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LOGOS - Argomenti => Tematiche Spirituali => Discussione aperta da: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 01:56:05 AM

Titolo: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 01:56:05 AM
In Timore e tremore (1843) il filosofo e teologo danese S. Kierkegaard, scrivendo con lo pseudonimo di Johannes de Silentio, poneva in crisi l'uso totalitario della dialettica hegeliana basata sul superamento-conciliazione di due elementi con un terzo. La vita di fede infatti non ne è contenuta perché è inoltrata da una alternativa radicale. Questa è esprimibile in danese con l'espressione enten-eller, che significa: o questo, o quello! (e nient'altro), corrispondente a quella latina aut aut e titolo di omonima opera dello stesso Autore.
Timore e tremore sono dell'individuo in rapporto assoluto con l'Assoluto, dell'uomo rimasto fatalmente privo di proprie risorse che deve fare il salto nel buio tramite la fede, verso la Grazia, incomprensibile anche alla ragione, di Dio.
In termini pragmatici: bisogna per continuare a vivere disporsi interiormente interrompendo il percorso logico della propria esistenza e trasgredendo i dettami della ragione, cioè dopo essersi abbandonati al mistero più grande della realtà, solo poi potendo costruire una razionalità sufficiente e assumendo una logica veramente superiore.
Nonostante appaia in primo piano la figura scandalosa di un uomo che a causa del proprio credere inizia e non termina un omicidio contro il suo figlio, in nome di un sacrificio voluto dallo stesso Dio che quella prole aveva benedetto, il discorso svela che non un solo esempio esiste di virtù della fede, non un solo Abramo! Suo protagonista però è il padre della nota tradizione biblica, tutt'altro che virtuoso e propenso a intendere il sacrificio per atto cruento, ciononostante fermato dal Dio in cui crede. Virtù del dono della fede, non del ricevente - ma pur sempre merito di chi essa accoglie!
Non che l'Autore voglia opporre questo esempio criminologico alle altezze delle riflessioni hegeliane sullo Spirito Assoluto... semmai egli vuol far notare che queste sono dimentiche dei problemi più gravi della vita. Se società, politica, civiltà, cultura sono catalizzate dalla poderosa dialettica di Hegel, non c'è più spazio per evitare il prevalere del crimine!
Non mancò a Kierkegaard neppure una polemica, per così dire di ritorno: in che senso l'ottimismo, il male come semplice privazione, la passione per un destino se non si riesce a capire tutto il potenziale distruttivo di evenienze già in atto? Il riferimento è alla Danimarca e al mondo ma anche e prima alla Germania e all'Europa.
Filosoficamente e storicamente c'è una grande sorpresa: riappare il fantasma buono di Eraclito, quello che pensava tutto in lotta, lo stesso Dio o Assoluto e tutto l'universo, secondo il Principio del Fuoco, energia divina e mondana che mantiene tutto in sorta di separazione. Dio combattuto in sé stesso come il peccatore, il mondo in una opposizione continua... Certo questa visione non è tollerabile se ci si innamora della criminologia sino a farne la chiave di volta della storia e delle storie, anche personali.


Confidenza con questo filosofico fantasma se ne vede poca tra i cristiani; tutt'altro, c'è una distanza abissale perlopiù.
Io provavo con un sistema non nuovo, ma svolto con precisione e serenità che mi pare nuova, a descrivere qualcuna delle opposizioni ultime contenute nella Bibbia:

perdonare fino a settanta volte sette, cioè indefinitamente fino ad assoluzione completa / i peccati contro lo Spirito non
saranno perdonati, cioè non ci sarà soluzione ma oltrepassamento;

donare ai poveri, ai bisognosi veri / togliere a chi meno ha, a chi genera rovina con le cose che ha;

amare il prossimo, non tutti, ma chi fa parte del nostro evento / l'abbandono alle liti familiari più divisive, quando non rimane nient'altro da fare le contrarietà avvicinano a Dio.

Tutto ciò è del Vangelo di Cristo, ma anche di più:

pace senza limitazioni / non senza la spada,

ovvero, opposizioni fondamentali dove i due elementi non sono parti di una totalità ma compresenza di una unità!

E' terrificante per molti indottrinati, ingenui o supponenti, imbattersi in un modulo filosofico che sta assieme al verbo biblico senza contraddirne; così i teologi neoplatonici cristiani antichi sono in molti ambienti circondati da cattiva fama; e che dire se questo accade con Eraclito, come voleva far succedere Kierkegaard per evitare che la mancanza di virtù divenisse un idolo? Questo senso è affidato dallo Scrittore al silenzio, un silenzio latino ma sovrastato dal nome greco del filosofo che pensava la realtà come un totale scorrere... anche perfettamente uguale a sé stesso, di Dio, come la cristiana metafora di Dante del cerchio perfetto ma dinamico di acqua.
Il tono dell'opera Timore e tremore è ironico e dimesso; la supponente e distratta concezione mondana dell'hegelismo riceve smentita da un esempio in un certo senso intellettualmente vile, secondo bassezza criminologica (non criminale, si badi), ma i due casi assieme non fanno bella impressione. Questa rimane dello pseudonimo. Indubitabile per l'occasione il fascino del silenzio, mentre io sarei propenso a vedere nel nome di Giovanni un riferimento all'Inno al Verbo e un'indicazione al Logos, nell'Apocalisse (sempre di un autore Giovanni) alpha e omega, primo e ultimo.

Filosoficamente si potrebbe arguire: siamo tanto sicuri che non esista un Abramo biblico che faceva il gesto solo per gioco, che non aveva mai smentito il vero sacrificio, incruento cioè senza il morto da uccidere? Paolo di Tarso ai Romani diede il profilo criminologico, ma nella epistola agli Efesini la fede in Cristo è sotto il segno dell'ira, un'ira che non deve tramontare mai, ad immagine di quella di Dio, e che deposta resta ugualmente sullo sfondo, ancora più grande perché immobilizzante, impossibile a realizzarsi in gesti di troppo, in ogni caso incapace a tradursi in confusioni vita-morte, sacro-violenza, presenza-perdita.
Le tragedie greche erano della perdita dell'identità, storicamente degli ex o dei mancati; tanto che Eraclito l'oscuro si rivolgeva ai suoi concittadini anzi paesani ponendo ad essi il loro nome comune per specchio.



MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 09:10:30 AM
Citazione di: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 01:56:05 AMQuesta è esprimibile in danese con l'espressione enten-eller, che significa: o questo, o quello! (e nient'altro)
In questo passo è da preferirsi questa scrittura:
 Espressione in sé sufficiente è il danese enten-eller, che significa: o questo, o quello! (e nient'altro)


MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 09:34:00 AM
Citazione di: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 01:56:05 AMFilosoficamente si potrebbe arguire: siamo tanto sicuri che non esista un Abramo biblico che faceva il gesto solo per gioco, che non aveva mai smentito il vero sacrificio, incruento cioè senza il morto da uccidere?
Scrivendo ieri notte: "senza il morto da uccidere" ero sarcastico più che attento al resto del testo. Perciò si sostituisca pure con: 'senza qualcuno da uccidere', anche se è vero che i primi "sacrifici umani" accadevano coi resti di persone morte.


MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 15:49:18 PM
Citazione di: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 01:56:05 AMIn termini pragmatici: bisogna per continuare a vivere disporsi interiormente interrompendo il percorso logico della propria esistenza e trasgredendo i dettami della ragione, cioè dopo essersi abbandonati al mistero più grande della realtà, solo poi potendo costruire una razionalità sufficiente e assumendo una logica veramente superiore.
Riconosco che , per mia limitazione, non sono in grado di comprendere bene l'essenza di quello che vuoi consegnarci con questi sunti  filosofici. Però quello che ho citato qui è abbastanza chiaro e forte allo stesso tempo. Perciò mi sento di poter dire qualcosa a riguardo. Dici "interrompere il percorso logico e tragredendo i dettami della ragione per abbandonarsi al mistero per poi , così facendo, giungere ad assumere una logica veramente superiore"
I gradi pensatori che coltivavano una vita spirituale (anche se a modo loro) del passato erano giunti a scardinare la ragione di frone al mistero , ma è la ragione che li ha portati di inanzi al mistero . Pascal, Spinoza, kant, Wittgenstein... pensa al tracatatus logico filosofico proposizione 6.43 12 dice ; "la soluzione dell enigma della vita nello spazio e nel tempo è al di là dello spazio e del tempo". E questo lo dice uno dei padri del pensiero logico del 900 che arriva a dire che l 'enigma della vita , punto uno, ha una soluzione e in questo troviamo il pensiero mistico religioso a cui la filosofia di Wittgenstein conduce. Alla fine la differenza di chi ha una spiritualità e chi no sta in questa fiducia che l enigma della vita abbia una soluzione. E questa soluzione , punto due , è al di là del tempo e dello spazio. E che cos'è questo al di là del tempo e dello spazio se non uno scardinamento della ragione? non per cadere nell irrazionalismo, nella misteriosità ma per prendere consapevolezza che il nostro rapporto col tutto non è afferrabile, fomalizzabile, racchiudibile , catturabile dal pensiero umano.
Quindi sostengo che è la ragione che, debitamente esercitata , porta infine al mistero e non il cessamento dei sui dettami , alla cessazione della logica che porta al mistero. è la ragione che pone di inanzi al pensatore il mistero , in che senso lo pone il mistero? nel senso che gli elementi che la ragione fornisce all elaborazione della costruzione intellettuale non possono essere sintetizzati in una visione complessiva, armonica, in un sistema. non si può dare quella prospettiva razionalista che dice "ti dimostro che Dio c'è"  come ad esempio ritiene il concilio vaticano primo , essi sostengono che la ragione, se debitamente esercitata, giunge inequivocabilmente all esistenza di Dio. Personalmente non lo ritengo e non penso che la ragione possa arrivare a dimostrare l'esistenza di Dio. Laddove dimostrare l'esistenza di Dio significa esattamente chiudere il mistero dell essere perchè significa trovare la chiave che pone l'inizio e la fine dell essere l'alfa e l omega, perchè è questo che è in gioco nel cocetto di Dio.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 18:00:34 PM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 15:49:18 PMRiconosco che , per mia limitazione, non sono in grado di comprendere bene l'essenza di quello che vuoi consegnarci con questi sunti  filosofici. Però quello che ho citato qui è abbastanza chiaro e forte allo stesso tempo. Perciò mi sento di poter dire qualcosa a riguardo. Dici "interrompere il percorso logico e tragredendo i dettami della ragione per abbandonarsi al mistero per poi , così facendo, giungere ad assumere una logica veramente superiore"
I gradi pensatori che coltivavano una vita spirituale (anche se a modo loro) del passato erano giunti a scardinare la ragione di frone al mistero , ma è la ragione che li ha portati di inanzi al mistero . Pascal, Spinoza, kant, Wittgenstein... pensa al tracatatus logico filosofico proposizione 6.43 12 dice ; "la soluzione dell enigma della vita nello spazio e nel tempo è al di là dello spazio e del tempo". E questo lo dice uno dei padri del pensiero logico del 900 che arriva a dire che l 'enigma della vita , punto uno, ha una soluzione e in questo troviamo il pensiero mistico religioso a cui la filosofia di Wittgenstein conduce. Alla fine la differenza di chi ha una spiritualità e chi no sta in questa fiducia che l enigma della vita abbia una soluzione. E questa soluzione , punto due , è al di là del tempo e dello spazio. E che cos'è questo al di là del tempo e dello spazio se non uno scardinamento della ragione? non per cadere nell irrazionalismo, nella misteriosità ma per prendere consapevolezza che il nostro rapporto col tutto non è afferrabile, fomalizzabile, racchiudibile , catturabile dal pensiero umano.
Quindi sostengo che è la ragione che, debitamente esercitata , porta infine al mistero e non il cessamento dei sui dettami , alla cessazione della logica che porta al mistero. è la ragione che pone di inanzi al pensatore il mistero , in che senso lo pone il mistero? nel senso che gli elementi che la ragione fornisce all elaborazione della costruzione intellettuale non possono essere sintetizzati in una visione complessiva, armonica, in un sistema. non si può dare quella prospettiva razionalista che dice "ti dimostro che Dio c'è"  come ad esempio ritiene il concilio vaticano primo , essi sostengono che la ragione, se debitamente esercitata, giunge inequivocabilmente all esistenza di Dio. Personalmente non lo ritengo e non penso che la ragione possa arrivare a dimostrare l'esistenza di Dio. Laddove dimostrare l'esistenza di Dio significa esattamente chiudere il mistero dell essere perchè significa trovare la chiave che pone l'inizio e la fine dell essere l'alfa e l omega, perchè è questo che è in gioco nel cocetto di Dio.

