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Spiritualità - Religioni, misticismo, esoterismo, pratiche spirituali.
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Vecchio 27-02-2008, 11.09.42   #581
Noor
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Originalmente inviato da visechi
. Sovente la ‘fame del corpo’ ottunde quella dell’anima.
L’esperienza del satori appare eccessivamente consolatoria, ma ha anche la pretesa di proporsi velleitariamente come la panacea dell’umanità.
La prima tua affermazione riguarda anche il Buddha..che propose difatti la "Via di Mezzo"...
La Trasformazione prodotta dal satori,o qualsiasi altra esperienza di Risveglio,indicano principalmente non consolazione,quanto Consapevolezza,che è l'unica,vera Chiave di Cambiamento per l'Umanità.
La Consapevolezza azzera ogni ego-ismo.
Da ciò dipendono la fame,le guerre (ma anche i sensi di colpa verso il dolore altrui che cosa ben diversa dalla Compassione) e via dicendo a cui tu spesso tu ci richiami..
Noor is offline  
Vecchio 27-02-2008, 11.38.00   #582
maxim
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Riferimento: La chiave di tutto

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Originalmente inviato da tmusa

E' talmente sopra le righe, che si ha il dubbio che sia di natura divina. Per cui senza pudore arrivo ad affermare: è la visione di Dio.
Ora tutto questo tu mi dici: sono fenomeni di uno psichismo deformato. Embeh, cosa cambia? Devo in ragione di questa verità, ammesso che lo sia, e non ho ragione di dubitarne, come ho detto, smettere di vivere la mia felicità godendo di niente; per tornare a cercare soddisfazioni e piaceri cercandoli e non trovandoli nel tutto?


Innanzitutto mi voglio complimentare con Tmusa perché è una delle rarissime volte, forse l’unica, ove la replica a Mastro Visechi ha una certa consistenza e non è la solita tiritera rappresentativa del nulla mascherato da un niente che condito di maiuscole si crede il Tutto.

Voglio concentrarmi sul pensiero sopraquotato per rivolgerti alcune domande visto che mi pare tu abbia lasciato un piccolo spiraglio al dubbio…devi sapere che quello che a me e al mio maestro da enorme fastidio è la manifestata certezza di talune persone che scrivono in quest’ambiente in qualità di testimoni di quel Nulla anzidetto.

Sono stato catturato da quel tuo “Embeh” interrogativo…l’esperienza da te vissuta, correggimi se sbaglio, è talmente sopra le righe, e non ho ragione di dubitarne, che si viene sopraffatti dal dubbio che sia di natura divina intesa, in questo momento, come quel qualcosa che c’è e che esiste oltre un noi, od oltre la nostra condizione “naturale”, e per il nostro bene. L’estasi che produce tale condizione modifica la vita in maniera sostanziale e positiva e all’inizio reca con sé quel dubbio sull’esistenza di quel qualcosa oltre.
In questo momento, in principio, è presente in noi il dubbio. In quel tuo pensiero sopraquotato sembreresti peraltro affermare che sei pienamente consapevole che la vita anteilluminazione è una continua ricerca della felicità nel tutto mentre nella fase illuminante, quando ci si fa pervadere dal dubbio che l’origine di cotanta felicità possa essere di natura divina, si gode anche di nulla arrivando a stravolgere completamente la propria visione pure sulla sofferenza e sul dolore umano, ora accettati e valutati diversamente. Son d’accordo con te quando dici….”ma chi me lo fa fare ad abbandonare codesto stato di felicità per ripiombare nella sofferenza esistenziale d’un tempo?”. Tengo ben stretto il mio tesoro ma attenzione…rinchiudere in maniera sicura quel tesoro nel forziere dell’eternità, comporta un prezzo da pagare non indifferente. Se non è vero che l’uomo è costretto a vivere nella sua sofferenza esistenziale non riuscendo neppure a fornirsi risposte plausibili alla morte e al dolore in quanto io ora vivo l’”estasi mistica” e godo sia della felicità del nulla che nell’accettazione della sofferenza e della morte, allora significa che quel “qualcosa” che salva l’uomo dai suoi mali esiste…qualunque nome possiamo attribuirgli ma per convenzione linguistica lo chiameremo Dio!
Dio però a questo punto presenta la parcella al suo nuovo cliente…mi vuoi per sempre uomo? Io a te dono l’immortalità e una perenne condizione di felicità ma devi pagarmi con la certezza perché sappi che tanto più sarai convinto che quello sono io, ed io sono te (così facciamo contenti pure gli orientali ) tanto più manterrai questa tua nuova visione sull’esistenza. Tu stesso dici: senza pudore affermo che è la visione di dio!
Il dubbio tramutatosi obbligatoriamente in certezza è “la chiave di tutto”. Il voler attribuire connotazioni certe a quello stato è fonte del mito e causa dell’alterata visione sulla realtà della sofferenza e del dolore che invece appartiene a tutti…abbandonare il dubbio per la certezza significa incatenare i propri sentimenti a quel qualcosa che obbligatoriamente dovete chiamare dio...a volte ci si arrende troppo velocemente a lui.

maxim is offline  
Vecchio 27-02-2008, 16.19.26   #583
visechi
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Originalmente inviato da Yam
che cosa e' uno stato di coscienza?


Frettolosamente e semplicisticamente (poi delucidami in quale ambito).

