, in questi termini sono d'accordo: il soggetto parlante deve tener presente di essere periferico e dunque le gerarchie che il suo parlare inevitabilmente stabilisce sono solo gerarchie di periferia, relative alla periferia da cui parla in cui si trova decentrata e solo mantenendosi decentrato può parlare.
Qui mi pare però che la considerazione di Carrera che dice che il centro è solo un particolare caso di periferia valga proprio in questo senso, tenendo presente che anche questa considerazione (proprio come le nostre) resta in periferia.
E' interessante comunque pensare che la grammatica possa istituire il controllo sulla tendenza alla centralità: la grammatica esprime la regola per costruire la coerenza interna del discorso (di un pensare che si apre a una condivisione), è la tecnica volta all'espressione corretta prima del significare, affinché si possa venire a significare rendendo comprensibile il discorso l'uno all'altro, nel dialogo tra le proprie periferie.

Tenterò comunque di rispondere alla tua domanda su Nietzsche nel 3d dedicato.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 17 Maggio 2017, 16:25:47 PM
Citazione di: maral il 17 Maggio 2017, 12:52:10 PM
CitazioneSe io parto dal periferico mi devo trovare un controllo linguistico, che faccia attenzione a che non voglia far diventare centrale quel periferico.
Un controllo che mi ricordi ovvero che sono il soggetto parlante. che il racconto fatto sono io e NON DIO.
Un vero e proprio controllo grammaticale.
Sì, in questi termini sono d'accordo: il soggetto parlante deve tener presente di essere periferico e dunque le gerarchie che il suo parlare inevitabilmente stabilisce sono solo gerarchie di periferia, relative alla periferia da cui parla in cui si trova decentrata e solo mantenendosi decentrato può parlare.
Qui mi pare però che la considerazione di Carrera che dice che il centro è solo un particolare caso di periferia valga proprio in questo senso, tenendo presente che anche questa considerazione (proprio come le nostre) resta in periferia.
E' interessante comunque pensare che la grammatica possa istituire il controllo sulla tendenza alla centralità: la grammatica esprime la regola per costruire la coerenza interna del discorso (di un pensare che si apre a una condivisione), è la tecnica volta all'espressione corretta prima del significare, affinché si possa venire a significare rendendo comprensibile il discorso l'uno all'altro, nel dialogo tra le proprie periferie.

Tenterò comunque di rispondere alla tua domanda su Nietzsche nel 3d dedicato.

In quel caso al prof. Carrera vanno tutte le mie scuse.

In tanto è nel paniere. Chissà che non dia degli spunti interessanti allora  ;)

Siamo tornati molto vicini Maral, sono molto contento.  :)
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: maral il 17 Maggio 2017, 17:52:29 PM
Comunque, tramite il gruppo che ruota attorno a Sini che ha organizzato l'incontro con Carrera, gli ho fatto pervenire la stessa domanda che sta all'inizio di questa nostra conversazione. Vedremo se risponderà e cosa risponderà. Nell'eventualità che risponda ti terrò informato.  :)
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: Mymind il 20 Maggio 2017, 18:19:21 PM
Colgo l'occasione per salutare gli amici di questa piccola oasi di cultura e intelligenza rimasta nel web che son contento di ritrovare e di cui torno a far parte dopo la chiusura del vecchio forum  ;D
Trovo interessante questo discorso e vorrei aggiungere che il problema del gerarchizzare non è linguistico o metafisico, ma semiotico; la gerarchia c'è se usi la gerarchia per interpretare l' amorfo. È una chiave di lettura non il cardine. Se non ci si focalizza sull interpretazione gerarchica non ci saranno gerarchie. Tutto volendo è gerarchizzabile, ma essendo la gerarchia un modo d intendere/interpretare qualcosa, cambiando modo d' intendere/relazionarsi puoi trovarne uno senza di essa (come ad esempio interpretare le cose, invece che secondo una scala, secondo i colori dove il verde non è superiore al giallo e viceversa. Volendo è gerarchizzabile anche il colore ma bisogna porre come base una scala di valori che fanno riferimento al nero o al bianco che pone un cardine, uno zero, una sovrastruttura.  Ma in realtà il colore non presenta colori superiori o inferiori, tendenti al giusto o all'errore, hanno tutti lo stesso valore ma in maniera differente. Così diversi concetti filosofici possono essere visti come sfumature di colore invece che come scale di verità) La gerarchia concettualizza/misura la sorgente metafisica a parer mio
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 20 Maggio 2017, 21:51:55 PM
Citazione di: Mymind il 20 Maggio 2017, 18:19:21 PM
Colgo l'occasione per salutare gli amici di questa piccola oasi di cultura e intelligenza rimasta nel web che son contento di ritrovare e di cui torno a far parte dopo la chiusura del vecchio forum  ;D
Trovo interessante questo discorso e vorrei aggiungere che il problema del gerarchizzare non è linguistico o metafisico, ma semiotico; la gerarchia c'è se usi la gerarchia per interpretare l' amorfo. È una chiave di lettura non il cardine. Se non ci si focalizza sull interpretazione gerarchica non ci saranno gerarchie. Tutto volendo è gerarchizzabile, ma essendo la gerarchia un modo d intendere/interpretare qualcosa, cambiando modo d' intendere/relazionarsi puoi trovarne uno senza di essa (come ad esempio interpretare le cose, invece che secondo una scala, secondo i colori dove il verde non è superiore al giallo e viceversa. Volendo è gerarchizzabile anche il colore ma bisogna porre come base una scala di valori che fanno riferimento al nero o al bianco che pone un cardine, uno zero, una sovrastruttura.  Ma in realtà il colore non presenta colori superiori o inferiori, tendenti al giusto o all'errore, hanno tutti lo stesso valore ma in maniera differente. Così diversi concetti filosofici possono essere visti come sfumature di colore invece che come scale di verità) La gerarchia concettualizza/misura la sorgente metafisica a parer mio

Ciao Mymind.

Certamente il semiotico non lo dimentico, è che che non lo padroneggio tantissimo.
Per ora mi riferisco a Peirce, che dovrebbe essere il padre di tale forma.

Fare della vita un calembour a  mio avviso è possibile per la letteratura.
La vedo difficile per la filosofia, che si trova costretta ad usare strumenti di precisione.

Per fare un esempio. Se io ti dico soggetto, quale parallelo trovare con la teoria dei colori?
E' invece a me chiaro che dire soggetto è già gerarchizzare: partire da una dimensione umana.
Servono viceversa forme di controllo che quel soggetto non diventi portatore di istanze uniche, di reductio ad unum. O soggettivazioni estreme (nichilismo, scettiscismo, individualismo) o forme oggettificanti estreme (scientismo, nichilismo, individualismo)
Il compito non è facile per niente.

Vi è sempre una relazione da salvare. Ma quella relazione potrebbe benissimo sempre essere il gerarchico.

Questo però è un progetto a lungo termine. Ben vengano aiuti o spunti.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: paul11 il 21 Maggio 2017, 01:08:30 AM
Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 19:14:48 PM
Prendo l'abbrivio dall'ultimo posto di Maral dal 3d cosa è l'uomo?
Le domande che pone mi hanno convinto dell'apertura di un 3d, a cui tengo particolarmente.


Citazione di: maral il 14 Maggio 2017, 23:43:37 PM
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:04:58 PM
Pensa anche solo a Severino, ti ricordi i  nostri discorsi che partivano da alcune considerazioni di Berto? Ti ricordi come Berto era d'accordo a considerare la metafisica di Severino corretta a livello formale?

Non è infatti la correttezza formale, che rende la filosofia di Severino sulla realtà così Grande??
Temo che la correttezza formale non sia sufficiente (a parte che una correttezza formale assoluta si presenta sempre discutibile: quella che Severino chiama la follia dell'autocontraddizione da dove può saltar fuori se non dal principio di non contraddizione stesso che la contiene?)
Ma purtroppo c'è un punto che mi pare sempre più problematico da risolvere nel sistema di Severino che stabilisce su base formale tautologica e dunque incontrovertibile l'eternità dell'ente e il punto è: cos'è questo ente che eternamente è l'ente che è? Cos'è questa lampada accesa? Questo ciocco nel camino? Questo uomo seduto vicino al camino con la lampada accesa? Cos'è ogni ente che mentre lo dico già non è più quell'ente, perché un altro è già sopraggiunto al suo posto? E' qui che non mi ci raccapezzo più con Severino, a meno di non spostarsi dall'ente al significato dell'ente e in questo mi accosto a Sini, ma anche qui poi sorgono altre perplessità per cui trovo comunque estremamente difficile tenersi sul filo di un corretto pensare senza capitombolare e io per primo senza nemmeno accorgermene.

Per quanto riguarda le gerarchie, proprio oggi ho assistito a un incontro con Alessandro Carrera intitolato "Un pensiero non gerarchico" (ho pensato subito, qui dovrebbe esserci Green  :) ). Ora Carrera è un filosofo (di scuola siniana), attualmente direttore dell'istituto di italianistica all'università di Huston, davvero un personaggio poliedrico ad alto livello che si è occupato e si occupa di tutto (dalla psicosomatica, a Leopardi, alla musica, alla traduzione dei testi di Bob Dylan di cui è il curatore ufficiale), sempre guidato dal principio che non può esserci gerarchia tra le discipline e che quello che si considera il centro del pensiero è solo un caso particolare della periferia. Però occorre che ogni discorso sia condotto ad alto livello, capisci? Pone una discriminante tecnica! Sono d'accordissimo con lui in merito a una non gerarchia delle discipline, e sono d'accordissimo sulla sola discriminante tecnica che vale in ogni discorso (a perenne gloria della tecnica, sofistica compresa!), ma se la si adotta come si può parlare di un pensiero senza gerarchie? Certo, non saranno più gerarchie che vertono sui temi, ma è comunque una gerarchia che riguarda il modo di pensare, da cui ovviamente conseguono enormi problemi, tipo: come si fa a innalzare propriamente il livello dei discorsi? Come e chi valuta l'innalzamento del livello? Qual è il modello assunto?
E allora perché si parla di un pensiero senza gerarchie, quando semplicemente si stabilisce un altro tipo di gerarchia che si sente giustamente più appropriata?
Nel momento in cui tu proponi e dimostri dopo lungo e attento studio una diversa interpretazione di Nietzsche non hai già posto in essere una gerarchia nell'approccio a Nietzsche? Ed è ovvio che sia così, non può essere altrimenti.
Non vedo proprio come si possa uscire dalle gerarchie, è il pensare stesso che le implica, nel momento stesso in cui si attribuisce un qualsiasi senso al proprio pensare e quindi al proprio significare esistendo. Cosa possiamo mai dire di sensato che non abbia un senso gerarchico?

Ciao Maral la qualità della tua domanda (o forse meglio delle tue domande) richiede una articolazione complessa, a cui volentieri darò contributi. (nei limiti del mio progetto Nietzche, che chiede da gran tempo di essere riletto).


CONTRIBUTO 1. (UNA PRIMA RISPOSTA APPROSSIMATIVA GENERALE)

Certo sono consapevole che il labirinto filosofico, conduce al periferico.

Infatti l'uomo è strutturalmente periferico. (Hegel)

Ma non può essere una scusante per non vedere che vi sono pratiche che tendono a gerarchizzare!
Anche la pratica che non vuole gerarchizzare, gerarchizza.(Hai ragione tu)
Non è colpa mia se gli intellettuali contemporanei sono così stolti.(Carrera).


LA GRANDEZZA DI SINI

Non rimane che controllare la propria pratica!

IL COSTRUTTIVISMO (IL NEO-REALISMO) SONO PRATICHE GERARCHIZZANTI

Poichè la propria pratica gerarchizza o è gerarchizzata, non si può controllare con un altra metafisica (la tecnica, in questo caso per Carrera nel caso, ma forse non è così vedi sotto).  8)

Il nuovo realismo o costruttivismo d'altrode fa esattamente quello.
(ossia ipotizza un oggetto esterno per impedire al soggetto di intervenire metafisicamente).
Ipotizzando si sgancia completamente dalla metafisica classica.
Lasciando da parte una battaglia (mai combattuta dagli intellettuali contemporanei, che accettano supinamente per tornaconto) se la metafisica debbe effettivamente essere lasciata o meno.
Per ora gli unici 2 interlocutori che si sono voluti confrontare sono scappati via. Vediamo Ceravolo.
Ma tornando a bomba, dicevamo che il costruttivismo (che sarebbe la cosa più vicina al continentalismo europeo in america, dove Carrera insegna) è una ipotesi.
Per l'esattezza è una ipotesi che cerca di diventare scientifica, appogiandosi completamente sulle Scienze.
E' quindi un formalismo che guida categorie scientifiche (ipotetiche).
Cioè è un formalismo che utilizzando categorie scientifiche di fatto ha come obiettivo quello di diventare scientifico.
Ossia metafisica, non si scappa, che lo riconoscano o meno. (a me non interessa).

LA GRANDEZZA DI HEIDEGGER E SEVERINO

Ma non avevamo detto con Heidegger che la metafisica è gerarchica e tecnica?
E Severino non dice la stessa identica cosa?


PROGETTI FUTURI ENNESIMI

Allora voglio dire non ci vuole un genio (o forse sì visto l'andazzo), per capire che il formalismo deve rimanere tale.

E guarda un pò è proprio ciò che i dipartimenti di linguistica da ANNI chiedono alla Filosofia di dargli una mano!!!

C'è mai stato un filosofo in grado di capirlo? no!
A parte me. Il che mi è sempre sembrato ridicolo.

Siccome sto vivendo un momento di ulteriore crisi, alla crisi esistenziale in cui verso.
Può darsi che mi dia infine completamente alla filosofia. (denaro permettendo).
Senza stare nell'accademia.
Sono stufo.

Può darsi che lo apra sto 3d....devo recuperare un vecchio video di Youtube una conferenza tra linguisti e semiologhi e filosofi.
Video che in quanto a valore non è mai stato superato da nessun altro video.
Sostanzialmente finiva con gli uni che rimandavano agli altri.
I filosofi ai linguisti, e i linguisti ai filosofi, che svagheggiavano a fine conferenza.

Esistono metafisiche ad oggi non gerarchiche?

Come ho scritto nel 3d di nietzche per me la metafisica etica di nietzche non è per nulla gerarchica. In quanto chiede il contrario. che ognuno lotti per la sua grandezza, in amicizia e quindi in lotta con gli altri.

Per raggiungere questo è necessario una cosa semplice: che non esista una etica esterna!
Mai!

Per questo il linguaggio formale deve controllare il carattere di funzione.
Ma questa è un altra storia. Forse un giorno quando capirò molto meglio queste mie intuiziono saranno facilmente fruibili.


BRAIN STORM

Provo qui ad annotare alcuni pensieri, magari rileggendoli sarò d'accordo con essi.
Funzione di soggetto.  Se la funzione non è coerente, la funzione di soggetto diventa discorso paranoico, schizofrenico, isterico, ossessivo. (quelli finora conosciuti dalla psico-analisi, ossia l'analisi della funzione di soggetto).
Ognuno di quelli (ma è in particolare la paranoia) è gerarchico.

Bisogna stare attenti, sono discorsi, è linguaggio, è formalismo.


IL CASO CARRERA

https://www.youtube.com/watch?v=zUQJ0smExk8

Ascoltandolo Carrera (mi hai incuriosito) forse però non lo hai inteso Maral, lui parla della necessità di superare l'evento (da husserl a badiou-zizek), perchè l'evento non è salvifico ma ancora più nichilistico. (seguendo Severino ancor più nella tecnica).
Dunque o è schizofrenico e poi parla di tecnica come aiuto all'antimetafisico o non lo so (sarà il pegno da pagare per risiedere negli usa)).  ???

Certo mi rendo conto che la domanda che fai è ben più complessa.


CONTRIBUTO EFFETTIVO

Se riesci a seguire un paio di capi, mi capisci.
Il gerarchico è da evitare (e scrivevo preso da raptus inventivo qualche giorno fa, se poggi i piedi per terra, sei già nel gerarchico.)
1) Si evita NON appogiandosi (giustificandosi) tramite un altra metafisica.
2) Il linguaggio NON è una metafisica è una Relazione.
(l'arte, la musica cosa sono? sono relazioni).
3) L'uomo proprio strutturalmente è portato a ideare una metafisica: non ne esce.
4) E' il soggetto stesso la metafisica (non è che in neo-realisti e i costruttivisti partano da una critica sbagliata, hanno ragione in quello).

Ma come dice tu Maral, che dimostri una intelligenza acuta, riparafrasando quello che dico io, sarebbe questo: che il neo-realista è a sua volta un metafisico.
(pure stupido o ingenuo che sia). ;D

Ripeto linguaggio di controllo è la chiave (non ho idea di cosa sto parlando)....non so se sei interessato (non so gli altri utenti, visto che è una cosa MOOOLTO accademica), ma potrei metterlo nel paniere delle cose da fare.
edit. ok l'ho messo nel paniere.
Cia green,
nel momento in cui si costruiscono categorie, si formano insiemi di proprietà e caratteristiche così come ad esempio si costruisce la botanica o la zoologia, o la chimica o la fisica, si fanno gerarchie e questo vale anche nel processo deduttivo metafisico.
Se però vuoi sostenere la tesi di Nietzsche,che mi sembra implicita se non sbaglio nella tua argomentazione, forse sì è possible.
E 'possible facendo collassare l'interpretazione metafisica che divide cielo e terra, che divide essere ed esistenza, che divide eterno e divenire.,che costruisce un'etica prima ancora dell'uomo. Questa"cappa" metafisica, inizia dalla terra e costruisce una piramide gerarchica nel cui vertice c'è l'episteme, la verità che sta nell'iperuranio. L'uomo si sente prigioniero di questa interpretazione, ma deve reinterpretare l'episteme e gli immutabili e riporli nel divenire.Se appiattisco la gerarchi gli oggetti ontologici, gli enti che diventando esistenti passano dagli enti( se si vuole anche l'essere) ed entrano nel tempo.Ma ora cosa sono gli immutabili? L'essere umano ora è in divenire, nel determinato e manifesto, la gerarchia è piatta inconsistente, ora è l'uomo il gerarca di se stesso.Ma si aprono molte difficoltà per essere definita ancora metafisica.
L'eterno ritorno può essere definito un immutabile in una certa chiave interpretativa..................

