Come si potrebbe definire correttamente l'inferno? C'è una marea di definizioni e significati:
-Luogo che sta in basso, sotto terra, pieno di zolfo e gas puzzolenti, con strani esseri abominevoli e cornuti armati di forcone a tre punte.
-Valle degli inferi, tenebrosa e terrorizzante, dolorosa ("...gementi e piangenti in questa valle di lacrime...").
-Vino della Valtellina, prodotto con uve del vitigno nebbiolo, rosso come il diavolo, sui 12-13 gradi. Fatto bollire con spezie e cannella riscalda il cuore in queste gelide giornate invernali. L'eccesso inebriante e peccaminoso conduce a percorrere la valle degli inferi in direzione del pozzo dell'Averno e dello stagno infuocato ( soprattutto se consumato in compagnia di giovani fanciulle scosciate...).
-Mandare all'inferno una persona fastidiosa, punzecchiante, inadeguata ( per es. "Vai all'inferno, Sari, con tutte le tue stupidaggini!).
-Desolazione, stato dell'animo umano ( "La mia vita è un inferno"). Frase tipica di chi si sente oppresso dalla moglie e ancor di più dalla di lei madre...
-Luogo di ritrovo delle anime condannate da Dio e di quelle che avevano scommesso che non ci fosse.
-Ordigni, armi, strumenti di tortura infernali come il guanto di ferro rovente, la botte piena di chiodi, lo stiramento degli arti. Tutte le prove in genere a cui tentano di fuggire i monaci buddhisti che non riescono a sviluppare la mente detta "paziente sopportazione del non-creato".
-Gli errori tragici che si commettono in nome del bene ("La via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni").
-Luogo del Chaos, il demonio unico vivente prima degli déi, che da lui si originano e si coalizzano per contenerlo nei limiti dell'ordine ( Cosmos).
-Luogo dove abita il dio malvagio Seth ( molto usato nelle battaglie del videogames della serie "Imperium") adorato dagli egizi.
*Il Ghehinomm ebraico, su sette livelli, corrispondenti alle sette inclinazioni perverse dell'uomo, con migliaia di angeli che si divertono a somministrare la punizione, comandati da quell'esaltato di Dumah, spedito sottoterra perché aveva scommesso, perdendo ovviamente, che avrebbe battuto JHWH a scacchi.
-Sinonimo di essere umano ("Io sono l'inferno":..) . "Me miserevole! Per quale varco potrò mai fuggire l'ira infinita e l'infinita disperazione? Perché comunque fugga è sempre l'inferno; sono io l'inferno..." (John Milton)
Caro Sari, te la sei cercata! "L'inferno sono gli altri", J.P. Sartre.
Dalle mie parti un detto popolare dice che non c'è cosa più brutta della convinzione. Lo trovo profondo. Se anche l'inferno è la cosa più brutta che si possa immaginare, questo mi suggerisce che inferno e convinzione coincidono. L'inferno è essere convinti. Significa avere dei punti in cui si è paralizzati, stanze in cui è vietato cercare.
L'inferno è credere nella verità.
L'inferno è la fede.
Chi vive di fede, di verità, lo dimostra, perché ha bisogno di accusare, condannare, maledire, mandare all'inferno, perché sta soffrendo e ha bisogno in continuazione di oggetti o persone con cui prendersela. Nella Bibbia il mestiere del diavolo è infatti accusare, colpevolizzare.
L'inferno è dire "Mi dispiace per te, ma è così", "Non ti puoi sottrarre".
L'inferno è odiare chi non ha sensi di colpa e tentare di inculcarglieli.
L'inferno è essere sulla retta via.
;D
A mio giudizio l'inferno descrive i seguenti stati d'animo:
1) Un desiderio importante non realizzato, un anelito che non trova soddisfazione;
2) La guerra ossia la continua lotta nella quale vinti e vittoriosi distruggono sé e l'altro;
3) L'isolamento, l'essere soli e non avere nessuno (derivante da un'esclusione imposta o auto-imposta);
4) L'arroganza
Citazione di: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2017, 20:38:54 PM
Dalle mie parti un detto popolare dice che non c'è cosa più brutta della convinzione. Lo trovo profondo. Se anche l'inferno è la cosa più brutta che si possa immaginare, questo mi suggerisce che inferno e convinzione coincidono. L'inferno è essere convinti. Significa avere dei punti in cui si è paralizzati, stanze in cui è vietato cercare.
L'inferno è credere nella verità.
L'inferno è la fede.
Chi vive di fede, di verità, lo dimostra, perché ha bisogno di accusare, condannare, maledire, mandare all'inferno, perché sta soffrendo e ha bisogno in continuazione di oggetti o persone con cui prendersela. Nella Bibbia il mestiere del diavolo è infatti accusare, colpevolizzare.
L'inferno è dire "Mi dispiace per te, ma è così", "Non ti puoi sottrarre".
L'inferno è odiare chi non ha sensi di colpa e tentare di inculcarglieli.
L'inferno è essere sulla retta via.
;D
Chi ha creduto di credere tende ad essere più astioso, forse perché sente di essere stato ingannato e si ribella contro se stesso che si è fatto sopraffare da infantili discorsi dei quali oggi non riesce a comprenderne la poesia.
E' come un bambino che quando scopre che Papà Natale non esiste non ricirda quanto sia stato bello crederci.
L'Inferno, il Paradiso, il Purgatorio...a mio avviso sono invenzioni che ci fanno sognare e ci spingono ad agire secondo la nostra morale. :)
Penso che l'inferno sia il vivere senza gioia, senza amore, senza speranza di una vita eterna. Che cos'è la vita se non è eterna? E se l'eternità non è contestualmente gioia? Un inferno!
L'inferno è l'assenza di rimedio all'aver poco amato.
Citazione di: Jacopus il 02 Gennaio 2017, 20:28:57 PMCaro Sari, te la sei cercata! "L'inferno sono gli altri", J.P. Sartre.
"L'inferno sono gli altri" e , nello stesso tempo, l'inferno è l'assenza dell'altro (Apeiron). La solitudine esistenziale come condizione infernale, se subita, o come condizione creativa, feconda , se cercata.
La terra è un inferno; non è un caso che sia immaginato sotto, nel ventre stesso della terra, mentre tutto ciò che è paradisiaco è in alto, aereo, azzurro e ampio, molto ampio, infinito. Per fuggire all'infernale utero terreno si anela allo spazio silenzioso, che terrorizza e attrae allo stesso tempo. Ciò che è terreno appare come torbido, vischioso, un fango appiccicoso che rende difficile il camminare, che fa sprofondare sempre più giù verso l'antro bestiale. Però la spelonca minacciosa attrae, ci chiama con la sua forza naturale; sembra dirci: "Dove vuoi andare, illuso? Sono io la tua casa, non hai altra dimora che questa! Allora sguazza, immergiti nella colla che sarai finalmente felice." Ma nemmeno questo cercar di abbracciare la nostra animalità ci rende felici; è sempre l'inferno dopo tutto...
Più che uno stato d'animo o meglio, uno stato mentale, non so a cosa possa corrispondere "un" inferno.
ciao e buon anno ;)
In origine esisteva il supero e l'infero relazionato al movimento della volta celeste e del pianeta Terra come punto di osservazione umano
Successivamente con la sepoltura in terra dei morti, l'infero diventa il sotto-terra e quindi il regno dei morti, il Sheol ebraico,l'Ade greco
La diversificazione vera e propria avviene a seconda se la resurrezione è intesa in carne e ossa o in spirito, quindi quì cominciano ad essere diversi i concetti di regno dei morti dell'infero e inferno che sposa il concetto cosmogonico della disobbedienza al divino da parte di angeli quindi corpi spirituali che diventano demoni, la costruzione del libero arbitrio e del bene e del male
.................spiego meglio il concetto storico.
le più antiche scritture non parlano di spiritualità come viene intesa comunemente oggi.
Sia i Sumeri che gli Ari intendono trasmettere alle generazioni future delle tradizioni culturali.
Ad esempio i libri Veda degli Arii sono un corpus eccezionale d iscritti, una vera e propria enciclopedia che intende trasmettere un sapere.
Furono i primi commentari nei Vedanta e delle Upanisad che costruirono il Brahmanesimo e quindi l'Induismo e poi allora il concetto di atman prende piede e infine il giainismo e il buddismo .
La stessa cosa avviene nel passaggio fra civiltà sumerico-accadica in assiro-babilonese e costruzione infine dalla cultura ebraica identificativa di un popolo .
Quindi il concetto "spirituale" avviene nel passaggio e contaminazioni di civiltà. ma all'inizio anche nel concetto di spirito o atman
non è ancora intriso del significato ellenistico della filosofia greca che separa nettamente quel'antico infero e supero .
Una sotto-chiave di lettura è che ad un certo punto della storia la Terra stessa viene identificata come mortificazione dell'esistenza
da quì l'espiazione di una colpa nell'esistenza terrena.ma così non fu all'inizio delle culture sumeriche e dei Veda.
La volta celeste non era identificata ancora come "lontana" dalla Terra e gli dei abitavano i monti, quindi ila Terra che confina con il cielo, ed abitavano quindi con gli uomini come dei o semidei.
L'errore antropologico è d ipensare che lu'omo a dun certo punt oesplora i monti, le foreste, naturalisticamente acquisice conoscenze che sottraggono quindi a lmito i significati.La relazione è se l'uomo conosce fiscamente gl ide ispariscono.
NO.
Perchè il gianismo e il buddismo nascono per dare interpretazione alla relazione atman ed esistenza e quindi entra in gioco il karma e il dharma e la reincarnazione
Lo stesso passaggio avviiene nella cultura occidentale, anche se ovviamente con significazioni diverse, ma con problemi di origine uguali ,vale a dire quale è il significato dell'esistenza se esiste lo spirito ?
L'inferno delle spiritualità che separano corpo fisco e anima/spirito, oppure inteso come ciclo di reincarnazioni che evolvono in corpi fisici che dovrebbero raggiungere la perfezione e rompere quindi il ciclo dell'esistenza. Quì non c'è l'inferno, ma la signifcazione originaria è appunto il rapporto esistenza umana dentro le condizioni di natura con un corpo fisico nel divenire che nasce e muore contrapposto alla perfezione paradisiaca o del nirvana che è eterno.
Non sono uguali, ma le similitudini sì, perchè il sistema di relazione ha basi ontologiche e significazioni simili;
la terra è già maya e inferno, per cui i desideri, i piaceri sono invece il luogo del dolore e della sofferenza in quanto inestinguibili per il corp ofisic oche continuamente li richiede per soddisfarsi, al contrario la perfezione o abita in un aldilà o vine vinta vincendo la sfera dei desideri che corrompe lo spirito /atman
Ho semplificato la stesua, ma spero di aver fatto passare i concetti
Personalmente ritengo che l'errore occidentale sia la dicotomia netta fra corpo e spirito, questo dualismo che contamina il concetto di esistenza di vita in un corpo fisico che fa quindi vivere la spiritualità in contrapposizione troppo spesso con l'esistenza e quindi non aiuta a vivere.
Altra definizione che credo le racchiuda tutte: l'inferno è la completa perdita del legame affettivo.
Se uno perde la capacità di provare affetto succede che:
1) rimane isolato perchè dopotutto non può "convivere" con nessuno anche se all'apparenza sembra il contrario;
2) vede l'altro come "nemico" e quindi con lui fa conflitto perchè si sente minacciato e di conseguenza cerca di prevaricare sull'altro;
3) "manda all'inferno gli altri" nel senso che augura agli altri il peggio. In preda al suo delirio di onnipotenza dovuto alla sua arroganza e al suo isolamento si "prende il diritto" di giudicare
gli altri (e NON i loro peccati). Non a caso chi è arrogante "non vede la trave nel suo occhio ma le pagliuzze altrui...";
4) non prova compassione di nessuno tant'è che lui stesso diventa l'unica cosa che conta;
5) interagisce con gli altri in modo perennemente maligno cercando di far vedere la sua superiorità. Perciò tenderà a deridere le vite altrui (o a condannarle...) e cercherà di distogliere l'altro dal suo modo di essere sottomettendolo al proprio;
6) è perennemente sospettoso degli altri e del loro modo di amarsi.
e così via.
Ma l'inferno è anche la perdita della speranza ossia è "disperazione". Il soldato disperato finisce o nella catatonia o arriva ad inimicarsi tutti e condanna il mondo.
L'inferno è anche assenza di "fede" intesa come assenza di "fiducia". Il non fidarsi di nessuno distrugge ogni legame e lascia nella "solitudine esistenziale".
Citazione di: Freedom il 02 Gennaio 2017, 23:55:14 PMPenso che l'inferno sia il vivere senza gioia, senza amore, senza speranza di una vita eterna. Che cos'è la vita se non è eterna? E se l'eternità non è contestualmente gioia? Un inferno!
