Vi posto un articolo pubblicato oggi sul quotidiano "Il Messaggero e scritto da Marina Valensise col titolo
"Quel che resta della scuola se l'autorità è perduta".
"Il video dei bulli che al liceo di Lucca molestano il professore non è solo virale ma raccapricciante. Un ragazzino s'infila un casco e inizia a dare testate al professore come se fosse un ariete, un altro gli sfila il registro dalle mani, e un terzo, non sapendo come rendersi interessante agli occhi dei compagni che filmano la scena col telefonino, solleva di peso due cartoni dell'immondizia per piazzarli sulla cattedra.
Raccapriccio, vergogna... ma soprattutto commiserazione per questi bulletti di paese abbandonati a se stessi da genitori lassisti, da professori impotenti, da presidi incapaci. Se nessuno è in grado di valutare esattamente il danno che tali comportamenti infliggono a breve e a lungo termine all'intera collettività, urge riflettere su un episodio che purtroppo non sembra isolato e comporta un totale ribaltamento nel nostro orizzonte di senso.
Siamo passati dal rispetto per il dogma dell'autorità, fondato sull'idea che il professore avesse sempre e comunque ragione, anche se era in torto, al compiacimento in forma di lazzo ludico-teppistico nei confronti del professore che ha sempre e comunque torto, e per questo si presta a diventare lo zimbello della classe. Quale effetto perverso abbia innescato tale ribaltamento di orizzonte non sta a noi dirlo.
Lungi da noi puntare il dito contro i cascami della cultura antiautoritaria del '68, o denunciare le ultime fibrillazioni del permissivismo. Resta il fatto che l'educazione oggi sembra aver completamente perso la sua ragion d'essere, e la scuola come istituzione fondamentale per l'educazione del cittadino sembra aver smarrito la sua stessa missione sociale. Si tratta di un cambiamento subdolo, che emerge solo adesso come un fiume carsico in maniera virulenta. Nel giro di una o due generazioni è cambiato tutto. Ancora negli anni '70, se un liceale tornava a casa e protestava contro il professore che a scuola lo vessava ingiustamente, suo padre si sognava di dargli ragione e di presentarsi dal professore per prenderlo a calci o esigere il sei politico. "Mettiti a studiare, fai la persona seria. Non prendere in giro te stesso. Il professore ha ragione", gli diceva facendo fronte comune.
Oggi non è più così. Destituita di legittimità l'autorità di padri e madri, è crollata anche quella della scuola se il povero docente si ritrova in cattedra del tutto impotente davanti al bullismo, alla violenza e alla sopraffazione dei suoi allievi. In classe, sin dalle elementari, sono gli alunni più trasgressivi a essere i più popolari, sono i maleducati a suscitare il plauso dei mediocri, sono quelli che si divertono a fare strafalcioni, a prendere due al compito di matematica, a tenere testa ai professori e ad intimidire i più bravi, che vengono isolati come se fossero dei paria da tenere a distanza.
Il bullismo di Lucca sarà anche un episodio unico ed eccezionale, ma testimonia un fenomeno così diffuso, da non costituire un caso isolato. Nelle nostre scuole il bullismo si coltiva sin dalle elementari, e le classi diventano plotoni di esecuzione pronti a sparare non solo contro i migliori allievi ma ora anche contro i professori. E' questa la dialettica perversa che sovrintende alla selezione al rovescio, fondata sul premio ai peggiori, che ormai è invalsa anche nella vita pubblica. Allora, urge mobilitarsi prima che sia troppo tardi, e scongiurare il peggio, sempre in agguato e sempre vincente, ponendosi una semplice domanda: nel caso di una classe di bulli i presidi che cosa fanno ? Perché non agiscono in maniera preventiva ? Perché non prendono iniziative per contenere, screditare e neutralizzare il bullo ?
Il fatto è che i presidi non intervengono se i professori si mostrano acquiescenti. E i professori non denunciano gli allievi violenti non solo perché ne hanno paura, paura fisica intendo, ma perché sanno di non trovare più una sponda nei genitori degli allievi. Allora, prima di pensare alla prevenzione, occorre ricostruire la catena educativa dalla famiglia alla scuola, e magari iniziare col porre ai genitori una domanda chiave: che figli vorreste ritrovarvi al vostro capezzale ? Dei cinici seviziatori violenti ? O delle creature sensibili, capaci di compassione ?
Dopo l'articolo della Valensise scrivo la mia riflessione sull'eredità del '68 cinquant'anni dopo. Sono consapevole che l'argomento è ancora arduo da affrontare con pacatezza. Ma io non voglio polemizzare, desidero soltanto esprimere la mia opinione, giusta o sbagliata che sia, a seconda di chi la legge, condizionato dal suo ambiente socio-culturale e politico.
La chiamarono "rivoluzione culturale", rivolta antiautoritaria. Quali sono i risultati ? Imperversa il bullismo giovanile in strada e nelle scuole: dei bulli si permettono di beffeggiare gli insegnanti. Colpa del lassismo dei loro genitori, dell'ambiente sociale violento in cui vivono ?
Cinquant'anni fa nell'esercito ancora c'erano reparti dove venivano addestrati quelli che oggi chiamiamo "bulli" e vi assicuro che con le buone o le cattive venivano ammansiti. Io sono fautore del servizio militare obbligatorio per questi tipi, ma anche per chi si droga. Per chi spaccia la droga merita i lavori forzati a vita (spero breve) nelle miniere di carbone.
I fautori delle agitazioni studentesche del '68 miravano ad abbattere l'autorità dei docenti nelle università con le occupazioni di numerose sedi universitarie; volevano il metodo assembleare, eliminando ogni verticismo e dando vita alla "democrazia libertaria"; volevano il 18 politico nelle università o il 6 politico nelle scuole superiori; pretendevano di essere promossi senza aver studiato, cose da matti; lodavano l'organizzazione dei contro-corsi, basati su liberi gruppi di studio che chiamavano per l'approfondimento dei temi prescelti liberamente degli "esperti" interni o esterni al mondo universitario.
Oggetto della contestazione era il potere statale, quello della famiglia autoritaria, del potere autoritario del professore in aula o del caporeparto nella fabbrica. Contestavano le forze armate, la magistratura, la Chiesa cattolica. Con il patrocinio di alcuni partiti della sinistra e dell'estrema sinistra riuscirono a mettere in crisi le istituzioni sociali in cui l'autorità si esprimeva, a volte in modo sbagliato, ne sono consapevole.
Ma non basta. Ci furono tentativi di dar vita alla "comune" al posto della famiglia, l'assemblea e la democrazia diretta anziché le deleghe e la democrazia rappresentativa, con lo scopo di rovesciare il potere costituito e creare uno spazio autonomo , anche con la tattica dell'occupazione nelle scuole.
Dopo 50 anni quali sono i risultati ? La droga fra i giovani e i meno giovani dilaga; è diffusa la fragilità psicologica giovanile. Ovviamente non penso assolutamente che la colpa sia del'68, ne presumo un concorso di colpa.
Io considero gli insegnanti con molto rispetto. Intoccabili come se fossero preti o monache. E' sbagliato ?
Concludo il mio intervento facendovi leggere cosa ha scritto Roberto Gervaso nella sua rubrica "A tu per tu", pubblicata oggi sul quotidiano "Il Messaggero". L'articolo è titolato: " Tutte le fedi vanno rispettate", in cui, fra l'altro, dice: "La famiglia, pur con tutte le sue magagne e le sue insolvenze, resta un caposaldo della società.
Quella di oggi non è più quella di ieri, chiusa e patriarcale, afflitta da tabù e pregiudizi, con una gerarchia rigida ma rassicurante, con un codice discutibile, ma che insegnava a scegliere. Se a volte trascendeva in autoritarismo, la sua funzione era comunque benefica. A contestarla e invalidarla fu il Sessantotto che, in nome di utopie assurde e allucinanti, folli e confuse, facendo di ogni erba borghese un fascio, mise sul banco degli imputati la famiglia denunciandone vizi reali e vizi immaginari. Molti genitori, di fronte a queste chiamate di correo, a queste esecuzioni sommarie, cosa fecero ? Abdicarono vilmente al loro ruolo di educatori e vigilantes, concedendo quello che avrebbero dovuto negare, subendo la volontà dei figli anziché far sentire la propria, con amore, ma anche con fermezza.
Venuti meno ai loro compiti di madri e padri, persero il rispetto dei figli che, non potendo sostituirsi a loro, li destituirono, spogliandoli di sacrosanti diritti.
Una vera e propria delegittimazione che certi partiti, certi mass media mendacemente progressisti, e quell'intellighenzia che cavalca la tigre delle pseudo-avanguardie, favorirono per aggiudicarsi i consensi e mietere i voti dei giovani, cui tutto fu permesso e tutto perdonato.
A far le spese di questo sovvertimento e pervertimento delle gerarchie non sono stati solo i defraudati genitori, ma anche i figli, cui sono venuti a mancare quegli ancoraggi morali e pedagogici che li rassicuravano con le certezze, li educavano con i compiti da svolgere e gli esempi da seguire.
Tanti giovani, avendo troppo preteso, e più ancora ottenuto per la pusillanime acquiescenza degli adulti, succubi delle loro arroganti e apocalittiche rivendicazioni, prenderanno la via della droga, micidiale surrogato di valori perduti".
Ciao Altamarea. Non è sbagliato avere rispetto dei professori. Credo che sia sbagliato fare l'accostamento fra il '68 e i bulli odierni. Il '68 rappresenta un periodo storico importante per l'evoluzione della nostra società se non lo si guarda con il paraocchi o con i luoghi comuni che imperversano. E' stato forse l'ultimo momento di riflessione collettiva del mondo giovanile ed ha comportato delle modifiche importanti dell'assetto sociale italiano. Il diritto al divorzio e all'aborto sono solo i due mutamenti più eclatanti. Ma per chi lo avesse dimenticato quella società considerava legalmente il pater familias (l'uomo coniugato) il tutore non solo dei suoi figli ma anche di sua moglie, considerata alla stregua di una minorenne. Oggi giustamente consideriamo una offesa alle donne musulmane un tale tipo di diritto. Le modifiche in senso di decentralizzazione, l'istituzione delle regioni, lo statuto dei lavoratori, un clima di confronto culturale finalmente internazionale sono il risultato del '68.
Così come le brigate rosse, se vogliamo dirla tutta. Ma ogni processo storico non è mai univoco e ridurre il '68 a progenitore degli attuali bulli da strapazzo è veramente riduttivo se non manipolatorio.
Sul fatto che vi siano questi bulletti da quattro soldi provo a dire la mia.
1) Intanto vi è stata nel corso dell'ultimo mezzo secolo una parabola discendente dei professori e del concetto stesso di cultura, accompagnato parallelamente da una discesa sociale ed economica dei professori stessi.
Ne è stata intaccata, soprattutto negli istituti professionali e tecnici (dove avvengono la stragrande maggioranza di questi episodi, nei licei scientifici e classici è molto più difficile), la dignità del professore, che diventa così un obiettivo molto più facile da aggredire da parte di soggetti mediamente disturbati, come ce ne sono sempre in una classe.
2) Lo stesso fenomeno si riproduce nei pronto soccorso contro i medici e gli infermieri, dai parenti dei malati che pretendono cure immediate o la resurrezione dei loro cari. Anche in questo gli agenti di questi episodi potrebbero essere i "padri simbolici" di quei bulli. Tutti accomunati da una rabbia contro le istituzioni pubbliche che non sanno rispondere alle loro esigenze.
3) Questo non saper rispondere alle richieste da parte delle istituzioni pubbliche non è neppure una idea peregrina o un delirio. Se tuo padre, gravemente malato, è costretto in una barella in una corsia tutta sporca, o hai un senso di autocontrollo encomiabile oppure agisci quella rabbia.
Nelle scuole, che frequento per lavoro, specialmente quelle di periferia, vedo insegnanti lasciati a sè stessi, di fronte alla bruttezza del territorio, alla bruttezza delle stesse aule e degli arredamenti, che in qualche caso sono ritornati ad essere belli perchè vintage, perché sono rimasti quelli per cinquanta anni, di fronte a studenti che sono già imprigionati in un destino di lavoro sottopagati e malpagati nonostante o forse a causa della scuola. Ho visto laboratori cadere a pezzi, perchè manca la manutenzione, mancano i soldi per comprare macchinari nuovi e magari gli ottici delle scuole pubbliche si esercitano su macchinari ormai superati, che non hanno alcuna attinenza con il mondo professionale attuale.
4) La scuola allora diventa l'ultimo momento per gridare il proprio malcontento, la propria rabbia, prima di essere gettati in pasto alla società attuale, dove vige un individualismo disumano, proprio il contrario di quello che veniva propugnato da molti movimenti del '68. La scuola e i professori diventano loro malgrado dei capri espiatori di un sistema che non investe nella formazione e nell'istruzione, perché non ha le risorse per farlo e perchè non c'è la volontà politica di stanare le rendite inutili e le tante forme di parassitismo che infestano l'Italia.
5) Gli insegnanti avrebbero inoltre bisogno di energie nuove. L'età media di costoro è sempre più alta. Fino a una generazione fa, gli insegnanti più anziani mettevano in campo la loro esperienza per formare nuove leve e questo ricambio generazionale dava vita al processo vitale di cui facevano parte anche gli studenti.
6) Gli insegnanti dovrebbe garantire una presenza non limitata a 20-22 ore alla settimana. Questo è scandaloso a mio parere. Devi correggere i compiti? Bene lo fai a scuola nel tuo orario di lavoro. Devi preparare la lezione? idem. Ti resta del tempo? Che il ministero organizzi dei corsi sugli stupefacenti, sulle fasce marginali, sulla aggressività giovanile.
Ma tutto questo costa sia in termini di denaro che di motivazione, e dietro l'alibi del denaro si resta tutti appiccicati ad un modello formativo degno del socialismo reale (con tutte le eccezioni del caso, ovviamente sto generalizzando).
7) Infine ci sono i meccanismi della società attuale, dove tutto è spettacolarizzazione, dove l'evento è cercato, lo show è ripreso dai telefonini. Perchè da tutto ciò si crede possa essere esclusa la scuola? Sono molti nostri politici nostrani che premono sulle soluzioni semplici, sulle affermazioni e sulle promesse ad effetto, impossibili da mantenere. Ragionare con la pancia, piuttosto che con la testa è ormai un metodo diffuso e perché mai gli adolescenti di oggi, specialmente quelli svantaggiati delle periferie, dovrebbero discostarsi da questo modello?
Questo è il loro ultimo show, poi saranno assunti al Carrefour o da Amazon e metteranno nel cassetto i loro sogni di diventare tronisti, rapper o calciatori e trasmetteranno le loro frustrazioni ai figli, che faranno fare alla ruota del bullismo un altro giro.
Aggiungo un ulteriore elemento di riflessione, già evidenziato nel primo post di altamarea. I genitori in tutto questo come si pongono? Perchè ne ho visti di genitori "zerbino", nei confronti dei loro "gioielli" e se i genitori sono i primi a mettersi in ginocchio, perché questi ragazzi non dovrebbero pretenderlo anche dai professori? Non ci insegnano i media forse che non esiste limite? E non ci insegna questa società che le regole sono fatte per essere infrante?
Ciao Jacopus, molto interessanti le tue riflessioni.
Sono talmente indignato del comportamento dei cosiddetti bulli nei confronti dei docenti, che non posso esimermi di aggiungere anche l'articolo scritto da Claudia Guasco col titolo: Nella scuola dei bulli: "Noi quei ragazzi vogliamo recuperarli", pubblicato anche questo nell'edizione odierna del quotidiaNO "Il Messaggero". Ecco il testo:
Lucca. L'istituto tecnico Carrara, proprio di fronte alla cinta di mura del Cinquecento, non è una scuola di periferia. E nemmeno un istituto per perdigiorno. «È riconosciuta la precisione e la severità del suo corpo docente», tiene a sottolineare il preside Cesare Lazzari. Eppure che ci fossero problemi in quella classe del biennio lo sapevano tutti: c'è chi racconta di un banco scagliato contro il muro da uno studente ripreso per la scarsa attenzione, di un casco lanciato a un professore. Poi, una decina di giorni fa, su Whatsapp cominciano a circolare video in cui l'insegnante di storia e italiano, 64 anni, diventa il bersaglio di un'intera classe. Insulti, aggressioni, minacce. Umiliazioni riprese con due cellulari mentre i compagni ridono, incitano e bestemmiano. Ora quattro ragazzi sono indagati per ingiurie e violenza privata, la procura dei minori di Firenze ha aperto un fascicolo, Digos e polizia postale sono al lavoro per risalire a chi, per primo, ha messo in rete le immagini.
Uno studente ha già ammesso tutto, un altro lo stanno ancora cercando per quattro video che vanno ben oltre la bravata. E il numero degli indagati è destinato ad aumentare man mano che gli alunni vengono identificati. C'è un ragazzo che si infila un casco integrale e comincia a colpire sul petto il professore che gli chiede di smettere. Lui però continua, si avvicina a pochi centimetri dal volto e ruggisce.
Cambio di scena: lo stesso alunno copre la faccia del docente con una giacca, mentre un compagno in sottofondo esclama «buffone» e un altro impila due cestini della spazzatura facendoli cadere addosso all'insegnante che è diventato un bersaglio: «Le piace prof la torre di Pisa?». Poi i toni si fanno ancora più offensivi, le domande incalzanti: «Le piace il pi..? Lo dica, le piace o preferisce altro?». Il docente non perde la calma, non reagisce, scuote la testa ed esorta gli alunni a tornare al loro posto. Nel suo comportamento c'è una sorta di rassegnazione, non va dal preside a denunciare le aggressioni. E infatti il dirigente Cesare Lazzari scopre tutto quando ormai i video circolano ovunque. «Stiamo valutando anche questo aspetto, il clima che c'era in classe. Sono questioni complesse, abbiamo ascoltato anche gli altri insegnanti per capire», spiega. Da due giorni il professore di italiano e storia è assente, se ne è andato anche da casa per cercare un po' di tranquillità in un posto isolato. Oggi pomeriggio però si ritroverà nuovamente di fronte agli studenti, convocati con i genitori per il consiglio di classe. «Uno perderà sicuramente l'anno. Non tutti, anche perché la scuola deve rappresentare un'occasione di crescita e di recupero. Valuteremo le sospensioni, che in questi casi possono arrivare a quindici giorni. Intanto d'accordo con le famiglie abbiamo deciso di lasciare i ragazzi a casa per qualche giorno: bisognerà valutare la posizione dei singoli», spiega il preside.
«Con il docente ho parlato e ci riparlerò - aggiunge Lazzari - Era sconvolto, rattristato, anche lui ha presentato denuncia contro i ragazzi. Ci sono ancora diverse cose da chiarire, compreso il contesto. Quella classe, già in passato, aveva dato qualche problema ma di rilevanza assai inferiore rispetto a oggi». Uno dei protagonisti dei filmati è già stato sospeso per tre giorni tra fine febbraio e inizio marzo, «sembra però che tali provvedimenti abbiano fatto da detonatore e siano stati presi come una sorta di sfida da parte di alcuni studenti», rileva il dirigente. «Con quei ragazzi stavamo lavorando per far sì che continuassero un percorso scolastico, per convincerli a cercare un nuovo orientamento ma, con il loro gesto, sembra quasi abbiano cercato di farsi buttare fuori». Non provengono da contesti difficili, anzi: famiglie della media borghesia, normali e collaborative con la scuola. E allora perché sono andati malamente fuori strada? Chi li conosce, li descrive come studenti svogliati, senza alcun interesse per i libri, vorrebbero andare a lavorare subito ma non si rendono conto delle difficoltà di trovare un posto. Non leggono libri né giornali, nonostante l'iniziativa dell'istituto del quotidiano in classe, «a noi basta internet, il resto non ci interessa», ripetono. L'istituto ha anche avviato un percorso psicologico di sostegno, evidentemente del tutto inutile. I bulli se la prendono con il mondo, con l'insegnante e con i compagni: «Puzzi di m...., non puoi stare lì», dice uno al vicino di banco. E quando una ragazza passa davanti a un telefonino che sta riprendendo l'insegnante vessato, l'autore sbotta in malo modo: «levati di mezzo, boiler del c...o». Adesso gli atti sono sul tavolo del capo della procura dei minori di Firenze Antonio Sangermano, tra questi c'è anche la denuncia fatta dal preside, oltre ai primi rapporti della polizia. L'inchiesta è solo all'inizio, prima arriveranno le sanzioni della scuola: per domani è convocato il consiglio d'istituto che deciderà il futuro scolastico dei ragazzi.
Un altro grave episodio è avvenuto nel dicembre 2016, ma si è saputo soltanto in questi giorni, è accaduto a Velletri, in provincia di Roma. Il quotidiano Il Messaggero ha raccontato lo scorso 7 aprile la notizia del video sulle minacce alla docente dell'istituto tecnico veliterno. Le immagini hanno ripreso con un cellulare un atto di intimidazione di uno studente minorenne verso la professoressa. La procura di Velletri ha deciso di procedere per il reato di minacce e oltraggio ad un pubblico ufficiale.
Molti lo ignorano, o fanno finta di non saperlo, che un insegnante nell'esercizio delle sue funzioni è un pubblico ufficiale.
Nel video si vede e si ode il ragazzo che aggredisce verbalmente la docente, dicendole, in dialetto: "Te faccio scioie in mezzo all'acido, te manno all'ospedale".
Il video dura circa 10 minuti.
Jacopus ha scritto:
Citazione vi è stata nel corso dell'ultimo mezzo secolo una parabola discendente dei professori e del concetto stesso di cultura, accompagnato parallelamente da una discesa sociale ed economica dei professori stessi.
Ne è stata intaccata, soprattutto negli istituti professionali e tecnici (dove avvengono la stragrande maggioranza di questi episodi, nei licei scientifici e classici è molto più difficile), la dignità del professore, che diventa così un obiettivo molto più facile da aggredire da parte di soggetti mediamente disturbati, come ce ne sono sempre in una classe.
Jacopus, aiutami a capire per favore. Cinquant'anni fa ci fu il movimento studentesco del '68, e giustamente affermi che da cinquant'anni continua la parabola discendente, di tipo sociale, dei professori. Io penso che le critiche sessantottine all'autorità e all'autoritarismo dei docenti abbiano funzionato da innesco a tale crisi, specchio della contestazione all'autoritas del pater familias. Molti genitori per sentirsi al passo con i tempi s'inventarono di essere amici dei figli e non "padre padrone", lasciando far fare ai "pupi" ciò che volevano, con nefaste conseguenze.Per quel che ne so cinquant'anni fa la droga (in particolare cocaina) veniva usata da pochi benestanti economicamente. Perché si è diffusa in tutti gli strati sociali, riducendo sul lastrico singoli individui e famiglie ? Di chi la colpa ?
Io credo che alla base del comportamento di questi giovani ci sia un profondo stato di incoscienza. Inconsapevoli di cosa stanno a fare in una scuola, inconsapevoli del ruolo della scuola, inconsapevoli degli obiettivi da porsi nella loro vita, inconsapevoli delle differenze fra un ragazzo ed un adulto. Consapevoli solo di un senso di necessità di proteggere una immagine da duro, perchè solo un duro merita il rispetto e il resto è solo feccia. E' la disumanizzazione della società che infetta lo stadio più vitale dell'adolescenza. Il problema è cosa dovrebbe fare la società per arginare il problema? Come farsi rispettare da un violento che nuota in un mare di insensibilità, insensibilità che riesce ad essere infranta solo da impulsi forti, violenti? Compito reso ancora più arduo dal fatto che questi giovani sono ben pronti ed allenati a tappare la bocca dei grandi rinfacciando loro i peccati dell'età adulta che hanno sfacciatamente imparato ad apprendere sin dalla tenera età. Ma la cosa secondo me più grave è che non credo che questa società si stia seriamente interrogando su se stessa. E forse è la prima volta che una società si lascia scivolare di dosso i propri vizi, non per interesse o cinismo, ma per il più puro è letterale senso di indifferenza.
