Qual'è l'entità geometrica che costituisce la distanza minima tra il punto A ed il punto B?
Citazione di: Eutidemo il 03 Luglio 2024, 11:54:05 AMQual'è l'entità geometrica che costituisce la distanza minima tra il punto A ed il punto B?
Quell'entità geometrica definita come quella che costituisce la minima distanza fra A e B. ;)
Citazione di: iano il 03 Luglio 2024, 12:38:50 PMQuell'entità geometrica definita come quella che costituisce la minima distanza fra A e B. ;)
Tautologicamente esatto! :)
Ma come si chiama quell'entità geometrica che costituisce la minima distanza fra A e B. ;)
Nello spazio euclideo si chiama segmento di retta.
NO :)
L'entità geometrica che costituisce la distanza minima tra il punto A ed il punto B, è il punto C, interposto tra i punti A e B. ;)
(https://i.postimg.cc/5Ng0shpn/ACB.jpg)
Ingegnoso.
Ma a voler cavillare un punto non è una distanza. ;D
Un "punto" costituisce una "distanza infinitesimale" tra "due altri punti"! O:-)
Due punti, distanti tra loro un punto, sono lo stesso punto.
Ciao Bobmax. :)
La tua affermazione è "autocontraddittoria", in quanto, se la matematica non è un'opinione "2 punti, distanti tra loro 1 punto, fanno in tutto 3 punti": due ai fianchi (A e B), ed uno in mezzo a loro (C).
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2 + 1 = 3
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La circostanza che si tratti di "entità infinitesimali", almeno secondo me, non cambia le cose!
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Un cordiale saluto! :)
***
Infatti, Eutidemo, la matematica non è una opinione. L'infinitesimo è sempre relativo ad una dimensione.
Mentre il punto non ha dimensioni. È proprio il non aver dimensioni la sua peculiarità.
Di modo che parlare di infinitesimo relativamente ad un punto è semplicemente un non senso.
Viceversa si può parlare di un infinitesimo in un punto di una retta.
Attenzione, è la retta che contiene l'infinitesimo, non il punto, che serve soltanto per stabilire la posizione dell'infinitesimo.
Puoi aggiungere in una direzione un numero finito di punti grande quanto vuoi, avrai sempre una lunghezza = 0
Altro che infinitesimo...
Ciao Bobmax. :)
Non sono affatto d'accordo con te, in quanto:
a)
Non può esistere una retta senza punti.
Eccotela qua ;) :
b)
Un punto senza una retta, invece, può esistere benissimo.
Eccotelo qui ;) :
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E poi, chi ha mai ha parlato di "lunghezza"?
Io ho parlato di "distanza", la quale, tra "2" punti, può benissimo essere "infinitesima", in quanto è costituita da "1" punto privo di dimensione.
E, come tu stesso contraddittoriamente scrivi, i punti, in questo caso sono 3.
Perchè 2 + 1= 3!
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Se poi vuoi sostenere che il punto non esiste perchè è "infinitamente piccolo", allora, conseguentemente, non esiste neanche ciò che è "infinitamente grande"; anzi, se vogliamo buttarla sul filosofico, non esiste assolutamente "NIENTE" (nè di finito nè di infinito)
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Un cordiale saluto! :)
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Eutidemo, Eutidemo...
L'infinitesimo ha dimensione.
Il punto non ha dimensioni.
Punto.
Purtroppo devo dirti che Bobmax ha ragione.
Il punto C dista da C, cioè da se stesso, zero, non un infinitesimo.
Io ho detto che il quesito è ingegnoso anche se basato ''volutamente'' su una imprecisione di linguaggio.
Ma temo di capire adesso che questa imprecisione non sia voluta.
In sostanza tu hai due possibilità secondo me.
1. Usi termini matematici accettandone la definizione ufficiale, dopo averla ben compresa.
2. Usi dei termini di cui dai la tua definizione.
Ad esempio, con ''tra il punto A e B'' quale zona di spazio intendi? Qui devi dare la tua definizione, perchè in matematica tale definizione manca.
Noi dobbiamo saperlo, perchè è fra tutte le entità geometriche contenute in quella zona che dovremo fare la nostra scelta, e non altre.
Se ad esempio definisci come 'tra A e B'' il segmento di retta tra A e B, allora noi andremo a considerare tutte le entità geometriche in esso contenute e fra queste sceglieremo la soluzione.
Una volta specificate bene le cose il tuo quesito equivale al seguente:
Considerati tutti i possibili segmenti di retta, contenuti nel segmento AB qual'è il segmento di lunghezza minima?
Se un punto è un caso ammesso ufficialmente dai matematici come segmento di retta, come io credo, allora la risposta è: un qualunque punto del segmento AB.
Il punto, Eutidemo, è che in matematica è l'intuito a suggerirci le definizioni degli enti matematici, ma una volta date le definizioni, l'intuito va messo da parte.
Le definizioni poi possono spingersi anche oltre l'intuito.
Tu puoi non intuire un punto come un caso particolare di segmento di retta, ma puoi stabilire che lo sia per definizione.
Se poi definiamo distanza fra due punti come la lunghezza del segmento di retta che li unisce, allora in base alle definizioni date questa distanza può essere anche zero.
Quindi, ad esempio, cos'è un infinitesimo in matematica?
Non è ciò che coincide con la tua intuizione, ma ciò che coincide con la definizione che ne danno i matematici, oppure con la definizione che tu ne dai.
Tutte le definizioni infatti in matematica sono accettabili, purché vengano date.
Ci sarà allora la teoria matematica dove un punto vale un segmento, e un altra teoria matematica dove ciò non vale.
Ciao Bobmax. :)
Tu hai scritto che: "l'infinitesimo ha una dimensione" mentre, invece, "il punto non ha dimensioni"; allora dimmi quanto è alto e quanto è largo un "infinitesimo"!
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Se ci riesci, benissimo: hai ragione tu!
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Però, se non ci riesci, allora significa che un "infinitesimo geometrico" equivale, "appunto", ad un "punto"; che, secondo Euclide, è, appunto, privo di dimensioni!
Invero, se un un "infinitesimo geometrico" diverso dal "punto" ce le avesse, infatti, tu dovresti essere in grado di "determinarle"; o, quantomeno,di "definirle", precisando di quale "entità geometrica" stai parlando.
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Ed infatti Euclide scriveva"Σημεΐόν έστιν, ού μέρος ούθέν"" ossia "Il punto è ciò che non ha parti"; però quale altra "entità geometrica infinitesimale", se non il "punto", è così piccola, da non avere "parti" (e, quindi, "dimensioni"), se non il punto?
