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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 17-04-2013, 20.29.29   #1
boh
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Pensieri creazionistici...

Leggendo le Tuscolane di Cicerone, nei passi dove parla della divinità che deve reggere il cosmo (I, 63) comprendo stranamente meglio che in molte altre opere la concezione di fondo che ha sempre portato a credere che ci deve essere un dio a “muovere l'universo”. Dico “stranamente” perché per esempio il Timeo, essendo un dialogo incentrato sull'argomento (mentre quest'opera ciceroniana no), e poi molte altre di altri autori che nel corso del tempo ho letto, non mi hanno mostrato con così innocente e direi quasi ingenua chiarezza la concezione degli antichi.
Noi certo, al giorno d'oggi, abbiamo la signora Scienza che ci supporta, e sarebbe alquanto deplorevole criticare e sbeffeggiare questi geni del passato (che in ogni caso hanno prodotto innumerevoli idee solo con l'ausilio della mente e della filosofia, e niente scienza alle spalle): che si abbia pure ammirazione quindi, ma che ci si fermi lì. Andare oltre, e per “oltre” intendo ridiscutere seriamente le loro ipotesi, e prenderle per buone, e quindi pensare che un dio esiste solo per questo fatto, per il fatto che l'universo “non può muoversi da solo” penso che sia un grande errore. Che poi esista o meno per altre cose è naturalmente altro discorso: io ora voglio sottolineare solo questo punto. Intanto c'è anche da dire che il loro punto di vista è sempre geocentrico, o forse meglio sarebbe dire antropocentrico. L'uomo è importante sopra ogni cosa; l'uomo è al di sopra del creato; l'uomo è al centro dell'attenzione dell'universo e del dio che l'ha creato. Con questa inconscia mentalità di fondo è naturale che ogni teoria sviluppata senza scienza, “disinteressatamente” per così dire, sia inevitabilmente influenzata. E questo penso che basti da solo almeno a far riflettere molto prima di prendere qualsivoglia posizione, tanto più per giudicare, e ancora di più per prendere una posizione finale. Tirando le somme: se oggi la scienza dice determinate cose, e queste cose sono consolidate e inconfutabili, ma se sulle stesse ci si basava allora per costruire determinate teorie, mi pare ovvio che in forza della scienza quelle determinate teorie devono cadere. Spero di non avere un abbaglio enorme o di fare il sofista senza che me ne renda conto io stesso, ma a questo punto dire che un dio esiste perché il cosmo non può reggere se stesso, che i pianeti non possono muoversi senza un artefice che dà loro impulso (che l'abbia dato all'inizio o che continui a farlo penso sia indifferente ora) o quant'altro sono teorie da accantonare.
Lasciando perdere gli antichi e con loro Cicerone, ora è interessante chiedersi perché la materia non può creare se stessa ma Dio sì. La posizione di fondo penso che si possa riassumere dicendo che ci deve essere per forza un principio dal quale nasce tutto. E questo principio è Dio. Senza un principio non può esserci niente, perché nella catena delle cause si andrebbe indietro all'infinito. Si si deve fermare quindi, e il termine ultimo – o forse meglio parlando “termine primo” – è appunto il Dio creatore, perché è inconcepibile che qualcosa si crei da sola. Ma perché, mi domando io, non è inconcepibile che pure Dio si crei da solo? Che bisogno c'è di mettere su un ente l'opera creatrice? Perché vediamo un quadro e non possiamo che pensare al pittore; perché vediamo un vaso e non possiamo che pensare al vasaio; perché vediamo un campo arato e non possiamo pensare che ci sia l'agricoltore. Insomma perché dietro l'opera c'è l'artefice. Ma questo succede sulla terra: è lecito traslare lo stesso ragionamento per portarlo su tutto? Chi rimane imprigionato in questa mentalità non può che rispondere di sì. Io la domanda seria la lascio, perché mi pare sia un'ipotesi plausibile. Ora, a dirla tutta, sono molto più propenso a credere proprio questo. Almeno finché non trovo qualcosa di più soddisfacente, che non magari i soliti sofismi e le belle scuse del tipo “Dio è infinito” e simili, che lo portano al di là del conosciuto e pertanto esente da giustificazione (oltre che sembrarmi una scusa posso ribattere con lo stesso argomento: se è al di là del conosciuto tu come fai a saperlo? Si andato a vedere e sei tornato indietro portandoci la buona novella?). È incomprensibile che la materia crei se stessa. Assurdo, impensabile. Ma stando ad alcune teorie “misteriose e sconosciute” è incomprensibile alla stessa maniera come Dio abbia potuto creare. Sono due forme di incomprensibilità: solo che la prima non piace, perché siamo abituati a vedere il quadro il vaso e il campo; mentre la seconda piace, appunto perché non renderemmo ragione al fatto di trovare quelle cose già bell'e pronte. Per questo è assurdo impensabile ecc che la materia abbia in sé le condizioni per