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LOGOS - Argomenti => Tematiche Spirituali => Discussione aperta da: Eutidemo il 19 Giugno 2021, 11:50:11 AM

Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 19 Giugno 2021, 11:50:11 AM

Il vangelo di San Giovanni, inizia con dei versetti alquanto "criptici", i quali, sotto un profilo strettamente logico, suonano un po' paradossali.
"In principio era il LOGOS, e il LOGOS era presso DIO e il LOGOS era DIO. Egli era, in principio, presso DIO: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. (Gv 1,1-18).
***
Ora, da un punto di vista strettamente "log"ico", se il LOGOS "era presso DIO", il LOGOS "non poteva essere DIO"; ed infatti se "A è presso B", ciò implica che "A non è B", altrimenti sarebbero nello "stesso luogo", essendo la "stessa cosa".
Come se ne esce?
***
Al riguardo, secondo me, occorre in primo luogo tenere presente che tutti i Vangeli ci sono pervenuti scritti in lingua greca (κοινὴ ἑλληνική "[lingua] comune greca") e che la maggior parte degli studiosi ritiene che i quattro vangeli siano stati tutti scritti originariamente e direttamente in greco; e quello di Giovanni in particolar modo.
Pertanto, a mio avviso, è opportuno iniziare ad approcciare ermeneuticamente il tema sotto un profilo precipuamente "filologico", tenendo presenti le seguenti considerazioni.
1)
Il termine LOGOS (in greco antico: "λόγος",  corrispondente al latino "verbum" e all'ebraico " דבר" davar), deriva dal greco "λέγω", che significa scegliere, raccontare, enumerare, parlare, pensare; nella filosofia greca classica, peraltro, a cui Giovanni fa senz'altro riferimento, il LOGOS ha i due precipui significati di "pensiero" e/o di "parola".
Di cui :
- il primo va inteso come un "discorrere interiore" secondo ragione;
- la seconda va intesa come l'"espressione o manifestazione del pensiero", che in questo esprimersi "si concretizza".
Su questo secondo aspetto, il "concretizzarsi", richiamo la vostra attenzione, perchè costituisce il "fulcro" sul quale farò "leva" per "elevare" le mie considerazioni conclusive; cioè, l'ESSERE che "si concretizza" manifestandosi in "epifenomeni" esistenti individualmente.
2)
Il termine DIO (in greco antico "θεός") nella filosofia greca è inteso in modi diversi; sebbene, in tale ambito, abbia finito per prevalere la concezione aristotelica di  DIO quale "primo motore immobile" (in greco: "πρῶτον κινοῦν ἀκίνητον").
Però, nella Bibbia, viene spiegato in modo abbastanza chiaro di che cosa si tratti.
Ed infatti, Mosè disse a DIO: <<Ecco, quando andrò dai figli d'Israele e dirò loro: "Il DIO dei vostri padri mi ha mandato da voi". Ma se essi mi dicono: "Qual è il suo nome?", che cosa risponderò loro?».  DIO rispose a Mosè: «IO SONO COLUI CHE SONO». Poi disse: «Dirai così ai figli d'Israele: "L'IO SONO mi ha mandato da voi"» (Esodo 3,11-15).
DIO non può avere un nome, per il semplice fatto che non è una "persona", la quale possa autoqualificarsi dicendo: "Io sono Pippo De Pippis!".
DIO "è"...e basta!
3)
In terzo luogo, "πρὸς" (+ l'accusativo "τὸν θεόν"), oltre a significare "presso", può significare varie altre cose, e, cioè:
- a, con, verso, contro;
- rispetto a;
- per quanto a;
- in confronto con;
- conforme, secondo;
- per, allo scopo di;
- per, a cagione o in conseguenza di.
***
                                                       MIA IPOTESI ESEGETICA
Ciò premesso, c'è un altro passo del Vangelo di Giovanni molto illuminante.
Ed infatti, quando i Giudei lo provocarono dicendogli : "Non hai ancora cinquanta anni e pretendi di aver visto Abramo?" Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, <<Io Sono>>" (Gv 8,51-59).
Badate bene, non rispose "Io ero" (come la sintassi e la "consecutio temporum" avrebbero richiesto), bensì "Io Sono"; cioè, esattamente la stessa risposta che DIO, "al di fuori del tempo", aveva dato a Mosè nel sopra citato passo dell'Esodo 3,11-15.
In quel momento, in effetti, a rispondere ai Giudei, non era affatto l'individuo Gesù, bensì, appunto, DIO; il quale, ovviamente, è al di fuori del tempo e delle determinazioni fisiche e sintattiche!
***
Leggendo attentamente i Vangeli, si nota spesso questa "ambivalenza", come se in Gesù, di tanto in tanto, si verificasse una sorta di "corto circuito" ontologico tra:
- il suo ESISTERE quale singolo individuo con "nome e patronimico" (Yeshua Ben Youssef);
- il suo ESSERE, il quale, ovviamente "sottende tutti e tutto", e non solo lui (IO SONO).
Però "solo Lui", in modo assolutamente incomprensibile per chiunque, riuscì a "realizzarlo ontologicamente"; la differenza con tutti gli altri uomini, e tutta qui.
E scusate se è poco!
***
Lo rilevò anche San Bernardo, notando che:
- generalmente, Gesù si riferiva se stesso, in terza persona, come "il figlio dell'uomo" (cioè Yeshua figlio di Youssef);
- talvolta, invece, si riferiva a se stesso, in prima persona,  usando il pronome "Io", o, appunto "Io sono".
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(San Bernardo "I gradi dell'umilità" 10-11)
***
Cioè, spiega il santo, nel primo caso si riferisce a se stesso come un qualsiasi altro uomo (quale lui era a tutti gli effetti), nel secondo, invece, in modo davvero "unico" e "straordinario", egli parla del suo ESSERE divino; un ESSERE divino che aveva in comune con tutti gli altri uomini (perchè tutti gli uomini "SONO"), però con l'abissale differenza che lui, sia pure "a corrente alternata", ne era "ontologicamente" consapevole già da vivo.
Come un'"onda" che sa di essere mare, ancora prima di frangersi..
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"Ma come!" esclamerà indignato qualcuno "Allora saremmo tutti Dei?".
In effetti, anche questo è scritto nella Bibbia:
"Io ho detto: «Voi siete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo, ma certo morirete come ogni uomo!»" (Salmo 82).
Cioè, quanto all'ESSERE che vi sottende , voi siete tutti DIO, ma in quanto "figli", cioè "generati" come singoli uomini, morirete come ogni uomo; allo stesso modo di come le onde sono tutte mare, ma in quanto "generate" come singole onde, finiranno tutte, prima o poi, per essere riassorbite dal mare stesso.
Quanto al termine "figlio", ne parlerò meglio più avanti.
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Poi Gesù pregò per tutti gli uomini: "Che siano tutti UNO; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché siano UNO come noi siamo UNO" (Atti 20:28).
Perchè dire che tutto è ESSERE, è come dire che tutto è UNO, e che la "molteplicità" è solo un'"illusione"; sebbene si tratti di un'"illusione" di un tipo un po' diverso da quella del "bastone che viene scambiato per un serpente".
Forse sarebbe più esatto dire che la "molteplicità",  più che una "illusione", è una "manifestazione" frantumata dell'UNO; così come l'"immagine" del sole riflessa da milioni di frammenti di specchio.
Ovvero come un bambino che, al Luna Park, entra nel "baraccone degli specchi"; e la sua immagine si riproduce (a volte deformata) in dozzine di specchi e specchietti.
Ed infatti anche nella Bibbia c'è scritto che gli uomini sono soltanto delle "immagini" di Dio (Gen 1,26-27); cioè mere "rappresentazioni" di un'"altra" REALTA'.
***
Infine, San Paolo scrive che siamo destinati ad essere con Dio: "Un solo Spirito!" (cfr. 1Cor 12,13).
Questo passo è stato interpretato nei modi più diversi, sebbene, sia nella "lettera" che (appunto) nello "spirito", secondo me il senso è univoco.
Ed infatti San Paolo:
- non scrive che il nostro spirito è destinato ad "unirsi" a quello di Dio (come se si trattasse di due cose diverse che si congiungono);
- scrive, invece, che il nostro spirito è destinato ad essere "un solo Spirito con Dio" (come, cioè, se si trattasse della stessa cosa).
***
Sia ben chiaro che tutti i precedenti passi possono essere interpretati e coordinati tra di loro nei modi più diversi e disparati; e così, infatti, è storicamente avvenuto, come ho potuto personalmente constatare leggendo vari libri sul tema, scritti sia dai Padri della Chiesa, sia dai successivi Dottori della Chiesa.
Al confronto, ovviamente, io sono un "nano", però ho il vantaggio di poter sedere "a cavalluccio" sulle spalle di tali "giganti"; la mia, quindi, è solo un'esegesi personale, per quello che può valere per risolvere il "paradosso" iniziale.
***
Vediamo come!
***
1)
Secondo me, quando Giovanni scrive che "il LOGOS era DIO", era come se volesse dire che la "manifestazione" di DIO, comunque essa si presenti e insorga (ad esempio per il tramite di individui, come Gesù), non è certo una cosa "diversa" da DIO, bensì, semplicemente, una sua mera "EPIFANIA".
Appunto come le "onde", che, essendo epifenomeni  del "mare", però sempre mare "restano".
Oppure come le "onde elettromagnetiche" della luce, che (riflesse o meno che esse siano), sempre LUCE sono; come ben evidenziato visivamente da questa immagine tratta dall'"Esperimento di Young" (che, però, non c'entra niente con il mio discorso).
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2)
Il termine πρὸς" (+ l'accusativo "τὸν θεόν"), in questo caso, secondo me, non va tradotto come "presso", bensì "per, a cagione o in conseguenza di"; cioè che il LOGOS si manifesta "per, a cagione o in conseguenza di" DIO, essendo sostanzialmente Lui stesso nel momento in cui "si manifesta".
O , se preferite, nel momento in cui l'ESSERE si "riflette" e si "concretizza" nel singoli ESISTENTI; cioè, nei frammenti dello specchio rotto!
3)
Quanto al passo generalmente tradotto "Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste", a dire il vero nel Vangelo di Giovanni viene usato il termine "ἐγένετο".
Tale termine, in lingua greca, più che "fatto" o "creato" (nel qual caso si sarebbe usato il participio passato del verbo "ποιέω"), vuol dire "generato"; così come appunto gli epifenomeni "onde" vengono "generate" quali forme transeunti dello stesso "mare", non certo "fatte" o "create" "ex nihilo" da lui.
"Ex nihilo, nihil fit"!
Quanto alla locuzione "ciò che esiste", essa, secondo me, va intesa in senso contrapposto a "ciò che è"; di cui "ciò che esiste" è la semplice passeggera e "individuale" manifestazione.
4)
Ed infatti, quanto a tali singoli ESISTENTI, di sicuro, "moriranno come ogni uomo!" (Salmo 82), cioè come singoli "individui"; ma l'ESSERE che è in loro, non morirà mai, per il semplice fatto che non è mai nato!
Ed infatti, "sin dal principio", nel LOGOS "era la vita e la vita era la luce degli uomini"; cioè l'ESSERE che illumina e sottende ogni uomo, c'è sempre stata, da sempre, e sempre continuerà ad esserci.
Per cui, in realtà, nessuno nasce e nessuno muore!
***
                                        CONFRONTO CON L'ESEGESI COMUNE
Per quanto riguarda la confessione cattolica (e, mi sembra, anche quella ortodossa e quella protestante), un punto fermo in materia fu posto dal Concilio di Calcedonia (451 d.C.), nel quale, con una definizione solenne, si precisò che in Gesù Cristo le due nature, la divina e l'umana, si sono unite (senza confusione) in un unico soggetto personale che è la divina Persona del LOGOS-DIO.
A motivo del termine greco si è soliti parlare di "unione ipostatica", in quanto:
- al di fuori del tempo, la stessa persona del Verbo-Figlio è generata eternamente dal Padre per quanto concerne la sua divinità (FIGLIO DI DIO);
- nel tempo invece è stata concepita ed è nata dalla Vergine Maria per quanto concerne la sua umanità (FIGLIO DELL'UOMO).
Ed infatti, il termine "FIGLIO", va inteso come "GENERATO DA", ma in due differenti sensi ontologici.
Per esemplificare:
- al di fuori di un CARTONE ANIMATO, l'immagine di una capretta in movimento, nel momento in cui viene partorita da una capra, è "generata" da un fascio di luce colorata proiettata su uno schermo bianco (che è bianco, immobile, e sempre uguale a se stesso);
- all'interno dello stesso CARTONE ANIMATO,  invece, la capretta viene "drammaticamente" concepita da una capra, per quanto concerne la sua "caprinitas", e l'azione che si svolge cinematrograficamente sullo schermo.
Questa è la mia personale esemplificazione moderna del concetto di "IPOSTASI".
***
Sinceramente, non saprei dire fino a che punto la mia concezione possa "collimare" con quella conciliare, ovvero se debba considerarsi eretica.
Sotto certi aspetti temo che debba considerarsi un po' eretica, in quanto, ad esempio, per me, il termine "persona" può identificare soltanto i singoli individui, e giammai DIO;  il quale, in quanto ESSERE (cioè il "minimo comun denominatore" di tutto ciò che ESISTE), non può essere in alcun modo considerato una "persona" (per genere prossimo e differenza specifica), se non in senso "molto" metaforico, e ai soli fini meramente devozionali.
Come Lui stesso, "metaforicamente", spiegò a Mosè quando gli chiese il suo nome; ed infatti l'ESSERE non può avere alcun "nome", essendo quest'ultimo riservato esclusivamente alle sue manifestazioni, cioè, a noi.
Ma quando moriremo, tornando anche noi ESSERE, indubbiamente il nostro nome lo perderemo per sempre; così come non lo avevamo prima di nascere.
***

Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 19 Giugno 2021, 15:24:48 PM
L'apparente paradosso logico può essere risolto considerando esegeticamente tale esordio come un riferimento alla Genesi, in cui con la parola/logos Dio crea il mondo e l'uomo («tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita» dice infatti Giovanni) e la parola è una tipica manifestazione divina, come capita altre volte nella Bibbia (se non sbaglio), in cui Dio è (almeno) una voce che parla dal cielo. Anche l'espressione «in principio era il logos» può essere intesa come un riferimento all'attività creatrice di Dio: in quanto eterno, Dio non ha principio, ma principia la realtà mondana parlando, con il suo logos, per questo si può affermare che in principio era il logos, perché è stato il logos divino a dare un principio alla storia del mondo e dell'umanità. «Il logos era presso Dio ed era Dio» allora significherebbe che la parola di Dio era presso di lui (nel senso che da lui traeva origine) ed "era" lui poiché era, dal punto di vista umano, la sua principale manifestazione che lo identificava.
Umanizzando: se parlo con qualcuno che non mi conosce da dietro un paravento, io sono (per lui) la mia voce e la mia voce è (per lui) presso di me, nel senso che l'interolcutore può rapportarsi a me solo in quanto "sono" voce, pur sapendo egli che tale voce non può esistere da sola, bensì, proprio in quanto voce, è generata da un parlante, sebbene "misterioso" (un'esperienza simile si ha quando si segue un programma alla radio: il conduttore è per noi una voce che ci accompagna mentre magari guidiamo, ma al contempo sappiamo che la sua voce è presso di lui, essendo lui plausibilmente non solo la sua voce, pur essendo almeno la sua voce... escludendo voci artificiali di AI e programmi informatici, che comunque il buon Giovanni non poteva nemmeno immaginare).
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Kobayashi il 19 Giugno 2021, 15:37:35 PM
Eutidemo, mi sembra che la tua interpretazione consista nel riportare la Rivelazione (partendo dall'inizio del vangelo di Giovanni) alla filosofia greca, per la quale (in generale) l'essere è eterno e divino e nello stesso tempo è l'origine, il principio, da cui ogni cosa viene e in cui ogni cosa finisce.
Solo l'essere è eterno; l'individuo, che è tale per la sua forma specifica, per la sua accidentalità, è destinato alla corruzione, anche se è fatto di sostanza eterna, anche se partecipa all'essere.
E tuttavia non è questa la salvezza che promette la filosofia greca (cioè l'elemento consolatorio della partecipazione di ogni cosa al tutto eterno). Essa consiste invece nella potenza che deriva dal possesso della verità. Guardare cioè le cose per come sono veramente, al di là dei racconti del mito e delle religioni, al di là di ogni consolazione troppo umana.

E la questione della salvezza è il punto centrale della faccenda, secondo me.
Se prendi il cristianesimo e lo riporti alla filosofia greca finisci per perdere la nozione di salvezza che il vangelo cerca di esprimere, e non si tratta tanto dell'idea che l'anima se ne vada in cielo, ma della convinzione che Dio sia qualcosa che ha cura di ogni creatura. Il principio, l'origine, ha una connotazione morale, tende alla bontà (per quanto ciò sia eretico dal punto di vista della metafisica greca).
La Rivelazione esprime l'intuizione, tramite racconto religioso, che quell'energia, quella vitalità divina che è alla base della generazione segue una finalità e una logica che non possiamo comprendere tramite ragione e per cui la parola amore sembra essere quella più adeguata, ma non lo è.