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Tutti concordano su questa traduzione, fatta eccezione per Marziano Capella (secolo V dopo Cristo), il quale traduce: "Punctum est cuius pars nihil est "("Punto è ciò la cui parte è niente", vale a dire le parti di cui il punto si compone sono nulla).
Traduzione intrigante, ma, in verità, molto discutibile!
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Per cui, se tu non sai dirmi quale altra "entità geometrica infinitesimale", se non il "punto", è così piccola, da non avere parti (e, quindi, "dimensioni"), se non il "punto", ne consegue che ,l'"entità geometrica infinitesimale", è solo ed esclusivamente il "punto".
Quale altra, sennò?
La domanda non è retorica.
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Senza considerare che: "...dire, come fa Euclide, che un punto è ciò che non ha dimensioni, non significa minimamente definire tale entità, giacché una definizione deve essere espressa in termini di concetti che vengono prima e che sono più noti delle cose definite." (Carl L. Boyer, Storia della matematica (titolo originale: A History of Mathematics, 1968); traduzione dall'inglese di Adriano Carugo, Milano, Istituto Editoriale Internazionale, 1976, p. 124.).
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E non ha poi tutti i torti!
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Un cordiale saluto! :)
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Ciao Iano. :)
Ti prego di scusarmi se non riesco a risponderti adesso, perchè devo scrivere dei testi il cui deposito è in scadenza entro domani .
Spero, che, almeno in parte, la mia risposta a Bobmax risponda alle tue obiezioni; altrimenti, sperando di averne il tempo, cercherò di risponderti domani.
Scusandomi ancora, ti invio i miei più amichevoli saluti! :)
L'entità geometrica dell'infinitesimo è... l'infinitesimo!
E non si può determinarlo, perché è proprio quella lunghezza che non può essere determinata, sebbene... non sia nulla.
E infatti il punto è definito da concetti che vengono prima, e che sono le dimensioni.
Il punto è la negazione delle dimensioni. E questa è la sua definizione.
Comunque basta, che non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire.
Ciao Iano. ;)
Come ti ho detto, ora, purtroppo, non ho il tempo materiale che mi consenta di rispondere approfonditamente ai tuoi interessantissimi interventi; tuttavia mi sembrava scortesia non cercare quantomeno di accennare ad una risposta, che tenga conto delle tue (ragionevolissime) obiezioni.
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Al riguardo, osservo quanto segue:
1)
Sono d'accordo con te che il punto C dista da C, cioè da se stesso, "nulla", e non un "infinitesimo" (per il principio di identità); però niente vieta che esso disti un "infinitesimo" dal punto A e dal punto B, che lo affiancano, e che sono punti diversi da C.
2)
Quanto ad usare termini matematici accettandone la definizione ufficiale, dopo averla ben compresa, mi sembra ovvio che A (1) + B (2) + C (3) sia uguale a tre punti (A B C), e non ad uno solo.
3)
Considerati tutti i possibili segmenti di retta, contenuti nel segmento AB qual'è il segmento di lunghezza minima?
Senz'altro un solo punto di tali segmenti di retta !
Allora, se un punto è un caso ammesso ufficialmente dai matematici come segmento minimo di retta, come anche io credo, allora la risposta è: la distanza tra A e B, è un qualunque "singolo" punto del segmento AB, che io ho chiamato C.
Il quale, però, è un "PUNTO", e non più un "SEGMENTO DI RETTA"; che, per definizione, è costituito da più punti, e non da uno solo.
4)
Infine, così come è pacificamente ammesso che lo "zero" (0) è un "numero pari", e non "nessun numero"; allo stesso modo il "punto" costituisce una "distanza infinitesimale", e non "nessuna distanza".
Altrimenti, come scrivevo a Bobmax, quale mai (se non il punto) sarebbe una "distanza infinitesimale"?
E lui, almeno finora, non mi ha risposto adeguatamente (almeno, secondo me).
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Un cordiale saluto, e scusami per la sommaria sinteticità della mia risposta.
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Un cordiale saluto! :)
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Ciao Eutidemo.
Il problema è che tu parli di infinitesimi senza dirci cosa siano, dando per scontato che noi si intenda la stessa cosa che intendi tu.
Proviamo per gioco a darne la seguente definizione in forma di...dialogo.
Eutidemo: Tu dici che l'infinitesimo ha un estensione, ma non sai dirmi la sua lunghezza, ma finché non mi dai la sua lunghezza, non avrai dimostrato che ce l'abbia una estensione.
Iano: Se tu, proponendomi un qualunque numero reale positivo diverso da zero , io ti potessi dire sempre e in modo esatto se la lunghezza dell'infinitesimo, che non è zero, è più grande, più piccola, o uguale al tuo numero, diresti allora che io conosca quella lunghezza?
Eutidemo: Direi che tu la conosca. infatti non conoscendola come potresti fare il confronto esatto per determinare quale numero è il più grande o se sono uguali.
Iano: Bene, io affermo di poter fare il confronto in modo esatto pur senza conoscere la lunghezza dell'infinitesimo.
Eutidemo: ho difficoltà a crederlo.
Iano: te lo dimostro. Qualunque numero che dirai, diverso da zero, la lunghezza dell'infinitesimo, sarà sempre diversa da zero e sempre minore di qualunque numero reale positivo tu dica.
Eutidemo: Complimenti per il gioco di magia, ma come tutti i giochi di magia hai usato un trucco.
Iano: non è un trucco, è la definizione di infinitesimo.
Secondo questa definizione l'infinitesimo ha una estensione, in quanto la sua lunghezza è sempre maggiore di zero.
Eutidemo: scusa Iano, lo sai che ti voglio bene, e perciò è a malincuore che devo dirti che non mi hai convinto.
Iano: ti voglio bene anch'io Eutidemo, e mi fa dunque piacere dirti che non hai tutti i torti, nel senso che tutta questa dimostrazione non era necessaria. Però siccome tu me l'hai chiesta allora io te l'ho data.
Eutidemo: perchè non era necessaria?
Iano: perchè se io affermo che un infinitesimo ha estensione, ne sto dando una definizione, e una definizione non va dimostrata.
Eutidemo: Ammesso e non concesso. Ma allora, siccome anche un segmento di retta ha estensione, ne segue che un infinitesimo è un segmento di retta.
Iano: no, perchè affermando che un infinitesimo possiede un estensione, ho dato solo una parte della definizione.
Per completare la definizione bisogna dire che la lunghezza dell'infinitesimo è sempre minore della lunghezza di qualunque segmento di retta dato, ciò che non vale per i segmenti di retta.
Eutidemo. maledetto il giorno che ho inventato questo enigma. :))
Citazione di: bobmax il 04 Luglio 2024, 18:35:17 PML'entità geometrica dell'infinitesimo è... l'infinitesimo!