Una delle chiavi è aumentare il peso della prassi sulla teoretica, vale a dire il primitivo è l'esistenza e semmai dopo viene l'essere /ente.
Il focus diventa l'attività umana.Questa chiave è lo stato dell'arte temporale almeno   da Nietzsche ai nostri giorni.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 21 Maggio 2017, 22:47:41 PM
ciao Paul

Grazie del contributo. Prezioso come al solito.

cit.paul
Cia green,
nel momento in cui si costruiscono categorie, si formano insiemi di proprietà e caratteristiche così come ad esempio si costruisce la botanica o la zoologia, o la chimica o la fisica, si fanno gerarchie e questo vale anche nel processo deduttivo metafisico.

Hai benissimo inteso un altra delle difficoltà del progetto: la deduzione. Nella metafisica 2.0 non ci può essere deduzione.
Ad una prima analisi ritengo si debba usare l'induzione di Peirce,

cit.paul
"Se però vuoi sostenere la tesi di Nietzsche,che mi sembra implicita se non sbaglio nella tua argomentazione, forse sì è possible."

Il 3d esula dai risultati raggiunti da Nietzche, che non usa nè deduzioni, nè induzioni. Il suo essendo un discorso apodittico.
Sicuramente è ambizione mia portare il discorso nicciano a confronto con un sistema formale.

cit.paul
E 'possible facendo collassare l'interpretazione metafisica che divide cielo e terra, che divide essere ed esistenza, che divide eterno e divenire.,che costruisce un'etica prima ancora dell'uomo. Questa"cappa" metafisica, inizia dalla terra e costruisce una piramide gerarchica nel cui vertice c'è l'episteme, la verità che sta nell'iperuranio. L'uomo si sente prigioniero di questa interpretazione, ma deve reinterpretare l'episteme e gli immutabili e riporli nel divenire.Se appiattisco la gerarchi gli oggetti ontologici, gli enti che diventando esistenti passano dagli enti( se si vuole anche l'essere) ed entrano nel tempo.Ma ora cosa sono gli immutabili? L'essere umano ora è in divenire, nel determinato e manifesto, la gerarchia è piatta inconsistente, ora è l'uomo il gerarca di se stesso.Ma si aprono molte difficoltà per essere definita ancora metafisica.
L'eterno ritorno può essere definito un immutabile in una certa chiave interpretativa..................

L'eterno ritorno io non ho la minima idea di cosa sia.
Ma possiamo prendere le interpretazioni di un essere diveniente.
L'uomo prigioniero della cappa epistemica entra nella storia e cambia la sua destinalità.
Ora non so se vogliamo aggiungervi il concetto di eternità. L'uomo non è eterno. Questa sarebbe la mia prima obiezione.
Sono d'accordo sul cambiamento della destinalità, sono d'accordo su un nuovo modello antropologico.
Ma il punto non è quello generale.
Il punto è quello individuale. A che serve costruire l'ennesimo modello antropologico, se non risponde alle istanze reali dei desideri del soggetto?
Il capitalismo comprende molto meglio l'individuo, e usa le sue conoscenze antropologiche per fondare una gerarchia nascosta nelle istante stesse del soggetto contemporaneo.
In questo Nietzche non può aiutare. Ossia non può mediare nel breve termine, ma nel lungo.
Ma il progetto metafisica 2.0 è un progetto formale che aiuti passo dopo passo a intendere le relazioni stutturali fra i soggetti.
E' un progetto particolare. Non è generale.
Scusa se sono criptico, ma intanto segno il mio solito flusso di coscienza.

Comunque sebbene il tuo post sia più relativo a Nietzche che altro, possiamo continuare o là più convenientemente o qua, come spunti ulteriori, a latere.

cit.paul
Una delle chiavi è aumentare il peso della prassi sulla teoretica, vale a dire il primitivo è l'esistenza e semmai dopo viene l'essere /ente.
Il focus diventa l'attività umana.Questa chiave è lo stato dell'arte temporale almeno   da Nietzsche ai nostri giorni.

Assolutamente sì. Questa tua descrizione si avvicina abbastanza alle filosofie dell'evento.
FIlosofie che hanno avuto grande eco fra gli anni 70-90. Ma che poi non sono riuscite a dare luogo a un progetto visibile, chiaro, esplicativo.
Tanto che Carrera ci avvisa che anche porre l'evento come principio finisce per costruire una gerarchia. 
Aggiungo io "ricostruisce il processo paranoico, della non azione", si attende infatti sempre "che qualcosa accada".

Perchè questo non accada, a mio avviso, non bisogna rinuciare all'evento, concetto complesso, che a partire da Husserl prima, Heidegger poi, fino agli strutturalisti francesi, arriva a ridosso della fine del secolo scorso.

Quindi hai assolutamente colto un punto fondamentale.  :)

Il problema delle filosofie dell'evento, va anche capito con l'ascesa delle scienze, e dei suoi rappresentanti scientisti.
Va intesa con l'ascesa delle filosofie formali (quelle analitiche americane, con il loro disgustoso discorso monista).
Con la post-filosofia, le sue derive orientaleggianti. Con il nuovo speculativismo francese (che non ho ancora neppure inteso). Con il costruttivismo.
Insomma con filosofie che propongono questioni chiare, scientifiche, morali. E che puntualmente ignorando la grande storia della filosfia risultano tutte ingenue, se non proprio stupide.

Purtroppo è un momento delicato. Grazie al cielo poichè i tempi moderni accellerano ogni cosa, in america sta nascendo una corrente continentalista, che si sta nutrendo di heidegger e di derrida, di focault e di nietzche.
E sta cominciando a elaborarli.
Lo stanno facendo con l'intenzione di mixarli con le filosofie analitiche. Per rendere progetti chiari.
Ovviamente il mio non è un tentativo singolo, perchè ovviamente siamo uomini, e anche oltreoceno sentono l'esigenza di nuove sfide. 

Il panorama europeo invece lo vedo male. perchè la sudditanza è tale, che invece di aiutare i colleghi americani, stiamo importando quelle filosofie analitiche che da loro già prestano il fianco alla stanchezza storica, ai giri su se stesse, alla mediocrità sul discorso umano.

Certamente esistono libri generali su queste cose di cui vado scrivendo. Io iniziai con analitici-continentali della d'agostino.

Il punto è che però non posso dilungarmi su questioni generali. mi servono invece cose precise, appuntite che incidano sul reale.

il reale è mentale. ovviamente, essendo il 3d sulla filosofia formale.

Per fare un esempio paul.  poniamo   --------->  = trasposizione formale

 soggetto storico ---->  soggetto mentale.

 soggetto storico  relato con soggetto storico ------> regola grammaticale di riconosciemento del soggetto mentale davanti a me (dualismo formale americano)-  

 regola etica (relati storici) ------>  regola antimetafisica di controllo dei relati mentali.

Il motivo è semplice, se il relato storico è sempre un relato gerarchico, non si può dire lo stesso di quello mentale. Che è presunto.

In questo caso la posizione presunta storica di filsofia dell'evento passa da quella reale (che non esiste) a quella mentale (che formalmente esiste).

IN questo senso il formale diventa l'arma che incide sul mentale, e che ne orienta l'azione storica.

E' semplicemente teoria politica (forse qualcuno lo capirà). Ma la teoria politica contemporanea, ha sempre sbagliato presupponendo delle utopie che non facciano i conti col particolare.(con i costrutti mentali).

Non è colpa del pensiero utopico, ma della sua collocazione, necessitiamo di passare dal generale al particolare.

Compito eminente della filosofia. (Capito solo da Leopardi e da Nietzche)
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: Mymind il 23 Maggio 2017, 22:12:53 PM
Citazione di: green demetr il 20 Maggio 2017, 21:51:55 PM

Ciao Mymind.

Certamente il semiotico non lo dimentico, è che che non lo padroneggio tantissimo.
Per ora mi riferisco a Peirce, che dovrebbe essere il padre di tale forma.

Si Peirce partendo da Saussure(padre invece della semiologia) e finendo con Umberto Eco.

Fare della vita un calembour a  mio avviso è possibile per la letteratura.
La vedo difficile per la filosofia, che si trova costretta ad usare strumenti di precisione.

Per fare un esempio. Se io ti dico soggetto, quale parallelo trovare con la teoria dei colori?
E' invece a me chiaro che dire soggetto è già gerarchizzare: partire da una dimensione umana.
Servono viceversa forme di controllo che quel soggetto non diventi portatore di istanze uniche, di reductio ad unum. O soggettivazioni estreme (nichilismo, scettiscismo, individualismo) o forme oggettificanti estreme (scientismo, nichilismo, individualismo)
Il compito non è facile per niente.

Già dire soggetto e pensarlo implica un sistema che gli sta dietro e sorregge il significato che esprime, quindi siamo già nello specialistico, già nel limite e nella gerarchia. Invece che soggetto possiamo parlare di essere se vogliamo togliere uno strato di "umanità", di costrutto logico. Le forme di controllo servono a capire non sono obbligatorie alla prospettiva pratica. Ed è vero non è facile, di sicuro bisogna passare dal nichilismo superandolo in una sorta di concezione zen. Nel fuggire un pericolo imminente non c'è una logica categorizzante ma un semplice rapporto di causa effetto e oltre quello non si va, non c'è verbo soggetto e complemento non c'è nemmeno un contesto a meno che non ti fermi a guardarlo. È nell'azione depensata che possiamo trovare una sorta di degerarchizzazione, ma se vuoi fermarti a esplorare devi per forza prendere in mano un microscopio, uno strumento, la logica che poi ci porta a una critica dello strumento, ma è soltanto la prospettiva che rende lo strumento tale e ci arrovelliamo sul perché abbia dei difetti anche se le cose sono oltre lo strumento. Ricordo una frase di Nietzsche a cui si torna sempre che diceva: "non esistono fatti, ma solo interpretazioni", quindi cambiando interpretazione(che è il cardine di tutto) cambieranno anche i fatti che non saranno mai assoluti. 

Vi è sempre una relazione da salvare. Ma quella relazione potrebbe benissimo sempre essere il gerarchico.

Oppure la semplice relazione causa-effetto  :P  Gerarchizzare è strutturare secondo un preconcetto di valore

Questo però è un progetto a lungo termine. Ben vengano aiuti o spunti.

Risposte in rosso  :)
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: paul11 il 24 Maggio 2017, 10:27:04 AM
Citazione di: green demetr il 21 Maggio 2017, 22:47:41 PM
ciao Paul

Grazie del contributo. Prezioso come al solito.

cit.paul
Cia green,
nel momento in cui si costruiscono categorie, si formano insiemi di proprietà e caratteristiche così come ad esempio si costruisce la botanica o la zoologia, o la chimica o la fisica, si fanno gerarchie e questo vale anche nel processo deduttivo metafisico.

Hai benissimo inteso un altra delle difficoltà del progetto: la deduzione. Nella metafisica 2.0 non ci può essere deduzione.
Ad una prima analisi ritengo si debba usare l'induzione di Peirce,

cit.paul
"Se però vuoi sostenere la tesi di Nietzsche,che mi sembra implicita se non sbaglio nella tua argomentazione, forse sì è possible."

Il 3d esula dai risultati raggiunti da Nietzche, che non usa nè deduzioni, nè induzioni. Il suo essendo un discorso apodittico.
Sicuramente è ambizione mia portare il discorso nicciano a confronto con un sistema formale.

cit.paul
E 'possible facendo collassare l'interpretazione metafisica che divide cielo e terra, che divide essere ed esistenza, che divide eterno e divenire.,che costruisce un'etica prima ancora dell'uomo. Questa"cappa" metafisica, inizia dalla terra e costruisce una piramide gerarchica nel cui vertice c'è l'episteme, la verità che sta nell'iperuranio. L'uomo si sente prigioniero di questa interpretazione, ma deve reinterpretare l'episteme e gli immutabili e riporli nel divenire.Se appiattisco la gerarchi gli oggetti ontologici, gli enti che diventando esistenti passano dagli enti( se si vuole anche l'essere) ed entrano nel tempo.Ma ora cosa sono gli immutabili? L'essere umano ora è in divenire, nel determinato e manifesto, la gerarchia è piatta inconsistente, ora è l'uomo il gerarca di se stesso.Ma si aprono molte difficoltà per essere definita ancora metafisica.
L'eterno ritorno può essere definito un immutabile in una certa chiave interpretativa..................

L'eterno ritorno io non ho la minima idea di cosa sia.
Ma possiamo prendere le interpretazioni di un essere diveniente.
L'uomo prigioniero della cappa epistemica entra nella storia e cambia la sua destinalità.
Ora non so se vogliamo aggiungervi il concetto di eternità. L'uomo non è eterno. Questa sarebbe la mia prima obiezione.
Sono d'accordo sul cambiamento della destinalità, sono d'accordo su un nuovo modello antropologico.
Ma il punto non è quello generale.
Il punto è quello individuale. A che serve costruire l'ennesimo modello antropologico, se non risponde alle istanze reali dei desideri del soggetto?
Il capitalismo comprende molto meglio l'individuo, e usa le sue conoscenze antropologiche per fondare una gerarchia nascosta nelle istante stesse del soggetto contemporaneo.
In questo Nietzche non può aiutare. Ossia non può mediare nel breve termine, ma nel lungo.
Ma il progetto metafisica 2.0 è un progetto formale che aiuti passo dopo passo a intendere le relazioni stutturali fra i soggetti.
E' un progetto particolare. Non è generale.
Scusa se sono criptico, ma intanto segno il mio solito flusso di coscienza.

Comunque sebbene il tuo post sia più relativo a Nietzche che altro, possiamo continuare o là più convenientemente o qua, come spunti ulteriori, a latere.

cit.paul
Una delle chiavi è aumentare il peso della prassi sulla teoretica, vale a dire il primitivo è l'esistenza e semmai dopo viene l'essere /ente.
Il focus diventa l'attività umana.Questa chiave è lo stato dell'arte temporale almeno   da Nietzsche ai nostri giorni.

Assolutamente sì. Questa tua descrizione si avvicina abbastanza alle filosofie dell'evento.
FIlosofie che hanno avuto grande eco fra gli anni 70-90. Ma che poi non sono riuscite a dare luogo a un progetto visibile, chiaro, esplicativo.
Tanto che Carrera ci avvisa che anche porre l'evento come principio finisce per costruire una gerarchia.
Aggiungo io "ricostruisce il processo paranoico, della non azione", si attende infatti sempre "che qualcosa accada".

Perchè questo non accada, a mio avviso, non bisogna rinuciare all'evento, concetto complesso, che a partire da Husserl prima, Heidegger poi, fino agli strutturalisti francesi, arriva a ridosso della fine del secolo scorso.

Quindi hai assolutamente colto un punto fondamentale.  :)

Il problema delle filosofie dell'evento, va anche capito con l'ascesa delle scienze, e dei suoi rappresentanti scientisti.
Va intesa con l'ascesa delle filosofie formali (quelle analitiche americane, con il loro disgustoso discorso monista).
Con la post-filosofia, le sue derive orientaleggianti. Con il nuovo speculativismo francese (che non ho ancora neppure inteso). Con il costruttivismo.
Insomma con filosofie che propongono questioni chiare, scientifiche, morali. E che puntualmente ignorando la grande storia della filosfia risultano tutte ingenue, se non proprio stupide.

Purtroppo è un momento delicato. Grazie al cielo poichè i tempi moderni accellerano ogni cosa, in america sta nascendo una corrente continentalista, che si sta nutrendo di heidegger e di derrida, di focault e di nietzche.
E sta cominciando a elaborarli.
Lo stanno facendo con l'intenzione di mixarli con le filosofie analitiche. Per rendere progetti chiari.
Ovviamente il mio non è un tentativo singolo, perchè ovviamente siamo uomini, e anche oltreoceno sentono l'esigenza di nuove sfide.

Il panorama europeo invece lo vedo male. perchè la sudditanza è tale, che invece di aiutare i colleghi americani, stiamo importando quelle filosofie analitiche che da loro già prestano il fianco alla stanchezza storica, ai giri su se stesse, alla mediocrità sul discorso umano.

Certamente esistono libri generali su queste cose di cui vado scrivendo. Io iniziai con analitici-continentali della d'agostino.

Il punto è che però non posso dilungarmi su questioni generali. mi servono invece cose precise, appuntite che incidano sul reale.

il reale è mentale. ovviamente, essendo il 3d sulla filosofia formale.

Per fare un esempio paul.  poniamo   --------->  = trasposizione formale

soggetto storico ---->  soggetto mentale.

soggetto storico  relato con soggetto storico ------> regola grammaticale di riconosciemento del soggetto mentale davanti a me (dualismo formale americano)-  

regola etica (relati storici) ------>  regola antimetafisica di controllo dei relati mentali.

Il motivo è semplice, se il relato storico è sempre un relato gerarchico, non si può dire lo stesso di quello mentale. Che è presunto.

In questo caso la posizione presunta storica di filsofia dell'evento passa da quella reale (che non esiste) a quella mentale (che formalmente esiste).

IN questo senso il formale diventa l'arma che incide sul mentale, e che ne orienta l'azione storica.

E' semplicemente teoria politica (forse qualcuno lo capirà). Ma la teoria politica contemporanea, ha sempre sbagliato presupponendo delle utopie che non facciano i conti col particolare.(con i costrutti mentali).

Non è colpa del pensiero utopico, ma della sua collocazione, necessitiamo di passare dal generale al particolare.

Compito eminente della filosofia. (Capito solo da Leopardi e da Nietzche)
green, 
il problema che mi sembra che tu ponga è la lontananza della metafisica dalla pratica, emersa con il disagio di nietzsche e come premessa nell'analitica di Heidegger

Il problema è contemplato anche nei linguaggi formali, ma nè Heidegger, nè Wittgenstein lo hanno risolto, semmai ne ahanno visto l'enorme  difficoltà.

Perchè il primo problema fra la prassi e la teoria è il passaggio dall'osservato/oggetto da parte del cervello alla strutturazione mentale.
ma la strutturazione del mentale, ha insita in sè delle proprietà relazionali, categorizzanti, ordinative, diversamente noi(umani) non potremmo mai ordinare una conoscenza strutturandola in cultura.

