Inventare una nuova religione

Aperto da anthonyi, 27 Agosto 2025, 14:03:01 PM

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Duc in altum!

Citazione di: Jacopus il Oggi alle 08:11:54 AMdal mio punto di vista non esiste alcuna consolazione né terrena (regni millenari, comunismo, Basileus divino) nè ultraterrena.
Benissimo, ma siccome non hai nessuna certezza che sia così (soprattutto per quella ultraterrena), puoi solo sperare (incrociando le dita) che davvero sia così, per giustificare - nel frattempo - ciò che hai voluto essere e ciò che fai quotidianamente (ossia: dare un senso compiuto alla tua esistenza).
Né più, né meno di una suora, di un monaco, di un rabbino...

Citazione di: Jacopus il Oggi alle 08:11:54 AMParadossalmente è proprio accettando questa condizione che sarebbe possibile creare un nuovo modo di vivere in società, o se preferisci rifondare il messaggio evangelico abolendo ogni divinità.
Paradosso per paradosso, preferisco Gesù allo stoicismo (almeno Lui qualcuno lo ha salvato o reso davvero felice), anche perché con sto mondo che sta per finire, non ho tempo (o l'età) per illudermi su di un nuovo modo di vivere... per di più rifondando il messaggio evangelico, che è già tra noi come dono perfetto e gratuito?!?
No, grazie!
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

Citazione di: Alexander il 08 Settembre 2025, 16:06:44 PMA parte questo, l'affidarsi, l'aver fede in qualcosa di esterno a noi ha ancora una potente attrattiva e quasi necessità.
E' inevitabile, nessuno può scampare... non c'è alternativa possibile!  8)

Citazione di: Alexander il 08 Settembre 2025, 16:06:44 PMSpesso chi non ha una fede religiosa particolare, un non credente, pone fede in principi che cercano (umanesimo, etiche sociali, ecc.) di andare anche loro a colmare quel bisogno naturale di senso (l'uomo è un animale che si interroga) che non si riesce a scorgere nella realtà. Fino ad arrivare a crearsi una realtà in cui credere, come dice iano.
Quindi diviene anch'egli un credente... per fede! O:-)

Citazione di: Alexander il 08 Settembre 2025, 16:06:44 PMArrivo a dire che maturiamo per una parte della nostra vita una costruzione mentale della realtà in cui credere, e poi passiamo l' altra parte a difenderla dalle costruzioni altrui.
Concordo pienamente, ma spesso non è una costruzione mentale della realtà... ma la pura Verità!
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Jacopus

CitazioneParadosso per paradosso, preferisco Gesù allo stoicismo (almeno Lui qualcuno lo ha salvato o reso davvero felice), anche perché con sto mondo che sta per finire, non ho tempo (o l'età) per illudermi su di un nuovo modo di vivere... per di più rifondando il messaggio evangelico, che è già tra noi come dono perfetto e gratuito?!?
No, grazie!
Ma io mica ti voglio far cambiare idea. Non sono mica come il cattolicesimo dei bei tempi andati che convertiva gli eretici con il sacro fuoco del rogo. Esprimevo solo la mia posizione sulla questione.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Phil

Citazione di: Alexander il Oggi alle 08:18:20 AMNi.. Nel senso: tu fai esperienza di qualcosa (amore, compassione, gioia profonda, stati estatici, ecc.) e poi, ritenendolo una esperienza vera del divino o altro, poni la tua fede in quello.
Questo "ritenere" è proprio ciò che lo rivela come esperienza non diretta, bensì interpretata, fideistica, opinabile, etc. Se sbatto il mignolo o mi innamoro o "raggiungo" il Nirvana, non c'è molto da ritenere o decifrare, perché sono pure esperienze dirette che, in quanto tali, non necessitano di "commentari linguistici".