Una coppia americana ha deciso di allevare l'essere che hanno generato (che hanno chiamato Zoomer) "senza genere": «Sarà lei/lui a scegliere in quale sesso riconoscersi, una volta che sarà in grado di esprimersi». Ne ha parlato elogiativamente Il Sussidiario il 16 aprile, come i due si rivolgano a Zoomer con un pronome neutro. "I genitori di Zoomer non vogliono che cresca limitata/o da una cultura fatta di stereotipi di genere. Il "gender creative" è un metodo educativo per far sviluppare la creatività di Zoomer....".Ovviamente, non è che la creaturina sia di sesso incerto. E' che sono i genitori, ferrei aderenti all'ultima ideologia di moda, a non aver "voluto rivelare se sono genitori di un maschio o di una femmina, preferendo «liberarsi dagli stereotipi». La giornalista nemmeno coglie il carattere ideologico, fanatico, del linguaggio dei genitori: «Ho deciso di non assegnare un sesso a Zoomer. Aspetterò che scelga da sola/o in quale dei due identificarsi". Dunque "io ho deciso" per Zoomer, al suo posto. Non è assurdo? No, e nemmeno è più una notizia da rilevare con sorpresa, come fa Il Sussidiario. Ormai alla Università Statale di Milano si tengono "seminari a cadenza mensile sulla medicina e farmacologia di genere", ossia sull'uso dei farmaci ormonali che sospendono la pubertà dell'adolescente, in modo che sia lui/lei a scegliere "libero da stereotipi", più tardi.http://www.gender.unimi.it/Eppure sembra ieri – possibile abbiate dimenticato? – che ci veniva detto che "la teoria gender non esiste". Ce lo ripetevano i media, Corriere l'Espresso, ovviamente Il Fatto Quotidiano, Repubblica; le tv; ce lo strillava nelle orecchie tutte le parlamentari del PD. Potete ritrovare i titoli sul web:Michela Marzano: "La teoria gender non esiste.No, è una invenzione propagandistica dei reazionari "per bloccare la legge sulle unioni civili", si allarmava.Giannini: «La teoria del gender non esiste»https://ilmanifesto.it/giannini-la-teoria-del-gender-non-esiste-a-scuola/E' "Una truffa culturale", tuonava la ministro dell'Istruzione Stefania Giannini; minacciò addirittura , a nome delle Istituzioni offese, di denunciare per diffamazione "chi ha parlato e continua a parlare di teoria gender in relazione al progetto educativo del governo Renzi sulla scuola". La famosa Buona Scuola di Renzi.Ora che il gender è ormai mainstream, e la sua farmacologia si insegna alla Statale di Milano, mi piacerebbe sapere chi erano quegli italiani che hanno minacciato di morte Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta, quando nel 2014 era uscito il loro "UNISEX, la creazione dell'uomo senza identità" (Arianna Editrice). Lo racconta la stessa Enrica nel suo ultimo libro, "Fake News, come il potere controlla i media e fabbrica l'informazione per ottenere il consenso"."Venimmo accusato di lucrar su una bufala, in quanto la teoria gender non esiste....Alcune librerie furono costrette a togliere le copie dagli scaffali e scusarsi pubblicamente con le associazioni LGBT per aver osato esporre il libro. Poi arrivarono gli insulti e i falsi commenti su Amazon", "l'ondata di odio e di violenza" si diffuse sul web."Infine arrivarono le minacce di morte firmate. Molti scrissero che avrebbero bruciato i libri in piazza (e poi i nazisti saremmo noi...) e che nel rogo avrebbero messo volentieri anche noi". E siccome Enrica è di gender femmina, questi difensori di un mondo senza pregiudizi le "augurarono la morte tra le fiamme" ma non prima di aver subito "lo stupro".Moltissimi insultatori scrissero: ti devi semplicemente "vergognare" ad assumere certe posizioni.In particolare mi piacerebbe ascoltare "la signora che segnalò Marletta e me all'Ordine degli psicologi, in quanto necessitavamo – a suo parere – di un TSO: eravamo pazzi e dovevamo essere curati".Sapere da che ambiente viene, qual è la sua formazione. Si rende conto della ripugnante bassezza di quel che ha fatto? Della sua natura totalitaria? Negli ultimi decenni dell'Unione Sovietica, i dissidenti – innocui scrittori e intellettuali – venivano dichiarati schizofrenici e internati in manicomio. Il motivo fu spiegato limpidamente dal segretario generale Breznev: "in Unione Sovietica non ci sono detenuti politici poiché nella società socialista non esistono conflitti sociali e i pochi insoddisfatti non possono che essere malati di mente." Evidentemente, la signora condivide esattamente la stessa visione: chi non è d'accordo con PD e la sinistra dei diritti civili, e la società perfetta che hanno creato, non ha diritto ad essere ascoltato – va ricoverato. Anche l'incaricarsi della delazione è nella vecchia tradizione. Del resto il PD è l'erede diretto del PCI, e i suoi adepti e ministri, se hanno abbandonato le masse operaie, hanno mantenuto del comunismo la volontà repressiva, la nostalgia della NKVD.Mi piacerebbe sapere chi sono quelli che – in difesa della verità ideologica, ossia della menzogna dell'ordine costituito – hanno sentito il dovere di mandare minacce di morte firmate, se quelli che volevano fare il rogo dei libri sanno che evocano un atto che la loro propaganda attribuisce al nazismo, ossia a quello che sono istruiti a dichiarare il Male Assoluto. Possibile che non colgano il nesso? Che livello di intelligenza hanno?E in generale: si capisce che privati individui di una certa ideologia possano essere irritati dai disturbatori del Pensiero Unico e del Conformismo di Stato, specie se ancora da affermare come dogma. Ma da qui a prendersi la briga non solo di farsi psico-poliziottti del Disordine Costituito, bensì' anche proporsi come boia ed esecutori, vuol dire che provengono da un livello di degrado inumano. Quello stesso livello da cui vengono coloro che ammazzano le "compagne" quando vogliono lasciarli. O dei ragazzi che vittimizzano gli insegnanti.Che livello è? A costo di ripetermi, devo ancora una far riferimento al concetto di "Invasione verticale dei barbari". Ogni nuova generazione di neonati entra nella società come barbara, innocentemente ignorando tutto della civiltà; essa deve esserne istruita comunità in cui è entrata, educata alla cultura e ai buoni costumi che i nostri antenati ci hanno consegnato; è la "tradizione" ossia la trasmissione della civiltà dai genitori ai figli. Come è stato notato, la sinistra – in quanto rifiuta come oscurantismo ogni "Tradizione" – è incapace di trasmettere il progresso. I piccoli barbari restano barbari anche da adulti: ossia incapaci di controllare i loro impulsi sessuali o omicidi, immediatamente schiavi – dipendenti – da qualche vizio (droga, discoteca o sesso ) perché nessuno ha insegnato loro ad esercitare il carattere e la volontà, privi delle buone maniere elementari; ridotti a rapportarsi con la donna nel modo più immediato e bruto, perché nessuno ha insegnato loro i rudimenti di quell'ingrediente formidabile della cultura cristiana, che si chiama "cavalleria". Anche la nobiltà d'animo non ha, per questi barbari adulti, nessun senso; di conseguenza, non si vergognano di nessuna bassezza e viltà, anche ripugnante.Il guaio è che i giovanissimi barbari che vengono all'onore delle cronache perché nella Buona Scuola picchiano gli insegnati e li bullizzano, sono figli di genitori barbari – quelli che vanno a picchiare gli insegnanti per difendere i figli dai brutti voti, che palesemente non riconoscono come legittima alcuna autorità – salvo quella dei cazzotti. Anzi, nipoti di progressisti ormai settantenni, barbari del '68 e della Rivoluzione culturale. Insomma siamo già almeno alla terza generazione successiva di barbari ineducati e non-civilizzati, e ciascuna ha avuto consegnata (tràdita, in latino) dalla precedente sempre meno cultura, logica, storia ed estetica, addestramento del carattere. Analfabeti funzionali, non sanno leggere se non frasi semplificate, che prendono per il valore facciale, senza coglierne sottintesi, ironie, sfumature di senso.Danno una estrema importanza al conformismo: non avendo sviluppato una personalità autonoma, desiderano una sola cosa, stare nel gruppo, e temono una sola cosa: essere "esclusi dal gruppo".E' precisamente questo che li rende insieme temibili (fanno massa) e assolutamente vulnerabili alle strategie di manipolazione che i poteri forti adottano proprio a loro beneficio. La "conversione della comunità eterosessuale all'ideologia di genere" è stata appunto una grandiosa strategia di marketing. Paul Rondeau, consulente di mercato, l'ha descritta in Selling Homosexuality to America (Vendere l'omosessualità all'America, 2002). L'essenziale della strategia è: mai contrastare gli argomenti degli oppositori con altri argomenti raziocinanti, mai fare appello al dibattito dialettico – sfera del tutto estranea alla massa umana che si vuol convincere – ma escluderli in anticipo dal discorso come deliranti, manifestazione di bigottismo religioso (che i neo-selvaggi traducono "fuori moda"), e pregiudizi di minoranze marginali, quindi deboli (da bullizzare senza rischi), quindi ridicole. I barbari non civilizzati aborrono chi sta in minoranza e fuori moda. Il gioco è fatto.Il punto è che "vendere l'omosessualità all'America" ha richiesto decenni. In Italia, da "la teoria gender non esiste" ai seminari "scientifici" sui farmaci per bloccare la pubertà agli adolescenti onde possano "scegliersi il gender" come nuova normalità, sono passati tre o quattro anni. Ed ora la nuova ideologia è ferramente difesa dalle masse neobarbare, arcigna e invincibile psico-polizia volontaria che si arruola da sé nella delazione e denuncia dei miscredenti della nuova ortodossia.Naturalmente, fra le cose che nessuno ha insegnato loro c'è che la pluralità di idee e opinioni è legittima. Anzi che è essenziale alla vita politica e della civiltà.La terza generazione di barbari non civilizzati, ecco il problema. Ecco i nemici della patria.Mentre chiudevo questo articolo, mi è giunto questo messaggio di un lettore. Parla di come il mainstream progressista e avanzato tratta l'orribile segnale degli studenti che nella Buona Scuola insultano, umiliano e minacciano i docenti. Penso che completi bene il senso di ciò che ho voluto dire."...Rientrando prima del solito da un appuntamento di lavoro sono incappato oggi nei " programmi delle casalinghe" , dove – presenti psicologa d'ordinanza e docente " alternativo" – si dibatteva animatamente dei sedicenti studenti di Lucca e del vergognoso episodio in cui il giovinastro indossando un caso da moto " incornava" il prof. e lo minacciava intimandogli di "mettergli un 6″ ...chiarendo in maniera esplicita " chi è che comanda!". Ovviamente a corollario altri video scovati in rete sul medesimo argomento.Ontologicamente e " per educazione ricevuta" abituato a una normale educazione ( per intenderci io e i compagni di classe ci alzavamo in piedi all'ingresso della maestra ), confesso che provo malessere fisico nel rivedere quelle immagini; infatti le ho viste una sola volta sul web e oggi alla TV. Mi aspetterei condanna unanime "senza se e senza ma" ( dicono così no i "democratici " quando qualcuno tocca temi " intoccabili"?), e una pena esemplare ( anche questa frase mi sa di già sentito ...), in relazione al reato consumato di, come minimo, "oltraggio " quando non "violenza " a pubblico ufficiale . Quindi, codice penale alla mano, vorrei sentire Avvocati esperti esaminare la durata delle pene da erogare agli over quattordicenni, imputabili, e ai di loro genitori. Questo dal mio punto di vista deve essere il punto di partenza .Poi possiamo parlare, dobbiamo parlare, di radiazione da ogni scuola di ordine e grado.E dopo ancora , se ne abbiamo tempo, di " lavori socialmente utili", giornate a pulire i cessi o i cestini ..etc.Sicuramente, poi, alla fine, anche di capacità o competenze basilari del docente in oggetto...sebbene a mio avviso faccia sorridere sentire oggi la " ministra uscente" Fedeli minacciare provvedimenti eclatanti ...La stessa ministra che giusto pochi mesi fa aveva portato a coronamento la realizzazione della riforma della scuola (" buona" non ce la faccio proprio a dirlo), eliminando il voto in condotta.Nulla di tutto ciò .La psicologa, invitava a moderazione e richiamava ovviamente l'importanza della prevenzione; il docente si preoccupava di non rovinare l'esistenza dei ragazzi, per un fatto sicuramente deprecabile blablabla...MA ...!. Bocciarli a suo avviso sarebbe inutile perché non percepito come punizione.I più reazionari ( verosimilmente futuri indagati per comportamento anti democratico ), suggerivano sommessamente una sospensione...addirittura una bocciatura!Dal mio punto di vista un po' come dare il DASPO ai " tifosi" che commettono reati allo stadio...invece che sbatterli in galera.Fonte:
https://www.maurizioblondet.it/sui-nemici-della-civilta-fra-noi/ed ancora...(sulla Scuola)La Scuola ti vuole mediocre (Enzo Pennetta/Byoblu)Fonte:https://www.youtube.com/watch?v=dL6jyoJNwhk
Tra i vari strali della cultura americana che sono arrivati sin qua, occorre ricordare il cosidetto "self-esteem movement" che fu una corrente molto in voga tra pediatri\psicologi americani che praticamente teorizzava che ogni intervento sul bambino doveva essere mirato all'accrescimento della sua stima di se, in modo tale da "corazzare" il bambino-individuo alla lotta "per la sopravvivenza" del sistema capitalista. Non penso sia difficile ricondurre i vari "principi" che girano in carrozz-ina a tale principio, posto che sfortunatamente la gran parte di essi andrà in contro a sonore delusioni quando vorranno reclamare le terre del principato, e reagiranno con la violenza come è normale che sia.
Di che meravigliarsi se la società degli adulti necessita di bulli... che i bambini già lo sono? Del solo fatto che essi applichino violenza esasperata per la loro età? Sapranno condurla in maniera più edulcolorata e nei margini legali da grandi, nel frattempo fanno le prove a calpestare i diritti degli altri e a otturare qualsiasi bisogno empatico, a bendare i neuroni-specchio..Non che tanti maestri-sceriffi, non siano a loro volta ottime fonti di idee e spirito, per ridicolizzare il supplente successivo.
In realtà non potete accostare le aggressioni gravissime che si fanno contro gli insegnanti con quelle contro i medici: i medici a volte non curano come dovrebbero, soprattutto al sud Italia ci sono casi gravi di malasanità, un paziente lasciato in codice verde ci rimane anche se il codice diventa obiettivamente giallo o perfino rosso, non lo curano e allora che cosa dovresti fare? I medici e di riflesso gli infermieri a volte approfittano dell'ignoranza della gente per curarla in modo inadeguato e quando si protesta civilmente ti si dice semplicemente di obbedire. Una meningite è scambiata per influenza, i sintomi di un cancro vengono sottovalutati dai medici di base che li scambiano per gastrite e prescrivono solo farmaci palliativi: succede purtroppo.
Essere soggetti ad un potere è sempre brutto, perché ti porta ad affidare la tua esistenza ad un altro che può anche sbagliare o vessarti.
E poi, diciamocelo, chi non vi dice che quel professore che nel video sembra così mite prima non abbia vessato i suoi alunni che ora giustamente si ribellano? Chi non vi dice che non li abbia interrogati mettendo dei voti falsi oppure li abbia sistematicamente fatto domande per farli cadere? Mi dispiace, ma mi astengo dal giudicare. Il giudizio infatti spesso non è puramente razionale e deriva da reazioni emotive di fronte ad un video, ma un video fotografa l'istante, non dice nulla su come si è arrivati ad una determinata situazione.
Per Altamarea: Mi sembra semplicistico fare l'equazione giovani d'oggi bulli = sessantotto. Ho già scritto prima tutta una serie di ragioni per cui non credo realistica e veritiera una tale teoria. Però, già che ci sono, ti posso proporre una ulteriore chiave di lettura. La psicoanalisi teorizza che per maturare e crescere bisogna saper dir di no alle proprie pulsioni, alle soddisfazioni del momento. Usando un modo di spiegare semplicistico, dice: "meglio una gallina domani che un uovo oggi, e magari non ci serve neanche la gallina domani, ci basta un pulcino". Questo modello era incardinato sul valore del padre come autorità, come colui che nega il desiderio e che dice di aspettare. Attraverso quella negazione il desiderio diventava progetto di vita.
Ora il modello industriale-consumistico in cui siamo immersi non può accettare questo diverso modo di vivere. Dobbiamo consumare, arrenderci agli impulsi, esternare i nostri sentimenti, agire, muoverci, comprare, dare notizia di noi. Tutto ciò senza domandarci il perché, il perchè sottostante è semplicemente "consumare". E di fronte a questo imperativo che leggiamo e interpretiamo in ogni istante ed in ogni luogo, ogni autorità che nega, che rimanda ad altro che non sono soldi e consumo, viene visto come un nemico, come colui che vive in una nuvola, che non ha capito me e il mondo.
Immagina ora ragazzi di borgata, da sempre convissuti con un ambiente al limite della legalità, dove il sopruso è la norma, così come la necessità di farsi rispettare e di non farsi mettere i piedi in testa. A costoro farei leggere alcuni testi fondamentali del '68, come quelli di Don Milani, che c'entra eccome con il '68.
Quindi, ancora una volta, come in tutte le cose di questo mondo, non esiste una interpretazione netta. Il '68 ha seguito e incrementato questa scia. Ha imposto il consumismo di massa in alcuni settori strategici, quello dei mass-media e così ha indirettamente indebolito il concetto di autorità. Ma interrogarci sul principio di autorità e criticarlo è il modo essenziale di maturare e di diventare uomini e, come ho già scritto, il mondo precedente al '68 era un mondo magari più ordinato ma dove accadevano violenze legalizzate e dove vi era una parte della società che era ancor più di oggi, priva di diritti e obbligata a vivere all'ombra di un dominus (le donne e i bambini, privi di molti dei diritti che oggi riteniamo imprescindibili).
Quindi la domanda è: abbiamo bisogno di un ordine fondato sulla sottomissione, come avveniva prima del '68 e come avviene ora nei paesi dell'Islam, oppure l'ordine lo fondiamo sull'accordo, sul patto fra cittadini maturi e responsabili, che si prendono cura l'uno dell'altro?
per Acquario:
CitazioneChe livello è? A costo di ripetermi, devo ancora una far riferimento al concetto di "Invasione verticale dei barbari". Ogni nuova generazione di neonati entra nella società come barbara, innocentemente ignorando tutto della civiltà; essa deve esserne istruita comunità in cui è entrata, educata alla cultura e ai buoni costumi che i nostri antenati ci hanno consegnato; è la "tradizione" ossia la trasmissione della civiltà dai genitori ai figli. Come è stato notato, la sinistra – in quanto rifiuta come oscurantismo ogni "Tradizione" – è incapace di trasmettere il progresso.
Sul fatto che i neonati siano dei nuovi barbari da introdurre nel processo di civilizzazione sono abbastanza d'accordo. Ma questa descrizione è irrealistica. Se va difesa la tradizione non doveva cadere l'Unione Sovietica. I nuovi barbari invece di farsi mandare educatamente nei gulag hanno preferito ribellarsi, non hanno accettato i buoni costumi dei genitori. Nel '700 gli illuministi protestavano contro le buone tradizioni, come quella di condannare un servo di un nobile, al posto del nobile stesso, che si era accidentalmente macchiato di qualche piccolo reato nei confronti di un plebeo, chessò, violenza sessuale o omicidio. Oppure pensa alla tradizione di pensare alla terra piatta. Oppure il diritto nell'antica Roma di vendere i propri figli come schiavi. Una tradizione veneranda e rispettabilissima. O anche l'infibulazione è un'altra tradizione.
Mi spiace Acquario, ma chi parla di tradizione di solito difende la sua pancia piena. E' ovvio che la trasmissione del sapere/potere deve seguire delle linee coerenti ed ordinate: non possiamo uccidere sempre i ns padri come fa Edipo e come fa fare Amleto. Ma se c'è una tradizione che va sempre tramandata e quella di pensare criticamente alle tradizioni e di vedere se effettivamente rispondono alle necessità dell'umanità.
CitazioneOntologicamente e " per educazione ricevuta" abituato a una normale educazione ( per intenderci io e i compagni di classe ci alzavamo in piedi all'ingresso della maestra ), confesso che provo malessere fisico nel rivedere quelle immagini; infatti le ho viste una sola volta sul web e oggi alla TV. Mi aspetterei condanna unanime "senza se e senza ma" ( dicono così no i "democratici " quando qualcuno tocca temi " intoccabili"?), e una pena esemplare ( anche questa frase mi sa di già sentito ...), in relazione al reato consumato di, come minimo, "oltraggio " quando non "violenza " a pubblico ufficiale . Quindi, codice penale alla mano, vorrei sentire Avvocati esperti esaminare la durata delle pene da erogare agli over quattordicenni, imputabili, e ai di loro genitori. Questo dal mio punto di vista deve essere il punto di partenza .
Sulle pene ci sarebbe un lungo discorso da fare. Sostanzialmente sono d'accordo su questo estratto, tranne che sul concetto di "pena esemplare". Le persone sono persone e a maggior ragione gli adolescenti, anche quelli che hanno sbagliato. Non ha alcun senso, se non un senso strettamente reazionario, parlare di pena esemplare. La pena serve alla persona che ha sbagliato, possibilmente per non farla sbagliare più, per farla ragionare sul perchè ha commesso quegli errori, per farle capire che è imprigionata in un mondo da cui deve uscire per non farsi male e non fare male agli altri. Ma si sà che è molto meglio spettacolizzare questi eventi, guadagnandoci mediaticamente e nello stesso tempo avere così la scusa per lasciare gli scheletri negli armadi.
Per Socrate:
Quando ho fatto il parallelismo con le aggressioni sanitarie, come puoi ben leggere, ho io per primo, considerato la grande capacità di autocontrollo che talvolta serve quando ci si trova di fronte ad inefficienze eclatanti. Ma agire con la violenza, contro persone che subiscono esse stesse quelle inefficienze è un modo di fare a) incivile, b) irrazionale, visto che non è attraverso quell'agire che miracolosamente l'elettrocardiogramma riprende a funzionare. Servirebbe molto più creare delle associazioni, unirsi in gruppi, far sentire la propria voce nelle istituzioni, controllare come vengono spesi i soldi pubblici ed essere inflessibili con sè stessi, perchè se poi si preferisce non pagare le tasse, perchè intanto sono tutti ladri, allora per coerenza accettate anche l'elettrocardiogramma rotto e tutte le conseguenze.
Sui professori il discorso è più complesso, credo, perchè non si tratta solo di una "tecnica" come quella sanitaria. E' in gioco la trasmissione del potere e del sapere. Io credo che un ragazzo, un adolescente deve anche essere in grado di accettare una ingiustizia da parte di una autorità, è un esercizio mentale molto produttivo. L'ideale sarebbe contestare in modo argomentato all'autorità il perchè di quella "ingiustizia". Il potere di critica dovrebbe essere sempre tutelato e insegnato dai docenti, ma il potere di critica è una cosa, un pugno in faccia o questi scandalosi rovesciamenti delle parti è un'altra.
I giovani bulli, ribelli, sono necessari, indispensabili, per mettere alla prova il sistema scolastico ed educativo in senso lato, le sue capacità e modalità di reazione. Altrimenti a che cosa serve il sistema dell'istruzione?
La punizione e l'autoritarismo sono soluzioni comode, facili, soprattutto per gli insegnanti ed i genitori più incapaci, inadatti. Non dimentichiamo che i giovani sono effettivamente la parte debole e irresponsabile del sistema scolastico. Si può immaginare di meglio, un'occasione per coinvolgere i soggetti interessati, genitori, insegnanti, studenti in primo luogo in una riflessione e reazione collettiva per migliorare le istituzioni scolastiche.
Far passare come normale ciò che è straordinario non è utile, razionale. Non vanno costruite le regole ordinarie delle istituzioni, sulla base di fatti straordinari.
Citazione di: baylham il 21 Aprile 2018, 17:13:44 PMI giovani bulli, ribelli, sono necessari, indispensabili
Il bullo non è un ribelle, è uno che vorrebbe uscire dalla sua gabbia e i soli modi che trova sono vie per rimanerci dentro.
Un giovane che vedesse realizzati i suoi desideri di crescita non avrebbe alcun bisogno di fare il bullo, perché sarebbe già contento, soddisfatto, appagato, da ciò che fa.
La scuola non dà crescita e non può darla, perché la società ha stabilito che non esistono vie di crescita. La scuola trasmette ciò che questa società storica ha prestabilito.
La cosa difficile è questa: mostrare alla società, in maniera convincente, che le vie di crescita esistono. È difficile, perché la società ha assorbito da molto tempo la lingua della non esistenza di crescite e una lingua è fatta di moltissimi vocaboli, moltissime frasi. Per convincere la società che le crescite esistono è necessario correggere moltissime parole, moltissime frasi di questa lingua; ciò richiede molto lavoro, molto tempo, e non è neanche detto che ci si riesca.
È lo specchio di come è stata ridotta tutta la società dopi 70 anni del pensiero dominante sinistro-progressista. Plasmati al nichilismo e all'autolesionismo.
Lo si evince anche da come gli elettori scelgono di votare, dopo gli evidentissimi fallimenti della sinistra tutta, c'è sempre una cospicua fetta di popolazione che la vota. Il PD nell'ultima consultazione elettorale è vero, è crollato, ma ha racimolato il 18% dei voti, dunque davvero troppi per un partito che non meritava nulla e disprezzato da tutti.
È pur vero che vi sono trappole e sotterfugi pur di lasciare il potere nelle mani della sinistra, come il movimento pentastellato che si è rivelato truffaldino, cioè un'altra maschera della sinistra.
Il '68 è stato un movimento di protesta e sovvertimento sociale estremista e, come tutti gli estremismi, ha finito col produrre piú danni che benefici. Oggi ce ne rendiamo finalmente conto. Estremismo di stampo sinistra radicale che nonostante le innumerevoli critiche, ancora imperversa. Lo stesso estremismo che porta oggi a paragonare una famiglia etero ad una gay. Lo stesso insulso estremismo che porta oggi le femministe superstiti a sbraitare per i femminicidi dovuti alla sbandata società che loro stesse hanno contribuito a creare, e a tacere di fronte ai femminicidi per cultura islamica; neppure una parola di indignazione.
L'estremizzazione del diritto al divorzio e all'aborto ha portato alla perdita di responsabilità nell'affrontare il matrimonio, allo sfacelo della famiglia, all'edonismo, alle coppie perennemente in crisi, al rifiuto della maternità tanto che oggi abbiamo il problema della natalità zero. E qui, nonostante il danno, si inserisce ancora e prepotentemente la sinistra: politici e prelati si affannano a voler rimpinzare la popolazione con la scriteriata e incontrollata accoglienza di immigrati.
A proposito della scuola, ho insegnato in diverse scuole, dall'asilo alle superiori, mi sento di dire che di disturbati ce ne sono non pochi, molti di piú che nei decenni passati quando anch'io ero una studentessa, e sin dalla scuola dell'infanzia si nota spesso qualcosa di anomalo. I ragazzi in situazione di disagio psicologico è bene che vengano curati e il prima possibile, ma non si può pretendere di trasformare la scuola in una specie di centro psichiatrico. Occorre tornare a responsabilizzare i genitori. Se un ragazzo disturba la classe e gli insegnanti, alla terza, quarta volta, lo si allontana dalla scuola e lo si fa seguire da un centro apposito dove verrebbe curato e, se ha la capacità e la volontà di studiare, si provvederebbe anche a non fargli perdere l'anno scolastico. Ma lontano dalla scuola.
A mio parere la scuola deve tornare ad essere un luogo serio dove si insegna e si trasmette cultura; quindi il rispetto, la buona educazione e una buona dose di disciplina devono costituirne le basi. L'insegnante, modello attuale, che deve innanzitutto saper assumere il ruolo di educatore, confessore, psicologo, psichiatra, neurologo, sostituto del genitore ecc. lasciamolo alle fantasie dei filosofi progressisti.
Gli insegnanti devono tornare ad insegnare, ad essere competenti nelle loro materie di insegnamento.
I governi che si susseguono, tutti sostanzialmente uguali al di là delle apparenze, di fronte ai gravi problemi che presenta la scuola, alla bruttezza delle aule, ai laboratori che cadono a pezzi perché manca la manutenzione, mancano i soldi per comprare macchinari nuovi e magari gli ottici delle scuole pubbliche si esercitano su macchinari ormai superati, che non hanno alcuna attinenza con il mondo professionale attuale e così via... danno priorità allo sperpero di denaro pubblico per l'accoglienza dei migranti, migliaia, se non milioni, dei quali finiranno a fare i bulli e i bulletti da due soldi anche loro perché magari arrivano già disturbati e il nostro povero servizio sanitario nazionale sempre più carente per mancanza di fondi non è in grado di gestirli. Anche molti di questi saranno imprigionati in un destino di lavoro sottopagati e malpagati nonostante il falso buonismo che li ha accolti ed illusi. Dov'è la logica in tutto questo? Cui prodest?
Penso che ormai spetti a tutte le persone di buona volontà di destra rimboccarsi le maniche per frenare e abbattere la sinistra, sia quello politica che "culturale". Ora basta, non dobbiamo piú tollerare lo strapotere della sinistra che va combattuta seriamente ed energicamente, costi quel che costi, perché il declino intrapreso è talmente grave che conflitti e dolori non ce li risparmierà nessuno comunque. Tanto vale alzare il tiro, mirare dritto al cuore della sinistra e distruggerla. Sarà l'ultima tempesta prima del ritorno al sereno.
Dunque non abbiamo bisogno di un ordine fondato sulla sottomissione, come avviene nei paesi islamici (ma anche gli islamici che vivono in Europa non scherzano), ma di un ordine fondato sulla ragione e sull'autorità, che non è una parolaccia. L'accordo tra cittadini maturi e responsabili è una bella definizione, ma come li formiamo i cittadini davvero maturi e responsabili, su quale base educativa? Su quella che abbiamo realizzato finora non credo perché è evidente che è fallita.
Sul fatto della difesa della tradizione poi non è che siamo dei robot pronti a seguire pedissequamente e senza critica qualsiasi tradizione, anche le più riprovevoli, il cervello lo abbiamo apposta per valutare e decidere di conseguenza, per capire cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Pertanto anche le innovazioni e i cambiamenti non vanno accettati solo perché tali, ma devono anch'essi essere valutati se buoni o da scartare. Senza dubbio il cristianesimo ha portato molti aspetti che hanno migliorato la nostra società, come il non vendere i propri figli come schiavi. Ma il progressismo di sinistra ha buttato via il bambino con l'acqua sporca, anzi, direi che ha buttato solo il bambino e si è tenuto l'acqua che sembrava limpida e pura ma che in realtà è inquinata, putrida e tossica.
Il discorso della Terra piatta non c'entra niente perché riguarda il progresso scientifico; un passo avanti che l'essere umano doveva compiere, grazie alle sue capacità, ed ha compiuto.
"La pena esemplare" va data invece, anche perché questi non sono proprio handicappati, del tutto incapaci di intendere e volere, un minimo di cervello l'avranno, sono ben consapevoli della gravità di quelle azioni, ma confidano nel lassismo educativo dilagante, nonostante tutto e a dispetto di tutto. E ancora una volta si considera vittima il colpevole, e chi è vittima non viene considerato minimamente quando non penalizzato. E le offese , i traumi psicologici e materiali, e le dinamiche sociali negative che subiscono le vittime? Chi le ripaga? Il colpevole viene alleggerito anche da queste responsabilità morali, non sia mai...
Bellissimo il post di Acquario!
Citazione di: Elia il 23 Aprile 2018, 20:51:45 PM
È lo specchio di come è stata ridotta tutta la società dopi 70 anni del pensiero dominante sinistro-progressista. Plasmati al nichilismo e all'autolesionismo.
Lo si evince anche da come gli elettori scelgono di votare, dopo gli evidentissimi fallimenti della sinistra tutta, c'è sempre una cospicua fetta di popolazione che la vota. Il PD nell'ultima consultazione elettorale è vero, è crollato, ma ha racimolato il 18% dei voti, dunque davvero troppi per un partito che non meritava nulla e disprezzato da tutti.
È pur vero che vi sono trappole e sotterfugi pur di lasciare il potere nelle mani della sinistra, come il movimento pentastellato che si è rivelato truffaldino, cioè un'altra maschera della sinistra.
Il '68 è stato un movimento di protesta e sovvertimento sociale estremista e, come tutti gli estremismi, ha finito col produrre piú danni che benefici. Oggi ce ne rendiamo finalmente conto. Estremismo di stampo sinistra radicale che nonostante le innumerevoli critiche, ancora imperversa. Lo stesso estremismo che porta oggi a paragonare una famiglia etero ad una gay. Lo stesso insulso estremismo che porta oggi le femministe superstiti a sbraitare per i femminicidi dovuti alla sbandata società che loro stesse hanno contribuito a creare, e a tacere di fronte ai femminicidi per cultura islamica; neppure una parola di indignazione.
L'estremizzazione del diritto al divorzio e all'aborto ha portato alla perdita di responsabilità nell'affrontare il matrimonio, allo sfacelo della famiglia, all'edonismo, alle coppie perennemente in crisi, al rifiuto della maternità tanto che oggi abbiamo il problema della natalità zero. E qui, nonostante il danno, si inserisce ancora e prepotentemente la sinistra: politici e prelati si affannano a voler rimpinzare la popolazione con la scriteriata e incontrollata accoglienza di immigrati.
A proposito della scuola, ho insegnato in diverse scuole, dall'asilo alle superiori, mi sento di dire che di disturbati ce ne sono non pochi, molti di piú che nei decenni passati quando anch'io ero una studentessa, e sin dalla scuola dell'infanzia si nota spesso qualcosa di anomalo. I ragazzi in situazione di disagio psicologico è bene che vengano curati e il prima possibile, ma non si può pretendere di trasformare la scuola in una specie di centro psichiatrico. Occorre tornare a responsabilizzare i genitori. Se un ragazzo disturba la classe e gli insegnanti, alla terza, quarta volta, lo si allontana dalla scuola e lo si fa seguire da un centro apposito dove verrebbe curato e, se ha la capacità e la volontà di studiare, si provvederebbe anche a non fargli perdere l'anno scolastico. Ma lontano dalla scuola.
A mio parere la scuola deve tornare ad essere un luogo serio dove si insegna e si trasmette cultura; quindi il rispetto, la buona educazione e una buona dose di disciplina devono costituirne le basi. L'insegnante, modello attuale, che deve innanzitutto saper assumere il ruolo di educatore, confessore, psicologo, psichiatra, neurologo, sostituto del genitore ecc. lasciamolo alle fantasie dei filosofi progressisti.
Gli insegnanti devono tornare ad insegnare, ad essere competenti nelle loro materie di insegnamento.
I governi che si susseguono, tutti sostanzialmente uguali al di là delle apparenze, di fronte ai gravi problemi che presenta la scuola, alla bruttezza delle aule, ai laboratori che cadono a pezzi perché manca la manutenzione, mancano i soldi per comprare macchinari nuovi e magari gli ottici delle scuole pubbliche si esercitano su macchinari ormai superati, che non hanno alcuna attinenza con il mondo professionale attuale e così via... danno priorità allo sperpero di denaro pubblico per l'accoglienza dei migranti, migliaia, se non milioni, dei quali finiranno a fare i bulli e i bulletti da due soldi anche loro perché magari arrivano già disturbati e il nostro povero servizio sanitario nazionale sempre più carente per mancanza di fondi non è in grado di gestirli. Anche molti di questi saranno imprigionati in un destino di lavoro sottopagati e malpagati nonostante il falso buonismo che li ha accolti ed illusi. Dov'è la logica in tutto questo? Cui prodest?