"Vita eterna"... molti dicono che sperare nella sopravvivenza del proprio io è una forma di egoismo e non hanno tutti i torti. Se uno spera solo per la propria sopravvivenza dopo la morte ne consegue che penserà in vita solo a se stesso. Questo sembra contro il cristianesimo ma c'è una citazione evangelica che mi ha sempre fatto riflettere:
"Perché
chi vorrà salvare la
propria vita, la
perderà; ma
chi perderà la
propria vita per causa mia, la troverà"
Ossia chi vuole salvare più di ogni cosa se stesso è destinato all'esclusione, alla solitudine esistenziale. La seconda frase invece non è così chiara: vuole forse dire che dobbiamo martirizzarci all'istante, autoflagellandoci e cercare di convincere gli altri, con le nostre ferite, a fare lo stesso? Vuole forse dire di andare a fare crociate contro "il nemico" (tra l'altro in perfetto contrasto con altri precetti ("AMA il tuo nemico", "porgi l'altra guancia" ecc)...)? La mia interpretazione è così: impegnarsi ad andare oltre all'egoismo per andare oltre alla "solitudine esistenziale".
Citazione di: paul11 il 03 Gennaio 2017, 11:13:52 AM.................spiego meglio il concetto storico. le più antiche scritture non parlano di spiritualità come viene intesa comunemente oggi. Sia i Sumeri che gli Ari intendono trasmettere alle generazioni future delle tradizioni culturali. Ad esempio i libri Veda degli Arii sono un corpus eccezionale d iscritti, una vera e propria enciclopedia che intende trasmettere un sapere. Furono i primi commentari nei Vedanta e delle Upanisad che costruirono il Brahmanesimo e quindi l'Induismo e poi allora il concetto di atman prende piede e infine il giainismo e il buddismo . La stessa cosa avviene nel passaggio fra civiltà sumerico-accadica in assiro-babilonese e costruzione infine dalla cultura ebraica identificativa di un popolo . Quindi il concetto "spirituale" avviene nel passaggio e contaminazioni di civiltà. ma all'inizio anche nel concetto di spirito o atman non è ancora intriso del significato ellenistico della filosofia greca che separa nettamente quel'antico infero e supero . Una sotto-chiave di lettura è che ad un certo punto della storia la Terra stessa viene identificata come mortificazione dell'esistenza da quì l'espiazione di una colpa nell'esistenza terrena.ma così non fu all'inizio delle culture sumeriche e dei Veda. La volta celeste non era identificata ancora come "lontana" dalla Terra e gli dei abitavano i monti, quindi ila Terra che confina con il cielo, ed abitavano quindi con gli uomini come dei o semidei. L'errore antropologico è d ipensare che lu'omo a dun certo punt oesplora i monti, le foreste, naturalisticamente acquisice conoscenze che sottraggono quindi a lmito i significati.La relazione è se l'uomo conosce fiscamente gl ide ispariscono. NO. Perchè il gianismo e il buddismo nascono per dare interpretazione alla relazione atman ed esistenza e quindi entra in gioco il karma e il dharma e la reincarnazione Lo stesso passaggio avviiene nella cultura occidentale, anche se ovviamente con significazioni diverse, ma con problemi di origine uguali ,vale a dire quale è il significato dell'esistenza se esiste lo spirito ? L'inferno delle spiritualità che separano corpo fisco e anima/spirito, oppure inteso come ciclo di reincarnazioni che evolvono in corpi fisici che dovrebbero raggiungere la perfezione e rompere quindi il ciclo dell'esistenza. Quì non c'è l'inferno, ma la signifcazione originaria è appunto il rapporto esistenza umana dentro le condizioni di natura con un corpo fisico nel divenire che nasce e muore contrapposto alla perfezione paradisiaca o del nirvana che è eterno. Non sono uguali, ma le similitudini sì, perchè il sistema di relazione ha basi ontologiche e significazioni simili; la terra è già maya e inferno, per cui i desideri, i piaceri sono invece il luogo del dolore e della sofferenza in quanto inestinguibili per il corp ofisic oche continuamente li richiede per soddisfarsi, al contrario la perfezione o abita in un aldilà o vine vinta vincendo la sfera dei desideri che corrompe lo spirito /atman Ho semplificato la stesua, ma spero di aver fatto passare i concetti Personalmente ritengo che l'errore occidentale sia la dicotomia netta fra corpo e spirito, questo dualismo che contamina il concetto di esistenza di vita in un corpo fisico che fa quindi vivere la spiritualità in contrapposizione troppo spesso con l'esistenza e quindi non aiuta a vivere.
L'uomo è
corpo e
anima (o forse corpo, anima e spirito). D'altronde l'amore è
anche una questione "carnale". Quello che vedi tu in realtà è un difetto della filosofia pitagorico-platonica nella quale l'anima è "imprigionata" nel corpo. Nel cristianesimo (e anche nel "neoplatonismo") la materia non è una prigione lo diventa per chi vive solo di "carne" e per chi vive solo di "mente". Tant'è che si parla di "resurrezione dei corpi". Questo è l'unico motivo che non mi fa pensare a tale dottrina come una completa assurdità, anche se sinceramente ha i suoi problemi e le sue inconsistenze (banalmente: il corpo che mi "becco" avrà l'aspetto odierno, quello del giorno in cui muoio... può d'altronde esserci un corpo senza un divenire? - contro-obiezione: tale dottrina è oltre la tua comprensione, il corpo lo avrai ma ora non puoi immaginartelo perchè parli col linguaggio del mondo del divenire e non con quello dell'eternità...)...
Sia che s'intenda come un luogo oppure come uno stato dell'animo, l'inferno, per essere veramente inferno, ha bisogno di essere abitato. E chi sono gli abitatori delle tenebre sulfuree ? Sono i démoni, quegli esseri dal viso abbruttito, deforme, macchiato dall'eccesso di godimento che ha reso pesante come piombo la loro coscienza e li ha fatti precipitare in basso, scesi sotto il fondo della loro bara, giù sempre più giù in mondi infernali dove si agitano come asura, in preda del loro stesso desiderare, rimasto insoddisfatto. Allora si avventano nelle altrui coscienze per godere ancora, per saziarsi di piaceri, per guardarsi con altri occhi che nascondano le loro mostruosità. Hanno nomi che evocano antiche divinità pre-vediche: Indra, Agni, Soma, Rudra, Varuna...La loro bellezza è perduta e disperano di tornare tra gli uomini e poi tra gli déi loro fratelli e la rabbia reitera il male , la sofferenza e l'inferno.
Chi non ha mai incontrato dentro di sé uno o più di questi esseri demoniaci? Non ricordate più i sogni puerili, nascosti sotto le coperte perché sentivamo la loro fetida presenza nel buio della cameretta? Il terrore quando colpivano le porte della nostra coscienza in meditazione? Piccoli e grandi venivano avanti paralizzandoci, finché abbiamo imparato ad osservarli e a capire che nulla potevano se noi non volevamo...Da quale abisso dell'inconscio mentale, dello spazio di vinnana, la dimensione senza dimensione della mente, salivano? Che cosa li evocava ? Perché ci volevano con loro nelle viscere del buio?
Potevamo forse liberarli? Restituirgli l'antico volto di Luce? Siamo forse il tramite della loro redenzione e del ritorno alla deità?
"Asura dalle mani d'oro, dalla corretta guida, colui che è (era) misericordioso, che aiuta (aiutava) , vieni verso di noi.
respingendo i démoni e gli stregoni, emergi dal buio ( dall'inferno ) deva da tutti invocato".
( Rig-Veda 1,35)
Premesso che l'uomo dovrebbe essere Spirito anima e corpo e che, se con il peccato perde lo Spirito e nello stesso momento l'anima si indebolisce e viene portata via dal corpo, se non si è santi si è peccatori, dov'è la nostra anima in questo momento?
Per saperlo basta guardare il nostro volto. Se abbiamo il sorriso divino la nostra anima è quantomeno nella tranquillità e/o serenità, ma se non abbiamo il sorriso divino, anche se siamo ridenti e/o ghignanti, l'anima non si trova in un posto tranquillo!
Come si chiama questo posto?
L'inferno esiste e il paradiso esiste basti pensare alla differenza di quello che sente chi ama e chi odia.
In ogni caso l'inferno esiste e non comincia dopo la morte ma comincia già su questa terra ed in particolare comincia quando l'anima si stacca dal corpo per far posto al peccato/satana/demoni.
Chi pensa che l'inferno non esista ci dovrebbe spiegare perché quelli che sono depressi o affetti da altre malattie simili soffrono così tanto!
Citazione di: giona2068 il 03 Gennaio 2017, 16:30:06 PMPremesso che l'uomo dovrebbe essere Spirito anima e corpo e che, se con il peccato perde lo Spirito e nello stesso momento l'anima si indebolisce e viene portata via dal corpo, se non si è santi si è peccatori, dov'è la nostra anima in questo momento? Per saperlo basta guardare il nostro volto. Se abbiamo il sorriso divino la nostra anima è quantomeno nella tranquillità e/o serenità, ma se non abbiamo il sorriso divino, anche se siamo ridenti e/o ghignanti, l'anima non si trova in un posto tranquillo! Come si chiama questo posto? L'inferno esiste e il paradiso esiste basti pensare alla differenza di quello che sente chi ama e chi odia. In ogni caso l'inferno esiste e non comincia dopo la morte ma comincia già su questa terra ed in particolare comincia quando l'anima si stacca dal corpo per far posto al peccato/satana/demoni. Chi pensa che l'inferno non esista ci dovrebbe spiegare perché quelli che sono depressi o affetti da altre malattie simili soffrono così tanto!
Ma non capisco tu vuoi dire che un depresso è all'inferno o ha perso lo spirito? Mi sembra invece il contrario: chi desidera liberarsi dal peccato o comunque "migliorarsi" in genere soffre di più per questo sforzo. E a volte non ci riesce e cade nella depressione (e dunque cerca aiuto...).
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 16:40:21 PM
Citazione di: giona2068 il 03 Gennaio 2017, 16:30:06 PMPremesso che l'uomo dovrebbe essere Spirito anima e corpo e che, se con il peccato perde lo Spirito e nello stesso momento l'anima si indebolisce e viene portata via dal corpo, se non si è santi si è peccatori, dov'è la nostra anima in questo momento? Per saperlo basta guardare il nostro volto. Se abbiamo il sorriso divino la nostra anima è quantomeno nella tranquillità e/o serenità, ma se non abbiamo il sorriso divino, anche se siamo ridenti e/o ghignanti, l'anima non si trova in un posto tranquillo! Come si chiama questo posto? L'inferno esiste e il paradiso esiste basti pensare alla differenza di quello che sente chi ama e chi odia. In ogni caso l'inferno esiste e non comincia dopo la morte ma comincia già su questa terra ed in particolare comincia quando l'anima si stacca dal corpo per far posto al peccato/satana/demoni. Chi pensa che l'inferno non esista ci dovrebbe spiegare perché quelli che sono depressi o affetti da altre malattie simili soffrono così tanto!
Ma non capisco tu vuoi dire che un depresso è all'inferno o ha perso lo spirito? Mi sembra invece il contrario: chi desidera liberarsi dal peccato o comunque "migliorarsi" in genere soffre di più per questo sforzo. E a volte non ci riesce e cade nella depressione (e dunque cerca aiuto...).
Caro mio, chi desidera così ardentemente uscire dal peccato come tu lo descrivo è fortemente pentito e se è pentito fortemente non cade nella disperazione perché si santifica, vive nella certezza del perdono che è speranza. Chi spera non sarai mai depresso.
E' vero che Giuda per disperazione si impiccò, ma in questo caso non fu un pentimento generato dalla verità che è il Signore Dio in persona, ma un tormento satanico per indurre Giuda alla disperazione quindi al suicidio. La differenza fra pentimento sincero e veritiero e un pentimento indotto da satana è che il Signore ti fa vedere lo sbaglio con una mano e con l'altra di fa vedere il perdono, mentre nel pentimento satanico c'è solo la visione dello sbaglio per portarti alla disperazione.
Citazione di: giona2068 il 03 Gennaio 2017, 17:07:10 PMCitazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 16:40:21 PMCitazione di: giona2068 il 03 Gennaio 2017, 16:30:06 PMPremesso che l'uomo dovrebbe essere Spirito anima e corpo e che, se con il peccato perde lo Spirito e nello stesso momento l'anima si indebolisce e viene portata via dal corpo, se non si è santi si è peccatori, dov'è la nostra anima in questo momento? Per saperlo basta guardare il nostro volto. Se abbiamo il sorriso divino la nostra anima è quantomeno nella tranquillità e/o serenità, ma se non abbiamo il sorriso divino, anche se siamo ridenti e/o ghignanti, l'anima non si trova in un posto tranquillo! Come si chiama questo posto? L'inferno esiste e il paradiso esiste basti pensare alla differenza di quello che sente chi ama e chi odia. In ogni caso l'inferno esiste e non comincia dopo la morte ma comincia già su questa terra ed in particolare comincia quando l'anima si stacca dal corpo per far posto al peccato/satana/demoni. Chi pensa che l'inferno non esista ci dovrebbe spiegare perché quelli che sono depressi o affetti da altre malattie simili soffrono così tanto!