Citazione di: Alexander il Oggi alle 08:18:20 AMesperienza meditativa che dovrebbe Portare a "qualcosa" ( nirvana, estasi divina). Infatti molti mollano quando perdono la fede che quel sentiero, o le esperienze vissute, portino veramente a...
Come dicevo, il Nirvana viene spesso interpretato "all'occidentale" come qualcosa di paradisiaco, per questo ho citato Nagarjuna che invece demistifica il Nirvana da influenze trascendenti o folkloristiche. Non serve aver fede nel Nirvana, così come non serve aver fede nell'innamoramento: se ti metti in condizione di farne esperienza, ci provi, può capitare che la farai e se accadrà non ci sarà nulla da ritenere o interpretare o in cui aver fede; se non la fai, la vita continua lo stesso. Il percorso che porta al Nirvana non è un cammino di fede, come detto prima: aver fede nel Nirvana è il miglior modo per non arrivarci (e in questo lo Zen è molto chiaro e unanime); lo stesso non può dirsi per le fedi religiose.
Citazione di: Duc in altum! il Oggi alle 09:34:54 AMnel momento che la fede è piena e autentica, avviene il cosiddetto "miracolo", quindi c'è anche l'esperienza di ciò in cui si ha fede, l'accertamento (l'esperienza diretta) dell'oggetto/soggetto della fede.
Chi ha fede non fa esperienza diretta di Dio, ossia dell'"oggetto" (filosoficamente parlando) della sua fede. Il fatto di interpretare fenomeni come voluti da Dio oppure una gioia come "grazie a Dio", etc. non sono esperienze dirette, ma indirette. Fare esperienza diretta di Dio significherebbe avere una conversazione (non un monologo) con lui o toccarlo, etc. e non in senso metaforico, ossia ancora indiretto (del tipo «Dio mi parla in molti modi», e altri sofismi, dogmatismi, etc.).
L'esperienza diretta, almeno per come la intendo, è quella dello spigolo sul mignolo o quella del Nirvana, inteso come nuovo sguardo sul mondo. Certo, anche la fede religiosa dà un nuovo sguardo sul mondo, ma rimanda ad altro, ossia a Dio, che è assente come esperienza diretta in questo nuovo sguardo; nel Nirvana invece non ci sono assenze o entità trascendentali in cui credere per fede (almeno secondo il buddismo meno populista e metafisico).


P.s.
Chiaramente non sto dicendo che il buddismo sia meglio o peggio del cristianesimo, non sono di nessuno dei due partiti (anche se entrambi mi hanno fatto molto riflettere), ma solo che la fede religiosa, in quanto tale, non si basa sull'esperienza diretta (almeno per come la intendiamo io e Nagarjuna), altrimenti, come detto, non sarebbe fede. Se chi ha fede la vive come esperienza "diretta" di Dio, posso capirlo ma, come detto sopra, il fatto che ci sia un residuo trascendentale in tale esperienza "diretta" è un discrimine da non sottovalutare quando la si paragona ad altre esperienze dirette prive di trascendenza.

Duc in altum!

Citazione di: Jacopus il Oggi alle 10:37:48 AMMa io mica ti voglio far cambiare idea. Non sono mica come il cattolicesimo dei bei tempi andati che convertiva gli eretici con il sacro fuoco del rogo. Esprimevo solo la mia posizione sulla questione.
Non ho mai pensato che mi volevi far cambiare idea... per la 'metànoia' si necessita la Grazia!
E' solo questione su chi/cosa applicare la propria fede (ciò che tu definisci: punto di vista, posizione sulla questione).
E' solo giustificazione apologetica della propria scelta di fede.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Duc in altum!

