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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 08-05-2004, 16.40.34   #1
r.rubin
può anche essere...
 
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
una conferma da qualcuno che conosce Ockham

ciao
sto studiando la dimostrazione dell'esistenza di Dio di Ockham, ma non so se ho capito una mandorla del motivo per cui Don Ockam rifiuta la precedente dimostrazione dell'esistenza di Dio fondata sulle cause efficienti, che dice che

la catena causale degli enti contingenti del mondo
...A -> B -> C -> D...
funziona in modo che
un'ente causa (conferisce) l'essere di un'altro ente e così via.

Infatti nel mondo vediamo gli enti nascere e morire (contingenza), e nascendo nascono sempre da un'altro ente (causa efficiente) a sua volta nato da un'altro ente (altra causa efficiente) e così via ritroso.

ora, o un ente è causa di se stesso,
cosa impossibile dal momento che in questo caso l'ente dovrebbe venir prima di se stesso per dare l'essere a se stesso (ma come fa se non è ancora?),

oppure è causato da un'altro.
Però nel ripercorrere a ritroso la catena causale non si può retrocedere all'infinito, ma dobbiamo trovare un ente primo che possa dare l'essere a tutti gli enti contingenti senza aver bisogno che nessun'altro dia l'essere a sè: ovvero un ente incausato, quindi eterno, cioè Dio.

ora quella tazza in testa di Ockham mi dice, se ho ben capito, che non si può davvero dire che sia "impossibile retrocedere all'infinito", dal momento che una causa efficiente, quella che da l'essere, può corrompersi e sparire dopo aver svolto il suo ruolo di causa, ovvero l'aver causato l'essere in un altro ente: così che ne risulta che, non essendo per forza presenti tutti gli enti (che potrebbero essere infiniti) nello stesso momento, non si può parlare di "infinito in atto" (che Aristotele diceva assurdo, perchè l'infinito non può che essere in potenza) così che non si può liquidare la faccenda della possibilità di risalire all'infinito ed affermare quindi la necessità dell'esistenza di un ente primo incausato.

allora un topo sembra rodermi il cervello quando mi chiedo se la sua critica è questa:
riassumendo:
il tizio delle cause efficienti pone come condizione del suo ragionamento l'impossibilità di retrocedere all'infinito.
Ockham dice: chi me lo dice che è impossibile retrocedere all'infinito?
io posso infatti concepire benissimo, una catena di cause efficienti infinita, senza capo nè coda: MA non posso concepire che tutte queste siano nello stesso tempo presenti, perchè sarebbe una catena infinita in atto!! è ciò è palesemente assurdo per la dimostrazione di Aristotele.
MA dal mometo che le cause efficienti possono corrompersi e sparire dopo aver causato il loro effetto, non posso dire davvero che quella infinita catena causale sia in atto;
quindi non posso dire che sia impossibile retrocedere all'infinito.


...sapete dirmi se ho capito giusto?

grazie mille!!
r.rubin is offline  
Vecchio 08-05-2004, 17.44.21   #2
Marco_532
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Seguendo la logica della catena causale degli enti contingenti è conseguente incastrarsi negli infiniti enti di causa. Se un ente per esistenre necessita di essere causato, e se per essere a causato necessita di un ente di causa, risulta impossibile risalire la catena all'infinito, per il fatto che l'infinito - in questo caso - esprime proprio l'inesistenza dell'ente incausato. Secondo me il resto è solo un incastro mentale e una distorzione della stessa logica. L'ente causale che scompare sottolinea l'impossibilità di retrocedere all'infinito, poichè viene meno un anello della catena. (Ha usato questa frase come battuta spero?!...) Non avevo mai sentito nominare questo Ockam, e mi piacerebbe leggre il testo originale di questa critica, o le sue parti salienti originali. Potresti postarle o il don ha navigato molto nel suo incastro? Mi sembra un discorso banale... evidentemente non ho colto dal tuo post qualcosa di fondamentale.