Ma non capisco tu vuoi dire che un depresso è all'inferno o ha perso lo spirito? Mi sembra invece il contrario: chi desidera liberarsi dal peccato o comunque "migliorarsi" in genere soffre di più per questo sforzo. E a volte non ci riesce e cade nella depressione (e dunque cerca aiuto...).
Caro mio, chi desidera così ardentemente uscire dal peccato come tu lo descrivo è fortemente pentito e se è pentito fortemente non cade nella disperazione perché si santifica, vive nella certezza del perdono che è speranza. Chi spera non sarai mai depresso. E' vero che Giuda per disperazione si impiccò, ma in questo caso non fu un pentimento generato dalla verità che è il Signore Dio in persona, ma un tormento satanico per indurre Giuda alla disperazione quindi al suicidio. La differenza fra pentimento sincero e veritiero e un pentimento indotto da satana è che il Signore ti fa vedere lo sbaglio con una mano e con l'altra di fa vedere il perdono, mentre nel pentimento satanico c'è solo la visione dello sbaglio per portarti alla disperazione.
Capisco quello che intendi e in effetti anche io distinguo tra i due tipi di pentimento. Tuttavia la depressione, la psicosi ecc sono
malattie che hanno una forte componente neurobiologica e quindi in queste condizioni non si è in grado di ragionare correttamente. Motivo per cui la psichiatria tratta questi malati come malati e non li condanna. Inoltre la sanità mentale non è sempre una questione di scelta motivo per cui spesso è necessario utilizzare le medicine per uscire da queste condizioni. Con questo voglio dire che il depresso, lo psicotico ecc sono a tutti gli effetti
malati e come tale devono essere aiutati. Non si può, secondo me, ritenere una persona affetta da questi tormenti responsabile quanto una persona in piena lucidità.
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 18:23:33 PM
Citazione di: giona2068 il 03 Gennaio 2017, 17:07:10 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 16:40:21 PM
Capisco quello che intendi e in effetti anche io distinguo tra i due tipi di pentimento. Tuttavia la depressione, la psicosi ecc sono malattie che hanno una forte componente neurobiologica e quindi in queste condizioni non si è in grado di ragionare correttamente. Motivo per cui la psichiatria tratta questi malati come malati e non li condanna. Inoltre la sanità mentale non è sempre una questione di scelta motivo per cui spesso è necessario utilizzare le medicine per uscire da queste condizioni. Con questo voglio dire che il depresso, lo psicotico ecc sono a tutti gli effetti malati e come tale devono essere aiutati. Non si può, secondo me, ritenere una persona affetta da questi tormenti responsabile quanto una persona in piena lucidità.
Non dobbiamo condannare né condannare né rifiutare l'aiuto a nessuno perché oltre a non essere questo l'insegnamento cristiano noi non abbiamo nessuna certezza di essere meglio o comunque di non finire sono finiti quelli che diciamo malati. Se non camminiamo sulla strada della santità andiamo verso la perdizione per finire come quelli che il mondo chiama malati. In ogni caso chi vive secondo verità mettendo in pratica la legge del Signore Dio, non solo come opere, che possono essere fatte come per posa, ma oltretutto come cuore in cui dimora il Signore Dio che è tutto in tutti, non può ammalarsi psicologicamente. E' vero che nelle malattie psichiche c'è una componente fisiologica ma è l'effetto non la causa. Sarebbe quello che solitamente viene chiamato somatizzazione. Per quanto a me noto, nessun santo è mai finito in psichiatria perché il santo vive nel mondo senza essere del mondo. A ben vedere i malati psichici abbondano nelle società opulente perché in questo genere di società c'è l'adorazione delle cose materiali e fra i malati psichici dobbiamo annoverare anche i tossici e gli alcolisti. In pratica il percorso verso malattia mentale è questo: Un idolo entra nel cuore - piaceri della carne - potere - denaro - superbia orgoglio - e simili - e suscita il desiderio di esso. Se il desiderio viene soddisfatto alla fine si scopre che non soddisfa, se al contrario non può essere soddisfatto nasce la frustrazione che distrugge l'uomo. In ogni si perde l'anima e al suo posto dimora satana/peccato/demone. Chi non ha perso completamente l'anima è recuperabile, ma chi la persa del tutto è impossibile recuperarlo perché l'anima è già all'inferno. Questi ultimi non sono da tutti riconoscibili anzi spesso ammirati e glorificati da chi non ha occhi per vedere, ma la loro fine è la psichiatria fino a quando il loro corpo è vegeto. Ti faccio un esempio i Rolling Stones li hai mai guardati in faccia! Eppure....
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 12:20:47 PM
"Vita eterna"... molti dicono che sperare nella sopravvivenza del proprio io è una forma di egoismo e non hanno tutti i torti.
L'anelito all'eternità è condiviso da tutti gli esseri umani. Non è tuttavia detto che tutti ne siano consapevoli. Ma addirittura definirlo egoismo non è corretto: è forse egoismo desiderare di sfuggire alla morte?
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 12:20:47 PMSe uno spera solo per la propria sopravvivenza dopo la morte ne consegue che penserà in vita solo a se stesso.
Da dove evinci che spero solo per la mia sopravvivenza disinteressandomi di quella degli altri?
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 12:20:47 PM
La seconda frase invece non è così chiara
Francamente non riesco a comprendere cosa non ti è chiaro:
Citazione di: Freedom il 02 Gennaio 2017, 23:55:14 PM
E se l'eternità non è contestualmente gioia?
Un'eternità di sofferenza non è auspicabile. Dunque se eternità dev'essere che sia contestualmente di gioia. Ergo gioia eterna.
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 12:20:47 PM
vuole forse dire che dobbiamo martirizzarci all'istante, autoflagellandoci e cercare di convincere gli altri, con le nostre ferite, a fare lo stesso? Vuole forse dire di andare a fare crociate contro "il nemico" (tra l'altro in perfetto contrasto con altri precetti ("AMA il tuo nemico", "porgi l'altra guancia" ecc)...)?
Non capisco perché fai queste piroette: da dove evinci che alludo a ciò?
Amare gli altri è vita, per amare altri occorre amare se stessi cioè cercare la nostra salvezza. Questo non solo è lecito ma doveroso perché per amare occorre essere vivi. Vivere non è egoismo se noi spendiamo la nostra vita per amare/aiutare/salvare il nostro prossimo, ma lo diventa quando pensiamo di vivere per sfogare il nostro egoismo.
L'amore è il Signore Dio che è eterno, se amiamo amiamo per l'eternità rimanendo vivi per sempre. Per pensare che vivere in eterno sia egoismo occorre avere una visione egoistica che porta a conclusioni egoistiche.
In ogni caso l'eternità c'è, il nostro problema non è durare in eterno, questo è acquisito, ma vivere in un posto quantomeno tranquillo che è il primo gradino del paradiso.
Purtroppo c'è anche l'eternità nell'inferno.
Citazione di: Freedom il 03 Gennaio 2017, 23:15:25 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 12:20:47 PM"Vita eterna"... molti dicono che sperare nella sopravvivenza del proprio io è una forma di egoismo e non hanno tutti i torti.
L'anelito all'eternità è condiviso da tutti gli esseri umani. Non è tuttavia detto che tutti ne siano consapevoli. Ma addirittura definirlo egoismo non è corretto: è forse egoismo desiderare di sfuggire alla morte?
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 12:20:47 PMSe uno spera solo per la propria sopravvivenza dopo la morte ne consegue che penserà in vita solo a se stesso.
Da dove evinci che spero solo per la mia sopravvivenza disinteressandomi di quella degli altri?
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 12:20:47 PMLa seconda frase invece non è così chiara
Francamente non riesco a comprendere cosa non ti è chiaro:
Citazione di: Freedom il 02 Gennaio 2017, 23:55:14 PME se l'eternità non è contestualmente gioia?
Un'eternità di sofferenza non è auspicabile. Dunque se eternità dev'essere che sia contestualmente di gioia. Ergo gioia eterna.
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 12:20:47 PMvuole forse dire che dobbiamo martirizzarci all'istante, autoflagellandoci e cercare di convincere gli altri, con le nostre ferite, a fare lo stesso? Vuole forse dire di andare a fare crociate contro "il nemico" (tra l'altro in perfetto contrasto con altri precetti ("AMA il tuo nemico", "porgi l'altra guancia" ecc)...)?
Non capisco perché fai queste piroette: da dove evinci che alludo a ciò?
Ti chiedo perdono Freedom! Nella fretta mi sono dimenticato di dire che non era un intervento rivolto a te in particolare ma era una riflessione generica. Volevo infatti mettere in luce un (apparente?) paradosso che in realtà non solo riguarda il cristianesimo ma tutte le religioni che promettono una "liberazione".Perfino il buddismo come punto di partenza ha il desiderio della
propria salvezza anche se poi l'obbiettivo finale è la pace interiore come "assenza di desiderio" e come "assenza di pensare in modo ego-centrico". Per iniziare infatti un qualsiasi cammino spirituale di questo tipo si deve desiderare la salvezza per se stessi, che chiaramente è un pensiero egocentrico. L'egocentrismo
non è di per sé un male ma tende a sfociare nell'egoismo. Motivo per cui si deve a mio giudizio anche desiderare l'altrui salvezza. La seconda frase a cui mi riferivo non era la tua ma era quella del brano evangelico ("chi la perderà per me...") la quale può essere interpretata in modi diversi anche se chiaramente a mio giudizio non vuol dire auto-immolarsi o morire in una guerra santa. Tuttavia la mia riflessione era anche sul linguaggio ambiguo usato: in effetti uno può interpretarla in quei due modi se non fa attenzione.
E qui arriva un "nuovo ateo" (non io!) che sfida il credente: che c'è di male a pensare che la vita sia finita? Pensarla infinita non è semplicemente un inganno dell'ego? In sostanza la sfida dell'ateo è: il vostro sperare della vita eterna non è in realtà una tentazione?
Giona capisco quello che vuoi dire e rispetto la tua opinione. Sono d'accordo con te che
l'attaccamento alle cose sbagliate è una via che porta alla perdizione. Non sono d'accordo però col fatto che "a vista" tu vedi uno che è "senza speranze". Penso che tu abbia fatto esperienze mistiche di vario tipo e quindi percepisci magari la realtà in modo diverso dalla mia. Tuttavia questa tua convinzione che guardando in faccia uno si capisce se è perso mi pare un po' esagerata...
Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2017, 10:45:43 AM
Citazione di: Freedom il 03 Gennaio 2017, 23:15:25 PM
Citazione di: Apeiron il 03 Gennaio 2017, 12:20:47 PM"Ti chiedo perdono Freedom! Nella fretta mi sono dimenticato di dire che non era un intervento rivolto a te in particolare ma era una riflessione generica. Volevo infatti mettere in luce un (apparente?) paradosso che in realtà non solo riguarda il cristianesimo ma tutte le religioni che promettono una "liberazione".Perfino il buddismo come punto di partenza ha il desiderio della propria salvezza anche se poi l'obbiettivo finale è la pace interiore come "assenza di desiderio" e come "assenza di pensare in modo ego-centrico". Per iniziare infatti un qualsiasi cammino spirituale di questo tipo si deve desiderare la salvezza per se stessi, che chiaramente è un pensiero egocentrico. L'egocentrismo non è di per sé un male ma tende a sfociare nell'egoismo. Motivo per cui si deve a mio giudizio anche desiderare l'altrui salvezza. La seconda frase a cui mi riferivo non era la tua ma era quella del brano evangelico ("chi la perderà per me...") la quale può essere interpretata in modi diversi anche se chiaramente a mio giudizio non vuol dire auto-immolarsi o morire in una guerra santa. Tuttavia la mia riflessione era anche sul linguaggio ambiguo usato: in effetti uno può interpretarla in quei due modi se non fa attenzione.
E qui arriva un "nuovo ateo" (non io!) che sfida il credente: che c'è di male a pensare che la vita sia finita? Pensarla infinita non è semplicemente un inganno dell'ego? In sostanza la sfida dell'ateo è: il vostro sperare della vita eterna non è in realtà una tentazione?
Giona capisco quello che vuoi dire e rispetto la tua opinione. Sono d'accordo con te che l'attaccamento alle cose sbagliate è una via che porta alla perdizione. Non sono d'accordo però col fatto che "a vista" tu vedi uno che è "senza speranze". Penso che tu abbia fatto esperienze mistiche di vario tipo e quindi percepisci magari la realtà in modo diverso dalla mia. Tuttavia questa tua convinzione che guardando in faccia uno si capisce se è perso mi pare un po' esagerata...