Citazione di: Phil il Oggi alle 10:57:01 AMChi ha fede non fa esperienza diretta di Dio, ossia dell'"oggetto" (filosoficamente parlando) della sua fede. Il fatto di interpretare fenomeni come voluti da Dio oppure una gioia come "grazie a Dio", etc. non sono esperienze dirette, ma indirette. 
Bene, capisco, per te l'esperienza di Dio è solo se ti siedi a bere un caffè con Lui al bar e parlate di calcio o politica.
Se poi non ti è stato concesso questo invito, ma con fede chiedi a Dio di farti un regalo in euro, e non appena esci di casa (dopo 4 minuti dalla tua richiesta), trovi una borsa con un milione di euro in contanti, hai fatto nient'altro che un'esperienza indiretta di Dio... me cojoni! 
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

iano

#141
Io credo che l'uomo abbia la capacità di credere e perciò la usi.
Quindi ogni individuo ha certamente delle fedi, spesso non in chiaro.
Andarle a cercarle significa metterle in crisi, e quindi cambiare.
Cambiare è vivere e perciò io le vado a cercare, per negarle, e andare oltre, non per sfuggire alle credenze, ma per rinnovarle, per sentirmi vivo.
Questo è il gioco della vita, e io spero davvero che non vi sia alcuna verità per gli esseri viventi, perchè questa, una volta trovata, mi farebbe sentire morto in vita: buona per una vita ultraterrena, ma non per questa.
Di esempi di ciò che agisce secondo verità ne abbiamo: la materia.
E' a questo che aspiriamo?
Con tutta la mia capacità di credere io a questo non ci posso credere.



Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Alexander

Citazione di: Phil il Oggi alle 10:57:01 AMQuesto "ritenere" è proprio ciò che lo rivela come esperienza non diretta, bensì interpretata, fideistica, opinabile, etc. Se sbatto il mignolo o mi innamoro o "raggiungo" il Nirvana, non c'è molto da ritenere o decifrare, perché sono pure esperienze dirette che, in quanto tali, non necessitano di "commentari linguistici".
Come dicevo, il Nirvana viene spesso interpretato "all'occidentale" come qualcosa di paradisiaco, per questo ho citato Nagarjuna che invece demistifica il Nirvana da influenze trascendenti o folkloristiche. Non serve aver fede nel Nirvana, così come non serve aver fede nell'innamoramento: se ti metti in condizione di farne esperienza, ci provi, può capitare che la farai e se accadrà non ci sarà nulla da ritenere o interpretare o in cui aver fede; se non la fai, la vita continua lo stesso. Il percorso che porta al Nirvana non è un cammino di fede, come detto prima: aver fede nel Nirvana è il miglior modo per non arrivarci (e in questo lo Zen è molto chiaro e unanime); lo stesso non può dirsi per le fedi religiose.Chi ha fede non fa esperienza diretta di Dio, ossia dell'"oggetto" (filosoficamente parlando) della sua fede. Il fatto di interpretare fenomeni come voluti da Dio oppure una gioia come "grazie a Dio", etc. non sono esperienze dirette, ma indirette. Fare esperienza diretta di Dio significherebbe avere una conversazione (non un monologo) con lui o toccarlo, etc. e non in senso metaforico, ossia ancora indiretto (del tipo «Dio mi parla in molti modi», e altri sofismi, dogmatismi, etc.).
L'esperienza diretta, almeno per come la intendo, è quella dello spigolo sul mignolo o quella del Nirvana, inteso come nuovo sguardo sul mondo. Certo, anche la fede religiosa dà un nuovo sguardo sul mondo, ma rimanda ad altro, ossia a Dio, che è assente come esperienza diretta in questo nuovo sguardo; nel Nirvana invece non ci sono assenze o entità trascendentali in cui credere per fede (almeno secondo il buddismo meno populista e metafisico).