In termini psicologici, è un complesso processo ‘attentivo’ tendente a veicolare in maniera pressoché univoca gli impulsi interiori e quelli sensitivi verso un ben precisato aspetto della percezione, in un dato momento e rispetto a una determinata circostanza. Ancora non è dato sapere se si tratti di un processo fluente o se lo stato di coscienza si esprima per frammenti, ovvero, se il processo in parola restituisca l’immagine della realtà, così come colta dai mediatori percettivi ed interferita dalla coscienza, come se fosse un processo continuo, oppure per fotogrammi.

In termini morali, è l’intima risposta pretesa dall’interrogare degli eventi, dal quesito posto dalla realtà, dalla problematizzazione della Vita indotta dall’esistere individuale. Qui si potrebbe aprire una voragine ricolma di interpretazioni, diverse letture e differenti risposte… Una per ognuno di noi (prontissimo a raccogliere scommesse).

In termini giuridici, è la rappresentazione schematica di un dato comportamento tenuto nel corso di un evento (di solito criminoso). Ove non si rilevasse coscienza, non si contesta la colpa, o quantomeno quest’ultima è assai affievolita.

In termini medici, è lo stato costante della psiche in relazione (anche la coscienza è relazione, senza relazione non si può parlare di coscienza) all’insorgenza di una patologia.

In termini spirituali (scommetto che è qui che vuol parare l’amico), è – per quanto mi riguarda – la lacerazione prodottasi fra umanità e creato. Per sua causa quest’ultimo è percepito come un’alterità rispetto al percepente … e credo proprio non potrebbe essere altrimenti, diversamente la nostra esistenza, che si conduce in una dimensione spazio-temporale, sarebbe minata fin nelle fondamenta.


Tutto assai schematico e lapidario…. Mi sarà consentito una volta tanto… attendo sviluppi.


Forse ho dimenticato qualche aspetto della coscienza, ma a voi l'onore e onere di rilevarlo.

Ciao
visechi is offline  
Vecchio 27-02-2008, 19.19.30   #584
Yam
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Grazie Visechipedia.
Prima e' necessaria una premessa ...diciamo espistemologica.
Ora un copia incolla lo faccio io dall'articolo segnalato in precedenza:


Per quanti si pongono nell’ottica che Sir John Eccles definisce
come “materialista” la coscienza non è altro che il cervello stesso o,
alternativamente, la sommatoria delle sue funzioni: tutto si spiega e si
risolve nell’ambito della dinamica biochimica ed elettrofisiologica delle
strutture anatomiche del sistema nervoso centrale. Fede, sentimenti, volontà,
creatività artistica, intelligenza e quant’altro attiene alla sfera del dominio
spirituale ed intellettivo dell’uomo può essere compreso ed interpretato
meccanicamente sulla base della interazione molecolare e della trasmissione
nervosa.
Per altri – come Searle, il compianto Popper e lo stesso Eccles – la
mente trova supporto nel cervello ma non si esaurisce in questo: il mondo
delle Idee, che attraverso le sue variazioni discrete forma la realtà del Se'
metafisico, interagisce con le strutture nervose e ne influenza sensibilmente
le funzioni senza essere da queste "meccanicisticamente" determinata. La
coscienza può essere così paragonata ad un “campo”, nel senso che la fisica
quantistica annette a questo termine: un campo privo di materia, ma definito
in termini di energia e di probabilità. La mente è quel “campo” che rende
possibile l’esistenza di un evento materiale, la cui “probabilità” di esistenza
sarebbe altrimenti irrisoria. Questa prospettiva ribalta la concezione
corrente, positivistica e funzionalistica, della mente come sommatoria di
strutture funzionali (il cervello) e reintroduce prepotentemente la
dimensione spirituale nell’ambito della riflessione scientifica. Scrive Eccles:
“Siamo ora in possesso di prove scientifiche
convincenti sul modo in cui l’Io, con l’ideazione
pura, è in grado di attivare aree selezionate della
corteccia cerebrale. Il controllo mentale sull’attività
cerebrale è talmente profuso da poter presumere
una dominanza completa dell’Io sul cervello….E’
stata proposta per la prima volta l’ipotesi sul modo
in cui queste influenze mentali potrebbero
controllare le attività cerebrali senza infrangere le
leggi di conservazione della fisica….le spiegazioni
materialiste al problema mente-cervello….possono
ormai essere considerate prive di alcun
fondamento scientifico e, persino, superstizioni
durate troppo a lungo.
I dati che permettono di evidenziare come pensieri, emozioni ed
immagini agiscano prepotentemente sulla funzionalità del sistema nervoso e
dell’intero organismo non avrebbero potuto trovare conferma più
autorevole. Ci troviamo di fronte ad un capovolgimento completo dell’ottica
materialista in cui è immerso non solo il mondo moderno, ma la stessa
Scienza: in quest’ottica gli atti mentali (pensieri, speranze, fede, emozioni,
immagini e quant’altro) assumono un’autonomia ed un potere di influenza
sulle funzioni organiche (a cominciare da quelle cerebrali), insospettate ed
impreviste.
Yam is offline  
Vecchio 27-02-2008, 22.38.33   #585
tmusa
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Originalmente inviato da visechi
Noto che ora entri nel corpo vivo e pulsante della materia. Condivido in pieno quel che affermi, Mai ho dubitato che certe pratiche possano procurare sollievo. Sono quasi sicuro che quel che si racconta in merito alla sensazione di piacere, di gioia, di felicità corrisponda al vero. Non mi sono mai provato a smentirlo. Piuttosto, quel che ho sempre provato a suggerire (SUGGERIRE senza alcuna certezza in merito) è che quelle esperienze tanto esaltate ed esaltanti nulla hanno a che vedere con una congiunzione ad un trascendente divino (personale o impersonale) della quale ultima esistenza fortemente dubito. Niente di più, nulla di meno che questo semplice suggerimento.
Di questo dubbio ne ho parlato in precedenza e mi sono riservato di esprimere un'opinione definitiva. Posso anticiparti questo: talvolta ci sono delle intuizioni che ti portano una visione o coscienza del mondo della quale non avevi cognizione; una comprensione che è diversa da ciò che ti può provvenire dalla lettura di un libro o dall'ascolto di un racconto. In altre parole è un contenuto o "gnosi" che pare piovere dal nulla. Per questo dico ci deve essere una qualche alterità o ultroneità a cagionarli. Ma come vedi è un pensiero ancora magmatico, quando l'avrò afferrato se mai ci riuscirò ne riparlerò.

