Normalmente le religioni pensano che dopo la morte i buoni verranno accolti da Dio e avranno una ricompensa, mentre i malvagi saranno puniti in diverso modo. Ma è proprio così? Io tendo a dubitare di una simile divisione di destino tra "buoni" e "cattivi". La religione cristiana dice che "Non bisogna mai giudicare", ma qual è il vero significato di questo comandamento? A mio avviso il vero significato della proibizione di giudizio data da Gesù consiste nel fatto che anche il male peggiore che la persona compie nella vita fa parte di un progetto divino per cui le azioni considerate "cattive" dalla società sono permesse da Dio per l'evoluzione spirituale dell'anima. Secondo alcune dottrine orientale legate al concetto di Karma e di reincarnazione ogni anima prima di nascere sceglie quali azioni compiere e gli eventi più significativi della sua vita, ma lo fa sempre secondo un fine buono, per imparare una lezione e crescere: se ad esempio prima di nascere un'anima si è data come compito nella propria vita quello di "Imparare a perdonare" è necessario che essa subisca dei TORTI da altre anime (si perdona solo se prima si è stati vittima di torti...), quindi quelle persone che apparentemente compiono il male lo fanno in realtà per far apprendere il perdono alla persona che sembra solo una vittima! I "cattivi" quindi potranno addirittura essere premiati per questo, mentre la persona che si è data il compito di imparare il perdono se serba odio e si vendica, allora sarà lei ad essere punita, perché non ha fatto fruttificare il compito che si era data per la sua vita.
Che cosa ne pensate di questa possibile visione?
Ciao socrate, anch'io credo che Dio non giudichi nessuno, nelle esperienze NDE le persone vedono tutta la storia della loro vita, a volte provando le emozioni che hanno vissuto coloro che sono state vittime delle loro azioni, ma non c'è nessun giudizio, perché sono loro stessi a dare un giudizio alle proprie azioni.
Riguardo al male c'è però da dire che corrompe, cioè modifica strutturalmente l'io. Nel vangelo gesú dice che: "chi compie il male diventa schiavo del male" entra a far parte della sua logica e ne è dominato, e questo dominio dura anche dopo la morte.
Penso che le parole di Gesù non siano riferite al giudizio divino, ma a quello umano. Che Dio giudichi direi che è alla base della religione cristiana e le parole stesse di Gesù dal Vangelo di Matteo "Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio" lo attestano direi chiaramente.
Nessuno conosce Dio. I cristiani ritengono di saperne qualcosa solo in quanto hanno fede che in Gesù sia visibile il divino. E nei suoi atteggiamenti si coglie un grande amore anche per coloro che sbagliano. Una dolcezza, una benevolenza che hanno la meglio sulla condanna morale.
Ciò che è scritto nel Vangelo sul giudizio di Dio, come tutto ciò che è scritto nei Vangeli, va preso tenendo conto che i testi, oltre alla testimonianza e alla memoria, contengono anche la riflessione della comunità cristiana primitiva sulle questioni aperte dalla vicenda di Gesù.
Per cui anch'io sono propenso a escludere da Dio qualcosa come il giudizio, che è esercizio invece amatissimo dagli uomini di potere (teologico o politico che sia).
Questa idea che Dio sia un ente, cioè qualcuno, qualcosa, distinto da noi stessi, è la prima superstizione.
Dalla quale ne derivano tante altre, spesso inconciliabili tra loro.
Dio è così inteso come il "capo". Dispensatore di premi e di punizioni.
È il Dio della Chiesa. E pure quello dei mafiosi che lo considerano il grande boss.
In entrambi i casi è inteso come l'essere potente che conviene ingraziarsi...
E così Dio, essendo altro da me, in giudicherebbe. Perché è vero che è onnipotente... però mi ha concesso il libero arbitrio.
Così se commetto un peccato mia è la colpa, non Sua!
Perché Lui non vuole alcun male.
Ma intanto permette che il male ci sia...
Così poi può giudicare...
Insomma un sacco di incongruenze, che a provare a mettere una toppa si fa un buco più grande.
Questo ente Dio sembra partorito dall'Ufficio complicazioni affari inutili.
Mentre basterebbe chiedersi cosa conta davvero in questa vita.
La risposta richiede di lasciare tutto, per ciò che conta davvero, per il tesoro nel campo.
Ma l'io non vuole morire.
Scusa bobmax, perché l'idea che Dio sia un ente implica la superstizione? Quindi secondo te la fede nell'esistenza di Dio è automaticamente superstizione, senza alcuna considerazione sugli aspetti relazionali di questa fede.
C'è superstizione quando ci si aspetta che da un dato atto rituale scaturisca un risultato materiale come nell'esoterismo.
Se invece l'aspettativa riguarda la dimensione spirituale non è esoterismo, indipendentemente dal l'eventualità che Dio giudichi o meno.
Non è tanto una questione di tematiche religiose, ma di significato corrente del vocabolo.
Citazione di: anthonyi il 14 Agosto 2021, 15:33:44 PM
Scusa bobmax, perché l'idea che Dio sia un ente implica la superstizione? Quindi secondo te la fede nell'esistenza di Dio è automaticamente superstizione, senza alcuna considerazione sugli aspetti relazionali di questa fede.
C'è superstizione quando ci si aspetta che da un dato atto rituale scaturisca un risultato materiale come nell'esoterismo.
Se invece l'aspettativa riguarda la dimensione spirituale non è esoterismo, indipendentemente dal l'eventualità che Dio giudichi o meno.
Non è tanto una questione di tematiche religiose, ma di significato corrente del vocabolo.