autocrearsi, o magari che sia esistita da sempre, mentre Dio, seppur allo stesso modo incomprensibile, è almeno “accettabile”. Ma perché non riflettere di più su questo? Se la materia è venuta in qualche modo da sola all'essere è pur sempre venuta così come Dio l'ha fatta venire. Prima non c'era, poi c'era. In qualche modo è venuta come dicevo, e in entrambi i casi non si sa dare spiegazione. Ma ancora: l'ipotesi del creatore è più accettabile. Se invece andiamo nel caso che c'è sempre stata non migliorano le cose: chi ce l'ha messa?... sì, ma chi ci ha messo “quello che ce l'ha messa”? Come ha avuto la forza, l'intelligenza e le altre caratteristiche da crearla? Deve avere avuto in sé tutto ciò che era necessario, e questo dall'eternità e per l'eternità. Ma a questo non si indaga, perché siamo “troppo oltre” per così dire: meglio fermarsi ai dati di fatto, è più semplice! E anche con questa scusa si dice che per forza deve esserci un Dio creatore dietro tutto.
Come non pensare che siano la stessa cosa materia-creazione-Dio? È semplice panteismo? O panenteismo? Eppure penso che non ci sia affatto bisogno di andare al pittore e al vasaio e all'agricoltore: è la mentalità antica che dicevo in alto che ci lascia dentro queste domande (o aporie?) irrisolte. Se la estirpassimo si potrebbe indagare in diversa maniera, cominciando, come semplice e pura proposta, da tutto quello che ho appena scritto. E poi non si dice fin dall'alba dei tempi che Dio è inconoscibile, come ho accennato sopra? E sempre come ho già detto: se fosse inconoscibile, perché devi pensare che si sia creato con qualche procedimento diverso da come egli ha creato in seguito il resto? Questa non è “dotta ignoranza”, teologia negativa o quant'altro: queste sono teorie belle e spiegate. È ridicolo sentirsi dire che una cosa è inconoscibile, perché dicendo che è inconoscibile sai già che non si può conoscere! Ma così sai che non puoi conoscere: sai qualcosa! È un paradosso di termini – o così ora mi suona.
Se non altro, rimane gloria e onore ai savi antichi, che hanno permesso la posterità anche solo di porsi queste domande (per sua gioia e condanna – alla ricerca di una risposta!).
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Vecchio 18-04-2013, 18.51.50   #2
Soren
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La prima teoria che ha messo al centro del problema filosofico il concetto di causa è quella di Spinoza ( Platone e le idee e Aristotele ed il "motore immobile" non erano avanzati in questo senso e nemmeno tutta la scuola aristotelica conseguente.. forse gli scolastici avevano fatto qualche passo avanti, ma sempre sotto l'idea di dio ) per cui si l'integrazione di dio col mondo sfocia nel panteismo, nel vedere l'unità di identità di questi due concetti cioè che sono immediatamente reversibili. Per il resto il metodo scientifico mi pare aver già rifiutato le interpretazioni finalistiche e metafisiche-religiose nella sua enciclopedia; le prime non appaiono fondate in natura e sono state sostituite dal concetto di entropia, le seconde sono semplicemente state considerate non attinenti. Anche se credo che l'argomentazione contro un fondamento teo-ontologico sia contenuta nella negazione del finalismo perché nega inevitabilmente qualsiasi possibile intenzionalità alla base dell'universo. Ciao
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Vecchio 18-04-2013, 20.38.28   #3
boh
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La prima teoria che ha messo al centro del problema filosofico il concetto di causa è quella di Spinoza ( Platone e le idee e Aristotele ed il "motore immobile" non erano avanzati in questo senso e nemmeno tutta la scuola aristotelica conseguente.. forse gli scolastici avevano fatto qualche passo avanti, ma sempre sotto l'idea di dio ) per cui si l'integrazione di dio col mondo sfocia nel panteismo, nel vedere l'unità di identità di questi due concetti cioè che sono immediatamente reversibili. Per il resto il metodo scientifico mi pare aver già rifiutato le interpretazioni finalistiche e metafisiche-religiose nella sua enciclopedia; le prime non appaiono fondate in natura e sono state sostituite dal concetto di entropia, le seconde sono semplicemente state considerate non attinenti. Anche se credo che l'argomentazione contro un fondamento teo-ontologico sia contenuta nella negazione del finalismo perché nega inevitabilmente qualsiasi possibile intenzionalità alla base dell'universo. Ciao

Salve Soren! Non intendevo esattamnte quello con l'antropocentrismo: però è evidente che il modo di ragionare è quello. Forse non so come esprimermi... anche nella conformazione del cosmo, della terra, sia Platone che Aristotele non può che essere sotto quell'ottica. Se avessero saputo che la terra e tantomeno l'uomo non sono niente in confronto all'universo sono parecchio convinto che avrebbero decisamente immaginato una creazione in modo differente...