P.s.
Chiaramente non sto dicendo che il buddismo sia meglio o peggio del cristianesimo, non sono di nessuno dei due partiti (anche se entrambi mi hanno fatto molto riflettere), ma solo che la fede religiosa, in quanto tale, non si basa sull'esperienza diretta (almeno per come la intendiamo io e Nagarjuna), altrimenti, come detto, non sarebbe fede. Se chi ha fede la vive come esperienza "diretta" di Dio, posso capirlo ma, come detto sopra, il fatto che ci sia un residuo trascendentale in tale esperienza "diretta" è un discrimine da non sottovalutare quando la si paragona ad altre esperienze dirette prive di trascendenza.
Nelle fedi in qualcosa di trascendente, come una divinità, non viene contemplata la possibilità di una conoscenza diretta di Dio (in questa vita terrena almeno). Sempre in maniera indiretta: sperimento amore e compassione> penso che quell'amore provenga/sia da Dio> credo in Dio. Similmente: sperimento l'efficacia DI Un farmaco>penso che quell'efficacia sia merito del metodo scientifico > ho fede nel lmetodo. È inevitabile aver fede in qualcosa.
Nel Buddhismo la fede si manifesta come fiducia di possedere la natura di Buddha e di possedere  potenziale per raggiungere l'illuminazione. Magari il maestro te lo dice, ti hai Fede nel maestro e ti metti al lavoro. Ma se non hai fede di possedere la natura di Buddha, alla prima difficoltà, molli.

Jacopus

CitazioneE' solo giustificazione apologetica della propria scelta di fede.
Tutti agiamo sulle basi di convinzioni, che non sono fede ma sono una visione del mondo rispetto alla quale cerchiamo di essere più o meno coerenti in una certa porzione della nostra vita. Ma non tutte le fedi sono uguali. La mia fede nella scienza è ad esempio una fede che ammette l'errore e la sua correzione già nel modello iniziale, dando per scontato che ci si può avvicinare alla realtà e alla verità ma senza mai raggiungerle pienamente. La fede nel nazismo presupponeva l'eliminazione di milioni di esseri umani. La fede nel denaro ha altri effetti ancora. Insomma, il fatto che agiamo sulla base di valori fondanti è innegabile ma i valori fondanti non sono tutti uguali e ce ne sono di molto pericolosi.
Che serva la grazia per la metanoia è falso. La metanoia intesa anche in senso immanente (ad esempio un drogato che smette di drogarsi), non ha bisogno di alcuna grazia, ma di altri presupposti del tutto terreni ed umani. Se fosse a carico della grazia, su che base la grazia sceglierebbe i suoi figli prediletti, colore degli occhi, forza di volontà o fede? In quest'ultimo caso la fede giustifica la grazia che giustifica la fede e così via in un loop che è pura metafisica.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alexander

#144
Citazione di: iano il Oggi alle 11:15:43 AMIo credo che l'uomo abbia la capacità di credere e perciò la usi.
Quindi ogni individuo ha certamente delle fedi, spesso non in chiaro.
Andarle a cercarle significa metterle in crisi, e quindi cambiare.
Cambiare è vivere e perciò io le vado a cercare, per negarle, e andare oltre, non per sfuggire alle credenze, ma per rinnovarle, per sentirmi vivo.
Questo è il gioco della vita, e io spero davvero che non vi sia alcuna verità per gli esseri viventi, perchè questa, una volta trovata, mi farebbe sentire morto in vita: buona per una vita ultraterrena, ma non per questa.
Di esempi di ciò che agisce secondo verità ne abbiamo: la materia.
E' a questo che aspiriamo?
Con tutta la mia capacità di credere io a questo non ci posso credere.




Cercare le proprie fedi e rifletterci sopra può metterle in crisi o rafforzarle . Bisogna anche considerare la sfera emotiva : perché ho fede in determinate cose in un particolare periodo della mia vita?

