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LOGOS - Argomenti => Tematiche Spirituali => Discussione aperta da: InVerno il 12 Settembre 2018, 11:58:57 AM

Titolo: L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 12 Settembre 2018, 11:58:57 AM
Mentre la maggior parte dei ricercatori spirituali si concentra tra le differenze tra il pensiero razionale e il pensiero fideistico, poco vengono discusse le discrepanze tra le scritture e la dottrina. Per chi si è interessato di studi filologici inerenti le sacre scritture, ancor prima che storici, è entrato facilmente a contatto con queste contraddizioni. Spesso queste contraddizioni vengono giustificate attraverso il concetto di "mistero", il problema è che dal punto di vista filologico queste contraddizioni hanno spesso una lunga storia e sono frutto di antichi dibattiti di cui possediamo i carteggi, e che non hanno nulla a che fare con la rivelazione e con i testi più antichi ma spesso sono interpretazioni successive, spesso di molto successive e che non hanno nulla a che fare con una supposta contradditorietà inerente la rivelazione e perciò con un mistero divino. Può un mistero nascere nell'800DC (esempio) mentre prima non se ne aveva alcuna nozione? Parrebbe di si. Esistono casi molto noti di falsi all'interno delle sacre scritture, ma eviterò di prenderli in esempio perchè non sto parlando di essi. Prenderò in esempio le scritture cattoliche, ma lo stesso concetto si applica anche ad altre scritture di tutte le fedi.


Un esempio lampante di ciò è la trinità cristiana. Concetto di cui non si ha una nessuna nozione esplicita all'interno del nuovo testamento, ma che verrà in seguito discusso secondo differenti scuole di pensiero, dal separatismo, al modalismo, al docetismo.. nei primi secoli del cristianesimo c'è un fiorire di scuole di pensiero che tenta una soluzione logica alla natura del Cristo. Sarà solo con Tertulliano che nascerà il concetto di "trinità" anche se in senso diverso da quello che intendiamo modernamente. Tertulliano infatti credeva che non potessero esistere 3 manifestazioni onnipotenti (una avrebbe annullato l'altra) e per forza di cose solamente una di esse (Dio) fosse realmente onnipotente mentre le altre due agissero su un piano diverso (inferiore se si vuole). Oggi la dottrina predica una trinità completamente differente sia da quelle delle scuole di pensiero che hanno perso la battaglia teologica, sia di quella che ha vinto con l'interpretazione di Tertulliano, ma di tutte queste versioni non esiste traccia nel nuovo testamento se non in un passaggio di Giovanni che peraltro è palesemente un addizione postuma. Di questo passaggio infatti non esiste alcuna traccia in nessuna delle migliaia di versioni greche a noi disponibili, e compare solamente nelle versioni in latino, cosa a cui verrà "posto rimedio" da Erasmo da Rotterdam che tradurrà dal latino al greco il passaggio e lo inserirà nella primaversione del testamente in "greco" stampata.
Questi passaggi filologici non sono misteri, ne dispute aperte, è semplice fattuale che questo passaggio non esiste nelle versioni greche del NT e che negli altri vangeli non si faccia menzione esplicita del concetto trinitario così come la dottrina lo descrive, ne in altra sua forma. E' la trinità quindi un mistero della fede, o un mistero della logica tertulliana?

Due grandi scuole di pensiero si accostano oggi all'interpretazione delle scritture. Quella che considera la rivelazione come un evento accaduto (e testimoniato appunto nel "testamento") e quella che considera la rivelazione come una "rivelazione continua". La seconda non ha nessun tipo di problema ad ammettere "rifiniture" come quella trinitaria, perchè la considera un accumulazione, un evoluzione della rivelazione continua.. la prima ha parecchi problemi, ed è quella che va per la maggiore tra i "conservatori" cattolici e va per la maggiore anche tra i credenti. Qual'è quindi il giusto valore delle rivelazioni testamentarie e quale il giusto approccio alle scritture di fronte a problemi filologici di questo tipo?
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: bobmax il 12 Settembre 2018, 14:29:56 PM
Le scritture non contengono alcuna rivelazione. Ed è soprattutto in questo il loro inestimabile valore!

Proprio perché in esse non vi è nulla di "rivelato".
Sono infatti frutto dell'uomo che cerca la Verità.

Un percorso perciò ricco di slanci e di cadute.
Dove ciò che conta è la fede nella Verità, non certo l'illusione di averla agguantata.

Di modo che la scritture non forniscono alcuna verità, propongono invece delle "cifre". Ossia continui rimandi a ciò che sta oltre.

Cifre che solo noi, in perfetta solitudine, possiamo colmare di significato.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Socrate78 il 12 Settembre 2018, 15:38:27 PM
@Inverno: La trinità è un grave ERRORE, punto. Non può essere altrimenti. Infatti la trinità è persino un concetto blasfemo, significa porre divisioni all'interno di un'ipotetico Dio che la stessa religione predica come unico, se Dio è l'Uno che comprende Tutto non può essere diviso in tre persone. Anche se le tre "persone" fossero componenti di Dio, sarebbero comunque un tutt'uno, e quindi non avrebbe senso alcuna distinzione, non essendoci un rapporto di superiorità e inferiorità tra questi tre elementi. In questo hanno ragione gli islamici e gli ebrei a rigettare fortemente il dogma trinitario, poiché significherebbe di fatto scadere in una forma di politeismo che limita, divide Dio stesso.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 12 Settembre 2018, 16:01:27 PM
@BobMax La tua è evidentemente una posizione di "rivelazione continua e individuale" perciò ti poni fuori dal problema (ma probabilmente anche dal cattolicesimo)
Emotivamente posso essere d'accordo con te ma pragmaticamente non fa altro che declinare la questione dal dottrinale all'individuale,
il che non cambia la sostanza del problema, al massimo dimmi tu come ti approcceresti ad un problema come quello esposto.


@Socrate. Non so se sono d'accordo con te ma ho portato un esempio "pars pro toto" anche se di toto non parliamo. Non mi interessa davvero validare o meno il concetto di trinità quanto capire secondo quale criterio esso debba essere approcciato.
Aggiungo che l'esempio qui citato ha fonte nell'opera di Bart D. Ehrman per chi volesse leggersi tutti i dettagli.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: viator il 12 Settembre 2018, 16:03:44 PM
451 - Salve. Io sono un profano dell'argomento e delle sue varie implicazioni. Voglio però permettermi una divagazione teologico-filosofica circa il dogma della Trinità.
Io penso che esso sia stato inserito nella dottrina per considerazioni strategico-ideologiche.
Lo scopo sarebbe stato quello di ribadire, enfatizzare, canonizzare il legame Dio-uomo attraverso un accostamento spiritualistico che rendesse ragione - agli occhi del fedele - dell'esistenza di una "trinita" umana neurofisiologica.
Tale "trinità" umana è quella rappresentata dall'insieme (uno e trino, appunto) di una mente, di un'anima (psiche per il non credente) e di un corpo.

Ore, l'esistenza di una tale triade è ciò che ha sempre posto ai filosofi (ma anche ai profani) un sacco di interrogativi circa le relazioni ed i confini di tali tre componenti.
Tale tematica, se lasciata priva di "spiegazione" teologica, risultava pericolosa per la dottrina e la fede in quanto faceva emergere dubbi, speculazioni, contraddizioni, che avrebbero trovato sfogo solo attraverso argomentazioni naturalistiche, materialistiche, scientistiche.

Ecco allora la Trinità teologica, la quale risulta secondo me strutturabile ed interpretabile nel modo seguente :


Voilà....anche questa è fatta, sospirarono i teologi. Ed ora via, avanti ancora per qualche migliaio di anni !
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Kobayashi il 12 Settembre 2018, 18:32:44 PM
L'esegesi condotta con rigore porta alla confutazione delle cosiddette verità rivelate (così come storicamente è accaduto).
Dunque prima di decidersi per un'opzione o l'altra (centralità della rivelazione attraverso i testi sacri o attraverso la tradizione), bisogna decidersi se fare, diciamo così, un lavoro di consapevolezza dell'autoinganno che sta alla base dell'elezione di quella specifica spiritualità: autoinganno che a mio giudizio è assolutamente accettabile se è ciò che serve per il proprio sviluppo.
Se occorre auto-ingannarsi parzialmente su Gesù di Nazareth affinché si possa dedicare le proprie energie a qualcosa che si sente come nobile e quindi confrontarsi con l'avventura della santità, ben venga l'auto-inganno.
Dopodiché, una o l'altra opzione è irrilevante, perché se è vero che la seconda ha qualche contraddizione in meno da affrontare, deve comunque ammettere di credere nell'idea secondo cui ci sarebbe una Verità a cui ci si avvicina lentamente nei secoli attraverso i commenti etc., cosa straordinariamente ingenua e che in realtà anziché dare slancio alla prassi religiosa ne rappresenta un ostacolo.
Ma i credenti dovrebbero prima diventare filosofi, poi tornare al proprio dio e sapere che questo dio è una propria invenzione funzionale all'esercizio della dedizione e della nobiltà – in sostanza per fare di una vita destinata alla più totale irrilevanza nel caos del mondo qualcosa di coraggioso, di sovversivo (cosa c'è di più sovversivo di una santità che nasce da qualcosa che si sa essere un inganno?).
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 12 Settembre 2018, 20:41:10 PM
@Kobayashi delle tante contraddizioni neotestamentarie, una cosa secondo me è certa, nelle prescrizioni sia dei vangeli che dei padri fondatori. La fede va vissuta in pienezza, è una dedizione come dici tu, e non penso che sia un elemento prescidibile attraverso un autoinganno che è esattamente il contrario della pienezza della fede, o sbaglio? E questo non vale solo per i cattolici, ma per tutte le fedi del mondo io penso, non ve n'è una che suggerisca in qualche modo questa via. Ciò significa che quello che stai sostenendo più una che una soluzione è una condanna per il credente che si approccia all'esegesi, che consciamente o meno deve autoingannarsi se vuole credere nell'autenticità di quello che legge.  Come hai capito non ho aperto un topic per dimostrare che la "trinità è falsa" o simili, uno strumento di comprensione del mondo non va giudicato ma al massimo capito come usare. Davanti a queste contraddizioni, diciamo che il manuale di istruzioni parrebbe difficilissimo da recuperare, compresa che la sua ricostruzione esegetica è un esercizio per la maggior parte completamente disorientante.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: bobmax il 12 Settembre 2018, 22:01:17 PM
 @InVerno
Secondo me, nella ricerca della Verità, occorre muoversi lungo uno stretto crinale. Evitando cioè di scivolare nel sentimento irragionevole, così come di cadere nell'adorazione della dea ragione.

Nella lettura delle scritture si può in questo modo cogliere una loro continuità con il pensiero filosofico di ogni tempo.

Se teniamo fermo il presupposto che al di là di ogni invenzione e mistificazione vive nell'uomo la Verità, anche nelle scritture essa può manifestarsi.
E non può che manifestarsi coerentemente con ogni altra occasione.

Ciò che il cristianesimo dice, in sostanza, è che l'uomo, così come ogni altra cosa, è emanazione di Dio.

Dio che è l'Uno.

Questo è il medesimo pensiero che alimenta la filosofia di tutti i tempi.

La trinità non è perciò che il tentativo di descrivere in qualche modo il fatto che l'uomo è uno con Dio.
Una descrizione che vuole evidenziare l'aspetto dinamico di questa identità.

Infatti il Padre è l'assoluto, irraggiungibile nell'esserci.
Il Figlio è la sua manifestazione sulla terra.
E lo Spirito la forza  che fa in modo di giungere al Padre e viceversa di tornare nell'esserci come Figlio.

Si torna all'esserci attraverso l'ateismo mistico, mentre si sale all'assoluto tramite la Grazia.
Il tutto è governato dallo Spirito.

Non penso che la trinità debba essere considerata "verità", ma senz'altro è una cifra, cifra della Trascendenza.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: paul11 il 13 Settembre 2018, 00:15:58 AM
Citazione di: InVerno il 12 Settembre 2018, 11:58:57 AM
Mentre la maggior parte dei ricercatori spirituali si concentra tra le differenze tra il pensiero razionale e il pensiero fideistico, poco vengono discusse le discrepanze tra le scritture e la dottrina. Per chi si è interessato di studi filologici inerenti le sacre scritture, ancor prima che storici, è entrato facilmente a contatto con queste contraddizioni. Spesso queste contraddizioni vengono giustificate attraverso il concetto di "mistero", il problema è che dal punto di vista filologico queste contraddizioni hanno spesso una lunga storia e sono frutto di antichi dibattiti di cui possediamo i carteggi, e che non hanno nulla a che fare con la rivelazione e con i testi più antichi ma spesso sono interpretazioni successive, spesso di molto successive e che non hanno nulla a che fare con una supposta contradditorietà inerente la rivelazione e perciò con un mistero divino. Può un mistero nascere nell'800DC (esempio) mentre prima non se ne aveva alcuna nozione? Parrebbe di si. Esistono casi molto noti di falsi all'interno delle sacre scritture, ma eviterò di prenderli in esempio perchè non sto parlando di essi. Prenderò in esempio le scritture cattoliche, ma lo stesso concetto si applica anche ad altre scritture di tutte le fedi.