E del fatto materia-crea-se-stessa? che ne pensa Kierkegaard?
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Vecchio 18-04-2013, 21.07.29   #4
Tempo2011
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Leggendo le Tuscolane di Cicerone, nei passi dove parla della divinità che deve reggere il cosmo (I, 63) comprendo stranamente meglio che in molte altre opere la concezione di fondo che ha sempre portato a credere che ci deve essere un dio a “muovere l'universo”. Dico “stranamente” perché per esempio il Timeo, essendo un dialogo incentrato sull'argomento (mentre quest'opera ciceroniana no), e poi molte altre di altri autori che nel corso del tempo ho letto, non mi hanno mostrato con così innocente e direi quasi ingenua chiarezza la concezione degli antichi.
Noi certo, al giorno d'oggi, abbiamo la signora Scienza che ci supporta, e sarebbe alquanto deplorevole criticare e sbeffeggiare questi geni del passato (che in ogni caso hanno prodotto innumerevoli idee solo con l'ausilio della mente e della filosofia, e niente scienza alle spalle): che si abbia pure ammirazione quindi, ma che ci si fermi lì. Andare oltre, e per “oltre” intendo ridiscutere seriamente le loro ipotesi, e prenderle per buone, e quindi pensare che un dio esiste solo per questo fatto, per il fatto che l'universo “non può muoversi da solo” penso che sia un grande errore.
Arrivando più vicino a noi anche Kant affermava che se l'universo si muove è perché qualcuno deve avergli dato un calcio. Non si riferisce a nessun dio ma a una qualsiasi motivazione. In seguito abbiamo saputo della teoria del Bing Bang, fino ad ora la più accreditata. Molte volte la filosofia ha preceduto la scienza. Perciò ci andrei cauto prima di accantonare in massa i pensieri filosofici del passato.
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Vecchio 19-04-2013, 10.03.05   #5
Soren
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Salve Soren! Non intendevo esattamnte quello con l'antropocentrismo: però è evidente che il modo di ragionare è quello. Forse non so come esprimermi... anche nella conformazione del cosmo, della terra, sia Platone che Aristotele non può che essere sotto quell'ottica. Se avessero saputo che la terra e tantomeno l'uomo non sono niente in confronto all'universo sono parecchio convinto che avrebbero decisamente immaginato una creazione in modo differente...

E del fatto materia-crea-se-stessa? che ne pensa Kierkegaard?