Dato che non entri nel merito dello scopo di questa discussione da me aperta, lasci un parere definibile di margine, che offre un prospetto parallelo con una sua sensatezza. La ragione davvero ci presenta innanzi un mistero e se pensiamo Dio, quale identità misteriosa, non semplicemente Causa Prima o Motore Immobile o quant'altro, la ragione non arriva a confermare. Ma io non mi riferivo a questo percorso, definibile pur esso metafisico, bensì a una presa d'atto, alla condizione di aver ricevuto qualcosa cui porre attenzione, accogliere, valutare.
Il tuo percorso metafisico va dalle tre dimensioni ordinarie a quella successiva, definita dalla scienza matematica ma per la scienza fisica solo una non studiabilità oltre i confini dello spaziotempo e l'interdisciplinarità non costruisce un terzo elemento risolutivo. Allora il raziocinio si trova senza mezzi per continuare ad essere esercitato, in specie se la sua ragione è quella della esperienza. A questo livello la Critica di Kant ha giustamente negato ogni dimostrabilità razionale di un Assoluto, in particolare di una Causa Prima. D'altronde ad altro livello, sovraempirico, non limitato al piano dei fenomeni ma del noumeno, la ragione si applica a comprendere origine e destino del mondo, in quanto contenuto del pensiero che valuta in aggiunta quindi in indipendenza da quanto i sensi indicano ed orientano. Lo stesso Kant dunque non aveva nulla in contrario che si usasse la filosofia di Platone e il resto per dimostrare non empiricamente una Causa Prima, un Motore immobile... Ed è pur sempre il percorso che dal finito raggiunge intellettualmente l'infinito, con un pensare a, finale.

Io invece indicavo la condizione di riceventi, i quali cioè si trovano a dover gestire anche intellettualmente una previa presenza o proprio un precedente darsi del Mistero. Quindi la ragione a fronte di ciò non sa e non deve continuare in una linea ininterrotta. L'esperienza della psicoterapia e delle scienze che ne hanno valutato indica proprio che esiste anche una perdita positiva del filo logico che guida la nostra mente. Il punto è non fare di questo vuoto emotivo un assoluto per spiegare tutto. L'umanità vive anche per raggiungere il proprio obiettivo razionale; in tal senso il vuoto logico diventa non-vita se assunto quale fine. Esso infatti potenzia la ragione.
Ma nell'esempio della fede cristiana l'oggetto non è la natura che ho testé descritto bensì un accadimento sopra di essa, in cui la nostra decisione deve accadere in non conformità con le manifestazioni-costruzioni della ragione. Quindi non c'è, nella concretezza della esistenza, un raziocinio che riesca a ribadire: a volte bisogna obbedire solo ai sentimenti; difatti si crea un contrasto tra emotività e intellettualità. Razionalmente, filosoficamente con la Critica del Giudizio di Kant, si sa che si può ragionare e riconoscere il valore indipendente delle scelte basate sul sentimento, allora in ciò nessun dissidio; ma esistenzialmente, nell'evento per continuare a vivere mentre l'umanità non ne ha risorse bastanti, l'istanza razionale presenta una soluzione che l'istanza emotiva nega e il voler vivere spinge verso emozioni e sentimento in divergenza rispetto alla razionalità, al cospetto di una Alterità non decifrabile con la mente. Mi si comprenda: se il calcolo razionale che interviene in un estremo dramma amoroso ha per risultato: 'prova a dirle, con certe parole, comunicazioni diverse, che la ami', ebbene le emozioni attestano che non potrebbe bastare. Allora un uomo sentendo di dover garantire la prosecuzione della vita umana proprio in stesso frangente e non potendo usare il suo strumento principale, il raziocinio, deve decidere di abbandonarsi alla unica possibilità restante, perché sente anche se non lo percepisce la presenza di un Mistero che non è una ennesima porta chiusa. Trovandosi così in una differente intuizione della realtà anche recondita, riesce a capire come fare per comunicare a lei quanto assolutamente vuole ed anche a vivere con le proprie superiori facoltà, razionali, il nuovo rapporto.
Ho fatto esempio conforme alla filosofia di Kierkegaard, ma non c'è solo il rapporto amoroso fra uomo e donna che viene garantito dal salto nel buio. Tuttavia solo questo salto, non la costruzione postuma (e inutile) di un ponte, la ragione, esercitata a ritroso, riprende e stima, potendo così valutare la nuova condizione; e pertanto l'evento soprannaturale continua garantendo la vita anche con l'esercizio razionale e quest'ultimo non colma il vuoto logico passato, ne comprende la funzione.


MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 17 Giugno 2025, 18:12:07 PM
Ho completato l'espressioni del testo della mia risposta, che intendevo dare brevemente, invece poi finendo col dilungarmi. E' una replica, la mia, istruttiva, con valore sociale di diplomazia... una rarità, anche culturale, che meritava spazio e impegno.

MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: iano il 17 Giugno 2025, 20:31:15 PM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 15:49:18 PMRiconosco che , per mia limitazione, non sono in grado di comprendere bene l'essenza di quello che vuoi consegnarci con questi sunti  filosofici. Però quello che ho citato qui è abbastanza chiaro e forte allo stesso tempo. Perciò mi sento di poter dire qualcosa a riguardo. Dici "interrompere il percorso logico e tragredendo i dettami della ragione per abbandonarsi al mistero per poi , così facendo, giungere ad assumere una logica veramente superiore"
I gradi pensatori che coltivavano una vita spirituale (anche se a modo loro) del passato erano giunti a scardinare la ragione di frone al mistero , ma è la ragione che li ha portati di inanzi al mistero . Pascal, Spinoza, kant, Wittgenstein... pensa al tracatatus logico filosofico proposizione 6.43 12 dice ; "la soluzione dell enigma della vita nello spazio e nel tempo è al di là dello spazio e del tempo". E questo lo dice uno dei padri del pensiero logico del 900 che arriva a dire che l 'enigma della vita , punto uno, ha una soluzione e in questo troviamo il pensiero mistico religioso a cui la filosofia di Wittgenstein conduce. Alla fine la differenza di chi ha una spiritualità e chi no sta in questa fiducia che l enigma della vita abbia una soluzione. E questa soluzione , punto due , è al di là del tempo e dello spazio. E che cos'è questo al di là del tempo e dello spazio se non uno scardinamento della ragione? non per cadere nell irrazionalismo, nella misteriosità ma per prendere consapevolezza che il nostro rapporto col tutto non è afferrabile, fomalizzabile, racchiudibile , catturabile dal pensiero umano.
Quindi sostengo che è la ragione che, debitamente esercitata , porta infine al mistero e non il cessamento dei sui dettami , alla cessazione della logica che porta al mistero. è la ragione che pone di inanzi al pensatore il mistero ,

Anche per me è l'unica parte che ho compreso, per miei limiti certamente, ma anche per i limiti di chi scrive.
Direi che la ragione parte dal mistero, sostanziandolo in una ipotesi. Quindi in un percorso a ritroso la ragione torna all'ipotesi e quindi al mistero da cui la si è tratta.
Credo anch'io che  la soluzione stia al di la dello spazio e del tempo, dei quali abbiamo percezione, perchè sta al di la della nostra percezione.
Sta al di la di ciò che sappiamo cosa sia, perchè lo percepiamo, ma non sappiamo dire.
La nostra ragione non può partire dalla nostra percezione se prima non la riduciamo ad ipotesi, che però inevitabilmente quella percezione tradirà.
In seconda approssimazione, la soluzione sta nel capire che una soluzione non c'è, se non riusciamo a immaginarla che faccia lo stesso effetto di una percezione, che per quanto si possa immaginare superiore, sempre  una percezione sarà, quindi qualcosa di strettamente legato all'uomo.
Infine, capire perchè questa soluzione non c'è, vale quanto, se non di più, che trovarla, perchè equivale a farsi padri del metodo scientifico, e più in generale aumentare il tasso di coscienza col quale agiamo.

Chissà poi qual era il vero argomento della discussione, e questo è il vero mistero, che l'autore riesce a non farsi capire già a partire dal titolo.
Come si fa infatti a porre l'umiltà in alternativa all'ira, se non per l'intento di voler impressionare l'uditorio?
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: iano il 17 Giugno 2025, 21:09:27 PM
La soluzione che può darci la ragione sta al di la dello spazio e tempo, perchè non è la ragione che li ha prodotti, e non perchè spazio e tempo hanno una esistenza in se.
Che la soluzione stia al di la di ciò che percepiamo ne abbiamo già fatto esperienza, avendo già dimostratoo che sta al di la del sopra e del sotto, gia oggetto della nostra percezione, dimostradone la non esistenza, senza perciò che di essi sia venuta meno la nostra percezione.
Il sopra e il sotto è la versione percettiva della legge di gravità, perche questa forma assume il sopra e il sotto, quando ci poniamo fuori dalla terra, al di la della nostra quotidianità, restando nella quale continueremo a percepire un sopra e un sotto.
A quale legge per analogia corrisponderà la percezione dello spazio e del tempo?
Sempre per analogia dovremmo elevarci al di sopra dell'universo, dal quale però non possiamo uscire.
Ecco perchè, pur essendo la soluzione al di la dello spazio e del tempo, non la possiamo trovare, se di soluzione si può parlare.
Perchè la legge di gravità non risolve il mistero del sopra e del sotto, ma ne è una riformulazione.


Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 21:17:15 PM
Citazione di: iano il 17 Giugno 2025, 20:31:15 PMInfine, capire perchè questa soluzione non c'è, vale quanto, se non di più, che trovarla, perchè equivale a farsi padri del metodo scientifico, e più in generale aumentare il tasso di coscienza col quale agiamo.
Ah certo è verità oggettiva il principio di Archimede , ma se tu stessi annegando nell acqua non penseresti che la realtà in cui ti trovi coincide col teorema secondo cui  «ogni corpo immerso in un fluido in equilibrio subisce una forza diretta dal basso verso l'alto, passante per il centro di massa del volume di fluido  spostato e di intensità equiparabile alla forza-peso del fluido spostato» pensersti "qualcuno mi salvi!" Ecco qualcosa di esitenzialmente importante per te, una questione vitale. Analogamente non pensi alla legge di casualità o alle forme dell intuizione quando baci sulla bocca una donna. Quello che pensi e senti emotivamente è solo tuo ed è una verità esitenzialmente significativa per te , molto di piu che sapere che la somma degli angoli interni  di un triangolo (nella geometria euclidea) sia sempre 180 gradi. 
è a questo tipo di verità esistenziali che si rivolgeva kierkegaard , disse anche che la verità è soggettiva. Con questo intendeva dire che le verità davvero significative non possono che essere personali . Unicamente queste verità sono " una verità per me" . 
Ci si 
può porrà la domanda se esista o meno una soluzione all enigma della vita oppure porre la domanda se il Cristianesimo sia vero. 
Di fronte a tali questione è impossibile assumere un atteggiamento teorico o accademico. Per  chi comprende se stesso nell esistenza si tratta di vita o di morte. Dio , esattamente come per te è la tua vita , non è un soggetto che si può trattare per il semplice gusto del dibattito. è qualacosa a cui ci si deve avvicinare con la più grande passione. Per tali motivi , è raro che io parli di Dio. 