E non si può determinarlo, perché è proprio quella lunghezza che non può essere determinata, sebbene... non sia nulla.
E infatti il punto è definito da concetti che vengono prima, e che sono le dimensioni.
Il punto è la negazione delle dimensioni. E questa è la sua definizione.
Comunque basta, che non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire.
Condivido la tua conclusione ;)
Ciao Iano. :)
Non è affatto vero che una "definizione" non debba essere dimostrata; ed infatti, se io mi "definisco" un "avvocato", devo necessariamente dimostrarlo esibendo il mio "certificato di abilitazione professionale" ed il mio "tesserino di iscrizione all'ordine".
Non basta certo che io indossi una "toga da avvocato", per dimostrare di esserlo! ;D
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Allo stesso modo definire un "segmento infinitesimale di retta" come qualcosa di diverso da un "punto", non equivale a dimostrarlo; anzi, a me sembra contraddittorio.
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Ed infatti, almeno secondo me, visto che un "segmento di retta" è costituito da un "numero infinito di punti", accorciarlo all'infinito significa privarlo di "quasi" tutti i suoi punti: lasciandogliene, però, almeno "uno", il quale non può che corrispondere, in base alla premessa, ad un "infinitesimo" di quel "segmento di retta".
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Ed infatti, la circostanza che il "punto", così come il (per me equivalente) "segmento infinitesimale di retta" non esista "fisicamente" nel mondo fenomenico, così come in tale mondo non esiste alcuna "entità geometrica astratta", non significa che esse non possa essere concettualmente concepito.
Mi vorresti forse negare che sia possibile concepire tre punti, denominati A, C, e B?
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Ora, poichè non penso che tu possa o voglia negarmi questo, perchè mai vorresti negarmi di concepire i tre punti, denominati A, C, e B in una "posizione contigua", invece che distanziata?
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E se i punti A, C, e B si trovano in una "posizione contigua", sia che tu voglia definire C un "tratto infinitesimale di retta", sia che io, invece, persista nel considerarlo concettualmente un "punto" (dal significato, per me, equivalente), non mi puoi certo negare che C costituisca la "distanza minima tra A e B".
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Continuare a discuterne, diventerebbe una diatriba puramente nominalistica tra di noi; ed infatti, sia che tu voglia chiamare C Claudio, ed io, invece, voglia chiamare C Carlo, sempre C rimane.
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Un cordiale saluto! :)
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Citazione di: Eutidemo il 05 Luglio 2024, 06:56:34 AMCiao Iano. :)
Non è affatto vero che una "definizione" non debba essere dimostrata; ed infatti, se io mi "definisco" un "avvocato", devo necessariamente dimostrarlo esibendo il mio "certificato di abilitazione professionale" ed il mio "tesserino di iscrizione all'ordine".
Non basta certo che io indossi una "toga da avvocato", per dimostrare di esserlo! ;D
Se tu ti definisci avvocato, ma io non so cosa sia un avvocato, allora io possiedo un esempio di avvocato.
Ma come faccio da questo esempio a risalire alla generalità degli avvocati.
Allora tu mi dai una definizione di avvocato.
Avvocato è colui che possiede un certificato di abilitazione professionale e possiede un tesserino di iscrizione all'ordine, che può esibire su richiesta.
Bene, ho capito, ma adesso dammi una dimostrazione di questa definizione.
Dimostrami che gli avvocati sono davvero quelli che possiedono etc...etc...
Non ti sembra una richiesta di dimostrazione assurda?
Ciao Iano. :)
A te sembrerà pure una "richiesta di dimostrazione assurda", eppure, se ti presenti in aula per difendere un cliente, non c'è giudice che non ti richieda tale dimostrazione; e, se tu gliela dai, si ritiene senz'altro soddisfatto, altrimenti ti fa arrestare seduta stante per fragranza di reato. :'(
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Ed invero, che gli avvocati siano davvero quelli che possiedono un certificato di abilitazione professionale e un tesserino di iscrizione all'ordine, è palesemente dimostrato dal fatto che, colui che esercita tale professione senza essere in possesso di tali requisiti, ai sensi dell'art.348 C.P. commette il reato di "esercizio abusivo di una professione"; rischiando, quindi, la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da euro 10.000 a euro 50.000 (Cassazione n. 12729/2023).
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Se tale dimostrazione non ti convince, prova ad esercitare abusivamente l'attività di avvocato senza esservi abilitato; poi, quando finirai in carcere ai sensi dell'art.348 C.P., vedrai che, alla fine, risulterai persuaso anche tu di quanto sarebbe risultata efficace tale dimostrazione! :(
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Per cui ti consiglio vivamente di non provarci! ;)
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Un cordiale saluto! :)
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Citazione di: Eutidemo il 05 Luglio 2024, 06:56:34 AMAllo stesso modo definire un "segmento infinitesimale di retta" come qualcosa di diverso da un "punto", non equivale a dimostrarlo; anzi, a me sembra contraddittorio.
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Contraddittorio rispetto a cosa?
Rispetto all'idea che tu ti sei fatto di qualcosa che però ufficialmente non esiste finché non viene definito.
Un ente matematico non esiste finché non viene definito, appunto.
Una volta che qualcuno da una definizione matematica un ente matematico inizia la sua esistenza.
Se mi chiedi di dimostrare che quell'ente esista davvero, cosa altro posso fare se non mostrati il suo atto di nascita, cioè la sua definizione?
Tu al massimo mi puoi chiedere di dimostrati che quella definizione non sia autocntraddittoria, cioè che si tratti effettivamente di una definizione.
Una volta dimostrato che la definizione è corretta essa non può più essere messa in discussione.
Al massimo si può mostrare disinteresse per essa.
La vera contraddizione sta nel fatto che tu dici di non capire ciò che dimostri invece di aver capito, perchè quando ti ''definisci'' un avvocato ''fra virgolette'', sai di stare usando il termine definizione in modo volutamente ambiguo.
Quando ho detto che il tuo enigma era ingegnoso intendevo appunto che fosse basato su una voluta ambiguità lessicale.
Che si trattasse cioè di un istruttivo gioco verbale volto a mettere in luce le ambiguità in cui con facilità possiamo cadere.
Un avvocato non esiste finché non viene fatta la legge che istituisce l'albo degli avvocati.
Seppure qualcuno prima di quella legge parlasse di avvocati, adesso di quei tipi che avvocati venivano detti bisognerà dimenticarsene, per fare riferimento solo alla definizione di avvocato data dalla legge vigente.
Dal momento che la legge c'è, gli avvocati sono solo quelli che la legge dice.
Avvocato non è chi avvocato fa, ma chi la legge dice che ''è'', ed essendo è autorizzato ad esercitare la professione.