Kierkegaard non lo so, io che gli ho sbafato il nome per il forum una mia idea ce l'ho.
L'antropocentrismo si basa credo tutto su di un impostazione del pensiero sul mondo visto come funzionale allo sviluppo e benessere dell'esistenza umana, anteposto all'antropismo che ne rigira il verso. Ricordo che una volta durante una lezione di filosofia alle superiori la mia prof parlando di Bruno ( cito il caso perché, non avendolo letto, non posso sapere se era proprio così! ) parlando della sua concezione del mondo disse che per lui "l'universo era infinito e l'uomo e la terra ne erano al centro" frase che mi pare riassumere molto bene quel moto di fede umano che accompagnava l'idea di dio aristotelico e cristiano. Ovviamente è una concezione che si commenta subito da sé ( al centro dell'infinito ? ... ), ma l'errore fondante è quello evidenziato da Kant e che siamo così abituati a fare che pure chi l'ha studiato e conosciuto come vero, dal primo all'ultimo, fanno tutti ancora chi più chi meno ( Schopenhauer ne è un esempio particolarmente eclatante, per quanto superò anche il maestro in molti sensi ): trasferire/sublimare, cioè vedere nel fare della natura un elemento tipico solamente dei sistemi organici ed in particolare dell'uomo siccome ne ha coscienza come lo scopo. Mi pare ovvio che una volta che uno comincia a vedere uno "scopo" in un agire quantistico la strada per dio è corta... "perché succede questo e questo ? che senso ha ?" siccome noi quando agiamo lo facciamo in vista di uno scopo, supponiamo che il mondo debba seguire per forza lo stesso principio e per cui per potere autorizzarci a fare quest'operazione siamo inevitabilmente portati ad andare oltre con l'analogia e mettere sotto il suo agire un sub-jectum come noi, per poi spiegarlo con un'altra analogia resa però assoluta ( il grande mito del bene non relativizzato! ). Per questo ho scritto che finalismo e antropocentrismo hanno un fato comune; era un modo per dare ragione ai tuoi dubbi, anche se volevo darti il mio "secondo me". :P La conseguenza poi è che, come dici tu, rimossa qualsiasi differenza ontologica tra dio e mondo e l'intenzionalità sottostante la creazione l'unica possibilità che resta è pensare un mondo fattosi da sé. Questo è un argomento su cui si è discusso molto sul forum recentemente e sono sicuro che se dai un'occhiata troverai molti post a tema, anche perché è un problema comune e attuale di filosofia e scienza. Io esprimendo sinteticamente la mia posizione posso dirti che alla questione mi oriento in modo metafisico come credo che sia necessario cercando un fondamento al mondo fisico, e principalmente mi oriento sulla metafisica negativa che vede il nulla come generatore della possibilità dell'essere ( il dualismo essere-non essere contrapposto in eterno generare all'infinito, per stringere molto ). Cioè credo in un'infinita fonte di energia fondata ontologicamente negativamente costantemente impegnata nel tentativo di esaurire sé stessa e motivata non da altro che questo ( cioè una sola causa efficiente che si può anche scambiare con causa finale se si attribuisce intenzionalità a quest'energia: ma ovviamente sarebbe un errore, valido solo per spiegarsi a livello "linguistico" ). Ma questa è soltanto una mia opinione tra l'altro sintetica; come detto prima la questione è attuale e prima che qualcuno ancora una volta decreti per tutti quella che è impossibile sapere per ognuno, trovo che valga la pena farsene un'idea. Non so se sono stato chiaro/ti ho risposto in modo soddisfacente. Ma in caso sono sempre felice di ricevere critiche.

Ultima modifica di Soren : 19-04-2013 alle ore 11.34.00.
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Vecchio 19-04-2013, 10.59.27   #6
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Boh, ma tu li hai studiati questi geni del passato abbastanza da dire che sono superati? O come alcuni scienziati ti tieni fuori dalla storia del pensiero umano e critichi senza ben sapere? è solo per curiosità, non voglio accendere i toni!


Perché la materia non può essersi creata da sola? Una possibile risposta è questa: perché niente di ciò che vediamo si crea da solo, e c'è un qualcosa di pragmaticamente scientifico in questa affermazione secondo me. Inoltre la materia o l'energia noi non la conosciamo mai, noi conosciamo oggetti che supponiamo esser fatti di una sostanza che chiamiamo energia o materia. Perché proprendere per un primo principio trascendente e non immanente? 1. se, per esempio, ammettiamo che i corpi esistono grazie all'energia o alla materia, non potendo avere esperienza di questi concetti, si potrebbe ammettere che le cose esistono grazie ad una realtà che li trascende. 2. per evitare un regresso all'infinito nella scala delle cause. 3. perché non esiste sistema completo che non sia aperto, cioè a cui qualcosa di esterno non debba porre mano;

Wikipedia:una costruzione assiomatica non può soddisfare contemporaneamente le proprietà di coerenza e completezza. Se dagli assiomi viene dedotta l'intera aritmetica, essi portano ad una contraddizione; se i teoremi derivati non sono contraddittori, esiste almeno un teorema non dimostrabile a partire da quei soli assiomi, un caso indecidibile del quale non si può dire se sia vero oppure falso. Insistendo a postulare con un nuovo assioma la verità di un teorema indecidibile, il problema viene semplicemente spostato e la costruzione ripropone un secondo caso di indecisione.

Questo è uno dei teoremi di incompletezza di Godel. Fondamentalmente è impossibile creare un sistema autosufficente senza paradossi; deve sempre esserci qualcosa di esterno e più "completo" che sistemi le cose quando si presentano casi indecidibili, per esempio, nei confronti di un sistema matematico una mente umana (che è capace per esempio di cogliere la qualità delle cose ecc, di ragionare sopra un sistema più limitato e "sistemarlo"). Ora, finché la questione riguarda la forma di cose che esistono il problema può essere risolto utilizzando enti che non si trascendono (l'uomo rispetto ad un sistema geometrico ad esempio), ma quando si parla della coerenza di tutto ciò che esiste se si vuole ricercare qualcosa di più o di diverso che ne garantisca la coerenza si potrebbe finire su un principio trascendente, qualcosa che non è contenuto nel sistema stesso, qualcosa che per gli enti che esistono non esiste. Non so se hai letto Plotino, ma i suoi argomenti circa l'esistenza dell'Uno come causa efficiente non consustanziale all'effetto sono molto convincenti e, secondo me, anticipano il significato dei teoremi di Godel (sebbene la loro interpretazione in un senso o in un altro sia difficile da giustificare con sicurezza; in ogni caso Godel credeva nelle idee del tipo di Platone e in Dio, come, del resto, Plotino). Quel principio in grado di giustificare l'Esistenza potrebbe non richiedere altri principi a giustificarlo a causa della situazione limite in cui è inquadrato, e così che Dio può ricavare la sua indipendenza causale chiudendo il circolo della caduta all'infinito.