Penso che ormai spetti a tutte le persone di buona volontà di destra rimboccarsi le maniche per frenare e abbattere la sinistra, sia quello politica che "culturale". Ora basta, non dobbiamo piú tollerare lo strapotere della sinistra che va combattuta seriamente ed energicamente, costi quel che costi, perché il declino intrapreso è talmente grave che conflitti e dolori non ce li risparmierà nessuno comunque. Tanto vale alzare il tiro, mirare dritto al cuore della sinistra e distruggerla. Sarà l'ultima tempesta prima del ritorno al sereno.
Dunque non abbiamo bisogno di un ordine fondato sulla sottomissione, come avviene nei paesi islamici (ma anche gli islamici che vivono in Europa non scherzano), ma di un ordine fondato sulla ragione e sull'autorità, che non è una parolaccia. L'accordo tra cittadini maturi e responsabili è una bella definizione, ma come li formiamo i cittadini davvero maturi e responsabili, su quale base educativa? Su quella che abbiamo realizzato finora non credo perché è evidente che è fallita.
Sul fatto della difesa della tradizione poi non è che siamo dei robot pronti a seguire pedissequamente e senza critica qualsiasi tradizione, anche le più riprovevoli, il cervello lo abbiamo apposta per valutare e decidere di conseguenza, per capire cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Pertanto anche le innovazioni e i cambiamenti non vanno accettati solo perché tali, ma devono anch'essi essere valutati se buoni o da scartare. Senza dubbio il cristianesimo ha portato molti aspetti che hanno migliorato la nostra società, come il non vendere i propri figli come schiavi. Ma il progressismo di sinistra ha buttato via il bambino con l'acqua sporca, anzi, direi che ha buttato solo il bambino e si è tenuto l'acqua che sembrava limpida e pura ma che in realtà è inquinata, putrida e tossica.
Il discorso della Terra piatta non c'entra niente perché riguarda il progresso scientifico; un passo avanti che l'essere umano doveva compiere, grazie alle sue capacità, ed ha compiuto.
"La pena esemplare" va data invece, anche perché questi non sono proprio handicappati, del tutto incapaci di intendere e volere, un minimo di cervello l'avranno, sono ben consapevoli della gravità di quelle azioni, ma confidano nel lassismo educativo dilagante, nonostante tutto e a dispetto di tutto. E ancora una volta si considera vittima il colpevole, e chi è vittima non viene considerato minimamente quando non penalizzato. E le offese , i traumi psicologici e materiali, e le dinamiche sociali negative che subiscono le vittime? Chi le ripaga? Il colpevole viene alleggerito anche da queste responsabilità morali, non sia mai...
Bellissimo il post di Acquario!
eh gia...Cui Prodest?...
Si potrebbe aggiungere ancora molto...ma non ho voglia, sarebbe solo tempo ed energie sprecate.Comunque a me i ragazzini di oggi mi fanno molta pena.. il peggio possibile e immaginabile si e' tutto confluito su di loro.il loro e' in tutti i sensi il tempo della Matrix giunto alla sua piena realizzazioneGuarda qui, tanto per citarne una, cosa offre Matrix...Cui Prodest? https://comedonchisciotte.org/scegli-la-pillola-rossa-la-storia-delle-false-flag-siriane/-----------------PS: ma l'hai visto il video di Pennetta che avevo linkato? https://www.youtube.com/watch?v=dL6jyoJNwhkDammi retta con l'occasione vediti pure questo.https://www.youtube.com/watch?v=zbhTNRqbz9I
Citazione di: acquario69 il 24 Aprile 2018, 06:19:18 AM
Comunque a me i ragazzini di oggi mi fanno molta pena..
Hanno sempre fatto pena, anche "voi" (generico) facevate pena, anche in un papiro egizio di 5mila anni fa uno scriba si lamentava dei giovani troppo svogliati e superficiali, le mezze stagioni e tutto il resto.. Al di la di queste constatazioni passatiste, che c'azzecca la teoria gender con il bullismo? E i migranti?
Citazione di: InVerno il 24 Aprile 2018, 09:55:18 AM
Citazione di: acquario69 il 24 Aprile 2018, 06:19:18 AM
Comunque a me i ragazzini di oggi mi fanno molta pena..
Hanno sempre fatto pena, anche "voi" (generico) facevate pena, anche in un papiro egizio di 5mila anni fa uno scriba si lamentava dei giovani troppo svogliati e superficiali, le mezze stagioni e tutto il resto.. Al di la di queste constatazioni passatiste, che c'azzecca la teoria gender con il bullismo? E i migranti?
Ci azzecca che fa parte della stessa Matrix,di cui i ragazzi sono le prime vittime...quelle che tu ritieni constatazioni passatiste te le puoi tranquillamente tenere per te, (poiché non puoi avere alcun diritto di affibbiare etichette ad altri -understeand?! - ..e per il semplice motivo che non ritengono siano tali, ed anzi al contrario fenomeni riscontrabilissimi nella concreta realtà dei fatti!)...opinione di chi consapevolmente o meno sostiene la stessa Matrix... esattamente come faceva l'agente Smith nell'omonimo filmCui Prodest?
Intervento cancellato, risposto in privato.
Citazione di: InVerno il 24 Aprile 2018, 13:03:05 PM
Il mondo farà pure parte tutto della stessa Matrix, ma il topic no, è un topic sul bullismo, e i riferimenti con gender\migranti\Siria\etc ove non adeguatamente correlati con il topic centrale sono da considerarsi OT (ho chiesto il collegamento, magari me tapino non lo vedo, ricevo irriverenza) e mi riferisco anche ad Elia. Non ho affibbiato etichette a nessuno, "passatiste" è riferito alle idee (plurale), l'etichetta individuale corretta sarebbe "complottista" ma non l'ho usata, seppur trovo di pessimo gusto considerare i propri interlocutori come degli ameba drogati da Matrix, ed ergersi di converso a chi è "oltre" al velo. Ma sono questioni appunto che riguardano il proprio sentire personale di come si pensa sia giusto presentarsi al mondo e a se stessi, a me interesserebbe solamente che il topic rimanesse in tema, e dovrebbe anche a te, moderatore.
E se riguarda il proprio sentire a maggior ragione non dovresti intrometterti,perche il termine passatista (termine dispregiativo) non centrava niente ed e' stato implicito che secondo il tuo esclusivo criterio riguardava le nostre considerazioni (nessuno ti obbliga a leggerle) al tema e dunque rimane l'etichetta affibiata.Il topic del bullismo riguarda la scuola MA la scuola dovrebbe limitarsi ad in-segnare (lasciare un segno "dentro", come dice Pietro Ratto nell'intervista da me linkata) e non inculcare ideologie devianti idonee alla stessa Matrix.per me il tema del bullismo o meglio della totale mancanza di autorità che la scuola dovrebbe banalmente avere e' strettamente collegato all'ideologia complessiva dominante di cui fa parte anche il gender e il migrazionismo forzato..e tutte le fake che il sistema produce in continuazione e di cui come dicevo, le prime vittime sono appunto i ragazzi questo e' il mio punto di vista sul topic che per me rimane concretamente e realmente collegato.
E ci mancherebbe altro che non potessi "etichettare" (giudicare) le idee degli altri, tu mi hai accusato di giudicare le persone che è cosa ben diversa, e si è rivelata infondata, non girare la frittata dove non c'è la padella. Posto che questo diverbio starebbe meglio in privato,ma visto che per primo ho sbagliato a pubblicarlo e visto che l'hai rendirizzato verso il topic nella risposta, ti rispondo semplicemente che vorrei capire di preciso quando le questioni di cui parli sono mai entrare in aula di scuola. Ora sono sicuro che con accurate ricerche riuscirai a trovare una news (fake?) di una maestra di Bassano che presa da ardori da crocerossina ha fatto una sciorinata sui migranti e qualche leghista l'ha passata ad un giornale (non so, ma certo che esista) ma al netto di ciò, quando mai i migranti hanno mai avuto a che fare con la scuola?
Certo, se li si mette in contrapposizione in termini di fondi pubblici (fallacia logica che sarebbe anche tedioso raccontare)ma altrimenti? Non si può fare un pout-pourrì di argomenti solamente perchè li si considera tutti sotto uno stesso ombrello, si apra un topic sull'ombrello a quel punto. Riguardo all'autorità.. esistono "corsi di formazione militare" (non più obbligatori, "purtroppo") dove l'autorità massima governa grandi caseggiati di baldanzosi adolescenti pronti a diventare loro voltà autorità, esistono da secoli e hanno visto passare generazioni su generazioni, con "pene esemplari", e se memoria non mi inganna sono esattamente il posto dove il bullismo più violento si manifesta in tutte la sua bellezza.Le botte che si prendono (o si danno) a militare sotto il magnifico ombrello dell'autorità, il nipote del comandante che mette due saponette in un asciugamano, quella si che è civiltà non-ideologica.
P.s. non sono preso da manie di moderazione sul topic, semplicemente penso che inserire ingredienti senza collegamento (esplicito o implicito) con il tema sia un pessimo modo di eseguire una ricetta, e perciò trovare una "soluzione". E' una questione di logica.
Il sistema scolastico ha un grande potere, forza, ed è costituito proprio dall'educazione e dalla conoscenza. Bastano questi elementi a sostenerlo ed attorno ad essi andrebbe costruito e mantenuto.
Ripeto, l'autoritarismo è rivendicato da chi non sa esercitare il proprio ruolo, da chi non comprende il potere e la forza della conoscenza e svaluta quindi la funzione, il ruolo del sistema scolastico.
Educazione significa anche insegnamento delle regole fondamentali che lo Stato e la comunità degli Stati si sono date. Eliminare la sinistra politica, culturale come obiettivo, oltre che irrealizzabile, non ha nulla a che fare con gli obiettivi educativi della scuola e confligge con i valori fondanti di ogni democrazia. Sono obiettivi tipici di una cultura autoritaria, di chi appunto vuole inculcare le menti degli allievi, senza ovviamente riuscirci.
cit. da Jacopus
"Non ci insegnano i media forse che non esiste limite? E non ci insegna questa società che le regole sono fatte per essere infrante?"
Che la mancanza di rispetto verso l'autorità pubblica derivi dal movimento del 68 mi sembra evidente.
Mi sembra anche evidente che ci fossero nel movimento due orientamenti,uno costruttivo e l'altro distruttivo,c'era chi lo
vedeva come un'apertura,un occasione per cambiare le cose attraverso l'impegno per i diritti civili e dei lavoratori e chi
lo vedeva come l'occasione di far saltare per aria ogni tipo di autorità "borghese" inneggiando alla rivoluzione sovietica
o maoista.Questi ultimi,gli estremisti,i rivoluzionari,i "bulli" erano quelli del 18 politico,quelli che minacciavano
impunemente gli inegnanti,che imbrattavano le aule scolastiche,che organizzavano i "picchetti" per le occupazioni,ed erano
quelli che accusavano gli altri di essere riformisti borghesi o peggio socialdemocrati.
Ora Jacopus,non c'è niente di personale in quello che voglio dire ma se senti qualcuno di questi oggi parlare della
situazione scolastica dirà senza dubbio quello che qui hai detto,che è tutta colpa dei telefonini,della societa dei
consumi che ci condiziona,che ci costringe... Del resto è anche questa un eredità del 68:il giustificazionismo
sociale.Anche a me non piace la società dei consumi ma non si puo utilizzarla per giustificare tutto (per non dire di
peggio)
Buonasera Stefano. A costo di ripetermi, a me non sembra così evidente. Ti basti una semplice ragione. Credo che i fenomeni sociali siano sempre multicausali e far risalire al '68 ed unicamente al '68, la causa del bullismo attuale (dopo 50 anni e dopo che sono intervenuti moltissimi altri processi culturali) mi sembra molto riduttivo.
Il '68 è stata una grande protesta collettiva contro un "bullismo dall'alto", che era addirittura tutelato da molte leggi e questa protesta è stata sacrosanta ed anche storicamente inevitabile, a meno di non avere nostalgia del delitto d'onore, del divieto di divorzio, delle donne casalinghe, dei manicomi, dei comunisti mangia-bambini e così via.
Ma invece del '68 perché non imputare la responsabilità di questo "bullismo dal basso" alla politica aggressiva di certi partiti o alla ideologia imperante dagli anni '80 per cui nella società si lotta come nella giungla e sopravvive solo il più adatto (in teoria economica, l'hanno elegantemente definita the "animal spirits realese"). Oppure alla fine delle grandi organizzazioni collettive che davano un senso ai gruppi di giovani (associazioni cattoliche o di sinistra che fossero). Oppure proprio al decadimento complessivo delle funzioni cognitive degli italiani nel loro complesso dovute al peggioramento dei processi di trasmissione culturale (Basta fare una ricerca su internet digitando Tullio de Mauro).
Ci sono ormai diversi studi che indicano proprio nella lettura un antidoto alla violenza, per la capacità di elaborare un testo, di riflettere su di esso, sulla storia che racconta, sulla esperienza diversa dalla nostra che ci mette in contatto con un mondo diverso e ci abitua ad accettare chi da noi è diverso, senza doverlo vessare inutilmente.
Che il 68 abbia contribuito è possibile ma il '68 ha prodotto anche altre conseguenze da ritenere positive per la società, come del resto quasi ogni fenomeno e processo socio-culturale.
Considerato che il 68 in Italia è stato più "breve", più strumentalizzato politicamente, e quello con il reflusso più lungo (quando l'onda va a sbattere poi torna indietro, la "restaurazione" è durata un ventennio a scapito di un quinquennio di subbugli) in Francia e in America dove il 68 è stato molto ma molto più importante, i bambini nelle scuole dovrebbero per logica essere già seduti in cattedra e autogestirsi anche negli asili. Peraltro, se la relazione fosse corretta e univoca sarebbe anche facile dimostrarla, basterebbe mettere in relazionei bulli con il sostrato culturale delle famiglie. Serra lo ha fatto ed è stato tacciato di classismo perchè si riferiva alla condizione economica non culturale, io non ho dati in merito (statistici) ma solo esperienza personale, e l'idea che i bulli provengano da famiglie di sessantottini mi pare perlopiù bizzarra, nella mia esperienza ho sempre e solamente visto il contrario (ma mi rendo conto che è anedottico).
E purtroppo lo dico anche ben sapendo che in 4-5 elementare ho partecipato (da "carnefice") ad alcuni lievi episodi di bullismo.Peraltro il fatto che nel mondo attuale vi sia una forte sensibilità riguardo a questo tema non significa che prima il problema fosse assente, sarebbe ingenuo pensarlo. Direi anzi che è proprio grazie agli strali del 68 che oggi si denunciano gli episodi di bullismo e questa sensibilità (in alcuni e altri casi forse eccessiva) esiste, perlomeno per la violenza tra giovani (soggetto-oggetto di violenza) è vero che i professori sono meno "tutelati", ma sono anche degli adulti che dovrebbero avere tempra e mezzi necessari ad arginare queste vicissitudini, posto il fatto che continuo a pensare che il problema risieda nell'educazione genitoriale non nell'istruzione pubblica.
Resta però il fatto che sostanzialmente gli insegnanti non valutano in maniera critica prima dell'insegnamento le loro abilità e capacità relazionali: normalmente un professore ritiene di essere valido solo per le conoscenze tecniche della propria disciplina, ma non per le capacità di mediare i conflitti, di empatia e di gestione dello stress. Se prima non lo valutano, ecco che poi di fronte ad una classe problematica o reagiscono in modo violento o non fanno quasi nulla perché non riescono a reagire alle situazioni stressanti. Sarebbe auspicabile che prima di insegnare fossero sottoposti a dei test della personalità, per cui quelli che presentano fragilità, immaturità o addirittura dei disturbi della personalità siano scartati e indirizzati ad altro.
Per quanto riguarda il diritto di divorzio, anche se siamo OT, dico che è stato disastroso per tante famiglie che si sono sfasciate: ancor peggio il diritto di aborto, di quali diritti stiamo parlando? Diritto a sfasciare una famiglia spesso solo per il proprio capriccio e a scombulassare la vita dei figli, nel caso dell'aborto del diritto di fatto a stroncare una vita prima ancora che venga al mondo. Dietro a cosiddetti "diritti" si nasconde sovente la volontà dell'uomo di gestire la propria vita in maniera spregiudicata ed egoistica, incurante dell'altro.
Cioè, Socrate78?
Ah gli insegnanti dovrebbero essere sottoposti a dei test di personalità? :D
Ci sono certamente insegnanti piú comunicativi ed empatici ed altri al contrario sono delle vere pizze che incontrano difficoltà nei primi anni di insegnamento, ma con l'esperienza imparano piú o meno tutti a relazionarsi in maniera adeguata con la classe. In una classe normale.
Ti sbagli, ma per quale perverso motivo un insegnante dovrebbe, oltre alle proprie competenze di insegnamento, avere competenze richieste ad uno psicoterapeuta o psichiatra? Sono due figure e due ruoli professionali completamente diversi. Perché in molti di questi casi di teppismo (bullo e bullismo sono eufemismi) non si tratta tanto di incapacità del docente nel tenere interessata una classe, quanto di problematiche psicologiche, cognitive e/o relazionali, o psichiche anche serie di certi ragazzi. E non è uno solo, un singolo da contenere, è spesso un gruppo di ragazzi problematici, se non tutta la classe.
Perché certe classi e sezioni vengono create apposta. Cosa faresti tu di fronte a tre, quattro ragazzi quasi adulti, violenti, probabilmente sotto l'effetto di qualcosa, che non ci stanno di testa? Quella classe in questione era già nota per la sua problematicità. Il problema dunque è a monte. C'è da rivedere, a mio avviso, tutto il sistema educativo che è stato improntato, da 50 anni a questa parte, sul lassismo e sul permissivismo, sul concetto che per forza tutti debbano prendere il pezzo di carta, anche se si è un somaro, magari il diploma di laurea anche se non si è una cima di intelligenza, anche se si è semplicenente braccia rubate all'agricoltura. Se un ragazzo non ha voglia di studiare perché non è portato allo studio, è inutile forzarlo, darà molto probabilmente problemi perché si sentirà costretto. Magari sono ragazzi con talenti manuali, che diventerebbero dei bravi meccanici, elettricisti, e perché no, anche dei bravi contadini. I disturbi psicologici nei bambini già di quattro, 5 anni, sono in aumento, ed io che ho insegnato nelle scuole materne ed elementari ne so qualcosa. E non parlo di disabilità vera e propria, ma di difficoltà causate da carenze ed errori educativi a cominciare dalla famiglia. Anch'io ho insegnato in quartieri degradati e posso assicurarti che nei casi di famiglie, di genitori un tantino piú accorti e per bene, i bambini erano piú calmi, educati e ricettivi. Tutti gli altri invece sembravano come i pupazzi della vecchia pubblicità Duracel, sempre in movimento, in un continuo e nevrotico movimento senza senso, iperattivi, spesso aggressivi tra di loro.
Ricordo invece quando andavamo noi all'asilo, stavamo tutti buoni e calmi nei banchi con le braccia conserte (come si insegnava allora), col grembiulino lindo e pulito e il cestino della colazione. E non eravamo mica scemi; al momento opportuno ci portavano nel cortile a giocare e lì ci scatenavamo, ma da normali bambini: giocavamo, scherzavamo, e si faceva amicizia tra noi bambini; mica ci accapigliavamo o ci prendevamo a morsi o sotto i piedi ogni volta, come indemoniati.
La situazione oggi è tragica e bisognerebbe correre ai ripari.
Dunque, secondo le strampalate idee espresse da qualcuno, un ragazzo di 13, 15, 18 anni, siccome le istituzioni sociali sono inadeguate, può permettersi di insultare, minacciare, essere violento e aggredire un insegnante, mentre l'insegnante dovrebbe cercare di capire il poveretto e trovare il modo di tranquillizzarlo e interessarlo alla lezione? Ma stiamo scherzando? Questa è pura follia.
Così si offre a questi ragazzi l'opportunità di diventare bulli e teppisti sottomettendosi a loro.
E il rispetto reciproco? E la responsabilizzazione dei propri atti? L'educazione all'autocontrollo? Come possono venire inculcati questi aspetti comportamentali se non attraverso la giusta educazione sin da bambini? Se quella è la mentalità corrente non meravigliamoci poi se questi gioielli ammazzano di botte le proprie fidanzate o mogli (o i genitori) perché non sanno gestire le frustrazioni, non sanno superare il trauma della separazione o non sanno controllarsi durante un litigio.
Per quanto riguarda il divorzio e l'aborto concordo con te. Prima vi era solo la possibilità di separarsi legalmente o di ottenere l'annullamento del matrimonio religioso, ma era difficile e costoso. In fondo è giusto ottenere il divorzio se il matrimonio dovesse risultare un totale fallimento, come nei casi di maltrattamento e violenza familiare o di abbandono da parte del coniuge. Tuttavia si è esagerato, oggi ci si sposa, ci si lascia e si divorzia troppo facilmente. Stesso discorso con l'aborto. Si abortisce spesso non per necessità ma perché non si vogliono impicci. Perché oggi la donna "deve" lavorare per guadagnarsi lo stipendio, e in tanti casi una gravidanza è di impedimento. Insomma, siamo passati da un estremo all'altro. O troppo, o troppo poco. Chissà perché non amiamo molto l'equilibrio e la temperanza, preferiamo gli estremismi.
Il nick Stefano nella risposta a Jacopus ha scritto la frase "giustificazionismo sociale", che considero importante.
Jacopus accantoniamo il '68 e soffermiamoci sul "giustificazionismo", sulla tendenza a giustificare comportamenti negativi da parte di alcuni studenti.
L'episodio nella scuola a Lucca è eclatante. Ignorando le regole scolastiche e l'educazione l'adolescente-Frankenstein col casco da motociclista sulla testa sbraita e minaccia l'inerme professore, reclamando una sufficienza. Sfila il registro dalle mani dell'insegnante, urla parolacce, mortifica il docente davanti la classe, calpesta il suo ruolo, beandosi delle risa degli altri studenti per la sua irresponsabile azione. Esibizione narcisista ed espressione della propria maleducazione.
Il professore appare sorpreso, attonito, in balìa degli scherzi demenziali e delle iniziative dei suoi studenti. La scena mi provoca sconforto.
I ragazzi che superano i confini del lecito con un docente o i compagni stessi, sono abituati a farlo anche a casa. Sono completamente sfuggiti di mano alla famiglia, o spesso la famiglia è sfuggita loro. Ma queste criticità dei singoli dovrebbero trovare all'interno del sistema sociale e scolastico una possibile soluzione.
I docenti sono demotivati e "disarmati", temono le aggressioni. Il giustificazionismo uccide il diritto, non solo nella scuola ma ovunque. Per ampliare gli esempi, vado brevemente in OT.
Perché giustificare le occupazioni abusive degli appartamenti ? Perché ci sono in servizio magistrati che sottomettono le loro sentenze a principi ideologici e non giuridici, facendo grandi danni alla democrazia liberale ?
Perché c'è la tendenza, di origine catto-comunista e anarcoide, a far prevalere un giustificazionismo sociale dei comportamenti illegali, una tendenza che rischia di scatenare, in chi è vittima di tale modo d'intendere la giustizia, risentimenti che potrebbero avere esiti anche drammatici ?
Rispetto a chi infrange la legge o ha comportamenti devianti, c'è sempre il "progressista immaginario" in servizio permanente che provvede a giustificare e ad assolvere il deviante con una qualche motivazione sociale e/o politica.
E anche la scuola ha le sue colpe per non aver saputo formare cittadini dotati di senso civico, di senso di responsabilità e del senso stesso della legalità e dello Stato. Sono troppi i docenti che insegnano a scuola solo per avere lo stipendio fregandosene dell'apprendimento degli studenti.
E' comunque necessario stigmatizzare il diffuso giustificazionismo verso i comportamenti scorretti, e persino illegali, degli studenti e purtroppo anche di alcuni insegnanti.
Non è più tollerabile che il tempo destinato alla formazione dei giovani sia vanificato da iniziative non autorizzate né utili, come le autogestioni studentesche con l'occupazione di aule o dell'intero plesso scolastico.
Le forze dell'ordine quando vengono chiamate dal dirigente scolastico anziché limitarsi a prendere nota dell'occupazione, come hanno fatto finora, devono entrare nelle aule e farle sgomberare. Se ci sono atti di ribellione devono rispondere in modo adeguato alle circostanze.
Diventano titoli di quotidiani soltanto gli episodi di cronaca più eclatanti, e cioè le aggressioni agli insegnanti da parte di studenti o anche da parte di genitori, ma la relazione scuola/famiglia è diventata negli ultimi anni sempre più problematica e tesa.
Il patto di corresponsabilità educativa è un documento fondante, sebbene si scopra alle volte che alcune famiglie continuino a ignorarne l'esistenza, ma soprattutto l'importanza.
C'è lo scollamento etico. Ci sono famiglie che chiedono alla scuola maggiore indulgenza, maggiore comprensione, un "venire incontro" che spesso non ha alcun fondamento pedagogico.
Qualche giorno fa, il filosofo Umberto Galimberti è intervenuto affermando che bisognerebbe "espellere" i genitori dalle scuole, "a loro non interessa quasi mai della formazione dei loro figli, il loro scopo è la promozione del ragazzo a costo di fare un ricorso al Tar, altro istituto che andrebbe eliminato per legge".
È chiaro che non sempre è così. Ci sono anche famiglie attente ed impegnate nel percorso educativo dei propri figli, ma in generale la tendenza sociale della "orizzontalizzazione" delle relazioni genitori-figli e il dilagare di un permissivismo spacciato per "emancipazione" mettono in crisi il rapporto con la scuola, che ha anche un'anima normativa.
Ma non è soltanto questo il motivo degli scontri. Spesso il confronto alza i toni proprio nell'ambito della valutazione disciplinare dello studente. Negli ultimi anni c'è stato tutto un fiorire di certificazioni per disturbi dell'apprendimento, nonché di profili psicologici "a rischio" che in un certo senso chiedono alla scuola di edulcorare giudizi e valutazioni. In molti casi si tratta di diagnosi fondate, in altri casi molto discutibili. Anche perché una volta ottenuto "il lasciapassare", nonostante le dichiarazioni di intenti e i seminari formativi degli esperti, la scuola resta sola a cercare strategie che portino a una reale acquisizione delle competenze da parte del ragazzo.
C'è bisogno che scuola e famiglia si ritrovino, e non soltanto tra le righe di un patto formale.
"Un'educazione troppo indulgente è dannosa perché fiacca tutti gli slanci della mente e tutto il vigore del corpo", scrisse l'antico oratore e maestro di retorica Marco Fabio Quintiliano (35 d. C. circa – 96 d. C.), che veniva stipendiato dal fiscus imperiale.
buonasera Altamarea. Ormai sono convinto che tu sei il mio alter-ego "conservatore" :). Intendo dire che condivido alcune affermazioni che fai senza problemi. La necessità di condividere un senso del rispetto della legalità che sembra essere andato a farsi benedire è la prima. il comportamento degli studenti è vergognoso per loro, per la scuola e per l'intera società. Far parte di una società che crea questo tipo di comportamenti mi mette a disagio.
Detto questo rispetto all'Ot su "magistrati e appartamenti occupati". Lo stato di diritto è stata una forma di governo della cosa pubblica che tendeva a gestire il "bullismo dall'alto", quello dell'aristocrazia e del clero, che non aveva bisogno di usare il denaro, perché le cose se le prendeva poichè tale era il diritto feudale e d'ancien regime.
Lo stato di diritto ha stabilito un concetto molto importante: "formalmente siamo tutti uguali di fronte alla legge".
Lo stato di diritto puro però non esiste più. E' stato sostituito dallo stato sociale, che ha provato e che prova tuttora a rendere tutti i cittadini "sostanzialmente tutti uguali di fronte alla legge".
In entrambi i casi si creano delle ingiustizie e delle contraddizioni. Nel primo caso ad esempio, non si capisce dov'è la ragione per cui si debbano ereditare le fortune dei genitori, visto che uno dei principi del capitalismo e del collegato protestantesimo è che si ottiene ciò che si merita. Nel corso del tempo si crea così una diversa possibilità di usare e gestire risorse che si perpetua nel tempo, indipendentemente dai meriti dei singoli.
Nel secondo caso si creano settori della società che ne parassitizzano altri, come i vari tipi di reddito di inclusione, casse integrazioni con lavoro nero accluso, dichiarazione dei redditi fasulle da parte di ricchissimi professionisti con possibilità di accedere a prestazioni sanitarie gratuite e anche l'occupazione delle case, che però a differenza degli altri esempi, di solito è fatta da soggetti emarginati.
Lo stato sociale, per funzionare, ha bisogno di un livello di moralità elevato ed è per questo che funziona meglio nell'Europa settentrionale, dove il livello di moralità è maggiore.
Un discorso simile si può fare a proposito del giustificazionismo sociale. Tu lo colleghi agli studenti-bulli, alle occupazioni. Giustissimo, anch'io sono del parere che debbano essere puniti, anzi come dice Hegel in Lineamenti della filosofia del diritto, hanno "diritto" ad essere puniti.
Ma gli studenti, per ritornare a loro, non vivono su una base lunare. Lo stesso moralismo dovrebbe essere applicato anche al resto della società, che invece spesso invoca per sè il giustificazionismo sociale e per gli altri la forca. Penso che solo nei paesi del terzo mondo e in quelli del mediterraneo, Italia compresa, sia possibile che un partito, come Forza Italia, colpito da condanne passate in giudicato a carico di esponenti di primo piano ed anche del suo leader, possa continuare a raccogliere voti. E' solo il caso più eclatante, ma visto che neanche tu vivi su una base lunare, sarai sicuramente in grado di vedere tutti gli episodi grandi e piccoli di abusi, di truffe, di mancanza di rispetto delle regole e contemporaneamente di una supponenza "chiacchiera e distintivo" di molte istituzioni pubbliche. Basta vedere come si fa la coda in Italia per un biglietto o qualsiasi altra cosa e in Nord-Europa.
Siamo noi, i genitori, a dover dare l'esempio, altrimenti i ragazzi ripeteranno nei loro ambienti la strafottenza nei confronti delle regole, che vedono in famiglia e in genere nella società.
