Un'occhiata sugli inferni buddhisti

Aperto da Luther Blissett, 02 Dicembre 2025, 17:49:37 PM

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Luther Blissett

Sono andato a recuperare uno degli schemi che avevo postato prima su Yahoo Answers e poi anche altrove, quello sulla concezione della condizione infernale secondo i buddhisti.
Qui, per un confronto, può vedersi come l'argomento è stato trattato da Wikipedia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Naraka_(buddismo)
Ed ecco il copia e incolla (parziale) dello schema:
La condizione infernale nella concezione buddhista
Gli inferni e gli pseudoparadisi buddhisti
[I termini che verranno citati sono sanscriti, ove non venga diversamente specificato]
Tutti gli esseri senzienti che popolano il samsara (ruota delle esistenze condizionate) sono soggetti, in funzione della passione che predomina in loro, a sei differenti destini (sad jagati) corrispondenti a sei diverse condizioni d'esistenza.
Tra i sei destini, tre sono detti sfavorevoli o inferiori (tri durgati), e in essi la sofferenza è immensa:
1)Gli inferni (naraka), frutto karmico della collera o dell'odio, nei quali gli esseri soffrono tremendamente e intensissimamente.
2)Il mondo dei preta (=spiriti avidi) o pretaloka, frutto dell'avidità e dell'avarizia, un mondo caratterizzato da privazioni estreme.
3)Le rinascite animali (tiryak), frutto della stupidità, un mondo senza libertà.
I tre destini superni o superiori o favorevoli, frutto di un karma più positivo, sono caratterizzati da una sofferenza meno intensa e da una felicità più o meno grande (destinata in ogni caso a restare impermanente, come del resto transitorie sono in ogni caso anche le spaventose sofferenze dei precedentemente considerati destini infernali):
4)la rinascita umana (manusya), frutto del desiderio, dove le passioni sono molteplici e la sofferenza è abbastanza intensa da suscitare il desiderio di liberarsi, senza però essere insopportabile. La condizione umana è la più auspicabile di tutte le sei condizioni, superiore perfino a quella dei semidèi e degli dèi di cui diremo tra poco. Ciò perché è una condizione di non estreme emozioni. Gli esseri che sperimentano tale condizione, gli umani, possono cogliere la preziosa occasione di opportuni momenti sereni per volgersi a conseguire l'illuminazione liberatrice (nirvana) che li libererebbe definitivamente dal ciclo samsarico, mentre praticamente mai ci si riesce allorché si è discesi nei destini inferiori dove pertanto si sperimentano le condizioni infernali, straziati dai dolori incoercibili che impediscono i modi della concentrazione verso la liberazione, né la liberazione riesce paradossalmente agli esseri superni e nemmeno perfino agli stessi dèi, poiché essi sono per certi aspetti obnubilati dalle loro stesse esasperate felicità conseguite per accumulo karmico positivo, esaurite le quali, però, anche loro dovranno "morire" per l'ennesima volta riciclandosi nel samsara.
5)I titani o asura, detti anche semidèi, esseri possenti e di intelligenza grande, assai superiore a quella umana, e tuttavia dominati da istinti guerrieri, rosi dall'invidia nei confronti degli dèi, esseri enormemente a loro superiori e contro i quali gli asura si considerano perpetuamente in lotta.
6)Gli dèi (deva), esseri beati, straordinariamente potenti e meravigliosamente felici, eppure caratterizzati dall'orgoglio e dall'autocompiacimento, e la cui inesorabile caduta finale è, proprio per tutto ciò, ancora più dolorosa.
Approfondiamo ora, di tutti i destini possibili, soltanto la prima classe inferiore, quella degli inferni propriamente detti.
Gli inferni (naraka) si suddividono in otto inferni caldi, un insieme di inferni periferici, otto inferni freddi e un insieme di inferni effimeri, per un totale di diciotto tipi di inferno.
Le cause karmiche essenziali per finirci dentro sono collera, odio, assassinio, violenze.
Gli otto inferni caldi (asta usanaraka), sepolti nelle viscere dei mondi, sono sovrapposti l'uno all'altro. Procedendo adesso verso il peggio, ossia dal più vicino alla superficie verso il più profondo, distinguiamo:
I)Inferno delle continue resurrezioni (samjiva; tibetano: Yang-gsos), dove tagliandosi a pezzi reciprocamente su un suolo rovente, gli esseri rinascono continuamente.