Superstizione è credere nella esistenza di "qualcosa" senza che ve ne sia il fondamento.
Il qualcosa esiste solo in quanto mostra il proprio fondamento.
È sempre e solo il fondamento che fa sì che qualcosa ci sia.
Finché il fondamento non è messo in discussione, il qualcosa, che su quel fondamento si regge, esiste.
Il fondamento non è Verità, ma finché è considerato "vero" esso fonda i rispettivi qualcosa.
Dio non ha fondamento.
Come può l'Assoluto essere fondato?
L'Assoluto è il Fondamento!
Non vi è niente che lo fondi. Ma è Lui a fondare ogni possibile fondamento.
Certamente compare una possibile relazione...
Ma attenzione!
Perché l'autentica relazione non è fondata da nulla.
L'amore, il Vero amore, non ha alcun fondamento.
E quindi i poli che ci immaginiamo esistano per fare sì che vi sia relazione, cioè amore, in realtà non esistono!
I poli, cioè io e Dio, sono solo funzionali alla manifestazione dell'amore. Ma in se stessi sono puro nulla.
Credere invece nella esistenza di Dio quale polo di relazione è soltanto superstizione.
Capisco bobmax che tu hai bisogno di affermare con forza le tue convinzioni interiori, ma superstizione e una parola con un significato indipendente dalle tue convinzioni, ed è quello che ho detto io.
Citazione di: anthonyi il 14 Agosto 2021, 17:58:46 PM
Capisco bobmax che tu hai bisogno di affermare con forza le tue convinzioni interiori, ma superstizione e una parola con un significato indipendente dalle tue convinzioni, ed è quello che ho detto io.
No, superstizione è credere in qualcosa di non dimostrato.
Il motivo di questa credenza può poi essere una supposta utilità, ma non è necessario.
Comunque non vi è solo la superstizione religiosa, vi è pure quella scientifica per esempio.
In sostanza tutte le volte che forziamo la verità siamo in superstizione.
In effetti occorre una qual determinazione nel tener fermi i concetti.
Ma questo non esime dal ricercare chiarezza nel confronto.
Tramite la propria fede nella Verità.
Mentre questa insistenza nel voler trovare motivi nel mio dire, quasi che il mio intento sia fare tornare a tutti i costi i conti... pregiudica una effettiva comunicazione.
Non è che se una cosa non la si capisce, allora chi la sostiene fa di sicuro il gioco delle tre tavolette...
Superstizione=credenza nell'influsso di fattori soprannaturali o magici sulle vicende umane.
Questa è la definizione comune che ho trovato, sul dizionario di Oxford sul web,
non è importante se credi nell'esistenza di Dio, ma solo se credi che Dio influisca sulla tua vita materiale.
Il concetto che sta alla base del termine superstizione è "credenza irrazionale".
Così come si può verificare anche su vari dizionari su web.
Difatti la superstizione non è limitata al soprannaturale, ma può riferirsi ad ogni ambito umano.
Come dicevo, vi è pure la superstizione scientifica, che non ha nulla a che fare con il soprannaturale. Ma non per questo è meno dannosa...
E nemmeno la superstizione è limitata ai possibili influssi che ciò che è creduto avrebbe sul superstizioso.
È invece semplicemente il credere "vero" ciò che è solo una interpretazione.
Comunque a prescindere dal termine "superstizione" il credere in un Dio ente crea a cascata un'infinità di complicazioni e contraddizioni.
È questo il punto, e qui i dizionari non servono.
Dio è l'Uno!
Altro che giudicare buoni e cattivi, non vi è proprio nessuno da giudicare!
Perché... non c'è nessuno.
Dio ama se stesso.
Mi arrendo bobmax. La superstizione è una credenza irrazionale. Ora io suppongo che tu creda nella non esistenza di Dio, correggimi se sbaglio. Ora le ipotesi sono due, o tu hai degli argomenti razionali che supportano questa tua credenza, e che quindi dimostrano la non esistenza di Dio, oppure tu sei superstizioso secondo la tua definizione.
Citazione di: anthonyi il 15 Agosto 2021, 08:28:42 AM
Mi arrendo bobmax. La superstizione è una credenza irrazionale. Ora io suppongo che tu creda nella non esistenza di Dio, correggimi se sbaglio. Ora le ipotesi sono due, o tu hai degli argomenti razionali che supportano questa tua credenza, e che quindi dimostrano la non esistenza di Dio, oppure tu sei superstizioso secondo la tua definizione.
La tua è una osservazione che potrebbe sembrare legittima, tuttavia nasconde un fraintendimento di fondo.
Premetto che io credo in Dio. Dio è più certo di qualsiasi cosa. Solo che... non esiste.
Perché per esistere bisogna essere qualcosa, mentre Dio non è qualcosa.
Quindi Dio non c'è, perché... Dio è!
Credere nella non esistenza di qualcosa, di non dimostrato, non è superstizione.
Perché questa credenza non è irrazionale, bensì è razionale!
È la razionalità che porta, in assenza di prove, a non credere.
Credere che esista un asino con le ali è superstizione.
Viceversa, credere che non esista non è superstizione, ma l'esito del ragionamento razionale che non vuole ingannarsi.
Un domani si potrebbe verificarne invece l'esistenza. Benissimo, il pensiero razionale ne prenderà atto, modificando il suo parere.
Il problema degli atei non consiste nel non credere in Dio ente, perché ciò è squisitamente razionale.
Il problema degli atei è invece il loro dare per scontato verità che assolute non lo sono per niente!
Questo dare per scontato il divenire così come la materia altro non è che superstizione, seppur raffinata.