Ancora di più: l'attacco ai professori è "simbolicamente" un attacco allo Stato, alle istituzioni, cioè a quelle organizzazioni che sono ormai sottoposte a una crisi profondissima da parte della globalizzazione e che sembrano essere in grado di rivitalizzarsi solo attraverso apparati autoritari, come in Turchia.
Ci sarebbe ancora altro da dire, ma gli interventi troppo lunghi diventano anche noiosi. Grazie per la lettura.
L'illegalità, la trasgressione, l'infrazione delle regole, la violenza, il conflitto, sono necessarie per ogni sistema sociale. Sono le stesse norme a produrre illegalità, delinquenza, che sono dunque inevitabili. La continua illusione, nevrosi, ripetuta e smentita da millenni, è quella di potere fare a meno dell'illegalità, della trasgressione, del conflitto, di poter avere una società regolata, ordinata, ideale. Soprattutto di pretendere questa ordinata, disciplinata normalità da giovani pieni di energia ancora indomita e che stanno formando il loro carattere, personalità.
I genitori dovrebbero entrare, interessarsi maggiormente della scuola, non uscirne come si propone oggi: la loro partecipazione andrebbe incoraggiata, sostenuta, non osteggiata.
Un periodo di autogestione è una esperienza utile per gli studenti sotto tutti i punti di vista, dovrebbe diventare un vanto per ogni scuola.
Citazione di: Jacopus il 25 Aprile 2018, 02:14:15 AMBuonasera Stefano. A costo di ripetermi, a me non sembra così evidente. Ti basti una semplice ragione. Credo che i fenomeni sociali siano sempre multicausali e far risalire al '68 ed unicamente al '68, la causa del bullismo attuale (dopo 50 anni e dopo che sono intervenuti moltissimi altri processi culturali) mi sembra molto riduttivo. Il '68 è stata una grande protesta collettiva contro un "bullismo dall'alto", che era addirittura tutelato da molte leggi e questa protesta è stata sacrosanta ed anche storicamente inevitabile, a meno di non avere nostalgia del delitto d'onore, del divieto di divorzio, delle donne casalinghe, dei manicomi, dei comunisti mangia-bambini e così via. Ma invece del '68 perché non imputare la responsabilità di questo "bullismo dal basso" alla politica aggressiva di certi partiti o alla ideologia imperante dagli anni '80 per cui nella società si lotta come nella giungla e sopravvive solo il più adatto (in teoria economica, l'hanno elegantemente definita the "animal spirits realese"). Oppure alla fine delle grandi organizzazioni collettive che davano un senso ai gruppi di giovani (associazioni cattoliche o di sinistra che fossero). Oppure proprio al decadimento complessivo delle funzioni cognitive degli italiani nel loro complesso dovute al peggioramento dei processi di trasmissione culturale (Basta fare una ricerca su internet digitando Tullio de Mauro). Ci sono ormai diversi studi che indicano proprio nella lettura un antidoto alla violenza, per la capacità di elaborare un testo, di riflettere su di esso, sulla storia che racconta, sulla esperienza diversa dalla nostra che ci mette in contatto con un mondo diverso e ci abitua ad accettare chi da noi è diverso, senza doverlo vessare inutilmente. Che il 68 abbia contribuito è possibile ma il '68 ha prodotto anche altre conseguenze da ritenere positive per la società, come del resto quasi ogni fenomeno e processo socio-culturale.
Certamente il 68 ha avuto conseguenze sociali positive ma non certo per merito degli estremisti,anzi,direi nonostante tutto quello che fecero per affossare un movimento di natura democratica e progressista.Quello che io vorrei far notare è quanto sia importanete considerare la differenza che c'era tra le due parti del movimento.Una differenza sostanziale:la parte riformista nonostante la critica sociale accettava il sistema democratico,la parte estremista no,agli estremisti le istituzioni democratiche stavano strette,infatti chiamavano i suoi rappresentanti "servi dello stato borghese".Ma è chiaro che qui non sto parlando di semplici bulli,c'erano intellettuali,scrittori,artisti che appoggiavano questo tipo di protesta per la svendita del sistema democratico a favore di una dittatura con la bandiera rossa.Erano bulli che però leggevano tanti libri e come dici te Jacopus sapevano elaborare un testo,approfondirlo,discuterne con la dovuta dialettica.Cosi gli studenti contestatori imparavano dai guru della rivoluzione che la scuola era un istituzione borghese e andava distrutta,non riformata,e gli insegnanti naturalmente tutti "servi dello stato borghese" per cui aggredirli era considerato un atto rivoluzionario.Cosi nel movimento del 68 se da una parte si cercava di costruire una scuola piu democratica,piu libera,non autoritaria dall'altra se ne approfittava per distruggerla.E io qui non sto a cercare il nesso storico dico solo che guarda caso è proprio questo che i piccoli pescecani della scuola di Lucca hanno fatto,approfittarsi della libertà di una scuola libera e democratica.L'unica differenza è che questi sono ignoranti mentre quegli altri leggevano tanti libri,ma allora mi chiedo a che serve tutta la cultura del mondo quando non si riesce a capire l'importanza di una istituzione democratica,quando non si ha l'umiltà necessaria per capire che ci sono delle regole e che valgono per tutti.Non ci vuole tanta cultura per aggredire un insegnante in una scuola come si faceva negli anni 70 e come si continua a fare oggi,ci vuole solo tanta arroganza.
Citazione di: stefano il 26 Aprile 2018, 10:21:47 AM
allora mi chiedo a che serve tutta la cultura del mondo quando non si riesce a capire l'importanza di una istituzione democratica,quando non si ha l'umiltà necessaria per capire che ci sono delle regole e che valgono per tutti.
Scusami l'interlocuzione stefano, ma, riprendendo quanto ho scritto sopra, bisogna anche avere l'umiltà di capire che le regole non possono valere per tutti, che ci vuole necessariamente qualcuno che le infranga. Le regole sarebbero giuste forse se tutti fossimo uguali, ma siccome siamo diversi, le regole universali sono necessariamente ingiuste per qualcuno.
@ Stefano:
Rispetto agli estremismi sono d'accordo. Hanna Arendt parlava in questo senso (e scatenando un putiferio di contestazioni) di totalitarismi, che accomunavano nella stessa logica comunismo e nazifascismo. Però credo che sia necessario distinguere. All'epoca del '68 c'era un pò di tutto, ragazzi che usavano le occupazioni per stare con le ragazze, adolescenti, che come dice, Baylham, volevano esprimere sé stessi ma c'era spesso anche un pensiero dietro gli atti di contestazione, un desiderio di riscatto, una necessità di giustizia, una voglia di cambiare le cose. Ora invece questa violenza è fine a sé stessa. Un atto narcisistico, uno sterile attacco da aggiungere nei post di Facebook o di Instagram e quindi direi che si tratta di due tipi di violenza o se vuoi di protesta, molto diversi e rispetto ai quali il movimento del '68 fa un figurone.
Sul discorso della borghesia in Italia ci sarebbe da aprire una discussione a parte. Io sono del parere che molti problemi dell'Italia derivano proprio dalla fragilità di una coscienza borghese, seria, matura e capace di prendersi cura della cosa pubblica. Un periodo storico faceva ben sperare in questo senso, ed è stata l'epoca giolittiana, spazzata via dalla prima guerra mondiale e dalla successiva dittatura fascista.
@Baylham:
Sono sostanzialmente d'accordo. Durkheim a questo proposito scriveva che una società perfetta, dove tutti avessero comportamenti perfetti e nel pieno rispetto delle regole, si sarebbero inventate regole talmente minuziose proprio per evidenziare l'infrazione alla regola in un gioco senza fine.
Non credo che sia possibile vivere in una società dove tutti si vada d'amore e d'accordo. Il polemos vive nella società umana, così come una genetica da dominatori che ci ha permesso di alterare la stessa struttura fisica del mondo. Però vanno dette due cose.
La prima la dice Freud per primo e dietro di lui una nutrita schiera di pensatori. Il processo di apprendimento culturale non è sempre lo stesso. L'uomo attraverso i secoli ha imparato ad essere sempre più "educato" e ad accettare in modo non-violento e secondo le leggi la convivenza civile. Questo ovviamente non preclude la presenza di grassatori e lestofanti di vario genere, ma ad ogni modo, nonostante le campagne mediatiche, la violenza e i reati sono in diminuzione sia nel breve periodo (basti guardare i dati del Ministero dell'Interno) sia nel lungo periodo (cfr. Pinker, il declino della violenza).
La seconda cosa la dico io, a seguito di una lettura recente. Il tasso di violenza non va ipostatizzato come se fosse un dato biologico non modificabile. La violenza dell'uomo non è una malattia organica o un processo biologico come la vecchiaia. Mutatis mutandis, sto leggendo ora un libro sul trattamento dei bambini "down". Fino a 50 anni fa erano relegati in istituti o dentro casa e venivano trattati da "handicappati" in tutti i sensi. Raramente vivevano fino a 50 anni e le loro risorse cognitive erano davvero limitate. Questo perchè era la stessa società a relegarli in quel ruolo e loro ovviamente non avevano la forza di opporsi a quell'etichettamento. Ora le persone affette da sindrome di down lavorano, sono accettate dalla società e talvolta finiscono anche per laurearsi. Ma la loro malattia è sempre la stessa. Non si è modificata. Si è modificato l'approccio conoscitivo a quella malattia e di conseguenza le azioni trattamentali e terapeutiche.
Lo stesso discorso si può fare per la violenza, dove ancor di più esistono settori della società (politici e mediatici) che hanno tutto l'interesse a far crescere la paura e la percezione di una violenza onnipresente.
Pertanto seppure esisteranno sempre violenza ed illegalità, l'intento dovrà essere quello di contenerlo e di punirlo in modo adeguato quando necessario, non riservando la punizione solo e sempre agli strati più poveri della popolazione ma a tutti coloro che deviano, pur indossando giacca e cravatta.
Sugli adolescenti il discorso è ancora più complesso, perché è vero quello che dici. Per loro la devianza assume un ruolo di crescita e di scontro produttivo pur se conflittuale con il mondo degli adulti ed è per questo che, oltre alla punizione, il diritto minorile italiano prevede una serie di risposte alternative, che tra l'altro hanno ormai dimostrato di essere altamente efficaci in termini di riduzione della recidiva.
Completamente d'accordo infine su collaborazione dei genitori e su "occupazioni sensate".
Porto un altro esempio della deriva giustificazionista culturale ed educativa dominante. Ci sono cose che si possono fare e cose che non si possono fare. Lo decidono menti superiori. A Macerata hanno fatto divertire i bambini con un pupazzo raffigurante il Duce appeso a testa in giù. Bisognava colpirlo in testa per fare uscire le caramelle. Non contenti hanno ripetuto il gioco. Altro pupazzo appeso, questa volta con croce celtica sul petto... Quindi per il 25 aprile si gioca a "lincia il fascio". Questo si può fare, i bambini si possono educare così. La notizia passerà quasi sicuramente inosservata o sarà commentata nei mass media con sufficienza e sorrisetti ed etichettata come una bravata, una ragazzata, anzi mi aspetto che un Vauro qualsiasi dichiari col forzato sorriso sornione, che in fondo... sono giochi che si possono fare.
Per Elia: si tratta di una iniziativa di un fantomatico comitato "antifa" (corriere della sera) per il quale la Digos giustamente sta gia' indagando. Il mondo e' pieno di irresponsabili, senza necessariamente essere tutti di destra o di sinistra. Cosi' come ci sono persone rispettabili sia di destra che di sinistra.
Citazione di: baylham il 26 Aprile 2018, 10:43:45 AM
Citazione di: stefano il 26 Aprile 2018, 10:21:47 AM allora mi chiedo a che serve tutta la cultura del mondo quando non si riesce a capire l'importanza di una istituzione democratica,quando non si ha l'umiltà necessaria per capire che ci sono delle regole e che valgono per tutti.
Scusami l'interlocuzione stefano, ma, riprendendo quanto ho scritto sopra, bisogna anche avere l'umiltà di capire che le regole non possono valere per tutti, che ci vuole necessariamente qualcuno che le infranga. Le regole sarebbero giuste forse se tutti fossimo uguali, ma siccome siamo diversi, le regole universali sono necessariamente ingiuste per qualcuno.
Scusa Baylham ma io sto parlando di regole democratiche decise dalla maggioranza.In democrazia è la maggioranza a
decidere,se sei minoranza potrai criticare,protestare,convincere gli altri che quelle regole non sono giuste se ci riesci, ma nel frattempo dovrai anche avere l'umiltà rispettare le regole della maggioranza.Se poi pensi che qualche spirito ribelle debba necessariamente,per un suo diritto speciale, infrangere le regole democratiche,se pensi per esempio che,come nel caso di cui si parla,uno studente possa prendere a testate il suo insegnante perche non gli ha dato buoni voti o altro,allora non so...c'è qualcosa che mi sfugge.Se la scuola oggi non ha nulla a che vedere con quella che c'era prima del 68 non lo si deve certo agli "spiriti ribelli" dell'estremismo che volevano distruggere la "scuola borghese" ma a chi nel movimento ha,piu umilmente ,combattuto per riformare quella scuola in senso democratico.L'autoritarismo è scomparso (per fortuna dico io),anzi pare che ci sia una tendenza al permissivismo.Troppa libertà... In realta la liberta non è mai troppa ma finche ci saranno piccoli intellettuali (di prima) o piccoli ignoranti (di adesso)che attaccano le istituzioni democratiche approfittando di quella che loro intendono come "permissività" il processo democratico non puo funzionare.Ma allora c'è da chiedersi,la democrazia è veramente considerata un valore?Nonostante l'antifascismo proclamato,nel nostro paese l'ideale democratico non è mai stato molto amato,diciamo che è solo "tollerato".Del resto fondare le basi democratiche di un paese sul valore dell'antifascismo è parziale,un vero paese democratico dovrebbe essere non solo contro il fascismo ma contro ogni dittatura compresa quella comunista.Ma di questo,si sà,si lamentano solo i fascisti che il fascismo lo giustificano mentre quelli di sinistra "ignorano" che anche il comunismo è una dittatura.Gia da qui si puo avere un idea della concezione di democrazia qua da noi.Ma a parte questo la democrazia sotto sotto è vista in generale come qualcosa da pecoroni che vanno a votare buoni buoni,schiavi di un potere finanziario mondiale di solito giudaico massonico,o di altri poteri occulti.Questo è quello che sento quando parlo con persone,sia di destra che di sinistra con tutte le varianti del caso.Complotti mondiali organizzati perfettamente,oggi chi vuole va su internet e ne trova a centinaia.Nessuno però si chiede se anche lui nel suo piccolo sia parte della grande finanza mondiale visto che,come si dice,i soldi non fanno schifo a nessuno.E nessuno si chiede come puo un paese salvarsi dall'aggressività del capitalismo(cioe di noi stessi) se non con un sistema democratico.Ora ognuno è libero di pensare come vuole e di giocare allegramente al massacro con tutti i complotti che vuole ma non si puo pensare che questa sfiducia o disprezzo per democrazia non abbia conseguenze.E nella scuola,che conseguenze puo avere? In democrazia non si forgiano gli animi dei giovani con la propaganda del partito unico.Ci vuole un sostegno morale deliberato,decidere se si vuol dare veramente un valore alla parola "democrazia",per esempio se si vuol dare importanza o no al fatto che se nel nostro paese c'è stato un progresso sociale è perche c'era alla base un sistema democratico,e che senza una base democratica non ci puo essere nessun diritto per i lavoratori e tutto il resto.Forse questo sarebbe utileper far capire ai piccoli pescecani che quelle istituzioni sono "democratiche" e che per questo sono importanti.Non si tratta di "educare" alla democrazia ma fare sì che la democrazia sia un valore "percepibile".n altre parole il piccolo studente ignaro di tutto deve accorgersi che c'è qualcuno che ci tiene veramente a questo valore perche è costato impegno e sacrifici,e che non si puo nemmeno sognare di attaccarlo impunemente.E questo vale oggi come 40 anni fà.
Sono d'accordo di difendere la democrazia come regime politico, sempre a rischio di scivolare nella dittatura. Non confonderei il comunismo con la dittatura, ritengo possibile un comunismo come un capitalismo democratico. Comunismo o capitalismo sono principalmente regimi economici, non politici.
Si possono fare le leggi più belle, giuste, buone, democratiche ma il loro rispetto non è affatto assicurato, semmai il contrario. Ma se sono belle, giuste, buone perché cambiarle, perché qualcuno le ha violate?
Se pochi casi di violenza di uno studente contro un insegnante costituiscono una minaccia alla democrazia allora quella democrazia mi appare assai fragile. Se invece accade normalmente allora c'è qualcosa che non va, da cambiare.
Per me l'autoritarismo si sposa con la violenza, l'arbitrio e l'ingiustizia e la ribellione verso l'autorità non può che esprimersi in forme esplosive, estremamente violente tanto più è violenta l'autorità.
Non sono nemmeno un sostenitore del permissivismo.
Tuttavia sono fiducioso nel sistema scolastico proprio perché trasmette educazione e conoscenza. Su questi elementi costruisco la forza dell'istituzione scolastica.
Citazione di: baylham il 27 Aprile 2018, 15:08:43 PMSono d'accordo di difendere la democrazia come regime politico, sempre a rischio di scivolare nella dittatura. Non confonderei il comunismo con la dittatura, ritengo possibile un comunismo come un capitalismo democratico. Comunismo o capitalismo sono principalmente regimi economici, non politici. Si possono fare le leggi più belle, giuste, buone, democratiche ma il loro rispetto non è affatto assicurato, semmai il contrario. Ma se sono belle, giuste, buone perché cambiarle, perché qualcuno le ha violate? Se pochi casi di violenza di uno studente contro un insegnante costituiscono una minaccia alla democrazia allora quella democrazia mi appare assai fragile. Se invece accade normalmente allora c'è qualcosa che non va, da cambiare. Per me l'autoritarismo si sposa con la violenza, l'arbitrio e l'ingiustizia e la ribellione verso l'autorità non può che esprimersi in forme esplosive, estremamente violente tanto più è violenta l'autorità. Non sono nemmeno un sostenitore del permissivismo. Tuttavia sono fiducioso nel sistema scolastico proprio perché trasmette educazione e conoscenza. Su questi elementi costruisco la forza dell'istituzione scolastica.
citazione:
"Si possono fare le leggi più belle, giuste, buone, democratiche ma il loro rispetto non è affatto assicurato, semmai il contrario"
Qui secondo me c'è un'incongruenza: "bellezza","giustezza","bontà" non sono equivalenti di "democrazia",la democrazia puo solo garantire il rispetto delle decisioni della maggioranza.Le valutazioni di queste decisioni non sono oggettive mentre il dato numerico della maggioranza certamente lo è.La democrazia non pretende di essere un sistema sociale perfetto e immobile,semmai questo lo pretendono le dittature.Infatti il regime cinese rappresenta se stesso come un esempio di pace e armonia sociale.Il dato numerico della maggioranza che decide puo sembrare oggi banale,sopravvalutato,ma è stato un grande passo in avanti nella storia dell'umanità,una vera rivoluzione.Insieme al suffragio universale presuppone un'uguaglianza di base e prefigura un esperienza di convivenza sociale vissuta nella massima libertà possibile.Il sistema democratico a differenza del regime cinese non è immobile e armonico ma dinamico.I conflitti sociali non sono oscurati ma al contrario sono alla base dell'evoluzione democratica cioe il progresso sociale.La maggioranza democratica non è immobile ma cambia nel tempo e determina di volta in volta il potere decisionale.Ma qui ci si chiede cosa ne sarà dei poveri spiriti ribelli che non si sentono per niente uguali anzi cosi speciali e cosi limitati dall'uguaglianza democratica. Che devono a tutti costi esprimere la loro indomita energia per formarsi il carattere e trasgredire,trasgredire...Purtroppo anche questo è un conflitto sociale necessario.Mentre nelle dittature tipi del genere sono una risorsa e vengono di solito incanalati e integrati nel sistema repressivo,in democrazia essi rappresentano un problema che (purtroppo dico io) non si puo risolvere semplicemente imponendo le regole.Il conflitto va elaborato discusso come qui facciamo,vanno capite le ragioni sociali (in questo caso però si tratta solo di mostriciattoli viziati).Forse tutto questo porta al permissivismo ma anche questo è necessario (purtroppo) per l'esperienza di una società democratica.Va detto comunque che in questo caso i mostriciattoli per formarsi il carattere hanno causato una grave umiliazione a un insegnante di una scuola pubblica,di questo nessuno tiene conto.Piuttosto a quanto si sente dire in giro,egli avrebbe dovuto avere,oltre ai requisiti di insegnante,anche quelli di lottatore,buttafuori,domatore di leoni nonchè,naturalmente,quelli di psicologo.
Io invece sono solidale con l'insegnante,incondizionatamente.Se i mostriciattoli vogliono formarsi il carattere lo facciano da qualche altra parte,magari perche no,a casa loro,e prendano a capocciate i loro genitori che magari se lo meritano.Questi ultimi sono solo pensieri miei personali e non c'entrano molto (purtroppo) con la democrazia.PS.citazione "Non confonderei il comunismo con la dittatura, ritengo possibile un comunismo come un capitalismo democratico. Comunismo o capitalismo sono principalmente regimi economici, non politici"Sarei veramente curioso di sapere cos'è questo comunismo democratico,come sia possibile attuarlo.
Invece io credo che le regole di base debbano valere per tutti, se passa l'idea che ci debba essere per forza qualcuno che le infranga allora si dà forza al detto secondo cui "Le regole esistono per essere infrante". Le regole di base da che cosa derivano? Dalla ragione, che attraverso l'esperienza afferma che certi comportamenti sono di per sé disgregatori di qualsiasi società, mentre altri al contrario uniscono e portano al progresso della civiltà. Lo stesso Socrate nella sua filosofia predicava il supremo rispetto delle regole, infatti addirittura affermava (forse per bocca di Platone) che era giusto sempre adeguarsi alle leggi vigenti in uno Stato, infatti egli, adeguandosi, decise di bere la cicuta pur riconoscendo come ingiusta la sentenza inflitta dal tribunale di Atene. Di conseguenza il filosofo predicava una dottrina in cui il caos è sempre male, mentre l'ordine derivante dal rispetto delle regole è bene.
Sul rispetto delle regole io sono daccordo con te Socrate sempre che si tratti di regole democratiche.Nel post precedente cercavo solo di rispondere alle obbiezioni di Baylham e in parte anche di Jacopus perche,è vero,una democrazia quando risponde con la forza alla violazione delle regole corre sempre il rischio di scivolare in una dittatura.All'opposto invece c'è il rischio di scivolare nel permissivismo.C'è anche il problema che il rispetto delle regole scivoli nell'appiattimento,assuefazione alla normalità.E che l'ideale democratico scivoli nella pretesa di una società perfetta e immobile.Una democrazia non è mai stabile ma piuttosto...scivola.
Riporto qui alcune dichiarazioni del collettivo Antifa di Macerata:
"Piazzale Loreto è una pagina oscura della storia italiana, è vero. Ma non nel senso in cui oggi la si ricorda, con rappresentazioni traballanti e incorniciate di timori e relativismi. Piazzale Loreto è un rimosso, è il rimosso storico di un Paese che ha dimenticato che la liberazione non è stata calata dall'alto e che non ha risparmiato sangue, sofferenze e dolore"."la sconfitta del nazifascismo ci dà il diritto di celebrare la vittoria, di seppellire l'odio con una risata, anche se amara.
... e cosa c'è di meglio per rievocare sofferenze e dolore del gioco della pentolaccia? I bambini si divertono e noi ci facciamo due risate...amare.
A quanto pare qui i comunisti continuano a rivendicare la loro vittoria,la resistenza tradita,è una storia vecchia che ha gia causato sciagure e morte.La novità è che qui ci sono bambini che giocano con il fantoccio di un giustiziato appeso a testa in giu.Ora tu Elia ti chiedi se si possono educare cosi i bambini.Ebbene si,qui c'è anche un "intento educativo": "seppellire l'odio con una risata amara".Evidentemente, a parte il fatto che è difficile vedere un bimbo che ride amaramente,questo è da ritenersi un gesto distensivo.Bisogna capirli,sono educatori del popolo,tempo fa dicevano"colpirne uno per educarne cento".
Ma a parte gli scherzi,durante la rivoluzione culturale cinese i piccoli studenti venivano educati all'odio sociale tanto che arrivavano a denunciare i loro genitori ai comitati rivoluzionari.Tale rivoluzione ebbe molto successo nel nostro paese negli ambienti dell'estrema sinistra,artisti e intellettuali la sostenevano con entusiasmo e a quanto pare erano persone istruite ed educate.E cosi anche erano ben istruiti e ben educati i giovani delle SS naziste che dovevano rappresentare un modello culturale per il regime.
Forse allora è necessario considerare che "educare" puo anche essere una parola insidiosa.
Si possono valutare diversi aspetti del rapporto tra l'Italia e il Duce (essendo che è pure uscito un film a riguardo di recente), ma mi pare un po da "anime belle " - come dicono alcuni - meravigliarsi che certi aspetti di una nazione facciano parte di un certo folklore, da ambo le parti. Ci sono ossessionati che conservano lapidi del fascio in giardino, e altri che fanno pentolacce con il Duce, lunatici, esibizionisti, camerati.. Al netto di tutto questo che mi sembra fisiologico in una cultura antitetica al fascismo e con un grosso trauma alle spalle, alcuni trovano escamotages per riportare sul piano del reale una discussione completamente irrilevante, come la figura di un leader defunto il secolo scorso. A che pro? Perchè i giornalisti danno pane ai pesci e me ne compiaccio, ma altrimenti?
Il bullo adolescente preconizza l'adulto delinquente ? Penso di si se non viene represso con reazioni sociali, da parte della scuola, della famiglia, del gruppo dei pari; se necessario anche con la giustizia penale.
Se il bullismo deriva da una psicopatologia o dal tratto caratteriale aggressivo diventa ardua l'educazione etica.
Per la prevenzione è sufficiente la comunicazione interpersonale tramite le agenzie educative ? Nei casi difficili sono necessari anche psicologi, sociologi, assistenti sociali perché il minore disadattato è questione sociale e la sua tutela e formazione è interesse della collettività.
La crescita di un giovane in un contesto sociale, anche virtuale, che premia l'arroganza e la sopraffazione è un grave problema che non va trascurato.
Se l'adolescente "socialmente difficile" viene emarginato, è indotto a cercare suoi simili per non sentirsi solo, per sentirsi parte di un gruppo. Per evitare di farlo entrare in una "banda di delinquenti" il minore va tutelato, "rieducato".
Vi voglio far leggere un articolo scritto da Paola Mastrocola, docente in pensione, e pubblicato sul quotidiano "Il Sole 24 Ore" lo scorso 29 aprile col titolo "Mettiamoli in castigo". L'elaborato lega l'emergenza bullismo all'incapacità da parte degli insegnanti e dei genitori di punire i piccoli bulli, anche perché da circa 60 anni si teme o non si tollera la parola "autorità", considerata non democratica e discriminante.
[...] "E veniamo all'oggi. Al caso ormai noto del professore di Lucca, umiliato dal suo allievo che gli impone di mettergli sei e di inginocchiarsi. A cui se ne aggiungono infiniti altri: studente che minaccia la prof di scioglierla nell'acido, studentessa che scaraventa il banco in testa alla prof, padre che molla un pugno all'insegnante del figlio. E altro, linguacce, insulti, gomme forate, sfregi...
Ho inanellato questa serie di scenette, così diverse e lontane tra di loro, perché credo che siano invece straordinariamente legate, e unite da una parola cruciale: autorità.
È questa parola che non tolleriamo più, da una sessantina d'anni. Per ragioni ideologiche (l'autorità non è democratica, discrimina, colloca qualcuno in basso e qualcuno in alto), ma anche per ragioni più esterne che attengono a quel che chiamiamo progresso: perché viviamo immersi nei social, in questo universo della rete che ci attrae in modo esorbitante e morboso, e in cui nessuno ha ed è un'autorità, tutti possono dire la loro, sparare ognuno il loro pensiero, anche delirante, ignorante, volgare, offensivo, stupido. Tutti possono parlare, insegnare, scrivere, governare l'Italia. Tutti, di qualsiasi ceto, età, provenienza, etnia, ruolo, professione, cultura. A nessuno è riconosciuta alcuna superiorità: culturale, morale. Non occorre un titolo, né aver dimostrato di saper fare o di sapere qualcosa più degli altri. Occorre soltanto esserci. Farsi notare, apparire in video, essere citato, cliccato, condiviso, likato. Azzerata qualsiasi competenza. Se arrivi a essere in un video, sei. Se no, non esisti.
Visto che abbiamo in odio qualsiasi forma di autorità, abbiamo smesso di educare. Nesso causale molto stretto. Educazione e autorità, per quanto molti fatichino ad ammetterlo, sono piuttosto legate.
Abbiamo smesso di educare quando abbiamo rifiutato, consapevolmente e deliberatamente, il concetto di autorità. E l'abbiamo fermamente voluta, decisa, e perseguita con grande determinazione, questa dismissione dell'autorità. A partire dagli auctores in senso letterale: via gli autori grandi del passato, i classici e ogni ipse dixit, conta l'ultimo libro pubblicato, l'ultimo messaggino su twitter. Uno vale uno.
Certo, nei casi di bullismo tra ragazzi emerge anche il non rispetto dell'altro, l'assenza di ogni limite, il narcisistico parossismo dell'apparire e dell'occupare la scena del mondo ad ogni costo. Ma il bullismo verso gli insegnanti è altro. È disprezzo per l'autorità.
C'è un verbo che ho sentito pronunciare da un ragazzo, intervistato a proposito dell'episodio di Lucca: Non bisognerebbe permettersi, io non mi sarei permesso. Mi viene in mente che un tempo dicevamo: Ma come ti permetti? Ecco, il verbo permettere. Noi abbiamo permesso.
Abbiamo permesso che i nostri figli non obbediscano. Che i nostri studenti non studino (anzi, abbiamo persino smesso di dare ordini e di imporre doveri, così il problema nemmeno esiste).