Allora vuol dire che il naturale della realtà immanente e immediata viene "catturata" dal mentale, quindi il passaggio dal divenire ad un struttura mentale priva di spazio/tempo è già quì e ora, nella formazione strutturata dall'osservazione del fenomeno evento .

Quindi prima di ogni forma culturale, di una filosofia, di una scienza, c'è una forma "mentale" propedeutica a qualunque altra forma di strutturazione della conoscenza.

l'analitica ,potremmo definirla, il tentativo di formalizzare un processo naturale che avviene dall'oggetto al soggetto, dalla pura percezione di onde  elettromagnetiche alla strutturazione del mentale espressa poi come linguaggio(semiologia, logica predicativa, proposizionale, modale, ecc.)

ma dobbiamo anche sapere che il mentale a sua volta condiziona il la percezione fisica. Signifca che il condizionamneto ambientale, culturale a sua volta condiziona il rapporto soggetto/oggetto.

Questo è il primo problema.

Il secondo problema che vedo che anche Ceravolo inserisce nei linguaggi formali, è la costruzione formale del rapporto fra astratto e concreto. Vuol dire che quello che noi percepiamo viene codificato in una astrazione linguistica che rappresenta una sua strutturazione, un suo linguaggio con sue proprietà e caratteristiche. L'efficacia di un linguaggio sta nella capacità di rappresentare l'oggetto correttamente nel "mentale". Il problema vero è che lo fa come "calcolo", vale a dire si presenta strumentalmente come scienza, non come pensiero. Infatti è l'uomo stesso che intuisce e capisce che i sistemi formali da lui stesso creato presentano aporie, antinomie, paradossi. Significa che l'uomo ha altre qualità di "estraneazione" dal formalismo che è in sè autogiustifcatico ,autoreferente.
Perchè il problema della coerenza e correttezza è interno al processo giustifciativo formale, ma il nocciolo vero è se quel linguaggio davvero mi rappresenta come uomo e come uomo dentro il mondo. Lo fa?..........

Lo stesso problema fu nel rapporto agli albori della filosofia. Nietzsche rappresenta, semplificando, il disagio del rapporto uomo/ esistenza, da una parte cultura/condizionante dall'altra. E' i nanalogia il rapporto cervello/mente, realtà/pensiero, immediatezza/eternità. proviam oa rifletterci..............
Perchè ciò che l'uomo costruisce come artificio, come cultura, a sua volta lo proietta nella propria esistenza, nella propria esistenza dell'attimo dopo attimo: il pensiero autocondiziona la pratica. E' questa consapevolezza dei pensatori dell'epoca della grande espansione della tecnica che viene problematizzata e ne cercano le cause e i rimedi.

L'attacco alla metafisica , non è è propriamente un attacco alla gerarchia, ma alla strutturazione di un pensiero lontano dalla pratica.

Man mano che la mia mente si allontana dalla realtà accertativa e veritativa, il mio pensiero si struttura autopensandosi, quindi se possiamo scinderlo nelle categorie di una relazione fra realtà e pensiero, diremmo che il pensiero si soggettiva tanto più si allontana dalla pratica. Il problema non è l'induttivo o il deduttivo ,ma il loro rapporto che è sempre dinamico.

Se la scienza indaga, ma non pensa, la metafisica pensa ,ma non indaga. Perchè la prima è troppo induttiva e la seconda è troppo deduttiva.

La metafisica ha perso la battaglia( ma non la guerra) storica, nel momento in cui la scienza è più pratica e più vicina all'immediato esistenziale che non la metafisica.

Il problema quindi non è la gerarchizzazione, ma una metafisica che deve rispondere alla pratica e non rendersi avulsa dalle prassi.
Una metafisica che non può essere distante dall'esistenza e quindi dalla pratica, prassi, pragmatica, e che quindi aiuti e trovi il rimedio alle problematiche del giorno dopo giorno che la vita, come orizzonte spazio/temporale, ci pone .
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 24 Maggio 2017, 11:52:28 AM
risposte  a Myfriend e Paul

Ciao MyFriend

cit MyFriend.
Si Peirce partendo da Saussure(padre invece della semiologia) e finendo con Umberto Eco.

Saussure per forza di cose. (è alla base di tutto lo strutturalismo francese degli anni 70 - 90)

Umberto Eco non penso, si è reso colpevole di una cosa ai miei danni che non posso dimenticare.

Ma a parte la componente autobiografica, non mi sembra che sia molto considerato dai miei autori, anzi alcuni lo criticano aspramente.
Invece quasi tutti indicano in Mauss l'uomo da cui ripartire. Non lo conoscono, e per ora i consigli rimangono a livello quasi sacerdotale. Vedremo.

cit MyFriend.
Già dire soggetto e pensarlo implica un sistema che gli sta dietro e sorregge il significato che esprime, quindi siamo già nello specialistico, già nel limite e nella gerarchia. Invece che soggetto possiamo parlare di essere se vogliamo togliere uno strato di "umanità", di costrutto logico. Le forme di controllo servono a capire non sono obbligatorie alla prospettiva pratica. Ed è vero non è facile, di sicuro bisogna passare dal nichilismo superandolo in una sorta di concezione zen. Nel fuggire un pericolo imminente non c'è una logica categorizzante ma un semplice rapporto di causa effetto e oltre quello non si va, non c'è verbo soggetto e complemento non c'è nemmeno un contesto a meno che non ti fermi a guardarlo. È nell'azione depensata che possiamo trovare una sorta di degerarchizzazione, ma se vuoi fermarti a esplorare devi per forza prendere in mano un microscopio, uno strumento, la logica che poi ci porta a una critica dello strumento, ma è soltanto la prospettiva che rende lo strumento tale e ci arrovelliamo sul perché abbia dei difetti anche se le cose sono oltre lo strumento. Ricordo una frase di Nietzsche a cui si torna sempre che diceva: "non esistono fatti, ma solo interpretazioni", quindi cambiando interpretazione(che è il cardine di tutto) cambieranno anche i fatti che non saranno mai assoluti.

Grazie del contributo MyFriend.

Anche se mi sembra una critica, critica che si somma alle mie perplessità su una effettiva utilità del formale.

Andando indietro nel tempo però mi sembrava che avere in mente uno schema di relazione, foss'anco gerarchico, o di causa-effetto come suggerisci tu, avrebbe potuto essere utile.

Però voglio dire (ed hai ragione a dubitare) anche avere uno schemino di riferimento da ricordare, ho paura che non toglie, che la prospettiva usata, quella della causa prima, probabilmente, infici completamente su un effettivo controllo del metafisico.
Hai fatto bene a ricordarlo.

(Purtroppo proprio in questi giorni l'amico con cui lavoravo sul progetto si è dato per disperso. Boh, c'est la vie.)

C'è molto da pensare da parte mia, e questo caldo non aiuta affatto.


Ciao Paul  :)

Grazie ancora del contributo.

Effettivamente anche il tuo contributo mi sembra una critica, e anche più consapevole di quella di Myfriend.
Credevo che fosse una questione poco pensata, ma vedo proprio che è il contrario.

E' vero Paul, mi sembra che il formale non possa catturare in nessun modo il modo circostante.

Ed è vero anche il secondo punto che penso posso ridurre a quanto dice anche Myfriend o alla critica di Philip a Ceravolo.
Rendere il conoscitivo coerente, sposta completamente il punto alla causa prima, nel tuo caso il mentale, meglio il culturale. (ovviamente rimando alla tua attenta analisi in toto, non riesco a sintetizzarla meglio).

cit Paul
"Se la scienza indaga, ma non pensa, la metafisica pensa ,ma non indaga. Perchè la prima è troppo induttiva e la seconda è troppo deduttiva."

Molto immaginifica ed illuminante la metafora. Complimenti.


cit Paul
Il problema quindi non è la gerarchizzazione, ma una metafisica che deve rispondere alla pratica e non rendersi avulsa dalle prassi.
Una metafisica che non può essere distante dall'esistenza e quindi dalla pratica, prassi, pragmatica, e che quindi aiuti e trovi il rimedio alle problematiche del giorno dopo giorno che la vita, come orizzonte spazio/temporale, ci pone .

Sono d'accordo, ed allora mi ricollego a quanto pensavo ieri nella risposta sopra a Myfriend.

Il formale come sorta di mini-mappa, schemino, per avere una sorta di controparte, nel momento in cui si passa alle prassi.

Rimangono tutte le problematiche che avete brillantemente sollevato. Quello schemino rischia di essere una mera illusione.

Non so! era una intuizione di 3 anni fa, si è diluita nel tempo, e ne ho perso la dimensione.

C'entrava però con il mentale. Nel senso che l'analitica americana (se fatta come Dio comanda) si interessa a quello.
Ossia il problema mente-realtà con la nota divisione tra dualisti e monisti.
Io mi porrei decisamente come dualista.

ma la realtà del binomio mente-realtà, che si cala nella cornice (così detta) deve essere destrutturata, prima ancora che (ri) strutturata. Ossia deve aver presente in cosa consista il binomio mente-realtà (che come dici tu è frutto delle dinamiche continue tra deduzione e induzione, e qui Peirce ci arriva) in cosa consista la cornice (cultura, storia, paesaggio o natura come desideri).
E infine in cosa consita appunto la realtà, che sarebbe poi il punto d'arrivo. Ora avevo intuito che questa realtà è derivata, controllata dicevo nei post precedenti, ma forse semplicemente è di fatto la formalità stessa.
Perchè come realtà all'uomo è praticamente sconosciuta.

Messa così però mi sembra di creare una specie di aporia. Quali sono le chiavi di controllo, che mi permettono di agire su una realtà formale, e perciò stesso immaginaria?????

Questa cosa era nata come una lontana intuizione, più che altro un esperimento, per vedere come le cose sarebbero pensate, applicando quel sistemino.
Con il mio (ex?) amico purtroppo già notavamo che la metafisica 2.0 era sempre una metafisica 1.0.
Quindi anche omettendo le critiche tue e di Myfriend, c'è qualcosa che non tornava.
Ed era sempre il problema del soggetto. Eravamo rimasti alla domanda ma allora cosa è l'uomo?

Certo è strano che molti intellettuali o primi venuti (come lo siamo noi) raggiungano come punto critico proprio quello.

Perchè "cosa è l'uomo?" si proietta all'interno della metafisica, e non fuori. La cosa è inquietante. Aporetica.

E io odio le aporie, con tutto me stesso. Non mollo amici miei. Mai (anche se per ora mi avete messo spalle al muro).

Grazie ancora per i bellissimi contributi.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: Mymind il 24 Maggio 2017, 18:02:05 PM
Citazione di: green demetr il 24 Maggio 2017, 11:52:28 AM
Perchè come realtà all'uomo è praticamente sconosciuta.

Messa così però mi sembra di creare una specie di aporia. Quali sono le chiavi di controllo, che mi permettono di agire su una realtà formale, e perciò stesso immaginaria?????

Dobbiamo arrenderci al fatto che non c'è controllo oltre il percepito. Ci è dato parlare della verità ma non conoscerla il che riduce al fatto che la realtà è per l'uomo ciò che percepisce/immagina con tutti i suoi condizionamenti e il tipo di semiotica (anche se immaginare qui combacia con la realtà per l'individuo). Il che rimanda alla domanda successiva..

Questa cosa era nata come una lontana intuizione, più che altro un esperimento, per vedere come le cose sarebbero pensate, applicando quel sistemino.
Con il mio (ex?) amico purtroppo già notavamo che la metafisica 2.0 era sempre una metafisica 1.0.
Quindi anche omettendo le critiche tue e di Myfriend, c'è qualcosa che non tornava.
Ed era sempre il problema del soggetto. Eravamo rimasti alla domanda ma allora cosa è l'uomo?

Certo è strano che molti intellettuali o primi venuti (come lo siamo noi) raggiungano come punto critico proprio quello.

Perchè "cosa è l'uomo?" si proietta all'interno della metafisica, e non fuori. La cosa è inquietante. Aporetica.

È la domanda stessa che ci riconduce alla metafisica, la sua focalizzazione deve per forza passarci attraverso. Quindi potremo dire che l'uomo è ciò che percepisce oppure abbandonando il dualismo ed eliminando la domanda che ci fa uscire dalla dimensione pratica potremo dire che l'uomo è consapevolezza di esserlo, quindi di essere e non di cosa essere. Se ci chiediamo cosa è l uomo stiamo generando un terreno metafisico dove questa domanda possa avere senso riconducendo inevitabilmente ai limiti delle nostre interpretazioni, tutte vere e tutte false. Uno specchio mutevole che cerca di specchiarsi da solo.

E io odio le aporie, con tutto me stesso. Non mollo amici miei. Mai (anche se per ora mi avete messo spalle al muro).

Grazie ancora per i bellissimi contributi.
Di niente, chissà che non ci sia da trovare un giorno uno spiraglio per la verità  ;D Comunque son Mymind  :P
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 24 Maggio 2017, 20:49:54 PM
Oddio anzitutto scusatantissimoooo Mymind!!! :-[  I primi caldi...e già deliro?  ;)  ;)  ;)


Hai ragione!! la domanda "cosa è l'uomo" automaticamente sposta la questione sull'epistemologico e non sul reale.

(chissà perchè una questione così banale è sempre trascurata  :-[ )

Eh sì direi che sono proprio spalle al muro.

Ma ripeto è un progetto a lungo termine. Se riesco poi a leggere come non mi capitava da anni, forse qualcosina ne riesco a ricavare, e sicuramente a pensare.  ;D
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: paul11 il 25 Maggio 2017, 01:00:28 AM
Citazione di: green demetr il 24 Maggio 2017, 11:52:28 AM
risposte  a Myfriend e Paul

Ciao MyFriend

cit MyFriend.
Si Peirce partendo da Saussure(padre invece della semiologia) e finendo con Umberto Eco.

Saussure per forza di cose. (è alla base di tutto lo strutturalismo francese degli anni 70 - 90)

Umberto Eco non penso, si è reso colpevole di una cosa ai miei danni che non posso dimenticare.

Ma a parte la componente autobiografica, non mi sembra che sia molto considerato dai miei autori, anzi alcuni lo criticano aspramente.
Invece quasi tutti indicano in Mauss l'uomo da cui ripartire. Non lo conoscono, e per ora i consigli rimangono a livello quasi sacerdotale. Vedremo.

cit MyFriend.
Già dire soggetto e pensarlo implica un sistema che gli sta dietro e sorregge il significato che esprime, quindi siamo già nello specialistico, già nel limite e nella gerarchia. Invece che soggetto possiamo parlare di essere se vogliamo togliere uno strato di "umanità", di costrutto logico. Le forme di controllo servono a capire non sono obbligatorie alla prospettiva pratica. Ed è vero non è facile, di sicuro bisogna passare dal nichilismo superandolo in una sorta di concezione zen. Nel fuggire un pericolo imminente non c'è una logica categorizzante ma un semplice rapporto di causa effetto e oltre quello non si va, non c'è verbo soggetto e complemento non c'è nemmeno un contesto a meno che non ti fermi a guardarlo. È nell'azione depensata che possiamo trovare una sorta di degerarchizzazione, ma se vuoi fermarti a esplorare devi per forza prendere in mano un microscopio, uno strumento, la logica che poi ci porta a una critica dello strumento, ma è soltanto la prospettiva che rende lo strumento tale e ci arrovelliamo sul perché abbia dei difetti anche se le cose sono oltre lo strumento. Ricordo una frase di Nietzsche a cui si torna sempre che diceva: "non esistono fatti, ma solo interpretazioni", quindi cambiando interpretazione(che è il cardine di tutto) cambieranno anche i fatti che non saranno mai assoluti.

Grazie del contributo MyFriend.

Anche se mi sembra una critica, critica che si somma alle mie perplessità su una effettiva utilità del formale.

Andando indietro nel tempo però mi sembrava che avere in mente uno schema di relazione, foss'anco gerarchico, o di causa-effetto come suggerisci tu, avrebbe potuto essere utile.

Però voglio dire (ed hai ragione a dubitare) anche avere uno schemino di riferimento da ricordare, ho paura che non toglie, che la prospettiva usata, quella della causa prima, probabilmente, infici completamente su un effettivo controllo del metafisico.
Hai fatto bene a ricordarlo.

(Purtroppo proprio in questi giorni l'amico con cui lavoravo sul progetto si è dato per disperso. Boh, c'est la vie.)

C'è molto da pensare da parte mia, e questo caldo non aiuta affatto.


Ciao Paul  :)

Grazie ancora del contributo.

Effettivamente anche il tuo contributo mi sembra una critica, e anche più consapevole di quella di Myfriend.
Credevo che fosse una questione poco pensata, ma vedo proprio che è il contrario.

E' vero Paul, mi sembra che il formale non possa catturare in nessun modo il modo circostante.

Ed è vero anche il secondo punto che penso posso ridurre a quanto dice anche Myfriend o alla critica di Philip a Ceravolo.
Rendere il conoscitivo coerente, sposta completamente il punto alla causa prima, nel tuo caso il mentale, meglio il culturale. (ovviamente rimando alla tua attenta analisi in toto, non riesco a sintetizzarla meglio).

cit Paul
"Se la scienza indaga, ma non pensa, la metafisica pensa ,ma non indaga. Perchè la prima è troppo induttiva e la seconda è troppo deduttiva."

Molto immaginifica ed illuminante la metafora. Complimenti.


cit Paul
Il problema quindi non è la gerarchizzazione, ma una metafisica che deve rispondere alla pratica e non rendersi avulsa dalle prassi.
Una metafisica che non può essere distante dall'esistenza e quindi dalla pratica, prassi, pragmatica, e che quindi aiuti e trovi il rimedio alle problematiche del giorno dopo giorno che la vita, come orizzonte spazio/temporale, ci pone .

Sono d'accordo, ed allora mi ricollego a quanto pensavo ieri nella risposta sopra a Myfriend.

Il formale come sorta di mini-mappa, schemino, per avere una sorta di controparte, nel momento in cui si passa alle prassi.

Rimangono tutte le problematiche che avete brillantemente sollevato. Quello schemino rischia di essere una mera illusione.