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Originalmente inviato da visechi
Altra questione. Se certe pratiche meta-psicologiche hanno o possono avere un risvolto positivo per talune persone impellicciate e tronfie del proprio ozioso riposo ristoratore, ben poco ritengo possano mitigare dell’immane fatica di vivere di chi quotidianamente ha da confrontarsi con questioni assai più pratiche quali la ‘fame genetica’, la ‘sete ancestrale’, la ‘morte sibilante’. Ciò detto, è anche mio parere che nessuno possa e debba interferire sulle scelte personali, purché si rinunci all’eccessiva sicumera. Ben vengano perciò le pratiche esoteriche di meditazione, quelle essoteriche di preghiera e quant’altro sia idoneo ad ottundere e silenziare il ‘male di vivere’. Ovvio che il privilegio di fruire di questa gratificazione psicologica, principalmente e nel nostro occidente, non può essere riservato che a signorotti in cachemire. Di solito chi ha da sfamare una famiglia, o da affrontare traumi originati dal dramma dell’handicap, ha ben altre urgenze e sentimenti con cui fare i conti e sollazzarsi. Sovente la ‘fame del corpo’ ottunde quella dell’anima.
Mi hanno colpito gli aggettivi "impellicciate e tronfie" nei quali ravviso una qualche sfumatura di biasimo. Esse mi conducono al concetto di fondo secondo il quale il cammino spirituale sarebbe una pratica adatta solo a persone diciamo così, che se lo possono permettere, appunto quelle impellicciate e tronfie del proprio riposo ristoratore. Ebbene è vero esattamente il contrario. Non ti ricordi: "è più facile per un cammello entrare nella cruna di un ago che ... ecc. ecc.".
Infatti è proprio così. Puoi leggere, se ti va, le biografie dei Santi, uno qualsiasi, noterai che una costante sta proprio nell'esperienza drammatica e dolorosa che precede la conversione, per noi cristiani; l'Illuminazione per gli orientali. D'altra parte cos'altro ci racconta il viaggio dantesco? Una situazione di peccato di perdizione; alla quale segue una situazione di espiazione; per concludersi con la conquista della visione di dio.
Quindi non direi che sia una prerogativa per le persone affluenti. In precedenza ho detto che bisogna giungere al fondo di una disperazione senza fondo altrimenti non c'è verso di trovare la via d'uscita.
Ma convengo con te nel fatto che la nostra società è troppo ricca di stimoli distraenti, di falsi obiettivi, di continue sollecitazioni a contendere; tanto che non solo è difficile riuscire ma anche restare centrati;

Citazione:
Originalmente inviato da visechi
Dici bene. L’esperienza del satori ... Se mal intesa, spesso conduce all’atrofia del sentimento e alla negazione dell’orizzonte emotivo dell’uomo. Ricusa la paura (quella razionalmente fondata e preservante la vita), che non sempre è un elemento negativo del vivere quotidiano; disconosce l’impianto istintuale, che alle volte è un ottimo strumento fisiologico necessario a preservare la vita; appare eccessivamente solipsistica e, se l’uomo è relatio (e l’uomo è relatio, anche il termine Dio è relatio), annichilisce quest’importantissima predisposizione umana.
Si, hai ragione, se mal intesa produce tutto quanto tu dici.
Nella realtà le emozioni, i sentimenti, le reazioni istintuali ottundono la finezza della nostra percezione anche sensoriale e quindi non le considererei dei fattori positivi. Se impariamo a controllarli non mi sentirei di dire che facciamo male.
Certo, se ci si dovesse limitare ad una vita piatta senza forti contrasti emotivi, sono d'accordo con te; ma se si accede alla visione che ti dà la ragion pura allora le cose cambiano. Vedi torno sempre lì.