Un argomento di Plotino:
Il primo principio non deve neanche essere "essere". Presupposto di un simile ragionamento è che l'essere sia considerato un predicato equiparabile nel suo statuto ai predicati che determinano la natura di qualcosa (come, ad esempio, "bello", "giusto" ecc.). "Essere" è dunque "la porprietà di essere", ciò fa emergere la necessità di postulare un principio eterogeneo all'Essere che dia conto del fatto che il predicato "essere" sia attribuito a tutto ciò che dipende da esso. Esso è la causa che genera tutto il resto, inclusa l'alterità; pluralità ed Essere si implicano a vicenda e l'Uno, che è causa di entrambi, ne è del tutto esente. L'Uno è principio delle forme in quanto privo di forma.

Nel momento in cui si nomina il primo principio assolutamente semplice e privo di deterinazione, non si stanno attribuendo ad esso una proprietà o un carattere tali che si possa riproporre, rispetto all'Uno, lo stesso argomento che ha condotto a postulare un principio superiore all'Essere.



Dov'è la scientificità di questi argomenti? Sono vane parole? Forse si, ma i teoremi di Godel sono scienza matematica e concetti limiti come quelli di energia, di singolarità, momenti in cui lo spazio ed il tempo non esistevano, sono propi della fisica contemporanea. Finché su queste cose la scienza non tira fuori argomenti soddisfacenti la questione rimane più o meno aperta.

è inutile parlare di queste cose che sembrano esercizi di dialettica? No perché si esercita la coerenza del linguaggio e trovare buone ipotesi teoriche vuol dire poterle testare. Anche Godel aveva intuito l'esito dei suoi teoremi prima di esprimerli nel linguaggio solido della matematica e dimostrarli grazie ad essa.


Sembra che voglia difendere l'esistenza di Dio, ma non è proprio così, volevo solo mostrare la difficoltà di poter escludere certe ipotesi. Al Dio con la barba mi rifiuto anche io di credere, ma un principio trascendente non è così evidentemente impensabile (e neanche così antiscientifio).



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Vecchio 19-04-2013, 12.55.35   #7
sgiombo
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Circa il problema della limitatezza (e dunque dell' origine) oppure della illimitatezza nel tempo (e anche nello spazio) dell' universo penso con Kant che non sia risolvibile con certezza, dal momento che:

Da un parte ambedue le varianti (infinitistica e finitistica) sono a priori parimenti pensabili correttamente, non contraddittoriamente, e dunque sono teoricamente possibili : si può pensare l' ipotesi che l' universo sia finito nel tempo (e nello spazio), così come quella che sia sempre esistito, che esisterà sempre (e dovunque), che sia infinito nel tempo (e nello spazio).
Dall’ altra parte non esiste un criterio empirico, un’ osservazione fattuale tale da dirimere a posteriori la questione (le ipotesi cosmologiche -o per meglio dire: cosmogoniche- del “Big bang", largamente correnti fra gli scienziati “politicamente corretti” o conformistici non sono affatto prive di incertezze, lacune, elementi di per lo meno problematica compatibilità con le osservazioni empiriche disponibili).

L' ipotesi dell' infinità dell' universo nel tempo e nello spazio non é dunque più vera (per quel che se ne sa) né più certa della contraria; tuttavia penso che essa semplicemente sia più razionalistica nel caso si ammetta la verità della conoscenza scientifica.
Come ha mostrato David Hume, non é possibile dimostrare con certezza che la conoscenza scientifica sia vera: essa si fonda su di un presupposto non dimostrabile (essere vero, né essere falso): quello per cui il divenire naturale è causalmente determinato, ovvero segue determinate leggi generali universali e costanti (siano esse di tipo meccanicistico-deterministico oppure probabilistico-statistico: la questione a questo proposito non ha importanza). Difatti dalla circostanza che finora ogni volta che una certa ipotizzata legge fisica (meccanicistica oppure statistica) che fosse stata sottoposta alla prova dell’ osservazione empirica (verificata o per lo meno non falsificata) sia stata sempre puntualmente confermata non é possibile dedurre con certezza che lo sarà anche la prossima volta (ogni "prossima volta", per quante siano le volte in cui sia stata finora confermata): é sempre possibile pensare correttamente, non contraddittoriamente (cioé é sempre teoricamente possibile) che la prossima volta che una mela si staccherà da un albero anziché cadere al suolo salga verso il cielo.