Non so! era una intuizione di 3 anni fa, si è diluita nel tempo, e ne ho perso la dimensione.

C'entrava però con il mentale. Nel senso che l'analitica americana (se fatta come Dio comanda) si interessa a quello.
Ossia il problema mente-realtà con la nota divisione tra dualisti e monisti.
Io mi porrei decisamente come dualista.

ma la realtà del binomio mente-realtà, che si cala nella cornice (così detta) deve essere destrutturata, prima ancora che (ri) strutturata. Ossia deve aver presente in cosa consista il binomio mente-realtà (che come dici tu è frutto delle dinamiche continue tra deduzione e induzione, e qui Peirce ci arriva) in cosa consista la cornice (cultura, storia, paesaggio o natura come desideri).
E infine in cosa consita appunto la realtà, che sarebbe poi il punto d'arrivo. Ora avevo intuito che questa realtà è derivata, controllata dicevo nei post precedenti, ma forse semplicemente è di fatto la formalità stessa.
Perchè come realtà all'uomo è praticamente sconosciuta.

Messa così però mi sembra di creare una specie di aporia. Quali sono le chiavi di controllo, che mi permettono di agire su una realtà formale, e perciò stesso immaginaria?????

Questa cosa era nata come una lontana intuizione, più che altro un esperimento, per vedere come le cose sarebbero pensate, applicando quel sistemino.
Con il mio (ex?) amico purtroppo già notavamo che la metafisica 2.0 era sempre una metafisica 1.0.
Quindi anche omettendo le critiche tue e di Myfriend, c'è qualcosa che non tornava.
Ed era sempre il problema del soggetto. Eravamo rimasti alla domanda ma allora cosa è l'uomo?

Certo è strano che molti intellettuali o primi venuti (come lo siamo noi) raggiungano come punto critico proprio quello.

Perchè "cosa è l'uomo?" si proietta all'interno della metafisica, e non fuori. La cosa è inquietante. Aporetica.

E io odio le aporie, con tutto me stesso. Non mollo amici miei. Mai (anche se per ora mi avete messo spalle al muro).

Grazie ancora per i bellissimi contributi.
Non è mia intenzione metterti spalle al muro, Green, semmai di incitarti.
Sei nella giusta problematizzazione di questo tempo, 
Se dal punto di vista esistenziale la metafisca è elucubrazione del pensiero troppo lontana dalla mondanità del giorno dopo giorno, per cui comunemente oggi il filosfo è visto come un "cazzeggiatore", in realtà è il contrario.
E' il pensiero metafisco che ha permesso il dominio della pratica attraverso la logica formale che porta alla razionalità fino al calcolo.

Pensa oggi ad una fabbrica produttiva. tutti i processi sono standardizzati, il che significa che ogni cosa, ogni costante o variabile è calcolata ai fini di una produttività. Significa dominare i processi delle variabili e delle costanti per avere un risultato. Questo è la tecnica nella pratica, dominare gli enti metafisici, permeare la prassi Per questo la razionalità, la logica i primi matematici erano filosofi ed erano metafisici o pre (o trans) metafisici, .

L'attacco di Nietzhe ed Heidegger è proprio nella ricaduta della pratica di quella teoretica che voleva dominare il mondo, compreso il percettivo, il manifesto, fino ai comportamenti umani, alle scelte, alla libertà e così via. Togliere quella metafisica è stata vista come una forma di liberazione dei comportamenti: è poi vero? Lascio domande per riflettere........Perchè non dimentichiamo che questa è comunque una interpretazione, potrebbero essercene altre ,ad esempio Husserl diceva altro.

L'uomo occidentale quindi domina la natura, la tecnè domina la physis fino a piegarla ai propri scopi alterandola.Ma l'uomo è entrambi i domini è natura e cultura, è pratica e teoretica, è il fare e il pensare.

Oggi il mondo occidentale esporta ovunque la sua cultura di dominio soprattutto nella pratica economica, nel governo delle organizzazioni produttive che diventano riproduzione nelle organizzazioni socio-statali.Cìè ancora, come ho più volte ripetuto, molto di quella metafisica che vuole dominare gli enti, la realtà. Ma noi vediamo la pratica, non la cultura che gli sta innanzi da millenni e che l'ha introdotta.
Il problema dei pragmatici oggi è vederne le contraddizioni, ma non poterci fare nulla, perchè manca la metafisica che  rimedi a quella greca, che riarmonizzi la physis e la tecnè, la natura e la cultura.Quindi la tua ipotesi di una metafisica che tu definisci non gerarchica ,probabilmente vorrebbe dire che non domini più la natura e l'uomo,che non lo condizioni talmente da immiserirlo, da mortificarlo,da condizionarne i significati esistenziali che si mostrano come patologie identitarie, ansie, paure di non dominare i problemi quotidiani, quell'imponderabile che la vita porta con sè, che non è calcolabile, che non è prevedibile,ma che è anche quel "sale" della vita.

Insomma provaci.............la vita è fatta di tentativi, in fondo è il progettarsi.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 25 Maggio 2017, 11:58:19 AM
x paul

grazie dell'incoraggiamento paul!  :)

armonizzare natura e tecnica, certo è così.


la cosa che disturba forse è di utilizzare una tecnica per farlo.


ma era/è qualcosa all'interno di quella stessa tecnica che mi aveva fatto balenare una possibile via di fuga.


non dico semplicemente (insomma già una complicazione per pochi) l'analisi psicanalitica linguistica lacaniana, ma proprio qualcosa all'interno del linguaggio stesso.




flusso di coscienza (non c'è scritto nulla di rilevante, alla pazienza del lettore se lo legge)




metto come appunto qui una delle mie persistenti (non trova ancora adeguata formulazione) idee.
si dice che la riflessione è il rimbalzare dell'oggetto, ma io sento che è il rimbalzare delle parole.
come se il suono rimbalzando, emesso ed ascoltato, rimandasse a una dimensione radicalmente umana.
dimensione di raccolta, di comprensione, di simbolo in una parola.


Ma il simbolo diventa rito, struttura, linguaggio e perde l'ascolto.


Qualcosa di quell'equilibrio natura (umana) e tecnica (sequenza dei simboli) viene a mancare.

Dando una rapida scorsa a Mauss, vedo che il progetto (che indicava Agamben) allora consisterebbe di controllare come la società si strutturi a partire da simboli  (scudi che non si possono portare, oggetti inutili) e poi ne perda le sue radici.

Se fosse così però rimarremmo nel "prendere atto di".

Come se il simbolo sia solo il pretesto per il gerarchico (lo strutturato, il calcolato).

Uno scudo che non si può portare....che senso avrebbe oggi come oggi.  (rimane delle vecchie tradizioni "solo" il denaro, la moneta)

E allora certamente scopriremmo quello che già sappiamo, che il "terzo" serve solo a far funzionare lo scambio sociale. L'iterazione fra individui.

In quel caso rientreremmo nel mio interesse maggiore ossia la relazioni con gli altri.
(è possibile interagire con gli altri senza un terzo? (metafisico , tecnico, sostitutivo, pretesto)

eppure anche qualcosa del formale c'era....lo giurerei.....vabbè basta flusso di coscienza per oggi.

cos' imparo ad aprire discussioni senza averne un minimo di controllo.

Ma appunto sperimentiamo!

grazie ancora!
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: anthonyi il 26 Maggio 2017, 17:35:10 PM
Nel leggere il 3d ho trovato un ragionamento del quale mi è difficile cogliere il senso.
Cosa vuol dire che il parlare non può essere gerarchico? La comunicazione, per quanto ne so io, si pone a livelli differenti di autorevolezza, essa contiene una gerarchia, o no?
Sarei grato se qualcuno potesse chiarirmi la cosa.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 26 Maggio 2017, 18:49:58 PM
Citazione di: anthonyi il 26 Maggio 2017, 17:35:10 PM
Nel leggere il 3d ho trovato un ragionamento del quale mi è difficile cogliere il senso.
Cosa vuol dire che il parlare non può essere gerarchico? La comunicazione, per quanto ne so io, si pone a livelli differenti di autorevolezza, essa contiene una gerarchia, o no?
Sarei grato se qualcuno potesse chiarirmi la cosa.

Ciao anthony

grazie della domanda.

Si hai ragione, forse mi sono espresso male.  ;)

Intendo dire che il linguaggio, il parlare, è una gerarchia formale.

Non ha necessariamente la funzione di coercizione fisica.

Cioè distinguo una metafisico formale (quello classico, o anche quello americano analitico) dal reale. Ossia l'esito sulle relazioni sociali e private.

L'esito è sempre una coercizione (che lo si percepisca o meno) vi sono delle norme, delle abitudini, tanto che noi parliamo di normalità e di etica o morale.


Per risolvere delle situazioni di stallo o di sofferenza reali, necessiteremmo di una lotta fisica.
Ma nella storia umana, dall'invenzione della scrittura in poi (vedi Sini) la vera battaglia si è trasferita nel discorso. (e quindi nel formale, metafisico o analitico che sia)

Ovvero in ciò che DECIDIAMO di raccontarci. (nel senso di opinione pubblica, di morale, di normalità).


APPROFONDIMENTO E SPUNTI VARI PER IL FUTURO.



Lo scopo della filosofia è sempre stato quello di criticare, di evidenziare le cose che andavano bene e quelle che no.

Abbiamo così affinato gli strumenti della ragione (scienze, economia e diritto).

Ma siamo pervenuti in uno stato dove ci siamo dimenticati di affinare gli strumenti che analizzano NOI STESSI, ossia i parlanti, i ragionanti.

E a questo punto che si apre la mia discussione.

Qui c'è l'ambizione di correggere la metafisica che ha avuto il gran torto di voler dettar legge piuttosto che di criticare.

Ossia è nel come la metafisica si è sempre presentata (come verità) che risiede l'errore-

Perchè se la filosofia pretende di essere morale, alla fine diviene vittima degli stessi meccanismi che si proporrebbe di criticare.

Ossia invece di essere critica delle scienze, dell'economia, e del diritto.
Diviene essa stessa politica delle scienze, dell'economia e del diritto.
(diventa una voce fra le voci, senza avere più l'autorità di una volta.
e non ha più l'autorità perchè si è resa conto che era male. che la verità deve essere per tutti e non per pochi. ha creato cioè l'autorità della scienza (irrevocabile).)

ha praticamente sottoscritto alla sua stessa fine.

Ma non è un male, è un bene affidarsi alla scienza piuttosto che ad una opinione, o peggio un pregiudizio.

Rimane il problema dunque di cosa fare di questa metafisica.

Come scriveva Paul, è veramente necessario farne a meno?

A mio modo di sentire no.

Quello che voglio salvare è la trascendenza, ossia la spiritualità che informa l'uomo.

Ossia io voglio ricordare a me stesso SEMPRE, la mia umanità come corpo e come spirito.

Solo a quel punto posso dedicarmi alla critica della scienza della morale etc...

Dunque l'ambizione è quello di trovare un linguaggio che controlli il soggetto, il ragionante, ossia di chi critica, ragiona etc...sulla scienza etc....

SENZA farla diventare a sua volta una POLITICA una scelta di partito, schieramento etc...

Per fare questo devo creare un discorso che metta dei paletti, il più precisi possibili affinchè il soggetto, il criticante, il ragionante si chieda sempre COSA STA INDICANDO, quali operatori logici sta mettendo in campo, il fine di questo indicare e operare, ossia il suo limite invalicabile, PRIMA DI DIVENTARE presa di parte, politica, critica SU QUALCOSA.

Insomma il soggetto, il ragionante, il criticante, il politico (finanche) DEVE ESSERE CONSAPEVOLE delle trappole a cui si va incontro con il linguaggio stesso.
Non deve diventare il linguaggio stesso.
Se parlo di critica alla scienza non posso usare le categorie della scienza.
Nemmeno quelle della nostra chiave interpretativa, deve essere qualcosa a META' strada.
Questa nuova strada deve avere dei paletti che noi decidiamo in base alle scienze del linguaggio (grammatica,semantica, fononologia) e della semiotica (semiologia, ermeneutica, forma del romanzo).
I passaggi devono essere chiari, condivisibili da tutti, argomentabili.

Sono abbastanza convinto che fosse proprio ciò che Kant si era preposto di fare.
E che tentò di elaborare il più approfonditamente possibile. (lasciando una enormità di spunti, da elaborare anzitutto nel loro fallimento, ossia da leggere come eredità)

Posso bene dire che questo ambizioso progetto è una riscrittura formale delle intenzioni di Kant.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: maral il 26 Maggio 2017, 23:54:02 PM
Avevo promesso di portare la risposta di Carrera. Bene, la risposta è arrivata, sono più di tre pagine fitte. Ne tenterò un riassunto per trasmettervi come vede lui il discorso della necessità di un pensiero non gerarchico.

Carrera riconosce come cruciale il problema del "come" che ho introdotto nella domanda che gli ho posto e il rischio che esso  istituisca a sua volta una gerarchia nel momento in cui si presenta più risolutivo del "che cosa" .  Ma in realtà non affronta questa problematica (il come a cui si riferisce non è modale, ma comparativo come nel pensiero ermetico) in quanto  per lui  si tratta innanzitutto di pervenire a una disposizione topologica dei campi del sapere (o in termini propriamente fenomenologici, delle "ontologie regionali" intese in senso lato).
Il suo percorso intellettuale verso un pensiero non gerarchico si rifà alla scoperta della serie  dodecafonica di   Schönberg  con la sua abolizione della gerarchia tra i suoni, collegata al "non c'è né sopra né sotto, né destra né sinistra" di Emmanuel Swedenborg e all'episodio dell'"uccello Saggezza" dello Zarathustra di Nietzsche, poi alla formula alchemico ermetica della Tabula Smaragdina ("Come in alto, così in basso...") e infine al lavoro di un irregolare antropologo come Harry Everett Smith che, nella sua Anthology of American Folk Music, ignorò tutte le classificazioni dell'etnomusicologia sostituendole con il principio ermetico citato, per cui la folk music (o la medioevale musica instrumentalis) è il perfetto equivalente (basso) della "musica delle sfere" pitagorica. «Riassumendo, la musica più alta è "come" la musica più bassa. Attenzione: non è "meglio" e non è "peggio"; è "come". Qui sta tutta la differenza. E tutto il problema. Non si tratta perciò di adottare una "tecnica" di pensiero, ma di mettere tra parentesi le scale di valori che mettono in gerarchia i vari campi dell'espressione per constatare invece che cosa questi campi hanno in comune indipendentemente dalla complessità di linguaggio che ogni campo raggiunge al suo interno e che, come tale, può benissimo risultare incommensurabile agli altri campi». Si tratta dunque di vedere tutta una serie di somiglianze e parentele che sottende le varie pratiche. Cos'ha in comune la complessità dell'Arte della fuga con  la semplicità di una canzone folk, a parte la gerarchia di complessità? Citando Bartok  «un brano di folk music può essere tanto "compiuto" quanto il più sofisticato pezzo di musica classica, perché in quel brano che magari dura un minuto si sono cristallizzati secoli di pensiero musicale elaborato da intere culture che non avevano a disposizione il privilegio, o l'arma a doppio taglio, della scrittura». Quelle semplici melodie raggiungono la più alta perfezione artistica. Quando una pratica raggiunge la sua massima perfezione in relazione non ad altre pratiche, ma a se stessa tanto da non poterle chiedere ulteriori sviluppi senza farla diventare un'altra pratica, allora possiamo far valere la potenza del "come".
Uscendo dal campo musicale per entrare in quello sociale e politico, Carrera ricorda il tema della non contemporaneità di Ernst Bloch, secondo il quale non tutti i popoli e le culture vivono nello stesso tempo storico. Lo sfruttamento di questo divario permetterebbe a Bloch di spiegare come personaggi quali Hitler ieri, oggi Trump e la Le Pen possano farsi strada, a fronte dell'incapacità degli intellettuali progressisti di farsene carico. E' un'analisi, questa di Bloch, che, pur con i suoi meriti, risulta criticabile (da Benjamin e Adorno) sia perché presuppone uno sviluppo storico "correttamente dialettico" e sostanzialmente lineare accanto ad altri  dialetticamente falliti, sia e soprattutto perché si dimentica che, accanto alla contemporaneità, va considerata in modo più rilevante la compresenza nel presente storico di posizioni e situazioni non confrontabili tra loro, ma che accadono contemporaneamente. Lasciandoci sfuggire questa "consistenza del presente" si potrebbe erroneamente ritenere ad esempio che il fondamentalismo islamico sia un rigurgito del passato, mentre «è un fenomeno tanto contemporaneo, moderno o postmoderno quanto l'ultimo modello di iPhone»
Non si tratta quindi di un "più" o "meno" da istituirsi tra campi del sapere, ma di un "come", ossia parimenti perfetti sul piano della diversità di compresenza, ove perfetto significa ciò che non può essere ulteriormente migliorato senza distruggerlo.
Alla domanda su come si faccia a innalzare propriamente e concordemente il livello dei discorsi Carrera trova che non sia possibile dare risposta, perché non c'è una regola,  accade o non accade, mentre a  valutare e stabilire l'innalzamento del livello per Carrera è la comunità degli interpretanti che:  «grazie al loro lavoro trasformano quell'enunciazione in un macrotesto composto di discussioni scritte e orali, tesi di laurea, libri, voci di enciclopedia, pagine di antologie, siti web, documentari, qualunque cosa la semiosfera ci metta a disposizione». Tutto questo alza il livello della conversazione anche grazie agli errori che si producono, perché anche gli errori determinano innalzamenti nel livello del discorso (i riferimenti vanno agli errori di Foucault quando si occupa di pensiero classico e a Sartre per come criticato da Derrida).
Anche se la tecnica implica una diacronia, facendo riferimento a una tradizione, «lo sguardo della compresenza e sulla compresenza è sincronico. È lì che sta il suo potere. Non nel negare la diacronia (e quindi lo sviluppo delle pratiche), ma per coglierle nel momento in cui "appaiono" contemporaneamente sullo stesso sfondo, portandosi dietro tutte le differenze del loro sviluppo senza poterle mostrare diacronicamente».
In conclusione Carrera scrive: «Certo, questa è (anche) la globalizzazione. Ciò che Nietzsche chiamava il museo della storia è oggi, e non solo da oggi, il centro commerciale del presente. Non possiamo ignorare l'evidenza: tutto ciò che cinquant'anni fa era considerato cultura (poesia, letteratura, filosofia) oggi è subcultura, così come non possiamo ignorare che ciò che cinquant'anni fa stava alla periferia della cultura (i generi letterari e cinematografici minori, i palinsesti televisivi, la moda, la popular music, i videogiochi), oggi ne occupa il centro (commerciale e non).
Ma cominciare a pensare non in termini di ciò che è meglio e ciò che è peggio (ah, quando c'era x;
non come oggi che c'è solo y), bensì in termini di come x è anche y, e come y è anche x, forse è un modo concreto di avvicinarci alle pratiche che circondano la nostra vita, nonché di navigarle senza farsi travolgere.»
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: anthonyi il 27 Maggio 2017, 08:38:04 AM
Ringrazio green demetr, devo dire però che non condivido l'idea che la non fisicità della comunicazione implichi una ridotta coercitività.
La comunicazione presenta molti elementi in comune con la relazione fisica tra individui. Un gruppo di individui può fare a botte, oppure marciare insieme contro un nemico comune. Allo stesso modo gli individui dialogando possono collaborare, nel senso che ciascuno prende gli argomenti dell'altro come base per la realizzazione di un'idea comune, oppure cerca di falsificarli a tutti i costi per imporre la propria verità interiore.
In entrambi i casi possiamo avere situazioni asimmetriche, nella fisicità il confronto tra un individuo violento e uno pacifico, nella comunicazione il confronto tra uno che vuole solo imporre la sua idea, e uno che è disposto a un dialogo costruttivo.
L'asimmetria vale anche per la forza rispettiva, nella comunicazione chi ha più cultura, ha più argomenti per imporre la propria visione contro chi è ignorante.
In sintesi la coercitività e la gerarchicità, per me, è argomento che attiene al rapporto tra individui, indipendentemente dalla fisicità del rapporto che è una semplice conseguenza.
Direi infatti che molti possano essere d'accordo sul fatto che a una gerarchia comunicativa segua anche una gerarchia fisica.
Volevo poi commentare il titolo del 3D, per me ispiratore di forti sollecitazioni intellettuali.
Per me infatti questo può avere tre linee di sviluppo:
1)   Una linea ontologica, riguardante la gerarchicità dell'aldilà. In soldoni, ci sono divinità superiori, o sono tutti spiriti alla pari?
2)   Una linea epistemologica, che direi è quella che mi sembra implicita nell'intento dei dialoganti;
3)   Una linea culturale, riguardante la gerarchia tra dottrine e la primarietà della Teologia.
Direi che le tre linee si assemblano perché tutti noi veniamo da radici culturali (Almeno credo), fortemente gerarchiche su tutti e tre i livelli: Un solo Dio, Una sola autorità teologica, la Chiesa, Primato della Teologia sul resto (in particolare sulla politica).
La domanda di superamento delle gerarchie io la condivido, a tutti e tre i livelli.
Per me però sono fondamentali due domande: L'uomo è pronto? L'uomo è capace?
Con l'ultima domanda io intendo l'uomo ha le capacità di reggersi in un mondo privo di strutture gerarchiche. In generale le esperienze di liberazione umana (Rivoluzione Francese, pensiero marxista, pensiero liberale (delle origini), movimenti del 68), hanno sempre prodotto evoluzioni incontrollabili che sovente sono andate in direzione opposta, cioè hanno prodotto gerarchie più forti e laceranti di quelle che volevano eliminare. Si dirà, ma comunque erano esperienze da fare per imparare e migliorare, e qui viene la prima domanda, l'uomo è pronto? Abbiamo sufficiente esperienza e conoscenza per eliminare le gerarchie senza produrre conflitti (certamente generati da quelli che vogliono la gerarchia e che in assenza della stessa cercano di porsi in posizione gerarchica, ma che condizionano tutti gli altri)?
Voi che ne pensate?

Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: maral il 27 Maggio 2017, 11:30:10 AM
In realtà mi pare che il discorso sulle gerarchie del pensare sia molto complesso e assai più complesso di come lo tratta Carrera prendendo spunto dalla musica dodecafonica e soprattutto, per quanto lo trovi estremamente interessante, dal principio di equivalenza tra alto e basso, destra e sinistra del pensiero alchemico ed ermetico.
Sicuramente all'interno dei vari settori topologici, da prendere tra loro in modo incommensurabile, secondo una visione rigorosamente pluralistica, verrà ad elaborarsi sempre una gerarchia, un canone interno (e infatti Carrera lo rileva e lo tiene ben presente nel suo approccio alle arti e in particolare ai vari aspetti della musicologia), ma è davvero possibile limitare settorialmente questo principio gerarchico o non è una sorta di artificio? E qui si inserisce quanto mai appropriata la domanda di anthonyi. D'altra parte lo stesso principio alchemico recita "Come in alto, così in basso, per compiere il mistero della Cosa Unica". E' la "Cosa Unica" a essere gerarchicamente imbarazzante e lo è per Carrera, che se ne ritrae un po' spaventato, come dichiara nella sua risposta. Ora, questo mistero della Cosa Unica, può forse essere tenuto da parte quando si affrontano questioni estetiche, forse si riesce un po' anche a farne a meno. Almeno dal mio punto di vista non ci sono difficoltà in linea di principio nel considerare come potenzialmente parimenti perfette la musica folk e quella classica, il rock e la dodecafonia; la moda, il pop e i generi letterari e cinematografici minori rispetto alla poesia, alla letteratura e alla filosofia (a parte la nostalgia verso la bella profondità del tempo che fu). Ma quando entrano in ballo aspetti ontologici, politici, sociali e teologici? Come ce la caviamo rispetto alle pretese della "Cosa Unica"? Possiamo farne solo una questione di estetica per quanto la questione di estetica sia fondamentale?
Perché questa pretesa c'è, è inutile nasconderselo e c'è pure come volontà di un canone universale, non solo di un primo oggetto universale. A meno che il mistero della Cosa Unica che va compiuto non stia proprio nel manifestarsi delle differenze dei particolari ciascuno in cammino verso la propria perfezione. Nel riconoscere la perfezione in questo camminare particolare di ciascuno verso la propria perfezione e ammettere i diversi percorsi senza progettare unificazioni globali in nome di panoramiche predefinite di grande portata unificante di tipo concettuale astratto, ma tenendo anche presente che questi cammini sono destinati a intrecciarsi, dunque a ostacolarsi reciprocamente, a farsi guerra o a sostenersi reciprocamente incontrandosi. In altre parole la "Cosa Unica" non potrà mai essere detta, mai definita, mai tradotta in alcuna regola o divinità o utopia definitiva buona per tutti e per sempre per come la si stabilisce, ma sempre da dirsi affinché ogni detto si apra a un "altrimenti detto". La Cosa Unica accade continuamente nell'intrecciarsi e richiamarsi delle sue parti (delle sue periferie) e richiede solo che in questo suo accadere ci si riesca a mantenere in bilico, senza poterla vedere, o meglio, vedendola solo nella sua parzialità che persegue la sua particolare perfezione, dopo di ché tramonta e sopraggiunge una nuova parzialità destinata a compiere nell'intreccio la sua parte di cammino. La Cosa Unica è solo prassi che si spera si dimostri una buona prassi nei diversi ambiti dei nostri progetti da concludere prima o poi.

   
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: Phil il 28 Maggio 2017, 16:00:04 PM
@green demetr
Sullo stare "spalle al muro",  mi permetto di ricordarti l'osservazione di Sun Tzu: "se poni te tue truppe in una situazione senza uscita, daranno sicuramente prova di coraggio immortale" e per questo ammoniva: "al nemico accerchiato, lascia una via di fuga"  ;)
Il muro che ti senti alle spalle potrebbe essere scalato (come farebbe il Nietzsche amante delle vette), decostruito (à la Derrida, per poi scavalcarne i ruderi), "ingegnerizzato" (come fanno gli epistemologi, per decidere dove costruire un varco), trasceso (come il "muro senza porta" del Wumen Guan zen), e magari anche altro... trovare il proprio muro è la "fortuna" di trovare qualcosa su cui lavorare  :)

Citazione di: green demetr il 25 Maggio 2017, 11:58:19 AMSe fosse così però rimarremmo nel "prendere atto di". Come se il simbolo sia solo il pretesto per il gerarchico
Direi addirittura che il simbolo è il pre-testo del gerarchico, ovvero la cornice "testuale"(semantica) che precede l'installazione del gerarchico, in assenza di simbologia non può esserci gerarchia... non a caso, nel mondo animale la gerarchia c'è solo se lo leggiamo con lo sguardo simbolico umano, che distingue preda/predatore, maschio dominante/gregario, etc. ma nell'ombra gettata da quello sguardo tassonomico, nell'angolo cieco della visuale gerarchizzante, non ci sono categorie gerarchiche, ma solo istinto, fame e "programmazione genetica"... una volta istituito il simbolico, invece, la gerarchizzazione trova terreno fertile: tracciata una linea, ha poi senso parlare di aldiqua e aldilà, e la linea singola, se non erro, sia per gli egizi che per i popoli orientali, simboleggiava (intuitivamente) il numero uno, che è il concetto-simbolo per eccellenza, quello che fonda il principio di identità (che fonda la logica per come la conosciamo)

Citazione di: green demetr il 25 Maggio 2017, 11:58:19 AMMa il simbolo diventa rito, struttura, linguaggio e perde l'ascolto.
Qualcosa di quell'equilibrio natura (umana) e tecnica (sequenza dei simboli) viene a mancare.
Dando una rapida scorsa a Mauss, vedo che il progetto (che indicava Agamben) allora consisterebbe di controllare come la società si strutturi a partire da simboli  (scudi che non si possono portare, oggetti inutili) e poi ne perda le sue radici.
Emanciparsi dalla gerarchia come struttura di senso, forse significherebbe abbandonare la dimensione simbolica, dunque compromettere la funzionalità della logica come strumento di indagine... senza più gerarchie, che fine fa il senso?

Citazione di: green demetr il 25 Maggio 2017, 11:58:19 AM(è possibile interagire con gli altri senza un terzo?)
Probabilmente no, perché il terzo è la relazione stessa  ;)


Citazione di: green demetr il 26 Maggio 2017, 18:49:58 PMDunque l'ambizione è quello di trovare un linguaggio che controlli il soggetto, il ragionante, ossia di chi critica, ragiona etc...sulla scienza etc....
SENZA farla diventare a sua volta una POLITICA una scelta di partito, schieramento etc...
Per fare questo devo creare un discorso che metta dei paletti, il più precisi possibili affinchè il soggetto, il criticante, il ragionante si chieda sempre COSA STA INDICANDO, quali operatori logici sta mettendo in campo, il fine di questo indicare e operare, ossia il suo limite invalicabile, PRIMA DI DIVENTARE presa di parte, politica, critica SU QUALCOSA.
Insomma il soggetto, il ragionante, il criticante, il politico (finanche) DEVE ESSERE CONSAPEVOLE delle trappole a cui si va incontro con il linguaggio stesso
Maral ha ricordato il ruolo dell'estetica nel discorso gerarchico, e questa riflessione semiologica che proponi se coniugata con l'estetica diventa ermeneutica, allontanandosi quando basta dall'esattezza formale della logica epistemica (quasi "computazionale"), per aprire temi e problemi la cui soluzione non può essere trovata in un uso impeccabile dei meccanismi semantici... e ciò non riguarda solo l'estetica: ad esempio, il linguaggio influenza la politica, e viceversa, ma la soluzione ai problemi politici non è mai esclusivamente linguistica, perché "la giustizia" o, tornando agli antichi, "la saggezza", non è una questione di variabili o costanti, di fallacie, o di compilazione di assiomi con tavole di verità (la differenza fra la ragione dell'uomo e l'intelligenza artificiale è forse tutta qui...).

Citazione di: anthonyi il 27 Maggio 2017, 08:38:04 AMLa domanda di superamento delle gerarchie io la condivido, a tutti e tre i livelli. Per me però sono fondamentali due domande: L'uomo è pronto? L'uomo è capace? Con l'ultima domanda io intendo l'uomo ha le capacità di reggersi in un mondo privo di strutture gerarchiche.
Domande ostiche, ma ne rovescerei l'ordine, o meglio, ne rovescerei la gerarchia ( ;D ): quella essenziale mi pare la seconda, ovvero se sia davvero possibile uscire dalle gerarchie, senza ritrovarsi a sostituirle con altre (più o meno speculari alle precedenti). C'è mai stata una cultura, una società, o solo una visione del mondo, priva di gerarchie? Cosa, quali indizi, ci fanno pensare che oggi (o domani), sia realmente possibile degerarchizzare il nostro approccio al mondo e all'altro uomo? Davvero è possibile una dimensione sociale, logica o anche solo linguistica che non richieda l'imprescindibile presenza di una gerarchia (più o meno latente o implicita, più o meno personale o condivisa, più o meno dogmatica o "fluida", etc.)?

Citazione di: maral il 26 Maggio 2017, 23:54:02 PMAlla domanda su come si faccia a innalzare propriamente e concordemente il livello dei discorsi Carrera trova che non sia possibile dare risposta
e questa stessa domanda presuppone una gerarchia, o meglio, molteplici gerarchie... altrimenti diventa una domanda che non ha condizioni di possibilità di risposta...
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 28 Maggio 2017, 18:59:37 PM
x maral p1

cit maral
"Carrera riconosce come cruciale il problema del "come" che ho introdotto nella domanda che gli ho posto e il rischio che esso  istituisca a sua volta una gerarchia nel momento in cui si presenta più risolutivo del "che cosa" .  Ma in realtà non affronta questa problematica (il come a cui si riferisce non è modale, ma comparativo come nel pensiero ermetico)"

Ho letto l'intero riassunto. (grazie infinite a te e al prof Carrera dunque  ;))
Ma io mi fermerei all'inizio, se l'analisi deve essere comparativa, allora ci fermeremmo alla modalità.
Sia ben chiaro, la comparatistica è difatti l'analisi più "in auge" nel mondo della letteratura critica.

Ossia ad una ermeneutica. Quello che me la rende noiosa, è che si occupa dell'artistico.
Ma come diceva Nietzche ripreso dal Carmelo Bene (discorso con Zeri), l'arte invece di occuparsi delle forme, sbaglia ad occuparsi delle sostanze, diventando un immenso monumento. Un cimitero delle idee.
Carrera opportunatamente allora prova la via estetica, per uscire dalle impasse del metafisico.
(ma non è il solo, quasi tutti i filosofi passano all'estetica).
Eppure l'arte (nei sui 4 discorsi sul nulla di Carmelo Bene) è di nuovo solo, al massimo, consolazione.
Non ha nulla della vita. Dunque queste soluzioni le vedo sostanzialmente come soluzioni deboli.

Approfondimento Carrera.

cit maral
"Carrera è la comunità degli interpretanti che:  «grazie al loro lavoro trasformano quell'enunciazione in un macrotesto composto di discussioni scritte e orali, tesi di laurea, libri, voci di enciclopedia, pagine di antologie, siti web, documentari, qualunque cosa la semiosfera ci metta a disposizione»."

Certo ma la semiosfera divetasse biosfera? Mi sembra che Carrera non legga Agamben, Sloeterdijk, strutturalismo francese in generale.
(derrida, deleuze, baudrillard etc..etc...etc...).
In realtà l'eredità di questi filosofi è proprio far notare come la semiosfera, il simbolico, sia diventato pensiero ideologico.(teso al controllo o governo dei corpi)

cit maral
"i riferimenti vanno agli errori di Foucault quando si occupa di pensiero classico ...
Anche se la tecnica implica una diacronia, facendo riferimento a una tradizione, «lo sguardo della compresenza e sulla compresenza è sincronico."

Ma Focault non si è mai interessato della storia del pensiero classico, a lui interessava invece la modalità, la tecnica in cui quella storia veniva raccontata.(nella "storia della sessualità" e nella "ermeneutica del soggetto", lo ripete più volte)
Non è minimamente una questione di diacronico, sincronico, la questione è quella delle tecniche del pensiero unico.
Per Focault dunque la chiave è nel formale.(in ogni tempo).

Detto questo è interessante la chiave di lettura tra sincronicità venduta senza diacronicità.
A mio avviso insufficiente rispetto alla portata dei problemi politici da pensare.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 28 Maggio 2017, 19:30:50 PM
x anthonyi

cit anthonyi
"Ringrazio green demetr, devo dire però che non condivido l'idea che la non fisicità della comunicazione implichi una ridotta coercitività."

La coercività fisica porta all'annullamento della stessa umanità umana, vedasi "se questo è un uomo" di primo levi, o "la battaglia di algeri", sulle tecniche di estorsione delle informazioni, fino ai film di guerra della Bigelow.

cit anthonyi
"In sintesi la coercitività e la gerarchicità, per me, è argomento che attiene al rapporto tra individui, indipendentemente dalla fisicità del rapporto che è una semplice conseguenza."

Ma certo al di là della diversa percezione che abbiamo della coercizione fisica, siamo d'accordo nell'affermare che oggi la guerra sia passata a quello politico.(con tutte le sue istituzioni, discorsi, informatizzazioni etc... in una parola per Agamben con tutti i suoi Dispositivi).

Il punto sarebbe allora destrutturare questi dispositivi, e controllare i suoi interroganti.
Siccome lo hanno già fatto. Ci portano in eredità che il problema è quello dell'impatto linguistico culturale, e dell' "altro" (il prossimo) fondamento per la comunità (politica).

L'obiettivo di questo 3d seguendo le ulteriori conseguenze del linguistico culturale, è trovare il medio fra critica del linguaggio a sfondo culturale, e il suo emittente.

Si rifarebbe alla semiologia, con la famosa tripartizione, parlante, mezzo, ricevente. Sarebbe la famigerata qeustione dei "rumori" interni al passaggio del messaggio dal primo al terzo. La semiologia si occupa principalmente del mezzo.