Hai ragione quando dici che è esagerato dire che si può capire se uno ha speranza oppure no solo guardandolo in faccia. Io non comunque non ho detto che sia possibile questo, ho detto infatti che non tutti hanno occhi per riconoscere chi ha perso l'anima e io non mi colloco fra quelli capaci di riconoscere i senza speranza, ma i santi sì. Forse esprimendomi in modo inadeguato ho solo cercato di illustrare un concetto generale. Infatti il Signore ha detto: Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti. Ho citato i Rolling Stones (non so se scrive così) perché quando vedo il volto di quei settantenni fare i ragazzotti, mi spavento. A questo aggiungasi che sono stati maestri assieme a Beatles nell'introdurre i messaggi subliminali con contenuto satanico, ma nonostante questo il mondo li esalta. In ogni caso, sensazioni a parte, non sta a me giudicare.
Quanto al versetto: Chi perderà la sua vita a causa mia la ritroverà, sta dicendo che bisogna testimoniare la propria fede anche a costo di essere uccisi perché chi superare la prova sarà salvato.
"La religione è per le persone che hanno paura di andare all'inferno. La spiritualità è per coloro che ci sono già stati" (Vine Deloria, Sioux)
Gli stati d'animo infernali spingono alla ricerca della spiritualità ? Viceversa la religione è semplicemente figlia della paura? O non sono forse proprio gli stati d'animo negativi dei prodotti della paura?
La paura dovremmo forse considerarla la matrice, il crogiolo dove si fondono le negatività, l'odio e le illusioni di durare in eterno, di avere un ego sostanziale non legato al tempo, al grande corruttore?
Gli dèi stessi si corrompono, si fondono nelle coscienze e prendono sembianze di demoni. Ciò che si adorava , ora si teme ( Deva e asura si scambiano i ruoli)...l'angelo di luce è ricoperto di fango... Il fango delle sepolture nel ventre umido della terra, nella corruzione e nel marciume, ed ecco...un nuovo demone appare nel mondo, un nuovo divoratore di vita.
Appare ora la spiritualità: il segno è il fuoco delle pire funerarie, dei cimiteri all'aperto con banchetto di avvoltoi e di nibbi, delle torri del silenzio di Zarathustra dove gettare i cadaveri in pasto agli uccelli perché i demoni e gli spiriti che infestano il morto non contaminino la terra e nemmeno il fuoco puro, spirituale...
Come ingrassano gli avvoltoi sopra il silenzio di queste torri, di questi inferni all'aperto! ( La comunità Parsi ha stanziato 200.000 $ per l'allevamento di queste nobili creature, di questi uccelli misericordiosi sempre più rari, in estinzione, così che tocca gettare nel pozzo della torre i corpi semi-divorati...).
Il demone così divorato si trasforma in caldo guano d'uccello, che scende dall'azzurro cielo a fecondare la perfida terra...
Giona grazie della precisazione :) . Comunque nemmeno io ritengo i Rolling Stones o simili un grande esempio da seguire. Sul versetto lo interpreto praticamente allo stesso modo.
Citazione di: Sariputra il 04 Gennaio 2017, 15:30:29 PM"La religione è per le persone che hanno paura di andare all'inferno. La spiritualità è per coloro che ci sono già stati" (Vine Deloria, Sioux) Gli stati d'animo infernali spingono alla ricerca della spiritualità ? Viceversa la religione è semplicemente figlia della paura? O non sono forse proprio gli stati d'animo negativi dei prodotti della paura? La paura dovremmo forse considerarla la matrice, il crogiolo dove si fondono le negatività, l'odio e le illusioni di durare in eterno, di avere un ego sostanziale non legato al tempo, al grande corruttore? Gli dèi stessi si corrompono, si fondono nelle coscienze e prendono sembianze di demoni. Ciò che si adorava , ora si teme ( Deva e asura si scambiano i ruoli)...l'angelo di luce è ricoperto di fango... Il fango delle sepolture nel ventre umido della terra, nella corruzione e nel marciume, ed ecco...un nuovo demone appare nel mondo, un nuovo divoratore di vita. Appare ora la spiritualità: il segno è il fuoco delle pire funerarie, dei cimiteri all'aperto con banchetto di avvoltoi e di nibbi, delle torri del silenzio di Zarathustra dove gettare i cadaveri in pasto agli uccelli perché i demoni e gli spiriti che infestano il morto non contaminino la terra e nemmeno il fuoco puro, spirituale... Come ingrassano gli avvoltoi sopra il silenzio di queste torri, di questi inferni all'aperto! ( La comunità Parsi ha stanziato 200.000 $ per l'allevamento di queste nobili creature, di questi uccelli misericordiosi sempre più rari, in estinzione, così che tocca gettare nel pozzo della torre i corpi semi-divorati...). Il demone così divorato si trasforma in caldo guano d'uccello, che scende dall'azzurro cielo a fecondare la perfida terra...
Non sono d'accordo che la religione sia "inferiore" alla spiritualità o almeno non lo è necessariamente. Bisogna anche infatti distinguere tra religione "vera" nella quale la fede più che una credenza è una fiducia (e inoltre più che una paura si nota una pace dell'animo) dalla religione come superstizione o indottrinamento. Per come la vedo io è un po' come lo sviluppo della coscienza: inizialmente si è "santi per paura" ossia si temono le conseguenze negative delle proprie azioni, atteggiamento che denota già un miglioramento dallo stato per il quale "si fa quello che si vuole". Dopo si sviluppa meglio la coscienza e ci auto-vietiamo di fare delle cose non tanto per le conseguenze ma proprio perchè iniziamo ad avere un disgusto per le azioni "malvagie". La paura comincia a diventare un timore "sano", reverenziale in cui si capisce che si è piccoli davanti a qualcosa di infinitamente più potente di noi. Il timore è un atteggiamento simile al "sublime". Sentiamo una cosa superiore a noi e inziamo a rispettarla. I buddhisti ci dicono che "hiri" (disgusto per le cattive azioni) e "ottapa" (paura del karma negativo) sono i "guardiani" e sono fattori da coltivare specialmente all'inzio ma che comunque non devono mai essere veramente lasciati da parte. Lo si fa "automaticamente" solo al raggiungimento della santità nella quale d'altronde si vive solo d'amore e la paura scompare del tutto. Detto questo la paura a mio giudizio è sana se non cade però nel terrore (esempio idiota: la paura ci mantiene vigli perciò se abbiamo paura di morire di certo non andiamo con la macchina contro un albero, il terrore non ci fa uscire di casa...).
Il problema delle religioni diciamo "organizzate" è che tende a mettere il dogma come fondamento della religione e non l'esperienza, di modo che in genere ci si fa un'idea sbagliata della religione. Non a caso le persone più spirituali sembra che abbiano sempre in fase iniziale (e non solo...) rifiutato la fede, salvo poi abbracciarne un'altra o tornare a quella di partenza. Motivo per cui l'indottrinamento secondo me fa più male che altro, anzi fa sentire prigionieri di un'ideologia, cosa che poi porta alla ribellione. Paradossalmente mi sento più "religioso"
adesso che sono "agnostico incline al teismo" (non so che termine migliore darmi, spero che si intuisca quello che voglio dire) di quando da piccolo andavo sempre a messa ecc. Credo che la questione sia dovuta al fatto che sto vivendo con le esperienze e non con le dottrine.
Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2017, 16:37:13 PMGiona grazie della precisazione :) . Comunque nemmeno io ritengo i Rolling Stones o simili un grande esempio da seguire. Sul versetto lo interpreto praticamente allo stesso modo.
Citazione di: Sariputra il 04 Gennaio 2017, 15:30:29 PM"La religione è per le persone che hanno paura di andare all'inferno. La spiritualità è per coloro che ci sono già stati" (Vine Deloria, Sioux) Gli stati d'animo infernali spingono alla ricerca della spiritualità ? Viceversa la religione è semplicemente figlia della paura? O non sono forse proprio gli stati d'animo negativi dei prodotti della paura? La paura dovremmo forse considerarla la matrice, il crogiolo dove si fondono le negatività, l'odio e le illusioni di durare in eterno, di avere un ego sostanziale non legato al tempo, al grande corruttore? Gli dèi stessi si corrompono, si fondono nelle coscienze e prendono sembianze di demoni. Ciò che si adorava , ora si teme ( Deva e asura si scambiano i ruoli)...l'angelo di luce è ricoperto di fango... Il fango delle sepolture nel ventre umido della terra, nella corruzione e nel marciume, ed ecco...un nuovo demone appare nel mondo, un nuovo divoratore di vita. Appare ora la spiritualità: il segno è il fuoco delle pire funerarie, dei cimiteri all'aperto con banchetto di avvoltoi e di nibbi, delle torri del silenzio di Zarathustra dove gettare i cadaveri in pasto agli uccelli perché i demoni e gli spiriti che infestano il morto non contaminino la terra e nemmeno il fuoco puro, spirituale... Come ingrassano gli avvoltoi sopra il silenzio di queste torri, di questi inferni all'aperto! ( La comunità Parsi ha stanziato 200.000 $ per l'allevamento di queste nobili creature, di questi uccelli misericordiosi sempre più rari, in estinzione, così che tocca gettare nel pozzo della torre i corpi semi-divorati...). Il demone così divorato si trasforma in caldo guano d'uccello, che scende dall'azzurro cielo a fecondare la perfida terra...
Non sono d'accordo che la religione sia "inferiore" alla spiritualità o almeno non lo è necessariamente. Bisogna anche infatti distinguere tra religione "vera" nella quale la fede più che una credenza è una fiducia (e inoltre più che una paura si nota una pace dell'animo) dalla religione come superstizione o indottrinamento. Per come la vedo io è un po' come lo sviluppo della coscienza: inizialmente si è "santi per paura" ossia si temono le conseguenze negative delle proprie azioni, atteggiamento che denota già un miglioramento dallo stato per il quale "si fa quello che si vuole". Dopo si sviluppa meglio la coscienza e ci auto-vietiamo di fare delle cose non tanto per le conseguenze ma proprio perchè iniziamo ad avere un disgusto per le azioni "malvagie". La paura comincia a diventare un timore "sano", reverenziale in cui si capisce che si è piccoli davanti a qualcosa di infinitamente più potente di noi. Il timore è un atteggiamento simile al "sublime". Sentiamo una cosa superiore a noi e inziamo a rispettarla. I buddhisti ci dicono che "hiri" (disgusto per le cattive azioni) e "ottapa" (paura del karma negativo) sono i "guardiani" e sono fattori da coltivare specialmente all'inzio ma che comunque non devono mai essere veramente lasciati da parte. Lo si fa "automaticamente" solo al raggiungimento della santità nella quale d'altronde si vive solo d'amore e la paura scompare del tutto. Detto questo la paura a mio giudizio è sana se non cade però nel terrore (esempio idiota: la paura ci mantiene vigli perciò se abbiamo paura di morire di certo non andiamo con la macchina contro un albero, il terrore non ci fa uscire di casa...). Il problema delle religioni diciamo "organizzate" è che tende a mettere il dogma come fondamento della religione e non l'esperienza, di modo che in genere ci si fa un'idea sbagliata della religione. Non a caso le persone più spirituali sembra che abbiano sempre in fase iniziale (e non solo...) rifiutato la fede, salvo poi abbracciarne un'altra o tornare a quella di partenza. Motivo per cui l'indottrinamento secondo me fa più male che altro, anzi fa sentire prigionieri di un'ideologia, cosa che poi porta alla ribellione. Paradossalmente mi sento più "religioso" adesso che sono "agnostico incline al teismo" (non so che termine migliore darmi, spero che si intuisca quello che voglio dire) di quando da piccolo andavo sempre a messa ecc. Credo che la questione sia dovuta al fatto che sto vivendo con le esperienze e non con le dottrine.
Non credo si tratti di inferiore o superiore, ma bensì di due cose che hanno dei punti in comune, così come delle diversità. Seguire una religione, aderirvi , comporta anche l'adesione a tutta una serie di ritualità, feste, atti concreti che invece non sono presenti nella sola spiritualità. Per es. : ci si può definire cristiani solamente affermando di credere in Dio? Senza mai partecipare all'eucarestia, alle messe, alla confessione,? Senza ritenersi vincolati a seguire tutti i precetti morali? O ci si può definire buddhisti senza praticare la meditazione, senza offerte, senza seguire tutti i cinque precetti? A mio parere no. Mentre nel cammino spirituale possiamo imbatterci in esperienze e intuizioni analoghe a quelle che molte religioni pongono a loro fondamento, senza per questo necessariamente identificarci con esse.
Posso intuire la presenza dell'
indescrivibile-Indescrivibile senza dare a questa intuizione alcun nome; senza prorompere subito in frasi come 'E' il Cristo' o 'E' il Nibbana'...