Ora se si crede (per fede, senza poterlo dimostrare) alla verità della conoscenza scientifica (e si può notare en passant che tutte le persone solitamente considerate "mentalmente sane" per lo meno si comportano di fatto come se ci credessero: nessuno che non sia pazzo si getta dalla finestra del decimo piano di un grattacielo per paura che la forza di gravità da un momento all' altro si inverta di segno facendolo sfracellare contro il soffitto!), allora i casi sono due:
a) O si ammette -arbitrariamente- che il divenire naturale sempre e dovunque (all' infinito nel tempo e nello spazio) segue leggi universali e costanti.
b) Oppure si ammette -altrettanto arbitrariamente- che le segue solo in un determinato ambito limitato (finito) del tempo e dello spazio: dall' inizio (creazione, divina o autonoma, “spontanea” che sia) all' (eventuale) fine, e per un' estensione di spazio finita.

Nel primo caso si ammette arbitrariamente una sola affermazione indimostrabile:

"il divenire naturale segue leggi"

(cioé non é del tutto caotico, disordinato, imprevedibile); il che, in mancanza di altre determinazioni, significa che le segue sempre e dovunque, ovvero che queste leggi sono propriamente universali e costanti.
Nel secondo caso si ammettono almeno due affermazioni indimostrabili:

1) La natura dall' inizio (alla fine) dell' universo diviene secondo leggi; ovvero "il divenire naturale segue leggi nel tratto di tempo (e di spazio) finito in cui si estende l' universo".

2) La natura non seguiva tali leggi prima dell' inizio (creazione; e non le seguirà dopo la fine) dell' universo; ovvero "il divenire naturale non segue leggi -di più: non esiste nemmeno come tale, come divenire naturale; non esiste nemmeno come 'la natura'- prima dell' inizio e dopo la fine dell' universo" (analogo discorso vale per l' estensione dello spazio eccedente quella finita nella quale si ritenesse compreso l' universo).

Credo che il razionalismo si possa definire come il credere al minor numero possibile di affermazioni indimostrate (essere vere o essere false), mentre per irrazionalismo (per esempio religioso, o superstizioso) si possa intende il credere -o il non credere- alle più svariate tesi indipendentemente dal fatto che siano dimostrate essere vere -o essere false-, secondo il fondamentale criterio (razionalistico, per l' appunto) del rasoio di Ockam.
Dunque credere che l' universo esista e divenga da sempre e per sempre e dovunque unitamente al credere alla verità della conoscenza scientifica, implicando un' unica affermazione indimostrata, é più razionalistico che supporre che abbia avuto un inizio (ed avrà una fine) nel tempo e nello spazio, il che implica per lo meno due affermazioni indimostrate.