Un esempio lampante di ciò è la trinità cristiana. Concetto di cui non si ha una nessuna nozione esplicita all'interno del nuovo testamento, ma che verrà in seguito discusso secondo differenti scuole di pensiero, dal separatismo, al modalismo, al docetismo.. nei primi secoli del cristianesimo c'è un fiorire di scuole di pensiero che tenta una soluzione logica alla natura del Cristo. Sarà solo con Tertulliano che nascerà il concetto di "trinità" anche se in senso diverso da quello che intendiamo modernamente. Tertulliano infatti credeva che non potessero esistere 3 manifestazioni onnipotenti (una avrebbe annullato l'altra) e per forza di cose solamente una di esse (Dio) fosse realmente onnipotente mentre le altre due agissero su un piano diverso (inferiore se si vuole). Oggi la dottrina predica una trinità completamente differente sia da quelle delle scuole di pensiero che hanno perso la battaglia teologica, sia di quella che ha vinto con l'interpretazione di Tertulliano, ma di tutte queste versioni non esiste traccia nel nuovo testamento se non in un passaggio di Giovanni che peraltro è palesemente un addizione postuma. Di questo passaggio infatti non esiste alcuna traccia in nessuna delle migliaia di versioni greche a noi disponibili, e compare solamente nelle versioni in latino, cosa a cui verrà "posto rimedio" da Erasmo da Rotterdam che tradurrà dal latino al greco il passaggio e lo inserirà nella primaversione del testamente in "greco" stampata.
Questi passaggi filologici non sono misteri, ne dispute aperte, è semplice fattuale che questo passaggio non esiste nelle versioni greche del NT e che negli altri vangeli non si faccia menzione esplicita del concetto trinitario così come la dottrina lo descrive, ne in altra sua forma. E' la trinità quindi un mistero della fede, o un mistero della logica tertulliana?

Due grandi scuole di pensiero si accostano oggi all'interpretazione delle scritture. Quella che considera la rivelazione come un evento accaduto (e testimoniato appunto nel "testamento") e quella che considera la rivelazione come una "rivelazione continua". La seconda non ha nessun tipo di problema ad ammettere "rifiniture" come quella trinitaria, perchè la considera un accumulazione, un evoluzione della rivelazione continua.. la prima ha parecchi problemi, ed è quella che va per la maggiore tra i "conservatori" cattolici e va per la maggiore anche tra i credenti. Qual'è quindi il giusto valore delle rivelazioni testamentarie e quale il giusto approccio alle scritture di fronte a problemi filologici di questo tipo?
Ciao Inverno,
non esiste un pensiero semplicemente fideistico che regga senza un ragionamento.
Chi avesse fede solo per emotività personale, credendo in Dio come sua ancora psicologia ai suoi problemi esistenziali, prima o poi la perde come l'ha acquistata; accade nella spiritualità come in politica.
E' il ragionamento che tempra la fede e passa per le esperienze della vita che la mettono alla prova.
Quindi un base di razionalità, e la dottrina è il tentativo di razionalizzare "tracce" scritturali,deve esserci necessariamente, affinchè, come dici giustamente, non sia solo personalizzazione spirituale.

Tutte le sacre scritture sono narrazioni, con diverse parti e per scopi diversi.Vi sono vicende storiche come romanzi, vi sono parti prescrittive rituali, vi sono parti sapienziai,ecc.

Nell'esempio che tu fai sulla trinità, ad esempio, Gesù chiama Dio, come Padre così come vine scritto dello Spirito Santo.
Se chiama Padre, Dio, ovviamente implica che Lui sia il Figlio.
Se nelle scritture sacre, non ve ne fosse traccia, qualunque interpretazione sarebbe un'astrazione priva di un contesto sacro.
E' altrettanto chiaro che Gesù non costruisce una dottrina logica, una forma di protocollo religioso, insomma quelli che saranno chiamati dogmi.
Qualunque sacra scrittura non è un manuale con formule ch spiegano tutto.La narrazione lascia tracce, le forme spesso sono metaforiche ed allegoriche, cariche di simboli e rimandi, quì sta la base della pensiero razionale dottrinale, unire l simboli costruendo la forma, dare senso alle tracce dentro la narrazione.Ed è chiaro che è ermeneutica, esegesi con correnti dottrinarie che impiegano diverse chiavi di lettura.
Altro esempio, il peccato originale.E' vero che non è concettualizzato all'interno della sacra scrittura, ma se si ritene che l"ammutinamento" di Adamo nell'Eden sia un peccato e la conseguenza sia un uomo che dovrà vivere schiavo della terra fino alla prima venuta di Gesù che monda i peccati del mondo con il suo sangue, il filo, le"tracce" si legano in un pensiero razionale,così come già Gesù dice di una sua seconda e finale venuta, appare altrettanto chiaro che dall'anno zero di Cristo ad una sua eventuale venuta, si aprono interpretazioni scritturali sul pensiero e scritti dei profeti, evangelisti e patristi come S. Paolo.
E' a Gesù nei Vangeli che vengono attribuite parole come"si compiano le scritture, le profezie...."

Ora di argomenti come la trinità ".......generato e non creato della stessa sostanza del padre...." o sul peccato originale, ve n'è da discutere.
Diffido ancor di più chi attualizza storicamente le dottrine, secolarizzandole:questo è ancor più pericoloso.
Il più grande rischio, insomma, è quello di prendere una scrittura sacra e reintepretarla in chiave attuale seguendo le attuali "mode" culturali.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 08:14:16 AM
Citazione di: bobmax il 12 Settembre 2018, 22:01:17 PM[...] il cristianesimo dice, in sostanza, che l'uomo, così come ogni altra cosa, è emanazione di Dio. Dio che è l'Uno.
Se l'uomo è un'emanazione di Dio, e se Dio è l'Uno, guardando le cose dal punto di vista dei pezzetti di vita illusoriamente singoli, nella loro quotidiana mediocrità, non mi pare che questo Uno ne esca fuori tanto bene... Non mi pare che la sua sostanza sia tanto nobile... Ma certo si tratta dell'illusione della differenza – un'illusione che tuttavia dura tutta la vita mentre l'idea dell'Uno, ad essere sinceri, al di là delle asserzioni paradossali di un Angelus Silesius, il cui conforto dura invece il tempo di un sogno (circa un'ora), deve essere continuamente alimentata se no sparisce, proprio come un progetto platealmente impossibile...
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 08:35:28 AM
Citazione di: InVerno il 12 Settembre 2018, 20:41:10 PMLa fede va vissuta in pienezza, è una dedizione come dici tu, e non penso che sia un elemento prescidibile attraverso un autoinganno che è esattamente il contrario della pienezza della fede, o sbaglio? E questo non vale solo per i cattolici, ma per tutte le fedi del mondo io penso, non ve n'è una che suggerisca in qualche modo questa via. Ciò significa che quello che stai sostenendo più che una soluzione è una condanna per il credente che si approccia all'esegesi

Tu stai parlando del vecchio tipo di credente, che guarda caso, è una creatura in via d'estinzione.
Il tipo nuovo di credente non può più accettare la violenza dell'idea di Verità (così come ogni filosofo decente dovrebbe farlo), ma è chiamato ad aprirsi ad altre posizioni più sensate, per esempio interpretare la propria affinità con il Vangelo come il segno di un'elezione singola, valida solo per se', per il mistero della propria origine e come via per diventare qualcosa che inizialmente si intuisce solo vagamente.
Il che significa: niente morale, niente dimostrazioni teologiche, niente aberranti discorsi universali, ma solo ricerca del divino come se ci fosse solo lui e il suo dio.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Sariputra il 13 Settembre 2018, 09:04:20 AM
Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 08:35:28 AM
Citazione di: InVerno il 12 Settembre 2018, 20:41:10 PMLa fede va vissuta in pienezza, è una dedizione come dici tu, e non penso che sia un elemento prescidibile attraverso un autoinganno che è esattamente il contrario della pienezza della fede, o sbaglio? E questo non vale solo per i cattolici, ma per tutte le fedi del mondo io penso, non ve n'è una che suggerisca in qualche modo questa via. Ciò significa che quello che stai sostenendo più che una soluzione è una condanna per il credente che si approccia all'esegesi
Tu stai parlando del vecchio tipo di credente, che guarda caso, è una creatura in via d'estinzione. Il tipo nuovo di credente non può più accettare la violenza dell'idea di Verità (così come ogni filosofo decente dovrebbe farlo), ma è chiamato ad aprirsi ad altre posizioni più sensate, per esempio interpretare la propria affinità con il Vangelo come il segno di un'elezione singola, valida solo per se', per il mistero della propria origine e come via per diventare qualcosa che inizialmente si intuisce solo vagamente. Il che significa: niente morale, niente dimostrazioni teologiche, niente aberranti discorsi universali, ma solo ricerca del divino come se ci fosse solo lui e il suo dio.

Questo è però il pericolo di una spiritualità fatta a "propria immagine e somiglianza". Quello che ne esce non è la ricerca dell'Altro da sé, ma un girare intorno al proprio ombelico...in questo modo si trova nient'altro che quello che si vuol trovare. Cercheremo così solo ciò che ci dà piacere e rigetteremo tutto quello che ci "disturba" e che soprattutto possa metterci in crisi... :)
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 13 Settembre 2018, 09:40:12 AM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 00:15:58 AM
Nell'esempio che tu fai sulla trinità, ad esempio, Gesù chiama Dio, come Padre così come vine scritto dello Spirito Santo.
Se chiama Padre, Dio, ovviamente implica che Lui sia il Figlio.
Se nelle scritture sacre, non ve ne fosse traccia, qualunque interpretazione sarebbe un'astrazione priva di un contesto sacro.
E' altrettanto chiaro che Gesù non costruisce una dottrina logica, una forma di protocollo religioso, insomma quelli che saranno chiamati dogmi.
Qualunque sacra scrittura non è un manuale con formule ch spiegano tutto.La narrazione lascia tracce, le forme spesso sono metaforiche ed allegoriche, cariche di simboli e rimandi, quì sta la base della pensiero razionale dottrinale, unire l simboli costruendo la forma, dare senso alle tracce dentro la narrazione.Ed è chiaro che è ermeneutica, esegesi con correnti dottrinarie che impiegano diverse chiavi di lettura.
Ma questo tuttavia non implica nulla riguardo la trinità.Anzi apre ulteriori ipotesi di esegesi perchè "essere figli di Dio" nella tradizione ebraica e come compare nell'antico testamento non è una descrizione, è un titolo. Quando e dove questo titolo ha acquistato valore descrittivo? E  la faccenda si complica ulteriormente perchè i vangeli differiscono nel considerare qualora Gesù fosse cosciente della sua divinità o meno o quando e come l'avesse acquisita (per nascita, per esaltazione sulla croce o per incarnazione). Anche prendendo in considerazione Giovanni dove Gesù sembra completamente cosciente del suo essere divino, ed essere tale addirittura dall'inizio dei tempi, questo non dice assolutamente nulla della trinità dottrinale, e questo è un problema evidente visto il profluvio di scuole di pensiero che si sono susseguite nel tempo che stanno a testimoniare appunto quanto il NT sia insufficiente a concordare una posizizione cosmologica. Persino Newton (unitariano) aveva una propria versione della trinità!
Qual'è allora il giusto criterio per valutare una posizione dottrinale sulla trinità delle infinite formulate in questi due mila anni?  Sono d'accordo che anche la fede segua un ragionamento, per forza di cose perciò non tutti possono essere corretti, e ad oggi l'unico criterio è stato quello "evoluzionista", cioè ha vinto il criterio dottrinale che è risultato più resiliente degli altri (per forza di cose, era protetto da uno stato). Ma è davvero questo il metro di valutazione più affidabile per ricondurci al significato di quelle tracce di cui parli? O quale altro? Nessuno lo sa, credo quia absurdum, che è l'autoinganno di cui parla Kobayashi.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 09:53:24 AM
Per Sariputra.
Quando ho scritto niente morale intendevo niente morale agli altri, cioè niente discorsi edificanti indirizzati ad altri etc., nessuna dimostrazione invasiva della propria verità, nessuna aggressione ideologica.
Ma poi è chiaro che se ci si sente affini a una determinata spiritualità ci si confronta con essa, si cerca di vivere quella tradizione etc.