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Originalmente inviato da visechi
...nel senso che un’esperienza non è di per sé attestazione di verità… tu hai volutamente o inconsapevolmente frainteso il mio intento, travisandolo.
Una esperienza è attestazione di verità per chi ne è soggetto. Certamente inconsapevolmente frainteso. Me ne scuso.
Citazione:
Originalmente inviato da visechi
Perciò posso dire che ‘la chiave di tutto’ non è un passpartout, non apre tutte le porte, ma è adatta alla serratura del portone della casa di chi l’ha proposta e se ne fa paladino, ovvero tu…
Certamente, questo è il soggetto di questo forum. Io ho affermato che tutto quello che si legge nei testi della tradizione sacra orientale, dalla Bahagavat gita, al Lankavatara sutra, dal Tao Te chin, agli yoga sutra di patajali, bene quel percorso di liberazione che lì si decrive è tutto straordinariamente vero ed efficace. Se ben fatto ti conduce all'Illuminazione e quella è appunto la chiave di tutto, per noi umani.
Questa è la tesi. Ci sono stati e ci sono svariati interventi che mettono in dubbio l'autenticità della realizzazione. Legittimamente direi. E c'è chi nega totalmente quella tesi anche questo è legittimo.
Anche la tua posizione è legittima ovviamente. Resta da capire, visto che il soggetto rimane questa simbolica "chiave di tutto", quale è la tua proposta esistenziale. Qual'è il tuo passpartut?
Siamo pur sempre in un sito di spiritualità, ed è lecito chiederselo.

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Originalmente inviato da visechi
Tutti distinguo che però inclinano nella medesima direzione: la negazione pregiudizievole e supponente di una realtà cogente che non lascia troppo scampo alla speculazione di tipo filosofico che tenda a negarla.
Noi non viviamo "la realtà", ma l'interpretazione della realtà.
La morte di una persona per qualcuno può significare dolore per qualcun altro un vantaggio.
Citazione:
Originalmente inviato da visechi
Ognuno ha un suo passpartout… anche questa è una tesi che ho proposto da diverso tempo.
Purché sia risolutrice del proprio disagio esistenziale. Non dico purché conduca alla felicità, anche se è un nostro diritto.
Citazione:
Originalmente inviato da visechi
La realtà è paradossale ed antinomica! Su questo concordo. L’equilibrio che la Natura quotidianamente consegue e preserva, è ottenuto a vantaggio di alcuni e a scapito di altri. IL Principio Ordinatore impersonale che sottende e sorregge l’armonia del cosmo, è generale, ma fra le pieghe del particolare sono rinvenibili i disequilibri, le disarmonie e le particolari metastasi purulente che si rendono necessarie per compensare gli eccessi, il sovrabbondante e l’opulenza. La somma algebrica delle mancanze e delle eccedenze produce l’equilibrio che voi osannate, e che io definisco ingiustizia cosmica. Per questo motivo, mi adeguo al motto di ribellione di Ivan Karamazov… leggilo.

Questa è una visione amara e pessimistica della vita. Posso dirti che non è dissimile da quella che avevo anch'io qualche anno fa. Ora le cose accadono ma non producono alcun turbamento. Piangere e strapparsi i capelli, a che serve?
Ciao
tmusa is offline  
Vecchio 27-02-2008, 23.27.57   #586
tmusa
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Originalmente inviato da maxim
Innanzitutto mi voglio complimentare con Tmusa perché è una delle rarissime volte, forse l’unica, ove la replica a Mastro Visechi ha una certa consistenza e non è la solita tiritera rappresentativa del nulla mascherato da un niente che condito di maiuscole si crede il Tutto.
Grazie. Ogni tanto un osso a quel cane del mio ego anche serve.
Però non sarei cosi drastico nei giudizi, riguardo agli altri.

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Originalmente inviato da maxim
Voglio concentrarmi sul pensiero sopraquotato per rivolgerti alcune domande visto che mi pare tu abbia lasciato un piccolo spiraglio al dubbio…devi sapere che quello che a me e al mio maestro da enorme fastidio è la manifestata certezza di talune persone che scrivono in quest’ambiente in qualità di testimoni di quel Nulla anzidetto.
In un sito di spiritualità si incontrano persone che, in un modo o nell'altro hanno avuto una qualche esperienza spirituale. C'è chi la sa esprimere in modo limpido, chi è oscuro, chi è misticheggiante. Ciascuno crede in quello che dice. Mi sembra normale.

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Originalmente inviato da maxim