Phil

Citazione di: Alexander il Oggi alle 12:03:01 PMsperimento l'efficacia DI Un farmaco>penso che quell'efficacia sia merito del metodo scientifico > ho fede nel lmetodo. È inevitabile aver fede in qualcosa.
Se sperimento davvero l'efficacia di un farmaco, la fede è tagliata fuori perché ho esperienza diretta del funzionamento di quel farmaco (fosse anche un placebo, se è un placebo che funziona, funziona). La fede nel metodo scientifico non è affatto necessaria a seguito dell'esperienza diretta dell'efficacia del farmaco.
Se anche forziamo la parola «fede» oltre l'ambito religioso, appiattendola a mero e vago sinonimo di «fiducia», «idea», etc., e sosteniamo che è inevitabile avere una qualche "fede" (ossia una qualche fiducia, idea, valore, etc.), resta vero che è palesemente evitabile l'avere una fede religiosa (che coinvolga divinità, trascendenze, post-mortem ultra-terreni, etc.).
Citazione di: Alexander il Oggi alle 12:03:01 PMNel Buddhismo la fede si manifesta come fiducia di possedere la natura di Buddha e di possedere  potenziale per raggiungere l'illuminazione. Magari il maestro te lo dice, ti hai Fede nel maestro e ti metti al lavoro. Ma se non hai fede di possedere la natura di Buddha, alla prima difficoltà, molli.
Se tu mi dici che allenandomi e seguendo una certa dieta posso dimagrire, la "fede" che ho in te non credo meriti la maiuscola (Fede) e di certo non è una fede religiosa. Lo stesso vale per il buddismo che ti dice che meditando e studiando alcuni testi puoi avere una differente visione della realtà. La natura buddica non è qualcosa di mistico o trascendente, si riduce all'essere umani senzienti (sempre secondo le correnti meno "favoleggianti" e, appunto, fideistiche del buddismo, come lo Zen).
In fondo è un po' come se si dicesse che studiare psicologia porta ad avere una differente visione dei rapporti interpersonali e dell'interpretazione del mondo; non è questione di fede, basta mettersi a studiare psicologia per avere esperienza diretta di questo possibile cambio di visione (certo, se ci si limita ad imparare a memoria i libri senza comprenderli, allora il cambio di visione è meno probabile).

Alexander

#146
Citazione di: Phil il Oggi alle 12:54:07 PMSe sperimento davvero l'efficacia di un farmaco, la fede è tagliata fuori perché ho esperienza diretta del funzionamento di quel farmaco (fosse anche un placebo, se è un placebo che funziona, funziona). La fede nel metodo scientifico non è affatto necessaria a seguito dell'esperienza diretta dell'efficacia del farmaco.
Se anche forziamo la parola «fede» oltre l'ambito religioso, appiattendola a mero e vago sinonimo di «fiducia», «idea», etc., e sosteniamo che è inevitabile avere una qualche "fede" (ossia una qualche fiducia, idea, valore, etc.), resta vero che è palesemente evitabile l'avere una fede religiosa (che coinvolga divinità, trascendenze, post-mortem ultra-terreni, etc.).Se tu mi dici che allenandomi e seguendo una certa dieta posso dimagrire, la "fede" che ho in te non credo meriti la maiuscola (Fede) e di certo non è una fede religiosa. Lo stesso vale per il buddismo che ti dice che meditando e studiando alcuni testi puoi avere una differente visione della realtà. La natura buddica non è qualcosa di mistico o trascendente, si riduce all'essere umani senzienti (sempre secondo le correnti meno "favoleggianti" e, appunto, fideistiche del buddismo, come lo Zen).
In fondo è un po' come se si dicesse che studiare psicologia porta ad avere una differente visione dei rapporti interpersonali e dell'interpretazione del mondo; non è questione di fede, basta mettersi a studiare psicologia per avere esperienza diretta di questo possibile cambio di visione (certo, se ci si limita ad imparare a memoria i libri senza comprenderli, allora il cambio di visione è meno probabile).
Tu sperimenti il farmaco direttamente, non sperimenti il metodo direttamente . Però maturi fede nel metodo sperimentando il farmaco. Non sto dicendo che una fede religiosa è equiparabile a qualunque fede. Sto dicendo che è inevitabile aver delle fedi. Una fede religiosa e diversa da una fede in qualcos'altro. Spesso le fedi possono convivere tra loro. Non è raro trovare chi crede in qualcosa di trascendente e nello stesso tempo ha fede nel metodo scientifico. È dalla fine ottocento che si è stabilità una possibile convivenza tra due tipi diversi di fedi, per merito di un filosofo cristiano poco conosciuto e di cui non ricordo il nome, purtroppo. Non importa. Chi se lo ricorda scriva.  La differenza tra fedi risiede nell'importanza che il soggetto attribuisce ad esse. Un Mujahideen preferisce aver fede in Allah e nel suo mitra piuttosto che fede nel potere del dialogo.  ;). La differenza tra fede di tipo religioso o spirituale e una fede qualsiasi sta nel suo spirito sostanzialmente rivoluzionario ( volontà di cambiare il mondo), che naufraga nell'organizzarsi come istituzione mondana.