Per questo motivo penso che la tua articolata interpretazione ha senso e interesse dal versante agnostico e dal punto di vista dell'apologetica cristiana che vuole ottenere rispetto da parte dei filosofi.
Dal punto di vista di chi ha fede invece le cose sono esattamente rovesciate. Il problema di questa minoranza in via d'estinzione non è la credibilità della Rivelazione, ma il fatto che nonostante sia platealmente non credibile continui ad essere qualcosa di potente, di luminoso. Per cui non si tratta di tradurre in termini ragionevoli la propria fede in modo che sappia difendersi dalle contraddizioni che vengono ogni giorno evidenziate dalla cultura secolarizzata (utilizzando per esempio la filosofia greca), ma di comprendere meglio questo mistero "luminoso".

Sono andato fuori tema? Non lo so.
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: bobmax il 19 Giugno 2021, 16:54:21 PM
Kobayashi, la fede è una sola.
Può essere oscurata dalle tante superstizioni e spesso lo è, ma l'autentica fede è sempre la stessa: fede nella Verità.

Verità che appare come nulla.

Questa è la fede dei filosofi, degli scienziati, dei religiosi.
Senza questa fede non c'è filosofia, non c'è scienza, non c'è spiritualità.

Questo Nulla in cui si ha fede è il Bene.

Se escludiamo ogni superstizione, e non è facile, ritroviamo la coincidenza tra filosofia e spiritualità.
Coincidenza della quale il vangelo di Giovanni è espressione.

Come lo è la mistica cristiana, autentica erede sia del cristianesimo sia della filosofia greca.

La mistica guarda le cose come sono.
A costo di affrontare l'orrore.

In nome di che cosa?

Della propria fede nella Verità!
Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Ipazia il 19 Giugno 2021, 18:22:32 PM
Il logos di Giovanni viene da qui:

CitazioneIl tema centrale con cui si apriva l'opera di Eraclito è sicuramente il concetto di logos, che, seppur nella sua complessità ermeneutica, può essere interpretato come "discorso", "ragione", ma anche nell'accezione di principio fisico come "ragione costitutiva delle cose". Il logos viene espressamente nominato da Eraclito in sette frammenti (1, 2; 45; 50; 72; 115; 124) ed evocato in molti altri, le sue caratteristiche sono l'eternità, l'universalità che promana dal logos, comune a tutti gli uomini indistintamente, conforme alla realtà dei fenomeni sensibili e non, presente in quanto ordine cosmico (kosmos) e vitalità psichica o anima (psiche). La difficoltà dell'uomo nella comprensione di questo logos che tutto regge dipende dall'inefficienza del processo cognitivo antropologico, il quale nelle sue operazioni elementari disperde l'universalità del logos frammentandola e impedendo così a se stesso l'apprendimento della sua profonda ed eterna unità: "Non me, ma ascoltando il logos è saggio convenire che tutte le cose sono una" (fr. 50). Tale principio si confonde e non si intende se si persiste a negare quella trama unitaria in che consiste, perciò l'errore umano è il supporre che non vi sia l'originale complementarietà nel conflitto (polemos), che i contrari non siano sintetizzabili in una convergenza, data dallo stesso logos, che le apparenze molteplici e illusorie non facciano parte di un unico disegno superiore, a tutta prima mal percepito e quindi non elaborato intellettualmente.

passando attraverso Platone e Plotino. L'incipit di Giovanni è di una potenza assoluta: Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος ...

CitazioneIn principio era il Logos
e il Logos era presso Dio
e il Logos era Dio
Questi era in principio presso Dio.

Tutto è venuto ad essere
per mezzo di Lui,
e senza di Lui
nulla è venuto ad essere
di ciò che esiste.

In Lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini
e questa luce splende ancora nelle tenebre
poiché le tenebre non riuscirono ad offuscarla. »   (Giovanni 1,1-5)

Il logos è ovunque: in Dio, presso Dio, e quindi Dio. La narrazione sopra riportata è tutta reperibile nei frammenti di Eraclito, incluso il rapporto luce-tenebra. E' una narrazione potente e pressochè esatta. Basta sostituire all'universo fisico, l'universo antropologico. La parola è presso l'homo sapiens, è l'homo sapiens. E' il suo modo archè-tipico di uscire dalle tenebre (il pianto del poppante) e raggiungere la luce della razionalità autocosciente umana.
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 20 Giugno 2021, 06:42:09 AM
Ciao Phil. :)
Come ho scritto, quanto al passo generalmente tradotto "Tutto <<è stato fatto>> per mezzo di lui e senza di lui nulla <<è stato fatto>> di ciò che esiste", a dire il vero nel Vangelo di Giovanni viene usato il termine "ἐγένετο".
Tale verbo, in lingua greca, più che "fare" o "creare" (nel qual caso si sarebbe usato il verbo "ποιέω"), usato nel tempo "aoristo" "ἐγένετο" vuol dire che "fu generato"; così come appunto gli epifenomeni "onde" vengono "generate" quali forme transeunti autoprodotte  dallo stesso "mare", non certo "fatte" o "create" "ex nihilo" da lui.
"Ex nihilo, nihil fit"!
***
Per cui, più che un riferimento all'"attività creatrice" di Dio, quale intesa "semplificativamente" dal rozzo popolo ebraico, Giovanni, secondo, me parla della  manifestazione dell'"Uno" come "molteplice".
***
Il che, appunto, metaforicamente, vale anche per la "voce" o la "parola" che dir si voglia, in quanto "molteplice" manifestazione di chi parla.
***
Un saluto :)
***
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 20 Giugno 2021, 10:57:02 AM
Citazione di: Eutidemo il 20 Giugno 2021, 06:42:09 AM
"Ex nihilo, nihil fit"!
Questa è una "legge umana" (della scienza, non della fede religiosa) mentre, stando a come Dio viene presentato in generale nella Bibbia, la sua non applicabilità a Dio è proprio ciò che rende Dio tale. Volendo essere puntigliosi: nel racconto biblico Dio non crea il mondo dal nulla, ma dalla (con la) sua parola-logos che non è un nihil, ma appunto una forza/"soffio" creatrice (aspetto che l'ebraismo ha ben rimarcato con la sua "mistica delle emanazioni"). La manifestazione dell'"Uno come molteplice" (inteso come distinto ma non separato, come nel caso dell'onda/mare) è un'eresia (e te lo dice un ateo), almeno se si resta fedeli alla narrativa biblica ed evangelica: verrebbe meno la differenza sostanziale fra uomo e Dio («a sua immagine», non "con sua sostanza"), il cristianesimo sarebbe quasi un panteismo o panpsichismo, etc. probabilmente, magari sbaglio, Giovanni era più vicino al «rozzo popolo ebraico»(cit.) che al "tutto è uno" orientaleggiante (e poco affine alla predicazione di Cristo...) e ai principi della fisica umana applicati al divino (ovviamente, oggi possiamo speculare su come interpretare tali passi biblici, ma il voler-dire originario ed originale credo vada rintracciato, con tutte le innegabili difficoltà annesse, nel contesto dell'epoca).
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 20 Giugno 2021, 13:37:08 PM
Ciao Kobayashi. :)
Hai perfettamente compreso il mio tipo di approccio; il quale, in effetti, giusto o sbagliato che esso sia, presenta dei connotati molto più simili ad una concezione greca di tipo "parmenideo" (e Vedanta) di Dio, che non quelli tipici di un approccio del genere "fideistico-devozionale".
***
Secondo la mia concezione, infatti, solo l'essere "è"; dire che è "eterno", in fondo, per me, è un po' una "superfetazione".
Ma va bene lo stesso!
L'individuo, invece, che è tale per la sua forma specifica, e per la sua accidentalità, è sicuramente destinato alla morte; però, più che dire che "partecipa all'essere", io preferisco esprimermi dicendo che l'individuo non è altro che una "manifestazione dell'essere" a livello esistenziale e fenomenico.
Ma, anche in questo caso, credo che il concetto sia più o meno lo stesso.
***
Hai anche perfettamente ragione nel sostenere che, se si cerca di interpretare il cristianesimo nel modo che propongo io,  si finisce per perdere la "nozione di salvezza" che, secondo un'altra concezione, i Vangeli (soprattutto gli altri tre) cercherebbero di esprimere.
***
E non del tutto a torto, perchè, leggendo altri passi dei Vangeli, è del tutto lecito interpretarli in un modo completamento diverso dal mio.
E cioè,che:
1)
Il peccato commesso da Adamo ed Eva si era trasmesso a tutta la loro discendenza.
2)
Di solito, i peccati potevano "espiarsi" offrendo dei sacrifici a Dio, il quale, in genere, si accontentava di qualche agnello anche nei casi più gravi.
3)
Il peccato commesso da Adamo ed Eva,  però, era così terribilmente grave, che, per espiarlo, non sarebbe stato sufficiente sacrificare tutti i più grassi agnelli di questo mondo.
4)
Per tale motivo, per qualche perversa ragione, per espiare il peccato originale e "salvare" tutta l'umanità, fu necessario sacrificare addirittura il "figlio di Dio".
***
Per quanto mi riguarda, preferisco essere ateo, puttosto che accettare una simile interpretazione dei vangeli; la quale, pur avendo degli indubbi agganci esegetici (sinceramente anche migliori dei miei), personalmente io la trovo del tutto:
- "assurda" sotto il profilo razionale;
- "ributtante" sotto il profilo morale;
- "inconcepibile" sotto il profilo spirituale.
***
Poteva essere adeguata ad una visione "antropopatetica" di Dio da parte di rozzi pastori del deserto, i  quali concepivano Dio come un "capo tribù" irascibile, sanguinario e paranoico; e che credevano di poter ottenere la "salvezza" accattivandosi il dio di turno, per mezzo del sacrificio del "corpo" e del "sangue" di una vittima (animale o umana che fosse).
Idea pseudo-religiosa che era già arcaica e superata ai tempi di Gesù.
La vera novità fu, che, in quel caso, la vittima "umana" era anche "il figlio di Dio"; cosa, per me, assolutamente priva di qualsiasi senso logico, fisico, morale e spirituale.
***
Un saluto! :)
***
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 20 Giugno 2021, 14:38:55 PM
Ciao Phil. :)
Quanto al fatto che "Ex nihilo, nihil fit", a dire il vero, a me non sembra soltanto una legge "scientifica", ma anche una norma "logica" e "spirituale".
E pure "biblica"!
***
Ed infatti, come tu stesso scrivi, nel racconto biblico Dio non crea il mondo "dal nulla", bensì dalla (con la) sua parola-logos; la quale, quindi, non è affatto un "nihil", ma appunto una "epifenomenazione" di se stesso.
Il Logos, infatti, non era "di Dio", ma, come dice Giovanni "era Dio stesso"; e, poichè, ovviamente Dio non può "creare se stesso", dire -per semplicità espositiva- che "creò" il mondo, significa solo che "manifestò se stesso" nella "molteplicità" fenomenica del mondo visibile.
***
Quanto al fatto che la manifestazione dell'"Uno come molteplice" (inteso come distinto ma non separato, come nel caso dell'onda/mare) sia un'"eresia",  ti faccio notare che le "eresie":
- non riguardano affatto i libri sacri in quanto tali, che ciascuno può interpretare come meglio crede;
- riguardano, invece, le interpretazioni dei libri sacri diverse da quelle ufficialmente accolte dalla Chiesa Cattolica.
***
In tal senso, non metto affatto in dubbio che la mia interpretazione possa ritenersi "eretica":
- ma non nel senso che disattende le scritture;
- bensì solo nel senso che, almeno per certi aspetti, disattende l'interpretazione che ne dà la Chiesa.
***
Al riguardo, se non ricordo male, Gesù ordinò: "Non vi fate chiamare 'padre'...poiché uno solo è il vostro 'padre', quello celeste".(Matteo 23, 8-10).
Però, a cominciare dal papa (che, in greco vuol dire "padre"), tutti i preti non si fanno scrupolo di farsi chiamare "padre"!
Chi è l'eretico rispetto alle scritture, allora?
Loro che si fanno chiamare "padre" a dispetto del vangelo, oppure io che mi rifiuto di chiamarli così?
***
Quanto al fatto che la mia concezione, di primo acchito, possa sembrare "panteista", ti do atto che, in effetti,  si possa facilmente cadere in tale equivoco; ma, in realtà, non è affatto così, neanche lontanamente.
Ed infatti, secondo l'enciclopedia Treccani,  è "panteista", ogni dottrina che consideri divina la totalità delle cose e che identifichi la divinità con il mondo; la quale concezione è completamente distante dalla mia.
Altrimenti, dovrebbe considerarsi "panteista" ed "eretico" anche San Paolo, il quale testualmente scrisse che "Deus est omnia in omnibus" (Epistola ai Colossesi 3, 11); il che corrisponde esattamente alla mia mia concezione.
***
Quanto al fatto che il "tutto è uno" orientaleggiante sia poco affine alla predicazione di Cristo, a parte il passo di San Paolo di cui sopra, avevo già ricordato anche il passo nel quale Gesù pregò dicendo: "Che siano tutti UNO; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché siano UNO come noi siamo UNO" (Atti 20:28).
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"Chi ha orecchi per intendere, intenda"(Luca, 14, 35)
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Un saluto! :)
***
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 20 Giugno 2021, 15:42:16 PM
Citazione di: Eutidemo il 20 Giugno 2021, 14:38:55 PM
Il Logos, infatti, non era "di Dio", ma, come dice Giovanni "era Dio stesso"; e, poichè, ovviamente Dio non può "creare se stesso", dire -per semplicità espositiva- che "creò" il mondo, significa solo che "manifestò se stesso" nella "molteplicità" fenomenica del mondo visibile.
"Dio creò il mondo" può anche significare semplicemente che lo creò usando la sua parola ("dalla" sua parola) che in quanto parola di un dio può produrre effetti che quella dell'uomo non ha, come appunto il creare qualcosa di totalmente differente e indipendente da ciò che lo crea (i principi della termodinamica erano ignoti all'epoca, forse, in ambito religioso, c'erano quelli delle sefirot; senza voler sminuire Lucrezio). Sostenere che "Dio manifestò se stesso nella molteplicità fenomenica del mondo visibile" pone il suddetto problema (dal retrogusto medievale, lo ammetto) della sostanza e della eventuale consustanzialità: se Dio non crea il mondo e l'uomo dotati di una sostanza differente dalla sua, allora tutto è ontologicamente Dio (come le onde sono "consustanziali" al mare). Ipotesi che sbriciolerebbe molti capisaldi della dottrina cristiana; sbriciolamento, come detto, che è eretico «almeno se si resta fedeli alla narrativa biblica ed evangelica»(autocit.), "restare" che può essere parte della deontologia filologica ed esegetica, ma non è un vincolo inscindibile (come dimostra la storia della chiesa e, più in piccolo, questa nostra stessa conversazione).
La preghiera di Gesù sull'"esser uno" (non l'ho trovata in Atti 20:28, ma in Giovanni 17,20-23) non descrive la condizione di unità (come forse propone san Paolo), ma la auspica pregando Dio (il che significa che tale unità non era/è già in atto) affinché tale "unità universal-metafisica" venga raggiunta in futuro (o nel regno dei cieli?). D'altronde, affinché sia possibile (almeno nel cristianesimo "standard") sostenere tematiche come il peccato, la tentazione, la redenzione, il perdono, etc. è necessario che ci sia differenza sostanziale fra le creature e il creatore, fra l'imperfezione e la perfezione, fra la possibilità del male come peccato e l'assenza assoluta di male (in quanto sommo Bene), etc.