Ciao, Marco.
Marco_532 is offline  
Vecchio 09-05-2004, 02.06.22   #3
r.rubin
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Messaggi: 2,053
purtroppo non ho il testo originale nè l'ho trovato sul web.
comunque credo di aver capito.


riguardo il corrompersi delle cause il punto non è propriamente che viene meno un anello della catena, e quindi ti si apre sul tuo cammino come un crepaccio troppo largo, per poter riuscire a saltarlo via, riagrappandoti come Indiana Jones alla una corda rimasta penzoloni sul vuoto, e poter quindi come uno scalatore continuare a risalire le cause ancora precedenti;

il punto è proprio che sto frate prende a riferimento l
'idea aristotelica
dell'assurdità di pensare a un infinito in atto

(l'infinito -lo spazio, il tempo- è sempre "in potenza"
perchè gli si "può" sempre aggiungere qualcosa
all'infinito appunto -pensa a una retta che nel suo procedere aggiunge un punto dopo l'altro senza mai raggiungere l'ultimo punto-,
mentre se fosse "in atto" sarebbe un infinito finito, cioè completo, ultimato, che non si evolve oltre... che è assurdo, perchè è proprio caratteristico dell'infinito evolversi sempre).

e dire, come quell'altro fa, che
è impossibile risalire all'infinito nella catena causale,
significa in altre parole
affermare che la catena causale è finita
(potendo così di conseguenza affermare la necessità di un principio primo da cui inizia, cosa che sarebbe impossibile se la catena fosse infinita, perchè appunto non c'è un punto d'inizio).

ma per poter affermare senza ombra di dubbio che
la catena causale non è infinita ma finita,
dal momento che io posso concepire nella mia mente una catena causale infinita,
dovrebbe ragionare in modo da condurre
il mio pensiero dell'infinità del prolungarsi della catena causale, all'autocontraddizione.

ovvero, dovrebbe riuscire a farmi pensare, pensando ad una catena causale infinita, che questa catena causale è infinita in atto. Cosa impossibile => la catena causale è finita

ma essere infinita in atto significa dire che
la catena causale infinita
è in tutta la sua infinitezza presente nello stesso tempo...

ma non può riuscirci!

infatti, dal momento che una causa dopo aver causato il suo effetto può corrompersi e sparire, non posso affermare che la catena causale è infinita in atto!
r.rubin is offline  
Vecchio 09-05-2004, 14.04.17   #4
Marco_532
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... sono ancora un po' confuso ...

... se ragioniamo sull'infinito, possiamo ipotizzare l'esistenza di un infinito in atto e non negarlo (sarebbe un controsenso) ... possiamo affermare che in qualsiasi porzione del tempo (finito) esiste un infinito in atto (porzione d'ìnfinito)... come saprai, tra due punti di una retta (finito) esistono infiniti punti (infinito)... allo stesso modo, al tempo x esiste un infinito in atto ... l'infinito logico è sempre in atto, da intendersi come una portzione infinita sempre presente e non come un infinito che ha capo e coda (finito) ... l'infinito è presente ovunque come porzione di infinito ... al tempo t1 esite un infinito in atto così come al tempo t2 esiste un infinito in atto che comprende la porzione d'infinito di t1 ... la setssa logica è valida applicata all'ente casuale e l'ente causato ... a mio parere - se non distorcendo la logica sull'infinito -l'ente causale corrotto e sparito non nega la possibilità dell'infinito in atto, in quanto tra lo stesso ente e il causato esiste ancora una porzione d'infiniti enti di causa e infinito enti causati ... seguendo quindi questa logica ci rendiamo conto dell'impossibilità dell'esistenza dell'ente primo di causa e per questo dovremmo trarre la conclusione che non esiste il nulla e l'essere è sempre in atto (come l'infinito), e non pretendere un ente primo di causa incausato che significherebbe distorcere la precedente logica ...
Marco_532 is offline  
Vecchio 09-05-2004, 20.12.35   #5
r.rubin
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tu hai ragione a intendere l'infinito come "in atto" in ogni segmento finito di spazio; anche aristotele assumeva questo punto di vista, cioè che una grandezza AB è suddivisibile in parti sempre più piccole all'infinito, senza mai giungere ad un limite ultimo che sia indivisibile.