II)Inferno delle linee nere, o del filo nero (Kalasutra; tib:Thig-nag), in cui gli esseri vengono lacerati dalle s.e.g.h.e.
III)Il luogo della spremitura e stritolamento (samghata; tib: bsDus-'joms) dove una mazza li schiaccia in un mortaio.
IV)Il luogo dei pianti e urla laceranti (raurava; tib:nGu-'bod) dove cuociono urlando in una fortezza di metallo incandescente.
V)Il luogo degli estremi pianti zampillanti (maharaurava; tib:nGu-'bod chen-po) dove v'è una inimmaginabile intensificazione delle sofferenze dell'inferno precedente.
VI)Il luogo bruciante nel metallo (tapana; tib:Tsha-ba) dove si brucia fusi col metallo fuso.
VII)Il luogo penetrante-bruciante (pratapana; tib:Shin-tu tsha-ba) dove gli esseri sono come impalati e fusi insieme dentro e fuori al metallo ardente.
VIII)Il luogo dei tormenti inconcepibilmente insuperabili (avici; tib: mNar-med), i luoghi più allucinantemente dolorosi di tutti gli universi, che imprimono negli esseri un tal segno di così infinita sofferenza, che costoro, quando infine emergeranno da tale disperata condizione, pur essendovi giunti per una intrinseca predisposizione a ripetersi iterativamente secondo una modalità demoniaca, potrebbe accendersi in loro, per estenuato paradosso, una infinitesima fiaccola interiore di desiderio di liberazione futura, per ottenere la quale dovranno impegnarsi durissimamente per innumerevoli kalpa a guadagnarsi una esistenza meno disgraziata da cui poter progredire poi ancora...[il kalpa è un tempo estremamente lungo per la scala umana, e corrisponde alla durata di un'era cosmica, ossia la durata di ognuno degli universi che si succedono ciclicamente]
La durata della permanenza negli otto inferni caldi appena considerati aumenta man mano che si procede verso le profondità. L'ultimo degli inferni caldi, l'ottavo, è anche detto "inferno di vajra" (vajra =diamante; tibetano: rDo-rje), ed è la condizione appunto più spaventosa possibile in cui possa trovarsi un essere senziente: esso è in special modo riservato non solo ai temperamenti più rocciosamente demoniaci ma anche ai devoti che siano incorsi in gravi errori nella pratica del vajrayana , la via adamantina più pura e segreta ma anche la più rischiosa verso la salvezza, e ivi la situazione è talmente sconvolgente, che i demoni posson volgersi a divenir devoti, oppure i devoti posson volgersi a divenir demoni.
Dopo gli otto inferni caldi, consideriamo ora l'insieme dei quattro Inferni periferici, così denominati perché situati ai quattro punti cardinali rispetto alla precedente categoria di inferni.
Colà la sofferenza è ancora spaventosa ma almeno un po' meno insopportabile. Essi comprendono:
a)Voragine di brace (kukutam; tib:Me-ma mur).
b)Palude putrida (kunapam; tib:Ro-myag dam).
c)Pianura dei rasoi affilati (ksuradharah; tib:sPu-gri'i gtams-pa'i lam).
d)Selva delle foglie-spade (asidharah; tib:Ral-gri lo-ma'i nags-tshal).
Rapidamente, ora, diamo una scorsa agli otto inferni freddi (asta sitanaraka; tib:grang-dmyal brgyad), simili a vasti ghiacciai spazzati da furiosi venti gelidi estendentisi oltre gli inferni precedenti (sofferenze in aggravamento man mano che si procede verso l'ottavo inferno freddo, ma sempre meno sofferenze rispetto alle categorie considerate precedentemente):
I)Vesciche (arbuda; tib:Chu-bur-can).
II)Vesciche scoppiate (nirarbuda; tib:Chu-bur-rdol).
III)Stridor di denti (atata, tib:So-tham).
IV)Lamentazioni (huhuva; tib:A-chu zer-ba).
V)Alte lamentazioni (hahava; tib:Kye-hu zer-ba).
VI)Crepe nella carne simili a fiori di loto blu (utpalah; tib:Ud-pal ltar gas-pa).
VII)Crepe nella carne simili a fiori di loto rossi (padmah; tib:pad-ma ltar gas-pa).
VIII)Crepe nella carne simili ai grandi loto (mahapadmah; tib:pad-ma chen-po ltar gas-pa).
Un'occhiata diamola infine al diciottesimo inferno, il meno intollerabile rispetto ai precedenti, e tuttavia insopportabile se valutato invece rispetto alle condizioni cui son sottoposti gli esseri dei destini successivi (degli spiriti avidi, delle esistenze animali, etc).
Il diciottesimo inferno è anche chiamato il luogo degli inferni effimeri (pradesikanaraka; tib:Nye-tshe-ba'i dmyal-ba): è questa una condizione per cui gli esseri identificano il corpo con un oggetto e soffrono perché vengono usati, vengono chiusi con porte, corde, in utensili, focolari, muri o colonne.
 