Quando quel Sioux che ho citato parla di un inferno già vissuto, mi sembra indicare lo stato di sofferenza dal quale spunta il fiore della ricerca spirituale. Ricerca che può, alla fine, decidersi di abbracciare in toto una particolare forma istituzionalizzata di religione, come anche no...Può definirsi vera o completa ricerca quella che si propone solo di capire se una forma religiosa è vera o falsa? Pensare così condiziona già la mente, la devia verso una meta già immaginata. Quando Siddharta ha abbandonato la reggia paterna per cercare il modo di fuggire da nascita-vecchiaia-malattia-morte, non si proponeva certo l'obiettivo di capire se la religione predicata dai brahmini fosse vera o falsa. Cercava la Liberazione da qualcosa di concreto che faceva parte della " propria" esistenza. La sua era una ricerca autentica che nasceva da un'urgenza, da uno stato ritenuto insoddisfacente. Forse potremmo fare un paragone con l'imparare ad andare in bicicletta. Non impari "seduto sul nulla", hai bisogno di una bicicletta, di rotelline all'inizio o di un papà che ti tiene per la sella. Osservi come pedalano gli altri e tenti di imitarli ( e questa è la religione). Ad un certo punto però, dopo aver bene osservato ed esserti ben addestrato e consigliato...ti lasci andare da solo, con il papà che ti grida:" Così, così...vai così, non ti fermare!" (e questa è la spiritualità). Le due cose hanno molti punti in comune, ma non sono
esattamente la stessa cosa( i più arditi riescono ad imparare ad andare in bicicletta senza l'aiuto di nessuno... :D)
P.S. Stiamo però andando fuori tema infernale, come al solito...Quale orrore ti immagini per il tuo post-mortem? ;D
Sariputra io infatti mi considero spirituale anche perchè mi sembra di notare "dai frutti" che tanti "veri credenti" a seguire i riti non ne ricavano assolutamente nulla. Vedi gente che è in chiesa tutti i giorni e poi fa il contrario di quello che predica quasi che ogni volta che esce dal suo luogo di culto si "trasforma". Eppure quando magari chiedi qualcosa a loro, questi ti raccomandano di seguire i loro riti e le loro credenze e non appena esponi sinceramente un dubbio ti prendono per "ateo"/senzadio. Non appena uno esprime un dissenso su ad esempio l'infallibilità del papa viene tacciato come "eretico" o "troppo eterodosso" e poi vedi corruzione e difetti (anche orribili) a dismisura. Personalmente non ho nulla contro il clero, anzi provo sincera ammirazione per un sacco di sacerdoti e anche del Papa ma sinceramente mi sembra che non si rendano conto di quanto "credere" e seguire i riti non sia sufficiente ad evitare problemi. Ma non solo la chiesa cattolica. In america i fondamentalisti spopolano. Chiaramente il problema non è solo cristiano e nemmeno solo delle religioni abramitiche. Perfino buddisti, anche monaci (!), hanno "per difesa" commesso atti di violenza gratuita. Potrei andare avanti all'infinito...
Perchè succede ciò? Secondo me perchè non hanno un rapporto autentico con la loro dimensione spirituale, perchè si sono dimenticati di quanto sia importante esplorare con le proprie forze le cose. Dostoevskij diceva che aveva accettato Gesù dopo una "fornace (!) di dubbi", non mi ricordo ora che santo parlava della "notte oscura dell'anima" per indicare le crisi di fede, Siddharta ha dovuto meditare per anni prima di trovare il Nirvana, Maharavira idem. Poi però i singoli credenti spesso sono molto più tolleranti della loro istituzione e parlo per esperienza personale. Il problema è che non riesce a passare l'idea che ci possano essere diversi modi autentici per rapportarsi con la spiritualità e la religione, diversi modi poi per professare la propria fede. Questo perchè il ricercatore è una figura che spaventa. Meglio tacciarlo come "eretico" piuttosto di riconsiderare il proprio comportamento, meglio dire che "io mi salverò e lui andrà all'inferno" piuttosto di almeno provare a dialogare per capire l'altro e sé stessi in modo migliore. Non nego il pericolo della ricerca, tuttavia TUTTI i progressi fatti sono stati fatti da ricercatori, da gente pronta a riconsiderare il proprio rapporto con le sue credenze, il suo spirito e così via.
P.S. Non credo che ci sia nulla di peggio che una qualsiasi disperazione protratta per l'eternità! Detto questo concordo che è meglio chiudere l'off topic qui!
P.S/P.S Il mio intervento "polemico" non voleva essere denigratorio nei confronti del clero o della religione ma voleva far riflettere sul rapporto fede/coerenza.
"Ogni colpa è una cella che si apre e ogni malvagio genera, morendo, il mostro che la sua vita ha plasmato" (Victor Hugo)
Non siamo noi che sprofondiamo negli inferi, ma piuttosto il mostruoso essere che simboleggia tutte le nostre omissioni, le nostre perverse inclinazioni maligne, la nostra fame insaziabile di esistenza. ( cosa c'è di più volgare che il piegarsi a questa ingordigia d'esistenza?...). Nella morte , mentre noi svaniamo nel fumo che si leva dalle pire funerarie o nella digestione di grassi vermi sotterranei, ecco che si libera il demone che è in noi, il nostro alter ego, ma la sua libertà dura poco, il peso della fame lo fa sprofondare nel pozzo buio dove è pianto e stridor di denti e dove si spalanca la cella della rinascita, della catena eterna del vivere. "Oh, se potessi non sentire questa fame che mi tortura e che mi spinge sempre a cercar sazietà," si lamenta il demone che era in noi "forse, se potessi viver ancora, potrei trovare il modo di liberarmene" si illude mentre va in cerca di caldi uteri materni...Appena rinasce però...ecco la terribile fame, ancora presente, sempre presente, cagione di pianti terribili del rineonato demone che strizza e morde mammelle per saziarsi. Poi...l'oblio, la dimenticanza del pozzo nero, la Bellezza ingannevole dell'esistere, il sogno di Dio...
"Non peggiorate l'inferno con orrori immaginari: la Scrittura ci parla di nostalgia per la felicità perduta, dei dolori di un supplizio senza fine (e quale supplizio è peggiore dell'aver fame in eterno?... nota del Sari), dell'oblio di Dio. (l'abate di Bandeville)
Ma proprio l'oblio di Dio, di quell'Essere che l'ha abbandonato nel dolore, il demone alla fine ricerca, correndo appresso al desiderio di non esser demone, restando però un demone...
C'è davvero qualcuno che ha paura di finire all'inferno? Oppure all'inferno ci finiscono gli altri?
Citazione di: Sariputra il 05 Gennaio 2017, 10:56:09 AM
"Ogni colpa è una cella che si apre e ogni malvagio genera, morendo, il mostro che la sua vita ha plasmato" (Victor Hugo)
Non siamo noi che sprofondiamo negli inferi, ma piuttosto il mostruoso essere che simboleggia tutte le nostre omissioni, le nostre perverse inclinazioni maligne, la nostra fame insaziabile di esistenza. ( cosa c'è di più volgare che il piegarsi a questa ingordigia d'esistenza?...). Nella morte , mentre noi svaniamo nel fumo che si leva dalle pire funerarie o nella digestione di grassi vermi sotterranei, ecco che si libera il demone che è in noi, il nostro alter ego, ma la sua libertà dura poco, il peso della fame lo fa sprofondare nel pozzo buio dove è pianto e stridor di denti e dove si spalanca la cella della rinascita, della catena eterna del vivere. "Oh, se potessi non sentire questa fame che mi tortura e che mi spinge sempre a cercar sazietà," si lamenta il demone che era in noi "forse, se potessi viver ancora, potrei trovare il modo di liberarmene" si illude mentre va in cerca di caldi uteri materni...Appena rinasce però...ecco la terribile fame, ancora presente, sempre presente, cagione di pianti terribili del rineonato demone che strizza e morde mammelle per saziarsi. Poi...l'oblio, la dimenticanza del pozzo nero, la Bellezza ingannevole dell'esistere, il sogno di Dio...
"Non peggiorate l'inferno con orrori immaginari: la Scrittura ci parla di nostalgia per la felicità perduta, dei dolori di un supplizio senza fine (e quale supplizio è peggiore dell'aver fame in eterno?... nota del Sari), dell'oblio di Dio. (l'abate di Bandeville)
Ma proprio l'oblio di Dio, di quell'Essere che l'ha abbandonato nel dolore, il demone alla fine ricerca, correndo appresso al desiderio di non esser demone, restando però un demone..
Dal mio personale balcone sul mondo:
non mi convincono il paradiso l'inferno e lo stesso Dio quando sono descritti in termini mondani e umani.
Se esiste un'eternità ,non so come ci si viva,
se esiste un paradiso, non ci sono latte e miele e magari vergini con pruriti sessuali da accontentare
se esiste un inferno non concepisco fiamme di un fuoco fisico con corpi fisici e in un divenire che diventa eterno, è tutto contraddittorio.
Nego, dal mio balcone sul mondo, quindi dal mio modesto punto di vista e dalla mia conoscenza, che esistano mondi spirituali come trasposizioni fumettistiche di un mondo fisico d i"quaggiù" scritte da un Walt Disney del passato; penso ad un modo per terrorizzare e tenere buoni i popoli, non certo per trasmettere spiritualità..
Così come per Dio, quindi, è la sottrazione dettata dal limite gnoseologico umano, quindi ila teologia negativa che può avvicinarsi ad un concetto di eternità, di paradiso o inferno. e anche sul concetto d'inferno: è già quì? che senso ha essere al mondo per essere giudicati per l'eternità, quando già quì esiste un perdono insegnato da un essere divino?
Io non conosco la comprensione e la compassione di Dio, perchè il mio punto di vista è quaggiù.
Me se esiste un mistero originario per cui tutto apparve nelle esistenze, penso nella mia modestissima conoscenza,
che il segreto divino per cui noi siamo al mondo dovrebbe spiegare il perchè dell'uomo santo e dell'omicida e il perchè un bimbo muore o un uomo nasce malato e sofferente, se tutto è in disegno per me scrutabile fino al mio limite troppo modesto per andare aldilà
Se non conosco il mistero originario del disegno divino , ho la testimonianza di scritture sacre, ma non vedo e non riesco a scorgere il giudizio finale che presuppone la giustizia delle contraddizioni apparenti in questo mondo de l"quaggiù" ,dell'"aldiquà",
affinchè il bimbo che muore, il malato sofferente, il santo e l'omicida , tutto ciò deve avere un senso nei suoi signifcati
Citazione di: Sariputra il 05 Gennaio 2017, 10:56:09 AM"Ogni colpa è una cella che si apre e ogni malvagio genera, morendo, il mostro che la sua vita ha plasmato" (Victor Hugo) Non siamo noi che sprofondiamo negli inferi, ma piuttosto il mostruoso essere che simboleggia tutte le nostre omissioni, le nostre perverse inclinazioni maligne, la nostra fame insaziabile di esistenza. ( cosa c'è di più volgare che il piegarsi a questa ingordigia d'esistenza?...). Nella morte , mentre noi svaniamo nel fumo che si leva dalle pire funerarie o nella digestione di grassi vermi sotterranei, ecco che si libera il demone che è in noi, il nostro alter ego, ma la sua libertà dura poco, il peso della fame lo fa sprofondare nel pozzo buio dove è pianto e stridor di denti e dove si spalanca la cella della rinascita, della catena eterna del vivere. "Oh, se potessi non sentire questa fame che mi tortura e che mi spinge sempre a cercar sazietà," si lamenta il demone che era in noi "forse, se potessi viver ancora, potrei trovare il modo di liberarmene" si illude mentre va in cerca di caldi uteri materni...Appena rinasce però...ecco la terribile fame, ancora presente, sempre presente, cagione di pianti terribili del rineonato demone che strizza e morde mammelle per saziarsi. Poi...l'oblio, la dimenticanza del pozzo nero, la Bellezza ingannevole dell'esistere, il sogno di Dio... "Non peggiorate l'inferno con orrori immaginari: la Scrittura ci parla di nostalgia per la felicità perduta, dei dolori di un supplizio senza fine (e quale supplizio è peggiore dell'aver fame in eterno?... nota del Sari), dell'oblio di Dio. (l'abate di Bandeville) Ma proprio l'oblio di Dio, di quell'Essere che l'ha abbandonato nel dolore, il demone alla fine ricerca, correndo appresso al desiderio di non esser demone, restando però un demone...
Concordo con paul11. Tutte queste cose: paradiso, inferno, Dio, compassione infinita, giustizia infinita ecc sono tutte al di là della nostra consapevolezza, quindi non ha per nulla senso tentare di immaginarsele. Sono un "fan" della teologia negativa proprio perchè più che
dire ci fa capire quanto
non si può dire. Grazie alla "via negativa" infatti si riesce a
contemplare il mistero. Si ritorna perciò "bambini" nel senso che si ha un atteggiamento infantile (concepito come "childlike" non "childish"). Quello che sinceramente mi perplede sono proprio coloro che
dicono di capire. A loro manca l'umiltà. Proprio come manca l'umiltà ha coloro che seriamente "augurano l'inferno" alla gente. Per nostra natura abbiamo una prospettiva
mondana e per questo motivo non possiamo realmente capire moltissime cose anche se le varie "autorità" dicono il contrario. Nella prospettiva finita come possiamo immaginarci l'infinito?