Sariputra, tu segui una determinata tradizione, giusto?
E credi che quella sia la verità? Che quindi tu hai ragione e per esempio un cattolico ha torto (nel momento in cui le sue idee si allontanano dalle tue)?
Sarebbe sopravvalutarsi un po'... Non credi?
Allora non resta che accettare il fatto che di verità ce ne sono un po', sparse nel mondo, e che ciascuno ne sostiene una per via di particolari affinità, si auto-inganna, almeno in parte, nel parlare della sua verità come di quella più robusta, e in parte sa invece benissimo che quella opposta è altrettanto solida e ben argomentata.
L'importante è che la propria verità serva alla propria vita, alla sua evoluzione.
Tant'è che nel momento in cui ci si sente soffocare da una determinata dottrina la si abbandona, e proprio allora ecco la propria razionalità sfornare tutta una serie di argomentazioni contro quella verità come se prima, nella fase ascendente di essa, fossero insostenibili.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 13 Settembre 2018, 10:31:12 AM
@Kobayashi, il problema delle versioni "individualiste" della questione è secondo me su un piano diverso. Posto che in tutte le religioni c'è una tensione tra la visione "individualista" e quella "centralista", che in europa si chiama "riforma" e che sta accadendo peraltro in questi anni nel mondo islamico (le bombe lo testimoniano).. Se questo tiro alla fune viene vinto dagli individualisti, storicamente, quello accade è l'atomizzazione del messaggio originale e in ultima istanza la sua perdita. Che cosa è rimasto dei protestanti? Poco o niente, addirittura in america si sono divisi in decine di "semireligioni" e continueranno a scindersi all'infinito fino a scomparire.. Gli antichi capivano bene che la conservazione del messaggio passava attraverso la negazione della visione individuale, e che il vantaggio dei singoli avrebbe compromesso il messaggio di per se. Se la tua visione fosse corretta, in teoria significherebbe che la frammentarietà delle fonti conduce all'atomizzazione del pensiero teologico e questo in ultima istanza alla sua perdita, e che questa condanna non possa essere in nessun modo elusa. Gli islamici sono assolutamente convinti che il Quran non abbia (mai) subito modifiche, questo è storicamente non vero, ma è vero che dall'anno mille in poi l'uniformità del testo è molto forte e comprovata. Oggi però si ritrovano un Quran tradotto in migliaia di lingue (contro la prescrizione di Allah) e per forza di cose l'unitarietà del testo è persa. Cominciano le bombe, comincia la riforma, comincia il (ineluttabile?) declino del messaggio verso l'atomizzazione, la stessa subita dal cristianesimo dopo la stampa.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: donquixote il 13 Settembre 2018, 10:53:21 AM
Citazione di: InVerno il 12 Settembre 2018, 11:58:57 AMDue grandi scuole di pensiero si accostano oggi all'interpretazione delle scritture. Quella che considera la rivelazione come un evento accaduto (e testimoniato appunto nel "testamento") e quella che considera la rivelazione come una "rivelazione continua". La seconda non ha nessun tipo di problema ad ammettere "rifiniture" come quella trinitaria, perchè la considera un accumulazione, un evoluzione della rivelazione continua.. la prima ha parecchi problemi, ed è quella che va per la maggiore tra i "conservatori" cattolici e va per la maggiore anche tra i credenti. Qual'è quindi il giusto valore delle rivelazioni testamentarie e quale il giusto approccio alle scritture di fronte a problemi filologici di questo tipo?

Se Dio è "Puro Spirito" e dunque non è in alcun modo percepibile con i sensi è evidente che ogni riferimento ad esso che si vuole comunicare deve assumere forme mutuate da cose reali, fenomeni, eventi, racconti, miti che saranno tanto più evocativi quanto più saranno ispirati da quel che si suole chiamare "Spirito Santo". Se le Sacre Scritture del Cristianesimo sono fondate sul racconto di episodi quelle dell'Induismo, ad esempio, hanno un fondamento puramente metafisico che può essere compreso solo da chi ha le qualità intellettuali per farlo. Ogni scrittura è un modo per rendere comprensibili i concetti metafisici universali utilizzando metodi che di volta in volta e a seconda dei periodi e delle persone a cui le scritture sono destinate variano, ma i concetti fondamentali restano necessariamente i medesimi e quel che cambia è solamente il modo di esprimerli, poichè cambiano i tempi, i linguaggi e le qualità delle persone. Ogni racconto delle Sacre Scritture cristiane (come ad esempio quello del peccato originale che è un profondo saggio di filosofia della conoscenza) deve essere quindi riconducibile a concetti universali, e la dottrina ovvero il complesso delle interpretazioni scritturistiche deve mantenersi sempre coerente con le medesime, quindi la sua modifica o il suo aggiornamento (peraltro sempre "formale") deve essere di competenza di coloro che hanno profondamente compreso i concetti metafisici ed universali cui le scritture rimandano. Se dunque vi sono differenze inconciliabili fra le scritture e la dottrina significa che quest'ultima è stata elaborata (o rielaborata) da persone che non hanno correttamente compreso le prime, e l'adozione del metodo filologico per approcciarsi alle scritture è stato il modo migliore per condannarsi a non capirne nulla. Non vi è nessuna contraddizione fra l'aspetto "fideistico" e quello "razionale" delle scritture e della dottrina, ma sono solo due livelli diversi e complementari; ognuno può aver fede nella dottrina e nell'autorità che la emana e tanto gli basta, ma chi vuole trovare anche una spiegazione razionale alla medesima può farlo a patto che abbia la costanza e la capacità di seguire un percorso filosofico (non filologico) che, come diceva Sari, potrebbe metterlo in crisi e farlo desistere. Diceva Gandhi: "Prima credevo che Dio fosse la Verità, adesso so che la Verità è Dio" ovvero bisogna partire da un dato di fede (credevo) per raggiungere alla fine del percorso un dato di sapienza (so).


Citazione di: bobmax il 12 Settembre 2018, 22:01:17 PMLa trinità non è perciò che il tentativo di descrivere in qualche modo il fatto che l'uomo è uno con Dio. Una descrizione che vuole evidenziare l'aspetto dinamico di questa identità. Infatti il Padre è l'assoluto, irraggiungibile nell'esserci. Il Figlio è la sua manifestazione sulla terra. E lo Spirito la forza che fa in modo di giungere al Padre e viceversa di tornare nell'esserci come Figlio. Si torna all'esserci attraverso l'ateismo mistico, mentre si sale all'assoluto tramite la Grazia. Il tutto è governato dallo Spirito. Non penso che la trinità debba essere considerata "verità", ma senz'altro è una cifra, cifra della Trascendenza.

https://www.riflessioni.it/forum/spiritualita/14475-il-dio-uno-e-trino-e-il-fondamento-della-creazione.html
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: paul11 il 13 Settembre 2018, 10:54:00 AM
Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 09:40:12 AM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 00:15:58 AM
Nell'esempio che tu fai sulla trinità, ad esempio, Gesù chiama Dio, come Padre così come vine scritto dello Spirito Santo.
Se chiama Padre, Dio, ovviamente implica che Lui sia il Figlio.
Se nelle scritture sacre, non ve ne fosse traccia, qualunque interpretazione sarebbe un'astrazione priva di un contesto sacro.
E' altrettanto chiaro che Gesù non costruisce una dottrina logica, una forma di protocollo religioso, insomma quelli che saranno chiamati dogmi.
Qualunque sacra scrittura non è un manuale con formule ch spiegano tutto.La narrazione lascia tracce, le forme spesso sono metaforiche ed allegoriche, cariche di simboli e rimandi, quì sta la base della pensiero razionale dottrinale, unire l simboli costruendo la forma, dare senso alle tracce dentro la narrazione.Ed è chiaro che è ermeneutica, esegesi con correnti dottrinarie che impiegano diverse chiavi di lettura.
Ma questo tuttavia non implica nulla riguardo la trinità.Anzi apre ulteriori ipotesi di esegesi perchè "essere figli di Dio" nella tradizione ebraica e come compare nell'antico testamento non è una descrizione, è un titolo. Quando e dove questo titolo ha acquistato valore descrittivo? E  la faccenda si complica ulteriormente perchè i vangeli differiscono nel considerare qualora Gesù fosse cosciente della sua divinità o meno o quando e come l'avesse acquisita (per nascita, per esaltazione sulla croce o per incarnazione). Anche prendendo in considerazione Giovanni dove Gesù sembra completamente cosciente del suo essere divino, ed essere tale addirittura dall'inizio dei tempi, questo non dice assolutamente nulla della trinità dottrinale, e questo è un problema evidente visto il profluvio di scuole di pensiero che si sono susseguite nel tempo che stanno a testimoniare appunto quanto il NT sia insufficiente a concordare una posizizione cosmologica. Persino Newton (unitariano) aveva una propria versione della trinità!
Qual'è allora il giusto criterio per valutare una posizione dottrinale sulla trinità delle infinite formulate in questi due mila anni?  Sono d'accordo che anche la fede segua un ragionamento, per forza di cose perciò non tutti possono essere corretti, e ad oggi l'unico criterio è stato quello "evoluzionista", cioè ha vinto il criterio dottrinale che è risultato più resiliente degli altri (per forza di cose, era protetto da uno stato). Ma è davvero questo il metro di valutazione più affidabile per ricondurci al significato di quelle tracce di cui parli? O quale altro? Nessuno lo sa, credo quia absurdum, che è l'autoinganno di cui parla Kobayashi.
Leggi le profezie e leggi nel Vangelo l'adempimento delle profezie: più chiaro di così.
Il titolo di Messia è conseguente alle profezie, per cui ,ad esempio, sarebbe dovuto appartenere alla tribù di Davide.

Gesù dichiara, nei Vangeli, davanti ai sacerdoti nel Tempio, di incarnare la profezia di Isaia:più chiaro di così

Lo scopo della discussione è discutere sull'inconciliabilità fra scrittura e fede, dove la scrittura è quella biblica,  o del dogma della trinità, di cui mi pare si siano aperte discussioni sia nel vecchio che nel nuovo forum?

L'autoinganno, nel contesto spirituale/religioso, lo si ha se si traggono giudizi senza sapere di cosa si parla.

...............
Se una persona è interessata ad un argomento, acquista un libro, si informa, ecc.
Ritornando all'esempio tuo sulla trinità, faccio un esempio per ipotesi.
Acquisto un libro di un teologo, o "spiritualista" moderno, che mi da la "sua" interpretazione.
Mi documento sull'autore e sui suoi riferimenti biblici che interpreta.
Vado a verificare sul testo biblico che i riferimenti siano giusti.
Appurerei di altre tesi di altri autori(che magari fanno parte di altre scuole di pensiero).
ma comunque inizierei dal confronto che costò scomuniche al primo riferimento storico in cui nacque il concetto trinitario.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Sariputra il 13 Settembre 2018, 11:50:45 AM
Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 09:53:24 AMPer Sariputra. Quando ho scritto niente morale intendevo niente morale agli altri, cioè niente discorsi edificanti indirizzati ad altri etc., nessuna dimostrazione invasiva della propria verità, nessuna aggressione ideologica. Ma poi è chiaro che se ci si sente affini a una determinata spiritualità ci si confronta con essa, si cerca di vivere quella tradizione etc. Sariputra, tu segui una determinata tradizione, giusto? E credi che quella sia la verità? Che quindi tu hai ragione e per esempio un cattolico ha torto (nel momento in cui le sue idee si allontanano dalle tue)? Sarebbe sopravvalutarsi un po'... Non credi? Allora non resta che accettare il fatto che di verità ce ne sono un po', sparse nel mondo, e che ciascuno ne sostiene una per via di particolari affinità, si auto-inganna, almeno in parte, nel parlare della sua verità come di quella più robusta, e in parte sa invece benissimo che quella opposta è altrettanto solida e ben argomentata. L'importante è che la propria verità serva alla propria vita, alla sua evoluzione. Tant'è che nel momento in cui ci si sente soffocare da una determinata dottrina la si abbandona, e proprio allora ecco la propria razionalità sfornare tutta una serie di argomentazioni contro quella verità come se prima, nella fase ascendente di essa, fossero insostenibili.