fabriba

Hai trovato una vera chicca, mai sentiti nominare, mi sembrano poco popolari nel buddismo di oggi, ma la mia conoscenza è parziale.
Mi viene da dire che sia difficile immaginare un mondo in cui il karma include un inferno con demoni dedicati a fare del male: come si giocano il karma questi demoni, povere stelle?   :)

Per questo, l'esistenza di entità predisposte al male mi sembra in parziale contraddizione con le letture più comuni del buddismo (quantomeno quello odierno).
Nello Zen poi mi sembra impossibile immaginare questa condizione di purgatorio tra una vita e un'altra: nega il non dualismo, e mi sembra fare cadere l'intero castello.

Luther Blissett

Citazione di: fabriba il 04 Dicembre 2025, 17:56:35 PMHai trovato una vera chicca, mai sentiti nominare, mi sembrano poco popolari nel buddismo di oggi, ma la mia conoscenza è parziale.
Mi viene da dire che sia difficile immaginare un mondo in cui il karma include un inferno con demoni dedicati a fare del male: come si giocano il karma questi demoni, povere stelle?   :)

Per questo, l'esistenza di entità predisposte al male mi sembra in parziale contraddizione con le letture più comuni del buddismo (quantomeno quello odierno).
Nello Zen poi mi sembra impossibile immaginare questa condizione di purgatorio tra una vita e un'altra: nega il non dualismo, e mi sembra fare cadere l'intero castello.
Nessuna delle cosiddette grandi religioni è esente dal settarismo, quindi ognuna di esse è articolata in una moltitudine di ramificazioni.  Questo vale per il cristianesimo, le cui ramificazioni son dette denominazioni, per l'Islam scisso in due principali grandi tronconi a loro volta ramificati, e vale perfino per l'ebraismo, che pur essendo limitato a una quindicina di milioni di seguaci,  è frammentato in una miriade di rami diversi. Anche le grandi religioni dell'India sono a loro volta ramificate, così che l'induismo va considerato suddiviso in tante diverse scuole e rami collaterali, e lo stesso buddhismo è anch'esso ramificato, mentre il buddhismo stesso è anche da considerarsi a sua volta una delle tante derivazioni dell'induismo.
Alcuni studiosi di religioni, e anche alcuni fondatori di culti, considerano l'induismo la più complessa e "prolifica" delle religioni, tanto che ad esempio Bhaktivedanta Swami Prabhupada,  fondatore del movimento degli Hare Krishna, arrivò a sostenere che perfino il cristianesimo andava considerato un ramo del Sanatana Dharma (=eterno culto) induista, essendo accomunabile al suo movimento in quanto entrambi sostenitori del Bhakti Yoga,  ossia dello yoga dell'amore e della devozione.
Il buddhismo, derivato, come si è detto, dall'induismo, finì per essere quasi del tutto espulso dall'India (oggi in India son rimasti pochissimi milioni di buddhisti), e si espanse soprattutto in Sri Lanka, Tibet, Cina, Mongolia, Corea, Giappone, Indocina e anche Indonesia (in questo arcipelago fu poi quasi del tutto spazzato via dall'Islam, che lì cancellò anche l'induismo, confinato quasi soltanto nell'isola di Bali). 
Il buddhismo è fortemente variegato nelle sue varie espressioni.   Rimando a Wikipedia per chi volesse saperne di più sui dettagli, qui mi limito ad alcuni aneddoti.
In Thailandia, per esempio, è diffuso un buddhismo popolare che per certi aspetti pittoreschi fa assomigliare questa religione proprio alla forma cattolica del cristianesimo.
Se vi capitasse di vedere da non troppo vicino delle figure aureolate di "santini" locali thailandesi, potreste scambiarli per i santini  di Padre Pio, tanto son configurati alla stessa maniera, con le aureole praticamente identiche. 
Il buddhismo, poi, non è necessariamente legato solo a idee di pace e amore universale, avendo avuto storicamente qua e là anche esiti diversi. Le famose arti marziali di origine cinese traggono le loro radici più profonde proprio in alcuni aspetti della disciplina buddhista. 
I samurai giapponesi (e perfino i kamikaze) non hanno come radici soltanto il pantheon shintoista ma anche la disciplina buddhista.
E poi non esiste soltanto il buddhismo come religione, ma esiste anche un buddhismo che viene seguìto come fosse soltanto una vera e propria filosofia, e ovviamente esistono anche posizioni miste e intermedie.