Quindi, dal tuo punto di vista, una credenza irrazionale negativa, non è superstizione, mentre se è positiva lo è.
Tu non mi hai dimostrato razionalmente la non esistenza di Dio per cui quella credenza rimane irrazionale.
Ora rimanendo nell'ambito delle credenze positive, e possibile che esistano credenze positive razionali?
Secondo me no, perché qualsiasi argomentazione razionale parte da postulati che non sono dimostrabili, questo è vero anche nella più razionale delle dottrine, cioè la matematica.
La razionalità, cioè è sempre una razionalità di processo.
Le incoerenze che tu rilevi ad esempio su un dato concetto di Dio sono frutto delle proprietà a priori che sono state postulate sull'ente, se cambi gli attributi di Dio possono sparire. Potremmo in tale caso dire che il concetto di Dio è razionalmente coerente, ma questo non vorrebbe certo dire che la credenza in quel Dio sia razionale, così come non possiamo dire che qualsiasi credenza, anche se razionalmente coerente, sia razionale perché è comunque fondata su postulati che non sono razionali.
Il risultato di una "dimostrazione" non ha nulla a che fare con la "credenza".
Se qualcosa è dimostrato non vi è alcun bisogno di crederlo vero.
Semmai sono i presupposti della dimostrazione a necessitare di essere creduti veri.
Almeno che siano anch'essi dimostrati, rimandando a loro volta...
Quindi non si crede ciò che è dimostrato.
Se invece vi è credenza, allora non vi è dimostrazione sufficiente.
Ma cosa significa credere?
Significa propendere per una verità piuttosto che un'altra.
E su che base si propende a credere?
Ecco qui abbiamo la differenza sostanziale tra credenza razionale e credenza irrazionale.
La credenza razionale è il risultato di un processo razionale che, sulla base di dati considerati veri, valuta come probabile una certa verità.
Viceversa la credenza irrazionale non segue alcun processo logico, ma arbitrariamente decide di stabilire cosa sia vero.
A fronte di un Dio ente la credenza razionale non può che orientarsi verso la non esistenza. In quanto qualsiasi attributo postulato di questo Dio immancabilmente finisce per confliggere con il mondo così come esso funziona.
Non si tratta di una dimostrazione!
Ma di una credenza.
E la credenza può essere irrazionale oppure razionale.
Attribuirmi una credenza irrazionale perché non ho dimostrato la non esistenza di Dio non ha alcuna ragion d'essere.
La dimostrazione non ha nulla a che fare con la credenza!
Spero che questo confronto sia basato sulla buona fede.
Perché le stranezze si stanno moltiplicando...
Citazione di: bobmax il 15 Agosto 2021, 15:52:27 PM
La credenza razionale è il risultato di un processo razionale che, sulla base di dati considerati veri, valuta come probabile una certa verità.
Viceversa la credenza irrazionale tv non segue alcun processo logico, ma arbitrariamente decide di stabilire cosa sia vero.
A fronte di un Dio ente la credenza razionale non può che orientarsi verso la non esistenza. In quanto qualsiasi attributo postulato di questo Dio immancabilmente finisce per confliggere con il mondo così come esso funziona.
..
E la considerazione che i dati sono veri non è arbitraria? Dirò di più chi stabilisce i dati che sono rilevanti per una credenza razionale, non è anche questo un processo arbitrario? Non so se sai la storia della perfetta correlazione tra le crisi economiche e le piene del kamchatka.
Comunque al di là delle critiche epistemologiche mi sembra un accettabile criterio per costruire delle credenze razionali.
Io infatti su questo metodo mi sono basato per definire la mia credenza nella vita oltre la vita. In presenza di decine di migliaia di testimonianze NDE, che parlano di esperienze simili, pur avendo religioni, culture e tradizioni differenti, valuto come molto probabile l'esistenza dell'aldila, è quindi ci credo razionalmente, grazie per avermelo confermato.
Sinceramente poi non capisco perché qualsiasi attributo di Dio debba confliggere con il mondo, mi sembra una posizione fatta per non affrontare il problema degli "attributi" di Dio, che è poi proprio il topic, nello specifico dell'essere giudice. Cosa che io non condivido, perché, al di là delle conferme che mi danno le testimonianze NDE, un essere di puro amore tale e Dio, non ha ragione di punire qualcuno.
Egli accetta comunque tutti, per cui tutti possono andare in paradiso se lo vogliono.
Quelli che non ci vanno e perché non vogliono, perché la loro volontà è talmente incatenata al male da trascinarli nell'abisso.
In effetti, avevo scritto in un post precedente che la superstizione è credere in qualcosa che non è dimostrato...
Questa mia è stata una semplificazione erronea.
Visto che la credenza non ha nulla a che fare con la dimostrazione.
Avrei dovuto scrivere che la superstizione è una credenza irrazionale di chi rifiuta di seguire un processo razionale.
Il processo razionale può giungere ad una dimostrazione, e allora non si tratta di credenza, oppure non giungervi.
In quest'ultimo caso può comunque propendere per una verità, magari ritenuta ragionevolmente molto probabilmente. Abbiamo allora una credenza razionale.
Certamente nella verità dei dati vi è un che di arbitrario.
È lì infatti che bisogna scavare.
Ma non perché queste verità siano irrazionali, non sono né razionali né irrazionali. Sono sul limite del comprensibile.
E il limite, se riusciamo a percepirlo senza retrocedere nel nostro mondo rassicurante... è l'occasione per trascendere.
Attribuire alcunché a Dio è l'unica autentica bestemmia.