Per quanto riguarda la comprensione del topic aperto da Mauro Pastore , per comprenderlo devi prima aver compreso Kierkegaard . 
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: iano il 17 Giugno 2025, 21:26:01 PM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 21:17:15 PMè a questo tipo di verità esistenziali che si rivolgeva kierkegaard , disse anche che la verità è soggettiva. Con questo intendeva dire che le verità davvero significative non possono che essere personali . Unicamente queste verità sono " una verità per me" .
Ci si
può porrà la domanda se esista o meno una soluzione all enigma della vita oppure porre la domanda se il Cristianesimo sia vero.
Di fronte a tali questione è impossibile assumere un atteggiamento teorico o accademico. Per  chi comprende se stesso nell esistenza si tratta di vita o di morte. Dio , esattamente come per te è la tua vita , non è un soggetto che si può trattare per il semplice gusto del dibattito. è qualacosa a cui ci si deve avvicinare con la più grande passione. Per tali motivi , è raro che io parli di Dio.

Per quanto riguarda la comprensione del topic aperto da Mauro Pastore , per comprenderlo devi prima aver compreso Kierkegaard .
Già da quello che riporti mi pare di comprenderlo fin troppo bene, oltre ad averlo già letto il Kierke, elaborato, fatto mio, e dimenticato.
La verità non può che essere soggettiva, ma occorre aggiungere che può essere condivisa.
Condivisa non perchè può essere comunicata, ma perchè è possibile verificare le coincidenze di soggettività diverse.
Non è comunicabile perchè non esprimibile a parole, ed ecco perchè la ragione, produttrice di stringhe di segni , non la può trovare.
La verità non si può comunicare, ed anzi essa presiede a una possibile comunicazione, cioè condividerla è la condizione necessaria   perchè vi sia una comunicazione.
Io non devo spiegare a te cosa siano lo spazio e il tempo, perchè tu lo sai già per conto tuo, e possiamo indurre che le nostre percezioni soggettive coincidono dal fatto che potremo agire in modo coerente e coordinato basandoci su quelle percezioni.
Noi non comunichiamo perchè siamo uomini, cioè perchè possediamo forma simile, ma perchè la forma è specchio di ciò che contiene, evolvendosi forma e contenuto insieme.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 21:46:11 PM
Citazione di: iano il 17 Giugno 2025, 21:26:01 PMGià da quello che riporti mi pare di comprenderlo fin troppo bene.
La verità non può che essere soggettiva, ma occorre aggiungere che può essere condivisa.
Condivisa non perchè può essere comunicata, ma perchè è possibile verificare le coincidenze di soggettività diverse.
Riprendiamo l'esempio sulla domanda se il Cristianesimo sia vero. In precedenza molti avevano cercato di dimostrare l'esistenza di Dio , o di comprenderlo con la ragione o di trovare possibili coicidenze soggettive . tuttavia se ci si accontenta di queste prove o comunque di argomenti razionali , si perde la stessa fede e con essa anche l'iteriorità religiosa . L'importante non è se il Cristianesimo sia vero , ma se lo sia per me . Lo stesso vale per le verità esistenziali come la fiducia che vi sia una soluzione all enigma della vita. Non è importante se vi sia o no, l'importante è se vi sia o no per te . Stessa cosa vale per la morale . Kierkegaard guarda sopratutto all animo umano. La cosa fondamentale non è scegliere fra giusto o sbagliato , bensì scegliere di confrontarsi a ciò che è giusto e sbagliato. 
Una definizione universalmente valida della natura dell essere umano sarebbe per kierkegaard del tutto priva di interesse. Ciò che conta per lui è l'esitenza del singolo . Avrai capito che è totalmente in antitesi con Hegel? Non siamo solo figli del nostro tempo ognuno di noi è una persona unica che vive solo una volta. Un punto di vista che non interessava molto a Hegel vero? 
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: iano il 17 Giugno 2025, 21:53:55 PM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 21:46:11 PMUna definizione universalmente valida della natura dell essere umano sarebbe per kierkegaard del tutto priva di interesse. Ciò che conta per lui è l'esitenza del singolo . Avrai capito che è totalmente in antitesi con Hegel? Non siamo solo figli del nostro tempo ognuno di noi è una persona unica che vive solo una volta. Un punto di vista che non interessava molto a Hegel vero?
Hegel non l'ho letto, quindi non saprei dirti se è in antitesi.
Posso dirti solo che il Kierke, più vicino alla mia sensibilità, lo comprendo bene.
Il problema è che, spero tu non la prendi come una critica personale,  una volta fatti tuoi certi autori, devi dimenticarli per andare oltre, sempre che tu non abbia l'impressione di peccare così di lesa maestà.
Fare di certi autori dei miti insuperabili, non aiuta a fare filosofia.
Parliamo di autori certamente notevoli, ma che alla fine non facevano altro che pensare con la loro testa, e una volta che questa lezione da loro abbiamo imparato, il più è fatto.
Concordo con quanto dici, o dice il Kirke, o con chiunque lo dica.
Non solo l'importante è ciò che noi crediamo, ma basilare è una cosa che diamo per scontata, la capacità di credere appunto... o almeno, così io credo. :)
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 21:59:21 PM
Citazione di: iano il 17 Giugno 2025, 21:53:55 PMHegel non l'ho letto, quindi non saprei dirti se è in antitesi.
Posso dirti solo che il Kierke, più vicino alla mia sensibilità, l'ho comprendo bene.
Il problema è che, spero tu non la prendi come una critica personale, è che una volta fatti tuoi certi autori, devi dimenticarli per andare oltre, sempre che tu non abbia l'impressione di peccare di presunzione.
Fare di certi autori dei miti insuperabili, non aiuta a fare filosofia.
chi mi comprende , deve per così dire , gettare via la scala a pioli dope essere arrivati sopra. 
Wittgestein 

Anche il Buddha diceva che una volta intrapresa la strada verso la libertà dal dolore , anche passando tramite l ottuplice sentiero del Buddha , bisogna poi lasciare la zattera nel lago , e non portarsela in spalla.

Non mi porto Kierkegaard in spalla, cerco solo di comprenderlo e se trovo parole che mi lasciano il segno esse divengono come le costellazioni che vedi in cielo di notte per me. Esse sono lì 


Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 23:24:45 PM
Citazione di: iano il 17 Giugno 2025, 21:53:55 PMNon solo l'importante è ciò che noi crediamo, ma basilare è una cosa che diamo per scontata, la capacità di credere appunto... o almeno, così io credo. :)
Non solo diamo per scontato la capacità di credere ma anche quella di scegliere. Leggiti o ascoltati i tre stadi della vita esistenziale proposti da Kierkegaard (o del capitano Kierk come lo chiami tu) .  ;)
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 23:42:42 PM
Se a qualcuno interessa capire cosa cavolo significa aut- aut (o in Danese enten-eller) o questo o quello. indico qui un ottimo riassunto esplicativo

https://library.weschool.com/lezione/riassunto-kierkegaard-aut-aut-timore-e-tremore-6822.html


"Non si tratta assolutamente di tappe collegate tra loro da un rapporto di necessità, al contrario, fra esse c'è un salto, per cui ogni stadio risulta alternativo all'altro. (o questo o quello) Fra queste modalità di vita s'impone, dunque, una scelta."
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Jacopus il 18 Giugno 2025, 00:22:05 AM
Ammetto di non conoscere Kierkegaard, se non attraverso le antologie del liceo, ma forse proprio da lì è nato il mio sguardo sospettoso. Ritengo, secondo una modalità ellenistica e quindi precristiana che sia possibile essere contemporaneamente (o in tempi diversi della propria vita) esteti, etici e religiosi. Questa visione simile a quella del "progresso positivista", (dal laido esteta al perfetto religioso) non mi convince. Però è anche possibile che queste mie divagazioni siano prive di fondamento. Chiedo a chi ne sa più di me, di raccontarmi meglio, anche perché K. è uno dei padri filosofici dell'esistenzialismo e quindi non è certo un filosofo da quattro soldi (ammesso che ne esistano).
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: iano il 18 Giugno 2025, 00:37:32 AM
Citazione di: Alberto Knox il 17 Giugno 2025, 23:42:42 PMSe a qualcuno interessa capire cosa cavolo significa aut- aut (o in Danese enten-eller) o questo o quello. indico qui un ottimo riassunto esplicativo

https://library.weschool.com/lezione/riassunto-kierkegaard-aut-aut-timore-e-tremore-6822.html


"Non si tratta assolutamente di tappe collegate tra loro da un rapporto di necessità, al contrario, fra esse c'è un salto, per cui ogni stadio risulta alternativo all'altro. (o questo o quello) Fra queste modalità di vita s'impone, dunque, una scelta."
Credo che la scelta della fede in Dio sia accessoria a una fede ben più potente, che non hai scelto e non sai di avere, ben più difficile da ritrattare. E' quella che produce l'evidenza della realtà, che cerchi di giustificare con Dio o ti limiti a prenderne atto.
Più che a un Dio creatore penso a una fede creatrice, a un ''così è se ci credì'', ma senza aver scelto di crederci, come non abbiamo scelto di essere, perchè noi siamo quella fede.

Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: iano il 18 Giugno 2025, 08:02:53 AM
Un non credente come me può essere interessato all'episodio di Abramo e Isacco, centrale nella filosofia del capitano Kierke , come è interessato ai miti.
E' un mito di passaggio, perchè sta a metà fra una fede cui non puoi derogare perchè non sai di avere, e una fede che puoi ripudiare in quanto abbracci.
Abramo abbraccia la sua fede, ma non vi può derogare di fatto, come colui cui essendo stata data libertà di scegliere, non ha fatto ancora la prima scelta, quella fondamentale, la scelta di scegliere.
Infatti se ci viene data libertà di scelta, la prima scelta è se useremo questa libertà, una scelta che Abramo non ha ancora fatto, agendo di conseguenza.
E il mito di passaggio fra una fede che non si può pensare di non avere, e una fede che si abbraccia in quanto rivelata, e in quanto tale sottoponibile al pensiero.
L'episodio di Abramo e Isacco si ripropone ogni volta che un testimone di Geova nega al filglio una trasfusione, o un no-covid  il vaccino.

L'episodio biblico, nella lettura di un non credente come me, è fonte di saggezza, laddove ci avverte che ciò in cui crediamo ci può uccidere.
Per cui, se manteniamo fissa la fede, contro ogni ragione, sappiamo già di cosa moriremo.