Il mio prof era profondamente buddhista, lo era tanto da essere in ciò un vero e proprio maestro, che devo dire però  mai tentò di convertirmi.  Lui mi ha fatto comunque apprezzare molto la sua religione, e soprattutto il suo personale modo di seguirla: considero il buddhismo la forma più alta di religiosità che sia stata finora espressa dall'umanità.  Alcuni testi sacri buddhisti, come ad esempio alcuni passi dell' Abhidhamma, meritano di potersi considerare veri testi sapienziali nel senso più alto del termine, e al loro confronto sfigurano con evidenza quelli delle religioni abramitiche. Inoltre certi passi dei testi sacri buddhisti, ma anche di alcuni di quelli induisti, sembrano in certi frangenti interpretabili anche in modi che potrebbero dar credito a idee spericolate come quelle di Biglino.
Il mio prof, senz'altro per doti naturali, ma sicuramente anche grazie al suo essere buddhista, aveva raggiunto un livello alto di calma interiore irradiante (il termine antico di "atarassia" non renderebbe l'idea di tranquillità che sapeva infondere anche negli studenti più ansiosi). Il mondo è pieno di sedicenti guru, ma lui che il guru avrebbe potuto farlo davvero, si limitò solo a fare molto bene  il prof, dedicando soltanto i suoi periodi sabbatici ai viaggi di approfondimento in Oriente.
L'inferno buddhista non è eterno, è quindi una sorta di purgatorio temporaneo, inscritto dentro una concezione del tempo circolare, con cicli destinati questi sì a ripetersi in eterno. In sostanza si tratta di un implacabile meccanismo cosmico, una sorta di legge fisica che lega le denotazioni etiche delle azioni degli esseri senzienti alle conseguenze del proprio agire.
La parola karma (o karman) significa "azione" nel senso di agire, fare. 
<Si noti l'interessante differenza di esito della radice indoeuropea √kr , presente nel verbo sanscrito "kàroti" (=fare), la cui radice si ritrova nella parola "karma" (=azione, fatto conseguente), nel verbo latino "creare", in cui la radice √kr dà esito a un verbo che significa ancora "fare" ma ex nihilo, cioè di creare dal nulla>
Il buddhismo non usa il termine "anima" per definire le individualità degli esseri senzienti: sostituisce il concetto di "anima" con quello  di "coscienza", e si configura come una filosofia che si intreccia con la psicologia.
I dèmoni non sono abitanti specifici degli inferi buddhisti, chiunque può divenire dèmone, per semplice accumulo karmico. Chi è stato dèmone, pur dopo vari cicli di tormenti, può risalire i livelli, e divenire anche lui perfino una divinità.    Tutti i ruoli sono impermanenti.
Anche le più elevate divinità sono soggette alle implacabili leggi del karma.
Si tratta di un meccanismo cosmico impersonale, che coinvolge anche qualunque essere di qualunque livello, compreso chiunque di quelli che noi non buddhisti chiameremmo Dio.
Di Dio il mio prof non ne sentii mai parlare, nemmeno a domanda diretta, e voi capite ormai quanto io sia un tipo che non lo manda a dire.
Le "buone" azioni non "salvano" dalle sei condizioni cosmiche determinate dal karma (naraka, preta, tiryak, manusya, asura e deva), ma permettono esclusivamente di salire o di scendere conseguentemente da un livello all'altro.  La grande ruota o girandola cosmica delle rinascite viene detta Samsara.
Il buddhismo considera negativamente tutti e sei i piani dell'esistenza, e perfino quello più alto, ossia il livello delle divinità, è considerato illusorio perché impermanente, e prima o poi, il dolore, quello vero e incoercibile, arriva per tutti, e rimane incombente prima o poi anche per le stesse divinità.
In senso buddhista, la "salvezza" va intesa quindi non nel senso di accumulo di azioni "buone", bensì nel senso di "meditazione": è dunque la meditazione l'unico mezzo che hanno gli esseri senzienti per liberarsi dal Samsara.
Il Nirvana è questo misteriosissimo stato di coscienza supremo cui deve aspirare, tramite meditazione, ogni buddhista.  Chi raggiunge il Nirvana è andato in salvo, oltre le divinità.
Nessuno però mi chieda ragguagli su che cosa sia il Nirvana, perché proprio non lo so e non riesco nemmeno a immaginarmelo (e penso che non lo sanno nemmeno i buddhisti :) )