Ma non basta. Non solo non educhiamo. Abbiamo anche permesso che i media e i social dominino le nostre vite.
E tutto questo inizia dall'inizio, questo è il punto: inizia quando un bambino nasce. Il punto cruciale è la famiglia, siamo noi, che oggi siamo gli adulti. Siamo noi genitori che decidiamo, di fronte al figlio appena nato, se lasciarlo piangere o no, se dargli o no uno scapaccione, se ficcargli in mano a due anni un telefonino, se rabbonirlo e placarlo con un filmato, un cartone, un videogioco, per essere lasciati in pace. Siamo noi che decidiamo di rimproverare o lasciar correre, punire o premiare o non fare nessuna delle due cose. Siamo noi che permettiamo che i figli ci saltino in testa mentre ceniamo, parlino mentre stiamo parlando noi, urlino, distruggano oggetti, insultino la madre, il padre e la babysitter, non facciano i compiti, copino dai compagni, non aprano un libro, non si alzino per far sedere un anziano, non salutino il vicino di casa in ascensore. Siamo noi che li promuoviamo anche se non studiano, che permettiamo che facciano il chiasso più inverosimile in classe mentre stiamo facendo lezione. Noi siamo i primi a non essere rispettosi di noi stessi.
Perché abbiamo permesso tutto questo?
Credo che sia perché ci fa comodo. Per quieto vivere. Ma ancor di più per lieto vivere: goderci la vita, prenderci i nostri piaceri in santa pace. Edonismo. Troppa fatica educare, pretendere, rimproverare, punire. Poco gratificante e autolesionista. Meglio lasciar perdere. Va bene, abbiamo di conseguenza figli e allievi ormai ingestibili. Selvaggi senza regole, cavalli imbizzarriti (Susanna Tamaro ha scritto proprio pochi giorni fa un articolo stupendo su questo tema: «I ragazzi selvaggi e il tramonto dell'educazione»). Ma pazienza, gli somministriamo lo zuccherino: un video, un cartone, gli mettiamo in mano un tablet, uno smartphone, e tutto si risolve. Loro si placano, scende il silenzio e noi possiamo cenare, guardarci un film, parlare con gli amici, berci una birra, farci un aperitivo in piazza, chattare in rete.
Le conseguenze di tutto ciò le abbiamo chiamate «bullismo». Non dovremmo stupirci se uno studente prende a testate con tanto di casco da moto indosso un prof. Quel che sta succedendo è molto semplice: quei ragazzi non educati ora rivolgono la loro non-educazione contro di noi. Siamo noi le vittime. Ma siamo stai noi la causa, noi che li abbiamo privati di regole e principi, limiti e divieti. E ora non possiamo che tacere. Il professore di Lucca che non dice, non denuncia e occulta il fatto di cui è vittima, la dice lunga. Silenzio. E non è nemmeno il silenzio degli innocenti, perché noi non siamo innocenti.
Siamo noi che abbiamo creato il «bullismo». E ora ci inventiamo i modi per combatterlo. Geniale! Corsi. Convegni. Petizioni. Piattaforme dove lanciamo s.o.s. Centri anti-bullismo, associazioni, portali. Parliamo, discutiamo nei talk show. Auspichiamo leggi, provvedimenti ministeriali (da una ministra che sta rendendo obbligatorio l'uso dei telefonini in classe come strumento didattico?).
E non basta, facciamo ancora di più: ne parliamo a iosa! Occupiamo i giornali e i telegiornali, i siti, twittiamo e condividiamo, moltiplicando così a dismisura la notizia. Per esempio, a ogni edizione e riedizione di un tg, mandiamo in onda il video del prof oltraggiato. Così, se per caso qualcuno si fosse perso il video sul cellulare, se per disgrazia non fosse stato raggiunto dal solerte popolo del web, ecco che ci pensano i giornalisti, gli opinionisti, i signori del talk show.
Ma allora vorrei esagerare: già che tutto è video, vorrei vedere non solo il video dei ragazzi che oltraggiano il professore, ma anche il video in cui si prendono le loro responsabilità, rendono conto, chiedono scusa. E pagano per quel che hanno commesso. Pubblicamente, davanti a tutti. Se ogni cosa dev'essere mediatica, lo sia anche la sanzione, non solo l'ingiuria. Non occhio per occhio, dente per dente. Ma video per video".
È normale e giusto che non si tolleri più la parola autorità, perché le vecchie generazioni l'hanno fondata sul niente. L'articolo fa riferimento anche a "educazione", che sarebbe la cosa giusta, ma a quanto pare anche l'educazione, in questo caso, viene intesa come educazione al rispetto dell'autorità, quindi un'educazione vuota di significato.
Ciò che conta non è l'autorità, ma la capacità di offrire orientamenti; sarà questa poi a dare contenuti all'autorità, piuttosto che basarla sul nulla.
Le generazioni passate si sono servite della parola "autorità" per mascherare il loro vuoto di contenuti, la loro incapacità di educare a qualcosa che faccia crescere, che dia senso e sensi alla vita. Nell'incapacità di fare ciò, i nostri nonni, i nostri antichi maestri di scuola, i nostri antichi professori, hanno fatto ricorso a tutto ciò che serviva a nascondere la loro incapacità e i loro vuoti di contenuti validi: autorità, violenza, ordine, rispetto, stare composti, disciplina, tutte cose che avrebbero un senso se dietro possedessero dei contenuti; il problema è che dietro c'era il niente.
Che motivi ha perciò oggi un giovane per attribuire autorità ad un professore? Perché dovrebbe attribuirgli autorità? Dovrebbe attribuirgliela perché ha il titolo di professore, perché siede in cattedra, perché gli spiega la geografia?
Siamo in grado oggi di offrire a un giovane motivi validi per cui attribuire autorità ad una persona? No, non siamo in grado. Se almeno lo ammettessimo, sarebbe già una conquista, ma non avviene neanche questo. Ecco allora la reazione violenta: è reazione ad una generazione di sedicenti educatori che si ostinano a non ammettere apertamente il loro vuoto mentale, la loro mancanza di orizzonti, e in più pretendono di avere autorità.
Con questo non intendo approvare alcuna violenza: la reazione dei bulli non è soluzione del problema, è solo sintomo di una voglia di ribellarsi, frustrata dall'inutilità delle precedenti ribellioni, come quella del '68.
Ci sono allora dei passi da fare:
1) ammettere la propria mancanza di orizzonti, la propria incapacità;
2) pretendere che anche l'altro l'ammetta: io ammetto di non sapere dove andare a parare, ma devi ammetterlo anche tu, a meno che non mi sappia dimostrare che sei davvero capace di altro;
3) proporre la prospettiva di cercare insieme: né io né tu abbiamo la soluzione in tasca, che ne dici di cercarla insieme?
Condivido l'analisi di Angelo, ciò che propone è decisamente più fedele al concetto di educazione (etimologico), ma siccome io non penso che debba essere la scuola a sobbarcarsi interamente l'educazione, ma occuparsi principalmente di istruzione (concetti antiteci per i più attenti) sarebbe il caso di tirare in ballo quelli che dovrebbero essere gli educatori per eccellenza: i genitori, che molto poco salgono sul banco degli imputati in queste vicende. Il mondo moderno non è solo il mondo dei video e della superficialità che i nostalgici dei "bei tempi andati" vogliono raccontare (elidendo dalle loro memorie tutte le bravate esibizioniste che hanno inscenato ben prima dei social) è anche il mondo della prevenzione anzichè della cura, e la prevenzione in questo caso passa anche dalle famiglie. Ma quale controllo ha la comunità sulle famiglie? Come sensibilizzarle se non attraverso spot di pubblicità progresso? La famiglia, sopratutto in Italia, è casa di una morale a parte del resto del mondo, un piccolo organismo sociale che in tanti casi si sviluppa in maniera antisociale e\o deleterea per il futuro dei pargoli, tra le mura di casa si svolgono le peggior amputazioni degli spiriti. Ha ragione Serra quando parla di famiglie in povertà che filiano, e che ti puoi aspettare? La differenza è che io parlo di povertà culturale, non economica, una questione trasversale alla "classe sociale" tanto cara al suddetto. La scuola può tradurre casi di pessima educazione in persone istrutite, ma fa molto più fatica e fallisce sempre più spesso quando la materia prima appena sfornata dalle famiglie è sempre peggiore. Ovviamente additare le famiglie significa anche additare noi stessi, ergo ce ne vediam bene, lo scarica barile passa dal 68, ai social, ai brigatisti.. non sarebbe più facile comprarsi uno specchio?
Secondo me è sbagliato cercare imputati, che si tratti di genitori, di professori, o degli stessi bulli, perché risponde alla solita vecchia mentalità del colpevolizzare: si cerca un capro espiatorio e siamo tutti felici e contenti di aver trovato dove scaricare il nostro odio.
A questo metodo preferisco la mentalità dell'analisi storica, che non cerca colpevoli, ma meccanismi.
Prendiamo i genitori: che ci possono fare se nessuno ha mai insegnato loro a che cosa dovrebbero educare i loro figli? Lo stesso vale per i professori. Nessuno ha colpe e cercare colpe serve solo a distrarsi dalla ricerca dei meccanismi.
A questo punto si intuisce che ogni tipo di meccanismo è sempre circolare, si tratterà di circoli più o meno complessi, più o meno lunghi, ed è proprio per questo che non ci accorgiamo che si tratta di circoli.
Se vediamo un cerchio di ragazzi che girano e vogliamo inserirci per fare qualcosa, ha poco senso cercare chi sta all'inizio del cerchio: proprio perché è un cerchio non ha un inizio. A questo punto si fa quello che fanno tutti: ognuno sceglie un punto del cerchio in cui sia più efficace inserirsi e cerca di inserirsi.
Qui, su questo forum, si potrebbe tentare di chiarire le cause storiche di ciò, anche in questo caso scegliendo gli elementi storici del cerchio (o della linea della storia) che risultano più utili a capire la questione e dove e come sia meglio intervenire.
Il mio non è tanto additare le famiglie esclusivamente, quanto farle entrare nel tuo cosidetto cerchio, mentre nella dialettica tipica di queste discussioni ne sono quasi sempre escluse. Non inspiegabilmente, perchè metterci mano è molto più difficile che mettere mano nella scuola, mettere mano a noi stessi, è molto più difficile che prendersela con un professore o un fantomatico meccanismo sociale senza responsabili individuali. Quando dico che bisorrebbe guardarsi allo specchio, faccio proprio riferimento al fatto che gli eventi riflettono realtà speculari e interconnesse, quindi credimi, condivido anche il tuo intervento critico.
Angelo ha scritto:CitazioneÈ normale e giusto che non si tolleri più la parola autorità, perché le vecchie generazioni l'hanno fondata sul niente. L'articolo fa riferimento anche a "educazione", che sarebbe la cosa giusta, ma a quanto pare anche l'educazione, in questo caso, viene intesa come educazione al rispetto dell'autorità, quindi un'educazione vuota di significato.
Ciao Angelo, credo sia necessario distinguere tra "auctoritas" ed autoritarismo.Il concetto di autorità comprende la legittimazione, la giustificazione ed il diritto di esercitare un potere da parte di un soggetto od una istituzione se assegnato da leggi, norme, tradizione o carisma (vedi Max Weber). Autorità e potere alle quali ci si deve assoggettare per raggiungere determinati scopi, anche se, nel caso degli insegnanti, non tutti sono capaci. Gli studiosi di diritto distinguono tra autorità de facto e autorità de jure.Con l'autorità de facto un individuo o un gruppo accetta che un potere venga esercitato su di loro ed obbedisce agli ordini o ai comandi di coloro che detengono quel potere; con l'autorità de jure l'esercizio del potere è accettato come giusto e viene giustificato da coloro nei cui confronti viene esercitato. Per potere, in termini giuridici, si intende la capacità, la facoltà o l'autorità di agire, per raggiungere determinati scopi, personali o collettivi. L'attribuzione di un potere ad un soggetto o ad una istituzione comporta una corrispondente situazione giuridica soggettiva. La fonte del potere sono le leggi, le norme, i regolamenti. L'autoritarismo, invece, anche se deriva dal lemma "autorità" si distingue da questa per l'abuso di autorità nei confronti di persone o istituzioni. L'autoritarismo induce a tendenze antidemocratiche, a rapporti sociali basati sulla gerarchia e l'oppressione (vedi Theodor Adorno). L'autoritarismo è tratto caratteristico delle negative personalità autoritarie. Ovviamente l'abuso di potere infrange le libertà individuali, ma quando è necessario non lo considero in modo negativo. Un ultimo elemento da tener presente è la "gerarchia", che vige ovunque, nell'ambito militare, nel lavoro, nella scuola, nelle istituzioni religiose, ecc., come reciproco rapporto di supremazia e subordinazione tra uffici e tra le persone .
Citazione di: altamarea il 04 Maggio 2018, 17:55:38 PMIl concetto di autorità comprende la legittimazione, la giustificazione ed il diritto di esercitare un potere da parte di un soggetto od una istituzione se assegnato da leggi, norme, tradizione o carisma (vedi Max Weber). Autorità e potere alle quali ci si deve assoggettare per raggiungere determinati scopi, anche se, nel caso degli insegnanti, non tutti sono capaci.
Il problema che suscita la protesta sta in quel "deve": perché io devo assoggettarmi a un'autorità che non sa verso dove educarmi? Le autorità stabilite per leggi, norme o tradizioni dimostrano in continuazione di non sapere verso dove educarmi, quindi perché io dovrei sottomettermi ad esse?
L'autorità derivante dal carisma non è più un dovere, perché il carisma viene spontaneamente riconosciuto dalle persone e quindi sono liete di sottomettersi ad esse. Ecco così la gioventù-gregge che si sottomette volentieri al cantante rock o fa la fila per comprare l'i-phone.
Dunque è chiaro che nessuna forma di autorità funziona, né quelle stabilite da leggi o tradizioni, né quelle che l'industria impone per ridurre la gente a gregge di consumatori.
Prima di individuare un'autorità qualsiasi bisogna individuare verso dove si deve andare. Una volta individuate le direzioni, sarà logico accettare come autorità coloro che hanno maggiori capacità di aiutare tutti a procedere in quelle direzioni. Ma oggi queste direzioni condivise non esistono e così non può esistere accettazione di autorità alcuna.
Angelo, la tua opinione sul concetto di autorità mi sorprende, perché penso al tuo retaggio culturale di tipo religioso cristiano, invece mi sembra che dimostri un'ideologia da ex sessantottino. :)
Lo Stato democratico come entità politica sovrana è basato sullo stato di diritto, poiché il bisogno di legittimazione del potere centrale necessita del consenso popolare. L'autorità legittima è quella dello Stato, fondato sul consenso dei cittadini tramite il voto parlamentare.
Posso concordare con la tua opinione se ti riferisci all'autorevolezza e non all'autorità.
Anche se linguisticamente deriva da "autorità" , l'autorevolezza è diversa dall'autoritarismo , è una condizione di superiorità morale che gli altri riconoscono e che li induce ad obbedire spontaneamente, nella maggior parte. In tal caso, però, non bisogna confondere la necessaria autorità con l'auspicata autorevolezza, in questo caso dei docenti, quelli capaci di insegnare e che sanno far amare ai discenti la disciplina che insegnano.
Nello stato di diritto c'è la ragione della distinzione tra auctoritas e potestas: questa evoca l'idea di una forza materiale esterna, che è in grado di costringere all'obbedienza i suoi destinatari.
La critica che ho espresso nei confronti dell'autorità vale contro qualsiasi cosa che non aiuti a vivere un orientamento di vita che faccia crescere. Difatti il fenomeno del bullismo è solo una sfaccettatura di una crisi generale che li fa rivoltare non solo contro i professori, ma anche contro gli oggetti, sia materiali che che astratti, e anche contro sé stessi. In questo senso, trattandosi di una crisi molto grave, non esistono cose o persone in grado di legittimarsi. C'è una sofferenza che investe l'intera esistenza e di fronte a questa sofferenza non importa che chi ci vada di mezzo sia l'autorità o qualsiasi altra cosa. Di fronte alla sofferenza il diritto ad esistere di qualsiasi cosa o persona entra in crisi.
Come ho già detto sopra, con ciò non intendo legittimare alcuna forma di violenza; il mio scopo è solo un tentativo di individuare i meccanismi che la provocano.
Citazione di: Angelo Cannata il 04 Maggio 2018, 10:30:31 AMÈ normale e giusto che non si tolleri più la parola autorità, perché le vecchie generazioni l'hanno fondata sul niente. L'articolo fa riferimento anche a "educazione", che sarebbe la cosa giusta, ma a quanto pare anche l'educazione, in questo caso, viene intesa come educazione al rispetto dell'autorità, quindi un'educazione vuota di significato. Ciò che conta non è l'autorità, ma la capacità di offrire orientamenti; sarà questa poi a dare contenuti all'autorità, piuttosto che basarla sul nulla. Le generazioni passate si sono servite della parola "autorità" per mascherare il loro vuoto di contenuti, la loro incapacità di educare a qualcosa che faccia crescere, che dia senso e sensi alla vita. Nell'incapacità di fare ciò, i nostri nonni, i nostri antichi maestri di scuola, i nostri antichi professori, hanno fatto ricorso a tutto ciò che serviva a nascondere la loro incapacità e i loro vuoti di contenuti validi: autorità, violenza, ordine, rispetto, stare composti, disciplina, tutte cose che avrebbero un senso se dietro possedessero dei contenuti; il problema è che dietro c'era il niente. Che motivi ha perciò oggi un giovane per attribuire autorità ad un professore? Perché dovrebbe attribuirgli autorità? Dovrebbe attribuirgliela perché ha il titolo di professore, perché siede in cattedra, perché gli spiega la geografia? Siamo in grado oggi di offrire a un giovane motivi validi per cui attribuire autorità ad una persona? No, non siamo in grado. Se almeno lo ammettessimo, sarebbe già una conquista, ma non avviene neanche questo. Ecco allora la reazione violenta: è reazione ad una generazione di sedicenti educatori che si ostinano a non ammettere apertamente il loro vuoto mentale, la loro mancanza di orizzonti, e in più pretendono di avere autorità. Con questo non intendo approvare alcuna violenza: la reazione dei bulli non è soluzione del problema, è solo sintomo di una voglia di ribellarsi, frustrata dall'inutilità delle precedenti ribellioni, come quella del '68. Ci sono allora dei passi da fare: 1) ammettere la propria mancanza di orizzonti, la propria incapacità; 2) pretendere che anche l'altro l'ammetta: io ammetto di non sapere dove andare a parare, ma devi ammetterlo anche tu, a meno che non mi sappia dimostrare che sei davvero capace di altro; 3) proporre la prospettiva di cercare insieme: né io né tu abbiamo la soluzione in tasca, che ne dici di cercarla insieme?
Stiamo parlando di scuola pubblica quindi nel parlare di autorità sarebbe giusto dire o intendere "autorità democratica".Sottostare a un'autorià democratica è io credo il primo passo indispensabile per avviare un rapporto educativo, lo studente dovrà avere prima di tutto l'umiltà di accettare regole che valgono per tutti,gia questo in se è educativo.Quello che oggi manca è appunto l'umiltà necessaria per il rispetto delle regole.Un tempo (prima del'68) era diverso anzi l'opposto ma oggi è cosi.Se prima il problema era l'autoritarismo,la necessità di piu democrazia,oggi il problema è la mancanza di rispetto per le autorità democratiche.Quando i signori studenti e i signori genitori si degneranno di accettare che il rispetto per un isegnante prescinde dal loro "gradimento" o dalle loro valutazioni,che la sua autorità è già determinata dalla legge dell'uguaglianza democratica,solo allora potrà avviarsi un vero rapporto educativo e solo allora si potrà dire se questo è piu o meno valido. Cercare soluzioni al di fuori di questo semplice ma indispensabile accordo tra le parti mi sembra un impresa impossibile oltre che velleitaria.Se si cercano nuovi orizzonti questi ognuno dovrebbe cercarseli per conto suo liberamente,la scuola si occupa solo della formazione all'apprendimento.Credo che ognuno di noi abbia un proprio orizzante culturale e non vedo come si possano riunire tutti questi orizzonti in un unico orizzonte valido per tutti e comunque tutto questo non può avere niente a che fare con l'educazione scolastica.Oltretutto questa fantomatica unificazione,questo "decidere dove andare",richiederà molto tempo durante il quale lo studente potrà ritenere un insegnante incapace di "offrire orientamenti" e negargli ogni rispetto.Pretendere che l'insegnante abbia doti extra come condizione perche gli sia "concessa" autorità è,io credo,la cosa piu sbagliata e umanamente ingiusta.Se ne sono gia viste le conseguenze negli anni 70 quando studenti estremisti
(antidemocratici) si sentivano cosi importanti da decidere quali fossero gli insegnanti a cui attribuire autorità e quali invece andassero bastonati.Non è cosi che funzionano le cose,l'apprendimento richiede umiltà e rispetto: anche se l'insegnante non è un genio,anche se non è un maestro di vita,anche se si limita a insegnare la storia o la geografia (che non è poco),anche se non è "capace a farsi rispettare",quell'insegnante va rispettato,a tutti i costi,perche è un insegnante di una scuola democratica,ma anche perche è semplicemente una persona coi suoi limiti e i suoi problemi (se non sbaglio stiamo parlando di una scuola fatta di esseri umani).
Citazione di: InVerno il 03 Maggio 2018, 15:06:40 PM
Si possono valutare diversi aspetti del rapporto tra l'Italia e il Duce (essendo che è pure uscito un film a riguardo di recente), ma mi pare un po da "anime belle " - come dicono alcuni - meravigliarsi che certi aspetti di una nazione facciano parte di un certo folklore, da ambo le parti. Ci sono ossessionati che conservano lapidi del fascio in giardino, e altri che fanno pentolacce con il Duce, lunatici, esibizionisti, camerati.. Al netto di tutto questo che mi sembra fisiologico in una cultura antitetica al fascismo e con un grosso trauma alle spalle, alcuni trovano escamotages per riportare sul piano del reale una discussione completamente irrilevante, come la figura di un leader defunto il secolo scorso. A che pro? Perchè i giornalisti danno pane ai pesci e me ne compiaccio, ma altrimenti?
Scusa InVerno ma qui si parla di bambini e di educazione.Se alcuni tengono in giardino reliquie del Duce sono fattacci
loro,se alcuni vanno in piazza a spaccare la testa al fantoccio del Duce è gia diverso ma a dire il vero non me ne meraviglierei molto,ma se qualcuno ci mette in mezzo i bambini,se si porta loro in piazza a giocare alla pentolaccia col fantoccio del Duce allora non solo mi meraviglio ma mi scandalizzo,si puo forse non essere scandalizzati?Tutto il resto passa in secondo piano,ma non sono d'accordo sull'irrilevanza della discussione sul piano politico,non si tratta di riminiscenze di un passato ormai superato ma di un equivoco ancora presente e che ancora lo sarà finche ci saranno veri comunisti nel nostro paese.Infatti,è inutile nasconderlo,per loro la festa della liberazione non puo essere che la festa del fallimento,la cosiddetta "resistenza tradita".(Qui però si va fuori tema)
Come ho già scritto, il bullismo degli adolescenti è un fenomeno che ha molte cause. Nel proseguo di questa discussione però ci si è soffermati su un aspetto che considero piuttosto importante e che provo a scindere chirurgicamente dal resto degli interventi.
Da un lato c'è il partito "Cannata-Inverno", che sottolinea l'importanza che ogni autorità sia legittimata sul campo, che si trasformi in autorevolezza/carisma in grado di veicolare il consenso in comportamento maturo, responsabile e non-violento. Dall'altro c'è il partito "Socrate-Stefano" che indica invece la necessità di sottomettersi comunque al ruolo dell'autorità, indipendentemente da come esso viene esercitato (sto semplificando e intervenite se non vi riconoscete in questa semplificazione).
Credo che la polarizzazione su una sola di queste due visioni sia in fondo sbagliata. Non posso accettare un ruolo di autorità sviluppato in modo violento, insensato, incompetente, senza rispetto delle regole e senza rispetto per i sottoposti ma non posso neppure mettere continuamente alla gogna chi di quel potere è stato investito secondo procedure riconosciute valide: il professore ha vinto un concorso, così come un poliziotto o un giudice e tutti, bene o male, sono o dovrebbero essere valutati e monitorati da meccanismi di controllo sulle loro attività.
Esiste un margine operativo per poter dire che, nonostante si pensi di aver subito una ingustizia, quella ingiustizia proviene da una fonte di autorità, che essendo esercitata da un essere umano può anche "sbagliare". Anche da questa accettazione nasce la coesione sociale e nasce ancor di più la capacità degli esseri umani, non di essere accomunati a dei "pecoroni", ma semplicemente di vivere in società, poichè nessuna società complessa che io conosca è organizzata in modo orizzontale, ma sempre in modo gerarchico e attraverso ripartizioni asimettriche di potere. Mettere sempre in discussione questa ripartizione asimmetrica di potere è un gioco senza fine, poichè ognuno di noi ha idee diverse, diverse idee di ripartizione del potere e delle risorse e si troveranno sempre delle ragioni per contestare il potere.
Occorre però contestarlo "ragionevolmente", utilizzando quella che i greci chiamvano "phronesis" e i romani "prudentia".
Scusami Jacopus se ti riprendo un po "severamente" ma ho gia detto che qui si dovrebbe parlare non di autorità in modo generico ma di autorità democratica.Senza questo aggettivo il mio discorso non ha senso.
Mi dispiace se non posso rispondere ora per intero al tuo post per mancanza di tempo.Lo farò piu avanti,ci tenevo solo a sottolineare questo "dettaglio"
Angelo Cannata mi sorprende che proprio tu sostieni che dietro l'autorità ci sia il vuoto; ma come, l'autorità della Chiesa ha il vuoto dentro? L'autorità dello stesso insegnamento di Cristo, è vuoto di contenuto? Non nego che in passato abbiamo peccato di autoritarismo, ma su due pilastri è sorta la nostra civiltà: Cristianesimo e Illuminismo. Da queste due fonti ricchissime di contenuti si è nutrita l'autorità. Un'autorità ricca di contenuti ha saputo educare e creare fior di personalità, di artisti e letterati in tutti gli ambiti del sapere umano, dalla politica alla letteratura, dalla scienza allo sport. Quali sono le grandi personalità attuali da prendere a modello?
Quell'educazione al rispetto del prossimo a prescindere dall'importanza del singolo individuo ma per il valore stesso dovuto alla persona. Quel senso di autorità mista ad affetto che fecero ispirare a Camillo Sbarbaro questi versi: " Padre, se anche tu non fossi il mio padre , se anche fossi a me un estraneo, per te stesso
egualmente t'amerei...".
Direi piuttosto il contrario, che l'autorità nasce sul contenuto, anzi fa da contenitore laddove c'è il contenuto. Infatti dal '68 in poi, si sono abbattuti diversi contenuti ed è svanita l'autorità. Oggi dunque non vi è autorità perché sono venuti a mancare i contenuti. Il fulcro del problema educativo attuale sta proprio in questo: riempire nuovamente o no la nostra esistenza di contenuti?
Se vi sono contenuti va da sé che questi debbano essere fissati mediante l'autorità che indica il verso dove andare. Le autorità stabilite per leggi, norme o tradizioni hanno (o dovrebbero avere) questo scopo: educare, orientare verso un vivere civile condiviso per diventare uomini e donne, e non abbandonarsi in balia dell'istinto e della prevaricazione. Confondi la personalità che incute rispetto derivante dal carisma che questa possiede, ma si tratta di un aspetto comunicativo dotato di nobiltà e fermezza che alcune persone posseggono ed è riferita alla singola persona capace di carisma. Allora dovrebbero essere rispettate soltanto le persone dotate di carisma? Tuttavia si può mancare di rispetto anche alla persona carismatica; gli adolescenti sono bravi in questo. Dunque il rispetto deve andare oltre, è un principio e un valore che deve essere inculcato. Si deve avere lo stesso rispetto per la personalità carismatica come per la persona fragile e che non trasmette nulla. Il tuo ragionamento è intriso di giustificazionismo. Inoltre non si tiene conto che non tutti comprendono sempre o allo stesso modo determinati contenuti e dunque neppure la persona carismatica sarà in grado di trasmetterli. Ci sarà sempre chi vorrà rifiutare, eludere quei valori non percepiti tali. Pertanto l'autorità serve a questo, a richiamare tutti al rispetto delle regole. Il mafioso poco si fa convincere dal carisma e continua nei suoi loschi affari, sarà l'autorità a fermarlo, che lo voglia o meno.
Jacopus, avevo scritto che la mia critica vale contro qualsiasi cosa non aiuti a vivere un orientamento di vita che faccia crescere. La democrazia rientra tra queste.
Elia, nella mia critica rientrano anche Cristo e la Chiesa, se vengono drammaticamente percepiti come incapaci di educare a qualcosa che sia vissuto come crescita.
In generale ho visto che avete indicato dei criteri più o meno ragionevoli, più o meno di buon senso, ma di fronte al dramma della percezione di grave mancanza di contenuti non ci sono ragionevolezze o buon senso che tengano. Se il bullo desse importanza alla ragionevolezza o al buon senso, non farebbe certo il bullo. Se lo fa vuol dire che per lui ragionevolezza e buon senso hanno perso il loro valore, i motivi per cui attribuire loro fiducia, quindi non ha senso appellarsi a queste cose per far breccia nell'animo del bullo.
Elia ha toccato il nocciolo della questione, peraltro in modo abbastanza contraddittorio, ma poi se ne è distratto:
Citazione di: Elia il 05 Maggio 2018, 16:02:51 PMDirei piuttosto il contrario, che l'autorità nasce sul contenuto, anzi fa da contenitore laddove c'è il contenuto. Infatti dal '68 in poi, si sono abbattuti diversi contenuti ed è svanita l'autorità. Oggi dunque non vi è autorità perché sono venuti a mancare i contenuti. Il fulcro del problema educativo attuale sta proprio in questo: riempire nuovamente o no la nostra esistenza di contenuti?