Bisogna agire in modo ragionevole, ma anche con quella convinzione che solo la fede ti può dare, senza la quale qualunque azione sarebbe inefficace.
Non impariamo allo stesso modo dai tutti i nostri errori. Impariamo di più da quelli che facciamo con convinzione.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 18 Giugno 2025, 15:03:34 PM
Citazione di: Jacopus il 18 Giugno 2025, 00:22:05 AMRitengo, secondo una modalità ellenistica e quindi precristiana che sia possibile essere contemporaneamente (o in tempi diversi della propria vita) esteti, etici e religiosi. Questa visione simile a quella del "progresso positivista", (dal laido esteta al perfetto religioso) non mi convince. Però è anche possibile che queste mie divagazioni siano prive di fondamento.
No no, sono perfettamente fondate le tue obiezioni.
 Oltre che essere un esistenzialista e uomo religioso Kierkegard fu anche un severo critico della cultura e della civiltà europee "tutta l'Europa è sulla strada della banca rotta" disse. Gli pareva di vivere in un epoca priva di passioni e d impegno. Reagì in modo particolarmente violento contro la tiepidezza della vita religiosa all interno della Chiesa e fu molto duro verso quello che oggi chiameremmo "Cristianesimo della Domenica" . Per kierkegaard il Cristianesimo era così sconvolgente e irrazionale che poteva esserci solo un aut-aut , non è possibile essere Cristiani fino a un certo punto. Gesù risorse il giorno di Pasqua oppure no. E se è veramente risorto , questo fatto era così sconvolgente da segnare tutta la nostra vita. 
Mi rendo conto che questa presentazione del filosofo lo fa sembrare una figura minore rispetto alla potenza della filosofia col martello di Nietzche ad esempio. Ma non è così . Kierkeegard è il filosofo che ti smuove, dall interno, ti costringe a prendere sul serio il tuo essere nell esistenza, ti mette davanti a te stesso  e ha porti quelle domande a cui non puoi mentire ; che cosa è veramente importante per me? 
Perciò non era un filosofo più debole rispetto a Nietzche , anzi , Kierkegaard non usava troppi riguardi nelle sue polemiche , era dotato di una penna tagliente e di un amara ironia ; "la massa è falsità" o "la verità è sempre in minoranza" sono sue affermazioni. 
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Phil il 18 Giugno 2025, 18:19:30 PM
Citazione di: Jacopus il 18 Giugno 2025, 00:22:05 AMRitengo, secondo una modalità ellenistica e quindi precristiana che sia possibile essere contemporaneamente (o in tempi diversi della propria vita) esteti, etici e religiosi.
Non è un caso che Kierkegaard parli di tre stadi; si può quindi passare da uno stadio all'altro, in diversi momenti della vita. Si potrebbe anzi dire che il passaggio di stadio, se avviene in una certa direzione, è il percorso più autentico (giacché essere sin dalla nascita nello stadio religioso, semmai sia possibile, lo renderebbe meno consapevole): lo stato etico è "cura" per l'insensatezza di quello estetico, e quello religioso è "cura" per il "meccanicismo" di quello etico.
Per il resto (compreso Abramo), evito il copia e incolla e rimando qui.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Jacopus il 18 Giugno 2025, 19:31:10 PM
Però, ditemi se sbaglio, c'è una gerarchia di valore fra i tre stadi e c'è una asimmetria "tremenda" nel rapporto uomo/Dio, al punto da sembrare un revival dell'ebraismo.  Il corpo va punito mentre la mente si libra alla ricerca di Dio. Insomma mi sembra una filosofia molto contemplativa, che può dare i suoi frutti solo se si elimina quel Dio assoluto. Allora Kierkegaard sarebbe costretto a guardare la vita in modo disincantato e il mondo diventare più terribile di quello abitato da Dio ma che apre a nuovi scenari. Mentre scrivo mi arriva alla mente questa espressione lapidaria "Kierkegaard, ultima propaggine del Medioevo". Non sapendo quasi nulla di questo filosofo, perdonate le sciocchezze.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 18 Giugno 2025, 22:33:26 PM
Citazione di: Jacopus il 18 Giugno 2025, 19:31:10 PMMentre scrivo mi arriva alla mente questa espressione lapidaria "Kierkegaard, ultima propaggine del Medioevo". Non sapendo quasi nulla di questo filosofo, perdonate le sciocchezze.
bhè no, su questo punto non mi sento d accordo. In primo luogo stiamo parlado di un filosofo che morì nella seconda metà dell ottocento, periodo quasi vicino a noi. In secondo luogo la Cristianità nel medioevo era caratterizzata da un sentimento di peccato. Molte cose erano viste come tentazioni del demonio e andavano rinnegate tramite l'espiazione del peccato anche tramite penitenze e punizioni corporali dove il digiuno era forse quello meno drastico.Kiergaard è diverso , disse " Ciò che in fondo mi manca è di veder chiaro in me stesso, di saper "ciò che io devo fare" e non ciò che gli uomini della chiesa si aspettino che un religioso debba fare o debba pensare o che ti venga imposto di pensare. E sono convinto anche che kiergaard nella sua filosofia nasconda una grande fiducia nell essere umano. Mal riposta magari , ma una grandissima fiducia nella verità esistenziale del singolo . Diceva guarda non mi interessa se hei fatto bene o fatto del male se fai scelte sbagliate o scelte giuste, quello che mi preme è che tu ti metta , nella tua interiorità , a confronto con il bene e con il male, con il giusto e lo sbagliato. E dicida, prenda una decisione, compi una scelta . Ed è chiaro che lui riponesse la sua fiducia sul fatto che tu alla fine sceglierai per il bene e non per il male , e cmpiere il grande salto nella fede dove l acqua ha una prodondità di settemila metri e si vive nell incertezza oggettiva e ciò nonostante, credere.
Sì, per kierkeegar lo stadio religioso era il Cristianesimo . tuttavia egli esercitò e tutt'pra esercita grande influenza anche a pensatori non cristiani.  Nel nostro secolo, ad esempio, si è affermata una filosofia dell esistenza ispirata dal pensatore Danese.Perciò non è necessario diventare o essere Cristiani per apprezzarlo.




Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Phil il 18 Giugno 2025, 22:34:31 PM
Citazione di: Jacopus il 18 Giugno 2025, 19:31:10 PMMentre scrivo mi arriva alla mente questa espressione lapidaria "Kierkegaard, ultima propaggine del Medioevo".
In realtà è il concetto stesso di dio l'ultima propaggine del medioevo; lo dico ovviamente non come polemica, ma come constatazione: le teologia era nello Zeitgeist di quel periodo, di quelle culture, di quel livello di conoscenza di sé e del mondo. Il che non significa affatto che non possa tutt'oggi, molto dopo Kierkegaard, essere degna di discussione o ispirare percorsi esistenziali. Anche le monarchie, per esempio, sono appartenenti ad uno Zeitgeist antico, pur restando oggi in vigore e ancora "funzionanti".
La "tremenda asimmetria" fra uomo e Dio di cui parli, è ciò che rende tale Dio: è l'asimmetria fra forma umana e forma divina, potere umano e potere divino, razionalità umana e ragione divina, etc. «asimmetria» significa che non si può partire da una "modalità di condizione" nota, quella umana, per dedurre direttamente l'altra. A-sim-metria, significa per etimo che la "misura" dell'uomo non è quella di Dio, e questo è tutto ciò che sappiamo di razionale della sua; proprio come sapere che un cerchio ha un rapporto asimmetrico con un altra figura produce la conoscenza minimale che l'altra figura potrà essere qualunque cosa, tranne che un cerchio simmetrico a quello di partenza.
Tale scarto asimmetrico è lo spazio del "salto della fede" di Kierkegaard: non è un passo misurato (poiché è una conversione fra due "sistemi di misura", di cui il secondo è essenzialmente ignoto), non è un passaggio logico ossequioso delle regole degli uomini (v. stadio etico), non è dialettica procedurale con l'alterità o con la negazione (v. Hegel), ma è il collasso della razionalità in un'angoscia individuale bramosa di eccedenze che la sappiano traghettare oltre, irrorando tale viaggio/salto di un senso che travalichi la sciatta mondanità dell'immanenza (ossia, detto diversamente, è non accettazione della propria "finitudine semantica", in puro Zeitgeist di matrice medievale, appunto).
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 20 Giugno 2025, 13:57:44 PM
Citazione di: Jacopus il 18 Giugno 2025, 00:22:05 AMAmmetto di non conoscere Kierkegaard, se non attraverso le antologie del liceo, ma forse proprio da lì è nato il mio sguardo sospettoso. Ritengo, secondo una modalità ellenistica e quindi precristiana che sia possibile essere contemporaneamente (o in tempi diversi della propria vita) esteti, etici e religiosi. Questa visione simile a quella del "progresso positivista", (dal laido esteta al perfetto religioso) non mi convince. Però è anche possibile che queste mie divagazioni siano prive di fondamento. Chiedo a chi ne sa più di me, di raccontarmi meglio, anche perché K. è uno dei padri filosofici dell'esistenzialismo e quindi non è certo un filosofo da quattro soldi (ammesso che ne esistano).
E' importane capire la distinzione tra stadi della vita filosoficamente definiti e fasi della vita psicologicamente, biologicamente, fisiologicamente definite.
Estetica ed etica non sono annullate o abbandonate nel passaggio da una stadio all'altro fino al terzo religioso. E' molto importante capire che Kierkegaard non si riferiva alla religiosità convenzionale delle istituzioni ecclesiastiche o dei riti e culti diffusi.
Diceva di rapporto assoluto con l'Assoluto, come compimento della relazione etica a sua volta compimento del nesso estetico. Nel primo stadio prevarrebbe la disperazione (e la malattia) se non si provvedesse a passare autonomamente al secondo, ma questo si risolverebbe in un fallimento esistenziale (ed amoroso) se non ci si abbandonasse al terzo. Tuttavia si deve pensare la successione come un allargamento.
L'estetica resta dentro l'etica ed entrambe sono nel rapporto assoluto con l'Assoluto.


MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 20 Giugno 2025, 14:11:50 PM
Citazione di: iano il 18 Giugno 2025, 08:02:53 AML'episodio biblico, nella lettura di un non credente come me, è fonte di saggezza, laddove ci avverte che ciò in cui crediamo ci può uccidere.
Per cui, se manteniamo fissa la fede, contro ogni ragione, sappiamo già di cosa moriremo.

Bisogna agire in modo ragionevole, ma anche con quella convinzione che solo la fede ti può dare, senza la quale qualunque azione sarebbe inefficace.
Non impariamo allo stesso modo dai tutti i nostri errori. Impariamo di più da quelli che facciamo con convinzione.

Nella Bibbia è descritta la fede che salva, in opposizione al credere nelle apparenze. 
La fede di Abramo è risolutiva ma non per la umana virtù. Restiamo arbitrariamente sospesi fra alternative e questo per il credente significa che la fede senza le opere è morta. Da essa dipendono le opere (come notava con più forza di tutti Lutero) ma senza le opere essa diventa vana (come notava con maggior evidenza degli altri il metodista Wesley).
Se ne ritrova scritto nella Bibbia (Lettera ai Romani, Lettera di Giacomo) e il contemperare le due verità ha segnato i rapporti tra Evangelismo e Cattolicesimo. Lutero aveva difficoltà ad accettare il linguaggio biblico di Giacomo, non così Wesley. Kierkegaard era luterano, ma non si deve credere che il luteranesimo sia una ripetizione dei pensieri del padre della Riforma.

MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 20 Giugno 2025, 14:15:09 PM
Citazione di: iano il 18 Giugno 2025, 00:37:32 AMCredo che la scelta della fede in Dio sia accessoria a una fede ben più potente, che non hai scelto e non sai di avere, ben più difficile da ritrattare. E' quella che produce l'evidenza della realtà, che cerchi di giustificare con Dio o ti limiti a prenderne atto.
Più che a un Dio creatore penso a una fede creatrice, a un ''così è se ci credì'', ma senza aver scelto di crederci, come non abbiamo scelto di essere, perchè noi siamo quella fede.


Questa fede che tu dici è meglio definibile come intuizione.
Certo bisogna dare crediti e affidarsi nella vita, ai sensi finanche... ma soltanto la fede in Dio, filosoficamente nell'Assoluto, raggiunge l'obiettivo di una serenità e sicurezza sufficienti.

MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: iano il 20 Giugno 2025, 14:50:12 PM
Citazione di: PhyroSphera il 20 Giugno 2025, 14:15:09 PMQuesta fede che tu dici è meglio definibile come intuizione.
Certo bisogna dare crediti e affidarsi nella vita, ai sensi finanche... ma soltanto la fede in Dio, filosoficamente nell'Assoluto, raggiunge l'obiettivo di una serenità e sicurezza sufficienti.

MAURO PASTORE
No, credo che l'intuizione sia un esempio di ciò che può produrre un processo  nascosto, o che non affiora in toto alla nostra coscienza, al modo della ''fede profonda'' che ho ipotizzato, cioè quella che non puoi ritrattare, perchè non sai di avere. Se poi questa fede nascosta condividiamo è perciò che possiamo dirci uomini, che condividono di conseguenza, almeno a parole, la stessa etica.
Il prodotto di un processo nascosto può creare sorpresa, che può essere financo piacevole, ma non insicurezza.
E' quando questo processo affiora alla coscienza che ci crea insicurezza, perchè quella parte che di te è stata intima, potendola osservare, inizierai a dubitare che sia parte di te; se fa parte della tua essenza, o se devi considerarla col timore misto a curiosità che riserveresti ad un alieno.
Allora si che la fede in un Dio può intervenire a rassicurarti.
Però è una fede meno potente questa, in quanto ritrattabile in ogni momento, magari perchè quella sicurezza nel frattempo credi di averla ritrovata ponendo fede in altro.
Credo che la capacità di credere sia un essenza dell'uomo, mentre ciò in cui crede sia accessorio.