Sono stato catturato da quel tuo “Embeh” interrogativo…l’esperienza da te vissuta, correggimi se sbaglio, è talmente sopra le righe, e non ho ragione di dubitarne, che si viene sopraffatti dal dubbio che sia di natura divina intesa, in questo momento, come quel qualcosa che c’è e che esiste oltre un noi, od oltre la nostra condizione “naturale”, e per il nostro bene. L’estasi che produce tale condizione modifica la vita in maniera sostanziale e positiva e all’inizio reca con sé quel dubbio sull’esistenza di quel qualcosa oltre.
In questo momento, in principio, è presente in noi il dubbio. In quel tuo pensiero sopraquotato sembreresti peraltro affermare che sei pienamente consapevole che la vita anteilluminazione è una continua ricerca della felicità nel tutto mentre nella fase illuminante, quando ci si fa pervadere dal dubbio che l’origine di cotanta felicità possa essere di natura divina, si gode anche di nulla arrivando a stravolgere completamente la propria visione pure sulla sofferenza e sul dolore umano, ora accettati e valutati diversamente. Son d’accordo con te quando dici….”ma chi me lo fa fare ad abbandonare codesto stato di felicità per ripiombare nella sofferenza esistenziale d’un tempo?”. Tengo ben stretto il mio tesoro ma attenzione…rinchiudere in maniera sicura quel tesoro nel forziere dell’eternità, comporta un prezzo da pagare non indifferente. Se non è vero che l’uomo è costretto a vivere nella sua sofferenza esistenziale non riuscendo neppure a fornirsi risposte plausibili alla morte e al dolore in quanto io ora vivo l’”estasi mistica” e godo sia della felicità del nulla che nell’accettazione della sofferenza e della morte, allora significa che quel “qualcosa” che salva l’uomo dai suoi mali esiste…qualunque nome possiamo attribuirgli ma per convenzione linguistica lo chiameremo Dio!
Dio però a questo punto presenta la parcella al suo nuovo cliente…mi vuoi per sempre uomo? Io a te dono l’immortalità e una perenne condizione di felicità ma devi pagarmi con la certezza perché sappi che tanto più sarai convinto che quello sono io, ed io sono te (così facciamo contenti pure gli orientali ) tanto più manterrai questa tua nuova visione sull’esistenza. Tu stesso dici: senza pudore affermo che è la visione di dio!
Il dubbio tramutatosi obbligatoriamente in certezza è “la chiave di tutto”. Il voler attribuire connotazioni certe a quello stato è fonte del mito e causa dell’alterata visione sulla realtà della sofferenza e del dolore che invece appartiene a tutti…abbandonare il dubbio per la certezza significa incatenare i propri sentimenti a quel qualcosa che obbligatoriamente dovete chiamare dio...a volte ci si arrende troppo velocemente a lui.
Non lo so se ho capito bene quanto mi chiedi, perché il tuo ragionamento è un po' complesso. Cercherò di chiarirlo a me stesso. L'esperienza noetica dell'Illuminazione produce uno stato che no si può chiamare "estasi" nel senso che noi diamo a questo termine. Perchè non c'è una esaltazione emozionale o un rapimento sensoriale. Essa è, in poche parole, una forma di nitore mentale che produce una serie di "effetti speciali" che ho esplicitato in "intuizioni" o scoperte di verità che prima ci apparivano nascoste; oppure in visioni della realtà quotidiana sotto la luce di un fulgore particolare; tanto che ciò che ci appariva grigio e rutinario, diventa brillante e piacevole.
Alcune di quelle "intuizioni" le ho raccontate, altre no. Altre ancora sono di una tale pregnanza che ti viene il dubbio, ma dove mai erano sepolte nella mia coscienza?
Accade a volte, che si produce un distacco così netto dal nostra coscienza ordinaria che si realizza quella che ho definito la dissoluzione identitaria.
Cioè la coscienza abbraccia tutto e tutto diventa coscienza.
Le cose così come le racconto sono per me certezza. Il dubbio è quale significato darne.
Uno è portato a dare una spiegazione trascendente perché, per esempio, come spiegare il disvelamento di cose che prima apparivano chiuse e incomprensibili?
In altre parole, la mente può esserne coinvolta ma il software da dove viene?
Ciao.
tmusa is offline  
Vecchio 28-02-2008, 09.58.34   #587
visechi
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Citazione:
YAM:
Grazie Visechipedia.
Prima e' necessaria una premessa ...diciamo espistemologica.
Ora un copia incolla lo faccio io dall'articolo segnalato in precedenza:

Sarcasticamente, lo affermi come se non fossimo abituati ai tuoi lunghi ed acritici copia/incolla. Insinui forse il dubbio che abbia estratto il mio pensiero, espresso nel post precedente, da qualche sito di Internet (il gioco di parole e l’assonanza suggeriscono Wikipedia) o da qualche rivista specializzata? Non fa nulla, non importa… t’invito solo a fare una certosina ricerca… ti assicuro che non troveresti nulla di già pubblicato… non sono avvezzo a consegnare i miei pensieri ad editori.

Caro Yam, ti prego, credimi! Ti assicuro che non hai capito nulla, ma proprio nulla del post che tanto t’ingrufola. In quelle poche righe, che ben rappresentano il mio pensiero, giacché sono il mio pensiero, non so se anche di qualcun altro, non v’è niente, ma proprio niente, che possa essere smentito o confutato dalla tua pregevolissima ed ennesima opera di copiatura – peraltro priva, totalmente priva, di qualsiasi tuo commento che possa, finalmente, corredare o illustrare i pensieri altrui -.

Ho suddiviso la coscienza in differenti stadi o dimensioni. Uno per ogni specifica branca che del problema (da te introdotto) s’interessa, e ti chiedo il favore di trovare qualche difetto o inesattezza per quanto riguarda lo specifico.

Caro Yam, il tuo limite, ancora una volta manifestatosi con enfasi estrema, è quello di non stare a sentire, di non ascoltare (in questo caso di non leggere e non avere la capacità d’analisi adeguata).