Luther Blissett

#3
Citazione di: Luther Blissett il 02 Dicembre 2025, 17:49:37 PMLa durata della permanenza negli otto inferni caldi appena considerati aumenta man mano che si procede verso le profondità. L'ultimo degli inferni caldi, l'ottavo, è anche detto "inferno di vajra" (vajra =diamante; tibetano: rDo-rje), ed è la condizione appunto più spaventosa possibile in cui possa trovarsi un essere senziente: esso è in special modo riservato non solo ai temperamenti più rocciosamente demoniaci ma anche ai devoti che siano incorsi in gravi errori nella pratica del vajrayana , la via adamantina più pura e segreta ma anche la più rischiosa verso la salvezza, e ivi la situazione è talmente sconvolgente, che i demoni posson volgersi a divenir devoti, oppure i devoti posson volgersi a divenir demoni.
Questa parte del mio post che ho ripreso per farvela meglio notare volevo appunto che voi la notaste meglio.
Ho già descritto quanto sereno fosse il carattere del mio prof.  Lui era quella classica persona che rimane imperturbabile, qualsiasi cosa stesse per accadergli.
Non era possibile farlo arrabbiare, qualsiasi provocazione con lui sarebbe caduta nel vuoto.
Eppure scoprii che poteva esserci anche per uno come lui un motivo di turbamento.
Un giorno il prof mi fece notare la rischiosità massima concepibile della cosiddetta via del diamante (vajra), via seguita dai più ardimentosi sulla via della spiritualità. Una via che, mi disse, e me lo disse richiamando al massimo la mia attenzione, può condurre su un sentiero estremamente ambiguo che sta proprio sul margine sottile tra gli inferni e i paradisi, dove non è più chiaro a cosa e a chi si può andare incontro. Ricordo molto bene questa conversazione con il prof sugli pseudoinferni buddhisti, poiché c'è una cosa importante che devo far capire meglio. Come prima detto, il prof era una persona mite e imperturbabile, non ricordo di averlo mai visto turbato da qualcosa, ma fu proprio in occasione di quella conversazione che per un'unica volta lo vidi che sembrava celare una sua indignazione repressa. Questo punto devo spiegarlo meglio.
Allora riepiloghiamo in un flash. Il karma, ovvero l'agire degli esseri senzienti, secondo una legge cosmica impersonale e implacabile, regola i loro destini transitori, che poi sono tutti quanti, anche quelli nelle alte sfere, in un modo o nell'altro, e in ultima analisi, esperienze di dolore (dukkha). Per liberarsi dalla grande ruota delle rinascite (Samsara) il buon agire non basta, poiché consente soltanto una "impermanente permanenza" nei transitori pseudoparadisi, ma prima o poi si ricadrebbe a precipizio nei gironi bassi del Samsara. Insomma, per conseguire la liberazione e uscire definitivamente dalla ruota di tortura delle rinascite occorre praticare delle speciali tecniche che appunto i buddhisti vogliono insegnarci.
Una di queste, particolarmente impegnativa, fu quella che il prof mi riferì in occasione di quella conversazione. Il  professore me ne parlò con una concitazione che non era da lui. In sostanza lui malcelava la sua indignazione che potesse esistere anche quella tecnica lì, poiché quella tecnica gli appariva profondamente ingiusta, un vero errore e un vero orrore che esistesse.
Potrei interpretare così, che per quella prima e unica volta, in quella occasione, il prof buddhista si sentiva critico verso un punto preciso della sua fede.
Il professore puntualizzò questo aspetto che riteneva scandaloso della cosiddetta via adamantina (vajrayana).
Era chiaro che lui ritenesse profondamente ingiusto che proprio la tecnica di liberazione più potente e diretta che esista comportasse anche il rischio massimo di perdizione. Lui coglieva un che di beffardo in questa cosa.