Aprendo gli occhi, ciò che ti appare puoi credere sia la realtà, ma ciò che conta non è che lo sia, ma che, in concordanza con Kierkegaard, se non l'ho inteso male,  tu lo creda.
Ciò non scongiura che potrai in seguito giudicher pura apparenza quell'apparenza, ma non potrai fare a meno di sostituire a quel credo uno nuovo, facendolo in modo più o meno cosciente, per cui potrai più o meno dichiarare la tua fede in dipendenza di ciò, se è vero, come credo, e  ripeto, che la fede sia essenziale all'uomo.

Insomma, conta più la capacità di credere, perchè con essa puoi abbracciare ogni possibile fede,  che non una particolare fede.
E' più la fede che abbracciamo a farci individui, che non la separazione fisica, se è vero che quando condividiamo una fede nascosta, perciò ci chiamiamo con un sol nome, umanità, astraendo la corporalità.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: iano il 20 Giugno 2025, 15:30:00 PM
Le fedi che al contrario abbracciamo coscientemente, condividendole, creano superindividui, che diremo cristiani, mussulmani, indù etc..., creando divisione nell'umanità.
in ogni caso, per quanto problematiche possano risultare queste divisioni, esse rimangono la nostra ricchezza culturale, essenziale non meno di quella biologica, con la quale fanno il paio.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 22 Giugno 2025, 21:11:24 PM
Citazione di: PhyroSphera il 20 Giugno 2025, 13:57:44 PM. E' molto importante capire che Kierkegaard non si riferiva alla religiosità convenzionale delle istituzioni ecclesiastiche o dei riti e culti diffusi.
Per kierkegaard lo stadio religioso si identificava con il Cristianesimo ed essere Cristiani significava per lui seguire le orme di Gesù con tutto il corpo , con tutta la mente e con tutta l anima. questo punto bisogna dirlo.

Citazione di: PhyroSphera il 20 Giugno 2025, 13:57:44 PMNel primo stadio prevarrebbe la disperazione (e la malattia) se non si provvedesse a passare autonomamente al secondo,
ti stai confondendo, nel primo stadio prevarebbe la noia. L'esteta è colui che sceglie di non scegliere, di vivere alla giornata , di vivere le sue passioni, ma senza mai impegnarsi, senza mai avere un progetto, o uno scopo. Ricordi che per Shopenauer la noia è un meccanismo del pendolo? ; desidero ,piacere , noia e noia porta a nuovo desiderio , ecco il pendolo. Dunque la noia è uno stratagemma della voluntas , dunque la noia ha una valenza negativa per Shopenauer mentre per kiergaard no, la noia ha una valenza positiva perchè annoiandomi io capisco di voler qualcosa di più della vita dell attimo, della vita alla giornata e voglio il progetto incarnato nel buon marito padre di famiglia, colui che sceglie di sciegliere. Tale progetto puòessere uno sport , una disciplina, un fare volontariato ecc.
Ma la vita etica nonè ancora una vita totale perchè fatta di normalità, di fedeltà e chiaramente di continuità è una vita fatta anche di rinunce . Non è la vita che abbraccia il senso ultimo, il progetto è la famiglia certo , ma c'è una vita che è ancora più totale , una vita che va ad abbracciare il senso ultimo ed è la vita Religiosa. Ma questa vita contiene un paradosso, per kierkeegard non è l'uomo che sceglie Dio ma è Dio che sceglie l uomo. Pertanto il senso ultimo della vita l'uomo lo troverà abbandonandosi a Dio e sarà Dio che guiderà l uomo a sè. Nei primi due stadi è l'uomo che sceglie di non scegliere (l esteta) e il secondo sceglie di scegliere la morale , si sceglie di essere fedeli alla moglie , si sceglie di essere morali , da Agostino a Kant la morale è una scelta!
la fede ha un altra prospettiva , non è neanche più moralità, non è scelta ma è essere scelti da Dio. la vicenda di Abramo che è metafora dell uomo Religioso parla propio di questo , quando Dio gli dice di uccidere il suo unico figlio Isacco e Abramo alza il pugnale contro di lui vi sembra  un azione morale? la morale implica di scegliere di essere un buon padre e amare tuo figlio ,educandolo amorevolemente,  non di ucciderlo. Ma ecco che Abramo si abbandona a Dio, non capisce il perchè del folle gesto richiesto da Dio. Abramo è andato oltre la morale che cosa ti dice la morale? di amare tuo figlio, Abramo uccide suo figlio.
 Dio lo ferma ma Abramo lo avrebbe fatto. Ecco che cos'è l uomo religioso , è un abbandono a Dio al di là del bene e del male e della morale . Questo episodio estremo Kiergaard lo coglie come esempio supremo di cosa voglia dire avere fede in Dio.  Essere uomo religioso è quindi per kierkaarg assolutamente una prospettiva radicale , totale, assoluta. Vi sembra esagerato? anche i discepoli di Gesù lo dissero e in quel frangenete la questione era acqua di rose in confronto a questa di Abramo.  "maestro le tue parole sono dure " E gesù cosa gli risponde? "volete andarvene anche voi? "
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: baylham il 23 Giugno 2025, 12:12:59 PM
Citazione di: Alberto Knox il 22 Giugno 2025, 21:11:24 PM...
 Ma questa vita contiene un paradosso, per kierkeegard non è l'uomo che sceglie Dio ma è Dio che sceglie l uomo. Pertanto il senso ultimo della vita l'uomo lo troverà abbandonandosi a Dio e sarà Dio che guiderà l uomo a sè. Nei primi due stadi è l'uomo che sceglie di non scegliere (l esteta) e il secondo sceglie di scegliere la morale , si sceglie di essere fedeli alla moglie , si sceglie di essere morali , da Agostino a Kant la morale è una scelta!
la fede ha un altra prospettiva , non è neanche più moralità, non è scelta ma è essere scelti da Dio. la vicenda di Abramo che è metafora dell uomo Religioso parla propio di questo , quando Dio gli dice di uccidere il suo unico figlio Isacco e Abramo alza il pugnale contro di lui vi sembra  un azione morale? la morale implica di scegliere di essere un buon padre e amare tuo figlio ,educandolo amorevolemente,  non di ucciderlo. Ma ecco che Abramo si abbandona a Dio, non capisce il perchè del folle gesto richiesto da Dio. Abramo è andato oltre la morale che cosa ti dice la morale? di amare tuo figlio, Abramo uccide suo figlio.
 Dio lo ferma ma Abramo lo avrebbe fatto. Ecco che cos'è l uomo religioso , è un abbandono a Dio al di là del bene e del male e della morale . Questo episodio estremo Kiergaard lo coglie come esempio supremo di cosa voglia dire avere fede in Dio.  Essere uomo religioso è quindi per kierkaarg assolutamente una prospettiva radicale , totale, assoluta. Vi sembra esagerato? anche i discepoli di Gesù lo dissero e in quel frangenete la questione era acqua di rose in confronto a questa di Abramo.  "maestro le tue parole sono dure " E gesù cosa gli risponde? "volete andarvene anche voi? "
Dubito che per Kierkgaard la fede vada intesa come un abbandono a Dio.

Comunque, secondo me, il personaggio (romanzesco) Abramo non è affatto andato oltre la morale, ha espresso semplicemente una morale, che piace ai religiosi, ma personalmente rifiuto: l'unica scelta dignitosa di fronte alla "prova di Dio" è la disobbedienza.

Questo racconto di Abramo conferma che i religiosi siano particolarmente dediti a diffamare Dio, fatto ad immagine dell'uomo religioso, altro che "rapporto diretto assoluto con l'Assoluto".

Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Phil il 23 Giugno 2025, 13:00:08 PM
A mio avviso quello che fa inceppare, sul tema della fede, il meccanismo narrativo della vicenda di Abramo non è tanto il fatto che Dio si sovrapponga alla morale religiosa del non uccidere (di cui dovrebbe essere fondatore e giudice), bluffando per vedere se Abramo è davvero ciecamente sottomesso alla volontà divina, ma la "morale della favola" si inceppa soprattutto per la relazione in cui tale prova di fede viene contestualizzata. La fede in un dio che ti parla direttamente, non è la fede del "credente medio" a cui la vicenda vorrebbe insegnare qualcosa. La fede è solitamente tale proprio in assenza di rapporto diretto con Dio: la vera pietra angolare della fede è credere anzitutto nell'esistenza di Dio (da cui consegue l'esistenza di una sua legge, etc.). Una volta che l'esistenza di Dio diventa "ovvia e banale" perché Dio ti parla "faccia a faccia", tutto quello che accade in seguito perde di valore, in termini di fede, perché è fondato sulla diretta esperienza "empirica, percettiva e sensoriale" (prima che spirituale) della divinità, sulla esplicita volontà di Dio espressa in "prima persona" (o quantomeno dalla sua voce) al "fedele ascoltatore".
Come dire: è facile avere fede in Dio se Dio ti parla e lo riconosci come tale; anzi, non è nemmeno il caso di parlare di «fede», ma di fiducia in lui, proprio come ci si fida di un padre che ti dice di fare qualcosa che non capisci o che credi "non andrà per il verso giusto".
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 23 Giugno 2025, 16:10:13 PM
Si possono fare tutte le obiezioni che volete sul pensiero di Kierkegaard. Ma tant è.                Un altra obiezione può essere; ma se Dio è amore come può chiedere di uccidere? Un altra è ; ma se Dio è onnisciente che bisogno aveva di mettere alla prova la fede di Abramo? Ma questo aprirebbe un discorso più teologo che filosofico. Bisogna chiamare in causa Sant Agostino per intanto . Per cui l onniscienza di Dio non è determinazione ma solo possibilità. Chi determina è chi di fatto compie o non compie l atto. Perciò Dio vede Abramo che compie l atto ma sarà poi Abramo che determinerà l atto compiendolo.  
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: baylham il 23 Giugno 2025, 18:09:37 PM
Per Kierkgaard Abramo è un eroe della fede non perché crede in Dio, che nel racconto è un dato scontato, ovvio, ma perché crede nell'assurdità che uccidendo Isacco otterrà nuovamente Isacco. L'eroe della fede è chi crede nell'impossibile, nell'assurdo.

A Kierkgaard obietto che nel contesto della prova, Abramo sarebbe stato un più grande e dignitoso eroe delle fede se avesse creduto che disobbedire a Dio è obbedirgli.

Da bambino mi sono riconosciuto in Isacco, Dio ed Abramo fanno una pessima figura in questo racconto.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 24 Giugno 2025, 01:49:32 AM
Con kierkegaard siamo anni luce da;  credo per andare in paradiso, mi confesso per il perdono dei peccati, dico un rosario per guarire, mi faccio il segno della croce per far si che le cose mi vadano bene. Il Cristianesimo appagante , quello che generalmente le persone si cuciscono addosso  a misura . é ben lontano dal Cristianesimo di Kierkegaard. Avere fede significa essere soli di fronte al mistero Divino. Solo era Abramo di fronte a Dio, solo era Gesù sulla croce (padre mio perchè mi hai abbandonato). Il fatto che Dio sia quella dimensione paradossale che fa si che noi siamo salvi soltanto se è Dio che decide di salvarci fa si che di fatto noi non abbiamo in mano la salvezza. Dunque la nostra salvezza, il senso ultimo del nostro vivere, è un abbandonarsi a Dio, il quale nel suo mistero e nella sua infinitezza ci accoglierà. Mi solleva dalla disperazione ma non è una polizza assicurativa. la fede è questa angoscia/disperazione che diventa speranza. Tu puoi solo sperare che la fede ti salverà , non lo puoi sapere, non lo puoi pretendere per diritto ...ho fede e quindi sarò salvato, no,  hai fede e quindi speri. 
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Duc in altum! il 26 Giugno 2025, 15:05:39 PM
Citazione di: Phil il 23 Giugno 2025, 13:00:08 PMLa fede è solitamente tale proprio in assenza di rapporto diretto con Dio: la vera pietra angolare della fede è credere anzitutto nell'esistenza di Dio (da cui consegue l'esistenza di una sua legge, etc.).
Certo, il primo passo è credere in Dio (il Suo esserci), anche non avendo un "rapporto diretto" con Lui (pur se inconsciamente o inconsapevolmente - attraverso la coscienza, la natura e la ragione - sperimentiamo già qualcosa), ma questo deve condurre al passo seguente (A. C.: mettere in pratica i dettami dettati da chi con Yhwh ci parla; D. C.: conoscere Gesù il Cristo), che sempre "san " Kierkegaard enuncia molto bene: "la fede incomincia là dove la ragione finisce".