P.s.
Credo che nell'esegesi di un corpus di testi vasti e complessi, per distillarne una dottrina più coerente possibile, sia necessario filtrare i passi che appaiono spuri e in contraddizione con gran parte degli altri, altrimenti ci si incaglia nell'"indecidibilità" e la dottrina diventa un "rorschach" (il buon Abelardo ne trattò a fondo nel suo «Sic et non», che tuttavia non intende sdoganare l'anarchia esegetica per rendere autorevoli cristianesimi fai-da-te basati su singoli passi  tratti ad hoc dai testi; il che non è certo un rimprovero, così come l'eventuale esito panteista di certe posizioni non è oggetto di mio biasimo, per quel che vale).
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 20 Giugno 2021, 17:18:18 PM
Citazione di: Eutidemo il 20 Giugno 2021, 14:38:55 PM
Altrimenti, dovrebbe considerarsi "panteista" ed "eretico" anche San Paolo, il quale testualmente scrisse che "Deus est omnia in omnibus" (Epistola ai Colossesi 3, 11)
Non sono affatto esperto né di Bibbia né di San Paolo, ma pare che un altro testo dica «ut sit Deus omnia in omnibus», ovvero "affinché sia...", con la stessa prospettiva di attesa del futuro segnalata sopra riguardo l'invocazione di Gesù sull'"essere uno"; tensione verso il futuro ancora più credibile se consideriamo che il passo parla con toni escatologici: «E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti» (1 Corinzi 15, 28).
In Colossesi 3, 11 e in Galati 3, 28 l'unità viene riferita a Gesù (non a Dio), ma non è un'unità sostanziale (difficile possa esserlo, trattandosi di un'unità acquisita con la conversione e il battesimo); quindi ontologicamente resterebbe la differenza fra Dio e il creato, con Gesù che cerca di riunificare nella fede (non nella sostanza) le genti (almeno per quello che mi pare di capire, dovrei chiedere lumi ad Abelardo...).
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 21 Giugno 2021, 06:30:55 AM
Ciao Phil. :)
Dio, naturalmente, "non parla", essendo privo sia di lingua, sia di corde vocali, sia di laringe, nonchè, ovviamente, dei centri di Broca e di Wernicke per la composizione del del pensiero linguistico; per cui, quando accenniamo alla "parola di Dio", non possiamo farlo se non in senso prettamente "metaforico".
Ne consegue che tale senso varia notevolmente a seconda delle diverse "esegesi" che ciascuno di noi intende dare al proemio del Vangelo di Giovanni; e la mia vale come quella di chiunque altro, nè più nè meno!
***
Quanto al fatto che "Dio creò il mondo", Giovanni scrive:
"πάντα δι᾽αὐτοῦ ἐγένετο"
Ora:
- "πάντα" vuol dire "tutte le cose";
- "δι᾽αὐτοῦ" vuol dire per mezzo di lui;
- "ἐγένετο" è l'indicativo aoristo del verbo γίγνομαι, che non significa affatto nè essere "fatto" nè essere "creato" (per i quali si usa il verbo "ποιέειν"), sebbene "essere" o "venire ad essere" o "essere generato".
E mentre ciò che è "creato", come giustamente scrivi tu, è qualcosa di totalmente differente e indipendente da ciò che lo crea, ciò che, invece, viene "generato" (vedi radice "γέν", cioè "gen") è della stessa sostanza di ciò che lo genera.
***
Per cui, come correttamente hai scritto, se Dio non crea il mondo e l'uomo dotati di una sostanza differente dalla sua, allora tutto è "ontologicamente" Dio; così come, appunto, le onde sono "consustanziali" al mare.
Tuttavia, a differenza di alcune concezioni orientali, bada bene che, almeno secondo la mia concezione (e non solo la mia), le onde non sono affatto delle mere "illusioni" o "miraggi", bensì sono semplicemente delle "manifestazioni" del mare, e, quindi, sono concettualmente diverse da lui, ed hanno individuali comportamenti "ondivaghi": ed infatti, tu non diresti mai che "il mare ha rovesciato una barca", bensì diresti che ""quell'onda ha rovesciato una barca".
Allo stesso modo, io dico che "Caio ha ucciso Tizio", ma non certo che "Dio ha ucciso Dio"!
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Quanto al fatto che la mia ipotesi sbriciolerebbe alcuni capisaldi della dottrina "cristiana", forse sarebbe più corretto dire che (forse) sbriciolerebbe alcuni dogmi della confessione "cattolica"; il che credo che sia  un po' diverso.
E, secondo me, è vero solo in parte!
***
Quanto alla circostanza che la preghiera di Gesù sull'"esser uno", non descriva una "condizione di unità in atto", ma soltanto "in potenza",  auspicando che tale "unità universal-metafisica" possa essere "spiritualmente" raggiunta da tutti soltanto dopo la morte, sono perfettamente d'accordo con te; ed infatti è "esattamente" quello che avevo scritto io, altrimenti saremmo tutti dei Gesù viventi!
Lo stesso dicasi per il passo di San Paolo, di cui tu parli nel tuo successivo post!
***
Ed infatti, io avevo scritto (come pure aveva notato San Bernardo) che soltanto  in Gesù, di tanto in tanto, si verificava, da vivo, una sorta di "corto circuito" ontologico tra:
- il suo ESISTERE quale singolo individuo con "nome e patronimico" (Yeshua Ben Youssef);
- il suo ESSERE, il quale, ovviamente "sottende tutti e tutto", e non solo lui (IO SONO).
Però avevo anche scritto che "solo Lui", in modo assolutamente incomprensibile per chiunque, riuscì a "realizzarlo ontologicamente" DA VIVO; la differenza con gli altri uomini, e tutta qui.
***
Ed infatti Dio disse a Mosè "Nessun uomo può vedere il volto di Dio e restare vivo!". (Esodo, cap. 33); ed infatti, nel momento in cui un uomo "vede il volto di Dio", e si rende conto che è "il suo stesso volto", non può far altro che morire, cioè "estinguersi" come individuo!
Meister Eckhart, al riguardo, scrisse "L'occhio nel quale io vedo Dio è lo stesso occhio in cui Dio mi vede!".
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Hai anche ragione nel dire che, affinché sia possibile (almeno nel cristianesimo "devozionale" e "pastorale") sostenere tematiche come il peccato, la tentazione, la redenzione, il perdono, etc. è necessario che ci sia differenza sostanziale fra le creature e il creatore, fra l'imperfezione e la perfezione, fra la possibilità del male come peccato e l'assenza assoluta di male (in quanto sommo Bene), etc.
Ma, anche in questo caso, tutto dipende dal tipo di "approccio" alle scritture, e dal significato che attribuiamo alle parole.
***
Ed infatti, per tornare al mio esempio dei frammenti di specchio che riflettono il sole, fermo restando che il sole li illumina tutti allo stesso modo, è naturale che. se alcuni frammenti sono sporchi o appannati, quelli, il sole lo riflettono meno.
Questo è il mio concetto di "peccato"!
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Un saluto! :)
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Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 21 Giugno 2021, 13:25:37 PM
Citazione di: Eutidemo il 21 Giugno 2021, 06:30:55 AM
Dio, naturalmente, "non parla", essendo privo sia di lingua, sia di corde vocali, sia di laringe, nonchè, ovviamente, dei centri di Broca e di Wernicke per la composizione del del pensiero linguistico; per cui, quando accenniamo alla "parola di Dio", non possiamo farlo se non in senso prettamente "metaforico".
Per ritenere "naturale" che Dio sia privo di lingua o altro, dovremmo conoscerlo e aver verificato tale assenza; purtroppo (o per fortuna) trattandosi di una divinità, non possiamo escludere che "naturalmente" sia in grado di parlare anche senza lingua, laringe, etc. perché, proprio in quanto divinità, non è necessario sottostia ai limiti e vincoli della biologia umana (questo è il paradosso di ogni teologia negativa: considerare vera la negazione degli attributi umani alla divinità, senza aver verificato tale assenza, seguendo una "deduzione" che funzionerebbe solo per gli umani, applicandola indebitamente a ciò che, per umana definizione, umano non è e che in onestà si afferma di non conoscere, sebbene se ne postuli l'esistenza definendone alcuni caratteri; affermare che esiste qualcosa di non umano non comporta che ciò debba necessariamente non avere assolutamente niente di umano... ma questa "affermazione del negativo che presuppone l'affermazione del positivo" è un paradosso, o meglio un circolo vizioso teo-logico nettamente off topic).
Da un punto di vista dottrinale, se venisse meno la voce diretta di Dio, non metaforica bensì fonetica ed udibile, gran parte della Bibbia (dieci comandamenti, citazioni da discorsi con Mosè, etc.) perderebbe di fondamento e lo stesso concetto di "religione rivelata" si indebolirebbe, restando giustificata solo dalla voce umana (fonetica ed udibile) di un predicatore autoproclamatosi figlio di Dio (caso forse non unico a quei tempi... e dopo).

Citazione di: Eutidemo il 21 Giugno 2021, 06:30:55 AM
Per cui, come correttamente hai scritto, se Dio non crea il mondo e l'uomo dotati di una sostanza differente dalla sua, allora tutto è "ontologicamente" Dio; così come, appunto, le onde sono "consustanziali" al mare.
Tuttavia, a differenza di alcune concezioni orientali, bada bene che, almeno secondo la mia concezione (e non solo la mia), le onde non sono affatto delle mere "illusioni" o "miraggi", bensì sono semplicemente delle "manifestazioni" del mare, e, quindi, sono concettualmente diverse da lui, ed hanno individuali comportamenti "ondivaghi": ed infatti, tu non diresti mai che "il mare ha rovesciato una barca", bensì diresti che ""quell'onda ha rovesciato una barca".
Oltre che di «manifestazione» e di «differenza concettuale», l'ontologia religiosa è fatta anche di sostanza, e la questione della sostanza unica non mi sembra compatibile con la religione cristiana (almeno, come detto, quella "standard"), perché il fatto che le onde e il mare siano entrambi fatti di acqua non è affatto un problema ontologico, mentre, se la sostanza di Dio è la medesima del creato, allora viene meno la differenza ontologica fra divino ed umano (che è l'a priori fondamentale di tutte le religioni occidentali), da cui mi pare derivi, con effetto domino, l'inconsistenza di gran parte della dottrina cristiana, cattolica, ortodossa, etc. (i cui ministri, infatti, non credo affermino o insegnino che gli uomini siano consustanziali a Dio; al massimo la consustanzialità può essere quella di Cristo, in quanto parte della trinità e anche in questo caso, se non erro, ci sono state migliaia di pagine di dibattito teologico).
Se invece si fa di Dio un "sinonimo laico" dell'Essere, spogliandolo degli aspetti dottrinali e cultuali (creazione del mondo, giudizio post-mortem, predilezione per gli uomini, etc.) il supporto dei testi biblici è tanto rilevante quanto quello di un qualunque altro testo di altra religione o di esoterismo, interpretato in chiave non religioso-dottrinale ma ontologica (per quello che è l'ontologia nel 2021, ma anche questo è un altro topic).

Citazione di: Eutidemo il 21 Giugno 2021, 06:30:55 AM
Quanto alla circostanza che la preghiera di Gesù sull'"esser uno", non descriva una "condizione di unità in atto", ma soltanto "in potenza",  auspicando che tale "unità universal-metafisica" possa essere "spiritualmente" raggiunta da tutti soltanto dopo la morte, sono perfettamente d'accordo con te; ed infatti è "esattamente" quello che avevo scritto io, altrimenti saremmo tutti dei Gesù viventi!
Lo stesso dicasi per il passo di San Paolo, di cui tu parli nel tuo successivo post!
Quindi concordiamo che non è esatto che «Deus est omnia in omnibus»(cit.), ma tale eventuale compresenza/unità/ricongiunzione "totalizzante" (omnia in omnibus) è semmai da rinviare nel futuro, e quindi, proprio in virtù della differenza ontologica fra la fonte di luce e gli specchi che la riflettono, non siamo onde nel mare di Dio, bensì ben altra "acqua" che attende di evaporare per (ri)unirsi al cielo da cui è piovuta (per dirlo metaforicamente, senza voler insinuare una visione ciclica di nascita/morte, decisamente poco cristiana).
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: viator il 21 Giugno 2021, 17:25:26 PM
Salve phil. Citandoti : "Da un punto di vista dottrinale, se venisse meno la voce diretta di Dio, non metaforica bensì fonetica ed udibile, gran parte della Bibbia (dieci comandamenti, citazioni  discorsi con Mosè, etc.) perderebbe di fondamento e lo stesso concetto di "religione rivelata" si indebolirebbe, restando giustificata solo dalla voce umana (fonetica ed udibile) di un predicatore autoproclamatosi figlio di Dio (c forse non unico a quei tempi... e dopo)".



E perchè  mai la Bibbia - se narrazione di fatti accaduti - dovrebbe perdere credibilità a seguito di una constatata od ipotizzata voce (fonetica) di Dio ?.Se Dio ha espresso una propria volontà e la Bibbia l'ha registrata...........il senso che avrà fatto testo sarà l'udito di chi l'ha ascoltata e non la voce di chi  l'abbia pronunciata.........
D'altra parte la storia umana è piena di esempi di persone le quali hanno udito delle voci ed hanno prontamente uniformato la propria esistenza a ciò che le voci raccontavano loro. Saluti.


Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 21 Giugno 2021, 17:50:24 PM
Citazione di: viator il 21 Giugno 2021, 17:25:26 PM
E perchè  mai la Bibbia - se narrazione di fatti accaduti - dovrebbe perdere credibilità a seguito di una constatata od ipotizzata voce (fonetica) di Dio ?.
Con «se venisse meno la voce diretta di Dio, non metaforica bensì fonetica ed udibile»(autocit.) mi riferisco a quando Eutidemo afferma che Dio non abbia parlato davvero, non avendo corde vocali, etc. e dunque «quando accenniamo alla "parola di Dio", non possiamo farlo se non in senso prettamente "metaforico"»(cit. Eutidemo). Detto altrimenti: se non si crede che Dio abbia parlato vocalmente con i suoi interlocutori, usando una lingua che essi potessero comprendere, allora tutti i passi biblici in cui è scritto «e Dio disse...» non descrivono la voce/parola di Dio (e la sua volontà o azione che tale voce conteneva), con ripercussioni dottrinali piuttosto destabilizzanti in termini di solidità e credibilità (ad esempio, se sia stato Dio a dettare vocalmente i comandamenti a Mosè, o se questa sia solo una metafora per alludere ad un'ispirazione divina del profeta, segna la differenza, teologicamente non trascurabile, fra una religione rivelata ed una no; altra differenza rilevante sarebbe quella fra la scrittura dei comandamenti da parte del "dito di Dio" o quella del "dito umano"; tutte differenze, quelle fra azione-divina/azione-umana, interne alla fede e ai suoi fondamenti, ovviamente).
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Alexander il 21 Giugno 2021, 20:50:40 PM
Buonasera a tutti


Dio parla all'uomo soprattutto attraverso il sogno. Ne dà una bella descrizione il libro di Giobbe:


Iddio parla, bensì, una volta ed anche due, ma l'uomo non ci bada; parla per via di sogni, di visioni notturne, quando un sonno profondo cade sui mortali, quando sui loro letti essi giacciono assopiti; allora egli apre i loro orecchi e dà loro in segreto degli ammonimenti, per distoglier l'uomo dal suo modo d'agire e tener lungi da lui la superbia; per salvargli l'anima dalla fossa, la vita dal dardo mortale. (Giobbe 33:14-18)
altre descrizioni:


Abramo cadde in un profondo sonno durante il quale Dio gli preannunciò che i suoi discendenti avrebbero dimorato come stranieri in un paese non loro, e vi sarebbero stati schiavi per quattrocento anni, e dopo Dio avrebbe giudicato quella nazione di cui sarebbero stati schiavi ed essi se ne sarebbero partiti con grandi ricchezze (Genesi 15:12-16).
Dio venne di notte in un sogno al re Abimelec per dirgli che la donna che si era presa, ovvero Sara, aveva marito e perciò la doveva restituire ad Abramo: nel caso non l'avesse restituita egli sarebbe morto con tutto il suo casato (Genesi 20:1-7).
Giacobbe ebbe un sogno mentre andava verso Charan, in cui vide una scala appoggiata sulla terra, la cui cima toccava il cielo, e gli  angeli di Dio che salivano e scendevano per la scala, ed il Signore gli parlò (Genesi 28:10-22). Giuseppe, figlio di Giacobbe, ebbe dei sogni in cui Dio gli preannunciò che i suoi fratelli si sarebbero un giorno prostrati davanti a lui (Genesi 37:5-11). Il re Salomone ebbe un sogno in cui gli apparve Dio e gli chiese di domandargli quello che voleva e il figlio di Davide gli chiese la capacità di distinguere il bene dal male (1 Re 3:4-15).
  Nabucodonosor II, re di Babilonia, ebbe un sogno in cui il Signore gli mostrò i regni che si sarebbero succeduti dopo il suo (Daniele 2:1-49), questo sogno gli fu interpretato dal profeta Daniele. Sempre questo re ebbe un sogno in cui Dio gli mostrò il giudizio che avrebbe eseguito su di lui per essersi inorgoglito in cuore suo (Daniele 4:1-37), anche in questo caso il sogno fu interpretato da Daniele.

In generale, in tutto l'Antico Testamento, i profeti e sognatori sono menzionati insieme a causa della connessione tra profezia e sogni (1 Samuele 28:6; Deuteronomio 13:2-4; Geremia 23:25-32).
  Nel Nuovo Testamento l'azione di Dio viene ancora in risalto e confermata tramite le visioni notturne.



Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 23 Giugno 2021, 06:35:32 AM
Ciao Phil. :)
Non è affatto vero che, per ritenere "naturale" che Dio sia privo di lingua o altro, dovremmo necessariamente conoscerlo e aver verificato tale assenza; o devi forse necessariamente costringermi ad aprire la mano chiusa a pugno, per essere sicuro che essa non contiene un Boeing 747 ?
Cerchiamo di attenerci ad un minimo di buon senso!
;)
***
Ed infatti:
- un conto è non sapere quel che una cosa sia;
- un altro conto, invece, è sapere quel che una cosa non può essere.
Voglio dire che noi non possiamo sapere in alcun modo, con certezza, cosa sia Dio; ma, sicuramente, possiamo sapere cosa non è!
Ad esempio, dubito fortemente che Dio sia una torta al limone!
:D
***
Quanto al discorso "paralogistico", che spesso sento fare, e, cioè che "non possiamo escludere che Dio sia in grado di parlare anche senza lingua, laringe, etc. perché, proprio in quanto divinità, non è necessario che sottostia ai limiti e vincoli della biologia umana", è evidente che si tratta di un mero trucco verbale di carattere sofistico.
Ed infatti, allo stesso modo, non possiamo neanche escludere che Dio faccia la cacca tutte le mattine, sebbene sia privo si intestino, sfintere etc. perché, proprio in quanto divinità, non è necessario sottostia ai limiti e vincoli della biologia umana.
Mio caro, i due ragionamenti: "Simul stabunt aut simul cadent!"
***
Se poi vogliamo tornare a credere agli dei pagani, che facevano sesso tra le nuvole, allora è tutto un altro discorso!
::)
***
Il tuo seguente ragionamento, pertanto, almeno dal mio punto di vista, non è assolutamente condivisibile; ed infatti, sinceramente, trovo del tutto assurdo che non si possano negare attributi umani alla divinità, senza aver prima verificato la loro assenza, sia che si tratti di attributi "antropomorfici" (fisici), sia  che si tratti di attributi "antropopatetici" (psicologici).
Ed infatti:
- così come trovo molto poco plausibile che Dio abbia dei "piedi", trattandosi di un requisito evolutivo maturato per ragioni di sopravvivenza da alcuni primati "ominoidi" nella savana etiopica milioni di anni fa;
- allo stesso modo trovo molto poco plausibile che Dio possa "adirarsi", trattandosi di un requisito evolutivo molto più antico, maturato per ragioni di sopravvivenza nel "cervello mammifero", centinaia di milioni di anni fa.
***
Più in dettaglio, per quanto riguarda l'"ira", studi neuroanatomici indicano che nella collera intervengono, rafforzandosi e facendo anche da contrappeso fra loro, differenti regioni del cervello, inclusi i tessuti del sistema limbico tra cui l'amigdala, che scatenano l'ira; la corteccia prefrontale, invece, svolge una funzione regolatrice e moderatrice dell'impulso.
***
Si tratta pur sempre di meccanismi psichici di carattere evolutivo, i quali, salvo a non voler ipotizzare che anche Dio si sia evoluto nella savana, non hanno alcun senso se riferiti a lui; sarebbe come dire che anche lui discende dalle scimmie (o meglio, che, come noi, sia "tassonomicamente" una scimmia).
Mille o duemila anni fa, ci si poteva anche credere, ma, oggi, è semplicemente ridicolo anche soltanto supporlo!
***
Affermare che esiste qualcosa di "non umano" comporta sicuramente che ciò debba necessariamente non avere assolutamente "niente di umano", quantomeno sotto il profilo fisico e psicologico.
Il che, ovviamente, non significa che esseri "non umani" come i ramarri, anche loro "qualcosa di umano" possano avercela; per esempio una testa e quattro arti.
Ma non mi sembra molto plausibile che Dio sia un ramarro (sebbene alcuni aborigeni australiani lo venerino come tale).
***
Tu dici che l"affermazione del negativo che presuppone l'affermazione del positivo" è un paradosso, o meglio un circolo vizioso teo-logico; ed invece proprio il tuo è un paradosso, o meglio un circolo vizioso teo-logico.
Ed infatti affermare che gli uomini non hanno la coda (affermazione del negativo),  presuppone senz'altro che altri animali, come cani e gatti, ce l'abbiano (affermazione del positivo); ma non vedo che cosa ci sia di "paradossale", in tutto questo!
:)
***
Hai invece senz'altro ragione nel sostenere che, da un punto di vista "dottrinale tradizionale", se venisse meno la voce diretta di Dio, non metaforica bensì fonetica ed udibile, gran parte di come la Bibbia viene "ingenuamente" letta (dieci comandamenti, citazioni da discorsi con Mosè, etc.) perderebbe di fondamento; e lo stesso concetto "tradizionale" di "religione rivelata" si indebolirebbe, restando giustificata solo dalla voce umana (fonetica ed udibile, sebbene "de relato") di un predicatore autoproclamatosi figlio di Dio.
Ad ogni modo, tieni presente che Gesù disse che pure tutti gli altri uomini erano "figli di Dio", e destinati a divenire UNO con Lui; o meglio, "a rendersi conto di esserlo" solo dopo morti, perchè UNO con Lui già lo erano (come lo sono e lo saranno gli uomini di oggi).
***
Quanto al fatto che, secondo te "l'ontologia religiosa è fatta anche di sostanza, e la questione della sostanza unica non ti sembra compatibile con la religione cristiana".
Al riguardo, ti invito a riflettere sul fatto che il termine "sostanza" è etimologicamente composto da "sub" (sotto) e "stantia" (sopra), per cui:
- "sub" è l'ESSERE che sottende tutte le cose esistenti;
- "stantia"  sono le cose che sono "supp(sub)ortate" dell'ESSERE.
***
Sebbene, nello scritto "Itinerarium mentis in Deum", San Bonaventura, raffinando molto meglio il concetto di quanto io non abbia rozzamente fatto qui, rinvia in V 8 alla proposizione neoplatonicamente fondata di Boezio "Stabile manens moveri dat universa" (Cons. III metro 9); e, ancora, più   acconciamente, più avanti, scrive che Dio è:
- intra omnia non inclusum;
- extra omnia non exclusum;
- supra omnia non elatum;
- infra omnia, non prostratum.
Proposizione, questa, che corrisponde alla concezione neoplatonica del rapporto di "immanenza" e "trascendenza", non molto diversa da quella che ho io; se questo può tranquillizzarti circa l'ortodossia delle mie proposizioni (alla quale, peraltro, non tengo minimamente).
***
Per concludere, vedo che tu continui ad equivocare quello che scrivo; o meglio, probabilmente non sei tu ad equivocare, ma sono io a non esprimermi con sufficiente chiarezza.
Ed infatti, con riferimento al passo di San Paolo "Deus est omnia in omnibus", noi due non concordiamo affatto sulla circostanza che noi non siamo onde nel mare di Dio, bensì ben altra "acqua" che attende di evaporare per (ri)unirsi al cielo da cui è piovuta; a meno che non vogliamo considerare che lo stesso mare è acqua piovuta dal cielo, per cui non si tratta affatto di altra "acqua", ma sempre della stessa acqua dell'ESSERE!
Ad ogni modo, anche la tua è una legittima interpretazione, sia delle scritture che della realtà, ma non corrisponde affatto a quello che ho scritto io; sebbene non nego che qualche punto in comune ci sia.
***
Però io non ho mai scritto che tale unità sia da rinviare nel futuro, perchè già adesso noi "siamo Dio"; nè potrebbe "essere" altrimenti, visto l'"Essere" che è in noi!
Io ho scritto, come da te correttamente riportato, che la preghiera di Gesù sull'"esser uno", non descrive una "condizione di unità in atto", ma soltanto "in potenza",  auspicando che tale "unità universal-metafisica" possa essere "spiritualmente" (cioè "coscienzialmente") raggiunta da tutti soltanto dopo la morte.
Ed infatti, per spiegarmi meglio, avevo anche ricordato che Dio disse a Mosè "Nessun uomo può vedere il volto di Dio e restare vivo!". (Esodo, cap. 33); ed infatti, nel momento in cui un uomo "vede il volto di Dio", e si rende conto che è "il suo stesso volto", non può far altro che morire, cioè "estinguersi" come individuo!
***
Un saluto! :)
***
Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Ipazia il 23 Giugno 2021, 09:43:04 AM
I sogni sono un ottimo argomento antropologico sulla nascita del trascendente. Almeno fino all'arrivo di Freud.

La difficoltà di sussumere il molteplice dell'evidenza naturale all'Uno della speculazione religiosa è insormontabile per le religioni dell'ammmore, cristiana e maomettana, vista la parte lercia del molteplice che dovrebbe essere "trattata". Anche redenzioni, martiri e latinorum sembrano di scarsa efficacia.

Meno contraddittorie le religioni popolate di numi con le stesse magagne degli umani, eccetto una: la morte.  Col che si impatta su un'altra legge della genetica religiosa. La più importante: anche la lingua religiosa, qualunque essa sia, batte dove il dente duole.
Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 23 Giugno 2021, 10:13:53 AM
@Eutidemo
La precisazione fondamentale del mio discorso riguardo le deduzioni negative circa le caratteristiche di Dio, è in sintesi questa: «una "deduzione" che funzionerebbe solo per gli umani, applicandola indebitamente a ciò che, per umana definizione, umano non è»(autocit.). Nella mia mano chiusa non può esserci un Boeing 747 perché sono umano, in quella chiusa di Dio potrebbe esserci un intero cosmo (semmai Dio abbia mani), proprio perché i ragionamenti e le deduzioni umane non necessariamente si applicano alla divinità (e ancor meno le spiegazioni biologico-evoluzionistiche, direi). Chiaramente bisogna intendersi su come si descrive tale divinità, e stando a ciò che è scritto nella Bibbia, se la divinità ha creato il mondo solo parlando, la sua incarnazione può comunque resuscitare i morti e compiere altri miracoli, etc. dire cosa la divinità biblica (non una divinità fai-da-te) non possa fare o essere, porle dei limiti, è un azzardo che non trova riscontro né nelle scritture, né, ovviamente, in alcuna evidenza empirica dirimente.
Secondo me, tutta l'identificazione della divinità parte dalle domande: cosa sappiamo di Dio? Da quali fonti? Ogni eventuale descrizione o deduzione umana, per esser sensata, deve render conto di tali risposte, anche se si basa sulla fede (per quanto sia sempre possibile fare un "patchwork teologico", ma allora il valore "veritativo" dei testi sacri diventa piuttosto relativo).
Il fatto che Dio possa aver parlato (o parlare) anche senza corde vocali, etc. può anche essere inteso come «un trucco verbale di carattere sofistico»(cit.), l'importante è trarne poi le debite conseguenze alla luce delle suddette domande (non mi interessa discutere circa l'esistenza di Dio, i paradossi della teologia negativa, etc. ho solo voluto chiarire quale era "lo spirito" del mio discorso nel tratteggiare l'eventuale differenza ontologica dio/uomo).

P.s.
Se
Citazione di: Eutidemo il 23 Giugno 2021, 06:35:32 AM
Dio è:
- intra omnia non inclusum;
- extra omnia non exclusum;
- supra omnia non elatum;
- infra omnia, non prostratum.
Proposizione, questa, che corrisponde alla concezione neoplatonica del rapporto di "immanenza" e "trascendenza", non molto diversa da quella che ho io;
allora affermare che
Citazione di: Eutidemo il 23 Giugno 2021, 06:35:32 AM
già adesso noi "siamo Dio"; nè potrebbe "essere" altrimenti, visto l'"Essere" che è in noi!
non comporta forse una certa "elasticità esegetica" nel descrivere cosa Dio sia e quale sia la sua sostanza?
Inoltre come interpretare questo:
Citazione di: Eutidemo il 23 Giugno 2021, 06:35:32 AM
per spiegarmi meglio, avevo anche ricordato che Dio disse a Mosè "Nessun uomo può vedere il volto di Dio e restare vivo!". (Esodo, cap. 33); ed infatti, nel momento in cui un uomo "vede il volto di Dio", e si rende conto che è "il suo stesso volto", non può far altro che morire, cioè "estinguersi" come individuo!
alla luce della convinzione che Dio non abbia potuto parlare davvero a Mosè essendo privo di corde vocali, etc.? Secondo quale deduzione umana (tolta dai giochi la "voce divina") il "volto di Dio" corrisponde al "volto" umano e la sua "visione" porta all'"estinzione" come individui?

P.p.s.
Citazione di: Eutidemo il 23 Giugno 2021, 06:35:32 AM
con riferimento al passo di San Paolo "Deus est omnia in omnibus"
Credo che il passo da San Paolo (Epistola ai Colossesi 3, 11), come già segnalato, parli di «Cristo» non di «Dio» (fonte).
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Alexander il 23 Giugno 2021, 10:51:24 AM
Dio è anche nel cane, ma non può essere un cane  :)
Suppongo che anche nell'antichità questo Dio parlasse attraverso la voce degli uomini, nei loro sogni e nelle loro intuizioni spirituali che poi prendevano forma letteraria o scolpite su tavole di pietra.
C'è una bella canzone che cantano in chiesa che dice proprio così:


Dio non ha mani, ha solo le nostre mani...
Dio non ha voce ha solo la nostra voce...ecc


E' una grande responsabilità il pensiero di essere voce che porta consolazione, vicinanza, speranza, ecc.


Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 23 Giugno 2021, 11:43:25 AM
Ciao Phil.
Vedo che proprio non riesco a spiegarmi!
Il mio esempio del Boeing 747 che non può essere rinchiuso in una mano, era solo un esempio per dimostrarti una ovvietà logica: e, cioè, che il non poter sapere quel che io tengo chiuso nel pugno, non significa affatto che tu, invece, debba necessariamente ignorare quello che che non ci può stare (ad es. un Boeing 747).
***
Allo stesso modo, qualunque concezione si possa avere di Dio, ritengo altamente improbabile che possa fare la cacca tutte le mattine come noi; a meno che non ci si voglia arrampicare sugli specchi, sostenendo che non si tratta di "cacca umana", bensì di "cacca divina" (o "metafisica"), per defecare la quale non serve un apparato biologico umano.
In fondo, visto che Dio, secondo alcuni, può "magicamente" fare di tutto, perchè non dovrebbe poter fare anche la cacca?
Ed infatti, se è in grado emettere "parole" (in senso fonetico), sicuramente dovrebbe essere in grado di "emettere" anche altre cose, no?
E lo stesso discorso vale per l'ira, e tutto il resto!
***
Il fatto che nella mano di Dio possa esserci esserci un intero cosmo, comunque, non c'entra assolutamente NIENTE con il mio ragionamento esemplificativo; il quale non intendeva minimamente indagare quello che Dio può avere in mano, ma intendeva semplicemente evidenziare un difetto logico del tuo ragionamento!
***
Quanto al fatto che, come tu scrivi, "i ragionamenti e le deduzioni umane non necessariamente si applicano alla divinità", trovo alquanto contraddittorio che tu attribuisca a Dio funzioni corporali umane come parlare o fare la cacca (perchè non puoi presumere la possibilità dell'una, senza presumere la possibilità dell'altra), ma non le deduzioni umane al riguardo.
***
In ogni caso, se sostieni che i ragionamenti e le deduzioni umane non necessariamente si applicano alla divinità, come fai a dedurre che Dio parli e si adiri (come noi uomini)?
Non è forse una deduzione anche questa?
Va bene che tu lo deduci dal fatto che l'hanno scritto, tanto tempo fa, degli uomini come noi (magari leggermente più creduloni e ignoranti di noi); però, fino a prova contraria, Dio non si è mai affacciato di persona dalle nuvole, per dichiararlo espressamente davanti alle TV.
Le testimonianze "de relato", per me, hanno un valore molto "relativo"!
***
E' ovvio che le spiegazioni biologico-evoluzionistiche, non si attagliano a Dio; e proprio per questo io escludo che (qualunque cosa Dio possa essere) non può certo avere delle caratteristiche tipicamente umane, che l'uomo ha acquisito con l'evoluzione.
Sarebbe come sostenere che una saponetta possa avere caratteristiche umane!
***
Infine, tu parli dei "paradossi della teologia negativa", senza minimamente renderti conto dei "paradossi della teologia positiva";i quali sono di gran lunga maggiori, come sopra mi pare di avere bene evidenziato.
Per cui, almeno per quanto mi riguarda, io preferisco di gran lunga una lettura "spirituale" delle scritture, perchè, come ha sottolineato San Paolo  nella Seconda Lettera ai Corinzi  : "La lettera uccide, lo spirito vivifica".
***
In ogni caso, comprendo benissimo che si possano avere concezioni della divinità ben diverse dalla mia; ci mancherebbe altro.
***
Un saluto!
***
Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 23 Giugno 2021, 15:14:43 PM
@Eutidemo
Come ho "confessato" nel mio secondo post, sono ateo; ciò è certo irrilevante quando provo a praticare l'esegesi di un testo (anche se religioso) o quando approccio una posizione filosofica o teologica con un'attitudine ermeneutica, che, aspetto fondamentale, per me non è necessariamente quella veritativa (a differenza di altri approcci possibili). Nondimeno, avendo fatto "outing" sulla mia posizione, puoi facilmente intuire che non sono un araldo della teologia positiva, né che deduco che Dio abbia davvero parlato o si adiri, se per "deduzione" intendi credere ciò come vero, a prescindere dal contesto esegetico in cui siamo (quello dei testi biblici).
Se il terreno della nostra discussione sono alcuni passi della Bibbia o dei Vangeli (come nell'incipit del topic), nelle loro complessità e contraddizioni ("sic et non"), possiamo interpretarli avendo una base comune; se invece mi chiedi di interpretare il "vangelo secondo Eutidemo", dovrei prima leggerlo tutto e rifletterci un po' sopra. Quando mi appello al cristianesimo, e al suo conseguente sbriciolamento se vengono toccati alcuni suoi capisaldi (come la differenza ontologica, etc.), non lo faccio da credente che difende la sua verità, bensì da interprete che riconosce che una certa struttura dottrinale e concettuale, se privata di alcuni pilastri, non regge più, diventa altro, forse un'altra religione, forse un "cristianesimo 2.0", etc.
Le due famigerate domande che ho posto come fondamentali, trovano risposta (anche) nel cristianesimo; possono trovarla anche nel "vangelo secondo Eutidemo"? Certamente, basta decidere di quali testi (o posizioni) si sta parlando, fermo restando che la credibilità e la coerenza logica non sarà a priori equivalente, ma da saggiare con adeguata analisi e, appunto, domande.
Parlando di interpretazione:
Citazione di: Eutidemo il 23 Giugno 2021, 11:43:25 AM
non intendeva minimamente indagare quello che Dio può avere in mano, ma intendeva semplicemente evidenziare un difetto logico del tuo ragionamento
qual è tale difetto logico? Distinguere per sostanza, conoscibilità e potenzialità, l'essere-divino dall'esser-umano? Se è così, si tratta di un "difetto logico" basato tanto sul vocabolario quanto sulle principali tradizioni religiose occidentali (e che anche gli atei, quando si vestono da ermeneuti, non possono ignorare, se vogliano capire il senso di alcuni testi religiosi).
Ad esempio:
Citazione di: Eutidemo il 23 Giugno 2021, 11:43:25 AM
parlare o fare la cacca (perchè non puoi presumere la possibilità dell'una, senza presumere la possibilità dell'altra),
sarebbe contraddittorio affermare che un uomo, parli ma non defechi (in qualche modo), tuttavia, di nuovo, parlando di Dio a quale evidenza o deduzione ci appelliamo per ritenerlo impossibile (concetto che con Dio solitamente stona)? Se sosteniamo che Dio «non può certo avere delle caratteristiche tipicamente umane»(cit.), con una certezza che manca di prove (quindi epistemologicamente debole, ancor più se non si parla del mondo umano ma di una divinità) diamo una bella picconata alla credibilità di Cristo come incarnazione di Dio, all'immacolata concezione (poco affine alla biologia umana, direi), etc. e quindi iniziamo a fare "cherry picking" dai vangeli basandoci su... ma questo sarebbe un altro topic.
Se dubitiamo delle testimonianze "de relato" (puoi ben capire che con un ateo sfondi una porta spalancata, anzi, divelta) non ha troppo senso appellarsi poi ai testi religiosi per usarli in modo argomentativo, o addirittura veritativo, come auctoritas (Dio disse a Mosè... San Paolo ha detto... nel Vangelo è scritto... etc.). Inoltre, se partiamo del presupposto che «Dio non si è mai affacciato di persona dalle nuvole, per dichiararlo espressamente davanti alle TV»(cit.) forse tale presupposto non rispetta né la deontologia esegetica, né è ermeneuticamente fertile, nel rivolgersi a testi basati sulla fede nell'esistenza di un dio (e ricorda che non te lo dice un suo sfegatato sostenitore). Può essere invece un'osservazione utile per redigere il proprio vangelo.
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 24 Giugno 2021, 07:24:45 AM
Ciao Phil.
Lo credo bene che tu sia ateo (come lo ero io fino a qualche tempo fa); ed infatti, se l'unico modo di credere in Dio fosse quello di tipo "arcaico" e "tradizionale" da te propugnato come l'unico ammissibile, anche io tornerei ad essere ateo al 100%.
***
L'unico modo di poter credere in un qualcosa che, in senso molto "lato", possa chiamarsi Dio, almeno per me, è unicamente quello che ti ho prospettato.
Ma non nutro certezze assolute al riguardo!
***
Anche per me l'esegesi delle sacre scritture non è necessariamente quella "veritativa", perchè sono state scritte da uomini come noi; tuttavia mi ha sorpreso trovare in esse dei passi che sembrano davvero ispirati ad una concezione spirituale molto affine alla mia (nonchè a quella di altre religioni).
Tutto qui!
***
Mi fa molto piacere che tu non sia un araldo della teologia positiva, né che tu sia convinto che Dio abbia davvero parlato o si adiri; ed infatti trovo che cose del genere potevano benissimo risultare adeguate ad una concezione ancora "infantile" di Dio, quale era quella di un'umanità ancora "bambina".
Ed infatti, quando ero "bambino", ci credevo anche io, senza alcun problema; ma adesso che sono "vecchio", anche volendo, non potrei crederci mai!
***
Scriveva San Paolo: "Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato!"(1Corinzi 13).
Però San Paolo era un adulto in un'epoca in cui l'umanità era ancora molto bambina!
***
E' ovvio che il "vangelo secondo Eutidemo", vale solo per Eutidemo (sebbene, storicamente, anche dei santi l'abbiano interpretato in modo molto simile al mio); ma è ben lungi da me il pretendere che la mia sia l'unica lettura giusta.
E' giusta per me!
***
Però, quando tu dici di  appellarti al "cristianesimo", e al suo conseguente "sbriciolamento" se vengono toccati alcuni suoi capisaldi, forse sarebbe più corretto dire che tu ti appelli:
- non tanto al "cristianesimo" in quanto tale, quanto, piuttosto, al "cattolicesimo", che rappresenta solo uno dei modi in cui il "cristianesimo" può venire interpretato;
- inoltre, tu ti appelli soltanto ad un certo tipo di "cattolicesimo", il quale, a sua volta, è stato interpretato in modi molto diversi, sebbene conformi ai dogmi cattolici (nella loro evoluzione temporale).
***
Non ho qui nè lo spazio nè il tempo per riportati tutti quegli autori cattolici (molti dei quali santi), i quali hanno espresso concezioni molto simili alle mie; sebbene, specie in passato, con molta cautela, onde evitare di finire "flambè".
Solo per fare un esempio fra i tanti, ti riporto solo due o tre aforismi tratti dal "Pellegrino Cherubico", di Angelus Silesius, sulla cui ortodossia cattolica nessuno ha mai avuto niente da eccepire.
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***
Per cui se è vero che una certa struttura dottrinale e concettuale -controriformistica-, se privata di alcuni pilastri, non regge più, per quanto riguarda alcuni vetusti ed arcaici pilastri (o meglio, paraocchi) della confessione cattolica, se essi venissero finalmente abbattuti, secondo me, quella cattolica non diventerebbe affatto un'altra religione, ma, anzi, forse, tornerebbe ad essere un cristianesimo molto più autentico e "spirituale" di quanto oggi non sia.
Forse un "cristianesimo 12.0",  perchè la versione 2.0 è già superata da secoli!
***
Il difetto logico del tuo ragionamento non è affatto quello di "distinguere per sostanza, conoscibilità e potenzialità, l'essere-divino dall'esser-umano"; io non ho mai scritto una cosa del genere.
Il difetto logico del tuo ragionamento, invece, come ti ho ripetuto più volte, sta nell'ostinarti a non voler accettare che:
- un conto è non sapere quel che una cosa sia;
- un altro conto, invece, è sapere quel che una cosa non può essere.
Voglio dire che noi non possiamo sapere in alcun modo, con certezza, cosa sia Dio; ma, sicuramente, possiamo sapere cosa non è!
Ad esempio, dubito fortemente che Dio sia una torta al limone!
***
Ovviamente, non ti posso dimostrare in alcun modo che Dio non è una torta al limone, così come non sono in grado di dimostrarti che gli gnomi non esistono; anzi, a dirla tutta, non sarei neanche in grado di dimostrare che tu esisti realmente, perchè tutto potrebbe essere soltanto un sogno solipsistico.
Tuttavia, sebbene mi manchi nel modo più assoluto la "certezza" che tu esista realmente, non avendo io prove inconfutabili al riguardo (per cui la mia supposizione è epistemologicamente debole), come vedi, do egualmente per scontato che tu esisti realmente!
Almeno spero!
***
Allo stesso modo, qualunque cosa sia Dio, io do assolutamente per scontato che non sia dotato di caratteristiche fisiologiche e psicologiche umane, perchè crederlo (superati i 10 anni di età e il terzo millenio) sarebbe una cosa assolutamente priva di senso; ed infatti se determinate caratteristiche X si sono sviluppate nella funzione evolutiva di Y, qualora Z non sia un soggetto ad evoluzione genetica, non è possibile che sia anch'esso dotato delle caratteristiche X.
E, questo, a prescindere della circostanza che Z sia Dio o una torta al limone!
***
Ovviamente, se si concepisce Dio come un mix di Mandrake, di Nembo Kid e del Mago di Oz a potenza, avendone una visione di tipo "magico-primitivo", è ovvio che allora potrebbe fare qualsiasi cosa; non solo parlare e defecare, ma anche fare collezione di francobolli.
A dire il vero, in nessun modo io potrei mai dimostrarti il contrario!
***
Quanto alla picconata alla credibilità di Cristo come incarnazione di Dio, all'"immacolata concezione" (poco affine alla biologia umana, direi), etc., tutto dipende dal prendere alla "lettera" certe affermazioni, ovvero solo in senso "spirituale" (e, in alcuni casi, "metaforico"); personalmente, prese alla "lettera", a certe cose non ci crederei neanche se le vedessi.
***
Hai invece perfettamente ragione nel dire che, se dubitiamo delle testimonianze "de relato", non ha poi troppo senso appellarsi ai testi religiosi per usarli in modo argomentativo, o addirittura veritativo, come "auctoritas" (Dio disse a Mosè... San Paolo ha detto... nel Vangelo è scritto... etc.).
Ed infatti, io non ho mai inteso appellarmi ad essi nè in un senso nè nell'altro, nè  per l'"autorità" della fonte; ma, semmai, solo per " l'"autorevolezza" della fonte stessa (che è cosa ben diversa dal riconoscimento della sua '"autorità",come ben spiegò Ottaviano), e, comunque, solo nella misura in cui, in alcuni passi, io trovo assonanze con ciò che io stesso sono portato a credere.
E sono portato a crederci fondamentalmente per due motivi:
1°)
Perchè, leggendo vari testi di religioni diverse, e sfrondandoli dagli orpelli tipici di ciascuna specifica credenza, ho avuto modo di riscontrare che, quantomeno in alcuni punti "topici", essi evidenziano spesso una concezione simile tra di loro, e del genere di quella da me prospettata.
2°)
Perchè, i passi da me citati, risvegliano in me una eco profonda, la quale, sebbene non possa in alcun modo definirsi "fede", tuttavia coincide con quello che sento essere probabilmente "vero" a livello "noumenico".
***
Ma, ovviamente, quello che io sento essere probabilmente "vero" a livello "noumenico", sia sotto il profilo "razionale" che sotto quello "spirituale", a prescindere dalla circostanza se esso sia "effettivamente" suffragato o meno dai passi delle scritture da me riportati, non è affatto detto che, poi, sia vero sul serio.
Quello di cui invece sono assolutamente certo, prove epistemologiche a parte, è che Dio, qualunque cosa sia, non è NIENTE di qualsiasi "determinazione specifica" si intenda dare di lui; riguardo a questo, non nutro il benchè minimo dubbio.
***
Ed infatti, Dionigi l'Aeropagita, che la Chiesa cattolica venera come santo, scrisse: "Nella trattazione delle cose divine le negazioni sono più veritiere, mentre le affermazioni non appaiono adeguate alla natura segreta dell'ineffabile".
***
Un saluto :)
***
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: viator il 24 Giugno 2021, 09:04:07 AM
Salve Eutidemo. Citandoti : "Il difetto logico del tuo ragionamento non è affatto quello di "distinguere per sostanza, conoscibilità e potenzialità, l'essere-divino dall'esser-umano"; io non ho mai scritto una cosa del genere.
Il difetto logico del tuo ragionamento, invece, come ti ho ripetuto più volte, sta nell'ostinarti a non voler accettare che:
- un conto è non sapere quel che una cosa sia;
- un altro conto, invece, è sapere quel che una cosa non può essere.
Voglio dire che noi non possiamo sapere in alcun modo, con certezza, cosa sia Dio; ma, sicuramente, possiamo sapere cosa non è!
Ad esempio, dubito fortemente che Dio sia una torta al limone!".La constatazione del "potere" o "poter essere" è affare completamente umano e relativo, consistente nello stabilire che esistono (o meno - ma sempre secondo conoscenza e valutazione umana) tutte le cause che producono o possono produrre ciò che può essere.Ovviamente, data la nostra limitatissima conoscenza delle cause generanti (o generate dallo-) esistente, DI NULLA SIAMO IN GRADO DI POTER AFFERMARE - CON ASSOLUTA CERTEZZA - CHE POSSA O NON POSSA ESSERE.Infatti anche la stessa logica è costretta ad affermare che essa logica ha un limite. Mi dispiace per la tua logica. Salutoni.
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 24 Giugno 2021, 11:28:58 AM
Citazione di: Eutidemo il 24 Giugno 2021, 07:24:45 AM
Lo credo bene che tu sia ateo (come lo ero io fino a qualche tempo fa); ed infatti, se l'unico modo di credere in Dio fosse quello di tipo "arcaico" e "tradizionale" da te propugnato come l'unico ammissibile, anche io tornerei ad essere ateo al 100%.
Sembra importante ribadire che quando parlo di Bibbia (ma lo stesso varrebbe per il Corano o le Upanishad), non lo faccio da difensore di tale dottrina (né da credente); quindi non c'è nulla di più lontano da me dal ritenere che «l'unico modo di credere in Dio fosse quello di tipo "arcaico" e "tradizionale"» (forse non sono un esegeta, ma di certo non sono un inquisitore). Nondimeno, se parliamo di Bibbia, con attitudine esegetica ed ermeneutica, ci sono dei confini, semantici e testuali, superati i quali si esce dall'interpretazione del testo e ci si mette (indebitamente) del proprio. Se il "paradosso" che hai proposto ad inizio topic, va inquadrato nel contesto biblico, il campo del discorso pertinente avrà determinati confini (esegetici), se invece è uno spunto per parlare di coerenza logica ed ontologia in generale e possibili prospettive riguardo le caratteristiche predicabili di un dio (non il Dio biblico), allora il campo avrà ben altri confini (e mi era parso, probabilmente sbagliando, che tu volessi confinare il discorso al primo campo).