La tua risposta all'enigma non è ne giusta ne sbagliata, finché non è chiaro a cosa tu ti stia riferendo davvero, lasciando che noi ci si arrivi da soli, e mancando un accordo di fondo ognuno potrà dire quel che vuole.
Tieni conto che il concetto di infinitesimo, introdotto da Leibnitz , è cambiato per i matematici nel tempo, e io non ti saprei neanche dire quale sia ''l'attuale'' definizione di infinitesimo.
Se tu lo usi in modo improprio, consolati, perchè anche Leibnitz lo usava in modo improprio.
Però il bello della matematica è che nessuno può impedirti di esplicitare la tua idea di infinitesimo dandone una tua personale definizione, e in particolare che sia una definizione che renda ''esatta'' la tua soluzione.
Ciao Iano. :)
Per quanto mi riguarda, il "punto" esiste, sia pure solo astrattamente, perchè "io" riesco a concepirlo come tale; non mi interessa affatto che, ufficialmente, esso non esista finché non viene definito, in un certo modo, dai matematici (fosse pure Euclide).
***
Un ente matematico esiste, sia pure astrattamente, anche se non viene definito; fermo restando che può essere definito in modo diverso, a seconda dell'idea che ciascuno se ne fa (a prescindere da come viene definito dai matematici "ufficiali").
***
Quanto a pretendere che una definizione non sia "autocontraddittoria", cioè che si tratti effettivamente di una definizione, questo, comunque, non dimostra che, a quella definizione, corrisponda qualcosa di realmente esistente.
***
Ed infatti la definizione che noi possiamo dare di un "unicorno", di per sè, non è affatto "autocontraddittoria"; ma questo non significa affatto che gli unicorni esistano sul serio.
Anche se possiamo non solo "definirli", ma anche "disegnarli" in tutti i loro dettagli!
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Un cordiale saluto! :)
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Citazione di: Eutidemo il 05 Luglio 2024, 11:27:50 AMCiao Iano. :)
Per quanto mi riguarda, il "punto" esiste, sia pure solo astrattamente, perchè "io" riesco a concepirlo come tale; non mi interessa affatto che, ufficialmente, esso non esista finché non viene definito, in un certo modo, dai matematici (fosse pure Euclide).
In effetti, se tutti possediamo l'idea di qualcosa, perchè dovremmo definirla, correndo il rischio che ciò che definiamo non corrisponda alla idea che ne abbiamo?
Nel farlo ci sono dei pro e contro.
I contro sono che una volta data la definizione del qualcosa dovremo dimenticarci dell'idea che ne avevamo, per evitare di cadere in contraddizione.
I pro sono che saremo adesso certi di star parlando della stessa cosa, quello che appunto manca nella formulazione dei tuoi enigmi, per cui ogni soluzione diversa è potenzialmente giusta, riferendosi ognuna in effetti a una diversa interpretazione dell'enigma, cioè di fatto a un diverso enigma.
Detto in altre parole, i tuoi enigmi sono a volte ambigui, e ciò sarebbe accettabile solo se fossero volutamente ambigui, cioè se fossero basati sull'ambiguità del linguaggio, volendola porre cosi' in evidenza a scopo didattico.
Diversamente l'unico valore dei tuoi enigmi è che ci aiutano a capire cosa passa per la testa di Eutidemo, cosa che a me comunque interessa.
Ciao Iano :) .
Circa le tue interessantissime (e per niente "peregrine") considerazioni, osservo quanto segue:
.
1)
Quando mi ''definisco'' un avvocato ''fra virgolette'', non sto affatto usando il termine "definizione" in modo volutamente ambiguo, ma, al contrario, ne sto semplicemente evidenziando la specifica "valenza tecnica" nel contesto della mia argomentazione; ed infatti, se è vero che, talvolta, si mette ''fra virgolette'' una parola per far capire che la si sta usando in modo ambiguo, è anche vero che, invece, altre volte si mette ''fra virgolette'' una parola solo per evidenziarne la specifica "valenza tecnica" nel discorso.
***
Ed infatti, si può parlare di un avvocato:
- sia in "senso tecnico" di professionista iscritto all'Albo;
- sia in "senso generico" (come, ad esempio, "non farmi sempre l'avvocato del diavolo", oppure "sei il solito avvocato delle cause perse" ecc. ecc.).
***
Per cui, tutto il tuo discorso sul passato e sul presente della pratica forense, mi sembra un po' un "arrampicarsi sugli specchi"; anche considerando che, ad esempio, nell'antica Roma gli "avvocati", così come concepiti oggi, non esistevano!
Ed infatti, al suo posto, in genere esistevano due figure ben distinte tra di loro:
- il "giurisperito", che studiava la causa al tavolino;
- l'"oratore", che andava a dibatterla in aula.
***
Semmai il mio difetto è di usare troppe "virgolette", anche a sproposito; un vizio di cui mi vergogno e di cui mi scuso! :-[
***
.
2)
Quanto al mio quesito iniziale, non saprei immaginare NIENTE:
- di più chiaro;
- di meno ambiguo.
Ed infatti io avevo semplicemente chiesto: "Qual'è l'entità geometrica che costituisce la distanza minima tra il punto A ed il punto B?"
Più chiaro di così si muore!
***
Ora, tu hai risposto che l'entità geometrica che costituisce la distanza minima tra il punto A ed il punto B, nello spazio euclideo si chiama "segmento di retta"; risposta, che, in effetti, non era affatto del tutto "sbagliata", però era decisamente "incompleta".
***
Ed infatti, se tu mi avessi risposto che l'entità geometrica che costituisce la distanza minima tra il punto A ed il punto B, nello spazio euclideo era un "segmento infinitesimale di retta", io te l'avrei passata sicuramente per "buona".
***
Ed infatti la "DISTANZA MINIMA" tra il punto A ed il punto B, non è un qualsiasi "segmento di retta" (che può essere lungo un metro, un centimetro un millimetro ecc.), bensì soltanto il "segmento di retta più corto possibile"; e, cioè, almeno secondo la tua concezione geometrica, un "segmento infinitesimale di retta".
***
Io avrei senz'altro accettato una simile risposta, in quanto per me (ma non certo per i "matematici ufficiali", almeno da colonnello in su), un "segmento infinitesimale di retta" non è altro che un "punto".
Ed infatti, poichè un "segmento di retta" è costituito da "infiniti punti", se dividiamo tale segmento all'infinito, otterremo inevitabilmente un "1 punto"; ovvero anche, se tu preferisci la definizione, un "segmento infinitesimale di retta".
***
La risposta al mio chiarissimo quesito, per me sarebbe andata bene in entrambi i casi.
***
.