Tanto lo vidi accorato in quel frangente che istintivamente mi misi goffamente a cercare delle giustificazioni possibili per l'esistenza e congruità di quella tecnica. Dissi più o meno che il devoto che si accinge a praticare una tecnica così ultrapotente potrebbe umanamente farsi prendere da un delirio di onnipotenza, "sentirsi superiore a un dio", e allora forse è giusto che tale tecnica comporti anche dei pericoli impegnativi... ma lui mi rispose che "era possibile sia che un devoto avanzatissimo sulla via dell'illuminazione potesse stupidamente divenire un demone soltanto per un impaccio insignificante nel rituale, sia che un demone più rocciosamente demone di tutti gli altri potesse meritarsi la potenzialità della liberazione soltanto grazie a una sua infame scaltrezza... davvero non vedi lo scandalo?"
Ho cercato poi di saperne di più su questa questione, e devo dire che non ho trovato riscontri a che quella tecnica fosse così intrinsecamente e ingiustamente pericolosa.
(Ma devo anche annotare che il prof mi aveva specificato che quanto è rintracciabile sui libri e si può leggere su fonti aperte su tale tecnica non fa menzione di quei dettagli speciali che la rendono così estremamente pericolosa, dettagli che sono noti soltanto per vie iniziatiche).
(Col senno di poi mi sembra di poter dire che, se allora avessi avuto a disposizione la carta dell'ipotesi teosolipsistica durante quella conversazione con il prof, avrei avuto forse una giustificazione teoricamente performante per la tecnica del diamante anche per i più impegnativi aspetti iniziatici, ma immagino comunque che il prof l'avrebbe respinta, poiché a lui pareva esserci in questa tecnica qualcosa di profondamente immorale. Insomma, riecco spuntare il solito scoglio dell'etica.
In conclusione va detto che stando allo schema buddhista dei destini riguardante tutti gli esseri senzienti, l'etica ha voce in capitolo limitatamente e soltanto riguardo alla collocazione transitoria delle creature, ma non al loro destino essenziale ed eventuale di liberazione, ed è in certo senso vero che la liberazione non ha implicazioni morali, ed è indifferente che alla fine possano riuscire a liberarsi sia angeli che demoni, come del resto può immaginarsi che i libri viventi sfogliati da un Deus Puer non facciano distinzioni tra eroi positivi e vilains.
Dal punto di vista del Dio minore il male è soltanto una spezia che aromatizza le pagine viventi.
Ripensandoci, questo presunto aspetto oscuro della via adamantina starebbe solo nell'ottuso rigore di chi non vorrebbe accettare che, grazie a un cieco meccanismo cosmico che non guarda in faccia a nessuno, possa esaudirsi una preghiera che condensata in un aforisma suonerebbe così: anche la mia ombra vuol essere felice)

Luther Blissett

#4
Chi volesse farsi una pallida idea del dibattito interno che tanto appassiona coloro che sono attratti dal vajrayana può dare un'occhiata qui:
https://www.reddit.com/r/TibetanBuddhism/comments/1ojzhoy/why_is_studying_vajrayana_textstantras_so/?tl=it         
Senza avvedersene, inerpicandosi per queste vie ci si potrebbe ritrovare in sentieri scoscesi sul filo dei tantra, prima di intraprendere i quali converrebbe almeno dare prima un'occhiata qui:
https://www.reddit.com/r/hinduism/comments/1csutic/this_is_how_the_left_hand_tantras_works_vs_how/?tl=it
...e infine anche qui:
https://it.wikipedia.org/wiki/Via_della_mano_sinistra_e_della_mano_destra   
L'importante è rimanere sempre lucidi e  consapevoli di quel che si sta davvero esplorando, e io i consigli avveduti del mio prof li ho sempre seguìti, pur non avendo seguìto il mio prof.


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