Il presente 3d pur facendo apertamente riferimento agli esiti finora raggiunti, si concentra sul parlante.
Su come possa controllare anzitutto il rumore interno alle sue stesse prassi. In parole povere alle resistenze contro il pensiero unico dominante. Che lo informa in partenza, gerarchizzandolo in partenza. (non una gerarchia qualunque ma quella del pensiero unico dominante).

La mia intuizione era che è possibile trovare per il tribunale della ragione kantiano, una meta-linguaggio di controllo.
Che non favorisca le antinomie. (scambiare il risultato per la premessa, che poi sarebbe il problema del gerarchico, ossia la matematizzazione della vita, il metafisico).

cit anthonyi

"Volevo poi commentare il titolo del 3D, per me ispiratore di forti sollecitazioni intellettuali.
Per me infatti questo può avere tre linee di sviluppo:
1)   Una linea ontologica, riguardante la gerarchia dell'aldilà. In soldoni, ci sono divinità superiori, o sono tutti spiriti alla pari?
2)   Una linea epistemologica, che direi è quella che mi sembra implicita nell'intento dei dialoganti;
3)   Una linea culturale, riguardante la gerarchia tra dottrine e la primarietà della Teologia.
Direi che le tre linee si assemblano perché tutti noi veniamo da radici culturali (Almeno credo), fortemente gerarchiche su tutti e tre i livelli: Un solo Dio, Una sola autorità teologica, la Chiesa, Primato della Teologia sul resto (in particolare sulla politica)."

Perfetto approvo totalmente la tripartizione. Ovviamente in questo caso stiamo parlando di resistere alle 3 forme di gerarchizzazione. (usate ribaltando la sequenzialità però, prima la 2) poi la 3) e infine la 1)  )
L'idea insomma è che esista questa sequenzialità, e che la si possa hackerare smontando la 2. (progetto a lungo termine).
Se smonto la 2 la 3 non sarà mai relativa al suo fine, al risultato, ma sarà totalmente attenta alla propria originarietà (Cacciari).
(con una ricomprensione vera del religioso, che ad oggi è informato in una ritualità sterile).
La uno riguarderebbe la 2, ricompresa nel suo senso. Ad oggi mi sembra solo un risultato della paranoia (vivo di là, perchè sono morto qua).

cit anthonyi
"In generale le esperienze di liberazione umana (Rivoluzione Francese, pensiero marxista, pensiero liberale (delle origini), movimenti del 68), hanno sempre prodotto evoluzioni incontrollabili che sovente sono andate in direzione opposta"

Sono d'accordo, ma se analizzate nel loro istanze di partenza avevano già in sè i germi del loro dissolvimento.
Quando la politica diventa cieca su cosa è l'uomo, sui suoi comportamenti è inevitabile la sua dissoluzione.

La filosofia contemporanea dovrebbe far tesoro dei risultati catastrofici di quelle rivoluzioni, e intendere alla perfezione i suoi errori macroscopici.

Quello che non capisco francamente è questo nuovo umanesimo che si concentra sull'uomo. Quando è evidente da quanto abbiamo detto noi prima, che il pensiero unico usa il gerarchico anzitutto informando le strutture stesse del linguaggio.
Ossia all'inizio di ogni possibile gerarchico.
Ossia ovviamente visti gli errori del passato e l'angoscia perdurante nel mondo occidentale (lo stress), è necessario ANCHE pensare più a fondo COSA è L'UOMO. Di modo che l'uomo che fa politica la fa con una idea critica (comparata va benissimo) dei suoi errori passati.(niente di male in questo). Ma il problema è assia più vasto, il problema che io chiamo ontologico, non può sfociare nel nuovo realismo di matrice americana. Perchè questo nuovo realismo è informato totalmente da linguaggio che usa (scientismo bieco), e dal potere teologico, di autorità, che governa le coscienze (Focault). Le idee di cosa sia umano rischiano di portare avanti una vecchissima querelle cartesiana, se noi siamo corpo o spirito, un dualismo stantio che non intende minimamente il gerarchico. (e che anzi come sappiamo lo autorizza).

cit anthonyi
"Abbiamo sufficiente esperienza e conoscenza per eliminare le gerarchie senza produrre conflitti (certamente generati da quelli che vogliono la gerarchia e che in assenza della stessa cercano di porsi in posizione gerarchica, ma che condizionano tutti gli altri)?"

Certamente non possiamo NON dubitare, se è questo che intendi. Ma una cosa è dubitare, l'altra è fare ricerche stupide, che non tengano conto degli approdi a cui l'umanità è giunta. l'altra ancora è fuggire (rifugiarsi nell'arte).
Certo la terza fa parte dell'uomo. Ma bisogna avere coraggio, e forza intellettuale, e continuare a ragionare.


E allora riprendo il bellissimo paesaggio descritto da Phil


"l muro che ti senti alle spalle potrebbe essere scalato (come farebbe il Nietzsche amante delle vette), decostruito (à la Derrida, per poi scavalcarne i ruderi), "ingegnerizzato" (come fanno gli epistemologi, per decidere dove costruire un varco), trasceso (come il "muro senza porta" del Wumen Guan zen), e magari anche altro... trovare il proprio muro è la "fortuna" di trovare qualcosa su cui lavorare  :) "
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 28 Maggio 2017, 19:34:49 PM
x maral p2

cit maral
"Ma quando entrano in ballo aspetti ontologici, politici, sociali e teologici? Come ce la caviamo rispetto alle pretese della "Cosa Unica"? Possiamo farne solo una questione di estetica per quanto la questione di estetica sia fondamentale? "

Esatto Maral, ESATTO!

cit maral
"La Cosa Unica accade continuamente nell'intrecciarsi e richiamarsi delle sue parti (delle sue periferie) e richiede solo che in questo suo accadere ci si riesca a mantenere in bilico, senza poterla vedere, o meglio, vedendola solo nella sua parzialità che persegue la sua particolare perfezione, dopo di ché tramonta e sopraggiunge una nuova parzialità destinata a compiere nell'intreccio la sua parte di cammino. La Cosa Unica è solo prassi che si spera si dimostri una buona prassi nei diversi ambiti dei nostri progetti da concludere prima o poi."

Ammesso e concesso che esita una cosa unica, amico Maral!
L'insieme delle pratiche è comunque sempre criticabile al tribunale della ragione.

La ragione, il logos è la filosofia ed appartiene a tutti gli uomini.
Ma l'informatizzazione del logos è l'unico vero problema.
Il problema è il gerarchico che viene prima della decisione se vi siano enti destinali (verso una perfezione o meno apparente).
Se noi supinamente accettiamo le prassi che ci informano, poi come potremmo decidere delle prassi stesse?
Se la prassi come in Sini diventa "vittima" del potere nascosto ossia diventa destinale, come potremmo decidere?

La decisione è evidentemente nell'originario, nella funzione di soggetto, nella sua libertà di apertura al Mondo, frutto del locale e dell'epocale.
Se vi è qualcosa che ci informa dovrebbe essere nel nostro sentimentale, nella guida che l'inconscio decide per noi.
Ma l'inconscio è ovviamente il simbolico, che si apre come canto e come danza (lo dice anche sini).
Che si apre alla storia nel cerchio, nel villaggio attorno al fuoco.
Perchè la comunità che sta attorno al fuoco, può vedere dietro le spalle di ogni osservatore, ogni parlante è coperto dalle minacce esterne. Dalla bestia. Dall'animale.
E' quello che ci racconta l'antropologia, l'archeologia.
Dunque l'altro è il rimedio contro l'oscurità.

Si carica di emozione primordiale, rifugio, sacralità. Dentro e fuori dal cerchio.
E infine si apre alla religione, al rapporto con la divinità.
Non è questione di credenza, è questione dell'"esser invasati", di apertura totale al simbolico.
Di danza intorno al fuoco.
L'essere "invasati" è di tutti. Vince allora la paura del cerchio spezzato.
E' la rottura del cerchio, il cerchio diventa magico, diventa non luogo, diventa coercizione a rimanere nel cerchio.
Dalle prime comunità ad oggi. Nulla è cambiato, dentro o fuori dalla città. Globalizzato o Allontanato???
L'iter è solare, con tutti gli errori annessi.


L'inconscio è la relazione con l'originario. La relazione è la metafisica (e il nuovo cerchio è l'oltreuomo nicciano).
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 28 Maggio 2017, 19:41:53 PM
x phil

cit Phil
"Direi addirittura che il simbolo è il pre-testo del gerarchico, ovvero la cornice "testuale"(semantica) che precede l'installazione del gerarchico, in assenza di simbologia non può esserci gerarchia... non a caso, nel mondo animale la gerarchia c'è solo se lo leggiamo con lo sguardo simbolico umano, che distingue preda/predatore, maschio dominante/gregario, etc. ma nell'ombra gettata da quello sguardo tassonomico, nell'angolo cieco della visuale gerarchizzante, non ci sono categorie gerarchiche, ma solo istinto, fame e "programmazione genetica"... una volta istituito il simbolico, invece, la gerarchizzazione trova terreno fertile: tracciata una linea, ha poi senso parlare di aldiqua e aldilà, e la linea singola, se non erro, sia per gli egizi che per i popoli orientali, simboleggiava (intuitivamente) il numero uno, che è il concetto-simbolo per eccellenza, quello che fonda il principio di identità (che fonda la logica per come la conosciamo)"

Assolutamente sì Phil! Il punto è ovviamente nel dentro fuori dal cerchio (più che linea).
Nelle prima formulazione propriamente filosofica, Parmenide, l'uno è la sfera, il cerchio.
Ossia Parmenide si dà al suo originario come qualcosa che lo attornia perfettamente. Ossia come perfetta identificazione.
Cacciari in un recente convegno su Colli, ha fatto coincidere le 2 sfere, divina e umana.
Ha ragione, nel senso proprio che la metafisica riguarda da mooooolto vicino l'uomo.
L'apertura al proprio inconscio, è questa la chiave di volta della filosofia antica, nemmeno tanto velata.
(natura è tutto ciò che ama nascondersi).

La cortocircuitazione come posso dedurre facilmente dal tuo notevole scritto, è la fame.
Perchè è una questione di alleanze. La sfera di Parmenide coincide (per esempio) con la mia? No assolutamente no, il mio inconscio apre all'acqua, non apre ad una sfera. La sfera non mi appartiene.
Ora come ci alleiamo? se noi siamo diversi? Questa domanda sembra facile oggi, ma se la comunità era il cerchio, e la divinità era circolare, allora inconscio e comunità erano collettivi. E' una banalissima questione di proiezioni mentali.
Ma allora non lo sapevano. Gli DEI erano tra loro.
Il terrore era già pronto ad informare il simbolo. Per mantenere il cerchio dovevano mantenere l'unità.
Comincia la guerra delle immagini (che perdura ancora oggi).
Ecco allora la comunità dell'aquila, quella del cervo, quella del cane, quelle degli spirito guida.
Ogni animale diventa l'equivalente terzo, per ogni possibile relazione. E' l'inizio della famiglia.

E' una questione di alleanza, in "NOME DI" qualcosa. (all'epoca ovviamente erano animali, visto che erano predatori e preda insieme).
Nel nome del padre, significa in fin dei conti, affinchè rimaniamo uniti...etc...etc...

Terrore della fame, e uscita dal cerchio. E' la gerarchia da EVITARE.

E' da evitare perchè dimentica che il cerchio non è un valore a se stante (globalizzazione, europa etcc...), è un valore di relazione che abbiamo con gli altri.
E con gli Dei che ci abitano.

Il pensiero unico invece ha portato ad un solo DIO, e ad una solo comunità (improntate come esorcizzazione del terrore e della fame, e che hanno come prodotto aporistico un DIO TERRIBILE, portatore di terrore, e un cerchio terribile, (gli stati sovrano, portatori di guerre e di carestie) (o il suo equivalente ECONOMICO, il capitalismo produttore di fame).

Ma il cerchio era uno, e l'uomo era uno con il suo dio.

Il problema fu proprio quello dare il potere ad uno solo, (lo stregone). L'intero pensiero unico è improntato a questa stegoneria, ignorante, e non più sostenibile con le conoscenze odierne).

Questo è il punto 3 di anthony (o il punto 2 mio), Quello più propriamente metafisico.

ma come Mouss o Levi-strauss hanno notato, c'è qualcosa di ancora pià arcaico, e sono le strutture linguistiche. (di parentela).

su cui questo 3d si vorrebbe infine concentrare, anche se i discorsi metafisici sono parimenti importanti.

cit Phil

"Emanciparsi dalla gerarchia come struttura di senso, forse significherebbe abbandonare la dimensione simbolica, dunque compromettere la funzionalità della logica come strumento di indagine... senza più gerarchie, che fine fa il senso?"

ma infatti il punto non è inventare un sistema formale fine a se stesso, ma uno che controlli, la giusta formazione del senso (per ciascuno, non per tutti) ossia del simbolo appunto.

Produrre una identità (col proprio DIO in aiuto agli altri) funzionale a ciò che siamo, e non alla invenzione formale. (alias la famiglia, ma siccome è tabù, qui parleremo di società, di relazione con gli altri, che poi sarebbe in fin dei conti fuori dai tabù, come la società patriarcale insiste a fare, ANCHE una riorganizzazione dei sentimenti familiari).

la lingua cioè inficia anzitutto le relazioni umane. Io penso cioè che si può tranquillamente rimanere in cerchio senza addurre un "terzo", che mi pare sempre frutto di errori pregiudiziali storici, sedimentati, asfittici).

cit Phil

"Probabilmente no, perché il terzo è la relazione stessa"

L'ambizione di cui parlo è invece esattamente questa, che la relazione non centra con nessuna terzo.
Proviamo a pensare quando amiamo una donna o un uomo, quale terzo può intenderla?
Diciamo "ti amo", ma è una parola troppo stretta per contenere l'infinita gamma di sensazioni che proviamo.
Certo è un terziario, detto amore....ma non è la relazione stessa. Il "terziario" è un tentativo di tassonomica, aporetico, in quanto riguarda ciascuno e ciascuna. (e qualora diventasse la tassonomia la relazione stessa, cosa sempre più vera, bisogna ricorrere allo psicologo).
La stessa cosa deve avvenire nell'amicizia. E credo che questo sia il problema più grave che ci si staglia contro.
Non a caso il progetto Nietzche rimane per me primario.

cit Phil

"Maral ha ricordato il ruolo dell'estetica nel discorso gerarchico, e questa riflessione semiologica che proponi se coniugata con l'estetica diventa ermeneutica, allontanandosi quando basta dall'esattezza formale della logica epistemica (quasi "computazionale"), per aprire temi e problemi la cui soluzione non può essere trovata in un uso impeccabile dei meccanismi semantici... e ciò non riguarda solo l'estetica: ad esempio, il linguaggio influenza la politica, e viceversa, ma la soluzione ai problemi politici non è mai esclusivamente linguistica, perché "la giustizia" o, tornando agli antichi, "la saggezza", non è una questione di variabili o costanti, di fallacie, o di compilazione di assiomi con tavole di verità (la differenza fra la ragione dell'uomo e l'intelligenza artificiale è forse tutta qui...)."

ripeto il controllo è un meta-controllo sulla ermeneutica.  infatti siamo d'accordo.

cit Phil

"Cosa, quali indizi, ci fanno pensare che oggi (o domani), sia realmente possibile degerarchizzare il nostro approccio al mondo e all'altro uomo? Davvero è possibile una dimensione sociale, logica o anche solo linguistica che non richieda l'imprescindibile presenza di una gerarchia (più o meno latente o implicita, più o meno personale o condivisa, più o meno dogmatica o "fluida", etc.)?"

Ma gli indizi ce li ha dati la filosofia in questi 2400 anni della sua storia! ;)

Come ho detto sopra però non bastano! SERVE per forza di cose un linguaggio di controllo.


cit Phil

"Citazione da: maral - 26 Maggio 2017, 23:54:02 pm
Alla domanda su come si faccia a innalzare propriamente e concordemente il livello dei discorsi Carrera trova che non sia possibile dare risposta
e questa stessa domanda presuppone una gerarchia, o meglio, molteplici gerarchie... altrimenti diventa una domanda che non ha condizioni di possibilità di risposta..."

Più che altro se ogni discorso periferico è gerarchico, anche la proposta di comparazione, produrrà come risultato, quello che era nelle premesse, e cioè che non esiste gerarchia, essendo tutte equivalenti nell'essere gerarchizzate non vedranno l'evidenza che le informa.

La linguistica a se stante, non serve a niente. Non mi si fraintenda!

Altrimenti non si capirebbe perchè ce l'ho tanto con gli analitici!!
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: Phil il 29 Maggio 2017, 11:40:59 AM
Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2017, 19:41:53 PM
L'ambizione di cui parlo è invece esattamente questa, che la relazione non centra con nessuna terzo.
Proviamo a pensare quando amiamo una donna o un uomo, quale terzo può intenderla?
Diciamo "ti amo", ma è una parola troppo stretta per contenere l'infinita gamma di sensazioni che proviamo.
Certo è un terziario, detto amore....ma non è la relazione stessa. Il "terziario" è un tentativo di tassonomica, aporetico, in quanto riguarda ciascuno e ciascuna
Per "terzo" elemento non credo vada inteso il "terzo incomodo" di un triangolo ( ;) ), ma l'esser terzo fattore costituito dal vissuto di relazione: non c'è amore o amicizia che si fondi solo sulla diade io/tu, senza il vissuto della relazione come terzo elemento imprescindibile (come nella "trinità incendiaria" combustibile, comburente e innesco  ;D )


Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2017, 19:41:53 PMripeto il controllo è un meta-controllo sulla ermeneutica
Forse in Chaim Perelman puoi trovare spunti interessanti al riguardo (gemellaggio fra epistemologia ed ermeneutica...).

Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2017, 19:41:53 PM
cit Phil

"Cosa, quali indizi, ci fanno pensare che oggi (o domani), sia realmente possibile degerarchizzare il nostro approccio al mondo e all'altro uomo? Davvero è possibile una dimensione sociale, logica o anche solo linguistica che non richieda l'imprescindibile presenza di una gerarchia (più o meno latente o implicita, più o meno personale o condivisa, più o meno dogmatica o "fluida", etc.)?"