Con l'attributo, anche il più magnificante, in sostanza cerchiamo di impadronirci di Dio.
Trascinandolo qui, nell'esserci, per ridurlo a cosa tra le cose.
Certo bisogna pur osare...
E allora mi arrischio a chiamarlo Bene.
Che non c'è.
Ma questo è un atto di fede.
Riguardo alle testimonianze NDE, bisognerebbe cercare di capire chi è davvero il testimone.
Ho l'impressione che queste esperienze confermino il superamento della individualità.
Cioè può succedere che in determinate situazioni, solitamente tra la vita e la morte, l'io si dissolva offrendo una visuale inusitata della realtà.
Almeno questo mi è capitato.
Citazione di: bobmax il 15 Agosto 2021, 17:30:08 PM
Cioè può succedere che in determinate situazioni, solitamente tra la vita e la morte, l'io si dissolva offrendo una visuale inusitata della realtà.
Almeno questo mi è capitato.
Che vuol dire ti è capitato? Anche se è OT ti autorizzo a parlarne, non so se hai capito ma a me queste cose appassionano più degli attributi divini.
Tra le mie tante fortune, ho avuto anche l'occasione di sperimentare situazioni, diciamo così, al limite dell'esserci.
Eventi spiazzanti che mi hanno segnato influenzando il corso della mia vita.
È difficile descrivere fedelmente queste esperienze. Sia perché il ricordo è una continua rielaborazione di quanto successo e sia perché le parole qui sono davvero insufficienti.
E poi vi è sempre il rischio di generalizzare, perdendone la profondità.
Comunque ci provo, iniziando con una avvenuta trent'anni fa.
Riguarda ciò che ho vissuto durante un delicato intervento chirurgico, durante il quale il filo della mia vita stava per spezzarsi. Come ho saputo dopo dal chirurgo, ancora scosso per lo scampato pericolo.
L'anestesia generale era stata tra le più potenti.
Fatto sta che quando ho ripreso coscienza faticavo a capacitarmi che quella fosse davvero la mia vita con i miei cari attorno al letto.
Perché la realtà era ben altra! E a tratti vi venivo ricacciato per poi riuscire faticosamente a tornare ogni volta in questa.
Non è stato un sogno!, non ho mai fatto un sogno tanto reale.
Era vita vera.
Tutto inizia mentre sto sollevando un bambino da terra prendendolo in braccio.
Gli parlò guardandolo con affetto...
Mi accorgo allora che quel bambino sono io!
Il bambino che sono stato tanti anni fa.
Ma ora io non sono quel bambino, bensì sono mio padre!
La mia voce è la sua, il mio corpo è il suo.
Sono mio padre e pur tuttavia sono pure quel bambino. In quella situazione di vita di tanti anni fa quando mio padre tornava a casa dal lavoro.
Io sono sia il padre sia il figlio... come è possibile?
Una rivelazione che non riuscivo a sostenere. Così i miei pensieri presero a galoppare andando in ogni dove.
Finché il pensiero esausto cessò e mi trovai in una nebbia. Ed era una nebbia pietosa, ne ero certo, perché nascondeva ciò che non avrei potuto sopportare: il Nulla che stava davanti a me.
(Forse quello è stato il momento più cruciale per la mia sopravvivenza durante l'intervento)
Poi la nebbia si dissolse, e invece del Nulla mi trovai davanti infinite possibilità di vita.
E tra poco sarei andato in una di queste. Tutte sconosciute, tranne quell'unica vita che stavo ormai lasciando e che bramavo con tutta l'anima! Ma in cui ben difficilmente sarei tornato, essendo una di infinite altre.
Tornare in questa era praticamente impossibile.
Eppure, faticosamente, riuscii pian piano a tornare.
Se sarai interessato continuerò descrivendo altre esperienze che mi sono capitate.
Ciao bobmax, la sensazione di vivere un'esperienza reale è tipica delle esperienze NDE, l'io, cioè, percepisce che non è un sogno. Sembra che tu abbia iniziato la fase della ricapitolazione della tua vita, ma che questa sia stata interrotta, oppure, come hai percepito tu, non c'era nulla da guardare.
Quello che è anomalo è la totale assenza di percezioni emotive, sia quelle tue, sia quelle di tuo padre (normalmente si vivono anche le percezioni dell'altro).
Ti dirò questa tua esperienza mi ha colpito, non ho mai ascoltato di esperienze dirette NDE, cioè non mediate da coloro che si occupano di queste cose, né ho avuto esperienze di questo tipo, comunque posso dirti che quest'esperienza un segnale comunque te lo da, cioè quello di aver attenzione per le tue esperienze emotive.
Ma l'emozione è stata fortissima!
All'inizio, camminavo verso mio figlio con uno slancio di affetto. Ero immerso nel mondo, senza rendermi conto di chi fossi in realtà.
"Non sederti per terra che ti sporchi" gli dissi prendendolo in braccio e sfregando la polvere dai suoi pantaloncini. E come ero felice per quel suo:"Ciao papà!"
Poi d'un tratto ho realizzato che quel bambino ero ancora io!
Mi sono così trovato con una coscienza ampliata.
Perché ero cosciente di essere quel adulto e allo stesso tempo quel bambino era ancora me stesso, il me stesso di tanti anni prima.
La violenta emozione riguardava l'io osservatore, quello che se ne stava in sala chirurgica.
Mentre l'io/mio padre continuava tranquillamente la sua vita avviandosi con il bambino in braccio verso casa.
Alla morte di mio padre, avvenuta anni dopo il mio intervento, mentre il suo cuore smetteva di battere mi sono ritrovato all'improvviso ad essere nuovamente lui!