Non necessariamente uno che apprezza un dato cibo ne disprezza un altro. Ritenere che il proprio sia più 'salutare' implica la necessità di averne assaggiati molti, ed è questo il lavoro che si fa in una seria ricerca spirituale. Una volta però ritenuto che il proprio cibo sia più salutare bisogna tenersi alla larga da idee del genere: "questo è l'Unico, il Sommo, ecc."  perché la strada che segui puoi anche ritenerla la migliore da percorrere ma se poi non parti nemmeno e ti fermi a rimirare il paesaggio,  convinto che tanto basti, vedrai presto come altri, che hanno preso sentieri che tu ritieni più scoscesi, ti sopravanzeranno in fretta...Quindi è molto più salutare non 'sopravvalutarsi' affatto, che è un pò il pericolo che si corre nella spiritualità "fai da te", quella sì che, secondo me, porta a profondi auto-inganni.
Anche il discorso sulla morale, che si propone e non s'impone, non lo intendo affatto come una 'violenza'. Violenza è quando la s'impone, ma non quando , attraverso la tua testimonianza concreta, diventi esempio di questa, in cui credi e che necessariamente ti costa tantissima fatica seguire (e la fatica fa bene! Tutto va bene se si prova fatica nel seguire una strada...).
C'è, in due vangeli credo, la parabola del 'ricco giovane': un giovane ebreo si avvicina a Yeoshwa e gli chiede cosa deve fare per avere la vita eterna. Y. lo guarda e "lo ama" e poi gli dice:"Ci sono la Legge e i comandamenti" e quello afferma di averli seguiti tutti. Y. allora cala la scure: "Và, vendi tutto, dallo ai poveri e seguimi". Al che il giovane , rattristato, se ne va...Moltissimi di noi seguono le varie forme religiose, ma quando ti si chiede l'ultimo passo, quello cioè di metterti veramente in gioco e cambiare, distaccandoti da tutto ciò che ami e a cui sei tenacemente aggrappato...allora, quasi sempre, ce ne andiamo... :(

P.S. Sono andato off topic, vero?...
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 11:57:04 AM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 10:54:00 AML'autoinganno, nel contesto spirituale/religioso, lo si ha se si traggono giudizi senza sapere di cosa si parla. ............... Se una persona è interessata ad un argomento, acquista un libro, si informa, ecc. Ritornando all'esempio tuo sulla trinità, faccio un esempio per ipotesi. Acquisto un libro di un teologo, o "spiritualista" moderno, che mi da la "sua" interpretazione. Mi documento sull'autore e sui suoi riferimenti biblici che interpreta. Vado a verificare sul testo biblico che i riferimenti siano giusti. Appurerei di altre tesi di altri autori(che magari fanno parte di altre scuole di pensiero). ma comunque inizierei dal confronto che costò scomuniche al primo riferimento storico in cui nacque il concetto trinitario.

Non hai colto l'aspetto filosofico della questione.
È ovvio che una persona su un determinato tema si documenta.
Ma vedi, al di là di casi specifici, capita che ci si trovi con una pluralità di interpretazioni, tutte ben fondate.
Allora vuol dire, forse, che la scelta di fare propria una certa prospettiva ermeneutica non è basata solo sulla razionalità delle argomentazioni ma anche su qualcos'altro, qualcosa di non così puro e disinteressato, qualcosa che rimanda alle proprie esigenze vitali magari inconsce etc..
La consapevolezza di questo "resto" riporta la filosofia e le dottrine spirituali e religiose sulla terra.
E se anche vivo la mia fede come un assoluto, quel "resto" mi dice che quell'assoluto è un inganno.
Ma non stavi studiando Nietzsche?
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 13 Settembre 2018, 12:45:47 PM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 10:54:00 AMLeggi le profezie e leggi nel Vangelo l'adempimento delle profezie: più chiaro di così.
Il titolo di Messia è conseguente alle profezie, per cui ,ad esempio, sarebbe dovuto appartenere alla tribù di Davide.

Gesù dichiara, nei Vangeli, davanti ai sacerdoti nel Tempio, di incarnare la profezia di Isaia:più chiaro di così

Lo scopo della discussione è discutere sull'inconciliabilità fra scrittura e fede, dove la scrittura è quella biblica,  o del dogma della trinità, di cui mi pare si siano aperte discussioni sia nel vecchio che nel nuovo forum?
Lo scopo della discussione (o almeno il mio) è prendere ad esempio la trinità per lavorare sul "concreto" mentre si fa un ragionamento più ampio, con il primo scopo ovviamente subalterno al secondo. Non è quello di "sbugiardare" il concetto di trinità, ma di contestualizzarlo da un punto di vista filologico. E siamo ancora lungi dal contestualizzarlo dal punto di vista ebraico, è meglio lasciare Isaia in un cassetto, perchè quello implicherebbe rimuovere l'ellenizzazione del testo e considerarlo affiancato al contesto ebraico, per cui ad esempio avremmo che un Messia morto non è un Messia etc etc
Ma quella sarebbe una diatriba ancora successiva, sto prendendo ancora a riferimento il cattolicesimo paolino e della chiesa romana, e già questo è un "salto della fede" dal punto di vista filologico perchè Cristo evidentemente non poteva essere cristiano, e una buona parte(non è solo "un libro") degli studiosi lo considera un apocalittico, cioè un profeta con una visione duale del mondo (non trinitaria). Questo è il problema fondamentale, non si rinviene in NT nulla che possa suggerire che Cristo avesse una visione tripartita della cosmologia che proponeva, ne in quale misura e forma, mentre il contesto filologico parrebbe suggerire altre cosmologie come quella apocalittica. Gli elementi di questa visione compaiono separati e sparsi nel testo ma solo la dottrina li cuce insieme, in questo passaggio c'è una discrezionalità dottrinale che a mio avviso ha ben poco di chiaro.

@Don. La tua è una prospettiva basata sull'autorità, nel senso che cerca di individuare gli interpreti che sono passati dal credere al sapere, coloro i quali rispettano i concetti universali e si affida a loro. Il fatto è che questo non sposta di parecchio il problema, rimane comunque da decidere il criterio con il quale il ricercatore spirituale possa orientarsi tra le diverse fonti..I diversi livelli possono convergere ed essere complementari, ma non sempre questo accade, non voglio indugiare in elenchi ma se vuoi possiamo continuare a trovare divergenze oltre alla trinità. E' evidente che quando lo stesso problema si presenta constantemente il singolo atto di fede debba essere sostituito da un metodo, che per definizione ha un criterio. Se il principio "di cernita" del credente sovrascrive i principi universali a cui il testo è ispirato, sarai d'accordo come me che siamo in grossi problemi.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 12:46:49 PM
Per Sariputra.
Sono senz'altro d'accordo sul fatto che ci sia il rischio di mollare troppo presto con la scusa che "non fa per me".
Ma il mio discorso (abbastanza off topic...) voleva rispondere proprio alla domanda: come si può andare fino in fondo in una dottrina spirituale se non ci sono più le condizioni culturali che fanno di quella "chiamata" qualcosa che si possa ancorare alla Verità?
Volendo evitare un approccio metafisico, non resta che iniziare ad addentrarsi nelle vicissitudini del soggetto.
Per esempio non porsi più la domanda: Dio esiste? Ma piuttosto: di quale Dio ho bisogno per diventare ciò che penso di essere destinato a diventare (santo, asceta, predicatore, guerriero, etc.)?
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: paul11 il 13 Settembre 2018, 13:01:36 PM
Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 11:57:04 AM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 10:54:00 AML'autoinganno, nel contesto spirituale/religioso, lo si ha se si traggono giudizi senza sapere di cosa si parla. ............... Se una persona è interessata ad un argomento, acquista un libro, si informa, ecc. Ritornando all'esempio tuo sulla trinità, faccio un esempio per ipotesi. Acquisto un libro di un teologo, o "spiritualista" moderno, che mi da la "sua" interpretazione. Mi documento sull'autore e sui suoi riferimenti biblici che interpreta. Vado a verificare sul testo biblico che i riferimenti siano giusti. Appurerei di altre tesi di altri autori(che magari fanno parte di altre scuole di pensiero). ma comunque inizierei dal confronto che costò scomuniche al primo riferimento storico in cui nacque il concetto trinitario.

Non hai colto l'aspetto filosofico della questione.
È ovvio che una persona su un determinato tema si documenta.
Ma vedi, al di là di casi specifici, capita che ci si trovi con una pluralità di interpretazioni, tutte ben fondate.
Allora vuol dire, forse, che la scelta di fare propria una certa prospettiva ermeneutica non è basata solo sulla razionalità delle argomentazioni ma anche su qualcos'altro, qualcosa di non così puro e disinteressato, qualcosa che rimanda alle proprie esigenze vitali magari inconsce etc..
La consapevolezza di questo "resto" riporta la filosofia e le dottrine spirituali e religiose sulla terra.
E se anche vivo la mia fede come un assoluto, quel "resto" mi dice che quell'assoluto è un inganno.
Ma non stavi studiando Nietzsche?
....non è proprio così.
Lo scienziato osserva un fenomeno--------- un teologo legge un testo sacro scritto
Lo scienziato interpreta il fenomeno così come il teologo

Dirimiamo la questione: 1) ciò che è il più possible oggettivo  è dato dal fenomeno fattuale nella scienza e in teologia dallo scritto "originario"  2) e non interpretazioni di interpretazioni.......

Quindi dividere il più possibile ciò che  ha valenza oggettiva dalla soggettività interpretativa.
L'origine deve essere sempre il fenomeno fattuale per lo scienziato e lo scritto sacro per il religioso/teologo.
Diversamente parliamo di ippogrifi e Topo Gigio.

Il processo, perchè questo è un processo conoscitivo, prescinde che lo scienziato si un riduzionista o un ebreo ortodosso,
vale a dire  non "cosa", ,ma "come" interpretano e con quale chiave di  lettura, in altri termini, quanto ci mettono del "loro" dall'osservazione del fenomeno e dallo studio su un testo sacro.

Questo è metodo, e questa discussione la stò ponendo sul metodo, non sul mio giudizio valutativo di cosa penso di un testo sacro, della trinità e del peccato originale.

Il tuo è già un giudizio di sintesi finale, di cui non capisco le premesse argomentative.

Certo che stò finendo  Così parlò Zarathustra
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: paul11 il 13 Settembre 2018, 13:41:57 PM
Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 12:45:47 PM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 10:54:00 AMLeggi le profezie e leggi nel Vangelo l'adempimento delle profezie: più chiaro di così.
Il titolo di Messia è conseguente alle profezie, per cui ,ad esempio, sarebbe dovuto appartenere alla tribù di Davide.

Gesù dichiara, nei Vangeli, davanti ai sacerdoti nel Tempio, di incarnare la profezia di Isaia:più chiaro di così

Lo scopo della discussione è discutere sull'inconciliabilità fra scrittura e fede, dove la scrittura è quella biblica,  o del dogma della trinità, di cui mi pare si siano aperte discussioni sia nel vecchio che nel nuovo forum?
Lo scopo della discussione (o almeno il mio) è prendere ad esempio la trinità per lavorare sul "concreto" mentre si fa un ragionamento più ampio, con il primo scopo ovviamente subalterno al secondo. Non è quello di "sbugiardare" il concetto di trinità, ma di contestualizzarlo da un punto di vista filologico. E siamo ancora lungi dal contestualizzarlo dal punto di vista ebraico, è meglio lasciare Isaia in un cassetto, perchè quello implicherebbe rimuovere l'ellenizzazione del testo e considerarlo affiancato al contesto ebraico, per cui ad esempio avremmo che un Messia morto non è un Messia etc etc
Ma quella sarebbe una diatriba ancora successiva, sto prendendo ancora a riferimento il cattolicesimo paolino e della chiesa romana, e già questo è un "salto della fede" dal punto di vista filologico perchè Cristo evidentemente non poteva essere cristiano, e una buona parte(non è solo "un libro") degli studiosi lo considera un apocalittico, cioè un profeta con una visione duale del mondo (non trinitaria). Questo è il problema fondamentale, non si rinviene in NT nulla che possa suggerire che Cristo avesse una visione tripartita della cosmologia che proponeva, ne in quale misura e forma, mentre il contesto filologico parrebbe suggerire altre cosmologie come quella apocalittica. Gli elementi di questa visione compaiono separati e sparsi nel testo ma solo la dottrina li cuce insieme, in questo passaggio c'è una discrezionalità dottrinale che a mio avviso ha ben poco di chiaro.