Poiché concentri e convogli l’attenzione sull’ultima dimensione – quella spirituale -, non posso che rinviarti ad un’attenta lettura di quel che ho scritto, e, egoicamente (chissà i contorcimenti di pancia di Noor, assomiglia davvero tanto a Turaz), non riuscendo a contenere il mio istinto tendente alla pedanteria (immagino ora i tuoi di contorcimenti), ti rassicuro che nel segnalarti che la mia supposta (non ‘deliquiare’, è solo l’aggettivo che comunemente si utilizza in funzione del verbo ‘supporre’… scherzo, mi sei anche simpatico) lacerazione dell’essere, prodottasi ab origine a causa dell’insorgere della coscienza, può benissimo e volentieri includere tutto quel po’ po’ di robetta che hai copiato senza forse neppure riuscire a comprendere, e che io, per l’economia della discussione, non starò ora a ripetere e meglio specificare… rileggiti quel che hai riportato, ma cerca pure di capirlo.

E’ un fatto acclarato – almeno appare così – che la coscienza e il cervello vivano in un’interrelazione inscindibile, come si suol dire con una frase abusta, che agiscano in simbiosi. In assenza dell’una (materia) non è possibile misurare e rilevare il complesso processo che sinteticamente e comunemente è conosciuto come coscienza. Pare che anche i tuoi eminenti mentori concordino su questo punto.

Che la coscienza non si esaurisca nelle funzioni del cervello è un dato riconosciuto quasi universalmente, anche dai più insigni fisiologi, patologi, psicologi, neurologi, psicanalisti del pianeta… ancora una volta scopri la luna – a tal proposito ti suggerisco l’istruttiva, simpaticissima e, per certi versi, grottesca lettura della novella di Pirandello: Ciaula scopre la Luna -. La coscienza è un eccedere delle funzioni neurologiche.

Non sono molto addentro alle tematiche di fisica, ma ho la sensazione – forse sbaglio – che definire ‘campo’ il processo che sottende l’insorgere della coscienza, equivale ad accostarlo e connetterlo al concetto di ‘flusso’, tanto è vero che la scienza spesso utilizza la locuzione ‘flusso di campo’, ovverosia quel particolare fluire che avviene localizzandosi.

Ma, nel concetto, accostarlo ad un flusso, credi davvero sia tanto o troppo diverso dal caratterizzare la coscienza come un processo che fluisce? Ora, nel ragionamento dell’eminentissimo dottorone gallonato ad Harward, o chissà dove, esiste una falla immediatamente rilevabile.
Egli rileva, infatti, che la coscienza non sia interferita dalle modificazioni della materia neurologica che, nella sua tesi, accoglie e rende manifesto il processo della coscienza. Ma scorda, ingiustificatamente, che in assenza delle indispensabili innervazioni (strutture nervose), o nei casi di loro deformità, atrofia o malfunzionamento, non è possibile rilevare vita cosciente. Ovverosia, caro Yam, nei casi di vita neurovegetativa, non è possibile inferire in merito alla presenza di vita cosciente, sebbene quest’ultima non sia negabile a priori. Questo disdicevole fatto è noto a tutti: fisiologi, patologi, psicologi, neurologi e psicanalisti, pare che solo gli spiritualisti non n’abbiano nozione.
Eccles è anche eccessivamente assertivo, direi imprudentemente assertivo, quando afferma con troppa sicurezza che sia l’idea a eccitare le strutture nervose, e non viceversa. Ma su questo particolare campo esistono studi che né smentiscono né asseverano la sua tesi. La coscienza è causa o effetto dell’espandersi del reticolo neuronale? C’è chi sostiene sia causa. A tal proposito, molto importanti, forse fondamentali, sono le osservazioni condotte con l’ausilio di sofisticatissimi strumenti tecnologici che mostrano le variazioni del reticolo in corrispondenza di certe stimolazioni esterne. Altri, invece, asseriscono che rappresenti l’effetto più marcatamente eccelso del complesso fenomeno ‘uomo’. Attestazioni in tal senso si avrebbero dall’osservazione del cervello di feti, embrioni e neonati. La coscienza non si desta fin quando il reticolo neuronale non ha raggiunto un certo livello di maturazione.

Anche la corrispondenza fra mente e coscienza – suggerita da Eccles, poiché entrambe sono definite, forse impropriamente, ‘campo’ - dovrebbe farti intuire che certe tue reiterate asserzioni in ordine alla necessità di trascendere la mente affinché gli stati di Coscienza pura si affermino, dovrebbero essere riviste. Se mente e coscienza coincidono – Eccles, in sintesi afferma questo –, com’è possibile che il trascendimento della mente agevoli gli stati di coscienza cui sei tanto affezionato?

Il principio d’indeterminazione, introdotto dalla fisica quantistica, dovrebbe anche indurti a ritenere fondamentalmente occulto tanto il processo che permette l’insorgere della coscienza – eppure quanti insegnamenti ho letto in merito -, quanto le stesse esperienze – quali e quante descrizioni e narrazioni suggestive riempiono i forum -.

Ciao
visechi is offline  
Vecchio 28-02-2008, 09.59.43   #588
visechi
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TMUSA:
Di questo dubbio ne ho parlato in precedenza e mi sono riservato di esprimere un'opinione definitiva. Posso anticiparti questo: talvolta ci sono delle intuizioni che ti portano una visione o coscienza del mondo della quale non avevi cognizione; una comprensione che è diversa da ciò che ti può provvenire dalla lettura di un libro o dall'ascolto di un racconto. In altre parole è un contenuto o "gnosi" che pare piovere dal nulla. Per questo dico ci deve essere una qualche alterità o ultroneità a cagionarli. Ma come vedi è un pensiero ancora magmatico, quando l'avrò afferrato se mai ci riuscirò ne riparlerò.

