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Vuoto e nulla.

Aperto da iano, 05 Novembre 2025, 10:56:17 AM

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iano

#15
@ Melisso.
Riflettiamo adesso sul termine che usi nel tuo post, e/o che usa Sasso: contatto.
 Prima di Newton la forza si trasmetteva per contatto.
Con Newton si è ammessa una forza trasmissibile a distanza, senza contatto.
Il contatto era condizione necessaria, ma non sufficiente, per la trasmissione di una forza, e Newton ha escluso questa necessità.
Questo è stato l'inizio di una ''perdita di contatto'' con la realtà .


Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

iano

#16
La paventata perdita di contatto con la realtà però in effetti non c'è stata, perchè noi continuiamo ancora a toccare la realtà con mano, ma a ciò  adesso abbiamo un alternativa, un nuovo modo di ''prendere contatto'' con essa.
Se vero era ciò che toccavamo con mano, adesso non è più vero, non perchè abbiamo smesso di toccarlo con mano, ma perchè abbiamo trovato a ciò un alternativa, che la verità, essendo unica, non ammette.
Quindi delle due una.
Se si vuole salvare la verità bisogna negare l'alternativa.
Se si vuole accogliere l'alternativa bisogna escludere la verità.
La questione ci crea ancora un grande travaglio interiore, se è vero che si cerca di dimostrare la verità usando l'alternativa che l'ha messa in discussione.
Queste due alternative, per definizione di verità, come unica, non possono essere entrambe vere, ma, per definizione di opinione, possono essere entrambe un opinione, il cui valore è quello della intersoggettività, condizione necessaria ma non sufficiente per essere una verità.
Un opinione condivisa funziona a tutti gli effetti come una verità, e in ogni caso questa condivisione sarà limitata.
Perchè condivisa da chi?
Ciò che si condivide, vero o meno che sia, vale in effetti a definire un gruppo di condivisione.
Finché potremo toccare la realtà con mano potremo dirci uomini, ma la realtà non è ciò che tocchiamo con mano , ma è il toccarla con mano a farci uomini, e uomini nuovi quando diversamente la toccheremo.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

iano

Questo vuoto filosofare, senza senso, siccome vuoto, può ''contenere condivisone''.
Una borsa vuota non possiede senso, perchè lo acquista quando contiene qualcosa.
Ma questa è solo una mia opinione.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

Alexander

Tutte le tenebre del mondo non possono spegnare un 'unica piccola candela. Tutto il nulla non può riempire il più inutile vuoto. 

fabriba

#19
"o il nulla è normale come l'essere, o l'essere è strano come il nulla."

No dai, il normale per esistere richiede l'anormale, quindi se essere è normale, non essere può (deve?) essere anormale

Non penso debba, anzi... forse  non essere è condizione più normale di essere, ma ciò che non è non si fa notare, passa inosservato, e quindi sembra più strano per mancanza di abitudine a frequentarlo :)

Damiano Bergamaschi

A mio parere il vuoto è qualcosa, ovvero la mancanza di qualcosa. Una bottiglia vuota di dice. Si rimarca il fatto che visivamente non c'è dentro niente nella bottiglia. Ma sappiamo esserci l'aria,gli atomi ecc...
Invece il Nulla è la mancanza di Tutto. Assolutamente Tutto. Ne spazio né tempo né materia né energia (ma qui sto utilizzando la scienza). Nulla è la mancanza persino di ciò che potrebbe essere sottostante a spazio e tempo. Persino ciò che è sottostante a ciò che è sottostante allo spazio e al tempo. E così via all'infinito. Numericamente il Nulla è equivalente al numero (o concetto, visto che si può vedere anche come tale) di zero. Zero assoluto ovviamente. Non 0,000000000...milioni di zeri e poi 1. Anche 0,0 (con lo zero dopo la virgola ripetuto all'infinito, ovvero, periodico) è ancora "qualcosa". Nulla è inimmaginabile dalla nostra mente e anche da una mente infinitamente superiore alla nostra. Persino una meta-mente non si avvicinerebbe neanche lontanamente al Nulla. Neppure una meta-meta-meta...(Infinite volte meta)...mente.
Dire "Nulla è..."  è già dire troppo. Dire "Nulla" anche quello è troppo. E se si stesse in silenzio? Troppo anche quello. E se si negasse l'esistenza? Pure. E se si negasse l'essere? Troppo. 
Avete capito che si può andare avanti all'infinito.
Allora il Nulla è indefinibile? Si? No? Forse? 
Qui finisce il discorso.

Questo è ciò che penso.

doxa

Avete usato due pagine del forum per dire che:

 "Vuoto" e "nulla" non sono sinonimi né contrari.

Vuoto significa senza contenuto. Esempi: bottiglia vuota, scatola vuota, ecc..