Citazione di: Eutidemo il 24 Giugno 2021, 07:24:45 AM
Il difetto logico del tuo ragionamento, invece, come ti ho ripetuto più volte, sta nell'ostinarti a non voler accettare che:
- un conto è non sapere quel che una cosa sia;
- un altro conto, invece, è sapere quel che una cosa non può essere.
Voglio dire che noi non possiamo sapere in alcun modo, con certezza, cosa sia Dio; ma, sicuramente, possiamo sapere cosa non è!
Ad esempio, dubito fortemente che Dio sia una torta al limone!
Eppure mi sembra di aver scritto che (soprattutto per chi prende le distanze dai testi) non si possono sapere le caratteristiche di Dio, come Dio è o non è, cosa può e non può fare, e non "cosa" Dio è o non è (concordo che non sia una torta al limone, ma non posso escludere che potrebbe assumerne le sembianze, se è onnipotente). Potremmo poi parlare del fatto che Dio (forse) sia stato anche uomo, tirando in ballo il cristianesimo (non il cattolicesimo), la duplice natura (fra sfinteri, corde vocali e miracoli, resurrezione, etc.) ma meglio non divagare ulteriormente. Per il resto, riguardo il "sentire come vero" e i "denominatori comuni" alle varie fedi, restano cruciali le due famigerate domande, a cui ognuno può rispondere (o no) a piacere (ma non è questo il topic).
Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 24 Giugno 2021, 13:03:06 PM
Ciao Viator.
Se è vero che di nulla siamo in grado di poter affermare, con assoluta certezza, che possa o non possa essere vero, allora ne consegue che anche tu non sei in grado di poter affermare, con assoluta certezza, che la tua affermazione sia vera.
:)
***
A parte questo, io, pur ignorando nel modo più assoluto, cosa sia posato sulla tua mano in questo momento , posso tuttavia dimostrarti con un alto grado di probabilità, ovvero con assoluta certezza, quello che non c'è posato sopra.
Facciamo un esperimento!
***
Prendi un qualsiasi oggetto a tua scelta, e posalo sulla tua mano:
- dal più ordinario, come una  semplice penna BIC;
- al più straordinario, come il famoso "British Guiana One-Cent Magenta" (un francobollo che all'epoca valeva un solo penny, mentre oggi ne esiste un unico esemplare al mondo, la cui stima corrente è di 10-15 milioni di dollari).
***
Orbene, qualora io dovessi tirare ad indovinare, se l'alternativa fosse solo questa, io scommetterei che in mano hai una penna BIC; ed infatti, pur non potendo escludere che tu sia il fortunato possessore del "British Guiana One-Cent Magenta", lo ritengo "altamente improbabile".
Tuttavia, essendo io un tipo estremamente prudente, non giungerei certo a scommetterci la vita!
***
Diversamente, anche se la mia prudenza rasentasse la paranoia, giungerei senz'altro a scommettere la mia vita che, posato sulla tua mano non c'è di sicuro, un TIR pesante 10 tonnellate.
Sii sincero, ho indovinato o no?
;)
***
Con il che, a mio parere, mi sembra inequivocabilmente dimostrato che:
- un conto è non sapere quel che una cosa sia;
- un altro conto, invece, è sapere quel che una cosa non può essere.
***
Ed ora, attenzione!
Se questo è vero per la logica umana, l'unica che noi siamo in grado di utilizzare, deve "a maggior ragione" valere per quella divina; ed infatti, Dionigi l'Aeropagita, che la Chiesa cattolica venera come santo, scrisse: "Nella trattazione delle cose divine le <<negazioni>> sono più veritiere, mentre le <<affermazioni>> non appaiono adeguate alla natura segreta dell'ineffabile".
E quale negazione può risultare più "veritiera", rispetto a Dio, se non il "negare" che sia fornito di caratteristiche "fisiologiche" e "psicologiche" umane; le quali, appunto, son per loro stessa natura "limitate"?
Quale maggiore manifestazione di umiltà, da parte della logica umana?
;)
***
Ed invero, hai perfettamente ragione nel dire che il "potere" o "poter essere" è affare completamente umano e relativo; Dio, invece, quale puro ESSERE, non si trova in condizioni di "potere" o non "poter essere", perchè "E'", senza attributi o predicati di sorta!
***
Ma, ovviamente, questa è soltanto la mia concezione, e non è affatto detto che sia quella più corretta.
***
Un saluto! :)
***
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: viator il 24 Giugno 2021, 18:41:47 PM
Salve Eutidemo. Citandoti : "Se è vero che di nulla siamo in grado di poter affermare, con assoluta certezza, che possa o non possa essere vero, allora ne consegue che anche tu non sei in grado di poter affermare, con assoluta certezza, che la tua affermazione sia vera".             
Infatti io non ho mai affermato che esista una qualche mia o altrui affermazione assolutamente vera. Ho affermato il suo contrario.           
Non capisco poi cosa c'entrino le tue capacità e/o volontà di logica predittiva.Il resto delle tue, delle mie (ed altrui) opinioni ed affermazioni.......sappiamo benissimo che sono solamente delle più o meno eleganti capriole dialettiche. Salutoni.
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 25 Giugno 2021, 05:43:50 AM
Ciao Viator. :)
Vedo che siamo d'accordo; ed infatti neanche io ho mai affermato che esista una qualche mia o altrui affermazione che possa dirsi assolutamente vera.
;)
***
Tuttavia, come notavo la volta precedente,  se è vero che non esiste una qualche mia o altrui affermazione che possa dirsi assolutamente vera, allora ne consegue che anche questa deve considerarsi un'affermazione del tutto opinabile; per cui ne consegue  che potrebbe benissimo esistere una mia o altrui affermazione che possa ritenersi assolutamente vera.
Mi rendo conto che, in effetti, un ragionamento del genere può apparire molto simile al "paradosso del mentitore"; però, con riferimento alla certezza o meno di ciò che si afferma, secondo me, un fondo di verità "sostanziale" ed "estrinseca" ce l'ha!
***
Quanto alle mie capacità di logica predittiva sono esattamente identiche alle tue!
Ed infatti, nessuno di noi due può sapere con certezza nè se esista un Dio, nè, se davvero esiste, di che cosa si tratti; però, se esiste, credo che possiamo essere abbastanza d'accordo su che cosa non può essere.
Ad esempio, che non può essere una marmotta; o, se non proprio fisicamente una marmotta, un essere con la psicologia di una marmotta!
:D
***
Mi rendo perfettamente conto che ci potrebbe anche essere qualcuno il quale  crede e sostiene che Dio sia davvero una marmotta (come i pellerossa Cree); ed infatti, a livello teorico, come diamine fai a dimostrargli che non è vero, se, come tu sostieni, riguardo a Dio "non si può escludere niente"?
Però, secondo me, oggi, chi sostenesse una tesi del genere, più che di una "confutazione logica" avrebbe bisogno di una "terapia psichiatrica".
***
Mi rendo conto che attribuire a Dio delle caratteristiche fisiologiche o psicologiche umane, a noi umani, possa apparire un tantino meno grottesco che attribuirgli le caratteristiche fisiologiche o psicologiche di una marmotta (o di un ranocchio);  ma, se ci pensi bene, è "esattamente" la stessa cosa!
Se a noi la cosa sembra meno paradossale, è solo perchè noi siamo uomini, e non marmotte!
***
Per concludere, secondo me, una visione "antropomorfica" (ovvero anche soltanto "antropopatetica") di Dio, poteva andare bene duemila anni fa per gli dei dell'Olimpo, o per il Dio "iracondo" del Vecchio Testamento; ma, oggi, almeno secondo me, non è più concettualmente accettabile!
Altrimenti si darebbe ragione alla "critica alle religioni" di Feuerbach, il quale sostiene che "non è Dio che ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, bensì, al contrario, è l'uomo che ha creato Dio a sua immagine e somiglianza".
Come, probabilmente, farebbero anche le marmotte, se credessero in un loro Dio.
;)
***
Però ognuno è libero di credere al Dio che preferisce (marmotte comprese)!
***
Un saluto! :)
***
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 25 Giugno 2021, 06:29:53 AM
Ciao Phil. :)
Siamo perfettamente d'accordo sul fatto che, se parliamo di Bibbia, con attitudine "esegetica" ed "ermeneutica" (vedi nota), ci sono dei confini, semantici e testuali, superati i quali si esce dall'interpretazione "LETTERALE" del testo e "ci si mette del proprio".
Non so se questo possa o meno ritenersi "indebito", però ti faccio presente che questo lo fanno inevitabilmente "TUTTI", e non solo io; lo ritengo abbastanza naturale, oltre che perfettamente lecito!
***
Ad esempio, per quanto riguarda il "VECCHIO TESTAMENTO", ci sono ben tre diverse religioni a darne ciascuna una lettura "molto" differente, e "a metterci del proprio":
- Ebraismo;
- Cristianesimo;
- Musulmanesimo.
***
Per quanto,  invece, riguarda il "NUOVO TESTAMENTO" (oltre che il "Vecchio"), ci sono ben più di tre diverse "confessioni cristiane" a darne ciascuna una lettura "molto" differente, e "a metterci del proprio":
- Cattolici;
- Ortodossi;
- Luterani;
- Calvinisti;
- Anglicani;
ecc.
***
Pertanto, non vedo proprio per quale ragione io dovrei astenermi dal dare una mia personale interpretazione dei passi biblici; la quale, peraltro, sebbene contenga alcune affermazioni al limite dell'eresia, nel complesso è abbastanza in linea con un ininterrotto filone "esegetico" cattolico e ortodosso, che, da San Dionigi  ad oggi, si è sviluppato in ben due millenni.
Quanto, invece, ai criteri "ermeneutici" da me seguiti, vedi la nota.
***
Un saluto! :)
***
NOTA
Occorre distinguere tra:
a) Esegesi (ἐξήγησις)
Essa consiste nella "interpretazione" di testi sacri (o giuridici), e studia il significato delle parole; come ho fatto io nel mio topic, analizzando quello che ritengo il vero significato delle singole parole del Proemio del Vangelo di Giovanni.
b Ermeneutica (ἑρμηνευτική)
Consiste nel complesso delle norme per interpretare i testi, e,cioè, la metodologia da seguire nel farlo; ad esempio, in diritto,  la metodologia prevista dall'art. 12 delle Preleggi, mentre, a livello biblico, esistono al riguardo diverse "scuole ermeneutiche" (letterale, allegorica, spirituale, critica).
Non solo quella "letterale", come pensi tu!
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 25 Giugno 2021, 10:18:32 AM
Citazione di: Eutidemo il 25 Giugno 2021, 06:29:53 AM
a livello biblico, esistono al riguardo diverse "scuole ermeneutiche" (letterale, allegorica, spirituale, critica).
Non solo quella "letterale", come pensi tu!
Anche qui, purtroppo, il «come pensi tu!» segnala invece l'opposto del mio pensiero: se ho parlato spesso di esegetica ed ermeneutica, è proprio perché penso che non esista solo l'interpretazione letterale. Tuttavia, se è scritto «Dio disse» e si sostiene che non è vero che abbia parlato (perché "è certo" che non può parlare non avendo corde vocali), ma che è un "parlare metaforico"(?), allora, sia esegeticamente che ermeneuticamente, si compie, almeno secondo me, una interpretazione indebita perché si valica quel "campo di pertinenza al testo" di cui ho parlato prima (soprattutto se ci si rivolge ad una religione rivelata, se tutta la Bibbia è caratterizzata da Dio che parla e se poi si usano come "appoggi argomentativi" citazioni in cui Dio parla...). Detto altrimenti: quali sono i limiti (se ce ne sono) di un'interpretazione legittimamente metaforica? Davvero trattare i testi sacri come un rorschach (vedendoci ciò che ci piace o che ci pare di vederci) è esegeticamente ed ermeneuticamente legittimo (ricordo che è un ateo a chiederlo)?
Una interpretazione vale l'altra? Per me, no, né storicamente né qualitativamente. Il risultato tipico dell'attuale rapporto critico (pensante, che non è certo un difetto) con la religione, è che probabilmente (magari sbaglio) ci sono milioni di persone unite dal motto «sono credente, però...» e a tale «però» seguono interpretazioni talvolta diametralmente opposte di quella che, apparentemente, si direbbe la medesima religione basta sui medesimi testi; così ci si ritrova nel "paradosso" che due cattolici (o cristiani o altro) sono in realtà di due religioni ben differenti (dal Dio antropomorfo al Dio come puro Essere, passando per il Dio come Ignoto) pur chiamandole con lo stesso nome e frequentando le stesse celebrazioni.
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Alexander il 25 Giugno 2021, 10:40:28 AM


Buongiorno Phil:
Una interpretazione vale l'altra? Per me, no, né storicamente né qualitativamente. Il risultato tipico dell'attuale rapporto critico (pensante, che non è certo un difetto) con la religione, è che probabilmente (magari sbaglio) ci sono milioni di persone unite dal motto «sono credente, però...» e a tale «però» seguono interpretazioni talvolta diametralmente opposte di quella che, apparentemente, si direbbe la medesima religione basta sui medesimi testi; così ci si ritrova nel "paradosso" che due cattolici (o cristiani o altro) sono in realtà di due religioni ben differenti (dal Dio antropomorfo al Dio come puro Essere, passando per il Dio come Ignoto) pur chiamandole con lo stesso nome e frequentando le stesse celebrazioni.


Non è che un'interpretazione vale l'altra. C'è sempre un principio d'autorevolezza. Ma nella pratica è così. Se si frequentano comunità o gruppi di cristiani ci s'imbatte in una grande varietà di posizioni e idee riguardo al proprio credo. Questo è arricchente . E' un'immagine stereotipata quella che hanno molti atei (che però non frequentano e conoscono dall'interno) a riguardo dei credenti. L' ecclesia esprime molte sensibilità diverse. Ci sono stati profondi cambiamenti negli ultimi trent'anni, sopratutto relativamente all'importanza del laicato.
Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 25 Giugno 2021, 10:59:36 AM
Citazione di: Alexander il 25 Giugno 2021, 10:40:28 AM
L' ecclesia esprime molte sensibilità diverse. Ci sono stati profondi cambiamenti negli ultimi trent'anni, sopratutto relativamente all'importanza del laicato.
Concordo; eppure, secondo me, da un certo punto in poi, più che di "sensibilità diverse", si può iniziare a parlare di religioni diverse, soprattutto se è il caposaldo, Dio, ad essere inteso in modi molti differenti fra loro (v. esempi sopra), seppur nominalmente coincidenti nella medesima "etichetta". Eutidemo ha giustamente ricordato le diverse correnti religiose basate sui medesimi testi, tuttavia ho l'impressione (ma non ho dati statistici al riguardo) che oggi molti si facciano una religione casalinga a propria immagine e somiglianza, e per poi renderla "autorevole" prendano passi e citazioni dai testi sacri che hanno sottomano (quelli della tradizione che li circonda), spesso giocando (magari in buona fede) sul piano dell'interpretazione metaforica. Questa, a scanso di ulteriori fraintendimenti, non è una critica (né una "colpa"), anzi è per me indice di ragionevolezza, curiosità, senso critico, ricerca filologica, apertura comparativa, etc. tutti antidoti al dogmatismo che solitamente è l'essenza della religione
Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 25 Giugno 2021, 13:34:30 PM
Ciao Phil.
Non vedo cosa ci sia di male nel fatto che il "come la penso io", sia diverso dal  "come la pensi tu"; ed infatti il mondo è bello proprio perchè è vario.
E, questo, secondo me, anche nel modo di interpretare la Bibbia.
***
Però non riesco proprio a capire come fai a dire di non essere un sostenitore dell'interpretazione letterale delle scritture, quando poi, invece, dalle tue affermazioni si evince molto chiaramente che lo sei; ed anche in modo molto rigido, "formalistico" e "fondamentalistico".
Anche io sarei ateo come te (e come ero), se dovessi attenermi ad una esegesi del genere da te sostenuto!
***
Ed infatti, se è scritto che "Dio disse",  questo non vuole affatto dire che abbia  "parlato" sul serio, e, cioè, in modo "fisico"; proprio perchè, appunto, non essendo dotato di laringe, di lingua e di corde vocali, non si vede in quale modo avrebbe mai potuto farlo personalmente (Giove lo potrei anche capire, ma il Dio cristiano assolutamente NO!).
Ed invero, neanche i più accesi sostenitori dell'ermeneutica letterale negano a priori che la Bibbia, in molti casi, possa esprimersi in modo "metaforico"; per cui mi sorprende molto che tu ti chieda cosa significhi "parlare" o "dire" in senso solo "metaforico"!
A me sembra ovvio!
***
Te ne fornisco qualche banalissimo esempio:
a)
Io stesso, in questo FORUM, invece di esprimermi con "come già avevo scritto", spesso mi esprimo con "come già avevo detto";  ma è evidente che, in tal caso, mi sto esprimendo in modo "metaforico".
Nè mi risulta che tu mi abbia mai replicato: "Non è vero, io non ti ho mai udito dire una cosa del genere; semmai l'hai solo scritta!"
b)
A maggior ragione ciò avviene in testi antichi come la Bibbia, i quali fanno spesso ricorso all'allegoria, e laddove la metafora è molto comune e frequente; come, ad esempio, l'espressione "parlare al cuore" (spesso senza usare neanche la lingua) invece di  "parlare alle orecchie", che sono le sole, fisiologicamente, a poter udire le parole!
c)
Infine, in molti passi biblici, sono gli uomini a "parlare" per conto di Dio, il quale si limita semplicemente ad "ispirare" le loro parole; ovvero quello che essi scrivono.
***
Pertanto, a differenza di quanto sostieni tu, sia "esegeticamente" che "ermeneuticamente", quella "metaforica" (ovvero anche quella "allegorica" e quella "spirituale"), secondo me è una interpretazione assolutamente lecita perché non travalica affatto il "campo di pertinenza al testo", ma, semmai, solo quello della sua "lettera", conferendogli un autentico significato "spirituale"; la "lettera", infatti, come San Paolo stesso scrisse, non è affatto un buon metodo ermeneutico, perchè del testo va colto, oltre che la "lettera", soprattutto lo "spirito".
Tanto è vero che, a parte i Testimoni di Geova, ormai, ben pochi, oggi, preferiscono l'interpretazione strettamente letterale.
***
Neanche per me, infatti, una interpretazione vale l'altra, ed infatti, a mio parere, la tua è completamente sbagliata; però ti riconosco il diritto di attenertici, se ti sembra più conforme alla tua particolare ottica esegetica.
***
Quanto al fatto e che ci sono "credenti" i quali "credono":
- o addittura nel dio di diverse religioni;
- ovvero al dio di una stessa religione, ma interpretato in modo diverso;
anche in questo non ci vedo niente di strano.
Anzi, secondo me, sarebbe strano il contrario; anzi, lo troverei alquanto preoccupante, perchè nei tempi e nei luoghi in cui questo accadeva, chi la pensava in modo diverso, finiva sul rogo.
***
Le vie del Signore sono infinite!
***
Un saluto! :)
***
Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 25 Giugno 2021, 15:14:25 PM
@Eutidemo
Quindi, in sintesi: il Dio cristiano può creare il mondo, fare miracoli, etc. ma non può parlare perché non ha una lingua, corde vocali, etc.; dunque è "onnipotente" (come recita il Credo) solo in senso allegorico? Il suo essersi rivelato è anch'esso solo metaforico perché si tratta in realtà di "ispirazione"? Tale "ispirazione" avviene senza parola o linguaggio proferiti da Dio, ma con qualcosa di simile ad un'inoculazione neurale di impulsi compatibili con il cervello umano o altro modo biologicamente compatibile (sogno, etc.)? Può dunque apparire in sogno manipolando le dinamiche neurologiche di un individuo, ma non può provocare suoni udibili all'uomo? A questo punto anche l'esistenza stessa di Dio e il concetto di «Dio» vanno intesi in modo metaforico, o invece qui prendiamo i testi alla lettera quando ci dicono che Dio c'è? D'altronde, se Dio non fosse, chi sarebbe la fonte di tale (infalsificabile) ispirazione divina?
Mi pare si torni ancora alla domanda chiave: quali sono i limiti (se ce ne sono) di un'interpretazione legittimamente metaforica? Dove inizia il senso metaforico assegnato ad libitum?
Non c'è nulla di male (non credo di aver parlato di ciò che è male o ciò che è bene) nel come interpreti la Bibbia (e ho già premesso che forse sono la persona meno adatta a parlarne), ma mi interessa(va), a livello metodologico, capire fino a che grado di "libertà esegetica" si può arrivare prima di dover concludere che si è persa un po' di vista la pertinenza con il testo (magari a causa della propria visione del mondo extra-testuale, come potrebbe capitare ad un ateo); perdita di vista che, ribadisco, non è affatto un "male" né un "peccato", al massimo un "passo falso esegetico" (e forse nemmeno quello, a seconda di dove si pone, se si pone, il suddetto limite), soprattutto alla luce della considerazione, su cui concordiamo, che un'interpretazione non vale l'altra (ovviamente ognuno è poi libero di autoetichettarsi comunque come "cattolico", "cristiano", "credente", o altro, non è questo che ci interessa, direi).
Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 25 Giugno 2021, 18:08:52 PM
Citazione di: Eutidemo il 25 Giugno 2021, 13:34:30 PM
Però non riesco proprio a capire come fai a dire di non essere un sostenitore dell'interpretazione letterale delle scritture, quando poi, invece, dalle tue affermazioni si evince molto chiaramente che lo sei; ed anche in modo molto rigido, "formalistico" e "fondamentalistico".
Chiaramente, il fatto che ritenga opportuno attenermi talvolta al significato letterale, non per preferenze personali, ma per motivi dottrinali, di coerenza concettuale, di corrispondenza con altri passi biblici, etc. non comporta che ciò debba accadere sempre. Un esempio di come intendo un'interpretazione non letterale (ma pertinente) del testo biblico può essere il mio post, all'esordio di questo stesso topic, riguardo la frase giovannea «In principio era il logos, e il logos era presso Dio e il logos era Dio»: se interpretiamo tale passo alla lettera, allora, come hai osservato, siamo quasi nel "paradosso"; se invece ricorriamo ad altre risorse bibliche di senso (quindi senza introdurre nessuna "deduzione" troppo personale o extracontestuale), come ad esempio alcuni passi della Genesi, allora quel passo diventa meno criptico e, soprattutto, più coerente esegeticamente con molti altri passaggi testuali (in cui Dio può essere logos, ma anche altro, giudice, incarnazione, etc.).