Anche tu, come tanti, usi il ‘principio del tappabuchi’. C’è chi usa il Dio personale come tappo per ogni buco cognitivo, c’è, invece, chi, come te, utilizza ‘l’alterità trascendente’. Il processo cognitivo è un mondo ancora oscuro, così come lo è ancora la memoria. Il cervello attinge anche inconsapevolmente al deposito mnestico, riutilizzando i sedimenti in maniera inconsulta. Li collega senza che il soggetto abbia precisa cognizione di quel che avviene, fino a restituire alla coscienza quel lampo d0’intuizione che tanto sbalordisce. Ma in questo meccanismo, fondamentalmente occulto, non è obbligatorio scovare le tracce della deità o di una Coscienza Superiore, se non quell’unica traccia che può razionalmente condurre alla più elevata e sostanzialmente oscura funzione della nostra mente.
Citazione:
TMUSA:
Mi hanno colpito gli aggettivi "impellicciate e tronfie" nei quali ravviso una qualche sfumatura di biasimo. Esse mi conducono al concetto di fondo secondo il quale il cammino spirituale sarebbe una pratica adatta solo a persone diciamo così, che se lo possono permettere, appunto quelle impellicciate e tronfie del proprio riposo ristoratore. Ebbene è vero esattamente il contrario. Non ti ricordi: "è più facile per un cammello entrare nella cruna di un ago che ... ecc. ecc.".
Infatti è proprio così. Puoi leggere, se ti va, le biografie dei Santi, uno qualsiasi, noterai che una costante sta proprio nell'esperienza drammatica e dolorosa che precede la conversione, per noi cristiani; l'Illuminazione per gli orientali. D'altra parte cos'altro ci racconta il viaggio dantesco? Una situazione di peccato di perdizione; alla quale segue una situazione di espiazione; per concludersi con la conquista della visione di dio.
Quindi non direi che sia una prerogativa per le persone affluenti. In precedenza ho detto che bisogna giungere al fondo di una disperazione senza fondo altrimenti non c'è verso di trovare la via d'uscita.
Ma convengo con te nel fatto che la nostra società è troppo ricca di stimoli distraenti, di falsi obiettivi, di continue sollecitazioni a contendere; tanto che non solo è difficile riuscire ma anche restare centrati;

Fai torto a me, ed anche alla tua intelligenza. I tronfi impellicciati non sono certamente Madre Teresa, Francesco d’Assisi, Teresa d’Avila, Giovanni della Croce, per citare gli occidentali, Yogananda e i tanti altri mistici orientali che popolano con i loro scritti e pensieri le biblioteche del pianeta. Sono gli oziosi signorotti annoiati, in special modo occidentali, che per vincere il tedio interiore si sollazzano con una filosofia (quella orientale) complessa ed affascinante, giungendo ad una sintesi fra il proprio desiderio di vincere la noia e la complessità del messaggio della spiritualità del sol levante. Sono coloro che compiono un sincretico amalgama fra cultura occidentale e spiritualità orientale. Sono coloro che pascono e cullano la propria uggia, infuocata dal desiderio di non vedere e sentire, con spiritualità che per essere com-prese (cioè prese dentro) necessitano di una forma mentis e di una disposizione d’animo non utilitaristica, tipica del mondo occidentale. Utilitarismo che non è un elemento esterno all’uomo di Ponente, ma che è entrato a far parte del suo patrimonio genetico (io sono occidentale, non mi escludo dal novero). Ecco! Certe prosopopee spirituali hanno il suono, il colore, il profumo e il sentore dello strumento util-izzato per evitare di sentire, di vedere, di odorare che la Vita dinamicamente colloquia in un’eterna disputa più con il sentimento profondo dell’uomo che con il pensiero cosciente, con la ratio. Le vostre disquisizioni spirituali si trascinano dietro la scia del pensiero intellettuale (vedasi Yam, troppo avvezzo al distinguo, alla precisazione pedante, alla correzione sanscritta). Insomma, la vostra spiritualità è troppo pensata per essere esente dal pensiero. Noi siamo uomini occidentali, con tutte le conseguenze che ciò comporta, non sempre e per forza negative, che non si peritano di voler sentire all’orientale.
Citazione:
TMUSA:
Resta da capire, visto che il soggetto rimane questa simbolica "chiave di tutto", quale è la tua proposta esistenziale. Qual'è il tuo passpartut?
Siamo pur sempre in un sito di spiritualità, ed è lecito chiederselo.