Ossia, l'azione (di fede) che era solo allo stato mentale, ideologico, intuitivo, deve divenire opera (di fede) nella materia, attraverso il corpo umano, perché la sua ragionevolezza è finita... la sola fede nell'esistenza di Dio, non soddisfa più la nostra fiducia in Dio!

Normalmente, per il "credente medio" al primo passo (che davvero vuole mettersi in gioco, dacché si può restare fino alla morte in questa gradino o in quello di credere in qualsiasi cosa, meno che Dio esista), questo passaggio - pur se avviene in circostanze differenti (ognuno ha il suo cammino!) -, ha sempre la stessa dinamica: inizio di una preghiera quotidiana (cominciare a frequentare davvero quell'Assente che percepivamo), riconoscimento del proprio fallimento (non solo il proprio peccato, ma avere il coraggio di rivolgersi al Creatore Onnipotente come creatura senza meriti... nella mia personale esperienza - e come ben sostiene @Alberto Knox - è qui la chiave della fede!), interagire come amico (non più servo) di Dio tra altre amiche e amici (nonostante la loro "fede").

Ci sarebbe poi il terzo passo, quello finale, per compiere il motivo per cui Dio ci ha voluti in quel luogo e in quella maniera; volgarmente: adempiere la propria vocazione/chiamata, ma preferisco rispondere a:
Citazione di: Phil il 23 Giugno 2025, 13:00:08 PMUna volta che l'esistenza di Dio diventa "ovvia e banale" perché Dio ti parla "faccia a faccia", tutto quello che accade in seguito perde di valore, in termini di fede, perché è fondato sulla diretta esperienza "empirica, percettiva e sensoriale" (prima che spirituale) della divinità, sulla esplicita volontà di Dio espressa in "prima persona" (o quantomeno dalla sua voce) al "fedele ascoltatore".
No, non è così.
Anche se Yhwh ci apparisse come fece con Mosè, o vedessimo la Madonna come santa Bernadette, o Gesù ci mostrasse un "miracolo" inconfutabile, la nostra fede potrebbe fallire... come accadde a Giuda Iscariota.

Quindi non bisogna mai diminuire il valore della fede personale (anche perché è ciò che ci salva), o far divenire banale e ovvia, quella "grazia" ricevuta.

Pace&Bene
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: iano il 26 Giugno 2025, 21:12:23 PM
Citazione di: Duc in altum! il 26 Giugno 2025, 15:05:39 PMAnche se Yhwh ci apparisse come fece con Mosè, o vedessimo la Madonna come santa Bernadette, o Gesù ci mostrasse un "miracolo" inconfutabile, la nostra fede potrebbe fallire... come accadde a Giuda Iscariota.

Quindi non bisogna mai diminuire il valore della fede personale (anche perché è ciò che ci salva), o far divenire banale e ovvia, quella "grazia" ricevuta.

Pace&Bene

Si può credere in ciò che non si vede, e non credere in ciò che si vede, per cui la fede è fondamentale rispetto all'evidenza.



Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 09 Luglio 2025, 08:20:21 AM
Citazione di: baylham il 23 Giugno 2025, 18:09:37 PMPer Kierkgaard Abramo è un eroe della fede non perché crede in Dio, che nel racconto è un dato scontato, ovvio, ma perché crede nell'assurdità che uccidendo Isacco otterrà nuovamente Isacco. L'eroe della fede è chi crede nell'impossibile, nell'assurdo.

A Kierkgaard obietto che nel contesto della prova, Abramo sarebbe stato un più grande e dignitoso eroe delle fede se avesse creduto che disobbedire a Dio è obbedirgli.

Da bambino mi sono riconosciuto in Isacco, Dio ed Abramo fanno una pessima figura in questo racconto.
Non hai compreso il pensiero di Kierkegaard. Dire 'Abramo eroe della fede' ha senso se si separa l'atto di fede dal resto che l'accompagna, cioè incomprensione del sacro e intento omicida.

MAURO PASTORE 
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 09 Luglio 2025, 08:26:21 AM
Citazione di: iano il 20 Giugno 2025, 14:50:12 PMNo, credo che l'intuizione sia un esempio di ciò che può produrre un processo  nascosto, o che non affiora in toto alla nostra coscienza, al modo della ''fede profonda'' che ho ipotizzato, cioè quella che non puoi ritrattare, perchè non sai di avere. Se poi questa fede nascosta condividiamo è perciò che possiamo dirci uomini, che condividono di conseguenza, almeno a parole, la stessa etica.
Il prodotto di un processo nascosto può creare sorpresa, che può essere financo piacevole, ma non insicurezza.
E' quando questo processo affiora alla coscienza che ci crea insicurezza, perchè quella parte che di te è stata intima, potendola osservare, inizierai a dubitare che sia parte di te; se fa parte della tua essenza, o se devi considerarla col timore misto a curiosità che riserveresti ad un alieno.
Allora si che la fede in un Dio può intervenire a rassicurarti.
Però è una fede meno potente questa, in quanto ritrattabile in ogni momento, magari perchè quella sicurezza nel frattempo credi di averla ritrovata ponendo fede in altro.
Credo che la capacità di credere sia un essenza dell'uomo, mentre ciò in cui crede sia accessorio.

Aprendo gli occhi, ciò che ti appare puoi credere sia la realtà, ma ciò che conta non è che lo sia, ma che, in concordanza con Kierkegaard, se non l'ho inteso male,  tu lo creda.
Ciò non scongiura che potrai in seguito giudicher pura apparenza quell'apparenza, ma non potrai fare a meno di sostituire a quel credo uno nuovo, facendolo in modo più o meno cosciente, per cui potrai più o meno dichiarare la tua fede in dipendenza di ciò, se è vero, come credo, e  ripeto, che la fede sia essenziale all'uomo.

Insomma, conta più la capacità di credere, perchè con essa puoi abbracciare ogni possibile fede,  che non una particolare fede.
E' più la fede che abbracciamo a farci individui, che non la separazione fisica, se è vero che quando condividiamo una fede nascosta, perciò ci chiamiamo con un sol nome, umanità, astraendo la corporalità.
Che aver fede sia necessario durante la vita, è verità psicologica. Kierkegaard non diceva che è necessario credere anche se non c'è verità per cui credere. Diceva che la decisione di accogliere la fede è irrazionale, quale unico scampo possibile. Tutto questa è senza dubbio logico, difatti Kierkegaard criticava gli eccessi di razionalismo, non obiettava sulla logica dell'atto di fede.

MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 09 Luglio 2025, 08:50:19 AM
Citazione di: Alberto Knox il 22 Giugno 2025, 21:11:24 PMPer kierkegaard lo stadio religioso si identificava con il Cristianesimo ed essere Cristiani significava per lui seguire le orme di Gesù con tutto il corpo , con tutta la mente e con tutta l anima. questo punto bisogna dirlo.
ti stai confondendo, nel primo stadio prevarebbe la noia. L'esteta è colui che sceglie di non scegliere, di vivere alla giornata , di vivere le sue passioni, ma senza mai impegnarsi, senza mai avere un progetto, o uno scopo. Ricordi che per Shopenauer la noia è un meccanismo del pendolo? ; desidero ,piacere , noia e noia porta a nuovo desiderio , ecco il pendolo. Dunque la noia è uno stratagemma della voluntas , dunque la noia ha una valenza negativa per Shopenauer mentre per kiergaard no, la noia ha una valenza positiva perchè annoiandomi io capisco di voler qualcosa di più della vita dell attimo, della vita alla giornata e voglio il progetto incarnato nel buon marito padre di famiglia, colui che sceglie di sciegliere. Tale progetto puòessere uno sport , una disciplina, un fare volontariato ecc.
Ma la vita etica nonè ancora una vita totale perchè fatta di normalità, di fedeltà e chiaramente di continuità è una vita fatta anche di rinunce . Non è la vita che abbraccia il senso ultimo, il progetto è la famiglia certo , ma c'è una vita che è ancora più totale , una vita che va ad abbracciare il senso ultimo ed è la vita Religiosa. Ma questa vita contiene un paradosso, per kierkeegard non è l'uomo che sceglie Dio ma è Dio che sceglie l uomo. Pertanto il senso ultimo della vita l'uomo lo troverà abbandonandosi a Dio e sarà Dio che guiderà l uomo a sè. Nei primi due stadi è l'uomo che sceglie di non scegliere (l esteta) e il secondo sceglie di scegliere la morale , si sceglie di essere fedeli alla moglie , si sceglie di essere morali , da Agostino a Kant la morale è una scelta!
la fede ha un altra prospettiva , non è neanche più moralità, non è scelta ma è essere scelti da Dio. la vicenda di Abramo che è metafora dell uomo Religioso parla propio di questo , quando Dio gli dice di uccidere il suo unico figlio Isacco e Abramo alza il pugnale contro di lui vi sembra  un azione morale? la morale implica di scegliere di essere un buon padre e amare tuo figlio ,educandolo amorevolemente,  non di ucciderlo. Ma ecco che Abramo si abbandona a Dio, non capisce il perchè del folle gesto richiesto da Dio. Abramo è andato oltre la morale che cosa ti dice la morale? di amare tuo figlio, Abramo uccide suo figlio.
 Dio lo ferma ma Abramo lo avrebbe fatto. Ecco che cos'è l uomo religioso , è un abbandono a Dio al di là del bene e del male e della morale . Questo episodio estremo Kiergaard lo coglie come esempio supremo di cosa voglia dire avere fede in Dio.  Essere uomo religioso è quindi per kierkaarg assolutamente una prospettiva radicale , totale, assoluta. Vi sembra esagerato? anche i discepoli di Gesù lo dissero e in quel frangenete la questione era acqua di rose in confronto a questa di Abramo.  "maestro le tue parole sono dure " E gesù cosa gli risponde? "volete andarvene anche voi? "
E' una replica supponente e sconsiderata la tua. Tu scambi i tre stadi della vita per una dialettica. Sicuramente c'è l'intervento della noia che segna il passaggio dallo stadio estetico a quello etico, ma non nel senso che l'annoiarsi produrrebbe l'innalzamento di grado, infatti nella noia ci si può anche restare se non si dà un senso diverso alla propria vita (la psicologia esistenziale ne sa qualcosa, non la psicoanalisi). Il terzo stadio non è un allargamento dei precedenti ma si accede con un 'salto'. La fede dipende da una decisione, da uno scegliere di non scegliere ma che è decidere per una misteriosa alterità che la nostra ragione non può valutare senza una decisione irrazionale prima. Questa alterità si presenta senza essere cercata, nel significato di un evento sempre diverso.
Il fatto che la fede sospenda l'etica non significa che disponga contrariamente ad essa. La fede sospende l'etica ma Abramo non uccide proprio perché crede; anche l'etica gli vietava di uccidere ma se non c'è rapporto assoluto con l'Assoluto l'etica fallisce. Se Abramo fosse stato diffidato da un saggio o un giudice, non si sarebbe persuaso a non uccidere. Invece pur restando immorale, decidendo di credere si astenne dall'omicidio.
Se Hegel, come pure accadeva, era convinto di salvare i propri alunni con l'insegnamento della sua dialettica, ebbene era presunzione a fronte dei loro dilemmi esistenziali.