@Don. La tua è una prospettiva basata sull'autorità, nel senso che cerca di individuare gli interpreti che sono passati dal credere al sapere, coloro i quali rispettano i concetti universali e si affida a loro. Il fatto è che questo non sposta di parecchio il problema, rimane comunque da decidere il criterio con il quale il ricercatore spirituale possa orientarsi tra le diverse fonti..I diversi livelli possono convergere ed essere complementari, ma non sempre questo accade, non voglio indugiare in elenchi ma se vuoi possiamo continuare a trovare divergenze oltre alla trinità. E' evidente che quando lo stesso problema si presenta constantemente il singolo atto di fede debba essere sostituito da un metodo, che per definizione ha un criterio. Se il principio "di cernita" del credente sovrascrive i principi universali a cui il testo è ispirato, sarai d'accordo come me che siamo in grossi problemi.
...allora il problema non è più l'inconciliabilità fra scrittura e fede, ma è l'interpretazione che i patristi prima e la Chiesa dopo con i vari concili danno a quelle"tracce" che sono all'interno dei testi sacri.
Ribadisco: il metodo è verificare di persona(che significa studiarsi  i testi sacri originari) che colui che interpreta non alteri il senso   del testo sacro originario.Sono due concetti diversi la visione duale e la costruzione concettuale della trinità, che possono benissimo convivere come infatti vi convivono.Posso benissimo credere che nel Mondo vi sia il bene e il male e nello stesso tempo credere, visto che è nel testo sacro che vi sia un Padre, un Figlio e uno Spirito Santo.
Sulla diattriba della trinità si sono scritti fiumi di inchiostro a sproposito perchè la trinità per i pensatori patristi era un concetto finale che rispecchiava una loro filosofia, una loro modalità di pensiero.Infatti qualcuno fu scomunicato in quanto apologo di un pensiero, che come premessa non poteva sostenere la tesi finale di una trinità consustanziale (...della stessa sostanza del Padre....).
Il Figlio era  solo "carne" per qualcuno, per altri solo "spirito" ,per altri una via di mezzo
Il problema non è se in Dio convivono mille personalità, ma cosa comporta il fatto di crederci, come premesse e come conseguenze.
Ma quì entriamo già in mille argomentazioni
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 13 Settembre 2018, 14:40:39 PM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 13:41:57 PM...allora il problema non è più l'inconciliabilità fra scrittura e fede, ma è l'interpretazione che i patristi prima e la Chiesa dopo con i vari concili danno a quelle"tracce" che sono all'interno dei testi sacri.
Ribadisco: il metodo è verificare di persona(che significa studiarsi  i testi sacri originari) che colui che interpreta non alteri il senso   del testo sacro originario.
No no, il problema che ho esposto io non è quello, quello lo ho volontariamente lasciato fuori per evitare di buttare tutto nel caos e ho isolato un problema opposto tutto interno alla teologia cristiana, io non sarei mai arrivato a parlare di patristica ebraica credimi.
La soluzione che proponi successivamente sembra semplice ma non lo è. Innanzitutto bisorrebbe presupporre di conoscere il Greco antico e l'aramaico (molti paradossi come "figlio dell'uomo" a quanto pare sono risolti solamente in aramaico) e seppur questo sia possibile...la questione diacronica comincia a diventare preponderante, direi imponente. E peraltro non risolutiva! Perchè anche ammesso e non concesso che tu conosca greco e aramaico al punto di capire le prime forme neotestamentarie, rimane un vuoto di quasi quarantanni di tradizione orale colmati solo da Paolo.. che tuttavia era in aperta disputa con il fratello di Gesù e capo della prima chiesa (non certo uno sprovveduto sulla questione ma analfabeta, di cui non conosciamo il pensiero per forma scritta). La questione si ripropone: esiste una vaga possibilità di tornare al significato originale, o l'unico significato possibile è quello risultante dall'accumulazione dottrinale\traspositiva? E chi valida il secondo?

Visto che mi sono andato a riprendere il topic di Donquixote, vorrei far notare allo stesso che la metafora del sole che lui utilizza è una metafora che appartiene alla tradizione modalista della visione trinataria, che non è quella cattolica attuale ma è già perita nei primi secoli. I modalisti dicevano "cosi come io sono figlio di mio padre, e padre di un figlio, e fratello di mio fratello, posso essere figlio padre e fratello allo stesso tempo". Il problema logico di questa posizione è che ovviamente tu puoi essere padre di un figlio ma non figlio dello stesso padre. Se una metafora si può fare della visione trinitaria, essa è sicuramente paradossale e non può in nessun modo rimandare a qualcosa di anche vagamente naturale, o perlomeno è altamente fuorviante utilizzare questi termini.Se nonostante questo Don è convinto di questa posizione, dovrebbe chiedersi anche lui, chi e perchè l'ha validata.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Sariputra il 13 Settembre 2018, 14:54:07 PM
Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 12:46:49 PMPer Sariputra. Sono senz'altro d'accordo sul fatto che ci sia il rischio di mollare troppo presto con la scusa che "non fa per me". Ma il mio discorso (abbastanza off topic...) voleva rispondere proprio alla domanda: come si può andare fino in fondo in una dottrina spirituale se non ci sono più le condizioni culturali che fanno di quella "chiamata" qualcosa che si possa ancorare alla Verità? Volendo evitare un approccio metafisico, non resta che iniziare ad addentrarsi nelle vicissitudini del soggetto. Per esempio non porsi più la domanda: Dio esiste? Ma piuttosto: di quale Dio ho bisogno per diventare ciò che penso di essere destinato a diventare (santo, asceta, predicatore, guerriero, etc.)?

E' proprio quel "di quale Dio ho bisogno " che mi sembra un trabocchetto assai pericoloso...C'è una bella differenza tra la domanda "C'è Dio?" e quella "C'è un dio che fa per me, culturalmente adatto ai tempi in cui vivo e che possa soddisfare la mia volontà di diventare così o cosà (  rischiando che l'ego personale vada alla grande, secondo me...)?"

Riguardo alla Trinità cristiana bisogna dire che, anche se ha avuto la sua formulazione teologica 'ufficiale' dal II sec (S.Ireneo soprattutto, mi par di ricordare...) in avanti, già le primissime comunità battezzavano nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e che il battesimo era necessario per accedere all'Eucarestia, a testimonianza di una pratica antichissima e probabilmente risalente ai discepoli del Maestro stesso.

C'è un famoso dialogo antico tra un musulmano e un cristiano..
Il musulmano dice: "Dio è Uno , come può avere un figlio?"
Il cristiano dice: "Dio è Amore, come può essere solo?"
E infatti il mistero della Trinità si può leggere solo come un mistero di relazione d'amore  :)  
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 14:58:55 PM
Per paul11.
La lettura di un testo antico non è paragonabile ad un esperimento scientifico.
Non è come sezionare una rana per vedere cosa c'è dentro.
Si rispettano, certo, specifiche tecniche, ma alla fine c'è il lavoro interpretativo.
L'oggettivo di cui parli tu può essere per esempio un mito o un simbolo, isolato e "ripulito".
Ma è evidente che l'uomo non si avvicina a un testo sacro solo per essere messo al corrente di storielle bizzarre: vuole capirne il senso.
Basta pensare alla grande teologia simbolica della Patristica.
Letture allegoriche, anagogiche e via dicendo.
In questo ambito meglio tenere come riferimento l'ermeneutica piuttosto che l'onnipresente (in questo forum) metodo scientifico.

Per quanto riguarda il mio richiamo a Nietzsche volevo dire questo: fondamentale nella sua opera è il ripensamento di ciò che intendiamo per "verità". Quindi, visto che lo stai studiando, presumevo che i miei ragionamenti non ti apparissero così strani.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: paul11 il 13 Settembre 2018, 15:17:53 PM
Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 14:58:55 PM
Per paul11.
La lettura di un testo antico non è paragonabile ad un esperimento scientifico.
Non è come sezionare una rana per vedere cosa c'è dentro.
Si rispettano, certo, specifiche tecniche, ma alla fine c'è il lavoro interpretativo.
L'oggettivo di cui parli tu può essere per esempio un mito o un simbolo, isolato e "ripulito".
Ma è evidente che l'uomo non si avvicina a un testo sacro solo per essere messo al corrente di storielle bizzarre: vuole capirne il senso.
Basta pensare alla grande teologia simbolica della Patristica.
Letture allegoriche, anagogiche e via dicendo.
In questo ambito meglio tenere come riferimento l'ermeneutica piuttosto che l'onnipresente (in questo forum) metodo scientifico.

Per quanto riguarda il mio richiamo a Nietzsche volevo dire questo: fondamentale nella sua opera è il ripensamento di ciò che intendiamo per "verità". Quindi, visto che lo stai studiando, presumevo che i miei ragionamenti non ti apparissero così strani.


Io  "leggo" un fenomeno fisico come uno scritto sacro: perchè tutto è universo e tutto deve essere racchiuso in una unica logica di senso. Quindi il metodo razionale è identico. la legge spirituale sta alla legge fisica in quanto unico è il governo universale e tutto è riconducibile ad un unica unità di senso.

Un uomo si avvicina ad un testo sacro perchè "sente dentro di sè" che il dominio fisico non è il solo e unico, e non gli basta.........
Se invece ritiene che è perdere tempo allora nemmeno si avvicina.

Nietzsche fa interessanti considerazioni in Così parlò Zarathustra, ma saremmo off topic quì.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: donquixote il 13 Settembre 2018, 15:39:11 PM
Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 12:45:47 PM@Don. La tua è una prospettiva basata sull'autorità, nel senso che cerca di individuare gli interpreti che sono passati dal credere al sapere, coloro i quali rispettano i concetti universali e si affida a loro. Il fatto è che questo non sposta di parecchio il problema, rimane comunque da decidere il criterio con il quale il ricercatore spirituale possa orientarsi tra le diverse fonti..I diversi livelli possono convergere ed essere complementari, ma non sempre questo accade, non voglio indugiare in elenchi ma se vuoi possiamo continuare a trovare divergenze oltre alla trinità. E' evidente che quando lo stesso problema si presenta constantemente il singolo atto di fede debba essere sostituito da un metodo, che per definizione ha un criterio. Se il principio "di cernita" del credente sovrascrive i principi universali a cui il testo è ispirato, sarai d'accordo come me che siamo in grossi problemi.

Il criterio di interpretazione delle Sacre Scritture è stato utilizzato da sempre, codificato diversi secoli orsono e rimane il medesimo, e chiunque si approcci a tale interpretazione dovrebbe tenerlo presente. Si compone di quattro livelli (dall'inferiore al superiore: letterale, allegorico, morale e anagogico) e se l'ideale è che l'interpretazione di un passo delle scritture mantenga coerenza e validità ad ogni livello (e se ad esempio alcune parole dei Vangeli sono state modificate nel corso del tempo e alcuni vangeli sono stati "scartati" è stato proprio per adattare meglio tali parole ai vari livelli di interpretazione) la gerarchia fra i livelli determina l'importanza e la validità delle interpretazioni. Se dunque le Scritture devono sempre essere coerenti con il livello di interpretazione anagogico possono non esserlo ad un livello inferiore, e più si scende di livello meno importante diventa l'interpretazione e la coerenza, per cui se si utilizza esclusivamente come oggi l'interpretazione letterale dei testi non si potrà che evidenziare una serie di incoerenze e contraddizioni.
Il ricercatore spirituale attuale non può più orientarsi fra le varie fonti di interpretazione, perchè non esiste appunto un'autorità che passi al vaglio tali fonti e, pur magari con tutti i suoi limiti, decida quali sono quelle più valide e quelle meno, e dunque non può fare altro che prendere spunto dalle scritture e ripensarle daccapo partendo perlomeno dal concetto di "Dio", sempre trascurato poichè tutti sembrano sapere di cosa si sta parlando mentre invece non è affatto così, compreso il quale tutto diventa più semplice.

P.S. La mia metafora sulla Trinità non è affatto assimilabile a quella dei modalisti (che avevo già incontrato) ma è semmai "essenzialista", e i termini "padre" e "figlio" come si intendono umanamente devono essere considerati come mere analogie e non come realtà fattuali (come anche il sole e la sua luce riflessa), mentre il termine "fratello" non c'entra niente con lo Spirito Santo che è la terza persona della Trinità che quindi nella metafora che hai riportato manca. Ma anche volendo considerare il padre e il figlio in senso umano si potrebbe ad esempio dire che, utilizzando le conoscenze recenti, il dna potrebbe essere una discreta (pur se non ottima) analogia dello Spirito Santo, poichè è ciò che "lega" il padre con il figlio, ed appunto il dna è l' "essenza" che hanno in comune e che consente di riconoscere il padre e il figlio. Il padre dunque, in quanto trasmette il suo dna, genera il figlio per mezzo del medesimo. Ma quella impersonale del sole rimane la metafora migliore, e anche quella del fiume può andare. Forse confonde le idee il fatto che la Trinità non è un concetto utilizzabile solamente nel mondo umano come solitamente si ritiene, ma è valido per qualunque creatura dell'universo.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: paul11 il 13 Settembre 2018, 15:43:17 PM
Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 14:40:39 PM
Citazione di: paul11 il 13 Settembre 2018, 13:41:57 PM...allora il problema non è più l'inconciliabilità fra scrittura e fede, ma è l'interpretazione che i patristi prima e la Chiesa dopo con i vari concili danno a quelle"tracce" che sono all'interno dei testi sacri.
Ribadisco: il metodo è verificare di persona(che significa studiarsi  i testi sacri originari) che colui che interpreta non alteri il senso   del testo sacro originario.
No no, il problema che ho esposto io non è quello, quello lo ho volontariamente lasciato fuori per evitare di buttare tutto nel caos e ho isolato un problema opposto tutto interno alla teologia cristiana, io non sarei mai arrivato a parlare di patristica ebraica credimi.
La soluzione che proponi successivamente sembra semplice ma non lo è. Innanzitutto bisorrebbe presupporre di conoscere il Greco antico e l'aramaico (molti paradossi come "figlio dell'uomo" a quanto pare sono risolti solamente in aramaico) e seppur questo sia possibile...la questione diacronica comincia a diventare preponderante, direi imponente. E peraltro non risolutiva! Perchè anche ammesso e non concesso che tu conosca greco e aramaico al punto di capire le prime forme neotestamentarie, rimane un vuoto di quasi quarantanni di tradizione orale colmati solo da Paolo.. che tuttavia era in aperta disputa con il fratello di Gesù e capo della prima chiesa (non certo uno sprovveduto sulla questione ma analfabeta, di cui non conosciamo il pensiero per forma scritta). La questione si ripropone: esiste una vaga possibilità di tornare al significato originale, o l'unico significato possibile è quello risultante dall'accumulazione dottrinale\traspositiva? E chi valida il secondo?