I pensieri, la loro struttura, le parole utilizzate, non erano i miei soliti, ma coerenti con il suo modo di esprimersi.
E pure il contenuto era tipico del suo modo.
Osservavo mia mamma piangente con preoccupazione, ma non era l'attenzione di un figlio, piuttosto era quella del marito premuroso.
Passata una mezz'ora questo stato inusuale si dissolse.
Ma non il suo effetto su di me.
Il fatto che si possano sperimentare percezioni alterate dell'io in condizioni particolari e insolite, potrebbe voler dire che tale percezione dipende dal contesto ambientale dal quale riceviamo un continuo feedback di conferma, ma basta appisolarsi perché il feedback venga a mancare in parte.
Il sognare sapendo di sognare potrebbe essere la conseguenza di un feedback affievolito , ma ancora presente. O meglio di un feedback che sia la somma di diversi feedback ambientali in concorrenza.
Possiamo supporre che sia un feedback puro e costante a darci un senso di realtà, quello che proviamo nella vita di tutti i giorni, o in stati eccezionali, ma che ci appaiono parimenti reali.
Se le cose stanno così questo senso di realtà si produce in modo automatico, istintivo, indipendentemente cioè dalla nostra volontà razionale.
Possiamo concludere che crediamo a ciò che percepiamo, lo consideriamo cioè reale, in presenza di un feeddback non contraddittorio, di qualunque tipo esso sia.
Dunque, mi permetto un piccolo fuori tema anche io...
Io ho sempre pensato che le NDE (intendo se davvero esistono e non sono riconducibili al campo della bufala/autosuggestione) siano dovute al fatto che il morire è un processo che si svolge per un tempo esteso, quantomeno perché, in senso fisico e relativistico non esistono interazioni istantanee e c'è mediazione spazio temporale della causalità e dilatazione "durevole" del presente intrinseca alla posizione degli osservatori rispetto ad un dato evento (dunque il presente è inesteso solo per approssimazione); ed inoltre se la coscienza fosse davvero un processo spiegabile a livello quantistico, esisterebbe continuamente e normalmente sovrapposizione di stati di coscienza, che nel "momento" estremo della morte potrebbe corrispondere anche una sovrapposizione di stati "limite" vivo-e morto insieme.
Quindi penso proprio che in un modo o nell'altro la "struttura profonda" della natura non ammetta la dicotomia concettuale e filosofica vita/morte come la possono conoscere e porre gli uomini, ma solo il morire come processo temporalmente e spazialmente esteso contemplante sovrapposizione indefinita di vita e morte come stato intermedio, come un interruttore che proprio fisicamente non può spegnersi senza attraversare anche un momento in equilibrio perfetto tra i due stati (facendo con ciò piazza pulita di tutte le teologie e filosofie del discorso umano che considerano vita e morte come opposti assoluti, e addirittura le eticizzano); quindi, se c'è una durata temporale del morire, non è da escludersi che ci sia anche un'esperienza cosciente e coscienziale del morire come processo auto-contemplato dalla coscienza stessa, esperienza che potrebbe essere entro certi limiti trans-culturale e standardizzata per tutti i morenti, proprio perché, a livello organico, avverrebbe un processo entro certi limiti simile per tutti.
La gioia e le sensazioni positive nelle NDE me le spiego perché c'è una parte di coscienza "viva", che può ancora soffrire, che contempla una parte di coscienza "morta", che non può più soffrire nemmeno virtualmente in nessun senso; anche la sensazione di "passaggio all'eternità", corrisponderebbe al vissuto infinito della sensazione soggettiva della durata del morire, che potrebbe infinitizzarsi perché, anche ammessa una indistruttibilità di fondo della coscienza, all'atto del non funzionamento definitivo del corpo, non vi sarebbe più altro da percepire/pensare per la coscienza stessa che l'ultima, o meglio la terminale, "unità" o "misura" del percepito/pensato complessivo; quindi si potrebbe morire in un decimiliardesimo di secondo, e percepirlo durare eoni.
E quindi, col mio discorso infine, provo a tornare anche un po' in tema, perché, se si accetta per vero quanto ho proposto, o meglio ipotizzato, croce e delizia delle visioni del paradiso o dell'inferno, e le sensazioni, e le possibili memorie ad esse associate, pertengono sempre, (in senso ateo e soprattutto nietzschano qui intendo) al campo del giudizio forse sì, ma pur sempre a quello della e nella vita, e
non mai a quello -intrinsecamente impossibile, a-prospettico e folle- sulla vita...
Ciao niko, le NDE sono vere per definizione, chiaramente salvo il caso in cui il soggetto menta. Altro discorso è naturalmente la loro interpretazione e spiegazione.
Chi ha fatto ricerche al riguardo ha già evidenziato come i tratti delle esperienze NDE siano riconoscibili rispetto ad esperienze oniriche e alterazioni da sostanze chimiche (non dimentichiamo che molte esperienze sono documentate in sala operatoria, con il paziente sotto anestesia).
Naturalmente è vero che il processo del morire è lungo, quello che però è difficile da spiegare é perché i morenti dichiarino di aver seguito tale processo da una prospettiva esterna al loro corpo, e riportino esperienze che hanno elementi particolari e comuni, pur avendo culture religiose profondamente differenti.