Se vi sono contenuti va da sé che questi debbano essere fissati mediante l'autorità che indica il verso dove andare. Le autorità stabilite per leggi, norme o tradizioni hanno (o dovrebbero avere) questo scopo: educare, orientare verso un vivere civile condiviso per diventare uomini e donne, e non abbandonarsi in balia dell'istinto e della prevaricazione.
Giusto, l'autorità nasce sul contenuto.
Se vi sono contenuti si fissano mediante l'autorità.
E se i contenuti non ci sono? È questo il problema, che viene vissuto in maniera talmente drammatica da non farsi scrupolo di mettere in questione Chiesa, Cristo, democrazia, autorità, civiltà, società e quant'altro. Il bullo in pratica dice questo: che me ne faccio di tutte queste cose se in nessuna di esse trovo contenuti che mi diano vita?
Citazione di: Jacopus il 05 Maggio 2018, 11:52:51 AMDall'altro c'è il partito "Socrate-Stefano" che indica invece la necessità di sottomettersi comunque al ruolo dell'autorità, indipendentemente da come esso viene esercitato (sto semplificando e intervenite se non vi riconoscete in questa semplificazione). Credo che la polarizzazione su una sola di queste due visioni sia in fondo sbagliata. Non posso accettare un ruolo di autorità sviluppato in modo violento, insensato, incompetente, senza rispetto delle regole e senza rispetto per i sottoposti
Come ti dicevo Jacopus non hai considerato il fatto che io parlo di "autorità democratica" e questa parte che ho citato
non corrisponde al mio pensiero.Per il resto sono d'accordo con te.
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Maggio 2018, 17:10:08 PMJacopus, avevo scritto che la mia critica vale contro qualsiasi cosa non aiuti a vivere un orientamento di vita che faccia crescere. La democrazia rientra tra queste.
La democrazia dunque non fa crescere e non offre nessun orientamento di vita.L'autorità nasce dal contenuto,la democrazia
non ha contenuti,quindi nessuna autorità.Chi ci rimette sono sempre loro i piccoli bulli disorientati,privi di orizzonti.Ma come si fa a capire se questi contenuti ci sono o no,chi lo decide? Da cosa si capisce se un'autorità è veramente tale
cioè con la giustaquantità o qualità di contenuti?Lo si capirà da come reagiscono proprio loro,i nostri amici bulli.Se questi troveranno,in una certa autorità,un contenuto
che da loro vita, nuovi orizzonti,allora quella senz'altro sarà l'autorità giusta.Qualcuno,qualche entità,quindi,dovrà prendersi la briga di accontentare i signori bulli e immagino non sarà facile perche quelli storcono sempre la bocca,sono incontentabili,sarà difficile fargli preferire un nuovo orizzonte alla nuova playstation.Ma tutto questo va fatto perche una volta accontentati loro,saremo a buon punto nel cammino verso una societa perfetta.Certo poi bisognerà accontentare anche mafiosi,narcotrafficanti,corrotti,truffatori...anche loro sono vittime di un'autorità priva di contenuti e di orizzonti.
Angelo Cannata, non rigiriamo come al solito la frittata per confondere le idee. Non è contraddittorio il mio ragionamento, siete voi che vi arrotolate in disquisizioni che poi finiscono per annullarsi automaticamente, fatta salva l'abilità di lanciare la palla in calcio d'angolo,
perché, ti ricordo, che si è partiti dal sostenere, per alcuni, che l'autorità, cioè la severità nei metodi educativi non serve, che bisogna essere permissivi e buonisti sempre, che essere autoritari nasconde un vuoto, che là dove ci sono contenuti non occorre autorità. Ti dico io schiettamente e senza tanti contorsionismi e giri di parole come stanno le cose. I contenuti sono stati sminuiti o abbattuti non perché non fossero validi, ma perché si credeva (e lo si crede in gran parte ancora) di poterli sostituire con l'assoluta libertà e che questa soltanto avrebbe condotto all'autentica felicità. Ed è ciò che pensano tutti coloro che sostengono l'ideologia della sinistra progressista.
I fatti stanno dimostrando il contrario.
Ad avere influenza sullo sviluppo della personalità è assai importante invece l'azione formatrice, questa deve essere impartita innanzitutto dalla famiglia, in primo luogo dai genitori. Abbiamo dimenticato che è proprio in quest'opera formatrice che un uomo e una donna si realizzano prima e si rivelano poi verificando ciò che hanno saputo fare di sé stessi. Se i genitori oggi non sanno piú sentire le enormi responsabilità, anche nei confronti della collettività, che determina il fatto di crescere un figlio che sia proteso gioiosamente e fecondamente verso la maturazione di sé stesso e verso la società, vuol dire che hanno fallito il loro compito piú importante. Ed in quest'opera formatrice sta fallendo anche la scuola.
Una pedagogia debole ed eccessivamente indulgente si è visto che è altrattanto dannosa di quella improntata sull'estrema violenza. Perché in entrambi i casi viene impedita la naturale tendenza alla crescita morale e spirituale della persona. Anzi, direi addirittura che l'eccessivo permissivismo può essere ancor piú dannoso in quanto non permette neppure di riflettere, ma annulla l'anima che muore di "asfissia". Quei bulli infatti per me sono morti nell'anima, sono corpi vaganti senza cervello, tutto impulsi, emozioni e rabbia, tanta rabbia verso un'esistenza, la loro, a cui non è stata data una direzione, un programma da seguire in maniera ferma ed efficace.
"È ora di smettere! Non vi pare sia arrivato il momento? Basta col concedere tutto. Nella vita si fatica. Non tutto è dovuto. Assumiamoci le nostre responsabilità."
http://www.cosenzainforma.it/notizia3851/EDITORIALE-BullismoGenitori-ed-insegnanti-poco-rigidi-o-troppo-permissivi.html#
stefano, ho già detto chi decide i contenuti: lo si decide insieme, cercando insieme. La reazione del bullo è la reazione sbagliata contro un fare sbagliato. Il fare sbagliato è il professore messo lì solo come colui che detta e non come uno che, oltre a dettare, si metta anche a cercare insieme.
Elia, hai parlato di azione formatrice, ma formatrice a cosa? È questo il problema. Hai scritto "I contenuti sono stati sminuiti o abbattuti non perché non fossero validi": quali sarebbero questi contenuti validi? La cosa viene ad essere tanto più curiosa perché rivendichi di parlare schiettamente, senza contorsionismi e giri di parole, lasciando intendere che quindi gli altri girino intorno alla questione senza mai centrarla. Tu hai parlato di contenuti validi senza dire quali siano, di azione formatrice senza che si capisca a cosa debba formare.
Ora, ciò che m'interessa qui non è criticare te o alcun altro, ma che lavoriamo per riuscire andare al nocciolo. Ci sono contenuti chiari a cui educare? Se sì, quali sono?
Per Elia
Sono d'accordo con quello che dici Elia tranne due cose.Prima cosa,la tua indulgenza per la pedagogia violenta che,arrivi
a dire sia stata meno dannosa del permissivismo di oggi.Io sarei per non fare concessioni a nessuno e semmai equiparare le due cose.Ti posso assicurare (visto che io c'ero) che la pedagogia violenta del pre'68 era una cosa ignobile,retaggio del ventennio fascista,dove grossi bulli sedevano dietro la cattedra con la bacchetta in mano in mezzo a una classe di bambini terrorizzati.Seconda cosa,la tua critica alla sinistra progressista.
La sinistra democratica progressista,laica e cattolica del '68 ha cercarto di cambiare le cose in modo costruttivo reclamando piu democrazia nella scuola.Altri invece hanno cercato di distruggere la scuola in quanto istituzione democratica borghese,introducendo a forza l'egualitarismo dei regimi comunisti,tanto irreale quanto ipocrita.E' importante fare questa distinzione per capire da dove deriva il permmissivismo della scuola di oggi.
per Angelo C.
Citazione di: Angelo Cannata il 06 Maggio 2018, 10:12:36 AMstefano, ho già detto chi decide i contenuti: lo si decide insieme, cercando insieme. La reazione del bullo è la reazione sbagliata contro un fare sbagliato. Il fare sbagliato è il professore messo lì solo come colui che detta e non come uno che, oltre a dettare, si metta anche a cercare insieme.
Angelo,ma è quello che ho detto,lo si decide insieme compresi i bulli e di conseguenza escludendo le regole democratiche
perche il problema dei bulli è che non accettano di essere come gli altri ma speciali,non accettano un autorità basata su regole di uguaglianza.Bisognerà considerare che i bulli sono speciali perche sono il sintomo del nostro fare sbagliato ma siccome la democrazia va esclusa resteranno al di sopra di qualsiasi regola e si dovrà inventare tutti insieme un autorità che attraverso la disuguaglianza approvata da tutti (all'unanimità credo) porti a qualcosa come nuovi orizzonti dove tutti ci riconosceremo.Ora Angelo Cannata,per non impazzire,potresti farmi qualche esemmpio di come possa avvenire in
concreto qualcosa del genere?
Citazione di: stefano il 05 Maggio 2018, 11:14:14 AMScusa InVerno ma qui si parla di bambini e di educazione.Se alcuni tengono in giardino reliquie del Duce sono fattacci loro,se alcuni vanno in piazza a spaccare la testa al fantoccio del Duce è gia diverso ma a dire il vero non me ne meraviglierei molto,ma se qualcuno ci mette in mezzo i bambini,se si porta loro in piazza a giocare alla pentolaccia col fantoccio del Duce allora non solo mi meraviglio ma mi scandalizzo,si puo forse non essere scandalizzati?Tutto il resto passa in secondo piano,ma non sono d'accordo sull'irrilevanza della discussione sul piano politico,non si tratta di riminiscenze di un passato ormai superato ma di un equivoco ancora presente e che ancora lo sarà finche ci saranno veri comunisti nel nostro paese.Infatti,è inutile nasconderlo,per loro la festa della liberazione non puo essere che la festa del fallimento,la cosiddetta "resistenza tradita".(Qui però si va fuori tema)
Fai bene a scandalizzarti, meno male che qualcuno lo fa ancora, il problema secondo me è che spesso e volentieri lo scandalo è portato avanti dai giornali che seguono le isterie del momento e temi sacrosanti (spesso inerenti alla violenza) vengono ingigantiti pur di vendere qualche copia in più. Questi temi (tra i quali anche il femminicidio e altri) sono sicuramente temi importanti e reali, ma non nella dimenensione che un singolo fatto di cronaca può tradurre oltre alla statistica.
Ho letto cinque minuti fa che un ragazzo ha speso la sua prima paghetta per comprare un paio di scarpe ad un ragazzo meno fortunato. Dov'è il topic che denuncia il dilagante altruismo tra le nuove generazioni? Ah giusto, questo non servirebbe alla tesi "meglio prima che ora" o a denunciare qualche dilagante virus culturale che inabisserà la società nel baratro di un nuovo medioevo, quindi è carta straccia per gli strilloni, in attesa che qualche altro ragazzo faccia qualche bravata.Da mie sommarie ricerche statistiche non mi sembra che il bullismo (e qui tanto conta capire cosa si intenda per) sia esattamente un emergenza (in tutti i significati del termine), è sicuramente un tema esistente, ma a vedere che collegamenti vengono ad esso inanellati sembra che stiamo parlando dello jihadismo...Eppure il 42% di chi denuncia di esser stato vittima di bullismo dichiara di "esser stato preso in giro". Datemi una penna e disegnerò la società perfetta, ma che gli adoloscenti non si prendano in giro (e sopratutto non sia utile in qualche modo a formare se stessi)mi pare una pretesa piuttosto curiosa. Il senso della misura, ciò che i giornali volutamente omettono pur di scrivere in stampatello, andrebbe sempre protetto nel proprio ragionare.
stefano, come ho scritto sopra, i bulli sono una reazione sbagliata a un fare sbagliato. Nel momento in cui io professore riconosco il mio sbaglio, allora non tollererò che il bullo non riconosca il suo. Il cercare insieme comincia da qui: io riconosco il mio errore, ma il bullo deve riconoscere il suo, già per il semplice fatto che non esistono persone che non sbagliano.
Ne consegue che il bullo non ha nulla di speciale, proprio per questo motivo: perché egli non è immune dall'errore.
Questo è quello che io non vedo fare né alle istituzioni, né ai singoli: non capiscono che riconoscere i propri errori è un'arma fortissima contro il bullo, perché ti consente di pretendere da lui che anch'egli riconosca i suoi.
Nel concreto, quindi, il primo passo da fare sarebbe questo: sia le istituzioni, come lo Stato, la scuola, sia i singoli professori, dovrebbero dire apertamente: "Cari bulli, abbiamo sbagliato; voi riconoscete l'errore commesso da voi nel reagire con la violenza?". Se il bullo risponde "Sì", si apre immediatamente la strada per la collaborazione fruttuosa, se risponde "No" si apre la strada per la punizione e la repressione: a quel punto non si tratterà più di repressione diseducativa, poiché è stata preceduta da un atto più che educativo, cioè l'aver riconosciuto il proprio errore, aver chiesto al bullo di riconoscere il suo e avergli proposto la collaborazione.
Una ulteriore riflessione. Qui si parla dei bulli, come se fossero una mandria. I bulli vengono descritti come se si assomigliassero tutti, come se tutti fossero destinati a diventare dei rapinatori o dei balordi. Credo invece che gli atteggiamenti prevaricatori dei bulli siano motivati da ragioni molto diverse fra di loro. Immagino che ci siano dinamiche specifiche all'interno di ogni gruppo di bulli. Generalizzando si potrebbe pensare che c'è di solito un "bullo capo", circondato dai suoi minions gregari, con una schiera di gregari ancora più lontani, che magari si limitano a fare da "claque" e infine le vittime, che talvolta indossano il ruolo di vittima, volontariamente, per motivi di bassa autostima e perché credono in modo autolesionista, che quello sia il solo modo per essere accettati (ovviamente parlo di bullismo contro coetanei).
Pensare di adottare un'unica strategia valida sempre per "recuperarli" mi sembra poco realistico. Bisognerebbe conoscere bene l'ambiente da cui provengono, quello in cui sono inseriti, lavorare insieme con scuola, famiglia, contesto informale. Si potrebbero utilizzare, come già si sta facendo, ex-bulli che hanno capito i loro errori e diventano testimoni alla pari (peer-education). Immaginate solo per un istante lavorare in questa direzione nelle diverse parti d'Italia. Laddove c'è una struttura della società più organizzata sarà sicuramente più semplice creare le premesse per un lavoro serio. Invece laddove l'organizzazione sociale è carente, le istituzioni sono lontane, il bullismo non fa neppure notizia, probabilmente, perché non è un evento eccezionale, ma un fatto quotidiano, con il quale bisogna fare i conti.
Insomma un problema complesso va affrontato con strumenti complessi e rimboccandosi le maniche, tutti, adulti, ex-bulli e bulli....
Il rinvio alla complessità è dire tutto e non dire niente. Può anche essere usato come trucco in qualsiasi occasione quando c'è bisogno di squalificare chi sta parlando, o creare disorientamento, confusione, nel mezzo del discorso. Infatti, qualunque discorso si faccia, su qualsiasi argomento, è sempre possibile tirare in ballo il fatto che le cose sono più complesse di come vengono descritte o pensate. Funziona sempre. Con ciò non voglio affatto dire che tu l'abbia fatto apposta, al contrario, sono certo che la tua intenzione è quella di evitare il riduttivismo.
Ma la specialità di noi esseri umani, rispetto ad esempio ai computer, è proprio quella di affrontare i problemi percorrendo delle strade. Un computer non percorre strade: esso passa in rassegna tutte le possibilità, tutti gli elementi, e seleziona ciò che gli serve oppure ciò che contiene certe probabilità in maniera maggiore. Un computer affronta la complessità abbracciandola per intero e scannerizzandone tutti gli elementi, in ordine, uno per uno. Un essere umano si fa guidare dalle proprie tendenze, le proprie inclinazioni, la propria fisonomia, la storia, e crea dei sentieri.
Tirare in ballo la complessità può servire quando c'è il pericolo di riduttivismo, quando si sta cominciando ad illudersi che il problema è tutto lì, perdendone di vista aspetti importanti. Ma se vogliamo affrontare i problemi da esseri umani, che creano storia, non possiamo mettere al bando la selezione di vie particolari. Selezionando vie particolari ci si assume la responsabilità del loro essere parziali, settoriali, quindi inevitabilmente squilibrate verso qualche direzione, ma non c'è altro modo di essere umani. Se vogliamo essere umani dobbiamo avere il coraggio di compiere scelte settoriali e assumerci la responsabilità della loro parzialità.
Quindi la domanda è: di fronte al problema del bullismo, quali vie settoriali oggi, noi umani di questo periodo storico, riteniamo meglio intraprendere? Io ho evidenziato la necessità di individuare contenuti di crescita, in grado di giustificare l'autorità, la democrazia, i cosiddetti valori, il formare, educare, l'essere scuola, essere professori e tutto il resto.
La partenza per questa ricerca è quella che ho detto: riconoscere insieme i propri errori e limiti e iniziare a lavorare per individuare i contenuti. Questo corrisponde all'ultima frase che hai scritto, io ne ho precisato alcune connotazioni. In questo senso la tua conclusione potrebbe risultare anche un po' contraddittoria: pensare a strumenti complessi può risultare la via più sicura per scoraggiarsi di fronte alla complessità e rinunciare a rimboccarsi le maniche. Non si può intraprendere una strada assumendo come punto di partenza la constatazione che le strade che possiamo percorrere sono infinite. Per prendere una strada bisogna vedere cosa abbiamo alle spalle, qual è la strada già fatta; sarà essa a non farci disperdere in mezzo alle complessità e farci individuare una via definita verso cui proseguire.
Ciao Angelo. Se tirare in ballo la complessità serve solo per evitare di "fare" sono d'accordo con te. Nel mio intervento però volevo sottolineare che il bullismo è un fenomeno che non può essere affrontato in modo omogeneo, perché gli atti di prepotenza e di mancato rispetto riguardano situazioni e ambienti diversi. L'unico aspetto comune è la finalità: che il "prepotente" si renda conto della sua prepotenza e l'abbandoni.
Come questo sia difficile è appurato. Basti pensare a come sia diffusa la storiella "dell'homo homini lupus". Se gli altri uomini sono lupi, allora è normale che io mi comporti da belva.
I sentieri, pertanto, sono molteplici, si intersecano e si sviluppano in modi diversi, perché diverse sono le storie degli ambienti dove i bulli crescono.
Ci sono bulli che provengono da famiglie agiate, che hanno respirato un'aria di superiorità e di violenza nei discorsi dei genitori e che pensano di essere sempre protetti da loro. Ci sono bulli che vengono dalle periferie a cui è stato insegnato dai genitori a spaccare la faccia a chi non li rispetta. Ci sono bulli che lo fanno per paura di diventare vittime, perché da bambini sono stati traumatizzati. Bisognerebbe risalire alla storia di ognuno per comprendere e capire.
Molto intelligente e valido è il sistema della mediazione penale, che si serve del confronto fra vittima e aggressore. In un contesto protetto la vittima parla di come si sia sentito quando era in mano agli aggressori e gli aggressori sono costretti a sentire. Tutto è cominciato da questo evento:
https://it.wikipedia.org/wiki/Commissione_per_la_verit%C3%A0_e_la_riconciliazione
Raccontandosi ed incontrandosi si rivelano gli aspetti sfaccettati e multidimensionali di ognuno di noi: non più il bullo, il razzista, il fascista, il comunista, il cattolico, il negro, lo juventino, il malvagio, ma una persona con tanti aspetti anche contraddittori, una persona umana appunto.
Vedo che però tutti voi escludete una possibilità, e cioè che il "bullo" si comporti con violenza perché naturalmente è predisposto a questo tipo di agire, gli viene naturale molto più che un comportamento favorevole alle esigenze e ai diritti degli altri. Non può esistere anche questo, indipendentemente dall'educazione ricevuta? Vi sono bulli che hanno ricevuto un'educazione anche buona, ma l'istinto o la loro stessa volontà preferisce altro, quindi c'è qualcosa in loro che li orienta più al male che al bene. Io credo che una persona può anche razionalmente convincersi della necessità di agire in maniera corretta, ma se manca la volontà interiore di agire in quel modo c'è ben poco da fare.
Socrate78, la predisposizione naturale è una cosa talmente imprecisabile in quantità, qualità, orientamenti, caratteristiche, che il tenerne conto ha conseguenze esclusivamente negative, cioè serve solo a scoraggiare tentativi di aiuto, avanzando timori fondati su elementi totalmente sconosciuti.
Tener presente che un bullo potrebbe essere tale in qualche misura per qualche predisposizione naturale può servire in senso positivo solo ad evitare di accanirsi contro di lui o di esigere da lui comportamenti inumanamente perfetti. Ma per fare questo non c'è alcun bisogno di tener presenti fattori che sconosciamo del tutto, come la predisposizione naturale. È sufficiente usare misure di prudenza, di umanità, che vanno usate con tutti, indipendentemente dalle predisposizioni naturali.
La tua osservazione mi fa pensare anche a persone a cui ho visto avanzare l'ipotesi che il loro figlio poteva avere scarse predisposizioni naturali allo studio oppure al lavoro. Anche in questo caso, si tratta solo di timori il cui unico effetto è trattenere dal fornire a quel figlio tutti gli aiuti e tutti gli strumenti possibili per favorire le sua capacità positive di studio e di lavoro. Gli unici effetti di questi timori vanno esclusivamente a scapito delle possibilità di crescita positiva della persona che ne viene resa oggetto.
Non esistendo alcuna base certa per poter appurare alcun elemento di predisposizione naturale, i timori di questo genere servono, tra l'altro, a giustificare differenze di trattamento che hanno come origine nostre convinzioni infondate che non hanno alcun diritto di esistere. Cioè, fin quando non abbiamo prove certe, chiare, definite, su eventuali predisposizioni naturali di una persona, presupporle significa solo discriminare quella persona e privarla di forme di aiuto che vanno riservate a tutti.
Aggiungo un'altra precisazione a proposito della complessità a cui ha fatto riferimento Jacopus. Essa può essere presa in considerazione quando si tratta di prendere provvedimenti concreti. Ma i provvedimenti concreti sono l'ultima cosa di cui discutere in una fase di studio della questione. Prima dei provvedimenti concreti c'è la comprensione della questione. Quando c'è in studio la comprensione della questione, a che serve complicare tale comprensione avanzando timori che fanno parte dei provvedimenti concreti finali? Si capisce che anche la comprensione può richiedere schemi complessi, ma esistono metodi di comprensione che hanno il vantaggio di prevenire il bullismo prima che esso si verifichi, proprio grazie alla loro chiarezza e unitarietà, senza bisogno che di tale unitarietà si debba diventare fanatici.
In altre parole, se è vero che il pericolo di riduzionismo e fanatismo su un'idea è sempre dietro l'angolo, è anche vero che la semplice consapevolezza della complessità non è certo un aiuto dei più efficaci per esplorare o intraprendere vie di comprensione.
Può essere notato come sintomatico in questo senso l'esordio di Socrate78 "voi escludete...": intraprendere una via di comprensione non significa escludere alcunché, non significa farsene fanatici, significa solo tentare di essere fattivi e mi sembra che una buona via per essere fattivi sia proprio questa: esplorare e intraprendere vie di comprensione.
Il giornalista e scrittore Roberto Gervaso dice che si deve governare con mano ferma, che diventa pugno di ferro quando l'autorevolezza non basta, e s'impone l'autorità. La quale, se mal usata, ha un solo sbocco: l'autoritarismo, frutto indigesto dell'anarchia.
Ovviamente lui si riferisce al governo nazionale, ma questa formula mi piace anche in ambito scolastico e per le bande giovanili di quartiere.
Quando non si hanno contenuti dentro di sé, e quindi non se ne hanno da dare, è ovvio che l'unica altra cosa che rimane da dare è violenza in risposta alla violenza.
L'ultimo intervento di Altamarea mi ha fatto venire in mente un memorabile film di Fellini: "prova d'orchestra". Viene descritto in forma metaforica proprio il passaggio che dice Gervaso.
A proposito della predisposizione naturale non è così semplice. Gli studi più recenti sul genoma umano e che prevedono anche il brain imaging stanno dimostrando che non è solo l'ambiente ad influenzare il nostro comportamento ma che ci sono condizionamenti biologici ed organici. Faccio solo l'esempio di un enzima: il Monoamminoossidasi-A o MAO-A. Sono stati fatti studi statistici che hanno rilevato come le persone più aggressive e sottoposte a procedimenti penali, avessero un livello di questo enzima più basso del normale e di come questo basso livello si trasmetta di generazione in generazione. Il basso livello di MAO-A è correlato a maggiore aggressività e maggior impulsività senza tener conto delle conseguenze.
E' evidente che in un ambiente molto violento e degradato è possibile che vengano premiati ed abbiano successo con le donne, proprio gli individui con basso livello di MAO-A, incrementando così la loro presenza.
Si potrebbe dire che l'ambiente produce una impronta sul patrimonio genetico di ognuno di noi, che poi resta impresso anche nel caso in cui quell'ambiente dovesse mutare velocemente, proprio perchè viene trasmesso di generazione in generazione, per via genetica ed è quindi più difficile da trasformare nella vita del singolo individuo.
Occorre sempre, secondo me, tenere presente la duplice dimensione del nostro agire, condizionato dall'ambiente ma anche dal nostro patrimonio genetico.
Sì, ma il discorso rimane lo stesso: finché non hai prove certe e chiare che quella persona specifica possieda un patrimonio genetico che le provoca ben precisi comportamenti, non puoi discriminarla e riservarle un trattamento diverso. È questo che ci costringe a dover ignorare questo fattore. Altrimenti ciò serve soltanto a tentare di giustificare i nostri pregiudizi, che si orientano col seguente criterio: se quella persona si comporta così, molto probabilmente è influenzata anche da particolari geni, dunque è bene trattarla in un certo modo. Un ragionamento del genere, in realtà, serve solo a spacciare motivazioni in realtà inesistenti per giustificare nostri comportamenti dettati dai pregiudizi che abbiamo su quella persona.
Non si tratta di pregiudizi Angelo, almeno non nel mio caso. Si tratta di conoscere come stanno esattamente le cose. Attribuire tutte le responsabilità all'ambiente è, secondo le più recenti conoscenze, inesatto. Se si vuole affrontare il problema bisogna conoscerlo, come hai detto tu stesso, altrimenti i pregiudizi li abbiamo nei confronti delle discipline che si occupano di questa materia.
Il fatto che una persona abbia una maggiore predisposizione ad atti d'ira e a voler primeggiare non significa doverla reprimere o incatenare. Abbiamo avuto la stessa esperienza con i malati mentali. Dopo la soppressione dei manicomi i malati non sono aumentati e neppure si sono dimostrati così pericolosi, ma i malati mentali sono i portatori di un disagio che ha aspetti organici e aspetti socio-ambientali.
Del resto le due dimensioni sono strettamente interrelate. Non sto dicendo che tutto dipende dal patrimonio genetico, ma dalla connessione fra patrimonio genetico e ambiente.
Citazione di: InVerno il 06 Maggio 2018, 14:21:25 PMFai bene a scandalizzarti, meno male che qualcuno lo fa ancora, il problema secondo me è che spesso e volentieri lo scandalo è portato avanti dai giornali che seguono le isterie del momento e temi sacrosanti (spesso inerenti alla violenza) vengono ingigantiti pur di vendere qualche copia in più. Questi temi (tra i quali anche il femminicidio e altri) sono sicuramente temi importanti e reali, ma non nella dimenensione che un singolo fatto di cronaca può tradurre oltre alla statistica. Ho letto cinque minuti fa che un ragazzo ha speso la sua prima paghetta per comprare un paio di scarpe ad un ragazzo meno fortunato. Dov'è il topic che denuncia il dilagante altruismo tra le nuove generazioni? Ah giusto, questo non servirebbe alla tesi "meglio prima che ora" o a denunciare qualche dilagante virus culturale che inabisserà la società nel baratro di un nuovo medioevo, quindi è carta straccia per gli strilloni, in attesa che qualche altro ragazzo faccia qualche bravata.Da mie sommarie ricerche statistiche non mi sembra che il bullismo (e qui tanto conta capire cosa si intenda per) sia esattamente un emergenza (in tutti i significati del termine), è sicuramente un tema esistente, ma a vedere che collegamenti vengono ad esso inanellati sembra che stiamo parlando dello jihadismo...Eppure il 42% di chi denuncia di esser stato vittima di bullismo dichiara di "esser stato preso in giro". Datemi una penna e disegnerò la società perfetta, ma che gli adoloscenti non si prendano in giro (e sopratutto non sia utile in qualche modo a formare se stessi)mi pare una pretesa piuttosto curiosa. Il senso della misura, ciò che i giornali volutamente omettono pur di scrivere in stampatello, andrebbe sempre protetto nel proprio ragionare.
La liberta di stampa è un bene prezioso ma non offre un informazione perfetta,bisognerebbe farsene unaragione.
L'imparzialità,l'equidistanza,non possiamo pretenderle dall'essere umano,cioè da noi stessi,cioe anche dai giornalisti.Nei casi peggiori l'imparzialità puo degenerare e dare informazioni tendenziose o lucrative,si puo giocare sul rilievo da dare a una notizia per averne vantaggi commerciali.Infine l'informazione puo essere addirittura falsa,fake news ecc..Con tutto questo,criticare la libera informazione mi sembra un esercizio inutile per mancanza di alternative a meno che non si faccia come in Cina dove non esistono fake-news per il semplice fatto che non esistono news.No fake-news,no news,va preso tutto in blocco.Il sistema per avere vera informazione però c'è ed è molto semplice: diversificare.Infatti idee o notizie prese da una sola parte non sono mai vera informazione.Piuttosto la vera informazione nasce dal confronto delle varie idee,notizie vere,false,tendenziose,ingigantite,minimizzate che siano.