Ma gli indizi ce li ha dati la filosofia in questi 2400 anni della sua storia! ;)
La storia della filosofia ci fornisce indizi sulla possibilità di un pensiero non gerarchico? Non so, ma direi che quella storia dimostra piuttosto, fino a prova contraria, che ogni forma di comprensione è sempre gerarchica, sempre com-presa in una gerarchia (anche quando prova ad essere svincolata: nel momento in cui si struttura propositivamente, e non solo criticamente, la sua assiologia, la sua simbologia, è inevitabilmente la matrice di una ulteriore gerarchizzazione...).
D'altronde, la gerarchia non è altro che la coniugazione del pensiero dicotomico che fonda la cultura occidentale (giusto/sbagliato, vero/falso, etc.), per cui mettersi fuori dalla gerarchia è uscire dalla dicotomia, e uscire dalla dicotomia è uscire dal discorso logico (ed ecco che fa prontamente capolino l'estetica, con la sua leggerezza malinconica...). Sarebbe come se un computer volesse rinnegare il suo codice binario: smetterebbe di essere programmato/programmabile (e non sarebbe più un computer... forse un oltre-computer?  ;) ).
Comunque, restando nell'umano, ciò che non ha gerarchia è ciò che non è stato ancora compreso, ovvero il casuale (il lancio della moneta, vera o falsa che sia): ciò che non è compreso non può essere preso dalle maglie della gerarchia, ma ciò che non è compeso non è fruibile, non è controllabile, non è inquadrabile nettamente (per questo gli antichi cercavano di esorcizzarlo caratterizzandolo con "il fato", "il destino", o "la volontà degli dei": per capirlo, carpirlo, padroneggiarlo, nei limiti della possibile ragionevolezza, non potevano che gerarchizzarlo...).
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: maral il 30 Maggio 2017, 22:33:57 PM
Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2017, 19:34:49 PM
Ma l'inconscio è ovviamente il simbolico, che si apre come canto e come danza (lo dice anche sini).
Che si apre alla storia nel cerchio, nel villaggio attorno al fuoco.
Perchè la comunità che sta attorno al fuoco, può vedere dietro le spalle di ogni osservatore, ogni parlante è coperto dalle minacce esterne. Dalla bestia. Dall'animale.
E' quello che ci racconta l'antropologia, l'archeologia.
Dunque l'altro è il rimedio contro l'oscurità.
Il cerchio ... (Sini ne parla spesso: gli esseri umani escono dalla foresta ove ognuno consumava da solo il suo pasto e, nello spazio aperto della savana, si mettono a consumarlo insieme, in cerchio, così che l'un l'altro si proteggono le spalle).
Certamente il cerchio è il simbolo migliore per un mondo privo di gerarchie: ogni elemento del cerchio è ugualmente distante dal centro, ogni elemento del cerchio vede il compagno e il pericolo che sopraggiunge. L'uno per l'altro, l'uno a salvaguardia dell'altro, tutti permeati dalla stessa fiducia che mantiene saldo il centro, come i cavalieri nella leggenda. E' la fiducia reciproca a mantenere unito il cerchio attorno al centro, altrimenti il simbolo si spezza e va in frantumi. E il centro è vuoto, ma c'è, non può non esserci finché c'è il cerchio.
In fondo è proprio il cerchio la "cosa unica" dell'opera alchimistica, sempre in procinto di spezzarsi per chiedere di farsi ritrovare. Dovremmo allora esercitarci nell'arte di fare cerchi disegnando così topografie viventi? Nel cerchio alla fine tutto torna, finché il centro (la fiducia che riempie quel punto di vuoto) regge.   
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: Phil il 31 Maggio 2017, 15:18:32 PM
Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2017, 19:34:49 PM
Perchè la comunità che sta attorno al fuoco, può vedere dietro le spalle di ogni osservatore, ogni parlante è coperto dalle minacce esterne.
Citazione di: maral il 30 Maggio 2017, 22:33:57 PM
Certamente il cerchio è il simbolo migliore per un mondo privo di gerarchie: ogni elemento del cerchio è ugualmente distante dal centro
[restando nella metafora] Più sono i membri della comunità e più il cerchio si allarga, più si allarga e più ci si allontana dal fuoco centrale, perdendo luce e calore... sorge quindi l'esigenza di più fuochi, ed ecco allora i due fuochi dell'ellisse... ellisse che, nei punti più bui e freddi (quelli al centro), si spezza e diventa doppio cerchio; ognuno intorno al suo fuoco (similmente a ciò che avviene nella mitosi cellulare; micro e macro si emulano  ;) ).
A quel punto, il nemico non è più solo quello della fredda oscurità circo-stante, ma è anche l'altro cerchio: la nuova comunità da cui poter prendere (e che, a sua volta, forse vuole prendere) ulteriore fuoco, cibo e donne (da Prometeo al ratto delle Sabine...).
Morale della favola: finché la comunità è piccola, il cerchio regge, quando cresce, si frammenta, e mai in modo concentrico (ogni periferia ha il suo nuovo centro...). Bio-geometria spicciola della storia dell'uomo  ;D

P.s.
Nel cerchio non c'è gerarchia? Secondo me c'è, è la gerarchia della voce: la voce forte che raggiunge tutti i membri del cerchio, la voce che circola ovunque può essere dominante; mentre la voce che non circola, o peggio, che circola distorta dal passa-parola, non può essere saldamente egemonica...
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 31 Maggio 2017, 15:35:03 PM
x phil p1  scusa phil vedo che hai risposto mentre scrivevo l'articolo...divido la risposta in 2. Prima ne devo un altra a maral.

"Per "terzo" elemento non credo vada inteso il "terzo incomodo" di un triangolo ( ;) ), ma l'esser terzo fattore costituito dal vissuto di relazione: non c'è amore o amicizia che si fondi solo sulla diade io/tu, senza il vissuto della relazione come terzo elemento imprescindibile (come nella "trinità incendiaria" combustibile, comburente e innesco  ;D )
"

Ma è proprio quello il problema che a mio avviso non esiste amore o amicizia (vedasi l'amicizia in Derrida).
Si tratta piuttosto di desiderio (l'uno verso l'altro, o solo uno dei due) e di alleanza (prassi che ci rendano felici).

Io intendo dire che questa terzialità, se si forma come discorso dell'amore e discorso dell'amicizia, deve essere in grado di smascherare, i deliri, in quanto non era amore e non era amicizia.
Ora come fare? è ambizioso!oltre che pericoloso, perchè è evidente che il concetto di controllo di linguaggio, ha delle manie di potere sull'altro evidenti. Benchè necessarie, sennò ci si ostina a parlare di amore e di amicizia...e invece era un calesse...non so se mi spiego.

"Forse in Chaim Perelman puoi trovare spunti interessanti al riguardo (gemellaggio fra epistemologia ed ermeneutica...)."

Ho dato un occhiata in libreria...ma lui parla di arte retorica, di discorso. Controllo del discorso in chiave di retorica.
Immagino arte politica dell'aver ragione, da cicerone fino ad agostino, uno dei grandissimi problemi della filosofia.
E' fare PESSIMA filosofia.

Comunque unire i contributi semiologia-linguistica-ermeneutica è la base, confermo. Ma cosa li unisce????? Visto che nemmeno loro lo sanno?

"La storia della filosofia ci fornisce indizi sulla possibilità di un pensiero non gerarchico? Non so, ma direi che quella storia dimostra piuttosto, fino a prova contraria, che ogni forma di comprensione è sempre gerarchica, sempre com-presa in una gerarchia (anche quando prova ad essere svincolata: nel momento in cui si struttura propositivamente, e non solo criticamente, la sua assiologia, la sua simbologia, è inevitabilmente la matrice di una ulteriore gerarchizzazione...)."

Infatti parliamo di indizi, perchè se leggiamo attentamente gli autori, le loro intenzioni erano lodevoli, il problema è che hanno fallito. Bisogna capire perchè, buone intenzioni che diventano nefandezze...il materiale su cui pensarci c'è.


"D'altronde, la gerarchia non è altro che la coniugazione del pensiero dicotomico che fonda la cultura occidentale (giusto/sbagliato, vero/falso, etc.), per cui mettersi fuori dalla gerarchia è uscire dalla dicotomia, e uscire dalla dicotomia è uscire dal discorso logico (ed ecco che fa prontamente capolino l'estetica, con la sua leggerezza malinconica...). Sarebbe come se un computer volesse rinnegare il suo codice binario: smetterebbe di essere programmato/programmabile (e non sarebbe più un computer... forse un oltre-computer?  ;) ). "

Ma il discorso del vero è stato ampiamente analizzato come menzogna, da Nietzche fino agli stutturalisti francesi, passando per la psicanalisi.


"Comunque, restando nell'umano, ciò che non ha gerarchia è ciò che non è stato ancora compreso, ovvero il casuale (il lancio della moneta, vera o falsa che sia): ciò che non è compreso non può essere preso dalle maglie della gerarchia, ma ciò che non è compeso non è fruibile, non è controllabile, non è inquadrabile nettamente (per questo gli antichi cercavano di esorcizzarlo caratterizzandolo con "il fato", "il destino", o "la volontà degli dei": per capirlo, carpirlo, padroneggiarlo, nei limiti della possibile ragionevolezza, non potevano che gerarchizzarlo...)."

Ma perchè deve essere così importante il cognitivo? io non lo capisco Phil. Lo so che ti chiedo tanto.

Ma se riesci a scriverne qualcosa....

Ho fatto la stessa domanda ad un amico. Alla fine quello che mi è rimasto in testa di propositivo è che il tempo viene prima dello spazio. (prima di ieri ero convinto del contrario, ma mi ha fatto cambiare idea).
Ossia che ogni frase propositiva deve essere già stata vissuta, e quindi temporalizzata.
In questo senso forse rientra dalla finestra l'idea della natura che ama nascondersi dietro le sue apparenze.
Perchè la natura in questo caso, sarebbe per forza di cose, prima temporalizzata nel vissuto del soggetto.
Cosa che noi contemporanei non facciamo più.

Ma forse non c'entra con quello che vuoi dire, attendo con speranza. (visto l'ampiezza della cosa, decidi tu se evitare di parnarne o di scriverne solo alcuni pezzi, a me sarebbero utili e graditi). Fa niente se andiamo OT per un pò, mi sta bene.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 31 Maggio 2017, 15:58:15 PM
x  maral

"In fondo è proprio il cerchio la "cosa unica" dell'opera alchimistica, sempre in procinto di spezzarsi per chiedere di farsi ritrovare. Dovremmo allora esercitarci nell'arte di fare cerchi disegnando così topografie viventi? Nel cerchio alla fine tutto torna, finché il centro (la fiducia che riempie quel punto di vuoto) regge.   "
"

Ma certo.  :)

A mio parere però non basta  :-[ , se il cerchio rimane chiuso, cadiamo nella figura altrettanto simbolica dell'uroboro.
Ma l'uroboro sa anche essere terribile. Divoratore, e dunque è la figura della paranoia per eccellenza.
Se la fiducia non può essere mantenuta, la comunità ha bisogno della gerarchia, ecco così che nasce nella tribù, non più la comunità degli invasati alla pari, ma la comunità in cui il potere decisionale vada ad uno, il capo villaggio e lo sciamano.
potere esecutivo e potere magico (che infine diventa da divinatorio a scientifico).
Sono alle origini del simbolo spezzato. Il simbolo spezzato è l'uroboro. il simbolo spezzato è il simbolo che da carne diventa forma.
Simbolo formale, paranoico, da sfatare, reincarnandolo di nuovo. (con tutte le derive possibili, di cui il nazismo è stata la evidenza massima, e il punto di non ritorno, non si può fare come se auschwitz non ci sia stata).
ripeto la reincarnazione deve avere qualcosa che la controlli...assolutamente. :'(

A mio parere il cerchio deve invece avere la forza di essere decentrato, ampliando le comunità, si ampliano le possibilità di allenze. Di amicizie come dicevo di sfuggita a Phil precedentemente.

In questo senso, va capita la struttura delle parentele, e va smantellato tutto l'incredibile fardello di false credenze che arrivano  fin dentro la famiglia contemporanea. (che nel frattempo è esplosa, ma non il suo linguaggio simbolico, che ormai gira a vuoto, la storia ha finalmente preso un altro giro).

Questione di secoli, e molte persone come me, ci soffriranno ancora e ancora e ancora.

Ma non è importante, l'importante è la direzione sociale, non l'oltreuomo, ma gli indizi che terrà l'oltreuomo.
Nietzche ha dato una mano, fino ad un certo punto. Ma come in una staffetta è arrivato subito dopo Freud, Simmel e i tedeschi del neo-romanticismo. Heideger, si è poi spostato in terra francese, da focault ed oggi lo ritroviamo in america Zizek.
Il nazismo è stata dura per i filosofi tedeschi, ma ora tornano con Sloterdijk ed altri "enfant" terrible, conservatori, e cattivissimi.

A mio parere ogni filosofo è tenuto a dare la sua piccola forse inutile (machissenefrega) spinta ad andare avanti.
(non dimenticando le lezioni di ieri....e allora forza anche nella diffusione di idee oggi ormai vecchie e stantie, ma utili).


Se parlo di utilità e socialità ovviamente è politica. La filosofia deve aiutare a fare politica, in questo caso, trovare un linguaggio che non permetta nostalgie, platonismi e new age varie. Si tratta di essere duri in questo.

E quindi questo progetto è ambizioso...ma forse troverò alleati.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 31 Maggio 2017, 16:22:39 PM
phil p.2

"Più sono i membri della comunità e più il cerchio si allarga, più si allarga e più ci si allontana dal fuoco centrale, perdendo luce e calore... sorge quindi l'esigenza di più fuochi, ed ecco allora i due fuochi dell'ellisse... ellisse che, nei punti più bui e freddi (quelli al centro), si spezza e diventa doppio cerchio; ognuno intorno al suo fuoco (similmente a ciò che avviene nella mitosi cellulare; micro e macro si emulano  ;) ). 
A quel punto, il nemico non è più solo quello della fredda oscurità circo-stante, ma è anche l'altro cerchio: la nuova comunità da cui poter prendere (e che, a sua volta, forse vuole prendere) ulteriore fuoco, cibo e donne (da Prometeo al ratto delle Sabine...). 
Morale della favola: finché la comunità è piccola, il cerchio regge, quando cresce, si frammenta, e mai in modo concentrico (ogni periferia ha il suo nuovo centro...). Bio-geometria spicciola della storia dell'uomo  ;D "

Sarà spicciola ma è esattamente la verità.

Il cerchio che per necessità è diventato formale (non tutti sentono la stessa voce, nel rito)

Ossia il cerchio apre alla comunità, ma la comunità scopre i sentimenti, la relazione con gli altri, si evolve nel sentire, oltre che nell'agire, arriva il sacro, arriva lo spirito. Si compone nel rito.
Ma c'è la possibilità che diversi riti si attivino, ed eccoci qui alla paura primordiale, la paura di essere di nuovo soli, di nuovi alla mercè degli spazi aperti, o alle insidie della giungla buja.
Diversi "sentire" presuppongono possibilità che il cerchio primordiale si spezzi.
Ed eccoci al cerchio che spezza il simbolo a favore di qualcuni, ma non era così importante, comunque il sentire c'era ancora.
Ma come dici tu il cerchio si amplia, il simbolo ha bisogno di sbilanciamenti continui, fino alla creazione linguistica delle parentele. Nasce il clan, sta per nascere la famiglia, la famiglia l'unico mattone su cui si erge la lotta fra i cerchi dilatati, che intanto sono diventate tribù, dalla tribù allo stato.....quanti cambiamenti, quale allontanemento dal sentimento per l'altro.
Lo stato diventa pura forma, abitato dal fuoco della politica, che testimonia come dalle ceneri la fenice del comunitario non muore mai e poi mai.

Ma io sto parlando del metafisico, non del politico....il metafisico dell'altro, quello si che si è veramente perso.
Siamo diventati degli automi per l'utile. Siamo atomi, immersi nella menzogna.

Capire oggi la fine dello stato e della politica: abbiamo il privilegio di assistere ad un ricomprensione del rapporto umano.
E poi il terrore, è morta di fatto la politica e lo stato, ma non la sua moralità sottesa. Che continua a proteggerci da paure ancestrali. Non sono tempi interessanti (zizek), sono un incubo che avrei preferito evitare.
ma come dice gandalf nessuno sceglie il tempo in cui esistere, ma ognuno può scegliere cosa farne.



P.s.
Nel cerchio non c'è gerarchia? Secondo me c'è, è la gerarchia della voce: la voce forte che raggiunge tutti i membri del cerchio, la voce che circola ovunque può essere dominante; mentre la voce che non circola, o peggio, che circola distorta dal passa-parola, non può essere saldamente egemonica...

E certo...ma io ho la convinzione che quella voce è originaria, e quindi presente a tutti.
non mi interessa la sua declinazione, non sono uno sciocco che nega le forme spirituali altrui.
Tutte parole sospette certo. Ma io le ho vissute.

Altra cosa ovviamente è la voce forte, quel tentativo di generalizzazione che chiamiamo religione.
Ma la religione è l'altro polo dell'esecutivo, francamente quello più atroce.....secoli passerrano prima di lasciarla.

A meno che abbracciamo la religione induista, unica religione che non è una religione, ma un caledoscopio di credenze, di maestri di scuole, COME DOVREBBE ESSERE!!!!!
Una religione che tenga unito il popolo nel rito, in quel pantheon gigantesco di divninità etc..., nel multiculturalismo accettato e mai imposto.
Ma che le lasci libere di scegliere con quale divinità parlare.

Peccato che la predizione della fine dell'induismo coinciderà con la fine del mondo.

L'india è madre. è sempre stata chiamata così.

Terzani annunciava che era l'ultimo avamposto non colpito dal GLOBALISMO. 