La luce che i morenti (i morti clinicamente ) vedono nelle NDE secondo me è proprio l'energia di Dio, la stessa energia che con il Big Bang ha dato origine al mondo: infatti la prima particella che è nata nella materia dopo l'esplosione iniziale è il FOTONE che corrisponde alla luce ed infatti i morti clinicamente vedrebbero proprio la LUCE. Di conseguenza Dio sarebbe la coscienza che informa tutto l'Universo e questa coscienza superiore sarebbe visibile all'anima proprio sotto forma di Luce: chi muore dice di sentirsi amato da questa Luce, e questo secondo me significa che l'amore non è in realtà solo un sentimento, ma è una VIBRAZIONE, quindi Dio è come un'energia che vibra ad un livello altissimo e a questa vibrazione corrisponde il bene, l'amore, l'intelligenza a livello di pensiero puro senza necessità di linguaggio.
Ma tanto è inutile che parlo, perché secondo me a molte persone del forum per qualche motivo piace l'idea che dopo la morte finisca tutto, forse perché in fondo non vogliono affrontare una realtà successiva che è ignota e potrebbe spaventarle, quindi per loro è meglio pensare che ci sia solo il nulla!
@Socrate78
Non penso che sia necessario essere sul punto di morte.
Almeno a me è capitato di vivere una situazione simile, ma non credo fossi tra la vita e la morte. Stavo però attraversando un periodo travagliato, da cui temevo di non uscire più.
Una notte ero in attesa che il sonno finalmente mi cogliesse, quando sopra di me comparve una fiamma!
Se ne stava lì, a mezz'aria, e io l'amavo.
L'amore fluiva da me alla fiamma crescendo sempre più, senza limiti.
Perché quell'amore era sconfinato.
E più la amavo e ancora più potevo amarla!
La fiamma non faceva nulla di suo, se non permettere a questo amore infinito di sgorgare da me.
Aveva rotto il guscio in cui stava racchiuso
Poi tutto cessò.
Allora compresi che l'amore è ciò che solo conta.
Ma da comprendere a essere lunga è la strada.
Citazione di: Socrate78 il 10 Agosto 2021, 19:57:19 PM
Normalmente le religioni pensano che dopo la morte i buoni verranno accolti da Dio e avranno una ricompensa, mentre i malvagi saranno puniti in diverso modo. Ma è proprio così? Io tendo a dubitare di una simile divisione di destino tra "buoni" e "cattivi". La religione cristiana dice che "Non bisogna mai giudicare", ma qual è il vero significato di questo comandamento? A mio avviso il vero significato della proibizione di giudizio data da Gesù consiste nel fatto che anche il male peggiore che la persona compie nella vita fa parte di un progetto divino per cui le azioni considerate "cattive" dalla società sono permesse da Dio per l'evoluzione spirituale dell'anima. Secondo alcune dottrine orientale legate al concetto di Karma e di reincarnazione ogni anima prima di nascere sceglie quali azioni compiere e gli eventi più significativi della sua vita, ma lo fa sempre secondo un fine buono, per imparare una lezione e crescere: se ad esempio prima di nascere un'anima si è data come compito nella propria vita quello di "Imparare a perdonare" è necessario che essa subisca dei TORTI da altre anime (si perdona solo se prima si è stati vittima di torti...), quindi quelle persone che apparentemente compiono il male lo fanno in realtà per far apprendere il perdono alla persona che sembra solo una vittima! I "cattivi" quindi potranno addirittura essere premiati per questo, mentre la persona che si è data il compito di imparare il perdono se serba odio e si vendica, allora sarà lei ad essere punita, perché non ha fatto fruttificare il compito che si era data per la sua vita.
Che cosa ne pensate di questa possibile visione?
credo che il comandamento di "non giudicare" sia qualcosa da perseguire per raggiungere una pace e una serenità interiori.
la psicologia ci insegna (e ci dimostra) che il rapporto con gli altri non è così distante dal rapporto con se stessi: giudicare gli altri, significa giudicare se stessi. come dice il vecchio detto cinese "
Quando punti il dito per giudicare qualcuno, guarda la tua mano: altre tre dita sono puntate verso di te."
in genere infatti, chi è molto severo ed intollerante con gli altri, è in realtà molto severo ed intollerante anche verso se stesso: e vale anche il viceversa, anche se molto spesso è mascherato da una facciata di falso altruismo.
riguardo la tua visione, mi pare una buona filosofia di vita: vedere le sofferenze e le ingiustizie subite come un'occasione per "levigare" la propria anima ed elevarla a Dio.
personalmente, la mia razionalità mi porta in questo momento a non credere in Dio e pertanto recepisco gli insegnamenti religiosi come una ricetta per una buona vita in questo mondo terreno.
la via del Bene, concretamente, porta meno sofferenza e meno dolore, porta al Paradiso: azioni positive, portano feedback positivi, in un crescendo virtuoso e luminoso.
la via del Male, al contrario, se inizialmente sembra soddisfare l'istinto del momento (es. mi vendico per un torto subito), crea una serie di conseguenze negative che degenerano, fino a trascinare l'Uomo all'Inferno. Un esempio terra terra, è il rapporto con il vicino di casa: per vendicarmi di un suo torto, inizio a fargli un dispetto, lui allora me ne fa un altro e così via fino a degenerare. alla fine sto peggio di come stavo all'inizio.
credo che i nostri antenati abbiano notato questi comportamenti umani e abbiano tratto delle conclusioni, articolandole sotto forma di storie e racconti: questi hanno poi composto i testi sacri.