Per quanto riguarda il caso di Macerata è indifferente se la notizia sia stata ingigantita o no perchè l'enormità sta proprio nel fatto in se.Titoloni giornalistici o no quei bambini c'erano davvero in piazza.Nel caso di Lucca invece si puo obbiettare che oltre a dare la notizia si è inteso dare un allarme sociale ingiustificato.Il bullismo è in aumento? Quello contro l'istituzione scolastica pare proprio di si.Quello contro i coetanei è difficile valutare ma io credo che sia il solito bullismo di sempre.Il bullismo infatti è una tara dell'essere umano e persiste nonostante il progresso sociale.
Succede allora che quando uno si sente bello sano forte intelligente,il suo ego si espande e,per assicurarsi di essere un vincente,opprime il piu debole e ossequia il piu forte.Esistono bullismi di vario genere:fisico psicologico intellettuale economico...ovviamente qui parlo di bulli anche piu grandicelli,il bullismo non ha età.Il bullo di ogni età è sempre alla ricerca di persone deboli fragili per esercitare la sua forza,gli piace vincere facile
Quando tu InVerno dici che il 42 percento dei ragazzi vittime di bullismo dichiara di essere stato solamente "preso in giro" non consideri l'aspetto piu oscuro del problema.Ci sono persone che per le vicissitudini della vita si trovano isolate e senza difese.Queste persone se attaccate e oppresse il sentimento piu grande che riescono a esprimere non è la rabbia ma la vergogna.Quindi loro stessi minimizzano.Lo stesso,quando dici che è normale che tra ragazzi ci si prenda in giro.Certo è normale e divertente prendesi in giro,ma quando si è alla pari,se l'altro è piu debole,prigioniero dei suoi problemi e della sua solitudine,non è per niente divertente.C'è chi è forte ma con una certa sensibilità per capire che è giusto smettere,limitarsi,comprendere.Altri invece che,come pescecani alla vista del sangue,invece di fermarsi si accaniscono.E'odioso opprimere altri perche piu deboli come è odioso qssequiare altri perche piu forti.
Qui mi sembrerebbe giusto tornare al bullismo anti istituzionale di oggi e qui mi rivolgo anche a Angelo C.
I bulli di oggi col loro fiuto infallibile hanno capito che la scuola soffre di permessivismo,quindi è debole e va attaccata.Se invece si tornasse al pugno di ferro come prima del '68 o magari al ventennio fascista i nostri bulletti scatterebbero subito sull'attenti pronti a riconoscere la forza del potere.Infatti che differenza c'è tra un bullo e un fascista?
Sulla libertà di stampa condivido le osservazioni di stefano.
Dissento sul fatto che il bullismo sia una tara da eliminare, eliminazione che considero un obiettivo inattuabile e perciò sbagliato.
Non capisco:
- secondo te il bullismo non è una tara, cioè non è un difetto del comportamento?
- Non può essere eliminato? Come fai a dirlo, se le notizie parlano anche di bulli pentiti?
- Anche ipotizzando che non possa essere eliminato, perché non darsi da fare ugualmente per migliorare il contesto in cui viviamo e quindi trovare ogni rimedio possibile al problema?
Il bullismo è una modalità di comportamento, non è una tara, un difetto.
Non vedo come si possa eliminare una modalità di comportamento che ha basi biologiche e sociali. Piuttosto andrebbe studiato e compreso.
La reazione al bullismo è già prevista da codici penali e amministrativi, non considero valide ed utili ulteriori sanzioni verso il bullismo. L'ulteriore disciplina, autoritarismo non è la risposta che condivido, esaspera i conflitti, facendo leva proprio sulla forza e sulla violenza che si vuole contrastare. Ordine e disciplina vanno bene come obiettivi per personalità autoritarie, rigide. Il loro campione di insegnante è ben rappresentato dal protagonista del film Class Enemy di Bicek.
Ricordo nuovamente che i giovani sono la parte più debole e fragile della società, certamente i meno responsabili del suo ordine.
Sinceramente sono più preoccupato del bullismo dell'autorità che del bullismo dei giovani verso l'autorità.
La mia risposta al bullismo l'ho già indicata: la partecipazione di insegnanti, studenti e genitori al sistema scolastico, che cerchi di migliorare l'istituzione nella sua normalità e quotidianità, puntando soprattutto sull'educazione e sulla conoscenza. Non ritengo che il bullismo sia il problema principale per la scuola italiana. Ad esempio il sovraffollamento delle classi è un problema più grave e serio.
Sul tema che stiamo dibattendo, c'è oggi sul quotidiano "Il Messaggero" un paradossale articolo (che condivido nel contenuto), di Roberto Gervaso, nella sua rubrica "A tu per tu", pubblicato col titolo "Scuola e arena". Questo è il testo:
"La scuola è cambiata. Ci si va per non studiare, ma per picchiare. Non per imparare la grammatica e la sintassi, la matematica e la fisica, il latino e il greco, le più vive delle lingue morte. A scuola non si va più per imparare. E non solo in che anno morì Giulio Cesare o nacque Carlo Magno, in che secolo si combatterono le guerre puniche o quelle di secessione. No: sui banchi si affilano i coltelli, si preparano bombe carta, si confezionano acidi urticanti. 'Mala tempora currunt' per i professori.
Docenti, in guardia. In guardia e in trincea, non in cattedra. Assalti all'arma bianca, le lezioni si svolgono, quando si svolgono, nell'incubo. I maestri indossino i giubbotti anti-proiettili, perché gli allievi, i più temerari, i più facinorosi, i più arrabbiati non guardano in faccia a nessuno.
Non passa giorno che un professore non venga messo alla gogna, preso a pugni e a calci; che non sia bersaglio d'invettive al cianuro, di umiliazioni, d'intimidazioni che ci indignano e ci fanno vergognare. Si, vergognare di essere italiani.
Il ministro della Pubblica istruzione, ribattezzato, e non certo per sua colpa, della pubblica amministrazione, fa quello che può. Ma quello che può non basta, o non basta più. Se facesse l'impossibile, ormai, rebus sic stantibus, perderebbe il suo tempo. Io non sono per la tolleranza zero, ma nemmeno per questa sfrontata intolleranza. Bisogna correre ai ripari, o siamo spacciati. Siamo spacciati noi, già spacciati dagli acciacchi e dall'anagrafe, ma sono spacciati anche i nostri figli e i nostri nipoti, e lo saranno anche le future generazioni. Il buonismo e il lassismo degli 'innovatori' e dei montessoriani ci hanno portato a questo.
Non invochiamo l'intervento dei carri armati nelle scuole, anche perché ne abbiamo pochi, e questi pochi hanno poca benzina, e la loro mole intaserebbe il traffico.
L'esercito stia in caserma, ma nelle scuole, e non solo in quelle superiori, anche inferiori, si ritorni al passato. Non a quello, barbaro, delle bacchettate sulle nocche, né a quello delle punizioni nell'angolo. Ma al passato rispettoso delle gerarchie. Quel rispetto che il più scellerato movimento studentesco della storia, il Sessantotto, ha vilipeso e cancellato. In nome di una rivoluzione culturale e sociale che ha fatto strame della cultura, ideologizzandola. Con il più torvo dei manicheismi (o sei con noi, e ubbidisci ai nostri diktat libertari o sei contro di noi, e sei fascista), che oggi farebbe ridere i polli e susciterebbe timori alla signora Boldrini. Il sessantotto ha fatto strame della cultura e della società, irridendo e svalutando il merito, sovvertendo le gerarchie.
Ma le gerarchie, nella scuola e in ogni consorzio civile e istituzionale, ci vogliono. Guai a scorbacchiare e conculcarle. Pena lo smarrimento della comunità, senza punti fermi, codici cui ispirare la propria azione.
Non al permissivismo, no ai discenti che minacciano e malmenano i docenti. No ai genitori complici irresponsabili delle bravate dei figli, del loro impunito bullismo.
Qualcuno mi darà, tanto per cambiare (ma ci ho fatto l'occhio, l'orecchio, il callo) del reazionario. Ebbene, sia chiaro una volta per tutte: se reazionario significa buon cittadino che rispetta le regole e onora le istituzioni, io sono non solo reazionario, ma ultra. Io sono un uomo d'ordine, come deve essere ogni vero progressista. Un progressista che può indossare i panni del sanculotto, pronto a scendere in piazza per demolire le bastiglie dei privilegi, e ripristinare l'ossequio ai valori e battersi per la loro intangibilità".
Attendiamo fiduciosi la risolutiva discesa in piazza del pifferaio Roberto Gervaso che farà tornare l'ordine nella scuola italiana.
La peggior retorica del giornalista tuttologo, che scrive di cose di cui evidentemente sa poco o nulla.
dal web vi propongo quest'altro documento odierno: Bullismo, psicologi in piazza per incontrare cittadini
Torna a Milano psicologi in piazza. Nel mese di maggio, in ogni municipio, saranno allestiti gazebo dove i cittadini potranno incontrare gli psicologi per chiedere consigli e orientamento.
L'iniziativa e' promossa dall'Ordinale degli psicologi della Lombardia e nel 2017 ha coinvolto 120 professionisti volontari, che hanno incontrato piu' di 1.200 persone. Quest'anno "Psicologi in zona" sara' dedicata a un tema specifico: la crescita e l'eta' evolutiva. "La cronaca e la nostra esperienza professionale ci dicono che l'eta' infantile e adolescenziale necessitano di una riflessione profonda- spiega Riccardo Bettiga, presidente dell'Ordine degli psicologi della Lombardia-. Non solo in termini di patologia, ma di evoluzione e crescita dell'individuo.
L'Ordine portera' quest'anno gli psicologi proprio nei luoghi di formazione dei ragazzi, le scuole, con l'obiettivo di incrociare i bisogni dei giovani e quelli degli adulti che se ne occupano. La psicologia puo' e deve essere un alleato di genitori, insegnanti, dirigenti scolastici, per facilitare processi di ascolto, dialogo e intervento in ottica di prevenzione e gestione di gravi situazioni di disagio".
Il 19% delle persone coinvolte nel 2017 ha segnalato i problemi dell'eta' evolutiva e il bullismo come le aree di maggiore criticita' e piu' bisognose di supporto psicologico. Al secondo posto, la questione dell'invecchiamento (14%). Da qui la scelta di dedicare l'edizione di quest'anno al tema dell'eta' infantile e adolescenziale. All'interno dei gazebo itineranti, sara' possibile incontrare i professionisti, comprendere meglio le proprie necessita' in relazione alle diverse discipline della psicologia e conoscere le diverse possibilita' di intervento psicologico disponibili sul territorio. In occasione di "Psicologi in zona", l'Ordine presenta anche due strumenti di sensibilizzazione e divulgazione di base sui temi della violenza intra-familiare e il bullismo. Il calendario delle presenze dei gazebo nei singoli municipi e' consultabile sul sito www.opl.it.
Uno spunto di riflessione che si adatta anche a questo argomento è quello dell'appiattimento delle gerarchie. In una società che oramai non è più organizzata in verticale ma in orizzontale, dove non conta più la posizione che si occupa in un ordinamento ma solo il numero in senso quantitativo, dove le proprie posizioni di pensiero o fede non possono essere sostenuto in modi troppo forti per non turbare la tranquillità di una democratizzazione sempre più indiscriminata, beh, in questo confondersi di regressioni verso la media che ha portato al conformismo più omogeneo (tatuaggi e piercing inclusi), in questa mancanza di veemenza verso ideali condivisi ed aumento di caparbietà verso gli interessi personali, in questo appiattimento totale non ci sarebbe forse troppo da stupirsi che degli individui in erba non trovino altra fonte di ispirazione se non quella primordiale di conquistarsi il rispetto con la forza e di avere come massima aspirazione quella di diventare il capo di un gruppo ristretto, come il cavallo più forte nel proprio recinto.
La trovo un'idea contraddittoria: consideri l'appiattimento delle gerarchie e l'eccesso di democrazia un contesto che impedisce di sostenere in modi troppo forti le proprie posizioni di pensiero o di fede. Mi sembra che le cose stiano al contrario: i contesti che impediscono al massimo la libertà di pensiero e di posizioni sono proprio quelli in cui le gerarchie sono più forti e rigide: possiamo pensare all'esercito, le religioni, le dittature. Al contrario, il bullismo è esattamente una manifestazione ultraforte, che giunge fino alla violenza, consentita proprio dalle garanzie offerte dalla democrazia. Possiamo anche lamentarci dell'eccessivo garantismo delle democrazie, ma considerare che l'appiattimento delle gerarchie impedisca il libero pensiero sarebbe come dire che stare al sole impedisca di abbronzarsi; semmai c'è il rischio che ti abbronzi troppo, così come l'eccessiva libertà può dare luogo al libertinismo.
Citazione di: Angelo Cannata il 09 Maggio 2018, 12:05:35 PM
La trovo un'idea contraddittoria: consideri l'appiattimento delle gerarchie e l'eccesso di democrazia un contesto che impedisce di sostenere in modi troppo forti le proprie posizioni di pensiero o di fede. Mi sembra che le cose stiano al contrario: i contesti che impediscono al massimo la libertà di pensiero e di posizioni sono proprio quelli in cui le gerarchie sono più forti e rigide: possiamo pensare all'esercito, le religioni, le dittature. Al contrario, il bullismo è esattamente una manifestazione ultraforte, che giunge fino alla violenza, consentita proprio dalle garanzie offerte dalla democrazia. Possiamo anche lamentarci dell'eccessivo garantismo delle democrazie, ma considerare che l'appiattimento delle gerarchie impedisca il libero pensiero sarebbe come dire che stare al sole impedisca di abbronzarsi; semmai c'è il rischio che ti abbronzi troppo, così come l'eccessiva libertà può dare luogo al libertinismo.
Sul fatto che la democrazia sia meglio della non-democrazia sono d'accordo con te, però due cose. La prima è che io contesto la democrazia indiscriminata che assume la forma di democrazia diretta, la quale va a sostituire la democrazia rappresentativa. Ad esempio nell'antica Roma c'erano i tribuni della plebe che mediavano fra popolo e aristicrazia. In termini moderni direi che il popolo deve votare il candidato che meglio lo rappresenta, ma non può essere il popolo a scegliere il candidato in quanto non ne ha la competenza né la capacità di giudizio. Le presidenziali sono secondo me una rovina per la democrazia. Se non diamo ai partiti nemmeno la fiducia di elleggere loro i candidati in assemblea, allora cosa ci stanno a fare ancora i partiti?
Poi come seconda cosa la democrazia è una razionalizzazione dell'idea di libertà. Ma non è l'unica forma di libertà che esiste, perché poi c'è quella rappresentata dall'energia e dalla pressione delle forze psichiche che ad ogni momento più o meno veementemente premono per uscire. Questo concetto non ha un nome convenzionale, lo si è chiamato es, volontà di potenza, rivoluzione, demone, follia. Comunque lo si chiami è il fuoco che cova sotto la cenere, è l'antitesi della forza organizzatrice della ragione. La quale ragione, per superbia, finisce col perdere il rispetto di questa sua antagonista e finisce col porre il tutto sul medesimo piano euclideo. Trascurando le dimensioni irregolari dello spirito che sono connaturate all'essenza del reale proprio come quelle della ragione. È la ragione che dunque per superbia - anche se superbia della ragione è una contraddizione in termini - trascura la lotta perenne eraclitea connaturata al mondo e non prende le giuste misure. Finisce con l'ignorare ciò che sa: che la quantità non può sostituire la qualità, che il mondo funziona meglio quando i pochi governano i molti, che il governo dei pochi non è necessariamente sinonimo di ingiustizia, che la massa composta di pari fra pari non è in grado di prendere una direzione.
Certo è meglio la democrazia, ma il valore della democrazia dipende da chi la rappresenta. E se la rappresenta la massa...
Citazione di: Angelo Cannata il 09 Maggio 2018, 12:05:35 PMLa trovo un'idea contraddittoria: consideri l'appiattimento delle gerarchie e l'eccesso di democrazia un contesto che impedisce di sostenere in modi troppo forti le proprie posizioni di pensiero o di fede. Mi sembra che le cose stiano al contrario: i contesti che impediscono al massimo la libertà di pensiero e di posizioni sono proprio quelli in cui le gerarchie sono più forti e rigide: possiamo pensare all'esercito, le religioni, le dittature. Al contrario, il bullismo è esattamente una manifestazione ultraforte, che giunge fino alla violenza, consentita proprio dalle garanzie offerte dalla democrazia. Possiamo anche lamentarci dell'eccessivo garantismo delle democrazie, ma considerare che l'appiattimento delle gerarchie impedisca il libero pensiero sarebbe come dire che stare al sole impedisca di abbronzarsi; semmai c'è il rischio che ti abbronzi troppo, così come l'eccessiva libertà può dare luogo al libertinismo.
Angelo,se non ho capito male in quest'ultimo post tu difendi il libero pensiero associandolo alla democrazia in opposizione ai sistemi autoritari.
Altrove invece dici:"la mia critica vale contro qualsiasi cosa non aiuti a vivere un orientamento di vita che faccia crescere. La democrazia rientra tra queste." C'è una discrepanza o mi sbaglio?Inoltre tu continui a insistere sulla necessità di "individuare contenuti di crescita".Potresti a questo punto dire quali sono per te questi contenuti?
Quando io faccio critica, la esercito, a seconda dei contesti, su diversi livelli. Ad esempio, potrei criticare uno storico sul modo in cui parla di Garibaldi o della democrazia. Si tratterebbe di critica storica, che quindi fa riferimento ai dati disponibili nella storia come scienza.
Le stesse cose, però, si potrebbero criticare da un punto di vista più radicale, filosofico, osservando che tutto può essere illusione: Garibaldi o il passato in sé potrebbero non essere mai esistiti, la democrazia si può considerare una contraddizione, come ogni altra cosa di questo mondo.
Questo secondo tipo di critica non sarebbe più critica storica, non servirebbe a niente contrapporre ad essa le notizie storiche che possediamo su Garibaldi o sulla democrazia.
Quando dico che la democrazia e il libero pensiero sono migliori dei sistemi autoritari, mi riferisco ad una critica di tipo storico. Storicamente è possibile infatti trovare elementi, prove, che dimostrano che i popoli democratici sono riusciti a portare avanti progressi culturali impossibili nei sistemi autoritari.
Se però cominciamo a spostare il discorso sui significati esistenziali, sulla filosofia, sulla criticabilità radicale di ogni cosa, allora anche della democrazia vengono fuori difetti, contraddizioni, mancanza di sensi, di significati.
Dunque, tutto dipende dal livello su cui vogliamo impostare il discorso, essenzialmente se vogliamo muoverci su un livello storico oppure su un livello radicale di tipo filosofico.
Purtroppo in un forum, in cui intervengono più persone con più modi di pensare, è facilissimo, perfino scontato, che i livelli si mescolino e si confondano, in maniera che non ci si capisce più e a quel punto ognuno sceglie cosa fare in mezzo alla confusione che si viene a creare.
Per quanto riguarda i contenuti, ho detto che bisogna individuarli, ma il motivo per cui bisogna individuarli è proprio il fatto che al presente non ce ne sono, come intendevo quando ho detto questo:
Citazione di: Angelo Cannata il 04 Maggio 2018, 10:30:31 AMSiamo in grado oggi di offrire a un giovane motivi validi per cui attribuire autorità ad una persona? No, non siamo in grado.
Il problema è che non solo oggi non ci sono questi contenuti, ma si coltivano atteggiamenti, modi di fare, modi di pensare, ipocrisie, che ostacolano ogni possibilità di individuare contenuti. Perciò, anche se io potrei pensare di avere dei contenuti (tra parentesi, qui è giusto il condizionale dopo il se, non ci vuole il congiuntivo), sarebbe inutile indicarli perché gli atteggiamenti, i modi di fare, i modi di pensare, le ipocrisie, li disprezzerebbero e distruggerebbero immediatamente; sarebbe insomma, usando le parole di Gesù, un dare le perle ai porci.
Per questo ciò che io propongo è il camminare, che non è un contenuto, ma un modo di fare che rende possibile l'individuazione di contenuti. Nel discorso specifico sui bulli ho parlato di camminare insieme, cercare insieme, sulla base dell'ammissione reciproca dei propri errori.
Al di fuori di un camminare non è possibile individuare contenuti e neanche parlarne, neanche se questi contenuti ci passano sotto il naso: chi non cammina è inevitabilmente cieco.
Per chi proprio volesse indagare con più pazienza, il lavoro di ricerca che io cerco di fare da una vita è proprio questo: guidare a trovare i migliori modi di vivere, che poi conducono a trovare i migliori contenuti. È possibile trovarne le linee sulla rubrica
La spiritualità e le spiritualità, presente su riflessioni.it, che ha uno scopo di maggiore concretizzazione, oppure su
spiritualita.org, in cui invece cerco di analizzare di più le basi teoriche. In altre parole, per me il contenuto essenziale che la modalità del camminare conduce ad individuare è la spiritualità.
Citazione di: baylham il 08 Maggio 2018, 11:13:25 AM
Il bullismo è una modalità di comportamento, non è una tara, un difetto.
Non vedo come si possa eliminare una modalità di comportamento che ha basi biologiche e sociali. Piuttosto andrebbe studiato e compreso.
La reazione al bullismo è già prevista da codici penali e amministrativi, non considero valide ed utili ulteriori sanzioni verso il bullismo. L'ulteriore disciplina, autoritarismo non è la risposta che condivido, esaspera i conflitti, facendo leva proprio sulla forza e sulla violenza che si vuole contrastare. Ordine e disciplina vanno bene come obiettivi per personalità autoritarie, rigide. Il loro campione di insegnante è ben rappresentato dal protagonista del film Class Enemy di Bicek.
Ricordo nuovamente che i giovani sono la parte più debole e fragile della società, certamente i meno responsabili del suo ordine.
Sinceramente sono più preoccupato del bullismo dell'autorità che del bullismo dei giovani verso l'autorità.
La mia risposta al bullismo l'ho già indicata: la partecipazione di insegnanti, studenti e genitori al sistema scolastico, che cerchi di migliorare l'istituzione nella sua normalità e quotidianità, puntando soprattutto sull'educazione e sulla conoscenza. Non ritengo che il bullismo sia il problema principale per la scuola italiana. Ad esempio il sovraffollamento delle classi è un problema più grave e serio.
Sono molto in accordo con quanto espresso. Essendo il bullismo una modalità di comportamento essa innanzitutto ha da essere compresa e chi ha il compito di educare (nel significato di "tirar fuori" le abilità e le capacità etc.) e formare -insegnanti e genitori - non possono evitare il momento della comprensione di questo fenomeno per poter attuare misure che, lungi dal rifugio in un autoritarismo che è ben capace di riproporre le stesse dinamiche poste in atto dai bulli, riescano a coinvolgere gli attori di tali comportamenti in un percorso dove ognuno possa arrivare da sè a comprendere che vi possono essere alla base di atteggiamenti bulli energie e risorse che possono essere convogliate in un progetto costruttivo di sè e di conseguenza della società. Per tutto ciò ci vuole
forse, a mio parere, innanzitutto fiducia - più che autorità, e come educatori forse rischieremo che la fiducia sia disattesa, ma anche che l'autorevolezza, orfana di imposizione, generi comportamenti meno mortificanti e percorsi ( e
forse che sia che il percorso camminato è esso stesso un contenuto? ) dove la violenza, in ogni sua forma, abbia sempre meno diritto di cittadinanza.
Citazione di: Angelo Cannata il 10 Maggio 2018, 08:19:43 AMQuando dico che la democrazia e il libero pensiero sono migliori dei sistemi autoritari, mi riferisco ad una critica di tipo storico. Storicamente è possibile infatti trovare elementi, prove, che dimostrano che i popoli democratici sono riusciti a portare avanti progressi culturali impossibili nei sistemi autoritari. Se però cominciamo a spostare il discorso sui significati esistenziali, sulla filosofia, sulla criticabilità radicale di ogni cosa, allora anche della democrazia vengono fuori difetti, contraddizioni, mancanza di sensi, di significati.
Scusami Angelo se ti faccio un appunto ma certe cose magari sarebbe meglio dirle prima,per evitare equivoci.Ora io per esempio ci ho fatto la figura di porcelletto del web al quale è meglio non gettare perle (e questo non è piacevole), ma se tu scrivi che la tua critica "vale contro qualsiasi cosa non aiuti a vivere un orientamento di vita che faccia crescere" e che "la democrazia rientra tra queste",io che non sono un filosofo posso pensare che la democrazia a te vada un po stretta e che vorresti liberartene.Comunque sono contento del chiarimento anche se tardivo.Quindi per te la democrazia in se non è sufficiente per dare contenuti di crescita e io sono d'accordo,infatti la democrazia puo solo assicurare l'esercizio del libero pensiero,non è educativa,non offre contenuti di crescita,per fortuna,altrimenti assomiglierebbe a una dittatura.
Se si vuole si possono apprezzare i suoi valori di libertà,uguaglianza nei diritti e nei doveri,ma non è obbligatorio.
E' obbligatorio invece rispettare l'autorità democratica.
Ora tornando al discorso dei bulli,tu Angelo se ho ben capito vorresti offrirgli una via di salvezza dicendogli "Caro bullo,tu hai sbagliato ma anche noi abbiamo sbagliato,questa società non offre contenuti di crescita,non sappiamo verso dove educarti,tu cosa proponi?Parliamone facciamo un percorso insieme"
Susami Angelo ma tutto questo mi sembra irreale e asettico.Posso immaginare che il bullo non si scomponga piu di tanto e ti risponda "Bene caro insegnante tu hai sbagliato,io ho sbagliato,siamo pari,tutti sbagliamo,arrivederci e grazie"
Non credi che sarebbe meglio avere una reazione piu "umana" nei confronti del bullo? Sbattergli in faccia che quello che ha fatto è odioso,schifoso,e che la dovrebbe pagare cara se non fosse che è ancora un moccioso minorenne? Qui non si tratta di uno studente che si è ribellato a un sistema perche autoritario,qui si tratta di un bullo che ha approfittato della libertà concessagli da un sistema perchè democratico.Uno che cerca i compagni piu deboli per opprimerli,proprio perche piu deboli,ottusamente,vigliaccamente.
E tutto questo perche si,in fondo anche noi sbagliamo...Io invece gli direi:sono un essere umano,non sono uno stinco di santo,ho i miei difetti,ammettiamo pure che non ho contenuti di crescita (che poi il bullo si chiederà:ma che cavolo sono questi contenuti di crescita) Ammettiamo tutto,io ho sbagliato ma tu caro bullo non solo hai sbagliato,tu fai come lo sciacallo che fiuta i punti deboli della vittima per azzannare e maciullare.Io ho sbagliato e forse c'è anche dentro di me un piccolo bullo che ogni tanto cerca di venire fuori ma so quali sono i limiti del rispetto sia nei confronti dei compagni,sia nei confronti delle istituzioni democratiche.
Non credi Angelo che prima di proporre al bullo il tuo cammino di crescita,(che sicuramente sarà molto interessante e educativo anche se non so cos'è : leggerò il tuo blog),non credi che sia meglio prima fargli sbattere il muso su quel rispetto che lui ha violato? Chi è lui per mettersi al di sopra degli altri? Non è forse educativo pretendere rispetto per gli altri,e ancora di piu per i piu deboli?
In conclusione: l'educazione è una tecnica,uno studio per indurre i giovani verso qualcosa che abbia contenuti,nel tuo caso un cammino di crescita- io sinceramente ho sempre avuto qualche dubbio su questo ma non sono un esperto e rispetto la tua intenzione.Ora però ti chiedo:questa educazione deve essere sempre cosi asettica e controllata oppure qualche volta ci vuole anche una reazione "umana" di indignazione?
Anzitutto ti chiedo scusa per aver citato quella frase pesante di Gesù; so che è molto offensiva, ho solo voluto riportare il testo così com'è. Diciamo che anch'io ho fatto un po' il bullo con la scusa di citare il Vangelo.
Per quanto riguarda il tipo di discorso che ho proposto e che tu hai citato, ciò che ho descritto è la struttura di fondo, non il comportamento in dettaglio. Cioè, la mia intenzione non è certo quella di immaginare la scena esatta del maestro, che si mette davanti al bullo e gli fa il discorsetto sul reciproco aver sbagliato. Nel concreto, il messaggio che ho descritto sarà da attuare attraverso tutta una serie di comportamenti ben pianificati, studiati, e anche con la prontezza istantanea ad aggiustare ogni cosa man mano che si procede. Si tratta di un procedimento che potrà durare anche mesi, portato avanti con le azioni più diverse che si possano immaginare. Però la struttura di fondo di queste azioni, il messaggio di fondo da voler comunicare, ritengo che debba essere questo: "Riconosco i miei errori, tu sei disposto a riconoscere i tuoi?". Se il bullo, attraverso i suoi comportamenti, intenderà comunicarmi l'"Arrivederci e grazie" che hai detto, allora sì che mi riterrò in diritto, come istituzione o come professore, a passare alla punizione, come a dire: io ti ho dato tutto, ti ho dato il mio riconoscimento di aver sbagliato, ti ho dato l'intera mia disponibilità a collaborare insieme per vedere cosa si può fare, se rifiuti questo mi vedo costretto a comunicarti un'altra cosa: non avevo alcuna intenzione di scherzare, così come tu non hai scherzato; vediamo cosa succede a far provare a te cosa significa non scherzare. Il tutto sempre con riserva di cercare altri provvedimenti che siano migliori della punizione: la punizione è e rimane comunque un fallimento del processo educativo, quindi dovrà essere sempre e comunque accompagnata dalla ricerca di cosa si possa fare di meglio.
Per quanto riguarda quella che hai chiamato "reazione più umana", non la trovo proprio ricca del meglio di ciò che è umano, per un motivo: da come l'hai descritta essa contiene un messaggio di sottofondo: "Io sono migliore di te". Questo è un messaggio micidiale, perché non esistono in questo mondo persone migliori di altre. È proprio quest'ipocrisia una della cause inconsapevoli che porta il bullo a comportarsi come tale. La procedura che ho descritto ("Io riconosco il mio sbaglio, tu riconosci il tuo?") mira invece proprio a chiarire questo malinteso: il professore deve far capire al bullo che egli, come professore, non è migliore del bullo, lo sa e vuole che se ne sia consapevoli insieme. Ovviamente scatta lo stesso meccanismo del riconoscere l'errore: così come io, riconoscendo il mio errore, pretendo che anche tu riconosca il tuo, allo stesso modo voglio vedere se capirai che anche tu non sei migliore di alcun altro.