Si può inoltre chiedere a chi ritiene che l' universo abbia avuto un inizio (e non crede pure, alquanto conseguentemente, a una creazione divina; per esempio molti scienziati di vaglia che si proclamano atei, materialisti; e magari anche razionalisti) perché non si getti dalla finestra (meglio se si é almeno al decimo piano di un grattacielo).
Infatti se le “attuali” leggi di natura sono propriamente universali e costanti e immutabili (e dunque l’ universo è sempre esistito e divenuto e per sempre esisterà e diverrà secondo queste leggi generali scientificamente conoscibili), allora così facendo si può star certi che ci si sfracellerà al suolo; mentre invece se le “attuali” leggi di natura non sono propriamente universali e costanti e immutabili, bensì hanno cominciato a "essere in vigore" ad un certo istante (e in un certo tratto di spazio), allora nulla ci garantisce che di nuovo da un momento all' altro (per lo meno da qualche parte) non possano venir meno o cambiare, e dunque che magari improvvisamente non ci si possa sfracellare contro il soffitto se non ci si getta dalla finestra.
Se si ritiene -arbitrariamente, indimostrabilmente, per così dire "per fede"- che la realtà (naturale) da sempre e per sempre (e dovunque) diviene secondo le leggi scientificamente conoscibili, allora non c' é alcuna incongruenza nel cercare di evitare di cadere dalla finestra, giacché non si può non essere sicuri che così facendo ci si schianterà a terra (in quanto la legge di gravità da sempre e per sempre farà sì che i nostri corpi, a poca distanza dal suolo, siano attratti verso il centro della terra).
Ma se si crede -altrettanto arbitrariamente, indimostrabilmente, "per fede"- che l' universo ha avuto un inizio, e dunque che le leggi di natura hanno cominciato ed "essere in vigore" solo ad un certo punto, ovvero che non lo sono propriamente per sempre (e dovunque), allora, a meno di non credere anche (alquanto conseguentemente) che una divinità ha creato l’ universo in divenire ordinato secondo tali leggi (e che si astiene dal fare scherzi idioti alle sue creature), perché mai non si dovrebbe considerare altrettanto possibile della contraria (del continuare a vigere della legge di gravità così come é stata finora dall' inizio dell' universo) anche l’ eventualità che da un momento all' altro la legge di gravità non "viga" più, o magari non cambi radicalmente, per esempio provocando il violento allontanamento dei nostri corpi dal centro della terra e dunque il nostro sfracellarci contro il soffitto se non ci gettiamo dalla finestra?
Non ci sono argomenti per dire che l’ ipotesi di una durata dell’ universo infinita nel tempo sia più certamente vera di quella opposta secondo cui avrebbe avuto un inizio (o viceversa); però non c’ è alcun dubbio che il credere alla prima di esse, oltre che più razionalistico, sia anche maggiormente coerente con un comportamento “normale”, per esempio con il fatto di non gettarsi dal decimo piano di un grattacielo al fine di evitare di sfracellarsi contro il soffitto.
E credo anche che si possa dire che fra chi crede nella finitezza temporale (e spaziale) dell' universo e si comporta “normalmente”, per esempio non gettandosi dal decimo piano di un grattacielo, coloro che credono anche nell' esistenza di un Dio che per lo meno non fa scherzi da ...prete (se non é addirittura provvidente) sia più coerente e meno contraddittorio nella sua pratica di coloro che inoltre sono atei.
sgiombo is offline  
Vecchio 19-04-2013, 16.23.14   #8
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sgiombo:
Dunque credere che l' universo esista e divenga da sempre e per sempre e dovunque unitamente al credere alla verità della conoscenza scientifica, implicando un' unica affermazione indimostrata, é più razionalistico che supporre che abbia avuto un inizio (ed avrà una fine) nel tempo e nello spazio, il che implica per lo meno due affermazioni indimostrate.

Si può inoltre chiedere a chi ritiene che l' universo abbia avuto un inizio (e non crede pure, alquanto conseguentemente, a una creazione divina; per esempio molti scienziati di vaglia che si proclamano atei, materialisti; e magari anche razionalisti) perché non si getti dalla finestra (meglio se si é almeno al decimo piano di un grattacielo).
Infatti se le “attuali” leggi di natura sono propriamente universali e costanti e immutabili (e dunque l’ universo è sempre esistito e divenuto e per sempre esisterà e diverrà secondo queste leggi generali scientificamente conoscibili), allora così facendo si può star certi che ci si sfracellerà al suolo; mentre invece se le “attuali” leggi di natura non sono propriamente universali e costanti e immutabili, bensì hanno cominciato a "essere in vigore" ad un certo istante (e in un certo tratto di spazio), allora nulla ci garantisce che di nuovo da un momento all' altro (per lo meno da qualche parte) non possano venir meno o cambiare, e dunque che magari improvvisamente non ci si possa sfracellare contro il soffitto se non ci si getta dalla finestra.



La prima ipotesi non permette però di rispondere a questa domanda: se prima di me ci sono stati infiniti universi, nel senso di, magari, infiniti Big-Bang, come hanno fatto a trascorrere tutti nel loro essere senza fine per arrivare a quello in cui siamo noi?


Inoltre legare il fatto che l'universo sia comparso al fatto che allora, all'interno di esso, le leggi dovrebbero poter mutare a caso (perché è questo che stai ammettendo, che possano mutare senza un senso, mentre che possano mutare lo credo plausibile) non lo trovo così scontato. Magari semplicemente esso poteva non esistere, ma esistendo ha portato con sé la sensatezza necessaria a renderlo tale.