P.s.
Ovviamente ciò non risponde alla domanda sul fin dove sia lecito "emanciparsi metaforicamente" dal testo letterale, ma almeno, forse, mi fa scampare il paradosso di risultare ateo e "fondamentalista biblico" allo stesso tempo.
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: iano il 25 Giugno 2021, 22:30:45 PM
Permettetemi una battuta.
Non occorre che Dio abbia le corde vocali.
È sufficiente che abbia le labbra, visto che noi siamo in grado di udire il labiale.
Cioè di ascoltare un movimento che non produce alcun suono.
E questo sarebbe un appoggio , labiale quanto labile, al punto di vista di Phil, che comunque sposo.
Dio può certo farmi sentire la sua voce senza emettere suono, e non solo Dio.
Dio può mandarmi visioni in sogno perché in sogno vedo ad occhi chiusi, e a volte non so' se sogno o son desto.
Quindi da perfetto ateo mi chiedo quanto questi "fenomeni percettivi" ormai ben noti abbiano giocato un ruolo nella nascita delle religioni.
Sempre da perfetto ateo, nella pur contraddittoria frase in cui si afferma che Dio è logos, vedo racchiusa una profonda saggezza.
Ma sempre da perfetto ateo traduco quella frase, senza voler essere blasfemo, con "l'uomo è logos" ,  e anche di più.
Nel senso che la "realtà " in cui viviamo è una possibile descrizione, fra le tante, della vera realtà.
Descrizione e non interpretazione, perché la realtà si può descrivere, ma poi ie descrizioni vanno interpretate.
E ciò è tanto più vero quanto le descrizioni non sono operative, ciò che è completamente vero per un testo come la Bibbia.
Ma in generale qualunque testo va' interpretato.
I cristiani , e più in generali i credenti, possono dare interpretazioni anche molto diverse fra loro, ma sono tali in quanto si fissano ad interpretare gli stessi testi. Sempre gli stessi.
Mentre i non credenti si caratterizzano dal riuscire a trarre ispirazione spirituale da ogni possibile testo.
Ogni credente sceglie la sua interpretazione, e ogni miscredente i suoi testi.
Io non rinuncerei mai alla libertà di scegliere i miei testi, per quanto so' bene che tale scelta molto deve al caso.
Forse non sarò davvero libero di scegliere, ma infine ciò che a me interessa è la sensazione di benessere che provo nel sentirmi tale.
I credenti cercano la saggezza racchiusa nei loro testi, i non credenti cercano a loro volta la conoscenza nei loro, e ciò da' conto del perché la conoscenza sia associata dai credenti al peccato originale, mentre i non credenti giudicano un vero peccato la rinuncia al piacere umano della conoscenza, ma senza farne una questione capitale.
C'è però un punto a favore dei credenti.
Ogni società umana si basa su un testo che deve essere accettato da tutti, e loro sanno bene come si fa', mentre gli atei mostrano a volte anarchica difficoltà .
Questo è il motivo della longevità delle società religiose, abbarbicate ai loro testi sacri contro ogni legge della gravitazione, per cui essi dovrebbero mollare probabilmente i loro appigli in misura proporzionale alle contraddizioni che si accumulano nel tempo col mutare dei linguaggi e del senso comune.
Ma in fondo mi auguro che ciò non avvenga mai e che essi possano continuare a provare la soddisfazione che sta nel loro credere a qualcosa  come la mia sta nel credere a tutto e a niente.
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: paul11 il 26 Giugno 2021, 01:20:28 AM

@ eutidemo


Premetto che chiedo scusa per il ritardo che colmerò leggendo l'andamento della discussione che mi sembra interessante. Quindi il mio post è riferito all'incipit del topic.

Il logos divino significa che la "ragione"(o parola, in effetti logos  ha più significati) era in Dio, che Dio aveva anche lo strumento per creare

Su questo secondo aspetto, il "concretizzarsi", richiamo la vostra attenzione, perchè costituisce il "fulcro" sul quale farò "leva" per "elevare" le mie considerazioni conclusive; cioè, l'ESSERE che "si concretizza" manifestandosi in "epifenomeni" esistenti individualmente.

Non è l'Essere che si concretizza, ma il Logos, questo è importante ed è questa la sottile differenza che compie Giovanni.  Se fosse l'essere a concretizzarsi avrebbe ragione Spinoza e il suo panteismo e invece Spinoza sbaglia.
Se fai riferimenti ontologici a Platone ed Aristotele bisogna sapere che entrambi non identificano l'Essere supremo , un demiurgo , un "Dio" né con il bene per il Platone e neppure il primo motore incausato o immobile . Il logos giovanneo è quindi lo strumento simile  sia in  Platone che Aristotele che  utilizzano per poter definire il creato, il divenire, l'esistenza , ma tenendo "fermo "il divino. Il fulcro nel loro pensiero è Dio che dovendo creare un mondo in divenire, distinto da quello del tempo eterno , puro, veritativo necessitano del meccanismo creativo affinché il creato si compia.
Il loro vero e sostanziale problema logico era legare due domini che hanno proprietà separate, come l'eternità e il divenire dell'esistenza.
Non so se mi sono spiegato.

Ma se essi mi dicono: "Qual è il suo nome?", che cosa risponderò loro?».  DIO rispose a Mosè: «IO SONO COLUI CHE SONO». Poi disse: «Dirai così ai figli d'Israele: "L'IO SONO mi ha mandato da voi"» (Esodo 3,11-15).
DIO non può avere un nome, per il semplice fatto che non è una "persona", la quale possa autoqualificarsi dicendo: "Io sono Pippo De Pippis!"

Infatti gli ebrei praticanti  non possono pronunciare il nome di Dio del tetragramma Yahweh, sapendo che nella scrittura originaria ebrea non vi sono vocali, ma solo consonati, per cui il tetragramma sarebbe YHWH

Yeshua infatti risolve ontologicamente il problema fra eterno e divenire, fra essere ed esistenza

E' lo spirito nell'uomo il cordone ombelicale fra essere ed esistenza.
Lo spirito ha necessità di costruire un'esperienza nell'esistenza, si fa corpo  e alla fine torna all'origine.

Sono d'accordo anche nella relazione fra Uno e molteplicità, torna ontologicamente ed è spiegata in Platone. Mi torna meno che ognuno di noi è parte di Dio, ...ha un sentore di  new age.


Il termine greco ἐγένετο (egeneto) tradotto in generato, ....non mi convince.
Forse, e quindi non sono sicuro,  ha un significato di "diveniente" che avrebbe poco a che fare con il dogma della chiesa. In quanto ipostasi era un forma precedente al cristianesimo, e significava l'unione del corpo con lo spirito .
Allora forse, siamo sempre a mio parere nel caso di una tesi confutabile, Gesù è l'ipostasi di Dio ed unito al termine  ἐγένετο (egeneto, letteralmente dal greco) " è diveniente".
Allora  il significato diventerebbe che Dio si fa Uomo ed entra nel dominio del tempo diveniente che è la comune esistenza . Noi siamo simili a Dio ,ma fatto Uomo, quindi in divenire e ipostasi come spirito con un corpo , ma non abbiamo il Logos che è in Dio, dobbiamo cercarlo nell'esistenza .In quanto il Logos, se inteso come "ragione", è corrisponderebbe al "disegno divino" quindi dell'essere che ci è nascosto nella forma mortale dello spirito in un corpo, ma essendovi nel corpo lo spirito ,questo si relaziona con il Logos, quindi non è totalmente nascosto per cui la via spirituale è quella di avvicinarci al Logs dell'archè (in quanto nel testo greco l' inizio è tradotto con il termine greco archè che è identico al pensiero filosofico greco classico e in ebreo bereshit che infatti corrisponde alla prima parte di Genesi in ebraico).

Il termine persona in italiano corrisponde al termine greco "maschera" e infatti nasce nella tragedia greca, in quanto la maschera indossata permetteva di amplificare la voce degli attori .

Più o meno collima con ciò che penso.

Phil a mio parere  fa  un' interpretazione possibile, in quanto come ho appena sopra scritto la maschera che è l'etimo di persona, era amplificatore della voce dell' attore, e Dio si manifestava  anche come voce nella Bibbia
Ci sono infatti interpretazioni secondo cui Dio crea l'universo con la voce, o chi ritiene crei  con un semplice gesto..........

P.S. comunque sia, complimenti Eutidemo per il tuo studio e la discussione nel forum.
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 26 Giugno 2021, 06:06:56 AM
Ciao Phil. :)
Tu, non di rado, usi la tecnica dialettica del "fin de non recevoir", cioè, invece di entrare nel merito delle mie argomentazioni -per accettarle o per contestarle argomentativamente- "le salti a piè pari", come se io non le avessi mai scritte; e poi  continui a ripetere pervicacemente i tuoi concetti originari, senza tenere nel minimo conto quello che io ho già argomentato al riguardo (giusto o sbagliato che esso sia).
***
Ed infatti, ad esempio, tu inizi scrivendo "in sintesi: il Dio cristiano può "creare il mondo", fare miracoli, etc", senza tenere nel minimo conto quanto io avevo scritto al riguardo.
E, cioè, che, quanto al fatto alla traduzione canonica  "Dio creò il mondo", Giovanni, in realtà, scrive:
"πάντα δι᾽αὐτοῦ ἐγένετο"
Ora:
- "πάντα" vuol dire "tutte le cose";
- "δι᾽αὐτοῦ" vuol dire per mezzo di lui;
- "ἐγένετο" è l'indicativo aoristo del verbo γίγνομαι, che non significa affatto nè essere "fatto" nè essere "creato" (per i quali si usa il verbo "ποιέειν"), sebbene "essere" o "venire ad essere" o "essere generato".
E mentre ciò che è "creato", come giustamente scrivi tu, è qualcosa di totalmente differente e indipendente da ciò che lo crea, ciò che, invece, viene "generato" (vedi radice "γέν", cioè "gen") è della stessa sostanza di ciò che lo genera.
Ma ho fatto una fatica interpretativa inutile, perchè tu l'hai completamente ignorata!
:'(
***
Quanto al "fare miracoli", trattandosi di eventi di carattere fenomenico del cui effettivo e "materiale" verificarsi non abbiamo la benchè minima prova nè storica nè scientifica, è ovvio che essi non possono essere intepretati se non in senso "allegorico-simbolico-anagogico".
Ad esempio, per quanto riguarda il famoso miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci,  è ovvio che non è possibile sfamare cinquemila uomini con 5 pani e 2 pesci (almeno, fino a prova contraria); per cui, al riguardo, sono state prospettate le più svariate forme di esegesi  "allegorico-simbolico-anagogiche".
Tra le tante, la prevalente (che è quella che maggiormente condivido), è che le parole di Cristo non devono essere tante quante sono le persone che le ascoltano, ma ne bastano poche per sfamarle spiritualmente tutte.
***
Quanto al fatto che "Dio è onnipotente", tale concetto è di carattere tipicamente "catafatico" (e "nembokidesco"); mentre, per la mia visione di carattere "apofatico" (e non solo la mia), "Dio è" e basta, senza alcun predicato di tipo umano quali il "potere", il "dovere" e il "volere".
Figuriamoci chiedersi, come facevo da bambino, se "possa" parlare o meno come;  e con quale accento e con quale dialetto!
:D
***
Quanto al fatto che l'"ispirazione" divina avvenga con qualcosa di simile ad un'inoculazione neurale di impulsi compatibili con il cervello umano o altro modo biologicamente compatibile, secondo me, se completamente fuori strada se metti la questione su un piano prettamente "fenomenologico"; secondo me, invece, la questione va posta sul piano "noumenico", cioè con riferimento a quei rari momenti in cui un uomo si rende conto di "Essere", oltre che di "esistere" come individuo.
Dio non è esterno a noi, in quanto, come scriveva Sant'Agostino: "In interiore homine habitat Veritas!".
***
Quanto a capire, a livello metodologico, fino a che grado di "libertà esegetica" si possa arrivare prima di dover concludere che si è persa un po' di vista la pertinenza con il testo, questo dipende dall'interprete; ad esempio, per quanto concerne la mia esegesi del termine "ἐγένετο", non posso certo escludere che un esegeta più esperto di me, ne possa fornire una interpretazione diversa e migliore.
Ma questo vale per tutte i tipi di interpretazione, ivi compresa quella giuridica; altrimenti non si capirebbe per quale ragione un giudice si pronuncia in un certo modo, e un altro in modo diverso.
Nè si capirebbe per quale ragione ci siano tante religioni, e tante confessioni diverse di una stessa religione, ciascuna delle quali interpreta i Vangeli in modo differente.
***
Sicuramente, poi, ognuno è libero di autoetichettarsi come "cattolico", "cristiano", "credente", o altro; così come gli altri sono liberi di condividere o meno tale autoetichettatura.
Ma, secondo me, quello che conta è ciò che sta dentro il barattolo, e non l'etichetta appiccicata sopra.
***
Un saluto! :)
***
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 26 Giugno 2021, 06:47:09 AM
Ciao Iano. :)
Sono d'accordo con te sul fatto che qualunque testo può e deve essere interpretato.
Sono anche d'accordo con te sul fatto che:
- i cristiani, e più in generale i credenti, possono dare interpretazioni anche molto diverse fra loro, ma sono tali in quanto si fissano ad interpretare gli stessi testi;
- i non credenti, invece, si caratterizzano dal riuscire a trarre ispirazione spirituale da ogni possibile testo.
***
In base a tale classificazione, a ben vedere, io dovrei essere considerato un "non credente", in quanto, appunto, traggo ispirazione spirituale da ogni possibile testo, anche di religioni non cristiane; ma, se, a volte, mi definisco "cristiano", forse è perchè traggo ispirazione spirituale principalmente da testi cristiani.
Tuttavia, a ben vedere, questo può dipendere anche (e soprattutto) dal fatto che sono nato a Roma; ed infatti sono sicuro che, se fossi nato alla Mecca, trarrei ispirazione spirituale principalmente da testi musulmani.
"Cuius regio, eius et religio!"
***
Tuttavia, personalmente, provo molte "affinità elettive" con i testi dell'Advaita Vedanta; soprattutto perchè certi passi di autori cristiani, che non ne avevano mai sentito parlare, risultano praticamente "identici" ai VEDA (vedi Meister Eckart, Angelus Silesius e molti altri).
E lo stesso dicasi per alcuni "sufi" musulmani!
Questo, secondo me, si spiega con il fatto che la consapevolezza dell'ESSERE che sottende tutto l'ESISTERE, è connaturata ad ogni uomo, che, in ogni luogo e in ogni tempo, si sia posto "seriamente" il problema (a cominciare da Parmenide e da Platone); poi, ovviamente, tale consapevolezza è stata diversamente declinata nelle differenti "spiritualità religose", ma, nella sostanza, resta sempre la stessa.
***
Quanto alle tradizioni "culturali" e "cultuali", quali il velo in chiesa, lo chador ecc., esse si fanno passare per "religione", ma,  secondo, me non lo sono affatto; si tratta solo di "costume"!
Ovvero di mera "superstizione", come il "sangue di San Gennaro" ed altre amenità del genere!
***
Per il resto, condivido quasi tutto quello che hai scritto.
***
Un saluto :)
***
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Phil il 26 Giugno 2021, 10:26:38 AM
Citazione di: Eutidemo il 26 Giugno 2021, 06:06:56 AM
Tu, non di rado, usi la tecnica dialettica del "fin de non recevoir", cioè, invece di entrare nel merito delle mie argomentazioni -per accettarle o per contestarle argomentativamente- "le salti a piè pari", come se io non le avessi mai scritte; e poi  continui a ripetere pervicacemente i tuoi concetti originari, senza tenere nel minimo conto quello che io ho già argomentato al riguardo (giusto o sbagliato che esso sia).
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Ed infatti, ad esempio, tu inizi scrivendo "in sintesi: il Dio cristiano può "creare il mondo", fare miracoli, etc", senza tenere nel minimo conto quanto io avevo scritto al riguardo.
Non mi pare di aver ignorato quello che hai scritto, tuttavia parlando del «Dio cristiano» che crea il mondo, fa miracoli, etc. non posso confonderlo con il "dio secondo Eutidemo" (tratto dal "vangelo secondo Eutidemo") che è (quasi?) consustanziale al mondo e all'uomo, posizione di cui ho accennato le possibili ricadute dottrinali (e chi quindi non è stata affatto ignorata). D'altronde, tutto il mio discorso sul cristianesimo che rischierebbe di perdere di credibilità come religione rivelata (se Dio ispira ma non parla), che vedrebbe sbriciolati alcuni dei suoi pilastri, sulla differenza ontologica, etc. è riferito comunque alla tua posizione (mi spiace che tu l'abbia considerato un "saltarla a piè pari", per quanto, come già detto, si tratta forse solo di un fraintendimento circa i confini dell'approccio esegetico e il ruolo della possibile portata veritativa, che può attirare troppo fuori dall'esegesi pertinente, almeno secondo me).
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: iano il 26 Giugno 2021, 12:35:57 PM
Citazione di: Eutidemo il 26 Giugno 2021, 06:47:09 AM
Ciao Iano. :)
Sono d'accordo con te sul fatto che qualunque testo può e deve essere interpretato.
Sono anche d'accordo con te sul fatto che:
- i cristiani, e più in generale i credenti, possono dare interpretazioni anche molto diverse fra loro, ma sono tali in quanto si fissano ad interpretare gli stessi testi;
- i non credenti, invece, si caratterizzano dal riuscire a trarre ispirazione spirituale da ogni possibile testo.
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In base a tale classificazione, a ben vedere, io dovrei essere considerato un "non credente", in quanto, appunto, traggo ispirazione spirituale da ogni possibile testo, anche di religioni non cristiane; ma, se, a volte, mi definisco "cristiano", forse è perchè traggo ispirazione spirituale principalmente da testi cristiani.
Tuttavia, a ben vedere, questo può dipendere anche (e soprattutto) dal fatto che sono nato a Roma; ed infatti sono sicuro che, se fossi nato alla Mecca, trarrei ispirazione spirituale principalmente da testi musulmani.
"Cuius regio, eius et religio!"
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Tuttavia, personalmente, provo molte "affinità elettive" con i testi dell'Advaita Vedanta; soprattutto perchè certi passi di autori cristiani, che non ne avevano mai sentito parlare, risultano praticamente "identici" ai VEDA (vedi Meister Eckart, Angelus Silesius e molti altri).
E lo stesso dicasi per alcuni "sufi" musulmani!
Questo, secondo me, si spiega con il fatto che la consapevolezza dell'ESSERE che sottende tutto l'ESISTERE, è connaturata ad ogni uomo, che, in ogni luogo e in ogni tempo, si sia posto "seriamente" il problema (a cominciare da Parmenide e da Platone); poi, ovviamente, tale consapevolezza è stata diversamente declinata nelle differenti "spiritualità religose", ma, nella sostanza, resta sempre la stessa.