La questione poi dei bambini che soffrono... Anche questo è d'altronde uno dei più grandi fenomeni che il cristianesimo non può spiegare. Non esserne per lo meno colpiti e onestamente scossi credo che sia inumano. Lo stesso Papa ha appena detto che non ha una risposta ma "spera"...
Sto scrivendo degli inferi per simboli e visioni oniriche, perché proprio di sogni si tratta, o per meglio dire di incubi. Sono terrori così profondi, che vengono dall'abisso insondabile del tempo, dagli angoli non illuminati dal fuoco delle prime caverne abitate. Sono il terrore di cadere dagli alberi dove ci rifugiavamo per fuggire i predatori notturni. I demoni che popolavano quelle tenebre minacciose erano forse proprio le bestie predatrici che ci cacciavano. L'inferno era quel buio, pieno di suoni misteriosi: i suoni della savana o delle foreste primordiali. I Deva , abitanti del cielo illuminato dalle stelle, erano i nostri protettori. Quando cadevamo in pasto dei demoni però rivelavano anche, a volte, il loro volto mostruoso di asura. Così il bene e il male si fondevano nella Grande Madre che dava la vita e la toglieva. Madre che non era né buona né cattiva, ma sempre feconda di nuovi demoni e di nuovi dei.
"Desideroso di vedere Maya, ottenni il favore di una visione: una goccia d'acqua si gonfiò, diventò una fanciulla, poi una donna che partorì un figlio. Appena questo fu nato, la madre lo prese e lo divorò. Parecchi altri bambini nacquero così e furono ugualmente divorati. In tal modo io conobbi Maya."
Variante delle due ultime frasi:
"E tutto ciò che entrava nella sua bocca svaniva nel vuoto. Essa mi mostrava così che tutto è nulla. E sembrava dire: "Vieni a me, confusione! Vieni a me, illusione! Vieni!" ( Sri Ramakrishna )
"C'è qualcosa o qualcuno che si muove nelle tenebre?" ci chiediamo. A volte pare di sì, altre di no...Ecco sorgere il demone del dubbio.
"Vi sono tre categorie di uomini che non possono mai arrivare alla conoscenza spirituale: i disonesti, i troppo meticolosi in materia di pulizia esteriore, e coloro che sono sempre portati a dubitare. (gli esseri posseduti dal demone del dubbio...nota del Sari citatore) Anche provando mille volte non si arriverà mai a raddrizzare la coda di un cane (di un demone, ossia di uno di noi...); così lo spirito di un uomo perverso non si migliora mai". (Sri Ramakrishna)
Inferno e Paradiso formano una dualità. Dei e demoni ne formano un'altra. Ciò che si eleva al di sopra di ogni dualità scorge la bocca vorace della Madre...
** scritto da Apeiron:
CitazionePer iniziare infatti un qualsiasi cammino spirituale di questo tipo si deve desiderare la salvezza per se stessi, che chiaramente è un pensiero egocentrico.
No, si deve desiderare di guarire poiché uno è malato, infermo, corrotto.
Quindi prova a dichiararti "guasto" e vedrai se ti senti egocentrico.
*+ scritto da Apeiron:
Citazione"Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà"
Ossia chi vuole salvare più di ogni cosa se stesso è destinato all'esclusione, alla solitudine esistenziale. La seconda frase invece non è così chiara: vuole forse dire che dobbiamo martirizzarci all'istante, autoflagellandoci e cercare di convincere gli altri, con le nostre ferite, a fare lo stesso? Vuole forse dire di andare a fare crociate contro "il nemico" (tra l'altro in perfetto contrasto con altri precetti ("AMA il tuo nemico", "porgi l'altra guancia" ecc)...)? La mia interpretazione è così: impegnarsi ad andare oltre all'egoismo per andare oltre alla "solitudine esistenziale".
Come non è così chiara? E' la prima che può sembrase scioccante: perdo la vita nel cercare di salvarla?!?!
La seconda è testimoniare che un uomo è risorto, che uno come noi - uno di noi - ce l'ha fatta. Significa essere disposto a essere considerato stolto e matto, a desiderare di desiderare con i sensi di Gesù, a essere un bambino che dopo aver dato la mano ai genitori non s'importa più del dove o come lo stanno conducendo ...fosse anche una croce!
@Duc,
in effetti sentirsi "corrotti" non è un pensiero egoistico così come non lo è sentirsi malato e cercare una cura. Ti do ragione. Sull'interpretazione del versetto ti do di nuovo ragione e tuttavia come puoi vedere uno
non deve avere come obiettivo solo salvare la propria vita e quindi "dare testimonianza" forse non è solo "credo ed evangelizzo per salvarmi" un po' come verrebbe da pensare alla scommessa di Pascal, ma a quanto pare il "dare testimonianza" è
altro, una sorta di cambiamento interiore
profondo, una "nuova vita"... in breve
essere come (o per lo meno sforzarsi al massimo per essere come) lui. Obbiettivo estremamente difficile se ci pensi ma d'altronde c'è anche scritto "la porta è stretta"!
E tuttavia la stessa frase per i crociati significava "andiamo a combattere gli infedeli per lui cosicchè daremo la vita in suo nome". Ma tale interpretazione è errata se si ha una conoscenza abbastanza buona dell'etica cristiana. Eppure papi hanno indetto le crociate e credo conoscessero la Bibbia e che credessero in Dio. Ergo se ho capito qualcosa è che l'importante non è conoscere o credere come si crede ad esempio al fatto storico.
Questo è un credere diverso. Ritengo poi che con Dio e la spiritualità in generale abbiamo approcci diversi e il mio è molto personale...
Tornando a parlare di inferno...
Citazione di: Sariputra il 05 Gennaio 2017, 15:28:32 PMSto scrivendo degli inferi per simboli e visioni oniriche, perché proprio di sogni si tratta, o per meglio dire di incubi. Sono terrori così profondi, che vengono dall'abisso insondabile del tempo, dagli angoli non illuminati dal fuoco delle prime caverne abitate. Sono il terrore di cadere dagli alberi dove ci rifugiavamo per fuggire i predatori notturni. I demoni che popolavano quelle tenebre minacciose erano forse proprio le bestie predatrici che ci cacciavano. L'inferno era quel buio, pieno di suoni misteriosi: i suoni della savana o delle foreste primordiali. I Deva , abitanti del cielo illuminato dalle stelle, erano i nostri protettori. Quando cadevamo in pasto dei demoni però rivelavano anche, a volte, il loro volto mostruoso di asura. Così il bene e il male si fondevano nella Grande Madre che dava la vita e la toglieva. Madre che non era né buona né cattiva, ma sempre feconda di nuovi demoni e di nuovi dei. "Desideroso di vedere Maya, ottenni il favore di una visione: una goccia d'acqua si gonfiò, diventò una fanciulla, poi una donna che partorì un figlio. Appena questo fu nato, la madre lo prese e lo divorò. Parecchi altri bambini nacquero così e furono ugualmente divorati. In tal modo io conobbi Maya." Variante delle due ultime frasi: "E tutto ciò che entrava nella sua bocca svaniva nel vuoto. Essa mi mostrava così che tutto è nulla. E sembrava dire: "Vieni a me, confusione! Vieni a me, illusione! Vieni!" ( Sri Ramakrishna ) "C'è qualcosa o qualcuno che si muove nelle tenebre?" ci chiediamo. A volte pare di sì, altre di no...Ecco sorgere il demone del dubbio. "Vi sono tre categorie di uomini che non possono mai arrivare alla conoscenza spirituale: i disonesti, i troppo meticolosi in materia di pulizia esteriore, e coloro che sono sempre portati a dubitare. (gli esseri posseduti dal demone del dubbio...nota del Sari citatore) Anche provando mille volte non si arriverà mai a raddrizzare la coda di un cane (di un demone, ossia di uno di noi...); così lo spirito di un uomo perverso non si migliora mai". (Sri Ramakrishna) Inferno e Paradiso formano una dualità. Dei e demoni ne formano un'altra. Ciò che si eleva al di sopra di ogni dualità scorge la bocca vorace della Madre...
OK altri demoni: il demone che nei sogni non ti permette di urlare quando un mostro ti insegue e vorresti chiedere aiuto, un demone che non ti permette di uscire ad esplorare e che non ti concede alcuna libertà. Oppure altri inferni: essere imprigionati da qualche parte vedere la luce ma non raggiungerla mai oppure una volta arrivati alla luce essere ritrascinati giù nel buio. Potremo andare avanti all'infinito...
Non riesco ad immaginare un inferno peggiore di quello che può vivere un padre, o una madre, vedendo il suo piccolo riverso nella sabbia, con il viso sprofondato, il corpo freddo, inerte. E le onde impassibili, atrocemente, disgustosamente indifferenti che si frangono sopra. In quel corpicino c'è un abisso più grande di ogni immaginario pozzo infernale di stagno fuso: l'abisso della solitudine umana di fronte ad una Natura ( la Madre vorace) che non prova alcuna pietà. Davanti a questa superiore indifferenza non possiamo che opporre la nostra feroce accusa, il nostro rifiuto e gridare:" Tu non sei Bene!" . Quale essere può aver partorito un luogo simile? Questa palla tonda persa nell'infinito e piena di dolore? Ditemi il Suo Nome , se lo conoscete! Ma non parlatemi di sogni, di segni, di simboli e archetipi. Vorrei solo tenere tra le mie braccia quel piccolo e dire."Anch'io ti ho ucciso!".
E signori teisti e deisti che leggete non venitemi a dire che è l'egoismo dell'uomo che ha schiantato sulla fredda e bagnata sabbia quel piccolo, a meno che non sappiate dimostrarmi che l'uomo non è stato anche lui partorito dal ventre marcio di quella Madre maledetta che è la Natura.
Oggi come 2.500 anni fa solo una cosa serve: andarsene! Via, via da queste sponde!
P.S: Arrabbiarsi vuol dire avere una relazione.
Questa notte sono mortalmente stanco di vedere e provare dolore...
** scritto da Apeiron:
Citazionema a quanto pare il "dare testimonianza" è altro, una sorta di cambiamento interiore profondo, una "nuova vita"... in breve essere come (o per lo meno sforzarsi al massimo per essere come) lui. Obbiettivo estremamente difficile se ci pensi ma d'altronde c'è anche scritto "la porta è stretta"!
Obiettivo difficile? Impossibile da raggiungere se pensi di cambiare e dare testimonianza da solo. Questo è un altro aspetto fondamentale: nessuno nasce a "nuova vita" (mentre non si è ancora morti) se non in acqua e Spirito.
** scritto da Sariputra:
CitazioneE signori teisti e deisti che leggete non venitemi a dire che è l'egoismo dell'uomo che ha schiantato sulla fredda e bagnata sabbia quel piccolo, a meno che non sappiate dimostrarmi che l'uomo non è stato anche lui partorito dal ventre marcio di quella Madre maledetta che è la Natura.
Ossia, dimostrarti che Dio non esiste ...bella prova per farti ri-credere su quello che hai già deciso per fede: che quell'innocente non è vittima del peccato umano (non dimentichiamo che la Morte è stata generata dalla superba disobbedienza umana), ma dell'indifferenza divina.
Ebbene Duc tu parli, dicendo che è semplice ecc ecc. Ma facendo così non mi rispondi mai in realtà e non rispondi nemmeno a Sariputra. Se c'è Dio chiaramente è Lui a darmi la grazia e sarà lui a trasformarmi, tuttavia a quanto pare (se si vedono le cose dai loro frutti !) ci vuole anche una volontà e un impegno personali! Altrimenti perchè Dio non si mostra squarciando il cielo e dicendomi a parole quello che vuole da me?
Perchè alla domanda "qual è la ragione per la quale i bambini (anche battezzati!) soffrono?" non da una risposta a parole? Questa domanda era la domanda che tormentava Dostoevskij fino alla fine. Il Papa ammette che non ha una risposta MENTRE tu dici che è tutta colpa dell'egoismo umano. Ah: se vengo morso da un cobra è colpa mia quindi? Il maremoto dell'indonesia del 2006 è colpa dell'egoismo e della disobbedienza? Se lo meritavano? Queste mi sembrano domande che se uno ha l'umiltà dovrebbe dire almeno "non so" come fa il Papa!
Sono d'accordo con Sari: bisogna in qualche modo "andarsene". Come? Boh: spero che mi si riveli la strada (o che io capisca la strada rivelata).
** scritto da Apeiron:
CitazionePerchè alla domanda "qual è la ragione per la quale i bambini (anche battezzati!) soffrono?" non da una risposta a parole?
Perché la sofferenza degli adulti è meno amara? Perché esiste qualche umano che non abbia mai sofferto? Come vedi la sofferenza umana è il marchio del suo esistere. Infatti è la Pasqua che legittima il Natale, e non il contrario.
Maria pur sapendo che quel bambino avrebbe sofferto ha detto:
"...sì, io desidero e voglio partorirlo lo stesso..." - la ragione è nell'esempio che Dio ci rivela e ci propone, non più a parole ma nel Gesù crocifisso, di come affrontare la sofferenza, e non di come eliminarla prima della Parusia.