3)
Ed invero, la diatriba circa il fatto che:
- un "punto" non ha dimensioni;
- mentre "segmento infinitesimale di retta", invece, ha dimensioni;
costituiva una questione diversa, da quella posta con la mia domanda, la quale richiederebbe un TOPIC a parte.
***
Qui dirò solo, molto sinteticamente (e con orrore dei matematici), che, almeno per me il "punto" è quel "segmento infinitesimale di retta" del quale non se ne può concepire uno più corto.
Il che, però, con buona pace di Euclide, secondo me non vuole affatto dire che il "punto" sia "privo di dimensioni", poichè ciò che è privo di dimensioni non può esistere neanche nel mondo astratto della geometria.
Ed infatti se noi sommiamo una entità geometrica priva di dimensioni ad un'altra entità geometrica priva di dimensioni, secondo la (mia) logica, otterremo una terza entità geometrica priva di dimensioni; 0 + 0 = 0.
E così sarebbe se sommassimo all'infinito entità geometriche prive di dimensioni; così come se sommassimo all'infinito degli zeri.
Ma poichè, invece, sommando un numero infinito di "punti" otteniamo un "segmento di retta", il quale costituisce sicuramente una "figura geometrica" dotata della dimensione della "lunghezza", ne deduco, "a contrario", che anche gli elementi che compongono tale "segmento di retta" debbono necessariamente avere anche una loro una sia pur "infinitesimale dimensione".
Ed invero, almeno secondo me, avere una dimensione "incommensurabile", non vuol dire non avere alcuna "dimensione".
***
Un cordiale saluto! :)
***
Citazione di: Eutidemo il 05 Luglio 2024, 14:36:49 PMEd infatti io avevo semplicemente chiesto: "Qual'è l'entità geometrica che costituisce la distanza minima tra il punto A ed il punto B?"
Più chiaro di così si muore!
***
Per cercare di sopravvivere proviamo a riscriverla allora. ;D
Qual'è quell'entità geometrica , fra tutte le possibili che possiedano un estensione, quella che possieda l'estensione minima fra loro, e che rispettino tutte la condizione di ''stare fra A e B'', laddove mi riservo in separata sede di definire il significato di ''stare fra A e B''.
Segue definizione....
Penso che si possa fare anche meglio, ma direi che siamo sulla buona strada.
Inoltre, la domanda e' malformulata, perche' il punto C e' la distanza minima tra il punto a A e il punto B non sempre, ma, se e solo se A e B distano tra di loro un punto; cioe' se coincidono.
Una risposta a un quesito matematico o geometrico, e' esatta solo se e' vera sempre.
La risposta: "il punto C"
e' vera solo in un singolo caso molto particolare, quindi non e' esatta.
In questo caso, io posso immagginare migliaia di casi possibili, cioe' di posizioni nello spazio dei punti A e B, per cui la risposta: "il punto C", e' falsa. Inutile che vi faccia il disegno, ci arrivate da soli.
Quindi, la risposta esatta e':
"Il segmento che unisce i due punti."
L'unica vera (quasi) sempre, cioe' vera per ogni superficie piana (comunque falsa per le superfici curve).
La riduzione del segmento a un singolo punto C e' nient'altro che un caso limite, del segmento e della risposta al quesito indicante il segmento, per altro di interesse limitato.
In altre parole, la formulazione contiene una petitio principi, cioe' si da' per scontato che A e B distino tra loro C, e si vuole sentirsi dire, dall'interlocutore: C.
Non si considera che si potrebbe essere in uno degli infiniti altri casi possibili bel piano, in cui A e B non distano tra di loro C manco per niente.
Citazione di: niko il 05 Luglio 2024, 15:31:46 PMQuindi, la risposta esatta e':
"Il segmento che unisce i due punti."
L'unica vera (quasi) sempre, cioe' vera per ogni superficie piana (comunque falsa per le superfici curve).
Diciamo che Eutidemo sta percorrendo in modo autonomo la strada che ha portato alla definizione di segmento di retta, generalizzata a qualunque tipo di spazio.
Dicesi segmento di retta fra due punti A e B dello spazio S, quell'ente geometrico che unendo A e B possieda la minima estensione.
A questo punto ritengo che valga la pena aprire un apposito TOPIC nella SEZIONE FILOSOFICA; arrivederci a lì! :)
Mi sono ricordato che già avevo aperto un THREAD sul tema, e, quindi, è inutile aprirne un altro! ;D
Facciamo un po' il "punto" sul "punto"!
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/facciamo-un-po'-il-'punto'-sul-'punto'!/
Secondo Enrico Gregorio, Professore associato di Algebra all'Università di Padova: "Nella geometria euclidea moderna (hilbertiana) il punto non è definito come "privo di dimensioni". :)
Citazione di: Eutidemo il 07 Luglio 2024, 06:41:19 AMSecondo Enrico Gregorio, Professore associato di Algebra all'Università di Padova: "Nella geometria euclidea moderna (hilbertiana) il punto non è definito come "privo di dimensioni". :)
Definire il punto come ''privo di dimensioni'' significa fare appello alla nostra intuizione comune.
Ma il fare appello al nostro intuito, a un certo punto della storia della matematica, si è arrivati alla conclusione che non fosse strettamente necessario.
La storia è lunga e io non la conosco tutta, e in parte me la reinvento quando ne parlo.
Però la conclusione della storia posso darla per certo ed è la seguente.
Se non occorre necessariamente l'intuito per fare matematica, allora anche chi è privo di intuito può farla, come ad esempio un computer.
Ma abbracciando questo nuovo punto di vista riusciamo a dare ancora un senso, magari nuovo, alla definizione: ''Il punto è ciò che è privo di dimensioni''?
Credo di si, ma a patto di dimenticarsi di ciò che intuiamo essere punto e dimensione.
Punto e dimensione si riducono quindi a simboli, P e D ad esempio, posti all'interno della definizione in relazione logica fra loro.
perchè poi questa relazione possa essere rigorosa dovremo rinunciare alla lingua italiana che abbiamo usato nella definizione, per passare al logichese o matematichese, che sono comunque ancora lingue con tutti i difetti delle lingue come ha dimostrato Godel, ma che meglio si prestano allo scopo essendo state costruite per lo specifico scopo.
Così della nostra frase di partenza in lingua italiana resteranno i simboli P e D, e nuovi simboli logici che li pongano in relazione fra loro.
Da adesso in poi dovremo però dimenticarci della lingua italiana con tutto il suo portato di intuizione.
Un libro di matematica scritto in tal modo risulterebbe però incomprensibile a alla maggioranza di noi, divenendo materia specifica per programmatori di computer.
Nei testi di matematica allora troveremo ancora la lingua italiana, ma sarà da intendersi come metamatematica.
E a cosa dovrebbe servire tutta questa nuova matematica, oltre a poter programmare i computer?