Citazione di: ricercatore il 23 Agosto 2021, 15:36:41 PM
la via del Bene, concretamente, porta meno sofferenza e meno dolore, porta al Paradiso: azioni positive, portano feedback positivi, in un crescendo virtuoso e luminoso.
la via del Male, al contrario, se inizialmente sembra soddisfare l'istinto del momento (es. mi vendico per un torto subito), crea una serie di conseguenze negative che degenerano, fino a trascinare l'Uomo all'Inferno. Un esempio terra terra, è il rapporto con il vicino di casa: per vendicarmi di un suo torto, inizio a fargli un dispetto, lui allora me ne fa un altro e così via fino a degenerare. alla fine sto peggio di come stavo all'inizio.
credo che i nostri antenati abbiano notato questi comportamenti umani e abbiano tratto delle conclusioni, articolandole sotto forma di storie e racconti: questi hanno poi composto i testi sacri.
Ciao ricercatore, non è sempre vero che la via del bene porta meno sofferenza.
Riprendendo il tuo esempio, se il vicino ti fa un'offesa e tu te la tieni, non è detto che lui non ci riprovi, magari con qualcosa di più grosso, visto che la prima volta gli è andata bene.
Se poi rispondi all'offesa del tuo vicino con il male estremo, cioè uccidendolo, sarai sicuro che in futuro da lui non riceverai fastidi, e anche dagli altri, intimiditi dal tuo comportamento.
La verità è che la via del male spesso paga, d'altronde se così non fosse non si capirebbe perché tante persone continuano a commetterlo. Non parlo naturalmente del male istintivo, frutto di un momento di alterazione, ma di un male pianificato.
C'è poi secondo me un problema nell'idea che hai che la religione derivi da questa cognizione umana del bene e del male. Se un uomo è stato capace di comprendere il bene e il male, perché mai avrebbe dovuto inventare Dio per trasmettere questa conoscenza, non poteva trasmetterlo in suo nome ricevendo fama e memoria?
ciao @anthonyi, in realtà la via del Bene non è la via del buonismo: è la via del confronto, del dialogo e se necessario anche del conflitto (civile).
se io quell'offesa fatta dal vicino "me la tengo", in realtà sto solo accumulando risentimento, che un giorno esploderà: infatti è solo Dio (se c'è) che perdona, l'Uomo non ce la fa, necessita di risolvere la questione facendo giustizia in modo simbolico (e civile).
riprendendo l'esempio, se io uccido il mio vicino, il figlio del vicino (o il suo fratello) tenterà di uccidere me per vendicarsi: allora mio figlio (o mio fratello), tenterà di uccidere il mio assassino, e così via, come nelle (ancora purtroppo attuali) narrazioni di mafia. questo porta disordine nelle comunità, sofferenza, dolore e sfiducia nel futuro.
la via del Male soddisfa nel breve termine, è la via dell'espediente, apparentemente la più facile.
è la via che si sceglie per tamponare i problemi con dei palliativi, è la polvere sotto al tappeto: facile veloce ed, apparentemente funzionante. un giorno però, da quella polvere sotto al tappeto sbucherà fuori un Drago pronto a divorarti: o lo si sconfigge con la Spada di Verità (come narrano le fiabe) oppure vincerà lui.
riguardo il secondo punto, non riesco a conciliare la teoria dell'evoluzionismo (eravamo scimmie, poi, molto gradualmente, siamo divenuti uomini) con la stesura dei libri sacri.
la teoria che ho riportato l'ho sentita dal prof. Jordan Peterson e mi sembra sinceramente la più convincente tra tutte quelle che ho ascoltato.
quando eravamo uomini primitivi, ci siamo tramandati storie, da generazione in generazione: queste storie contenevano delle verità, dalle osservazioni fatte in molti anni sono state tratte delle morali che indicavano certi comportamenti come giusti (convenienti per una buona vita) o come sbagliati (non convenienti per una buona vita).
durante la trasmissione di queste storie, come accade sempre, i fatti si sono ingigantiti: una buona idea avuta da un Vecchio Saggio di un villaggio si trasforma in "Dio che parla al Profeta e che gli dice di fare o non fare una certa cosa".
Il tuo problema, ricercatore, è che tu hai bisogno di conciliare l'evoluzionismo con i testi sacri, perché ti rendi conto che c'è qualcosa che non torna.
In tutta la storia umana la religione è stata vista come qualcosa che è al di sopra dell'uomo, e l'uomo moderno che tu rappresenti ha bisogno di abbassarla al suo livello per non sentirsi dominato.
@anthonyi: quello che dici è esatto.
una parte di me sicuramente vuol placare l'ansietà che scaturisce nel contatto con il Mistero, con l'Ignoto, lo Sconosciuto, il Divino: razionalizzando il tutto, si mette un po' a tacere questo disagio illudendoci di rinchiudere il Mistero in una scatola.
un altra parte di me tuttavia ha bisogno di conciliare la dissonanza tra l'educazione religiosa ricevuta nel mio contesto familiare e quei pochi studi effettuati finora che riguardano le varie scienze (evoluzionismo, antropologia, psicologia, storia).
al momento mi resta difficile credere che i testi sacri parlino di Dio, credo che invece parlino dell'Uomo, delle Verità e dei Valori che è riuscito a dedurre in anni e anni di osservazioni, di tentativi falliti, di tentativi riusciti: contengono una saggezza preziosissima ed unica, costata molti anni e anche molto sangue.
con questo non mi sento di escludere l'esistenza di Dio, la mia ricerca prosegue e mai finirà ;)
Socrate 78: "Dio non giudica nessuno, nemmeno i più malvagi?"
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Personalmente ho sempre saputo che Gesù ha sempre condannato il peccato, mai pero il peccatore!