Visto che mi sono andato a riprendere il topic di Donquixote, vorrei far notare allo stesso che la metafora del sole che lui utilizza è una metafora che appartiene alla tradizione modalista della visione trinataria, che non è quella cattolica attuale ma è già perita nei primi secoli. I modalisti dicevano "cosi come io sono figlio di mio padre, e padre di un figlio, e fratello di mio fratello, posso essere figlio padre e fratello allo stesso tempo". Il problema logico di questa posizione è che ovviamente tu puoi essere padre di un figlio ma non figlio dello stesso padre. Se una metafora si può fare della visione trinitaria, essa è sicuramente paradossale e non può in nessun modo rimandare a qualcosa di anche vagamente naturale, o perlomeno è altamente fuorviante utilizzare questi termini.Se nonostante questo Don è convinto di questa posizione, dovrebbe chiedersi anche lui, chi e perchè l'ha validata.
Per mia esperienza è indispensabile avere dizionari di lingue antiche e vedere gli originali, per verificare alterazioni di senso.
Si tenga presente che l'ebraico antico è privo di vocali e quindi il testo era di fatto altamente interpretativo, tant'è che le vocalizzazioni sono posteriori.La Ruach ebraica corrisponde al pneumos greco? la psuchè è la psiche?

La fase dei primi secoli dopo Cristo ,che corrispondono allo scontro /incontro a volte sincretico, ad esempio delle forme gnostiche (quasi tutti  i testi "profani" chiamati "apocrifi" e le comunità cristiane che ovviamente avevano influssi diversi, chi in Grecia, chi in Egitto,ecc.

E' fondamentale la chiave di lettura del come e perchè si sia scelta una"canonizzazione" fra i molti testi ,sia da parte ebraica che cristiana. Sono fuori testi come quello di Enoch, sono fuori i testi dell'infanzia di Maria,.......ma però i loro influssi sul pensiero si sono fatti sentire.
Ad esempio c'è chi ritene che il  vangelo di Tommaso valga quanto i quattro vangeli canonici, altri  il vangelo di Giacomo, e così via.

Il canone è quindi quella "linea interpretativa di una religione/spiritualità" che decide cosa sia coerente o incoerente rispetto ad un parametro stabilito
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 13 Settembre 2018, 17:27:18 PM
Citazione di: donquixote il 13 Settembre 2018, 15:39:11 PM
Il criterio di interpretazione delle Sacre Scritture è stato utilizzato da sempre, codificato diversi secoli orsono e rimane il medesimo, e chiunque si approcci a tale interpretazione dovrebbe tenerlo presente. Si compone di quattro livelli (dall'inferiore al superiore: letterale, allegorico, morale e anagogico) e se l'ideale è che l'interpretazione di un passo delle scritture mantenga coerenza e validità ad ogni livello (e se ad esempio alcune parole dei Vangeli sono state modificate nel corso del tempo e alcuni vangeli sono stati "scartati" è stato proprio per adattare meglio tali parole ai vari livelli di interpretazione) la gerarchia fra i livelli determina l'importanza e la validità delle interpretazioni. Se dunque le Scritture devono sempre essere coerenti con il livello di interpretazione anagogico possono non esserlo ad un livello inferiore, e più si scende di livello meno importante diventa l'interpretazione e la coerenza, per cui se si utilizza esclusivamente come oggi l'interpretazione letterale dei testi non si potrà che evidenziare una serie di incoerenze e contraddizioni.
Questo criterio va benissimo .. a patto che il letterale esista. Se io ho quattro resurrezioni, letteralmente diverse, molto diverse, le prendo le passo sotto il filtro dei quattro livelli, le verifico in ordine di importanza e se le ritengo coerenti le adotto. Bene.  Nel caso trinitario esistono solamente una serie di preposizioni senza una soluzione di continuità (tolta la continuità "autoriale") dove una volta Cristo dice di essere Dio, il figlio di Dio, il figlio dell'uomo, e altre preposizioni ancora. Ma queste non fanno parte di una cosmologia esplicita. Possono essere coerenti nel testo stesso, Marco è coerente con Marco, Giovanni con Giovanni, ma il Gesù di Marco e Giovanni non sono coerenti, uno dice di essere una manifestazione diversa dell'altro (rispetto ad un ipotetica trinità). Ora la soluzione in realtà è abbastanza semplice, la trinità cosi come è formulata "accontenta" in parte praticamente la maggior parte delle scuole di pensiero dei primi cristiani, è in effetti una forma suprema di "concilio" tra posizioni: il paradosso. Ma nessun cristiano ammetterebbe mai che si tratta di una mediazione dottrinale e non della Verità, giusto?
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: bobmax il 13 Settembre 2018, 18:53:17 PM
Citazione di: Kobayashi il 13 Settembre 2018, 08:14:16 AM
Citazione di: bobmax il 12 Settembre 2018, 22:01:17 PM[...] il cristianesimo dice, in sostanza, che l'uomo, così come ogni altra cosa, è emanazione di Dio. Dio che è l'Uno.
Se l'uomo è un'emanazione di Dio, e se Dio è l'Uno, guardando le cose dal punto di vista dei pezzetti di vita illusoriamente singoli, nella loro quotidiana mediocrità, non mi pare che questo Uno ne esca fuori tanto bene... Non mi pare che la sua sostanza sia tanto nobile... Ma certo si tratta dell'illusione della differenza – un'illusione che tuttavia dura tutta la vita mentre l'idea dell'Uno, ad essere sinceri, al di là delle asserzioni paradossali di un Angelus Silesius, il cui conforto dura invece il tempo di un sogno (circa un'ora), deve essere continuamente alimentata se no sparisce, proprio come un progetto platealmente impossibile...


Concordo.

E' un progetto impossibile.

Anche perché... pure il libero arbitrio è un'illusione.
Nella ricerca della Verità il deserto si fa sempre più orrendo.

Infatti Dio vuole TUTTO.
E non vi è prorio niente a cui ci si possa aggrappare...

Secondo me, il motivo può essere uno solo. Che noi si diventi finalmente chi davvero siamo.
E che si realizzi così l'impossibile.

Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: donquixote il 13 Settembre 2018, 19:11:01 PM
Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 17:27:18 PMQuesto criterio va benissimo .. a patto che il letterale esista. Se io ho quattro resurrezioni, letteralmente diverse, molto diverse, le prendo le passo sotto il filtro dei quattro livelli, le verifico in ordine di importanza e se le ritengo coerenti le adotto. Bene. Nel caso trinitario esistono solamente una serie di preposizioni senza una soluzione di continuità (tolta la continuità "autoriale") dove una volta Cristo dice di essere Dio, il figlio di Dio, il figlio dell'uomo, e altre preposizioni ancora. Ma queste non fanno parte di una cosmologia esplicita. Possono essere coerenti nel testo stesso, Marco è coerente con Marco, Giovanni con Giovanni, ma il Gesù di Marco e Giovanni non sono coerenti, uno dice di essere una manifestazione diversa dell'altro (rispetto ad un ipotetica trinità). Ora la soluzione in realtà è abbastanza semplice, la trinità cosi come è formulata "accontenta" in parte praticamente la maggior parte delle scuole di pensiero dei primi cristiani, è in effetti una forma suprema di "concilio" tra posizioni: il paradosso. Ma nessun cristiano ammetterebbe mai che si tratta di una mediazione dottrinale e non della Verità, giusto?

I Vangeli hanno un ordine: Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Non ne sono ovviamente certo perchè non sono uno specialista (e gli "specialisti" di oggi sono alquanto inaffidabili), ma da quanto ho potuto leggere proprio sui Vangeli credo che la gerarchia dei quattro livelli di interpretazione sia applicabile anche all'ordine dei Vangeli stessi, per cui quello di Matteo sarà più incentrato sui "fatti" e quindi sull'interpretazione letterale, e poi su su fino a Giovanni che è ovviamente quello che esprime concetti più propriamente metafisici. Altrimenti per quale altra ragione ne sono stati adottati proprio quattro e non tre, o cinque, o uno solo? Ogni Vangelo quindi deve essere coerente con se stesso e se si confrontano i medesimi passi di Vangeli diversi bisognerà anche adattare il livello di interpretazione. Del resto anche la scienza ha, per i medesimi argomenti, testi di difficoltà diverse a seconda del pubblico più o meno "erudito" a cui sono destinati. Dunque sia pur variando il tipo di approccio chiamare Gesù "Dio", "figlio del Padre" o "Figlio dell'Uomo" è corretto in quanto egli era esattamente tutte queste cose, come sia pur a  livelli e in contesti diversi una persona può essere padre, ma anche figlio, oppure avvocato. In ogni caso la dottrina della Trinità considera sempre Gesù come "Figlio" e seppur mutuata dai Vangeli è una elaborazione intellettuale successiva e non esattamente un mero "estratto" di quelli. Non so se un cristiano odierno ammetterebbe una "mediazione dottrinale", ma se fosse un cristiano "saputo" si accorgerebbe che quella che tu chiami "mediazione dottrinale" altro non è che un modo diverso di dire la verità, espressa in modo tale che più persone, anche di "scuole diverse" (che se sono tutte ortodosse non sono altro che variazioni della dottrina in cui ogni scuola evidenzia il "punto di vista" che gli pare più adatto per esprimerla al suo uditorio e pone l'accento sui concetti che più gli sembrano conformi alle qualità intellettuali del suo pubblico) possano comprendere la medesima Verità. Quando vi sono questioni dottrinali essenziali anche se apparentemente minime (come quella sul filioque proprio a proposito della Trinità) allora lo scontro può portare, come del resto ha portato, ad uno scisma.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 13 Settembre 2018, 20:34:58 PM
Penso che i quattro livelli siano una soluzione medievale, ben successiva alla scelta dei testi neotestamentari, o perlomeno mi pare che quello anagogico sia medievale e prima se ne considerassero tre. Lascerei perdere la numerologia, anche perchè i testi di NT sono ventisette e qualcuno vorrà farci notare che ventisette è tre alla terza per raggiungere l'apice della numerologia. Tolta qualsiasi velleità di sacralità testuale, in fondo il cristianesimo non è una religione del libro, la pluralità delle voci neotestamentarie ha una causa e uno svolgimento.. entrambi dibattibili ovviamente.
Negli studi sono stati fatti nelle società orali, e nelle tradizioni orali, è emerso che esse non hanno lo stesso interesse nostro nel mantenere un canone. La ripetizione scritta della tradizione in un certo senso "invoglia" le persone a fare "copie perfette", nelle tradizioni orali questo interesse non è presente o almeno non è cosi "imperativo" quanto lo è nelle scritte..Avere non quattro, ma una decina di vangeli dopo mezzosecolo di tradizione orale, che raccontano all'incirca una storia simile, è già un miracolo di per se. Lo svolgimento però è diverso.. nel senso, finchè questi canti rimangono nella tradizione orale, soffrono incredibilmente dell'effetto torre di Babele, più rimangono in forma orale più si deformano, il che è anche intuitivo. Da questo punto di vista, se mettiamo i Vangeli in ordine cronologico (non solo le forme moderne, ma che anche le loro fonti presunte) scopriamo che c'è un progressivo aumentare della metafisica dei testi che culmina ovviamente in Giovanni, che è la fonte che più è rimasta in forma orale (per quel che ne sappiamo). Mi piacerebbe pensare che i vangeli siano stati scelti per dare voce a ognuno di questi livelli interpretativi, ma penso che la risposta molto più semplice sia che erano i canti che erano sopravvissuti, e a qualcuno è capitato l'infausto compito di fare il direttore d'orchestra..e far tornare i conti in qualcosa che OVVIAMENTE non tornava, non c'era possibilità alcuna che tornasse, poteva accadere solamente attraverso una strozzatura, o mediazione dottrinale. Il vero impulso all'unità cristiana in fondo deriva da Costantino, che chiama tutti a Nicea e invoca questa strozzatura, una decisione finale sulla trinità e la questione Ariana. Ma il suo è un motivo politico, ne teologico ne storico,  quindi "mediazione dottrinale" è sempre meglio di "mediazione politica". Prima di Constatino, seppur qualcuno fosse saltato fuori con la soluzione più intelligente del mondo, non avrebbe avuto il potere di imporla ad un territorio vasto come un impero, perciò non sarebbe arrivata fino a noi.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: bobmax il 13 Settembre 2018, 22:19:06 PM
Citazione di: donquixote il 13 Settembre 2018, 10:53:21 AM
Citazione di: bobmax il 12 Settembre 2018, 22:01:17 PMLa trinità non è perciò che il tentativo di descrivere in qualche modo il fatto che l'uomo è uno con Dio. Una descrizione che vuole evidenziare l'aspetto dinamico di questa identità. Infatti il Padre è l'assoluto, irraggiungibile nell'esserci. Il Figlio è la sua manifestazione sulla terra. E lo Spirito la forza che fa in modo di giungere al Padre e viceversa di tornare nell'esserci come Figlio. Si torna all'esserci attraverso l'ateismo mistico, mentre si sale all'assoluto tramite la Grazia. Il tutto è governato dallo Spirito. Non penso che la trinità debba essere considerata "verità", ma senz'altro è una cifra, cifra della Trascendenza.