Serve a descrivere potenzialmente la realtà, per cui potremo provare ad applicare alla realtà la definizione di P in termini di D, se ci sembrerà che nella realtà vi siano enti che possiedano questa relazione.
Detto in altri termini, se da un lato non sappiamo più cosa siano davvero un punto e una dimensione, o meglio se rinunciamo a saperlo in modo preventivo, punto e dimensione diventeranno possibili ''contenitori'' della realtà.
Se ho un cestino che contiene tre mele, cosa rimane se tolgo le mele?
Rimane un cestino che posso usare per metterci tre pere dentro, e ogni altra realtà che riesco farci stare.
La matematica emerge dalla realtà fatta di mele, come un cestino che le contenga, ma una volta così emersa, diviene indipendente dalle mele, e possiamo così usare il cestino per spiegare la realtà delle pere.
Quel cestino è la matematica, che agisce in noi sia che la conosciamo oppure no.
Nella misura in cui agisce a nostra insaputa oppure no, un cestino di tre mele ci apparirà in diverso modo, come una cosa in sè cui dare un unico nome nel primo caso, come un costrutto più complesso, di cose diverse poste in relazione fra loro, nel secondo caso.
Faccio un esempio significativo da non prendere alla lettera:oggi noi diciamo ''dodici uova'', ma una volta bastava dire ''una dozzina'', e ogni contenitore di realtà aveva un suo proprio nome asseconda di cosa e di quanto di quella cosa contenesse, perchè lo percepivamo come una sola cosa.
Una cosa, un nome.
Ciao Iano.
Definire il "punto" come ''privo di dimensioni'' significa fare appello alla intuizione tua e di Euclide, ma non certo alla mia ed a quella di altri; secondo la quale il "punto" è quel "segmento infinitesimale di retta" del quale non se ne può concepire uno più corto.
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Il che, però, con buona pace tua e di Euclide, secondo me non vuole affatto dire che il "punto" sia "privo di dimensioni", poichè ciò che è privo di dimensioni, secondo me, non può esistere neanche nel mondo astratto della geometria.
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Ed infatti se noi sommiamo una entità geometrica priva di dimensioni ad un'altra entità geometrica priva di dimensioni, secondo la logica, otterremo una terza entità geometrica anch'essa priva di dimensioni (0 + 0 = 0); cioè, è come se vuotassimo un secchio vuoto in un altro secchio vuoto, ottenendo, così un terzo secchio vuoto (e così all'infinito).
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Di conseguenza se sommassimo all'infinito entità geometriche prive di dimensioni, dovremmo ottenere una entità geometrica anch'essa priva di dimensioni (così come se sommassimo all'infinito degli zeri); ma poichè, invece, sommando un numero infinito di "punti" otteniamo un "segmento di retta", il quale costituisce sicuramente una "figura geometrica" dotata della dimensione della "lunghezza", ne deduco, "a contrario", che anche gli elementi che compongono tale "segmento di retta" debbono necessariamente avere anche una loro una sia pur "infinitesimale dimensione".
Ed invero, almeno secondo me, avere una dimensione "incommensurabile", non vuol dire non avere alcuna "dimensione".
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Detto ancora in altri termini, se consideri un insieme di elementi, tutti privi di peso, anche presi tutti insieme non potranno mai, comunque, pesare NIENTE: se, invece, l'insieme di essi pesa QUALCOSA, allora vuol dire che ognuno di tali elementi deve necessariamente avere un peso, per quanto piccolo e imponderabile esso sia.
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Allo stesso modo, se consideri un insieme di punti, tutti privi di dimensione, anche presi tutti insieme non potranno mai, comunque, dar luogo ad una figura geometrica che abbia una sua dimensione: ma poichè, invece, un segmento di retta, che è costituita da un insieme di punti, possiede la dimensione della lunghezza, allora vuol dire che ognuno dei punti che la compongono, per quanto piccolo e incommensurabile esso sia, ha anch'esso una sua dimensione.
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Finchè non mi verrà dimostrato "il difetto logico di tale ragionamento" (possibilità non escludo affatto), io non posso che pervenire alla stessa conclusione; nè altri ragionamenti, per quanto validi, potranno mai convincermi del contrario, se non evidenziando il vizio di quello che ho appena esposto!
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Un cordiale saluto! :)
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Citazione di: Eutidemo il 07 Luglio 2024, 11:26:00 AMCiao Iano.
Definire il "punto" come ''privo di dimensioni'' significa fare appello alla intuizione tua e di Euclide, ma non certo alla mia ed a quella di altri; secondo la quale il "punto" è quel "segmento infinitesimale di retta" del quale non se ne può concepire uno più corto.
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Questo è appunto quello che succede quando si usa l'intuito, e questo è il motivo per cui si è ritenuto dover sottrarre la matematica all'intuito, seppur dall'intuito sia nata.
Questo è anche il risultato di una lunga storia che mi pare tu voglia ripercorrere coi tuoi passi.
Non è cosa facile a farsi, e richiede un dispendio di energia che non tutti possono permettersi, ma ripercorrere la storia rivivendola, per quel poco che ho provato io stesso a fare, è anche l'unico modo per capirla davvero.
Posso solo immaginare che la tua frase "punto è quel segmento infinitesimale di retta del quale non se ne può concepire uno più corto.'', sia un indizio del fatto che tu nella tua ricerca matematica ti sia imbattuto nel concetto di limite, che effettivamente al tempo di Euclide non esisteva, e questo è il motivo per cui lo puoi contrapporre ad Euclide, e impropriamente anche a me, essendo che ai tempi di Euclide nenche io non sono rimasto.
Mi pare cioè che tu voglia spacciare come frutto del tuo intuito un concetto che è sorto con grande fatica dalla lunga storia della matematica, che è quello di ''limite'' o di infinitesimo in generale, la cui primogenitura sarebbe da attribuire piuttosto a Leibnitz, e che tu presumibilmente hai solo orecchiato, facendolo tuo in qualche modo.
Citazione di: Eutidemo il 07 Luglio 2024, 11:26:00 AMIl che, però, con buona pace tua e di Euclide, secondo me non vuole affatto dire che il "punto" sia "privo di dimensioni", poichè ciò che è privo di dimensioni, secondo me, non può esistere neanche nel mondo astratto della geometria.
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In astratto può esistere qualunque cosa.
Non può esistere del tutto nella misura in cui a questa astrazione non siamo in grado di abbandonarci del tutto, e tu sei un buon esempio di questa incapacità.
Niente di male, essendo una capacità che nel tempo abbiamo sviluppato, e che perciò non tutti possediamo allo stesso modo.