Nulla, invece, allude al non essere, a ciò che non esiste.

Il vuoto dà la  possibilità: una bottiglia posso riempirla perché visivamente è vuota, però sappiamo che all'interno c'è l'aria, ci sono gli atomi, ecc..

Il nulla è assenza di possibilità, nulla può accadere, non c'è spazio né tempo, né materia né energia.

Se il vuoto posso riempirlo significa che è spazio: entità tridimensionale che comprende lunghezza, larghezza e profondità. E' spazio senza contenuti, invece  il "nulla" è negazione dell'essere. Nel vuoto qualcosa può accadere,  nel nulla no.

Mia riflessione: quando dico che i filosofi o aspiranti tali sono noiosi ho ragione ! A voi è negata la professione giornalistica.  ;D 

iano

#22
Citazione di: doxa il 16 Novembre 2025, 11:21:29 AMSe il vuoto posso riempirlo significa che è spazio: entità
Lo si può riempire cosi come lo si può svuotare, e anzi non si può fare una cosa senza fare l'altra, e così lo scoop giornalistico è servito.
Come vedi ne siamo capaci, ma è che non ci abbassiamo. :))
Fuori invece dalla volontà di volere intrattenere i lettori ( che comunque, hai ragione, è veicolo senza il quale la sostanza non si riesce a trasmettere in modo efficace),   riempiendo uno spazio, colmando un vuoto, ne creo un altro altrove.
Sembra un modo complicato di descrivere il movimento delle cose nello spazio, che ci porta erroneamente ad argomentare che lo spazio vuoto deve pur esistere se lo posso riempire. anche se nessuno ci impedisce di descrivere il movimento come riempimento di una spazio e contemporaneo svuotamento di un altro.
Questo vuoto in effetti rende possibile il movimento delle cose, che lo colmano in una parte mentre ne svuotano un altra,( cosa che il nulla, è vero, non consentirebbe), anche se io preferisco vedere la cosa in modo più generale, come una relazione mutevole fra le cose, essendo lo spazio una particolare relazione, perchè in questo modo più difficilmente si cade in argomenti circolari.
Ma per altre possibilità, come la creazione delle cose, in effetti occorre rivolgersi al nulla.
Se il vuoto è lo spazio fisico, il nulla è lo spazio metafisico.
Quindi non è vero come dici che il vuoto da spazio ad ogni possibilità, mentre il nulla ad alcuna, e quindi ad ognuno il sup spazio di possibilità.

Ma la verità è che, del vuoto e del nulla,  lunga è la storia, e nel suo corso è successo che si siano scambiati il ruolo, e oggi ad esempio i fisici il nulla lo chiamano vuoto quantistico, perchè non si dica che abbiano sconfinato nella metafisica, ma in effetti lo hanno fatto, e non sarò certo io a rimproverarglielo.

Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

iano

#23
Le partcelle, che a coppie di opposti ( a somma zero) si creano nel vuoto quantistico, alias il nulla, vengono fornite già con il loro contenitore, che meglio direi essere quel vuoto che le separa, di modo che possano dirsi davvero due. Un contenitore che oltretutto non dobbiamo neanche pagare a parte, come il sacchetto della spesa al supermercato.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

doxa

#24
Iano, oggi collaboro con il tuo topic, ardisco nell'ambito filosofico  ???

L'abate e filosofo francese Fredegiso di Tours, di origine anglosassone, morto nell'834,  nell'anno 800 scrisse un  breve trattato in forma  di epistola: "De nihilo et tenebris" (= Il nulla e le tenebre), detta anche: "De substantia nihili et tenebrarum".

Secondo questo filosofo a ogni nome corrisponde una cosa, perciò il nihil è una realtà, esiste.

Nel testo Fredegiso affronta un tema che all'epoca  era spesso dibattuto: la natura e il  significato dei termini indicanti privazione, come  'nulla' e 'tenebre'.  Egli voleva dimostrare che parole come nihil e tenebrae designano 'cose', perciò esistenti.

Nel dire nulla noi ci intendiamo, comprendiamo il significato della parola: perciò esiste qualcosa che indichiamo con questo termine; allo stesso modo diciamo tenebre, non ci limitiamo a dire non luce, anche in questo caso esiste un designato.

Nella Bibbia e nei testi dei Padri della Chiesa il riferimento al nulla e alle tenebre, allude alla realtà:  il mondo è stato creato ex nihilo; Dio separò le tenebre dalla luce; le tenebre «erant super faciem abyssi». Come interpretare queste indicazioni?

La tesi di Fredegiso è che nel suo essere nominato e pensato il nulla si rivela esistente.

Pensare Dio significa che esiste: "dum dicit 'nihil' cum audit nomen Dei dum dicit, cum audit" scrisse Anselmo d'Aosta.