Il dove si nasce sembra infatti legarsi al credo, e ciò sembra paradossale se si è davvero liberi di credere, non essendo liberi di nascere.
La soluzione del paradosso è che c'è una certa convenienza nel credere quel che si dice di credere.
Non è necessariamente un male questa tensione preminente all'integrazione sociale, purché non si consideri un male la tendenza opposta, che è poi ciò che rende una società dinamica e non immobile e granitica come le leggi scolpite sulla pietra.
Concordo che ci sia una consapevolezza comune dell'essere che porta a convergere religioni nate indipendentemente, e io ho suggerito che questa comunanza nasca da una percezione comune, perché il confine fra ciò che vediamo e ciò che immaginiamo è più labile di quanto non vogliamo credere e ed è allo stesso modo per tutti, perché condividiamo una percezione di fondo.
Sebbene la scienza attuale abbia messo a nudo le approssimazioni del sistema percettivo, non potendosi però vivere sempre nel dubbio di ciò che si percepisce, abbiamo da un lato deciso di "credere a quel che vediamo" e per contrappeso le approssimazioni del sistema percettivo sono diventate materia di costruzione religiosa, a libera interpretazione e credo, che però, una volta fissati per convenzione diventano , base su cui si edificano le società.
C'è, in un modo o nell'altro, una esigenza di base che ci porta a voler condividere, perché la nostra interazione con la realtà, se da un lato usufruisce della ricchezza di punti di vista individuali, richiede unità di azione per essere efficace.
Non è difficile condividere una religione perché condividiamo le stesse approssimazioni percettive, se non le ammettiamo semplicemente come tali.
La mia è una ipotesi ardita e forse semplicistica, ma se crediamo alle apparizioni della madonna è perché crediamo in ciò che vediamo o in alternativa sentiamo.
Ogni tanto sento mia madre chiamare il mio nome, ma lei non c'è più, e in quei momenti li nessuno può chiedermi di usare ragione .
Però non è che poi nel luogo dove ho sentito la voce costruisco una cattedrale, se non dentro di me, perché è lì che ho sentito la voce.
Se però li costruissi una cattedrale attorno ad essa nascerebbe una nuova società.
Ciò che percepiamo comunque non manca mai di avere conseguenze, in un modo o nell'altro, e la portata di queste conseguenze e' forse ciò che finora abbiamo mancato di ben considerare.

Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: iano il 26 Giugno 2021, 13:20:10 PM
Diciamo che l'individuo sarebbe un paradosso se poi non vi fosse condivisione sedimentata in una percezione comune o che venga da contingente professione di fede, e cosa è l'idea di un Dio unico se non la sublimazione di ciò.
Dio è la soluzione all'apparente paradosso di tanti individui che tendono naturalmente ad unità, raggiunta compiutamente la quale però si annullerebbero, perdendo la loro funzione che è quella di dare a questo fantomatico individuo unico l'onniscienza che solo tante menti indipendenti e occhi diversi puntati ovunque possono dare.
In un certo senso, se tutti vediamo rosso, è solo un fatto di fede che viene da lontano.
Una religione di cui nessuno ha più memoria, ma che tutti continuano a professare, e non si offendano i daltonici per il banale esempio.🙏
Titolo: Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 26 Giugno 2021, 13:27:14 PM
Ciao Paul11. :)
Hai ragione nel dire che, sotto il profilo strettamente sintattico, non è Dio che si "concretizza", ma è il Logos; però dimentichi che Giovanni aveva appena premesso che Dio e il Logos "sono esattamente la stessa identica cosa" (θεὸς ἦν ὁ λόγος).
Quindi è Dio stesso che si concretizza, "per mezzo" ("δια") del Logos (αὐτοῦ)! 
Per cui tutte le cose ("πάντα"), scaturiscono ("ἐγένετο") da Lui, come sua manifestazione "fenomenica"; cioè vengono ad "esistere" individualmente, ma è l'"essere" che continua sempre necessariamente a sottenderle tutte.
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Ed infatti, "ἐγένετο" è l'indicativo aoristo del verbo γίγνομαι, che non significa affatto nè essere "fatto" nè essere "creato" (per i quali si usa il verbo "ποιέειν"), sebbene "essere" o "venire ad essere" o "essere generato".
E mentre ciò che è "creato" è qualcosa di totalmente differente e indipendente da ciò che lo crea, ciò che, invece, viene "generato" (vedi radice "γέν", cioè "gen") è della stessa sostanza di ciò che lo genera.
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Per cui, se Dio non "crea" (come, secondo me, erroneamente tradotto in italiano) il mondo e l'uomo dotati di una sostanza differente dalla sua, bensì "li genera da sè stesso" allora tutto è "ontologicamente" Dio; così come, appunto, le onde sono "consustanziali" al mare.
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Tuttavia, a differenza di alcune concezioni orientali, bada bene che, almeno secondo la mia concezione (e non solo la mia), le onde non sono affatto delle mere "illusioni" o "miraggi", bensì sono semplicemente delle "manifestazioni" del mare, e, quindi, sono concettualmente "diverse" da lui, ed hanno individuali comportamenti "ondivaghi": ed infatti, noi non diremmo mai che "il mare ha rovesciato una barca", bensì diresti che ""quell'onda ha rovesciato una barca".Allo stesso modo, io dico che "Caio ha ucciso Tizio", ma non certo che "Dio ha ucciso Dio"!
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Secondo te, se fosse l'essere a concretizzarsi avrebbe ragione Spinoza e il suo "panteismo"; e comprendo benissimo il tuo dubbio.Ma il "panteismo" (πάν (pán) = tutto e θεός (theós), consiste nel credere che ogni cosa sia "permeata" da un Dio immanente, per cui l'Universo o la natura sono equivalenti a Dio; ma non è certo questa la concezione di Giovanni, e neanche la mia.Ed infatti, se io schiaccio uno scarafaggio non penso affatto di stare schiacciando Dio, nè tantomeno una sua "parte".In altre parole:-  per il "panteismo", il mondo è come un appartamento suddiviso in "parti specifiche" di Dio;- per me e Giovanni, invece, il mondo è come un appartamento suddiviso il "quote ideali" di Dio,La concezione di Giovanni, peraltro, corrisponde anche a quella di Paolo, per il quale "Deus est omnia in omnibus" (Epistola ai Colossesi 3, 11); ma, ovviamente, nessuno dei due era "panteista".
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Peraltro, scendendo "per li rami", approcci simili li troviamo in una infinità di scrittori cristiani (ed anche di Santi) e cattolici: da San Dionigi L'aeropagita, fino a Meister Eckart, Suso, Taulero, Silesius e molti altri!Nessuno di essi è stato dichiarato eretico; e neanche Eckart (a parte soltanto 24 singole "proposizioni" nella "BOLLA IN AGRO DOMINICO").
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Ti cito, al riguardo, solo alcuni bellissimi aforismi, tratti dal PELLEGRINO CHERUBICO, di Angelus Silesius:"Dio si fonda senza fondo, si misura a dismisura; se con lui sei un sol spirito, uomo, lo capisci." (I, 42)"Dio abita in una luce cui strada non conduce; chi luce non diventa, non lo vede in eterno. (I, 72)"Spogliati delle immagini, così sei pari a Dio; ed in perfetta quiete sei per te il tuo cielo. (II, 54)"Non devi invocar Dio! La sorgente è in te, e se non la fermi tu, scorre di continuo." (I, 55)"L'abisso della mia anima chiama sempre a gran voce l'abisso di Dio: dimmi, quale è più profondo?" (I, 68) -ripreso "tel quel" dal salmo 41.***In sintesi, cioè:- un conto è dire che ogni cosa è "permeata" da un Dio immanente, per cui l'Universo o la natura sono equivalenti a Dio;- un altro conto, invece, è dire che tutto ciò che "è", trae l'"essere" da Dio, che, appunto, è puro ESSERE (o UNO che dir si voglia).
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Quanto al problema logico di legare due domini che hanno proprietà separate, come l'"essere" stabile e il "divenire" dell'esistenza, Platone lo risolse (almeno per alcuni aspetti) col "mito della caverna"; io, più modernamente, con il "mito del cinematografo".Seduti in un cinema, noi vediamo i personaggi di un cartone animato agitarsi sulla scena, e svilupparsi degli eventi che non sono affatto meramente illusori, ma che, tuttavia, hanno una realtà, per così dire, "di secondo livello"; ed infatti, la realtà "sottostante" ("sostanza" viene da "sub" e "stare") è costituita da uno schermo bianco, immoto, e sempre uguale a se stesso, e "avulso" dal "tempo scenico".Ma, ovviamente, si tratta di un esempio con tutti i suoi inevitabili limiti.
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Così come va preso con i suoi limiti anche il seguente mio aneddoto personale.Tempo fa, ho sognato che quattro personaggi, A, B, C e D, discutevano tra di loro, molto  accanitamente, sulla legge ZAN, uno del PD, uno del M5S, uno di FI e un altro della LEGA; evidentemente, si trattava di un "sogno governativo", perchè nella discussione mancava E, e, cioè un rappresentante di FDI.
;D
Ciascuno dei quattro personaggi aveva un aspetto fisico diverso (uno era una donna), e, soprattutto, idee molto diverse tra di loro, e dalle mie; però, quando mi sono svegliato, i quattro personaggi sono svaniti nel nulla, e si sono scoperti essere tutti quanti ME STESSO!Come penso che accadrà a noi, quando moriremo e scopriremo che il nostro volto è lo stesso volto di Dio; ma, ovviamente, questa è solo una mia ipotesi. Però, attenzione!I quattro personaggi in questione, per un breve periodo, e limitatamente ad uno "stato di coscienza onirico", hanno vissuto in un loro specifico "livello di realtà", ed erano sicuramente diversi da me, sia fisicamente sia  come idee; diversamente, il povero ipotetico E, rappresentante di di FDI, non è mai vissuto in nessun "livello di realtà".
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Il panteismo  costituisce una concezione alquanto diversa!
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Per quanto riguarda Yeshua, per restare al mio esempio, sarebbe stato come se il mio semplice sogno fosse diventato un "sogno lucido"; ed A,  a corrente alternata, ma senza svegliarsi, a volte fosse stato consapevole di essere A (Yeshua), e altre volte di essere EUTIDEMO (Yahweh).Non so se ho reso l'idea!***Al riguardo, ho molto apprezzato il tuo bellissimo aforisma: "Lo spirito nell'uomo è il cordone ombelicale fra essere ed esistenza".Ti chiedo il permesso di citarlo!
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Sono anche d'accordo con te sul fatto che dire che ognuno di noi è "parte" di Dio, ha un vago sentore di  new age; il che non piace per niente neanche a me.Ed infatti, Dio, essendo UNO, non ha "parti"!
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Quanto all'"ipostasi" era un forma precedente al cristianesimo, e significava l'unione del corpo con lo spirito; però, poi, è stata sussunta dal cristianesimo, nel senso da me esposto nel mio topic iniziale.
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Il tuo successivo discorso, non lo commento nè in senso positivo nè negativo, perchè, sinceramente, non l'ho capito molto bene (però mi pare interessante): "che noi siamo simili a Dio, ma fatto Uomo, quindi in divenire e ipostasi come spirito con un corpo , ma non abbiamo il Logos che è in Dio, dobbiamo cercarlo nell'esistenza .In quanto il Logos, se inteso come "ragione", è corrisponderebbe al "disegno divino" quindi dell'essere che ci è nascosto nella forma mortale dello spirito in un corpo, ma essendovi nel corpo lo spirito ,questo si relaziona con il Logos, quindi non è totalmente nascosto per cui la via spirituale è quella di avvicinarci al Logs dell'archè (in quanto nel testo greco l' inizio è tradotto con il termine greco archè che è identico al pensiero filosofico greco classico e in ebreo bereshit che infatti corrisponde alla prima parte di Genesi in ebraico)."
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Quanto al termine "persona" hai perfettamente ragione; si chiama così in quanto la maschera indossata dagli attori antichi, greci e romani, permetteva di amplificare la voce degli attori.Ed infatti, il sostantivo "persona" deriva dalla terza persona del presente indicativo del verbo latino "personare", cioè "personat" (rimbomba); o, almeno, secondo alcuni filologi dovrebbe essere così.***Grazie per i complimenti, che sentitamente ricambio.
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Un saluto! :)
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Titolo: Re:Il "paradosso" di DIO e del LOGOS
Inserito da: Eutidemo il 26 Giugno 2021, 13:34:33 PM
AVVISO
Sto partendo per le vacanze, per cui temo che, per un po' di tempo, probabilmente non avrò modo di scrivere nel Forum.
Per cui mi scuso anticipatamente se  eventuali vostri interventi nei miei "thread" (o in quelli altrui) restassero senza risposta!
Chiedo venia!
Buone vacanze a tutti! :)