Citazione di: iano il 07 Luglio 2024, 11:45:08 AMQuesto è appunto quello che succede quando si usa l'intuito, e questo è il motivo per cui si è ritenuto dover sottrarre la matematica all'intuito, seppur dall'intuito sia nata.
Questo è anche il risultato di una lunga storia che mi pare tu voglia ripercorrere coi tuoi passi.
Non è cosa facile a farsi, e richiede un dispendio di energia che non tutti possono permettersi, ma ripercorrere la storia rivivendola, per quel poco che ho provato io stesso a fare, è anche l'unico modo per capirla davvero.
Posso solo immaginare che la tua frase "punto è quel segmento infinitesimale di retta del quale non se ne può concepire uno più corto.'', sia un indizio del fatto che tu nella tua ricerca matematica ti sia imbattuto nel concetto di limite, che effettivamente al tempo di Euclide non esisteva, e questo è il motivo per cui lo puoi contrapporre ad Euclide, e impropriamente anche a me, essendo che ai tempi di Euclide nenche io non sono rimasto.
Mi pare cioè che tu voglia spacciare come frutto del tuo intuito un concetto che è sorto con grande fatica dalla lunga storia della matematica, che è quello di ''limite'' o di infinitesimo in generale, la cui primogenitura sarebbe da attribuire piuttosto a Leibnitz, e che tu presumibilmente hai solo orecchiato, facendolo tuo in qualche modo.
Probabilmente hai ragione :)
Citazione di: iano il 07 Luglio 2024, 12:29:02 PMIn astratto può esistere qualunque cosa.
Non può esistere del tutto nella misura in cui a questa astrazione non siamo in grado di abbandonarci del tutto, e tu sei un buon esempio di questa incapacità.
Niente di male, essendo una capacità che nel tempo abbiamo sviluppato, e che perciò non tutti possediamo allo stesso modo.
In astratto può esistere qualunque cosa; purchè, però, se ne possa concepire una dimensione, per quanto infinitesimale.
Altrimenti, in che cosa si distinguerebbe dal "niente" :) ?
Citazione di: Eutidemo il 07 Luglio 2024, 11:26:00 AMDi conseguenza se sommassimo all'infinito entità geometriche prive di dimensioni, dovremmo ottenere una entità geometrica anch'essa priva di dimensioni (così come se sommassimo all'infinito degli zeri); ma poichè, invece, sommando un numero infinito di "punti" otteniamo un "segmento di retta", il quale costituisce sicuramente una "figura geometrica" dotata della dimensione della "lunghezza", ne deduco, "a contrario", che anche gli elementi che compongono tale "segmento di retta" debbono necessariamente avere anche una loro una sia pur "infinitesimale dimensione".
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Se segmento di retta fosse definito come ciò che deriva da una somma di punti, avresti ragione.
Sappiamo come si fà a sommare due numeri, perchè ci sono precise regole per farlo, al punto che non bisogna sapere cosa significhi sommare due numeri, bastando seguire le regole, motivo per cui anche un computer può farlo.
Dovremmo conoscere parimenti le regole per sommare due punti per poterlo fare, e siccome finora io ne ho sentito parlare solo da te, mi aspetto che sia tu a darmele.
Indirettamente nel tuo discorso richiami le regole per sommare i numeri, ma è corretto applicare quelle regole ai punti se i punti non sono numeri?
Io immagino che usare l'intuito equivalga ad applicare regole che non sono ben definite, pur essendoci, per cui le si può cambiare in corso d'opera, nella misura in cui non abbiamo coscienza di applicarle.
Una volta che però i matematici siano riusciti ad astrarre queste regole dall'intuito, non abbiamo più tutta la libertà di usarle che prima ci potevamo prendere.
Non abbiamo allora più la libertà di sommare punti come fossero numeri, senza sottostare a precise nuove regole inventate ad hoc..
Nella geometria analitica, geniale creazione di Cartesio, in effetti si trattano i punti come fossero numeri e viceversa, ma secondo le precise regole che Cartesio ha dettato, e che i matematici che sono venuti dopo hanno meglio precisato.
Nella misura in cui queste regole non maneggiamo del tutto, possiamo ancora sopperire con l'intuito, ma con tutte le cautele del caso, avendone compreso meglio la natura.
Essendo infatti la natura dell'intuito, nel bene e nel male, molto elastica, esso ben si presta a supportare pregiudizi di ogni genere che nascano dalla nostra soggettività, credendo in tal modo di poterci fare le nostre ragioni.
Non si tratta di voler assecondare il progetto di Cartesio per cui dietro ogni giudizio vi stia un calcolo che possa sottrarlo alla nostra soggettività, ma non è vero neanche il contrario.
Dopo Cartesio non possiamo far finta che nel nostro modo di pensare nulla sia cambiato.
Ciao Iano. :)
Il segmento di retta, secondo tutti i libri di geometria, è una parte di retta delimitata da due "punti", detti "estremi"; e se i due "estremi" vengono definiti "punti", non vedo perchè mai non definire "punti" anche gli elementi di quel segmento di retta delimitato dai due "punti estremi".
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Allo stesso modo, se in una fila di mele ci sono due mele estreme, tra l'una e l'altra non possono che esserci altre mele.
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Ciò premesso, mi pare che ne consegua che un segmento di retta possa benissimo essere definito come ciò che deriva da una "somma infinita di punti".
Cos'altro sennò?
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Se non ti aggrada tale definizione, possiamo anche dire che un segmento di retta può essere definito come ciò che deriva da una "somma di segmenti infinitesimali di retta"; ma, poichè secondo me, il "punto" non è altro che il "nick name" di un "segmento infinitesimale di retta", il mio ragionamento, di cui al mio precedente "post", non cambia di una "virgola". :)
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Poi tu scrivi: "Sappiamo come si fà a sommare due numeri, perchè ci sono precise regole per farlo, al punto che non bisogna sapere cosa significhi sommare due numeri, bastando seguire le regole, motivo per cui anche un computer può farlo; dovremmo conoscere parimenti le regole per sommare due punti per poterlo fare, e siccome finora io ne ho sentito parlare solo da te, mi aspetto che sia tu a darmele."
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Al che ti rispondo che le regole per sommare "due punti" sono le stesse previste per sommare "due mele"; l'importante è che si tratti di entità della stessa natura, e, cioè, che non si cerchi di sommare le "mele" con le "pere".
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Tuttavia se il termine "somma" non ti aggrada, visto che i punti, almeno secondo me, hanno una "dimensione incommensurabile" (a differenza delle mele) possiamo anche dire che un "segmento di retta" è costituito da un "insieme di segmenti infinitesimali di retta messi in fila"; e, poichè, come già ti ho detto, secondo me, il "punto" non è altro che il "nick name" di un "segmento infinitesimale di retta", il mio discorso non cambia di una "virgola", equivalendo a dire un "segmento di retta è costituito da un insieme di punti messi in fila".