Non appena (il negatore del nulla) dice 'nihil'» scrive Fredegiso, deve ammettere che il nulla esiste; "dum dicit 'nihil' cum audit nomen Dei dum dicit, cum audit, sono le due formule con le quali i due autori presentano la stessa struttura argomentativa.

Ed ora passiamo alla biografia.

L'abate e filosofo francese Fredegiso di Tours, di origine anglosassone, morto nell'834, fu il successore del teologo e pedagogo Alcuino di York. Questo, dopo essere stato maestro della scuola di York,  nel 782, invitato da Carlo Magno si trasferì ad Aquisgrana (= Aachen)  per dirigere la Scuola palatina. Divenne consigliere del re, come tale partecipava a dibattiti teologici e politici.

La "Schola palatina", fondata nel 780 circa,  era un cenacolo di intellettuali provenienti da ogni parte dell'impero carolingio. Si riuniva nel palazzo imperiale di Carlo Magno, ad Aquisgrana.

Alcuino si dedicò  anche alla riforma dell'istruzione, introducendo lo studio del "trivium" (grammatica, retorica, logica) e del "quadrivium" (aritmetica, geometria, musica, astronomia), inoltre favorì l'istituzione di scuole nei monasteri e nelle cattedrali.

Nel 796 Alcuino   accettò l'incarico di abate del prestigioso monastero di San Martino, a Tours, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita. In questa abbazia istituì una nuova scuola monastica e si dedicò alla revisione della Bibbia in lingua latina, che poi divenne il testo di riferimento per i monasteri europei. Morì a Tours il 19 maggio 804.

A succedergli, come suddetto, fu Fredegiso di Tours, che poi divenne cancelliere di Ludovico il Pio (778 – 840), re dei Franchi e imperatore del Sacro Romano Impero, dopo suo padre, Carlo Magno.

Il "cancelliere del re" era un funzionario di alto rango, responsabile della "cancelleria":  la segreteria e l'archivio reale. Scriveva gli atti legislativi, i decreti e le lettere del monarca. Era una figura fondamentale nel Medioevo, spesso un ecclesiastico, che si occupava anche di altri atti amministrativi e giudiziari. Inoltre, conservava il sigillo reale.

Così è (se vi pare)", usando  il titolo del dramma di Luigi Pirandello.

Luther Blissett

Volevo far notare una cosa scontata ma non notata abbastanza, ovvero quanto è importante l'incidenza, nelle sue varietà, della mentalità religiosa nell'influenzare la percezione e l'evoluzione di un concetto come quello di vuoto.
In particolare è da osservare la vicenda che ha portato al formarsi di quelli che ormai tutti chiamiamo  i "numeri arabi".  La grande novità insita in questa serie di numeri è la comparsa per la prima volta di un segno indicante lo zero, cifra di un vuoto che col suo occupare uno spazio consente tutta una serie tutta nuova di infinite operazioni.
Ci sarebbe da rimanere sorpresi che la novità di queste cifre così  rivoluzionarie (comprendenti la straordinarietà dello zero) ci sia pervenuta proprio da parte di una civiltà la cui cifra caratteristica sarebbe proprio l'horror vacui.
Come è stato possibile?    Il vuoto non è proprio concepibile per la mentalità islamica. Lo si può notare agevolmente osservando l'incontenibile pulsione aniconica a riempire ogni spazio possibile coi caratteristici arabeschi.
Ma la sorpresa viene chiarita venendo a sapere che lo zero ci è stato soltanto portato dai mercanti arabi, ma viene dall'India, viene dal mondo buddhista, dal concetto di vacuità (sùnyata).

iano

Citazione di: doxa il 25 Novembre 2025, 15:34:46 PMPensare Dio significa che esiste: "dum dicit 'nihil' cum audit nomen Dei dum dicit, cum audit" scrisse Anselmo d'Aosta.
Quantomeno, se lo penso, ci sarà un motivo, e non posso pensarlo senza nominarlo.


Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

iano

#27
Citazione di: Luther Blissett il 25 Novembre 2025, 16:56:49 PMMa la sorpresa viene chiarita venendo a sapere che lo zero ci è stato soltanto portato dai mercanti arabi, ma viene dall'India, viene dal mondo buddhista, dal concetto di vacuità (sùnyata).
Ha reso possibile la notazione posizionale, un algoritmo di calcolo molto efficace, e la costruzione di una rudimentale macchina di calcolo manuale, l'abaco, alias pallottoliere.
Ricordo alla terza elementare il maestro Reale, nel senso che si chiamava così, spiegare che le centinaia vanno sotto le centinaia, e le decine sotto le decine, e le unità sotto le unità, e io,  pur non avendoci capito nulla, eseguivo correttamente le somme, e anzi ero l'unico che ci riusciva nella classe.
Avevo semplicemente notato che bastava mettere la virgola sotto la virgola, ciò che facevo ''meccanicamente'' senza pensare alle centinaia, senza sapere cosa fossero.
In ogni caso questo algoritmo posizionale era troppo efficace,  per non adattarlo, e l'Elon Musk di allora ci ha licenziato una caterba di scribi. Il vuoto da allora, è diventato per noi occidentali, quantomeno un meccanismo ad hoc, antesignano di tanti altri meccanismi simili, come i numeri immaginari, che per quanto immaginari allora, e per molti ancora oggi, siccome funzionavano, li si è adottati.
Tutto bene allora comunque finché li si dichiarava come meccanismi ad hoc, o descrizioni funzionali, perchè diversamente si rischiava il rogo.
Oggidì si rischia solo di essere accusati di essere slegati dalla realtà. Molto meglio così.

La differenza fra un algoritmo poco efficace e uno molto efficace, è che il primo per applicarlo devi pensare, mentre l'altro molto meno.
Cioè. in terza elementare, nella mia ingenuità, avevo capito tutto senza capire nulla.

Quando il filo che legava i numeri ai ''numeri come li pensavamo'' si è spezzato, la matematica ha preso il volo, e infine i computer, che non capiscono nulla, ci hanno dimostrato che non c'è nulla da capire.

Al liceo il professore di matematica Va-circa, ma non nel senso di, va più o meno, ci aveva giù provato a farmi capire che non c'era nulla da capire, ma io ci ero rimasto troppo male per accettare la cosa.
Troppa era  la voglia di  spendere  parole di troppo, rimasta frustrata, motivo per cui oggi con voi mi sfogo, perchè quella voglia in effetti non mi è mai passata. :))
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

iano

#28
Insomma non è stato facile, ma bastava un ''nulla'' per capire.
Comprendere la vacuità delle cose significa fare il percorso inverso all'assegnazione di significato, prendendone coscienza.
Operazione tutt'altro che nichilistica, se ciò che verrà a mancare non sarà la realtà, ma l'illusione di possederla comprendendola.
In cambio la nostra operatività su di essa si libera dei lacci del pensiero, in quanto strumento non ominioperativo, inteso come tale finché  era l'unico che ci sembrava di possedere, perchè attinente alla coscienza, senza la quale pure si può campare  restando ancora uomini, diversamente da quel che credevamo.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

Lou

Citazione di: doxa il 25 Novembre 2025, 15:34:46 PMIano, oggi collaboro con il tuo topic, ardisco nell'ambito filosofico  ???

L'abate e filosofo francese Fredegiso di Tours, di origine anglosassone, morto nell'834,  nell'anno 800 scrisse un  breve trattato in forma  di epistola: "De nihilo et tenebris" (= Il nulla e le tenebre), detta anche: "De substantia nihili et tenebrarum".

Secondo questo filosofo a ogni nome corrisponde una cosa, perciò il nihil è una realtà, esiste.

Nel testo Fredegiso affronta un tema che all'epoca  era spesso dibattuto: la natura e il  significato dei termini indicanti privazione, come  'nulla' e 'tenebre'.  Egli voleva dimostrare che parole come nihil e tenebrae designano 'cose', perciò esistenti.

Nel dire nulla noi ci intendiamo, comprendiamo il significato della parola: perciò esiste qualcosa che indichiamo con questo termine; allo stesso modo diciamo tenebre, non ci limitiamo a dire non luce, anche in questo caso esiste un designato.

Nella Bibbia e nei testi dei Padri della Chiesa il riferimento al nulla e alle tenebre, allude alla realtà:  il mondo è stato creato ex nihilo; Dio separò le tenebre dalla luce; le tenebre «erant super faciem abyssi». Come interpretare queste indicazioni?

La tesi di Fredegiso è che nel suo essere nominato e pensato il nulla si rivela esistente.

Pensare Dio significa che esiste: "dum dicit 'nihil' cum audit nomen Dei dum dicit, cum audit" scrisse Anselmo d'Aosta.

Non appena (il negatore del nulla) dice 'nihil'» scrive Fredegiso, deve ammettere che il nulla esiste; "dum dicit 'nihil' cum audit nomen Dei dum dicit, cum audit, sono le due formule con le quali i due autori presentano la stessa struttura argomentativa.
[...]

Così è (se vi pare)", usando  il titolo del dramma di Luigi Pirandello.
Basta decidersi però se il linguaggio crei o non crei la realtà: possiamo nominare anche nonroba che non possiede realtà alcuna? Se non come assenza di qualcosa? Mi pare differiscano assai su questo punto Anselmo e Fredegiso.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

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