Secondo me, per esempio, certe costanti potevano anche essere diverse nelle fasi iniziali dell'universo ed essersi stabilizzate col tempo, cioè questa può essere una soluzione alla domanda del perché certe costanti abbiano valori contingenti che non porti a risposta l'esistenza di infiniti universi in cui le cose sarebbero diverse => agli scienziati di solito questa pare la soluzione migliore: "qui le cose stanno così perché in altri universi le cose vanno diversamente", così si esclude una mente proggettista. Secondo me, invece, all'inizio poteva succedere di tutto e poi è successo qualcosa non per caso ma neanche in modo del tutto meccanico; semplicemente secondo un senso, un logos anche libero se possibile (che ha dunque portato queste conseguenze invece di altre possibili, come gli uomini che fanno certe azioni e non altri possibili grazie al libero arbitrio), perché questi altri infiniti mondi se esistono, avrebbero in comune con noi l'Esistenza cioè pure la loro "sostanza". Detto in termini scientifici se esistessero degli universi diversi essi avrebbero il movimento (la fisica studia le relazioni tra enti, cioè l'accadere nello spazio-tempo) e così l'energia; per quale motivo dovrebbero, allora, essere separati dal nostro? Potrebbero esserci realtà complesse nelle pieghe inaccessibili degli elementi che ci compongono, ma non realtà simili alla nostra che fluttuano intono a noi senza avere effetti su di noi, questo, si, lo trovo insensato. Poiché appunto questi mondi sarebbero fatti di energia e da quanto si sà l'energia entra benissimo in contatto con altra energia senza che nessuno scudo invisibile o non-essere sia lì a separare.



Ultima modifica di Aggressor : 20-04-2013 alle ore 10.41.23.
Aggressor is offline  
Vecchio 19-04-2013, 18.58.22   #9
boh
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Citazione:
Originalmente inviato da Aggressor
Boh, ma tu li hai studiati questi geni del passato abbastanza da dire che sono superati? O come alcuni scienziati ti tieni fuori dalla storia del pensiero umano e critichi senza ben sapere? è solo per curiosità, non voglio accendere i toni!



Aggressor!
Non ti deluderò, e ti dico che di certo non li ho studiati abbastanza. Penso che due anni siano pochi infatti. Ma con altrettanta certezza ti dico che se arriverò a 80 anni, neanche 60 anni di studi mi faranno dire che li avrò studiati abbastanza.

So poi che sono facilmente fraintendibile, e suppongo che ora sia stato di nuovo vittima (e anche tu) di questo, perché in ogni caso non voglio di certo dire che siano superati in senso totale, ma "solo" scientifico-tecnologico-simili (a meno che tu sia convinto che ci sia un motore immobile nel cielo ).
E poi verso la fine ho anzi difeso il loro genio - chiamandolo così - proprio perché di certo non lo considero "superato", anzi...
magari possiamo trovare un "compromesso metafisico-metaforico", se posso improvvisare un nome del genere, del tipo che, seppur evidentemente non c'è la conformazione celeste che sostenevano, si può leggere il tutto in chiave metaforica e pensare che, volendo descrivere ciò che sta dietro, si può accettare quella visione. L'Anima plotiniana, le ipostasi, bla bla bla, queste cose ho seri dubbi che esistano, però si possono tenerle buone ugualmente sotto questi aspetti...
poi scusa, io ho sia poco studio alle spalle, in ogni caso da solo, e comunque tendo a "improvvisare" le risposte. Non è che sto molto a meditarle, e per questo posso anche poi ravvedermi, cambiare idea il giorno dopo ecc... ora mi pare che possa andare bene quello che ho scritto!


Per il resto, risponderò prossimamente su questi schermi! avete scritto un botto tutti e due e che cacchio, non riesco a starvi dietro
(immagino poi i moderatori, che stanno a legger tutto! :O)

helloah!
boh is offline  
Vecchio 20-04-2013, 10.32.03   #10
Aggressor
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Caro boh capisco perfettamente ciò che vuoi dire e confermo! Non credo alla conformazione astronomica di Aristotle! Sul motore immobile staremo a vedere

Scusa, solo che certi antichi secondo me sono proprio forti e, per quanto possibile attuali, tipo Epicuro. Posso consigliarti un libro che è piaciuto a tutti quelli che l'hanno letto per il corso di filosofia antica: si chiama "Creazionismo" -il dibattito antico da Anassagora a Galeno- Scritto da David Sedley (prof di filosofia antica a Cambridge), Carrocci editore.


Tanto per approfondire ancora un pò voglio riportare un argomento degli stoici a favore del creazionismo (che poi potrebbe essere un argomento a favore di un logos ordinatore più che altro -anche immanente nella materia-, che loro pure intendevano come Dio): Si porti a dei barbari un modellino in legno del sistema solare, non penseranno quelli che qualcuno deve aver creato questo modello? E cosa dovremmo pensare noi quando ammiriamo direttamente la conformazione del nostro mondo?
Aggressor is offline  

 



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