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Nel qual caso, far ricorso alle "regole della somma", non è più necessario; ma il ragionamento del mio precedente "post", continua lo stesso a reggere (almeno secondo il mio punto di vista).
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Un cordiale saluto! :)
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Citazione di: Eutidemo il 07 Luglio 2024, 13:32:42 PMCiao Iano. :)
Il segmento di retta, secondo tutti i libri di geometria, è una parte di retta delimitata da due "punti", detti "estremi"; e se i due "estremi" vengono definiti "punti", non vedo perchè mai non definire "punti" anche gli elementi di quel segmento di retta delimitato dai due "punti estremi".
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Allo stesso modo, se in una fila di mele ci sono due mele estreme, tra l'una e l'altra non possono che esserci altre mele.
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Ciò premesso, mi pare che ne consegua che un segmento di retta possa benissimo essere definito come ciò che deriva da una "somma infinita di punti".
Cos'altro sennò?
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Fino a che punto è lecito fare l'analogia fra un insieme continuo di punti, e un insieme discontinuo di mele?
Questa analogia è certamente il prodotto legittimo del nostro intuito, ma come detto dovremmo imparare ad usare l'intuito, laddove non possiamo farne a meno, in modo sorvegliato.
Possiamo sommare punti come fossero mele astraendo la loro diversa natura?
Allora tu scrivi che :'' Al che ti rispondo che le regole per sommare "due punti" sono le stesse previste per sommare "due mele"; l'importante è che si tratti di entità della stessa natura, e, cioè, che non si cerchi di sommare le "mele" con le "pere".''
Le mele con le pere si possono sommare se gli cambi nome, chiamandoli frutti, usando le stesse regole.
Parimenti per poter dimostrare che per sommare mele e punti possano valere le stesse regole, dovremmo trovare un nome col quale indicare indifferentemente punti e mele.
Cioè non è tanto il possedere la stessa natura che ci consente di sommare le cose fra loro, ma al contrario dal riuscire a sommare cose diverse, come mele e pere, possiamo dedurne una natura comune, quella di essere frutti.
Ti sfido a fare la stessa operazione con mele e punti, riuscendoli a sommare fra loro, per dedurne la comune natura.
Ciao Iano. :)
Tu confondi il "genere prossimo" con la "differenza specifica"; solo attraverso la quale si può distinguere un'"entità tipica" (mela) da un'altra un'"entità tipica" (pera), e sommare soltanto quelle della medesima "specie".
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Ad esempio
.
1) Le MELE sono:
a) GENERE PROSSIMO
"FRUTTI" dell' "Ordine Rosales", ("Famiglia Rosaceae" ecc.)
b) DIFFERENZA SPECIFICA
"SPECIE" definita "Malus domestica", avente un pomo globoso, ombelicato, con polpa croccante e buccia di colore diverso, a seconda delle varietà della pianta coltivata che lo produce.
.
2) Le PERE, invece, sono:
a) GENERE PROSSIMO
"FRUTTI" anche esse, come le mele, dell' "OrdineRosales", ("Famiglia Rosaceae" ecc.)
b) DIFFERENZA SPECIFICA
"SPECIE", però, a differenza delle mele, viene definita "Pyrus Communis"; per lo più di forma ovoidale, con buccia dal giallo al verde al bruno, talora anche con macchie rosse e polpa succosa, bianca o giallastra
***
Ora credo che tu possa intuire da solo come reagirebbe il tuo fruttivendolo, se tu gli mettessi sulla bilancia un mucchio di mele e di pere mescolate insieme, dicendogli: -Le "mele" con le "pere" si possono benissimo sommare tra di loro; ed infatti si tratta in entrambi casi di "frutti" dell'"Ordine Rosales", no? Per cui, cortesemente, fammi un prezzo unico per il "totale"! - . :D :D :D
***
Quanto, invece, a fare la stessa operazione con "mele" e "punti", riuscendoli a sommare fra loro, per dedurne la comune natura, tu stai cercando di cambiare le carte in tavole, "buttandola in caciara"; ed infatti io non mi sono mai neanche lontanamente sognato di scrivere una simile CASTRONERIA!
***
Quello che, invece, avevo scritto io (e che qui confermo parola per parola) era una "COSA COMPLETAMENTE DIVERSA!
E cioè:
"Il segmento di retta, secondo tutti i libri di geometria, è una parte di retta delimitata da due "punti", detti "estremi"; e se i due "estremi" vengono definiti "punti", non vedo perchè mai non definire "punti" anche gli elementi di quel segmento di retta delimitato dai due "punti estremi". Allo stesso modo, se in una fila di mele ci sono due mele estreme, tra l'una e l'altra non possono che esserci altre mele."
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Il che non significa neanche lontanamente, pretendere di sommare le "mele" con i "punti".
Ma quando mai?
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Un cordiale saluto! :)
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Citazione di: Eutidemo il 08 Luglio 2024, 13:51:30 PMCiao Iano. :)
Tu confondi il "genere prossimo" con la "differenza specifica"; solo attraverso la quale si può distinguere un'"entità tipica" (mela) da un'altra un'"entità tipica" (pera), e sommare soltanto quelle della medesima "specie".
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Ma cosa centra un trattato di tassonomia per quelle che erano semplici analogie?
Se tu pretendi di trattare allo stesso modo enti discontinui ed enti continui sei fuori strada.
Non è neanche pensabile imbastire fra le due cose un analogia.
Ciao Iano. :)
Secondo me occorre distinguere tra:
- "analogia";
- "omologia".
In alcuni casi è possibile l'una, mentre in altri casi è possibile l'altra!
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Per quanto, invece, riguarda gli "enti discontinui" e gli "enti continui", così come troviamo giustamente scritto su WIKIPEDIA, in "matematica", "fisica" e "filosofia" i termini "discreto" (cioè "discontinuo") e "continuo" assumono diversi significati a seconda del periodo storico e del contesto.
Per cui, al riguardo, la discussione si farebbe troppo complicata; e, comunque, non pertinente al tema trattato in questo TOPIC.
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Comunque, al riguardo, la definizione più semplice, sebbene molto informale e imprecisa, è la seguente:
a)
Un ente è considerato "discreto" se è costituito da elementi isolati, cioè non contigui tra loro;
b)
Un ente è invece considerato "continuo" se contiene infiniti elementi e se tra questi elementi non vi sono spazi vuoti.
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Un "segmento di retta", a mio parere, appartiene a tale seconda categoria (b); ma questo non inficia minimamente il mio ragionamento (che non starò qui a ripetere una terza volta), ma, anzi, lo corrobora.
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Un cordiale saluto! :)
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