https://www.riflessioni.it/forum/spiritualita/14475-il-dio-uno-e-trino-e-il-fondamento-della-creazione.html

Condivido quanto hai scritto allora.

Rimane tuttavia il problema del male.

Per affrontarlo dovremmo secondo me approfondire quella tua affermazione: "La paternità di Dio è perennemente attiva".
Con "perennemente" dovremmo allora intendere che Dio se ne sta oltre ogni divenire?

Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: paul11 il 14 Settembre 2018, 01:24:36 AM
Citazione di: InVerno il 13 Settembre 2018, 20:34:58 PM
Penso che i quattro livelli siano una soluzione medievale, ben successiva alla scelta dei testi neotestamentari, o perlomeno mi pare che quello anagogico sia medievale e prima se ne considerassero tre. Lascerei perdere la numerologia, anche perchè i testi di NT sono ventisette e qualcuno vorrà farci notare che ventisette è tre alla terza per raggiungere l'apice della numerologia. Tolta qualsiasi velleità di sacralità testuale, in fondo il cristianesimo non è una religione del libro, la pluralità delle voci neotestamentarie ha una causa e uno svolgimento.. entrambi dibattibili ovviamente.
Negli studi sono stati fatti nelle società orali, e nelle tradizioni orali, è emerso che esse non hanno lo stesso interesse nostro nel mantenere un canone. La ripetizione scritta della tradizione in un certo senso "invoglia" le persone a fare "copie perfette", nelle tradizioni orali questo interesse non è presente o almeno non è cosi "imperativo" quanto lo è nelle scritte..Avere non quattro, ma una decina di vangeli dopo mezzosecolo di tradizione orale, che raccontano all'incirca una storia simile, è già un miracolo di per se. Lo svolgimento però è diverso.. nel senso, finchè questi canti rimangono nella tradizione orale, soffrono incredibilmente dell'effetto torre di Babele, più rimangono in forma orale più si deformano, il che è anche intuitivo. Da questo punto di vista, se mettiamo i Vangeli in ordine cronologico (non solo le forme moderne, ma che anche le loro fonti presunte) scopriamo che c'è un progressivo aumentare della metafisica dei testi che culmina ovviamente in Giovanni, che è la fonte che più è rimasta in forma orale (per quel che ne sappiamo). Mi piacerebbe pensare che i vangeli siano stati scelti per dare voce a ognuno di questi livelli interpretativi, ma penso che la risposta molto più semplice sia che erano i canti che erano sopravvissuti, e a qualcuno è capitato l'infausto compito di fare il direttore d'orchestra..e far tornare i conti in qualcosa che OVVIAMENTE non tornava, non c'era possibilità alcuna che tornasse, poteva accadere solamente attraverso una strozzatura, o mediazione dottrinale. Il vero impulso all'unità cristiana in fondo deriva da Costantino, che chiama tutti a Nicea e invoca questa strozzatura, una decisione finale sulla trinità e la questione Ariana. Ma il suo è un motivo politico, ne teologico ne storico,  quindi "mediazione dottrinale" è sempre meglio di "mediazione politica". Prima di Constatino, seppur qualcuno fosse saltato fuori con la soluzione più intelligente del mondo, non avrebbe avuto il potere di imporla ad un territorio vasto come un impero, perciò non sarebbe arrivata fino a noi.
vedo che qualcosa lei  hai intuito/capite.
la prima è che il testo nella tradizione cristiana non è così sacra come per gli induisti ed ebrei
In queste ultime tradizioni il testo sacro è improfanabile viene come regola propri dalla tradizione orale dove bisognava conoscere a memoria interi brani per trasmetterli da generazione in generazione da parte dei sacerdoti.

Il cristianesimo rispetto anche solo all'ebraismo che è matrice in quanto condivide il vecchio testamento,si distacca perchè è sulla trascendentalità che fa perno, l'ebreo è più terra-terra, è più "materiale". la parusia e l escatologia è un pò diversa rispetto al cristianesimo.

La mia chiave di lettura è che le religioni si istituiscono dopo.il testo sacro che in realtà è scienza antica, è tramandazione di conoscenze di un popolo che costituisce il fondamento identificativo.

Socrate non scrive, Gesù neppure e Platone lo fa di malavoglia. sono i discepoli che "prendono appunti" il diario del loro pensiero. nel passaggio dall'oralità alla scrittura, Platone esprime chiaramente, nell'esplicazione introduttiva all opera omnia di Platone,  da parte di Giovanni Reale, che era diffidente alla scrittura.perchè lasciava troppo all'interpretazione del lettore, che non avendo davanti a sè l'interlocutore, avrebbe potuto travisare il senso argomentativo.Il vero pensiero di Platone "è nascosto"è esoterico, possiamo intuirlo pervenedovi per passi logici, per "tracce".Figurati il pensiero di Gesù.

La vera chiave dell'ideologia cristiana  è S. Paolo, bello o brutto ,giusto o sbagliato, personalmente è un gigante filosofico e direi introduttore alla teologia.E' colui che traccia il filo logico-trascendentale, corpo-spirito.La sua influenza su tutta la patristica fino ai giorni nostri ne fanno se non l'architrave e la vera pietra angolare su cui poggia da millenni la chiesa.
E' talmente importante da essere il nemico numero uno per gli ebrei, da sempre, e gli Atti degli Apostoli sono la chiave interpretativa al testo sacro, al Vangelo.
Non è quindi mediazione il filo dell'essenza su cui poggia una istituzione e il suo pensiero originario.
La mediazione,implica compromessi e durano il tempo di una generazione al massimo, morti  i mediatori rimarrebbero controversie non risolte, improponibili alla sopravvivenza in millenni.
Ma quì entriamo, per un'altra porta, nel rapporto uomo che ha fede, perchè nella natura del mondo sensibile vede regole e ordini "che muovono" le sfere celesti, che ne sono archetipi originari del tutto,Questo mistero è insito nell'intelligibilità umana, quanto lo sono le astrazioni matematiche che regolano quantitativamente le proporzioni  e in quanto tale aiutano a leggere il mondo.La fede quindi spinge l'uomo a trovare la chiave di lettura a quel mondo che non appare come sensibile, ma che lo presiede come regola ordinativa,che in quanto tale è insita nell'uomo, nella natura e nell'archè(Dio, Uno,  moto primo,ecc).Questo  è il filo conduttore di ogni spiritualità-religione.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: donquixote il 14 Settembre 2018, 08:40:52 AM
Citazione di: bobmax il 13 Settembre 2018, 22:19:06 PM"La paternità di Dio è perennemente attiva". Con "perennemente" dovremmo allora intendere che Dio se ne sta oltre ogni divenire?


Dio se ne sta oltre il divenire in quanto è il suo Principio (sia in senso ontologico che cronologico), e se Dio scomparisse anche il divenire perderebbe ogni realtà. L'opera di creazione è perciò costantemente (e perennemente) attiva. La dottrina ebraica dello tzimtzum o "contrazione" di Dio che si sarebbe "ritirato" (dove?) dopo aver dato vita alla creazione è pertanto una sciocchezza.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 14 Settembre 2018, 09:21:15 AM
Citazione di: paul11 il 14 Settembre 2018, 01:24:36 AM
vedo che qualcosa lei  hai intuito/capite.
la prima è che il testo nella tradizione cristiana non è così sacra come per gli induisti ed ebrei
In queste ultime tradizioni il testo sacro è improfanabile viene come regola propri dalla tradizione orale dove bisognava conoscere a memoria interi brani per trasmetterli da generazione in generazione da parte dei sacerdoti.

Il cristianesimo rispetto anche solo all'ebraismo che è matrice in quanto condivide il vecchio testamento,si distacca perchè è sulla trascendentalità che fa perno, l'ebreo è più terra-terra, è più "materiale". la parusia e l escatologia è un pò diversa rispetto al cristianesimo.

La mia chiave di lettura è che le religioni si istituiscono dopo.il testo sacro che in realtà è scienza antica, è tramandazione di conoscenze di un popolo che costituisce il fondamento identificativo.
Non so se ho capito qualcosa, stendo un ragionamento non preconcetto, si costruisce post per post anche perchè non mi ero imbatutto in questa possibilità. Nell'incipit del topic ho detto che si ragiona spesso tra razionale e fideistico ma l'aspetto dottrinale è almeno nella cristologia ufficiale consolidato. Voglio dire: si può essere credenti, atei o agnostici. Ma è molto raro ai giorni d'oggi prendere in considerazione un ipotesi che sciolga il nodo gordiano trinitario e guardi al testo senza questo dispositivo. Non sto sostenendo che sia il miglior modo per approcciarsi al testo, ne che sia quello giusto, dico che anche solo presentarla come chiave di lettura è "nuovo" per un pensatore moderno. Personalmente ho sempre pensato alla trinità come IL concetto più raffinato del cristianesimo, diciamo che ora lo vedo "raffinato" in tutte e due le accezioni, sia come "nobile", sia come "lavorato"; ma lo specifico perchè non vorrei che qualcuno pensasse che avessi un antipatia personale verso questo dogma, quando in realtà è l'esatto contrario.
Quello che pare a me è che se il dogma trinitario viene accantonato per ipotesi, il testo rivela una grande affinità con lo gnosticismo, rimangono delle differenze fondamentali - in primis il fatto che gli gnostici avevano risolto la teodicea - ma nella costruzione cosmologica c'è un parallelismo in divenire. In divenire perchè gli gnostici "sapevano di sapere" e avevano un pantheon cosmologico già estremamente ricco ai tempi immediatamente successivi l'evento cristiano, ma che con il tempo anche i cristiani hanno colmato. Ovviamente senza dogma trinitario staremmo parlando di un politeismo, ma non in senso classico, non nel senso del politeismo ellenico ne egizio che avevano divinità naturali, causali, oltretombali etc. Ma un politeismo morale, vocato al bene, dove la maggior parte delle figure divine è schierata dalla parte del bene. Questo non ha molti altri similari se non appunto negli gnostici, che avevano però una visione piramidale della divinità con diverse gradazioni di divino. Questo non è presente nel NT, si possono individuare tre figure divine, forse quattro se si conta il diavolo che sarebbe infatti la prima figura divina esterna alla "trinità" e di grado inferiore. Quello che però questa cosmologia darà vita nei secoli successivi sarà una concezione piramidale, arriveranno i santi, le devonozioni,  Maria in qualche modo verrà spinta sempre più in su nella piramide etc etc etc Oggi il cristiano moderno ha un pantheon molto più grande di quello che avevano gli gnostici, anche se la struttura cosmologica non è definita a parte il dogma trinitario. Don stesso dice che bisogna cercare gli interpreti che possiedono diciamo "una scintilla del divino", e questo era assolutamente definito nel pantheon gnostico, era l'ultimo grado prima dell'uomo semplice ma era concepito. Se ci aggiungiamo il fatto che gli gnostici erano apocalittici per definizione (credevano di vivere un mondo che non fosse stato creato dal vero Dio, e che l'apocalissi avrebbe ristabilito "il vero mondo") e che Gesù predicasse in continuazione l'avvento di questa apocalisse troviamo altri punti di contatto e spunti sul possibile pensiero DI Gesù. Perchè ciò che in fin dei conti penso si possa serenamente affermare è che il cristianesimo non era la religione DI Gesù, ma è la religione SU Gesù, il che fa un immensa differenza.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: bobmax il 14 Settembre 2018, 13:50:22 PM
Citazione di: donquixote il 14 Settembre 2018, 08:40:52 AM
Dio se ne sta oltre il divenire in quanto è il suo Principio (sia in senso ontologico che cronologico), e se Dio scomparisse anche il divenire perderebbe ogni realtà. L'opera di creazione è perciò costantemente (e perennemente) attiva.