** scritto da Apeiron:
CitazioneSe c'è Dio chiaramente è Lui a darmi la grazia e sarà lui a trasformarmi, tuttavia a quanto pare (se si vedono le cose dai loro frutti !) ci vuole anche una volontà e un impegno personali!
Diamine
@Apeiron, è logico e più che comprovato empiricamente che senza offrire la propria volontà, il proprio desiderio, Dio non si permette d'invadere il nostro sacro libero arbitrio.
Capisco quello @Duc che intendi però il ragionamento è il seguente: un bambino piccolo non può essere ritenuto colpevole per le proprie azioni perchè non ne ha consapevolezza. Un adulto sì. Se la sofferenza è la punizione allora non si spiega perchè la sofferenza dei bambini ci sia. E non si spiega nemmeno con la "colpa di tutti" perchè a differenza di Gesù (ammesso che abbia scelto il suo destino con il suo libero arbitrio) i bambini non scelgono di addossarsi la colpa di tutti. Motivo per cui la sofferenza dei bambini non è spiegabile in questi termini. Non dico che sia una prova dell'inesistenza di Dio ma è comunque un enigma sul quale tutti si scontrano. E la mancanza di spiegazione può generare rabbia anche verso Dio. Ma la rabbia come dice Sariputra è una relazione con un altro e a volte può trasmettere sincerità: ci si può arrabbiare con Dio solo se si crede nella sua esistenza (o almeno non si ritiene la sua esistenza impossibile). Un ateo che si arrabbia con Dio non ci può essere.
Sulla questione dei segni non volevo far passare l'idea che li pretendo a tutti i costi tuttavia volevo far vedere che è molto difficile seguire la volontà di qualcuno se questa non viene espressa in segni a noi comprensibili. Tu stesso dici di avere dubbi. Ma il dubbio avviene se la cosa non è per noi evidente, giusto?
Detto questo io capisco Sariputra: la realtà è quella che è. E siccome è quella che è le persone vogliono trascenderla. Come fare? Boh! io sono convinto che la filosofia e anche la spiritualità (e aggiungo la religione!) sono dei lavori su sé stessi e aiutano a "migliorarci". Sì pur avendo tutti i dubbi di questo mondo io mi ritengo "imperfetto", "peccatore", "difettoso" e "corrotto" ecc e cerco di impegnarmi almeno per non aumentare il male che si vede in giro. Tuttavia non pretendo di avere le risposte su tutto e inoltre capisco che questo a volte ci faccia cadere nella tristezza.
E così poi vedendo come è questo mondo mi chiedo:
perchè si continua a fare figli se poi questi sono anch'essi peccatori e dovrano assorbirsi le conseguenze delle colpe proprie e altrui (in questo mondo e nell'eventuale aldilà)? Se questo mondo assomiglia più un inferno che ad un paradiso non avrebbe senso "andarsene"?
Non avrebbe più senso vivere in modo da diminuire il male che c'è in giro e non "portarne altro"? Non credo sinceramente che la maggior parte dei genitori abbia in mente di mettere al mondo il figlio per sacrificarlo per i peccati altrui...
P.S. Credo che i genitori facciano figli affinchè questi trovino la felicità nella vita. In questo caso mi sta bene che si facciano figli. Tuttavia bisognerebbe avere comunque la consapevolezza che la felicità spesso non si trova. Detto questo non ho mai accusato i miei genitori di avermi messo al mondo perchè lo hanno fatto con amore...
** scritto da Apeiron:
CitazioneSe la sofferenza è la punizione allora non si spiega perchè la sofferenza dei bambini ci sia. E non si spiega nemmeno con la "colpa di tutti" perchè a differenza di Gesù (ammesso che abbia scelto il suo destino con il suo libero arbitrio) i bambini non scelgono di addossarsi la colpa di tutti. Motivo per cui la sofferenza dei bambini non è spiegabile in questi termini.
La sofferenza è una conseguenza generata dall'abuso di quella libertà che Dio dona alle persone create perché possano amare lui e amarsi reciprocamente (vedi Genesi), non una punizione.
Il voler far coincidere sofferenza = qualcosa di cattivo hai pur fatto, non è la maniera giusta di affrontare questo mistero, giacché ti condurrebbe a pensare che è sempre Dio ad averla voluta.
Dovessi associare una parola all'inferno sceglierei "dispersione". Dispersione: la condizione esistenziale di chi ha smarrito la consapevolezza del proprio centro interiore, di ciò che è più importante nella nostra vita, e si disperde all'esterno, vive meccanicamente sballottato dagli stimoli esterni, senza riviverli interiormente, senza dare loro un senso, una ragione, in quanto abbiamo smarrito la percezione dei criteri stabili dei nostri giudizi, criteri fondamentali in base a cui giudichiamo qualcosa come "vero", "falso", "giusto", "sbagliato", "bello", "brutto", e di conseguenza punto centrale d'orientamento del nostro agire nel mondo.Questi criteri, questa scala di valori costituisce il contenuto della nostra identità profonda e originaria, quanto più il nostro essere, pensare, agire è coerente con essa tanto più avvertiamo il piacere dell'autorealizzazione, dell'espressione della nostra natura individuale, quanto più si perde questo centro interiore, tanto più le nostre azioni sono solo un insensato, caotico muoversi senza che non avvertiamo come manifestazione della nostra identità. L'identità diviene una vuota astrazione, impossibilità ad esprimersi in forme concrete nel mondo, il mondo diviene un luogo di estraniamento, un luogo ostile, minaccioso, dove ci percipiamo in balia di forze sconosciute, perchè non riconosciamo più intorno dei punti di riferimento, il mondo diviene qualcosa in cui non riscontriamo la testimonianza della nostra presenza, non c'entra nulla con noi
Per questo non mi piace nulla quello che va molto di moda oggi, prescrivere modi di fare del tipo "decentrarsi", "uscire fuori da sè stessi"... queste sono proprio gli atteggiamenti "infernali" che porterebbero l'uomo a disperdere l'unità della propria personalità e rinunciare a dare un proprio senso personale al mondo esterno, condizione perchè tale mondo sia un luogo di autentica manifestazione di sè, luogo accogliente e benevolo. Al contrario per dare valore alla vita occorre il più possibile entrare in profondità in se stessi, trovare nell'interiorità le risorse individuali, la coscienza dei nostri valori, di chi"siamo veramente" e solo dopo aprirsi al mondo, un'apertura che non sia dispersione, ma arricchimento, arricchimento di sè, e del mondo che diviene migliore quando agiamo in esso rendendolo più simile alla nostra idea di bellezza e giustizia. L'egocentrismo è una condizione irrinunciabile e al contempo bellissima in quanto senza egocentrismo, non c'è libertà. L'egocentrismo è infatti la condizione dell'Io che è il centro unitario delle sue esperienze vissute che lo legano al mondo, esperienze vissute che corrispondono alla nostra libertà in quanto esprimono un modo d'essere costituente dell'Io, il tratto distintivo della nostra individualità. Il concetto di Io inteso così è prevalentemente formale, attiene alla sfera trascendentale, ma proprio questa formalità consente di non identificare l'egocentrismo a un particolare specifico atteggiamento concreto. Cioè l'egocentrismo non è disprezzo del mondo, degli altri, perchè è una condizione esistenziale formale e indeterminata, il modo d'essere per cui i nostri atti provengono da un centro che li tiene uniti nell'unità della persona, l'Io. E l'altruismo altro non è che una delle possibilità dell'egocentrismo, che si realizza quando i valori dell'Io comprendono la considerazione del bene altrui, oltre che del proprio. Un altruismo non egocentrico sarebbe forzatura, conseguenza di un imposizione esterna ai valori interiori dell'Io: "non uccido non perchè non sia giusto uccidere ma perchè altrimenti finisco in galera" è l'esempio più evidente di un'attenzione all'altro che non corrisponde ai valori dell'io, dunque non egocentrico. Tutto dipende dal concetto di "Ego" che si ha in mente, trascendentale o empirico
Citazione di: Duc in altum! il 06 Gennaio 2017, 17:40:22 PM** scritto da Apeiron:
CitazioneSe la sofferenza è la punizione allora non si spiega perchè la sofferenza dei bambini ci sia. E non si spiega nemmeno con la "colpa di tutti" perchè a differenza di Gesù (ammesso che abbia scelto il suo destino con il suo libero arbitrio) i bambini non scelgono di addossarsi la colpa di tutti. Motivo per cui la sofferenza dei bambini non è spiegabile in questi termini.
La sofferenza è una conseguenza generata dall'abuso di quella libertà che Dio dona alle persone create perché possano amare lui e amarsi reciprocamente (vedi Genesi), non una punizione. Il voler far coincidere sofferenza = qualcosa di cattivo hai pur fatto, non è la maniera giusta di affrontare questo mistero, giacché ti condurrebbe a pensare che è sempre Dio ad averla voluta.
Sì ok è giusto quello che dici. Però ad esempio non spiega la sofferenza causata dalla natura e non dall'uomo. Pensa ad un terremoto: qui non c'è questione di "andare oltre con la propria libertà" eppure anche in questo caso la sofferenza c'è. Perchè? Boh, nessuno ha la risposta!
Discorso diverso è il come affrontare la sofferenza, cioè come viverla e qui semmai entra in campo la
fede (che a mio giudizio
non è semplicemente dire "bah accadono cose spiacevoli ma dopo la morte si risolverà tutto. Quindi faccio opere buone non perchè lo voglia io ma perchè mi impongo di credere in qualcosa così mi salvo" - spero che sia chiaro quello che intendo :) ).
Citazione di: Sariputra il 05 Gennaio 2017, 23:46:44 PM
solo una cosa serve: andarsene! Via, via da queste sponde!
Può essere utile far notare che nell'Antico Testamento il male, sofferenza, la morte, non vengono percepiti con la stessa tragicità del Nuovo. Ovviamente ciò non significa che l'AT sia indifferente alla sofferenza, ma si può individuare una differenza abbastanza precisa: a partire dai testi più tardivi dell'AT, come Giobbe, Qoelet, e poi continuando col NT, si fa strada una coltivazione della tragicità del male e della morte anche nei momenti in cui si sta bene. Nell'AT si dice di qualche patriarca che morì "vecchio e sazio di giorni"; un'espressione così soddisfatta non è più concepibile nel NT.
Cos'è avvenuto?
È successo che con l'ultimo periodo dell'AT si è fatta strada la mentalità riflessiva tipica della Grecia e quindi della filosofia.
Ciò significa che spesso ciò che trattiamo come problema del male è in realtà crisi del pensare riflessivo, universalista, astratto, il quale rimane frustrato nello sbattere il muso contro il fatto di non potersi impossessare della comprensione del mondo.
Prendere coscienza di questo, ovviamente, non offre nessuna spiegazione del problema del male, ma mette in guardia sul fatto che, per lo meno, sono da sottoporre a critica i metodi mentali con cui lo affrontiamo. Altri metodi mentali non risolvono il problema del male, ma almeno evitano alla mente di torcersi in continuazione su se stessa, a vuoto, sprecando inutilmente il tempo della nostra esistenza.
Si potrebbe dire che il problema del male non può essere risolto, però può essere vissuto in maniere alternative che favoriscono un crescere, una spiritualità che progredisce, che si presenta come metodo migliore rispetto all'affrontarlo a forza di interrogativi universalissimi, radicalissimi, destinati a rimanere inutili e senza risposta.
Potremmo sospettare un legame con questo discorso nella differenza tra san Francesco e Gesù: credo che se Gesù si fosse trovato davanti a san Francesco nel momento in cui quest'ultimo diceva "sorella morte", gli avrebbe dato qualche calcio nel sedere: nella mentalità di Gesù la morte è il nemico numero uno, lui si è ritenuto mandato nel mondo proprio per sconfiggerla e in questa mentalità è impensabile l'appellativo "sorella". Ora, pensare Gesù nel contesto mentale dell'ellenismo è facile, perché è proprio questa la situazione; più difficile collegare la mentalità di san Francesco all'AT, visto che avrebbero in comune una visione non tragica del male e della morte; ma forse qualche collegamento si potrebbe ravvisare, per esempio in un procedere che in entrambi va per descrizioni, racconti e non per riflessioni astratte, più tipiche invece in Gesù e nell'ellenismo.
Con @davidintro concordo che ultimamente si è ipocriti nel dire che la felicità è "fuori di sé" e da qui è nata in sostanza una falsa moralità nella quale si fa del bene "perchè lo dicono gli altri". La "vera" moralità dovrebbe essere connaturata nel nostro essere, ossia dovremo capire più noi stessi...
Citazione di: Angelo Cannata il 06 Gennaio 2017, 19:20:04 PMCitazione di: Sariputra il 05 Gennaio 2017, 23:46:44 PMsolo una cosa serve: andarsene! Via, via da queste sponde!