Bisogna avvedersi di quanto è disastroso e irrispettoso quello che tu attribuisci a Kierkegaard e il cristianesimo, per il quale il sacrificio non è un far morire. L'esempio evangelico dice di Giuda quale traditore, non di un Gesù suicida; e il crocifisso nella dottrina cristiana è allegoria, un pubblico dir altro. Anche i pagani pensavano lo stesso sul martirio, ma fra loro solo gli iniziati comprendevano - dato che non c'era tanto male da combattere non era necessario di più. Quando i tempi cambiarono, intervenne l'annuncio del Vangelo.

MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 09 Luglio 2025, 08:56:29 AM
Citazione di: baylham il 23 Giugno 2025, 12:12:59 PMDubito che per Kierkgaard la fede vada intesa come un abbandono a Dio.

Comunque, secondo me, il personaggio (romanzesco) Abramo non è affatto andato oltre la morale, ha espresso semplicemente una morale, che piace ai religiosi, ma personalmente rifiuto: l'unica scelta dignitosa di fronte alla "prova di Dio" è la disobbedienza.

Questo racconto di Abramo conferma che i religiosi siano particolarmente dediti a diffamare Dio, fatto ad immagine dell'uomo religioso, altro che "rapporto diretto assoluto con l'Assoluto".


In realtà, come ho già spiegato, Abramo è la figura di un immorale che credendo e restando immorale si astenne dall'uccidere suo figlio.
Quelli che scambiano la virtù della fede per l'immoralità nell'episodio di Abramo e Isacco, non sono veri religiosi.

MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 09 Luglio 2025, 09:02:47 AM
Citazione di: Phil il 23 Giugno 2025, 13:00:08 PMA mio avviso quello che fa inceppare, sul tema della fede, il meccanismo narrativo della vicenda di Abramo non è tanto il fatto che Dio si sovrapponga alla morale religiosa del non uccidere (di cui dovrebbe essere fondatore e giudice), bluffando per vedere se Abramo è davvero ciecamente sottomesso alla volontà divina, ma la "morale della favola" si inceppa soprattutto per la relazione in cui tale prova di fede viene contestualizzata. La fede in un dio che ti parla direttamente, non è la fede del "credente medio" a cui la vicenda vorrebbe insegnare qualcosa. La fede è solitamente tale proprio in assenza di rapporto diretto con Dio: la vera pietra angolare della fede è credere anzitutto nell'esistenza di Dio (da cui consegue l'esistenza di una sua legge, etc.). Una volta che l'esistenza di Dio diventa "ovvia e banale" perché Dio ti parla "faccia a faccia", tutto quello che accade in seguito perde di valore, in termini di fede, perché è fondato sulla diretta esperienza "empirica, percettiva e sensoriale" (prima che spirituale) della divinità, sulla esplicita volontà di Dio espressa in "prima persona" (o quantomeno dalla sua voce) al "fedele ascoltatore".
Come dire: è facile avere fede in Dio se Dio ti parla e lo riconosci come tale; anzi, non è nemmeno il caso di parlare di «fede», ma di fiducia in lui, proprio come ci si fida di un padre che ti dice di fare qualcosa che non capisci o che credi "non andrà per il verso giusto".
Le tue stesse parole lo dicono: il rapporto che tu dici riguarda la divinità, non Dio stesso che sia vicino che lontano resta in tal senso remoto.
Inoltre devi fare attenzione al testo biblico: si narra di un "angelo" che parla con Abramo, cioè di un messaggio da Dio non di Dio. Angelo è ciò che porta il messaggio, il pensiero, qualcosa di Dio. Non c'era un bluff: l'idea del sacrificio non è veramente unita all'idea della violenza.
La fede non è diaframma ma ponte verso Dio.

MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Phil il 09 Luglio 2025, 11:48:01 AM
Citazione di: PhyroSphera il 09 Luglio 2025, 09:02:47 AMInoltre devi fare attenzione al testo biblico: si narra di un "angelo" che parla con Abramo, cioè di un messaggio da Dio non di Dio.
Mi riferivo a questo passo, in Genesi 22, dove Dio parla in prima persona: «Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, và nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».» (fonte, altra fonte).
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: iano il 09 Luglio 2025, 15:04:38 PM
Citazione di: PhyroSphera il 09 Luglio 2025, 08:26:21 AMChe aver fede sia necessario durante la vita, è verità psicologica. Kierkegaard non diceva che è necessario credere anche se non c'è verità per cui credere. Diceva che la decisione di accogliere la fede è irrazionale, quale unico scampo possibile. Tutto questa è senza dubbio logico, difatti Kierkegaard criticava gli eccessi di razionalismo, non obiettava sulla logica dell'atto di fede.

MAURO PASTORE
La capacità di credere,( cui segue la fede in qualcosa), e la logica, sono essenziali all'uomo, ma restano separati.
la fede non possiede alcuna logica.
Non solo la fede arriva dove la logica non può arrivare, ma la logica non fa nemmeno un passo verso la verità  sulla quale si può solo porre fede, senza dover aggiungere a questo un ulteriore passo.
Kierkgaard pone l'accento su una delle due essenze umane, per contrastare la troppa enfasi che si è data all'altra, facendo opera meritoria.
Si può porre fede in un altro mondo, ma già questo per esistere ha bisogno di quella fede.
Grande è il potere della fede, come grande è la presunzione di chi crede di poterne fare a meno, come chi afferma che questo mondo esiste di per se, e non perché vi crediamo.
In questo senso per me non c'è differenza fra spirito e materia, perchè entrambi esistono solo se io vi credo.
Se io credo allo spirito esso si materializza, scendendo fra noi.
Se io non credo alla materia essa svanisce.
Un fisico oggi direbbe che ''la materia non è più quella di una volta'' vedendola svanire nei suoi esperimenti, non ponendo egli fede più a nulla.
Non svanirà mai la materia invece, per chi continuerà a porvi fede.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 09 Luglio 2025, 23:48:32 PM
Citazione di: PhyroSphera il 09 Luglio 2025, 08:50:19 AMma non nel senso che l'annoiarsi produrrebbe l'innalzamento di grado, infatti nella noia ci si può anche restare se non si dà un senso
assolutamente sì, si può rimanere nello stadio estetico per tutta la vita. Ma è la noia di una routine senza senso, senza direzione, senza scopo, senza un progetto che fa da possibile trampolino di lancio per cambiare stile di vita, per decidere di impegnarsi e di non essere più un don giovanni che va dove tira il vento del momento. Non è scritto che se l esteta si annoia allora cambia vita no. è una possibilità . E kierkeegard di fatti coglie questo aspetto positivo della noia. Chi vive nello stadio estetico è esposto a sensi di angosica e di vuoto. Secondo kierkegaard l angoscia è qualcosa di positivo, è indice del fatto che ci si trovi in una situazione esistenziale.  Oggi giorno abbiamo a disposizione una miriade di possibilità di intrattenimento contro la noia . Invece no, la noia è positiva , bisogna soffermarsi su quando si prova noia e imparare anche da essa, soffermati, prendi consapevolezza che c'è un vuoto dentro di te che sente bisogno di essere riempito. Allora la domanda è; di che cosa, ha bisogno questo vuoto . Questa può essere una domanda esistenziale , cosa di cui Egel non importava granchè, per kierkegaard lui si era dimenticato di essere un uomo. 
Citazione di: PhyroSphera il 09 Luglio 2025, 08:50:19 AMIl fatto che la fede sospenda l'etica non significa che disponga contrariamente ad essa. La fede sospende l'etica ma Abramo non uccide proprio perché crede; anche l'etica gli vietava di uccidere ma se non c'è rapporto assoluto con l'Assoluto l'etica fallisce.
ma chi può avere un rapporto assoluto con l assoluto? assuluto significa totale e noi non abbiamo e non possiamo avere un simile rapporto con l assoluto. daltrocanto non è nemmeno vero che la fede sospende l'etica ma piuttosto  va oltre l'etica umana, oltre la morale umana oltre il bene e oltre il male. Abramo non voleva uccidere Isacco va bene?  Ma poichè aveva scelto di abbandonarsi totalmente al volere di Dio va oltre il suo amore per suo figlio, va oltre la morale, va oltre il bene e il male. Io non sono la persona più adatta per portare avanti degli studi teologici a riguardo ma se il messaggio che tu vuoi portare è ; vedete che si può avere un rapporto assoluto con l assoluto" io ti dico no. Il nostro rapporto con l assoluto non è racchiudibile , afferrabile , contenibile dal pensiero umano. 
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 12 Luglio 2025, 08:05:24 AM
Citazione di: Phil il 09 Luglio 2025, 11:48:01 AMMi riferivo a questo passo, in Genesi 22, dove Dio parla in prima persona: «Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, và nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».» (fonte, altra fonte).
Non essendo il vero sacrificio un dare alla morte, ed anche considerando la trama del racconto biblico, il passo decisivo è questo:

11 Ma l'angelo del SIGNORE lo chiamò dal cielo e disse: «Abraamo, Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». 12 E l'angelo: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli male! Ora so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l'unico tuo».

Non è pensabile un Dio costretto a tacere a causa dello sviamento umano.


MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 12 Luglio 2025, 08:24:48 AM
Citazione di: iano il 09 Luglio 2025, 15:04:38 PMLa capacità di credere,( cui segue la fede in qualcosa), e la logica, sono essenziali all'uomo, ma restano separati.
la fede non possiede alcuna logica.
Non solo la fede arriva dove la logica non può arrivare, ma la logica non fa nemmeno un passo verso la verità  sulla quale si può solo porre fede, senza dover aggiungere a questo un ulteriore passo.
Kierkgaard pone l'accento su una delle due essenze umane, per contrastare la troppa enfasi che si è data all'altra, facendo opera meritoria.
Si può porre fede in un altro mondo, ma già questo per esistere ha bisogno di quella fede.
Grande è il potere della fede, come grande è la presunzione di chi crede di poterne fare a meno, come chi afferma che questo mondo esiste di per se, e non perché vi crediamo.
In questo senso per me non c'è differenza fra spirito e materia, perchè entrambi esistono solo se io vi credo.
Se io credo allo spirito esso si materializza, scendendo fra noi.
Se io non credo alla materia essa svanisce.
Un fisico oggi direbbe che ''la materia non è più quella di una volta'' vedendola svanire nei suoi esperimenti, non ponendo egli fede più a nulla.
Non svanirà mai la materia invece, per chi continuerà a porvi fede.
La fede in una Alterità è diversa dal credito necessario per l'ordinaria realtà.
la fede biblica non è una fede qualsiasi da poter esser confusa.
La 'fede nella materia', non solo secondo il cristianesimo, è idolatria, perché si basa su un concetto che viene elevato al rango di Idea senza esserlo, nella supposizione che esista una materia una e non la sostanza unica alla base della molteplicità materiale e distinta da questa. C'è sempre una porzione di materia che pare all'idolatra rappresentativa di tutto. Il pensiero neoplatonico indicava la durezza a illudere. L'idolo del materialismo è di chi ha l'ossessione delle cose dure e non pone mente agli effetti della energia libera. Così la stragrande maggioranza dei fisici, che pretendono d'essere anche chimici; così i marxisti e i loro accoliti, che agiscono senza porre la dovuta attenzione alle disposizioni interiori e alla psicologia.

Quando si confonde materia e sostanza, la prima essendo ciò di cui una cosa è fatta, la seconda ciò che tutto permea e da cui tutto ha origine e fine, non si può avere un giusto concetto del semplice assenso che diamo alla semplice realtà del mondo. A prescindere dal pensare, noi abbiamo fiducia nel mondo e ciò ne dimostra l'esistenza; e senza un'intuizioine di base non possiamo dare valore ai rapporti di causa ed effetto che appunto intellettualizziamo inquadrandoli in uno sfondo intuitivo... Ma non è questa la fiducia nell'Assoluto o la fede in Dio. Nessuna religione, dal Buddhismo al cristianesimo, si fonda sulla confusione tra mondo e altro dal mondo.


MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 12 Luglio 2025, 08:46:53 AM
Citazione di: Alberto Knox il 09 Luglio 2025, 23:48:32 PMassolutamente sì, si può rimanere nello stadio estetico per tutta la vita. Ma è la noia di una routine senza senso, senza direzione, senza scopo, senza un progetto che fa da possibile trampolino di lancio per cambiare stile di vita, per decidere di impegnarsi e di non essere più un don giovanni che va dove tira il vento del momento. Non è scritto che se l esteta si annoia allora cambia vita no. è una possibilità . E kierkeegard di fatti coglie questo aspetto positivo della noia. Chi vive nello stadio estetico è esposto a sensi di angosica e di vuoto. Secondo kierkegaard l angoscia è qualcosa di positivo, è indice del fatto che ci si trovi in una situazione esistenziale.  Oggi giorno abbiamo a disposizione una miriade di possibilità di intrattenimento contro la noia . Invece no, la noia è positiva , bisogna soffermarsi su quando si prova noia e imparare anche da essa, soffermati, prendi consapevolezza che c'è un vuoto dentro di te che sente bisogno di essere riempito. Allora la domanda è; di che cosa, ha bisogno questo vuoto . Questa può essere una domanda esistenziale , cosa di cui Egel non importava granchè, per kierkegaard lui si era dimenticato di essere un uomo. ma chi può avere un rapporto assoluto con l assoluto? assuluto significa totale e noi non abbiamo e non possiamo avere un simile rapporto con l assoluto. daltrocanto non è nemmeno vero che la fede sospende l'etica ma piuttosto  va oltre l'etica umana, oltre la morale umana oltre il bene e oltre il male. Abramo non voleva uccidere Isacco va bene?  Ma poichè aveva scelto di abbandonarsi totalmente al volere di Dio va oltre il suo amore per suo figlio, va oltre la morale, va oltre il bene e il male. Io non sono la persona più adatta per portare avanti degli studi teologici a riguardo ma se il messaggio che tu vuoi portare è ; vedete che si può avere un rapporto assoluto con l assoluto" io ti dico no. Il nostro rapporto con l assoluto non è racchiudibile , afferrabile , contenibile dal pensiero umano.
La noia è positiva... ma la stessa disperazione ha valore positivo perché ci indica qualcosa... oppure potremmo correttamente dirlo in termini di negativo, dato che il negativo serve a qualcosa. Ma ribadisco: la "teoria degli stadi" di Kierkegaard presenta un quadro di discontinuità logica - sempre logica è, non c'è dubbio.

Abbandonarsi a Dio non significa dover negare la vita e il torto di Abramo non va eclissato e attribuito sotterraneamente a Dio. Il Dio delle vere fedi è anche della vera vita. Questo non lo continuo a precisare per star dietro a "gli scherzi del diavolo", ma per evidenziarne quando contenuti in certe risposte che ricevo. Io continuo a definire la criminosità tale, non solo quella descritta nel racconto tradizionalmente noto di Abramo.

Il rapporto assoluto con l'Assoluto è realizzato dall'Assoluto ma esso senza un nostro assenso funziona diversamente. Così si spiega la faccenda e così ho smentito la tua obiezione, obiezione senza dubbio logica ma non sempre questo basta a render valido l'obiettare. L'esempio che ho fatto di Timore e tremore e il modo che ho tenuto nel trattarlo mostra che non stavo prospettando un arbitrio umano assoluto (che fatica che date con la vostra perplessità, o forse malafede (non mi sto riferendo a chiunque su questo forum) - io scrivo per chi vuol capire ma molte vostre repliche ostacolano i lettori interessati a capire).


MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 12 Luglio 2025, 09:39:36 AM
Citazione di: PhyroSphera il 09 Luglio 2025, 08:26:21 AMTutto questa è senza dubbio logico, difatti

Io ho il fondato dubbio ed anche più che il dubbio che molta della acredine che ricevo su questo forum dipende dal fatto che i nemici vogliono giudicare a torto contrattempi o difficoltà.
Per esempio questa scrittura scorretta: 'Tutto questa', è per quelli che prescindono dal pensare correttamente le umane situazioni un quadro di un'attività mentale difettosa.
Ma se un fattorino consegna il latte nelle mani del cliente inciampando, glielo ha recato lo stesso.
Ovviamente intendevo:

|Tutto questo è senza dubbio logico, difatti |
 
- Davvero tante obiezioni a quanto dico su relatività, assolutezza, scienza, filosofia, religione e spiritualità... non dipende da chi invece che bersi il suo buon bicchiere di latte vuol fingere di sapere i guai o gli impegni di chi glielo ha portato??
Io ho a che fare con psicoanalisti che vivono costantemente così, supponendo che se uno scrive un biglietto nel vagone assai traballante di un treno, la sua calligrafia dovrebbe non risentirne, altrimenti lo scrivente "ha sicuramente un problema". Ovviamente questa mania e sconsideratezza interpretativa non è totale, non potrebbe esserlo in un umano, tanto più se psicoanalista! Infatti obbedisce a giudizi e antipatie. Se una certa umanità o società o civiltà o cultura o etnia... non ha un rapporto semplice con certi treni, qualcuno obietta - evidentemente non vorrebbe tutti sul treno! - ed ecco che arriva una "diagnosi" ed un "rimedio", e non essendo riusciti a buttar fuori dal treno si manda nella stanza dello psicoterapeuta... E tanta curiosità finanche psicoanalitica servirà a rendere amara la decisione di salire su quel treno, mentre si inganna il prossimo sul conto di tanti individui e persone.
Era noto che il celebre Orient Express, linea e corsa ferroviaria giustamente ritenuta tanto favorevole in Europa, per la comunicazione col mondo slavo (erano pochi i viaggi ma preziosi) e per gli incontri nuovi, era da molti ritenuto un caso immorale. Allora ci si chiedeva come mai un treno ed un viaggio ovest-est fosse una cosa immorale. Anziché impedire alcune salite a bordo, si voleva impedire direttamente la corsa. Era noto che molti lungo i binari di attesa cercassero forsennatamente di definire errori gli abiti e valigie dei viaggiatori. Prodigi dell'odio! Così gli psicoanalisti si mettono dietro il loro "paziente", tante volte lì perché costretto, e gli notano contrattempi e difficoltà senza voler fare la dovuta distinzione io-altro...
E ugualmente scrivendo su questo forum - dove ho detto anche di vera psicoanalisi e di falsa psicoanalisi - ho potuto percepire una distrazione sui limiti e differenze umane nell'aver a che fare con me (non si pensi però che l'esempio dell'Oriente fosse più di un semplice esempio, le associazioni mentali umane arbitrarie non descrivono mai la psiche analizzata semmai quella dell'analizzatore troppo pretenzioso, nonostante il Freud nostalgico della neurologia avesse tanto sperato il contrario).
Questo sproloquio non è fuori tema ed è necessario anche per la discussione, dato che io descrivo certe posizioni intellettuali, altre esistenziali, ponendo in luce gli altrui errori madornali e ricevendo ossessivi tentativi di smentita che fanno leva su cose inessenziali ed esterne - per esempio le espressioni e il linguaggio - per confonderle col nucleo del mio messaggio. Neppure lo stile con cui quasi sempre scrivo qui su, è il mio personale (ciò non toglie che è proprio il mio) e dicendo un pensiero io non invito a disperdere i pensieri su ciò che ne è solo inerente. Le riposte che ho ricevuto non sono state banali e immeritevoli di attenzione, ma accompagnate da un'acredine davvero ingiusta e che cerca di guidare l'attenzione dei lettori lontano dal centro delle discussioni, cercando opportunità nei limiti ed anche nei contrattempi.

Quel 'tutto questa' sarebbe per gli ingiusti nemici (ingiusti fino all'autointontimento) prova di una indistinzione nella mia psiche; io invito lettori e partecipanti reali alla discussione - per quanto tanto amareggianti - a considerare questi strani interpreti per ciò che sono: incapaci di farsene qualcosa di un diploma di scuola elementare, per quanto si intromettano con tanto di presunte abilitazioni professionali.
Insomma invito a non sbandare il discorso verso lo psicologismo e presunte incapacità personali o individuali. Certe ridondanze e preclusioni nelle repliche che ricevo attestano questo sbandamento, dunque sono stato necessitato a questo messaggio.


MAURO PASTORE

Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: PhyroSphera il 12 Luglio 2025, 09:50:32 AM
Il testo del mio ultimo messaggio è stato emendato, adesso il suo contenuto è tutto in chiaro. Spero in una migliore prosecuzione di discussione.

MAURO PASTORE
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Alberto Knox il 12 Luglio 2025, 11:26:43 AM
Citazione di: PhyroSphera il 12 Luglio 2025, 09:39:36 AMMa se un fattorino consegna il latte nelle mani del cliente inciampando, glielo ha recato lo stesso.
si ma che cosa ci hai consegnato? è questa la domanda che molti si pongono. io leggo uno scritto sicuramente da erudita , da persona colta , ma che non sa di niente. Non arriva nessun messaggio, non entriin profondità , non fai emergere un pensiero vivo, che sia tuo . Se lo scritto è sterile anche il messaggio lo sarà. tu parli di una spiritualità esclusivista, (chi la pensa diversamente non è religioso hai scritto) si scontra con una spiritualità universale , che abbraccia le grandi tradizioni spirituali e che trova punti di incontro. Personalmente cerco questo tipo di spiritualità universale che non punta il dito se uno la pensa diversamente ma che accoglie anche un pensiero diverso . Se si perde la capacità umana di anarchia, di ribellione , di sogno, di utopia , di decidere di sognare qualche cosa di diverso!!  , si perde la specifica umana. Per tali motivi , non sono più interessato al tuo sproloquiare sterile.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Phil il 12 Luglio 2025, 11:30:12 AM
Citazione di: PhyroSphera il 12 Luglio 2025, 08:05:24 AMNon essendo il vero sacrificio un dare alla morte, ed anche considerando la trama del racconto biblico, il passo decisivo è questo:

11 Ma l'angelo del SIGNORE lo chiamò dal cielo e disse: «Abraamo, Abraamo!» Egli rispose: «Eccomi». 12 E l'angelo: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli male! Ora so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l'unico tuo».

Non è pensabile un Dio costretto a tacere a causa dello sviamento umano.
Se consideri i passi che abbiamo citato, prima Dio parla in prima persona (azione che mi avevi obiettato) chiedendo ad Abramo lo "scandaloso" sacrificio (quindi lo sviamento non è affatto umano, ma è messa alla prova da parte di Dio), poi un angelo, un inviato, interviene a scongiurarlo. Direi che il passo decisivo, per il senso della vicenda, è quello del discorso diretto fra Dio ed Abramo dove il kierkegaardiano "cavaliere della fede" si dimostra tale, accettando una decisione sacrificale "più grande" di lui, dando esempio di fede (che è quello che criticavo, come scelta narrativa non come contenuto religioso, proprio a causa della voce diretta di Dio, mentre richiede molta più fede l'agire religiosamente senza sentirne la voce).
La Parola diretta di Dio, senza intermediari e emissari, non può che essere degna di nota, soprattutto quando espone una progettualità di Dio. In questo caso il suo progetto era un bluff, come dimostrato dallo svilupparsi stesso della vicenda; se non lo fosse stato, avremmo un Dio aspirante omicida che si ravvede, si pente all'ultimo momento e manda un angelo a "mettere una pezza", il che, mi concederai, è un'interpretazione decisamente ardita dell'agire divino. Chiaramente, con «bluff» non intendo nulla di spregevole, ma solo il presentare all'interlocutore una realtà diversa da quella reale, come quando nel poker si finge di avere buone carte, ma in realtà si ha poco o nulla in mano.
Titolo: Re: O questo, o quello; l'Umiltà o l'Ira? Quale storia, quali valori, quale libertà?
Inserito da: Jacopus il 12 Luglio 2025, 11:55:39 AM
CitazioneInsomma invito a non sbandare il discorso verso lo psicologismo e presunte incapacità personali o individuali. 
Sono d'accordo, ma per caso questa regola non potrebbe valere anche per te? Hai presente quante volte hai dato giudizi sulle persone e non sull'argomento ed anche quando lo hai fatto sull'argomento non ti sei impegnato in diplomazia. Ti invito a rileggerti.