IO non ho passpartout. Non ho soluzioni valide per tutti. Non ho la “chiave di tutto”. Rifuggo e intimamente diffido di chi propone soluzioni schematiche e schematizzate buone per ogni evenienza. Neppure la psicoanalisi mi pare abbia prodotto le meraviglie promesse in origine. Io credo nella finitudine dell’uomo, dell’impossibilità di trascendere i propri limiti gnoseologici e fisici. Ogni varco che si apre nel nostro orizzonte conoscitivo o fisico, introduce l’uomo entro un’area di non noto, di occulto, nell’oscurità che deve essere pian piano diluita attraverso il lume della ragione corroborata dal sentimento e dalle finite capacità che la Natura bel corso dell’evoluzione ha forgiato. Oltre il finito c’è il finito, non il trascendente. Oltre l’uomo solo l’uomo. Oltre la cultura altra cultura che si sedimenta strato dopo strato fino a produrre un corpo calloso ove s’impiantano le radici dell’uomo che ci seguirà, come noi radichiamo noi stessi nell’humus prodottosi nei millenni che ci hanno preceduto. Humus che ci alimenta e nutre. Il percorso che compiamo ha il senso che individualmente gli attribuiamo noi. Perché l’uomo è un animale cui necessita il senso e il significato. C’è chi propende per l’ideologia per connettersi alla storia, chi per la spiritualità per connettersi al divino, chi per la scienza per meglio aderire alla Natura, ma nessuna delle tre vie sono la Via e nemmeno il senso. Ciascuno dei tre sentieri è solo un mezzo per trarre dalla Vita un senso che asetticamente le manca. L’uomo nuovo, diceva Nietzsche, deve rimanere fedele alla terra senza più volgere il proprio sguardo al cielo. Ciò significa che l’uomo è solo con se stesso, non può contare sull’ultramondano, non v’è nulla cui connettersi se non se stessi e la Natura.
Mi fermo per non inondare il forum.
Citazione:
TMUSA:
Purché sia risolutrice del proprio disagio esistenziale. Non dico purché conduca alla felicità, anche se è un nostro diritto.

Ma ti rendi conto che così dicendo riduci la spiritualità a mera psicologia? La trasformi da ‘pratica’ o ‘metodo’ che connette al trascendente, in ‘pratica’ o ‘metodo’ auto-assolvente, che induce l’auto-redenzione. Mi può star bene, ed allora tutto va bene. Io rinuncio alla confutazione, ma voi annunciate questa novità al mondo. La spiritualità è una pratica psicologica sofisticatissima ma che nulla ha a che vedere con il noumeno, ditelo al mondo! E’ stato tutto un abbaglio, un inganno, finora si è mentito!

Ciao
visechi is offline  
Vecchio 28-02-2008, 11.18.25   #589
maxim
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Citazione:
Originalmente inviato da tmusa
Cioè la coscienza abbraccia tutto e tutto diventa coscienza.
Le cose così come le racconto sono per me certezza. Il dubbio è quale significato darne.

Se il dubbio è quale significato attibuire ad una esperienza di quel tipo per la quale non nutro dubbi sulla sua reale esistenza anche se a volte, a mio avviso, viene un po’ troppo enfatizzata, non ti viene il dubbio che attribuirle un significato sia alquanto azzardato nonché limitativo dell’esperienza stessa?
Insomma…è possibile vivere ugualmente come dici tu senza quella visione di un dio, di una pratica, di una credenza o quel dio che impone sempre una serie di limitazioni interpretative di difficile credibilità è necessario affinché l’esperienza si realizzi e si protragga nel tempo?
Insomma…quel dubbio dev’essere per forza dio o potrebbe essere ad esempio una biologica predisposizione umana alla sopravvivenza, quindi affare puramente terreno?

maxim is offline  
Vecchio 28-02-2008, 12.45.29   #590
Yam
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Quando dico che la religione predominante oggi e' il ciarlatanesimo, intendo che questa nuova religione accomuna tutti: religiosi, agnostici, atei ecc. ecc...tali noi, dico noi, io compreso, secondo me ..siamo.

Per Visechi: cio' che sto cercando di dire a Tmusa, e non solo io, e' che il satori e il samadhi sono "stati di coscienza".

Cosa e' uno stato di coscienza?

Per coscienza ordinaria di solito intendiamo lo stato di veglia. Cio' che le tradizioni spirituali sostengono, alcune solo nella loro forma esoterica (vedi Sufi, Kabbalaq per esempio) e' che non c'e' una continuita' stabilizzata di stato di coscienza, cioe' ci sono dei tentativi di stabilizzazione da parte della mente ma in realta' c'e' una frammentazione continua, cioe' continuamente noi passiamo da uno stato di coscienza ad un altro. La moderna neurofisiologia sostiene la stessa cosa.







L’apparente continuità della coscienza che esiste

nella consapevolezza quotidiana è, di fatto, una
precaria illusione, resa possibile dall’esistenza di
connessioni associative…senza di queste la
coscienza si frammenterebbe in stati discreti e
scarsamente contigui, così come accade nel corso
della nostra vita onirica.


Tart C.T., Stati ci coscienza" Astrolabio, Roma, 1977, p. 177.




Ora si tratta di capire cosa sono le connessioni associative e chi le mette in atto.....se una specie di computer, quindi capace di sintassi oppure se c'e' anche una capacita' semantica........
Capito questo possiamo andare a vedere cosa e' uno stato di coscienza particolare che e' il sostrato primordiale da cui emergono le forme e il linguaggio.....che li vicino e' sempre e solo simbolico.......
Come il computer in noi sono operanti diversi strati di software...cio' che mi piacerebbe fare con voi e' risalire al "core" (che Tmusa ha individuato), dopo aver analizzato il sistema operativo kernel...il linguaggio macchina...e l'hardware...un po quello che aveva fatto Platone nel Mito della Caverna...

Se mancano le basi sulla neurofisiologia (a me e' molto utile):
Neuroscience For Kids (in italiano, da faculty.washington.edu)

(Y)am
Yam is offline  

 



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