Kob

Va tenuto presente che nei testi di spiritualità cristiana viene detto esplicitamente che la fede non è adesione intellettuale a idee religiose o teologiche.
La si può intendere piuttosto come fiducia in un percorso, in un modo di vivere, come la scelta a perseverare in una certa forma di vita.
Allora cosa distingue il cristiano da colui che esercita una spiritualità prettamente filosofica?
Il fatto di leggere ciò che gli accade, i cambiamenti, le gioie della conversione etc., come presenza di Dio.
Se ha ragione Alexander a dire che non è esattamente corretto sostenere che si fa esperienza di Dio, nello stesso tempo si può arrivare a interpretare la propria nuova vita come presenza di Dio solo perché qualcosa di concreto, di legato all'esperienza è accaduto.
Infatti chi si dimentica di rinnovare questo livello legato ai sensi, al corpo ecc., finisce presto per diventare tiepido e, se rimane nei "ranghi", si rifugia nella teologia (come succede a me secondo cicli quinquennali: conversione – entusiasmo – progetti impossibili – raffreddamento – teologia – scetticismo – ateismo – melanconia – conversione – e via dicendo...).

Phil

Citazione di: Alexander il Oggi alle 13:35:50 PMTu sperimenti il farmaco direttamente, non sperimenti il metodo direttamente . Però maturi fede nel metodo sperimentando il farmaco.
Non è proprio esatto, e non intendo solo nel mio caso personale; come scritto sopra: «La fede nel metodo scientifico non è affatto necessaria a seguito dell'esperienza diretta dell'efficacia del farmaco». In concreto: se provo il farmaco e funziona, non mi è affatto necessario poi "aver fede nel metodo scientifico". Anche perché questa fede, in concreto, non significa poi molto e non è convertibile in una prassi. Il metodo scientifico è fatto intrinsecamente anche di fallibilità, sperimentazioni a lungo termine, errori umani, ingerenze economiche, etc. "aver fede" in tale metodo come si traduce nell'agire umano? Che se ho un problema di salute, mi rivolgo al medico che mi suggerisce dei farmaci e "ho fede" che tali farmaci mi facciano star meglio? Ma così si torna all'esempio di partenza: provo il farmaco, se sto bene o se non funziona è questione di esperienza diretta, non di fede. Mi dirai che tuttavia è stata la "fede nella scienza" a farmi rivolgere al medico, ma in realtà anche in questa interpretazione non c'è affatto fede: mi rivolgo alla scienza perché stando ad una casistica reale, esperienze vissute, "dati alla mano", etc. si è dimostrata nella pratica la scelta più efficace per risolvere un malanno. Nessuna fede coinvolta, questione di calcoli ed esperienze dirette.
In altri ambiti sicuramente è in gioco una certa "fede", ma se teniamo salda la distinzione fra fede religiosa e fede non religiosa, per questa seconda "fede", a mio avviso, conviene usare nomi meno ambigui (altrimenti ne possono derivare falsi problemi di apparente "politeismo").

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