Può essere utile far notare che nell'Antico Testamento il male, sofferenza, la morte, non vengono percepiti con la stessa tragicità del Nuovo. Ovviamente ciò non significa che l'AT sia indifferente alla sofferenza, ma si può individuare una differenza abbastanza precisa: a partire dai testi più tardivi dell'AT, come Giobbe, Qoelet, e poi continuando col NT, si fa strada una coltivazione della tragicità del male e della morte anche nei momenti in cui si sta bene. Nell'AT si dice di qualche patriarca che morì "vecchio e sazio di giorni"; un'espressione così soddisfatta non è più concepibile nel NT. Cos'è avvenuto? È successo che con l'ultimo periodo dell'AT si è fatta strada la mentalità riflessiva tipica della Grecia e quindi della filosofia. Ciò significa che spesso ciò che trattiamo come problema del male è in realtà crisi del pensare riflessivo, universalista, astratto, il quale rimane frustrato nello sbattere il muso contro il fatto di non potersi impossessare della comprensione del mondo. Prendere coscienza di questo, ovviamente, non offre nessuna spiegazione del problema del male, ma mette in guardia sul fatto che, per lo meno, sono da sottoporre a critica i metodi mentali con cui lo affrontiamo. Altri metodi mentali non risolvono il problema del male, ma almeno evitano alla mente di torcersi in continuazione su se stessa, a vuoto, sprecando inutilmente il tempo della nostra esistenza. Si potrebbe dire che il problema del male non può essere risolto, però può essere vissuto in maniere alternative che favoriscono un crescere, una spiritualità che progredisce, che si presenta come metodo migliore rispetto all'affrontarlo a forza di interrogativi universalissimi, radicalissimi, destinati a rimanere inutili e senza risposta. Potremmo sospettare un legame con questo discorso nella differenza tra san Francesco e Gesù: credo che se Gesù si fosse trovato davanti a san Francesco nel momento in cui quest'ultimo diceva "sorella morte", gli avrebbe dato qualche calcio nel sedere: nella mentalità di Gesù la morte è il nemico numero uno, lui si è ritenuto mandato nel mondo proprio per sconfiggerla e in questa mentalità è impensabile l'appellativo "sorella". Ora, pensare Gesù nel contesto mentale dell'ellenismo è facile, perché è proprio questa la situazione; più difficile collegare la mentalità di san Francesco all'AT, visto che avrebbero in comune una visione non tragica del male e della morte; ma forse qualche collegamento si potrebbe ravvisare, per esempio in un procedere che in entrambi va per descrizioni, racconti e non per riflessioni astratte, più tipiche invece in Gesù e nell'ellenismo.
Concordo con te sulla differenza tra le visioni sul male e sulla morte. In Gesù vedo anche io che sofferenza, peccato e morte erano i nemici mentre nel medioevo si era fatta strada l'idea del "dolorismo" nella quale si crede che Dio ci voglia veder soffrire. Nel caso di san Francesco la sua espressione credo che sia più che altro dovuta ad una sua idea di relativizzare l'evento "morte" visto che con la prospettiva dell'aldilà la morte era una sorta di "liberazione". Insomma per san Francesco Gesù ha trasformato la morte dal nemico numero uno ad un passaggio naturale da una vita di tribolazione ad una di gioia, cosa ben diversa dal dolorismo. In sostanza Gesù morendo in quel modo ha dunque "vinto la morte".
** scritto da Apeiron:
CitazioneSì ok è giusto quello che dici. Però ad esempio non spiega la sofferenza causata dalla natura e non dall'uomo.
@Apeiron, se potessimo spiegare tutto a che servirebbe la fede. Forse il vero supplizio è l'inevitabile ignoranza umana sul suo destino presente e futuro.
La sofferenza, la salvezza, Dio e il suo progetto, sono un cammino infinito fino a quando vedremo la verità faccia a faccia. La vita è un mistero che si svela man mano mentre la sperimentiamo,
Citazione di: Apeiron il 06 Gennaio 2017, 19:29:03 PMNel caso di san Francesco la sua espressione credo che sia più che altro dovuta ad una sua idea di relativizzare l'evento "morte" visto che con la prospettiva dell'aldilà la morte era una sorta di "liberazione". Insomma per san Francesco Gesù ha trasformato la morte dal nemico numero uno ad un passaggio naturale da una vita di tribolazione ad una di gioia, cosa ben diversa dal dolorismo. In sostanza Gesù morendo in quel modo ha dunque "vinto la morte".
In questo senso la non tragicità di san Francesco viene a risultare diversa da quella dell'AT, visto che nell'AT non c'è una speranza nell'al di là come luogo di felicità. L'atteggiamento dell'AT è dovuto piuttosto a un modo di affrontare l'esistenza più come esperienza che come riflessione.
Citazione di: davintro il 06 Gennaio 2017, 17:52:44 PM
Dovessi associare una parola all'inferno sceglierei "dispersione". Dispersione: la condizione esistenziale di chi ha smarrito la consapevolezza del proprio centro interiore, di ciò che è più importante nella nostra vita, e si disperde all'esterno, vive meccanicamente sballottato dagli stimoli esterni, senza riviverli interiormente, senza dare loro un senso, una ragione, in quanto abbiamo smarrito la percezione dei criteri stabili dei nostri giudizi, criteri fondamentali in base a cui giudichiamo qualcosa come "vero", "falso", "giusto", "sbagliato", "bello", "brutto", e di conseguenza punto centrale d'orientamento del nostro agire nel mondo.Questi criteri, questa scala di valori costituisce il contenuto della nostra identità profonda e originaria, quanto più il nostro essere, pensare, agire è coerente con essa tanto più avvertiamo il piacere dell'autorealizzazione, dell'espressione della nostra natura individuale, quanto più si perde questo centro interiore, tanto più le nostre azioni sono solo un insensato, caotico muoversi senza che non avvertiamo come manifestazione della nostra identità. L'identità diviene una vuota astrazione, impossibilità ad esprimersi in forme concrete nel mondo, il mondo diviene un luogo di estraniamento, un luogo ostile, minaccioso, dove ci percipiamo in balia di forze sconosciute, perchè non riconosciamo più intorno dei punti di riferimento, il mondo diviene qualcosa in cui non riscontriamo la testimonianza della nostra presenza, non c'entra nulla con noi
Per questo non mi piace nulla quello che va molto di moda oggi, prescrivere modi di fare del tipo "decentrarsi", "uscire fuori da sè stessi"... queste sono proprio gli atteggiamenti "infernali" che porterebbero l'uomo a disperdere l'unità della propria personalità e rinunciare a dare un proprio senso personale al mondo esterno, condizione perchè tale mondo sia un luogo di autentica manifestazione di sè, luogo accogliente e benevolo. Al contrario per dare valore alla vita occorre il più possibile entrare in profondità in se stessi, trovare nell'interiorità le risorse individuali, la coscienza dei nostri valori, di chi"siamo veramente" e solo dopo aprirsi al mondo, un'apertura che non sia dispersione, ma arricchimento, arricchimento di sè, e del mondo che diviene migliore quando agiamo in esso rendendolo più simile alla nostra idea di bellezza e giustizia. L'egocentrismo è una condizione irrinunciabile e al contempo bellissima in quanto senza egocentrismo, non c'è libertà. L'egocentrismo è infatti la condizione dell'Io che è il centro unitario delle sue esperienze vissute che lo legano al mondo, esperienze vissute che corrispondono alla nostra libertà in quanto esprimono un modo d'essere costituente dell'Io, il tratto distintivo della nostra individualità. Il concetto di Io inteso così è prevalentemente formale, attiene alla sfera trascendentale, ma proprio questa formalità consente di non identificare l'egocentrismo a un particolare specifico atteggiamento concreto. Cioè l'egocentrismo non è disprezzo del mondo, degli altri, perchè è una condizione esistenziale formale e indeterminata, il modo d'essere per cui i nostri atti provengono da un centro che li tiene uniti nell'unità della persona, l'Io. E l'altruismo altro non è che una delle possibilità dell'egocentrismo, che si realizza quando i valori dell'Io comprendono la considerazione del bene altrui, oltre che del proprio. Un altruismo non egocentrico sarebbe forzatura, conseguenza di un imposizione esterna ai valori interiori dell'Io: "non uccido non perchè non sia giusto uccidere ma perchè altrimenti finisco in galera" è l'esempio più evidente di un'attenzione all'altro che non corrisponde ai valori dell'io, dunque non egocentrico. Tutto dipende dal concetto di "Ego" che si ha in mente, trascendentale o empirico
condivido !
il cosiddetto "inferno" e' appunto l'IO (inteso appunto come riduzione a se' di tutto e che in tal senso separa)questa qui sotto l'ho trovata sul libro (citato in un precedente post da donquixote) e che sto appunto leggendo ;)la mente e' in fiamme,i pensieri sono in fiamme.la coscienza della mente e le impressioni che essa riceve e le sensazioni che nascono da quest'ultime,anche queste sono in fiamme.E di quale fuoco ardono?del fuoco dell'avidità,del fuoco del risentimento,del fuoco dell'infatuazione,della nascita,della vecchiaia,della morte,del dolore e delle lamentazioni,dell'infelicita e del dolore e della disperazione,ecco di cosa ardono.(Sermone del fuoco del Buddha)Se non hai mai visto il diavolo,guarda il tuo IO(Jalal Rumi)..e pensare che nel contesto storico in cui viviamo i messaggi che passano o "l'educazione" in tutte le sue forme che si ricevono sono l'esaltazione al massimo grado dell'IO...che,nel senso detto sopra e' praticamente il rovesciamento dell'ordine stesso delle cose.Citazionesolo una cosa serve: andarsene! Via, via da queste sponde!
http://www.youtube.com/watch?v=SK6P2SlbAXMMare mare mare voglio annegare..Portami lontano a naufragare..Via via via da queste spondePortami lontano sulle onde :)
Citazione di: acquario69 il 07 Gennaio 2017, 05:36:30 AM
condivido !
il cosiddetto "inferno" e' appunto l'IO (inteso appunto come riduzione a se' di tutto e che in tal senso separa)
questa qui sotto l'ho trovata sul libro (citato in un precedente post da donquixote) e che sto appunto leggendo ;)
la mente e' in fiamme,i pensieri sono in fiamme.
la coscienza della mente e le impressioni che essa riceve e le sensazioni che nascono da quest'ultime,anche queste sono in fiamme.
E di quale fuoco ardono?
del fuoco dell'avidità,del fuoco del risentimento,del fuoco dell'infatuazione,della nascita,della vecchiaia,della morte,del dolore e delle lamentazioni,dell'infelicita e del dolore e della disperazione,ecco di cosa ardono.
(Sermone del fuoco del Buddha)
Se non hai mai visto il diavolo,guarda il tuo IO
(Jalal Rumi)
..e pensare che nel contesto storico in cui viviamo i messaggi che passano o "l'educazione" in tutte le sue forme che si ricevono sono l'esaltazione al massimo grado dell'IO...che,nel senso detto sopra e' praticamente il rovesciamento dell'ordine stesso delle cose.
Citazionesolo una cosa serve: andarsene! Via, via da queste sponde!
http://www.youtube.com/watch?v=SK6P2SlbAXM
Mare mare mare voglio annegare..
Portami lontano a naufragare..
Via via via da queste sponde
Portami lontano sulle onde
:)
Parole sante.
Detto con un altro linguaggio, siamo chiamati a vincere il mondo per arrivare a vivere in questo mondo senza essere di questo mondo.
A questo punto, dopo aver convenuto che, in un modo o in un altro, c'è l'inferno come condizione di sofferenza, dobbiamo ora scoprire qual è la nostra vera natura, cioè se essa è bisognosa/desiderosa delle cose del mondo che ci portano all'inferno oppure se la rinuncia al mondo stesso è contro la nostra stessa natura, quindi impossibile.
Se la nostra natura, o meglio la natura della nostra anima, fosse desiderosa delle cose del mondo, innanzitutto non saremmo completi e poi il Signore Dio non avrebbe potuto darci il comandamento: Ama il Signore Dio tuo con tutto te stesso.
I nostri desideri mondami/carnali e quelli di scalare la società che sono sempre desideri mondani, cioè la gloria di questo mondo, non appartengono all'anima.
Se non sono desideri dell'anima desideri di chi sono?
Sono desideri del peccato inteso come spirito incarnato in noi e solo in minima parte desideri del corpo a causa degli ormoni come conseguenza di un corpo che all'inizio era come quello del Signore risorto e che poi è diventato materiale.
La conferma che i desideri mondani non sono connaturati nell'anima la si trova nella mancanza di pace in chi li accontenta.
Con il passare del tempo la soddisfazione di questi desideri mondani ci porta sempre più lontano dal Signore Dio con conseguente sofferenza. L'anima non può vivere senza il Signore Dio. Un discorso a parte riguarda chi l'ha persa.
Questo è l'inferno, cioè la mancanza la perdita di comunione con il Signore Dio, che si può evitare rinunciando ai nostri falsi desideri, che in verità non sono nostri ma del peccato o della carne resa tale sempre dal peccato stesso.