E' ancora vero? è ancora così? quanto durerà? perchè ogni premonizione è figlia anche di una paura che qualcosa del reale coglie.



tutti questi OT a me servono assolutamente per capire che la filosofia deve svegliarsi e anche al più presto!!!  saluti a tutti  ;)
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: anthonyi il 31 Maggio 2017, 16:56:22 PM
Citazione di: maral il 30 Maggio 2017, 22:33:57 PM
Citazione di: green demetr il 28 Maggio 2017, 19:34:49 PM
Ma l'inconscio è ovviamente il simbolico, che si apre come canto e come danza (lo dice anche sini).
Che si apre alla storia nel cerchio, nel villaggio attorno al fuoco.
Perchè la comunità che sta attorno al fuoco, può vedere dietro le spalle di ogni osservatore, ogni parlante è coperto dalle minacce esterne. Dalla bestia. Dall'animale.
E' quello che ci racconta l'antropologia, l'archeologia.
Dunque l'altro è il rimedio contro l'oscurità.
Il cerchio ... (Sini ne parla spesso: gli esseri umani escono dalla foresta ove ognuno consumava da solo il suo pasto e, nello spazio aperto della savana, si mettono a consumarlo insieme, in cerchio, così che l'un l'altro si proteggono le spalle).
Certamente il cerchio è il simbolo migliore per un mondo privo di gerarchie: ogni elemento del cerchio è ugualmente distante dal centro, ogni elemento del cerchio vede il compagno e il pericolo che sopraggiunge. L'uno per l'altro, l'uno a salvaguardia dell'altro, tutti permeati dalla stessa fiducia che mantiene saldo il centro, come i cavalieri nella leggenda. E' la fiducia reciproca a mantenere unito il cerchio attorno al centro, altrimenti il simbolo si spezza e va in frantumi. E il centro è vuoto, ma c'è, non può non esserci finché c'è il cerchio.
In fondo è proprio il cerchio la "cosa unica" dell'opera alchimistica, sempre in procinto di spezzarsi per chiedere di farsi ritrovare. Dovremmo allora esercitarci nell'arte di fare cerchi disegnando così topografie viventi? Nel cerchio alla fine tutto torna, finché il centro (la fiducia che riempie quel punto di vuoto) regge.   

Nella realtà umana spesso il centro del cerchio si riempie di qualcosa (Un sacerdote, un totem) e così è rinata la gerarchia. Forse la ragione di questo l'hai colta nel punto finale, c'è bisogno di avere fiducia nel centro ed è molto difficile aver fiducia di un vuoto, mentre è più facile aver fiducia di qualcosa di sensibile (un essere umano, un simbolo ...).
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: maral il 01 Giugno 2017, 10:10:27 AM
Appunto, la difficoltà sta nel mantenere il centro vuoto, lasciando sussistere in esso solo la fiducia che mantiene tutto il cerchio come simbolo. Ma capisco che se il centro è vuoto è facile pensare che non c'è ragione alcuna per mantenere il cerchio e qualcuno della periferia si sentirà giustificato a insediarvisi con i propri simboli esclusivi.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: Phil il 01 Giugno 2017, 22:17:48 PM
Citazione di: green demetr il 31 Maggio 2017, 15:35:03 PM
"Comunque, restando nell'umano, ciò che non ha gerarchia è ciò che non è stato ancora compreso, ovvero il casuale (il lancio della moneta, vera o falsa che sia): ciò che non è compreso non può essere preso dalle maglie della gerarchia, ma ciò che non è compreso non è fruibile, non è controllabile, non è inquadrabile nettamente (per questo gli antichi cercavano di esorcizzarlo caratterizzandolo con "il fato", "il destino", o "la volontà degli dei": per capirlo, carpirlo, padroneggiarlo, nei limiti della possibile ragionevolezza, non potevano che gerarchizzarlo...)."

Ma perchè deve essere così importante il cognitivo? io non lo capisco Phil. Lo so che ti chiedo tanto.

Ma se riesci a scriverne qualcosa...
Domanda che molto probabilmente eccede le mie competenze; tuttavia, così al volo, risponderei che studiare il cognitivo è studiare il "libretto di istruzioni" della ragione umana; per essere nani sulle spalle dei giganti (e non nani all'ombra dei giganti) dobbiamo capitalizzare tutto quello che loro non hanno potuto avere a disposizione, e affrontare il cognitivo è uno di questi fattori che oggi dovremmo "deontologicamente" integrare nei nostri discorsi (è l'antidoto all'alienazione dell'uomo in "creatura prediletta dagli dei"). Lasciare fuori il cognitivo dal discorso filosofico significa lasciare spazio alla superstizione, al fascino del mistico, ad una visione dell'uomo animistica e non neurofisiologica, psicologica, carnale (etologicamente animale).
E lo spirituale, ti starai chiedendo, che fine fa? Direi: iniziamo con il tenere in ballo il cognitivo, che lo spirituale non tarderà a scendere in pista (e spesso saremo noi stessi ad invitarlo a ballare, appena il cognitivo gira le spalle  ;) ).
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 02 Giugno 2017, 12:50:19 PM
Ma certamente equilibrare la bilancia lato fisiologico, ci sta.

E' che non vedo cosa c'entri con la metafisica, per così dire intenzionale.

Quella che viene prima della scienza, mi verrebbe da dire.

Se devo controllare il linguaggio in base alle scemenze della neuroscienza, ti assicuro, che il linguaggio "controllato" sarà un linguaggio cibernetico.

Assolutamente vacuo e incomprensibile per la gente comune. Anzi visto i programmi come quelli della PNL, potenzialmente co-optante la volontà umana.

La metafisica peggiore che ci possa essere.

Io stesso ho usato le forme di controllo mentale proposte da Watzlawicz, e ne riconosco l'utilità, mi ha fatto uscire da una trappola mentale in cui ero caduto.

Ma se poi devo accettare il progetto generale, io lo rifiuto con forza.

Comunque per forza di cose rimango sul pezzo del "cognitivo", di fatto è la base su cui costruire un edificio metafisico.

Rimango dell'opinione che non serva per il controllo.(e anzi addirittura forse lo strumentalizza).
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 02 Giugno 2017, 12:56:11 PM
x anthony e maral

il centro vuoto è stato occupato da Dio più che altro.

il punto è di spezzare invece il centro dogmatico divino, con le realtà periferiche e le loro credenze.

Federazione contro Globalismo.

Perciò io sono favorevole che il cerchio gigante si spezzi per cerchi periferici.

Il punto è che come il Giappone (lo stato più avanzato di tutti a livello sociale) dimostra, la rottura del cerchio grande non crea cerchi piccoli, ma individui isolati completamente avulsi da ogni cosa e credenza.

A furia di credere nel centro vuoto, abitato da Dio, ci si è dimenticati, del vero perchè si sta in cerchio!

Per inciso la nuova metafisica deve avere per conclusione quello, ridare valore ai cerchi umani, e non al centro divino.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: maral il 02 Giugno 2017, 14:56:57 PM
Certo, senza un centro il cerchio inevitabilmente si disintegra, e dalla disintegrazione del cerchio potranno sorgere altri cerchi solo se ad essi corrisponderanno altri centri. Punti vuoti, ma risonanti per cui il centro non è un luogo abitabile, ma è un punto che non cessa di risuonare e convoca alla presenza insieme nella festa.
Come dice Sini non c'è comunità senza festa (ogni lavoro è lavoro per la festa) e nella festa  gli Dei danzano in cerchio con i mortali: c'è entusiasmo ove "entusiasmo" significa appunto il sopraggiungere degli Dei nel ritmo della danza ed è solo grazie all'entusiasmo che la conoscenza (che non è altro che la danza) diventa effettiva.
Ma il centro deve restare vuoto, il punto vibrante da cui irradia tutta la musica, il battere ritmico, la pulsazione che richiama gli Dei a divenire nella festa compagni di danza degli umani.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 03 Giugno 2017, 18:20:18 PM
Citazione di: maral il 02 Giugno 2017, 14:56:57 PM
Certo, senza un centro il cerchio inevitabilmente si disintegra, e dalla disintegrazione del cerchio potranno sorgere altri cerchi solo se ad essi corrisponderanno altri centri. Punti vuoti, ma risonanti per cui il centro non è un luogo abitabile, ma è un punto che non cessa di risuonare e convoca alla presenza insieme nella festa.
Come dice Sini non c'è comunità senza festa (ogni lavoro è lavoro per la festa) e nella festa  gli Dei danzano in cerchio con i mortali: c'è entusiasmo ove "entusiasmo" significa appunto il sopraggiungere degli Dei nel ritmo della danza ed è solo grazie all'entusiasmo che la conoscenza (che non è altro che la danza) diventa effettiva.
Ma il centro deve restare vuoto, il punto vibrante da cui irradia tutta la musica, il battere ritmico, la pulsazione che richiama gli Dei a divenire nella festa compagni di danza degli umani.

Bellissimo! un abbraccio Maral!!!  :D
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 06 Giugno 2017, 16:02:26 PM
Stavo ragionando ma se la gerarchia è un semplice simbolo che permette l'amicizia....

A questo punto mi chiedo come è possibile mantenere l'amicizia senza doversi riferire ad un terzo....

Possibile che l'uomo sia debole fino a questo punto?

Possibile che la struttura gerarchica sia qualcosa strutturale all'uomo stesso???

Nel senso che veramente non possiamo dirci mai la verità?

Perchè il mito più antico consiste nel figlio che sbrana....

Come se l'uccisione di cronos, coincidesse con l'apertura del tempo stesso....

Come se ogni nuovo arrivato uccida chi c'era prima.....mi chiedo questa evidenza mitica, sia mai stata provata? se la soluzione patriarcale (zeus) e quella apollinea (apollo e diana) siano l'unica soluzione possibile?

Eppure molte sono le divinità.....almeno in potentia c'erano altri sentimenti.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 08 Giugno 2017, 15:16:27 PM
Stavo ragionando sul teorema di Incompletezza di Godel, ossia su quello di completezza di Carnap, come spiegato nelle vecchie lezioni uninettuno da Odiffredi.

Il liguaggio modale non può essere dimostrato, vedi Tarski.
 
MA dunque il discorso di verità non può essere all'interno di alcuno meta-modello linguistico.

Se la verità di ogni logica riguardo un altra logica, riguarda meramente il suo carattere di verità stessa allora sarà meramente una enunciazione.

Allora l'unico linguaggio di controllo possibile sul discorso gerarchico, è quello delle tavole della verità di Carnap.

Si tratta dunque di costruire meramente un discorso con una serie di enunciazioni standard di non gerarchia.

La cui unica frase in fin dei conti è "questa frase non deve essere gerarchica".

Credo che il problema sia risolto.    :) 

Ossia ogni discorso non deve essere gerarchico.

Nb

rileggendo il punto di Phil qualche post fa, dunque il problema non è tanto nella dicotomia, quanto nel mettere al suo interno un altra dicotomia che riguarda se quel vero o quel falso siano effettivamente vere se spostate nel linguaggio di controllo.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: Phil il 08 Giugno 2017, 16:33:20 PM
Citazione di: green demetr il 08 Giugno 2017, 15:16:27 PM
Allora l'unico linguaggio di controllo possibile sul discorso gerarchico, è quello delle tavole della verità di Carnap.

Si tratta dunque di costruire meramente un discorso con una serie di enunciazioni standard di non gerarchia.

La cui unica frase in fin dei conti è "questa frase non deve essere gerarchica".

Credo che il problema sia risolto.    :)
In fondo si tratta di una frase che non dice nulla, se non il proprio non dover essere gerarchica (siamo quasi agli imperativi morali  ;D ), che però non è riferito a nessun soggetto sintattico differente dalla frase medesima: la denotazione di "questa frase" va in cortocircuito poiché contiene se stessa (è una frase vanitosa che dice narcisisticamente "non sono gerarchica!" autodefinendosi, ma senza dire altro-da-sè, come fanno invece le frasi sensate...).
L'affermazione di essere-gerarchico (come l'esser-vero o esser-falso) richiede un livello subordinato di predicazione (gerarchia semantica  ;) ): qualcosa è gerarchico o meno, vero o meno, eppure nella frase che citi manca il referente del senso, perchè c'è solo auto-referenzialità (che gira a vuoto su se stessa come un ingranaggio che non sia connesso ad un altro). E' un po' come affermare "questa battuta non fa ridere", dove con "questa battuta" devo intendere un'altra affermazione, altrimenti il senso implode nell'autoreferenza (nè vera nè falsa) e non c'è in fondo nessuna battuta (e qui neanche Russell e la sua "teoria dei tipi" possono giungere in aiuto...).

Se, comunque, tale affermazione è quella prescelta per definire l'impostazione del "linguaggio di controllo", allora, proprio in quanto tale, è purtroppo inevitabilmente gerarchica perché è appunto un postulato fondante, ovvero è più in "alto" gerarchicamente rispetto alle sue conseguenze applicative  :)
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 08 Giugno 2017, 17:13:32 PM
Non conosco Russel.

Però aspetta dammi ancora una mano.

 cit Phil
"che però non è riferito a nessun soggetto sintattico differente dalla frase medesima: la denotazione di "questa frase" va in cortocircuito poiché contiene se stessa (è una frase vanitosa che dice narcisisticamente "non sono gerarchica!" autodefinendosi, ma senza dire altro-da-sè, come fanno invece le frasi sensate...). "

Allora anzitutto vediamo di riscostruire il senso di questo 3d.
Ottenere un linguaggio di controllo.
Ossia il referente del linguaggio di controllo è la metafisica.(non è se stessa!)
Ossia essendo il referente della metafisica il soggetto "io" è un controllo su chi parla.

Dunque l'io non può dire questa frase è vera. Deve essere un soggetto esterno.
Ma siccome il soggetto esterno è gerarchico allora deve essere una frase.

La frase per quanto strano sia suona così  io dico la verità in quanto non sono gerarchico.

se la frase è vera bene, se no stai facendo metafisica cattiva.

 cit Phil
"qualcosa è gerarchico o meno, vero o meno, eppure nella frase che citi manca il referente del senso, perchè c'è solo auto-referenzialità (che gira a vuoto su se stessa come un ingranaggio che non sia connesso ad un altro). E' un po' come affermare "questa battuta non fa ridere", dove con "questa battuta" devo intendere un'altra affermazione, altrimenti il senso implode nell'autoreferenza (nè vera nè falsa) e non c'è in fondo nessuna battuta (e qui neanche Russell e la sua "teoria dei tipi" possono giungere in aiuto...)."

Nel caso analogo la frase questa battuta, non è la frase stessa, ma un altra battuta.

Se la battuta fa ridere allora la frase "questa battuta fa ridere" è falsa.

Si tratta di metacontrolli. O sbaglio?
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: maral il 08 Giugno 2017, 21:49:53 PM
Mi sembra ovvio che ogni linguaggio di controllo istituisca una gerarchia proprio in quanto esercita il controllo su ogni altra frase da cui ovviamente non può essere controllato. E' la regola della negazione della gerarchia a fare necessariamente eccezione alla regola (costituendosi dunque essa stessa come "metafisica cattiva" qualora si negasse come principio gerarchico, poiché direbbe di sé il falso).
Ciò che istituisce la legge (Zeus) è sempre fuori legge (e solo per questo può istituirle).
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: green demetr il 09 Giugno 2017, 13:12:37 PM
Ma la frase di controllo non istituisce la legge.

Infatti dice "quella frase non è gerarchica", è una mera dichiarativa.

Non  esistono altri linguaggi disponibili. E' il grande contributo di Godel - Tarski.

L'unica decidibilità perciò sta nel vero o falso che la frase madre acquista.

La frase madre non può dire io sono una frase antigerarchica, come già detto da Phil non avrebbe senso alcuno.

Ma la frase figlia sì. Il contributo di Godel è cioè che possono esservi frasi vere solo se non sono auto-referenti.

Io non credo che il controllo di verità sia gerarchico. E se lo è, poichè ogni linguaggio è metafisica, allora non esiste metafisica gerarchica.

Ma poichè noi siamo costretti a parlare via metafisica, e la metafisica è il gerarchico del linguaggio, allora sentivo la necessità di trovare un meccanismo di controllo formale delle enunciazioni, che non sono riferite al linguaggio, visto l'ultimo post di Maral.

Ma ripeto non è una legge. Questo 3d non è improntato alla legge.

La legge sono tutte l'insieme delle enunciazioni, e nel forum ve ne sono parecchie.
Titolo: Re:Una metafisica senza gerarchie
Inserito da: paul11 il 09 Giugno 2017, 16:12:14 PM
E' possibile istituire  la democrazia con delle regole, proprio come nella pratica.
Se è vero che ad esempio Zeus, come dice Maral, essendo il primitivo, l'origine, il fondativo, è al di fuori dalla legge, mainizalmente, pssso costruire una sintassi in cui se gli assiomi che Zeus dichiara, e quindi sono semantici, rispettano la regola sintattica e risultano veri nell'argomentazione.
Diventa davvero come i principi legislativi delle organizzazioni umane dove è possible l'impeachment o dichiarare un alto tradimento con la più alta carica istituita, nel nostro esempio Zeus..
Cerco di spiegare la similitudine.Una tirannia dittatoriale è quando tutti gli assiomi teoretici e persino le pratiche sono dichiarate e controllate dal tiranno. Significa che la sintassi e la  semantica sono dittatorialmene sotto il suo controllo e nessuno e niente anche in caso di contraddizione possono incolpare Zeus di un assioma falso, di una regola sintattica falsa 
Informaticamente significa utilizzare delle istruzioni di controllo che dicano : IF (SE)....semantica THEN(ALLORA);quindi
SE   un confronto sintattico /semantico coglie un errore l'istruzione ALLORA rispedisce gerarchicamente ai  piani superiori gerarchici la contraddizione affinchè venga risolta, pena il defenestramento di Zeus.Ma è chiaro che come nella repubblica c'è una Costituzione al di sopra degli organi costituiti che anzi la Costituzione stessa istituisce, già in questo livello deve essere data la facoltà di istruzioni di controllo.
Quindi se Zeus dice un'insulsaggine , una falsità che non trova riscontro fra la regola sintattica che è logica e la semantica argomentativa (es. il sillogismo,con una premessa, un medio, una conclusione) o si corregge oppure vine dimesso dalla carica.
Però ci sono i paradossi,,,,,,,,,,,,,,,,,,

Non si può costruire senza gerarchia una logica ma nemmeno un pensiero concatenato,Forse è possible costruire associazioni di pensiero libere, ma alla fine anche queste costruiranno delle gerarchie