Ho la stessa idea.

Ora però, è indispensabile fare un altro passo. Perché se ci fermassimo qui, che differenza vi sarebbe con una visione materialistica della realtà?
É necessario cioè che Dio sia il Bene.

Secondo me, possiamo giungere alla conclusione che Dio = Bene solo tenendo fermo ad ogni costo che Dio è oltre il divenire.

Di modo che potremmo interpretare questa nostra vita come il sogno di Dio.

Lo Spirito genera il sogno, dove vive il Figlio, cioè tu, io e ogni altra cosa. E lo Spirito soffia dove vuole, generando sia letizia sia dolore. Quindi anche il male.

Ma quando il sogno finisce, sono "tolti tutti i peccati del mondo", del Figlio, ma originati dallo Spirito.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: donquixote il 14 Settembre 2018, 14:25:11 PM
Citazione di: bobmax il 14 Settembre 2018, 13:50:22 PM
Citazione di: donquixote il 14 Settembre 2018, 08:40:52 AMDio se ne sta oltre il divenire in quanto è il suo Principio (sia in senso ontologico che cronologico), e se Dio scomparisse anche il divenire perderebbe ogni realtà. L'opera di creazione è perciò costantemente (e perennemente) attiva.
Ho la stessa idea. Ora però, è indispensabile fare un altro passo. Perché se ci fermassimo qui, che differenza vi sarebbe con una visione materialistica della realtà? É necessario cioè che Dio sia il Bene. Secondo me, possiamo giungere alla conclusione che Dio = Bene solo tenendo fermo ad ogni costo che Dio è oltre il divenire. Di modo che potremmo interpretare questa nostra vita come il sogno di Dio. Lo Spirito genera il sogno, dove vive il Figlio, cioè tu, io e ogni altra cosa. E lo Spirito soffia dove vuole, generando sia letizia sia dolore. Quindi anche il male. Ma quando il sogno finisce, sono "tolti tutti i peccati del mondo", del Figlio, ma originati dallo Spirito.

Qui non ti seguo. È necessario che Dio sia il Bene (platonicamente inteso) ma non per le ragioni che elenchi tu, o perlomeno quella mi sembra una interpretazione marginale e non essenziale (metafisicamente parlando), e anche abbastanza equivocabile.
Ma siccome qui saremmo O.T. se vuoi approfondire puoi aprire un topic apposito
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: donquixote il 14 Settembre 2018, 14:35:54 PM
@InVerno
a quanto ne so la differenza essenziale fra i cristiani e gli gnostici è che questi ultimi rifiutavano l'idea che per ottenere la salvezza fosse necessaria la grazia divina perchè pensavano che ogni uomo potesse farcela con le sue proprie forze. Per il resto le due dottrine erano in moltissimi punti sovrapponibili, e infatti è esistito uno gnosticismo cristiano ad Alessandria d'Egitto, molto diffuso ai tempi in cui laggiù viveva e studiava Plotino.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 14 Settembre 2018, 16:19:19 PM
Non è esattamente cosi, te lo racconto ma non per fare lezioni a cui non sono titolato, ma per curiosità dei lettori e perchè è una cosmologia ingegnosa a dir poco e vedo che su Wikipedia si capisce davvero poco. Gli gnostici credevano in molteplici manifestazioni del divino, che erano riconosciute in quelle che oggi chiameremmo "virtù". Erano politeisti se si considerano le manifestazioni come divinità ma avevano escogitato una logica unitaria, solo che invece che una logica di relazione tra le manifestazioni, non dovendo giustificare "padri e figli", avevano una logica "a luogo" nel senso che tutte le virtù "abitavano" la parusia che nella sua interezza era assolutamente inconcepibile per l'uomo, ed era "Dio".
Una di queste virtù, Sofia la saggezza, fu intrappolata da una divinità minore (demiurgo), la stessa che aveva  creato il mondo che abitiamo. Anzi il mondo che abitiamo era stato creato al solo scopo di intrappolare Sofia. Qui avevano la spiegazione del male, il mondo che abitiamo è una trappola di dolori e sofferenze che va trascesa risalendo attraverso la Sofia verso la Parusia. L'apocalisse era quindi la distruzione di questo-mondo trappola e l'ascesa verso la Parusia, attraverso l'unico "canale" disponibile: Sofia.
Preciso, se qualcuno avesse capito male, che non ho mai sostenuto che Gesù fosse uno gnostico. E' tuttavia vero che gli apocalittici provenivano in gran parte da quel bacino culturale, esistevano vari culti gnostici, ma tutti concordavano che questo fosse un "mondo trappola" opera non di Dio ma del demiurgo.  Alcuni lo predatavano a Caino ed Abele e leggevano la Bibbia al contrario, i buoni erano i cattivi e i cattivi i buoni in tutta la narrazione dopo Caino ed Abele, non a caso poi comporranno il vangelo di Giuda dipingendo gli apostoli come degli stupratori e Giuda come colui che aveva ricevuto la Sofia da Gesù.
E la parusia di Gesù in fondo profetizza un ribaltamento possibile solo in una mentalità gnostica: "il primo diventerà ultimo" come se anche lui credesse che questo fosse un mondo ribaltato in attesa di una giustizia diametrale..
Dal punto di vista dei valori, rappresentavano l'esatto opposto: Mangiavano maiale al sabato facendo sesso.. Dal punto di vista dello schema cosmologico, avevano una visione molto simile, ma molto più dettagliata di figure e relazioni se paragonata al cristianesimo delle origini (un difetto dei "dotti").. se paragonata al cristianesimo attuale le cose mi paiono molto più simili. E' il gemello "diverso" che non ce l'ha fatta.. Ma il gemello che ce l'ha fatta è cresciuto in una maniera che ricorda molto quello che erano un tempo gli gnostici, suppongo intorno al baricentro dell'apocalisse e anche della Sofia, anche se per un cristiano non è una manifestazione del divino in senso stretto.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: paul11 il 14 Settembre 2018, 18:09:30 PM
Citazione Inverno
............ma tutti concordavano che questo fosse un "mondo trappola" opera non di Dio ma del demiurgo...............

Perfetto, questa è la mia tesi.Il demiurgo in realtà sono gli Elohim di cui facevano parte i "grandi capi" sumerici-accadici-assiro-babilonesi, egiziani.Per questo è in Egitto che al tempo di Alessandria d' Egitto vi troviamo influssi gnostici.
Yahwhe è un Elohim e loro crearono più Adami, inserendo il loro dna in un pitecantropo (metà divino e metà animale) finchè dopo più esperimenti ottennero Adamo che finalmente capiva i linguaggio e parlava.Dalla sua "costola" Eva.
L'Eden era in realtà una"prigione" in quanto l'uomo doveva servire a faticare per gli Elohim.
Ma il medico Elohim che partecipò alla "ibridazione" di Adamo li aiutò: ed è il serpente biblico che rappresenta la conoscenza in tutto il mondo antico,anche negli scritti indiano-vedici.Il caduceo e il colubro di Eusculapio sono ancora oggi il simbolo dei medici.
I grandi capi degli assiro-babilonesi e degli egiziani ,sono parenti e si facevano guerra fra loro.I patriarchi ebrei vengono proprio da queste due culture.Il padre di Abramo era un sacerdote caldeo, Mosè un "principe" egizio......
I figli del "grande capo" degli Elohim si divisero in chi voleva aiutare gli umani, avendone compassione, e chi temeva che gli umani potessero essere un problema ...........
Quindi in realtà i buoni e cattivi erano fra gli Elohim.Chi volle aiutarli gli insegnò i rudimenti delle scienze e passano come "angeli caduti"................
I nomi delle divinitàegizie, gli Elohim, sono gli stessi con altro nome nella tradizione sumerico-accadica e poi assiro-babilonese.

Forse lo gnosticismo nacque in Siria, vera patria del popolo ebraico, L'aramaico è una lingua che viene dalla Siria e l'Eden è collocabile fra i quattro fiumi biblici descritti in  Genesi ,alla sorgente e non alla foce del Tigri ed Eufrate.
Il terzo gruppo della straordinaria civiltà pre-umana sono gli Ari, gli iperborei, da cui deriva il culto orfico-pitagorico di cui Socrate ne parla nel Fedone(in realtà era un sincretismo fra Ari ed Egizi) e venivano dal Nord delle steppe asiatiche ,alcuni andarono nell'India Occidentale-Pakistan e quì scrivono i testi Veda,altri scesero fino in Siria fino alla regione persiana, quella che gli archeologi chiamano la civiltà dei "ciottoli-neri" fino agli altipiani dell'antica Persia, quì nascerà lo zoroastrismo di Zarathustra, gli antichi Magi che porteranno doni al nascituro Gesù.Gli ebrei furono sottomessi da queste tre culture:babilonesi, con i grandi profeti Daniele ed Ezechiele; da Ciro il Grande di Persia che non li deportò, anzi lasciò loro ampia autonomia poichè era simile il culto, gli egiziani con i due patriarchi Mosè e Giacobbe,figlio di Isacco soprannominato Israele.
Essendo praticamente in mezzo gli ebrei hanno ricevuto gli influssi e ne hanno fatto un sincretismo
ma Gesù non è un Elohim...........è molto più potente.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: InVerno il 14 Settembre 2018, 20:31:27 PM
Ciao Paul.
Onestamente credo di non essere in grado dibattere informatamente la gran parte delle tue posizioni,  ma su alcune avrei dei criticismi abbastanza seri. Se ti interessa apro un topic a parte.. Specifico solo sul demiurgo per ora. Il motivo per cui ho specificato che non credo il Gesù canonico fosse uno gnostico (seppur stesse anche lui aspettando un apocalisse) è esattamente il fatto che non credo egli abbia mai fatto menzione del demiurgo, ne in forma esplicita o implicita. A me non risulta, il padre è sempre il padre, ed è anche il creatore. Nel vangelo di Giuda Gesù ammonisce i discepoli che pregano a tavola per pregare il demiurgo. Ma un passaggio di questo tipo non mi risulta nei non-gnostici.
Titolo: Re:L'inconciliabilità tra scritture e fede
Inserito da: paul11 il 14 Settembre 2018, 21:46:47 PM
Citazione di: InVerno il 14 Settembre 2018, 20:31:27 PM
Ciao Paul.
Onestamente credo di non essere in grado dibattere informatamente la gran parte delle tue posizioni,  ma su alcune avrei dei criticismi abbastanza seri. Se ti interessa apro un topic a parte.. Specifico solo sul demiurgo per ora. Il motivo per cui ho specificato che non credo il Gesù canonico fosse uno gnostico (seppur stesse anche lui aspettando un apocalisse) è esattamente il fatto che non credo egli abbia mai fatto menzione del demiurgo, ne in forma esplicita o implicita. A me non risulta, il padre è sempre il padre, ed è anche il creatore. Nel vangelo di Giuda Gesù ammonisce i discepoli che pregano a tavola per pregare il demiurgo. Ma un passaggio di questo tipo non mi risulta nei non-gnostici.
La gnosi, lo gnosticismo è un influsso, una visone spirituale (ma anche non spiritiuale e persino esoterica e anche ermetica)che percorre una narrazione originaria di un falso dio che creò l'uomo, ma non la Terra, non la Natura, non l'Universo:quindi non è Dio.
La via della gnosi ,della conoscenza , della Sophia è trasversale a tutte le forme religiose e spirituale ed è più nelle mistiche che negli istituti religiosi.
Gesù non è "niente" ed è "tutto", è l'incarnazione delle antiche profezie che non necessariamente hanno bisogno per rivelarsi di Yahweh.,l'Elohim.
 Ma era necessario nella storia dell'umanità non per servire una religione, ma per servire l'uomo:il "Figlio dell'Uomo", perchè dichiararsi così? Padre e non Dio o Yahweh, Elohim, Adonai:perchè?