quindi tu giustamente dedurresti che con il corrompersi di una parte in questo infinito in atto, non si pregiudica la possibilità dell'esistenza dell'infinito in atto stesso, perchè resta comunque un'infinito numero di parti.
Ma tu pensandola così, assumi che tutte queste parti siano interscambiabili tra loro, quindi uguali. Altrimenti non sarebbe la stessa cosa che ce ne sia una o ce ne sia un'altra.
Se altrimenti non sono tutte uguali tra loro, coll'evenienza che una venga a mancare, viene a mancare anche la possibilità di parlare di infinito in atto, perchè non può essere completo ciò a cui manca una parte.

senti quindi come aristotele definisce infinito; perchè se è d'accordo con te su quanto detto prima, lo è con un'avvertenza, specificata appunto nella sua definizione di infinito:

"si dice infinito, in generale, ciò da cui può essere sempre preso qualcosa, dove ognuno di questi qualcosa, oltre ad essere finiti, sono anche sempre diversi"

quindi l'infinito è inesauribile, eternamente in progresso e cangiante, e quindi in realtà quell'infinita di grandezze in cui abbiamo suddiviso AB non sono infinite: ma sono un insieme infinito di parti finite e diverse tra loro.

e meno che mai sono un infinità in atto: appunto perchè l'infinito è inesauribile nel generare sempre nuove forme.

cosa per la quale, tra l'altro, l'infinito in atto non è nemmeno pensabile: come può il limitato intelletto umano a concepire nello stesso tempo una serie infinita di elementi sempre diversi tra loro?



e sai cosa significa tutto questo...?
che devo ancora aver chiaro in mente il discorso di prima!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
r.rubin is offline  
Vecchio 09-05-2004, 22.54.56   #6
leibnicht
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Ockham

Per fortuna le cose, per quanto concerne Ockham, sono un po' meno intricate di come ti sono apparse, caro Rubin.
Non è necessario chiamare in causa il concetto di infinito per spiegare come Ockham rinneghi la prova cosmologica dell'esistenza di Dio.
Egli, molto più semplicemente, nega l' "oggettività" e l'assolutezza del nesso deterministico: causa-effetto.
Ockham sostiene che l'ente A e l'ente B che gli consegue non sussiste necessariamente la relazione causale: è la nostra mente a correlare A e B in questo modo.
Quindi la causalità va considerata come una categoria intellettuale e non come un dato empirico nel quale il nostro intelletto si imbatte effettivamente.
Siamo noi ad "intenzionare" gli enti del mondo, scindendoli da una unità complessiva in elementi particolari, cui poi attribuiamo il valore, volta per volta, ed il senso di essere cause e, rispettivamente, effetti.
Se le cose stanno così, dice Ockham, allora la prova cosmologica (retrocediamo per nessi causali ad una causa prima) non ci dà alcuna garanzia di oggettività: può essere, in altri termini, un modo per descrivere l'esistenza di Dio, ma non una prova assoluta e razionale.
Si tratta di un grande, grandissimo moderno: in pieno medioevo la sua sensibilità culturale è quasi attuale.
Ciao.
leibnicht is offline  
Vecchio 09-05-2004, 23.34.02   #7
r.rubin
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ecco una ventata di freschezza!

principio della prova cosmologica: tutto ciò che muove è mosso da altro

Ockham nega la realtà di questo principio, e quindi anche la sua conclusione

grazie mille!
r.rubin is offline  
Vecchio 14-05-2004, 18.23.01   #8
Marco_532
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La grandezza di Ockham (per i suoi tempi) : "Tutto ciò che oltrepassa i limiti dell'esperienza non può essere conosciuto nè dimostrato dall'uomo."
Marco_532 is offline  

 



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