Una buona, saggia, e sapiente risposta a questa domanda, possiamo trovarla in Swedenborg, il quale scrive:
"Dato che l'uomo crede che tutto quello che fa lo faccia per virtù propria, ne risulta che il male che commette rimane in lui come se fosse suo proprio. L'uomo quindi è la causa del proprio male, e non il Signore. Il male presso l'uomo è l'inferno in lui, perché male e inferno sono la stessa cosa. Poiché l'uomo è la causa del proprio male, è lui stesso che si dirige verso l'inferno, e non il Signore a condurvelo. Il Signore, ben lontano dal condurre l'uomo all'inferno, lo libera da esso nella misura in cui l'uomo non vuole né ama il suo male.
Tutta la volontà e tutto l'amore dell'uomo restano con lui dopo la sua morte. Colui che vive e ama un male nel mondo, vuole e ama lo stesso male nell'altra vita e non vuole esserne separato. Cosi un uomo che è nel male è legato all'inferno, e già vi è con il suo spirito, e dopo la morte non desidera altro che essere là dove è il suo male.
E' dunque l'uomo che dopo la morte si precipita da solo all'inferno, non il Signore che ve lo precipita."
"cielo e inferno" di Swedenborg
Citazione di: Kephas il 23 Agosto 2021, 21:16:00 PM
Socrate 78: "Dio non giudica nessuno, nemmeno i più malvagi?"
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Personalmente ho sempre saputo che Gesù ha sempre condannato il peccato, mai pero il peccatore!
Una buona, saggia, e sapiente risposta a questa domanda, possiamo trovarla in Swedenborg, il quale scrive:
"Dato che l'uomo crede che tutto quello che fa lo faccia per virtù propria, ne risulta che il male che commette rimane in lui come se fosse suo proprio. L'uomo quindi è la causa del proprio male, e non il Signore. Il male presso l'uomo è l'inferno in lui, perché male e inferno sono la stessa cosa. Poiché l'uomo è la causa del proprio male, è lui stesso che si dirige verso l'inferno, e non il Signore a condurvelo. Il Signore, ben lontano dal condurre l'uomo all'inferno, lo libera da esso nella misura in cui l'uomo non vuole né ama il suo male.
Tutta la volontà e tutto l'amore dell'uomo restano con lui dopo la sua morte. Colui che vive e ama un male nel mondo, vuole e ama lo stesso male nell'altra vita e non vuole esserne separato. Cosi un uomo che è nel male è legato all'inferno, e già vi è con il suo spirito, e dopo la morte non desidera altro che essere là dove è il suo male.
E' dunque l'uomo che dopo la morte si precipita da solo all'inferno, non il Signore che ve lo precipita."
"cielo e inferno" di Swedenborg
Salve kephas. Sono quasi commosso dal ragionamento profondissimo del saggio Swedenborg.
Quindi la dinamica dell'esistenza consisterebbe in un teatro nel quale si confrontano due volontà : quella di Dio (protesa al bene) e quella dell'Uomo (confusa e variabile, sembra).
Il fatto è che - a tal punto - le due volontà sembrano entrambe completamente libere.Essendo libere, possono appunto risultare contrastanti.Essendo due volontà, libere ed eventualmente contrastanti...........nessuna delle due può risultare completa, cioè assoluta.
Pertanto Dio ed Uomo sarebbero figure (personaggi, enti....o come più ci piace definirli) parziali, limitate, relative.........entrambi privi degli attributi di assolutezza, onnipotenza, onniscienza, perfezione, incorruttibilità, eternità, totale amorevolezza................................................più tardi andrò in Wikipedia per sapere come la pensava in proposito l'acuto pensatore da te citato. Saluti.
Nel brano riportato da Kephas, l'incipit è fondamentale per interpretare il testo:
"Dato che l'uomo crede che tutto quello che fa lo faccia per virtù propria, ne risulta che il male che commette rimane in lui come se fosse suo proprio."
Il male diventa proprio, a causa della credenza che ciò che si fa sia determinato dalla propria volontà.
E poiché il male, qualsiasi male, è assolutamente inaccettabile, ecco l'inferno.
Come è possibile liberarsi dal male?
Non volendolo:
"Il Signore, ben lontano dal condurre l'uomo all'inferno, lo libera da esso nella misura in cui l'uomo non vuole né ama il suo male."
Ma non volere il proprio male cosa significa?
Non significa forse il disconoscere se stessi?
Rinunciare a se stessi, distaccarsi da ciò che si è sempre ritenuti di essere?
Riconoscere in sostanza di essere, quali individui separati da tutto il resto, puro nulla?
La favola del cristiano "non giudicare" é una panzana atomica.
La bibbia non ti dice "non giudicare", ti dice "se vuoi evitare di essere giudicato, comincia per primo".
In questo contesto é sensato.
Significa, in un contesto in cui non sono sicuro io stesso di essere giusto, non dovrei giudicare gli altri. Almeno questa é l'unica lettura che trovo sensata.
Di gran lunga il verbo più abusato della bibbia, preso fuori contesto in qualsiasi caso ci sia da zittire un cristiano che denuncia ingiustizie scomode o esprime principio morale proprio.
Gesù diceva anche allora di essere venuto per portare la spada - per segnare il confine tra il bene ed il male e sapere essere retti. Non per essere soggiogati da cani e porci che tentano continuamente di afferrarne il manico mentre ti dibattono.
Non sono manco cristiano (simpatizzante diciamo - da quando distinguo bene la fede da chiese, cattolicismi e manicheismi di sorta) ma la guerra del relativismo morale alla fede cristiana mi lascia perplesso da tempo, e francamente ha fatto di più per interessarmene che tutto il resto insieme.