Ciò che invece hai descritto tu non mi sembra altro, in fondo, che un dare via libera al risentimento, sulla base di sentirsi migliore dell'altro perché l'altro ha fatto il bullo e io no. In questo senso mi vengono in mente vari comportamenti di Gesù, attraverso i quali egli cercò proprio di far capire questo a coloro che si ritenevano migliori: i ladri e le prostitute vi sorpasseranno nel regno dei cieli. Nel Vangelo vengono spesso portati a modello delinquenti, ladri e prostitute, proprio per far capire che non esistono persone migliori delle altre. Esistono solo persone che camminano in maniere diverse, ciascuna in base alla storia personale e mondiale che ha alle proprie spalle, come proprio bagaglio che l'ha formato e condizionato.
Non vedo cosa ci sarebbe di asettico in tutto ciò. Controllato sì: controllato perché io voglio controllare cosa sto comunicando e anche non cadere nel tranello di diventare peggiore del bullo, rispetto al quale sono tentato di ritenermi migliore.
Invece io ti ripeto Cannata: Il tuo relativismo non mi piace affatto e distrugge ogni valore assoluto. Io voglio continuare a credere che esistano valori assoluti per cui se li seguo posso a buon diritto considerarmi migliore di chi non lo fa, adesso dimmi, non dovrei ritenermi migliore ad un mafioso, ad un usuraio senza cuore e scrupoli, ad un assassino o ad uno stupratore magari anche sadico? Peccherò di superbia, ma ritengo che sia una sana superbia, io sono migliore rispetto a questi soggetti, lo stesso Gesù che tu hai citato ha detto "Maledetti voi, via da me..." con riferimento appunto ai soggetti peggiori, bugiardi, senza amore, senza pietà, privi di compassione, come certi bulli dimostrano di essere con le loro azioni. Io credo che Gesù fosse assai meno "buonista" di come viene descritto e molto più severo e giudice.
Se pensi di poterti ritenere migliore di certe persone, significa che pensi di poter giudicare il loro cuore. Tu ti ritieni in grado di giudicare il cuore di una persona?
La risposta è SI, mi ritengo in grado quantomeno di intuire che cosa può esserci nel loro cuore, soprattutto se il male non ha circostanze attenuanti come il degrado familiare o determinate patologie. Infatti le azioni da che cosa provengono? Dal cuore appunto, lo ha detto anche Gesù: "E' dal cuore dell'uomo che provengono gli omicidi, le calunnie, la fornicazione, ecc.", quindi anche restando in ambito evangelico è ammesso giudicare il cuore in rapporto alle azioni. Infatti se si vuole il bene del prossimo non lo si diffama o peggio lo si uccide, ovvio no? Ora veniamo al problema principale, cioè ai "bulli", qualche tempo fa un gruppo di sedicenni è stato denunciato per il reato di "riduzione in schiavitù e abuso sessuale" perché per nove mesi circa aveva abusato sessualmente di un dodicenne con ritardo mentale, lo avevano costretto a fare cose umilianti incatenandolo e trattandolo come se fosse appunto uno schiavo, in tutti i sensi. I ragazzi non provenivano da famiglie povere, disagiate e sembra che a scuola non se la cavassero nemmeno tanto male. Ora, che cosa può esserci nel loro cuore? Il male, ecco che cosa c'è, anzi, per me quei bulli sono molto peggio addirittura di un pedofilo, perché un pedofilo può agire in quel modo in quanto presenta una patologia della sessualità, ma quei bulli non possono appellarsi a nessuna patologia per attenuare la gravità dei loro atti!
Di conseguenza il tuo cuore è migliore del cuore di qualsiasi bullo.
Citazione di: Angelo Cannata il 11 Maggio 2018, 11:33:41 AMNel Vangelo vengono spesso portati a modello delinquenti, ladri e prostitute, proprio per far capire che non esistono persone migliori delle altre. Esistono solo persone che camminano in maniere diverse, ciascuna in base alla storia personale e mondiale che ha alle proprie spalle, come proprio bagaglio che l'ha formato e condizionato.
Angelo,è chiaro che Gesù non ce l'avesse con ladri e prostitute cioe con persone che umanamente
e drammaticamente sbagliavano.Il bullismo non c'entra niente con il dramma di chi ha sbagliato,
è una cosa che si fa per gioco,agevolmente,gratuitamente.Se paragoni il bullismo alla semplice
delinquenza giovanile allora credo proprio che lo stai sottovalutando.Come dice Socrate78 qui
non ci sono attenuanti perche si tratta di pura oppressione umana.Ed è anche vero che il bullismo
non è una forma di disadattamento sociale,da curare,ma al contrario una forma di super adattamento.
Il bullo infatti sa bene cosa gli serve per vivere:opprimere il piu debole e ossequiare il piu forte.
Lui sa che seguendo questa semplice regola non avrà mai nessun problema.Il bullo è si,antisistema,nel
senso che va contro il sistema dell'uguaglianza democratica ma non è un antisociale.Lui sa che questo
sistema si puo facilmente aggirare e trarne vantaggi per se.E' una socialità,la sua,fatta di ossequio
e oppressione,che trova molti riscontri purtroppo nella realtà di tutti i giorni anche al di fuori
delle aule scolastiche.Il bullismo opprime e soprattutto lo fa con chi si trova senza difese perche
isolato.Chi si trova in queste drammatiche condizioni è costretto a subire l'oppressione dei bulli
che si coalizzano con grande facilità perchè socialmente molto adattabili.
Il bullo infatti riesce precocemente a capire tutto cio che c'è di peggio e quindi di vantaggioso
nella socialita umana.Cercare attenuanti,spostare la colpa sul sistema sociale qui non ha nessun senso.
Che la socialità umana abbia dei lati oscuri lo sappiamo tutti ma a nessuno è permesso giocare al massacro,
se uno sceglie per opportunismo di essere il peggiore è una responsabilità tutta sua.
Ora,Angelo,secondo il tuo ragionamento,se io fossi perseguitato da un bullo non avrei nemmeno il
diritto,sempre che ne fossi in grado, di provare risentimento perche già questo sarebbe la prova
che io mi sento migliore di lui e quindi sarei un ipocrita.Oppure,faccio un altro esempio.
Mettiamo che il perseguitato sia mio fratello,sarebbe naturale per me essere preso e magari accecato
dal risentimento.Ma tu mi diresti:"non va bene dare il via libera al risentimento,questa è la prova che
tu ti senti migliore del persecutore,quindi sei un ipocrita"
Questo è quello che intendo per "asettico":squalificare il risentimento della vittima e di suo fratello
perche visti solo dal tuo punto di vista tecnico-educativo.Anche l'educatore è fratello della vittima
(o no?)e dovrebbe anche lui avvertire questo risentimento,anzi dovrebbe avvertirlo tanto forte da farlo
sentire anche al persecutore.Proprio questo dovrebbe essere il punto di partenza di un percorso
educativo:il risentimento della vittima.Il tuo percorso educativo invece partirebbe da una sorta di
assoluzione iniziale,asettica,che mette sullo stesso piano l'oppressione e il risentimento.
Non si possono fare giochetti,non si puo arrivare a considerare oppressore e oppresso come vittime
l'uno dell'altro(perche è questo in definitiva quello che stai facendo).
Non si possono fare giochetti coi sentimenti umani,il risentimento di un oppresso non ha niente a che vedere
con la presunzione del fariseo che giudica gli altri per sentirsi migliore.
E'qualcosa di profondo,una condanna nascosta,soffocata,che chiede di avere voce.Nessuno puo assolvere l'oppressore.
Solo la vittima lo puo fare se lo vorrà altrimenti avrà tutto il diritto di condannarlo.E di questa
condanna bisognerà tenerne conto.Non è vero che "ci sono solo persone che camminano in modo diverso",ci sono anche persone che impediscono
ad altre di camminare.
In sostanza anche tu, come, a quanto sembra, Socrate78, ritieni che il tuo cuore sia migliore del cuore di qualsiasi bullo?
Vi voglio far leggere sul bullismo un articolo scritto dall'arcivescovo di Chieti-Vasto e pubblicato domenica scorsa, 13 maggio, sul quotidiano "Il Sole 24 Ore.
Il titolo dell'articolo è: "Bullismo, si impone un esame di coscienza per tutti".
La cronaca recente ci ha abituati al ritorno di una parola, che vorremmo non dover utilizzare mai: bullismo. Il termine sta a indicare i comportamenti verbali, fisici e psicologici di sopraffazione. Si tratta di comportamenti reiterati nel tempo, che un individuo o un gruppo di individui mettono in atto a danno di persone più deboli: proprio così il bullismo è segno e prodotto di una triplice forma di fragilità.
La prima è quella della vittima e può collegarsi a caratteristiche personali, sociali o culturali, per le quali il protagonista dell'atto di sopraffazione si sente più forte del suo bersaglio, libero di agire a suo piacimento e per suo interesse a danno di altri. Dall'offesa alla minaccia, dall'esclusione dal gruppo alla calunnia, dalla presentazione negativa e caricaturale della vittima all'appropriazione indebita di oggetti che le appartengono, fino alla violenza fisica e alla costrizione esercitata sull'altro perché compia atti contrari alla propria volontà, le espressioni del bullismo sono tante e diverse.
Tutti questi comportamenti presuppongono nel colpevole il convincimento che la vittima non sia in grado di difendersi o di reagire in maniera corrispondente al male intenzionalmente arrecatole. Alla base degli atti di bullismo c'è, dunque, la percezione di un'asimmetria della relazione, che crea in chi li compie una falsa percezione di impunibilità, di presunzione di forza e di dispotismo, nella scelta tanto dei tempi come dei modi degli atti di sopraffazione su chi è o appare più debole. Naturalmente, la fragilità della vittima può essere del tutto inconsapevole nella sua origine, legata a fattori psicologici o di educazione o a minore vigore fisico e più lente capacità reattive. Tutto questo porta spesso chi è vittima di bullismo a vergognarsi di ciò che subisce e di conseguenza a non farne parola, specialmente con chi potrebbe intervenire a sua protezione, come genitori, docenti o educatori. L'introiezione della violenza subita è però il fattore che sulle lunghe può creare il maggior danno nella vittima, perché ne indebolisce l'autostima e può spingerla col tempo a reazioni incontrollate, dannose per sé e per gli altri.
Alle forme di sopraffazione, poi, si aggiunge oggi quella che viene chiamata "cyber-bullismo" o "bullismo elettronico", attuato mediante messaggi molesti inviati alla vittima tramite sms, o in fotografie e filmati di azioni o momenti in cui non desidera essere ripresa, spediti ad altri e immessi in rete per diffamarla, minacciarla o crearle isolamento e disagio. Tutto quest'insieme di azioni e reazioni rivela l'altra dimensione di fragilità che entra in gioco nel bullismo: quella del colpevole. Chi mette in atto azioni da bullo è spesso una persona psicologicamente immatura, che cerca autogratificazione e affermazione di sé in comportamenti sopra le righe, dove la violenza espressa è per lo più inversamente proporzionale alle risorse morali e spirituali del protagonista.
Definire vigliaccheria l'azione di bullismo è solo parzialmente giusto: spesso, motivazioni di quel comportamento sono l'insicurezza, la paura, il senso di inadeguatezza di fronte alle sfide della vita, oltre che l'incapacità di percepire l'agire buono e onesto come espressione di forza interiore, positiva per sé e per gli altri, incommensurabilmente più ricca della violenza espressa nell'atto di sopraffazione sul più debole. La fragilità di chi compie atti di bullismo va perciò attentamente considerata, perché manifesta spesso vere e proprie patologie, specialmente psicologiche, in particolare nel campo degli affetti e delle emozioni, che vanno curate più che punite, e in ogni caso richiedono un attento processo rieducativo.
L'aiuto maggiore che si può offrire a chi si comporta da bullo è fargli prendere coscienza della propria debolezza, aiutandolo a percepirne la gravità, come l'urgenza di trovare vie di superamento e di crescita. Solo portando il protagonista di azioni di bullismo a un'adeguata presa di coscienza della propria fragilità lo si potrà aiutare ad uscirne: aiuto, questo, che esige un'interazione fra attori ed agenzie educative e implica il coinvolgimento della famiglia, della scuola, del mondo dell'associazionismo e dell'intero contesto sociale.
È qui che va considerata una terza, decisiva fragilità: quella del contesto in cui vengono messi in atto comportamenti da bullo. Le agenzie educative risultano non di rado ignave di fronte a fenomeni di bullismo: chi avrebbe autorità e responsabilità per intervenire, spesso non lo fa, preferendo sminuire la valutazione della gravità del fenomeno per timore o per un malinteso presupposto di tolleranza nei confronti del colpevole. Così, genitori che preferiscono prendere le parti di chi si macchia di atti di bullismo per semplice partito preso a favore dei figli, o docenti che non vogliono avere o creare grane a nessuno, o educatori incapaci di intervenire con la necessaria autorevolezza, contribuiscono a determinare la fragilità dell'ambiente sociale in cui il bullismo può emergere e prosperare.
Questa terza forma di fragilità è forse la più pericolosa, perché è quella che crea più ostacoli al superamento del fenomeno e alla sua cura opportuna. Non di rado, il bullo percepisce l'atteggiamento di deresponsabilizzazione e di ignavia di chi dovrebbe e potrebbe educarlo come elemento a suo favore, sentendosene avvantaggiato e perfino stimolato a giustificare il suo "delirio di onnipotenza". Da parte della vittima, poi, la percezione dell'impunità del colpevole dovuta a un clima di ignavia e di disimpegno può aggravare enormemente il proprio senso di fragilità e di fallimento di fronte alle sfide delle relazioni e in generale della vita. Chi tace davanti al male è almeno colpevole quanto chi lo mette in atto: il bullo prepotente interpreta l'altrui silenzio come implicita complicità e ne ricava alimento per il proprio agire violento. Lo spettatore passivo, che partecipa all'evento senza prendervi parte per ignavia o paura, finisce con l'essere corresponsabile della fragilità collettiva di fronte al male che viene compiuto. L'incapacità della folla di reagire ad atti di violenza in pubblico denuncia un declino tanto della sensibilità emotiva quanto della capacità reattiva, che finisce col favorire o comunque consentire il bullismo.
Nessuno, insomma, può sottrarsi al dovere di vigilare su questa fragilità collettiva e di operare sia a livello di prevenzione e di educazione, che nel possibile frangente di pericolo, perché la legge della forza non abbia a prevalere sulla forza della legge e sul dovere del rispetto della dignità di ogni persona. Il campanello di allarme ci riguarda tutti e diventa interrogativo inquietante e stimolo cocente a un esame di coscienza tanto sulle risorse etiche e spirituali, personali e collettive, quanto sulle fragilità di ciascuno in rapporto al proprio impegno, al senso ultimo della vita e alla responsabilità verso il bene comune.
Scusami, ma chi l'ha detto che il bullo è "fragile" e persino malato? Dal punto di vista logico è proprio l'affermazione ad essere assolutamente fragile, non certo il bullo! Infatti in che cosa consisterebbe tale fragilità? Non è detto chiaramente, viene ripetuto solo all'infinito ciò che viene detto da psicologi, psichiatri e similari, ma qui secondo me vale il detto secondo cui se si ripete una bugia mille volte ecco che diventa una dogmatica verità. Il bullo cerca autogratificazione e allora? Tutti in fondo cerchiamo autostima e autogratificazione, ma non per questo facciamo del male, quindi il fatto che agiscano per ottenere autostima e piacere personale non è affatto un attenuante che li rende deboli, ma anzi è un aggravante! L'affermazione si fonda sul principio d'autorità, non sulla ragione pura: infatti il pseudo-ragionamento è questo: se gli psichiatri definiscono il bullo come fragile allora lo è. Io però non mi accontento di ripetere ciò che gli strizzacervelli dicono, voglio indagare con la mia testa e secondo me esistono bulli davvero fragili per estrazione sociale ma altri che sono solo arroganti, provenienti da buone famiglie e magari pure bravi a scuola, che meriterebbero punizioni anche corporali o addirittura la galera se proprio devo essere sincero! Quest'atteggiamento del bullo fragile dà origine ad un buonismo vomitevole, vedo già una marea di psicologi e insegnanti dire: "Povero bullo fragile, povero caso umano", mentre il vero caso umano, la vittima che magari giunge ad ammalarsi di depressione o anoressia, viene magari trascurata. Se un bullo che poi è di fatto un criminale che giunge a molestare sessualmente, a scatenare risse, a ricattare, viene solo considerato "fragile" egli se ne accorgerà e si sentirà autorizzato a fare peggio.
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Maggio 2018, 07:57:37 AMIn sostanza anche tu, come, a quanto sembra, Socrate78, ritieni che il tuo cuore sia migliore del cuore di qualsiasi bullo?
Io non mi sento migliore,mi sento offeso.Sono offeso per quello che il bullo ha fatto a mio fratello
come per quello che potrebbe fare a me se mi trovassi in condizioni di isolamento e senza difese.Non mi interessa di essere migliore di un bullo ma lo odio per quello che ha fatto e dico che è giustoche ne paghi il prezzo.Se Dio mi dicesse che il bullo è dieci volte migliore di me gli risponderei:"va bene,però il bullo deve pagare per quello che ha fatto e se è dieci volte migliore,allora devepagare dieci volte di piu".Migliore o peggiore è un discorso che non ha senso,siamo tutti uguali,ma èil bullo che lo deve imparare,non io.
La mentalità del "fargliela pagare" è la vecchia, barbara, mentalità di reagire alla violenza con altra violenza. Si tratta di un modo di fare che da quando il mondo esiste non ha fatto altro che confermare la barbarietà della natura in cui vige la legge del più forte. Che cosa hai ottenuto dopo che "gliel'hai fatta pagare"? Il bullo è rimasto bullo, non ha capito niente né del suo errore né delle prospettive verso cui dovrebbe orientarsi, semmai ha aggiunto odio verso chi gliel'ha fatta pagare. I giustizieri ancora peggio, perché hanno rinforzato nel loro cuore l'ipocrisia di sentirsi migliori, di poter usare violenza senza bisogno di chiedersi il perché, di essere in diritto di usarla.
Invece bisogna avere uno scopo e lo scopo è che il bullo cambi, cambi le sue idee, il suo livello di maturità, le sue sensibilità, le sue prospettive, i suoi ideali, cambi mentalità. Il cambiamento non glielo dai facendogliela pagare, ma portando avanti modi per educarlo. Questi modi potranno anche fallire, ma almeno avrai tentato di migliorare il mondo, cosa che con il farla pagare è garantito che viene invece ostacolata.
Quindi il problema va posto in questi termini: primo: abbiamo tutti necessità di cambiare, progredire, arricchire le nostre mentalità. Secondo: per farlo ci vuole attività educativa. Terzo: quali attività educative, come singoli e come società, possiamo mettere in atto per favorire il progresso delle mentalità?
Una volta impostato così il problema ci si stacca finalmente dal livello biologico del fargliela pagare e si passa al livello superiore del crescere, crescere tutti, vittime, bulli e società intera.
Alcune settimane fa sono venuto a conoscenza di un episodio di bullismo.
Io considero questo ragazzo un mio maestro di spiritualità, io non sarei stato capace di reagire con un animo così ricco, nobile e profondo; ho un'infinità di cose da imparare da lui:
Inghilterra: un branco di bulli lo picchia, lui scrive un post su Facebook: "Le vere vittime siete voi"Qui il suo messaggio originale in inglese.
Io, mi dispiace, ma resto dell'idea che i bulli debbano essere sanzionati per quello che fanno, il perdono a tutti i costi funziona solo in un mondo ideale, in cui nemmeno il bullismo per definizione esisterebbe. Non è detto che il bullo se viene punito non rifletta sulle sue azioni, ma è possibile che se venga sempre perdonato egli continui e perseveri nel suo agire lesivo, allora secondo questa legge del perdono incondizionato nemmeno più le sanzioni stabilite dalla legge dovrebbero esistere, visto che non si deve per definizione giudicare nessuno. Non esisterebbero più reati, né tribunali. Almeno se il bullo è punito severamente viene messo, finché dura quella sanzione, nella condizione di non nuocere, ma se lo si perdona a prescindere questo non accade e forse si fa pure beffe di te. Prendiamo l'esempio del gruppo di teppisti che ha aggredito il ragazzo: secondo te, Angelo, se leggono ciò che ha scritto si ravvedono? Secondo me sarebbe ingenuo crederlo, è possibile ed anzi secondo me probabile che ci ridano sopra e continuino con la loro condotta prepotente e barbara. E poi, una soluzione ad un problema (in questo caso il bullismo) non è detto che sia efficace solo perché è "gentile", o sbaglio?
Le societa' si sono sempre dotate di reazioni contro chi commetteva atti "negativi". La ricetta tradizionale vuole che al male si risponda con il male: e' la logica "retributiva" gia' divulgata da un famoso passo della Bibbia. Da allora pero' ne abbiamo fatta di strada. Voler restare a quel modello e' indice di qualche malfunzionamento sociale. E' evidente e ormai verificato che laddove le pene sono miti i reati sono in percentuale minore.
Nel caso di un bullo, chiamiamolo Donald, avere un diritto sanzionatorio mite non significa "perdonare". Donald dovra' svolgere delle attivita' riparative e formative che siano in grado di rimodellare i suoi comportamenti e prima ancora le sue credenze e i suoi ideali. Metterlo in galera rientra esattamente nel suo modello di mondo, ma la sua condanna serve soprattutto alla sete di vendetta della societa'. Forse con la privazione della liberta si puo' ottenere qualcosa anche dal bullo, ma nel migliore dei casi sara' un soggetto represso e pronto ad esplodere in una fase problematica della sua vita. Ad esempio una alternativa e' la riconciliazione con la vittima, che quando la vittima lo consente ha un valore catartico e di cambiamento grandissimo, incomensurabile rispetto ad una condanna. Ma come ho gia' scritto ogni persona ed ogni bullo e' una storia a se'. Non e escluso che in certi casi piu' difficili e minati da multiproblematicita' non vi siano alternative alla carcerazione. Ma anche in questo caso occorre tener presente il costo del carcere in termini di stigma, di apprendimento di una carriera delinquenziale che potrebbe rendere quel soggetto ancora piu' pericoloso.
Ancora una volta echeggia il motto di "Canetti": o ci salviamo tutti o non ci salviamo". Il percorso contro il bullismo e' un percorso che ci riguarda tutti e va fondato ad esempio in una distribuzione piu' equa delle risorse culturali, visto che la violenza e' spesso associata alla deprivaziond culturale. Il discorso si fa lungo.
Non c'è da meravigliarsi che ciò che ho proposto sia stato frainteso: infatti nella società massificata e banalizzata il perdono ha anch'esso un significato tra i più banali: dimenticare. Ma il perdono non può essere un dimenticare, perdono è educare e riconsiderare il passato. Il passato non va e non può essere dimenticato. Non ho parlato di inerzia, di non fare nulla, di reagire al bullo con una pacca sulla spalla dicendogli che lo perdoniamo e non se ne parla più. Ho parlato di educare. Mi pare che non dovrebbe esserci bisogno di spiegare cosa significa questa parola.
Citazione di: Angelo Cannata il 17 Maggio 2018, 21:38:32 PM
Alcune settimane fa sono venuto a conoscenza di un episodio di bullismo.
Io considero questo ragazzo un mio maestro di spiritualità, io non sarei stato capace di reagire con un animo così ricco, nobile e profondo; ho un'infinità di cose da imparare da lui:
Inghilterra: un branco di bulli lo picchia, lui scrive un post su Facebook: "Le vere vittime siete voi"
Qui il suo messaggio originale in inglese.
Se è cosi che quel ragazzo ha detto io non posso che rispettarlo e tenermi il risentimentotutto per me perche lui è abbastanza forte da superare il trauma dell'aggressione.Infatti qui si tratta di un'aggressione,a quanto si puo capire il branco ha colpito alla cieca,non sapeva chi era lui,non era stato individuato come vittima.Cosi è comprensibile che lui abbia rifiutato il ruolo di vittima e anzi lo abbia rigettato sui suoi aggressori dicendogli "le vere vittime siete voi"D'accordo,è una mia interpretazione,ma secondo me per rifiutare il ruolo di vittima lui si èposto al di sopra dei suoi aggressori,e questo è comprensibile.Nessuno accetta il ruolo di vittima,questo è molto importante da considerare.Il bullismo propriamente detto invece comprende oltre all'aggressione anche l'oppressionee l'individuazione di una vittima.Opprimere è una cosa molto piu grave dell'aggressione cioeè un'aggressione ripetuta e,nel caso del bullismo totale,mirata all'annientamento di qualcuno che si conosce e che viene scelto come vittima.Qui si scopre il lato piu oscuro del problema:l'ho gia detto ma visto chenon si vuol capire lo ripeto.La vittima del bullismo sa di essere vittima,di essere stato sceltocome vittima perche isolato e senza difese,tutto questo è troppo umiliante da sopportare,tanto daarrivare alla rimozione di tutto il suo risentimento.Nessuno accetta il ruolo di vittima ma lui èstato costretto ad accettarlo,lui non si puo permettere di dire "le vere vittime siete voi"Si capisce ora la differenza che ci puo essere tra un'aggressione e un caso di bullismo totale? Ora tu Angelo forse pretendi che anche in questo caso la vittima ti dicache "le vere vittime sono loro"? Non credo che se,per sua fortuna,riuscisse a esprimere tutto quelloche ha dentro,lo scieglieresti come maestro di spiritualità.Lui ti direbbe cose molto dure,saresti capace almeno di rispettarle?Sinceramente non capisco perche continui a sottovalutare le coseguenze di una simile oppressione e umiliazione.Citazione di: Angelo Cannata il 18 Maggio 2018, 07:49:37 AMNon c'è da meravigliarsi che ciò che ho proposto sia stato frainteso: infatti nella società massificata e banalizzata il perdono ha anch'esso un significato tra i più banali: dimenticare. Ma il perdono non può essere un dimenticare, perdono è educare e riconsiderare il passato. Il passato non va e non può essere dimenticato. Non ho parlato di inerzia, di non fare nulla, di reagire al bullo con una pacca sulla spalla dicendogli che lo perdoniamo e non se ne parla più. Ho parlato di educare. Mi pare che non dovrebbe esserci bisogno di spiegare cosa significa questa parola.
Tu invece fraintendi o meglio ignori quello che io ho detto e cioe che il punto di partenza di un percorsoeducativo dovrebbe essere proprio il risentimento rimosso della vittima.
Mi sembra che tu ti riferisca all'aggressione psicologica che si viene a verificare nel caso del bullismo; aggressione che consiste nel privare la vittima delle sue consapevolezze, consapevolezza delle sue risorse, le sue forze, la sua dignità, le sue possibilità, la sua capacità di coraggio, di agire.
Mi sembra pure che tu attribuisca l'acquisizione di queste consapevolezze al risentimento, più o meno come quando in un esercito si fa leva sullo spirito di gruppo, l'autoincitamento, il mostrare i muscoli, tutto un insieme di gesti che hanno l'effetto di rendere i soldati più efficienti.
Bisogna vedere qui il tipo di efficienza che andiamo cercando. Nell'esercito si cerca l'efficienza nell'uccidere, annientare il nemico, e i risultati si vedono: dopo la vittoria si viene a creare una società che ha acquisito la consapevolezza di quanto sia importante uccidere e annientare i nemici. Se è questo il tipo di società che ci poniamo come fine, non posso che darti ragione.
Io mi pongo come fine una società che possieda il massimo di capacità di crescita in tutte le direzioni. L'impero romano, specialista nel conquistare, uccidere, annientare, dominare, finì sopraffatto da intrighi, disonestà, brame di potere, vuoto di cultura intellettuale.
Dunque, se è di consapevolezza che vogliamo armare la vittima, bisogna decidere di quale tipo di consapevolezze pensiamo di arricchirla, dotarla, armarla. Tu pensi che il risentimento sia un'ottima risorsa affinché ogni vittima si arricchisca delle migliori consapevolezze che la aiuteranno a non farsi sopraffare e soprattutto ad avviare le migliori crescite in sé stessa?
Su questo non mi sembra che ci sia gran che da discutere, perché proprio la psicologia ha molto da dire in proposito. Non è certamente il risentimento la migliore arma in mano alla vittima del bullismo. Il risentimento ti dà solo la logica di reagire alla violenza con altra violenza.
Ciò che dà risorse, consapevolezza, forze, ciò che dà tutto il meglio che ci è possibile raggiungere è il lavoro di educazione, formazione, da fare per tutti, come ho già detto, vittime, bulli, società. Non ci sono altre vie, men che meno la via del risentimento.
Angelo ha scritto:Citazioneil perdono non può essere un dimenticare, perdono è educare e riconsiderare il passato. Il passato non va e non può essere dimenticato. Non ho parlato di inerzia, di non fare nulla, di reagire al bullo con una pacca sulla spalla dicendogli che lo perdoniamo e non se ne parla più. Ho parlato di educare.
Chi dovrebbe educare è capace di educare il bullo ? Nei nostri post finora è mancato il "convitato di pietra": il counselor, capace di relazione interpersonale, che offre al "reo" un percorso di consapevolezza, valorizzando i suoi punti di forza. Nella canzone "Azzurro" Adriano Celentano si lamentava di non trovare nemmeno "un prete per chiacchierar". Proprio il chiacchierar dei fondamentali della vita, per esempio con un prete che ha avuto un percorso di formazione pastorale ma anche psicologica, è importante per il "deviante" disponibile all'ascolto. Counseling significa "relazione di aiuto". E' evidente che in tal senso la Chiesa cattolica ha millenaria esperienza, anche come agenzia educativa. Ma di solito il clero, in particolare il vecchio clero, all'interpersonale relazione pastorale non sa aggiungere le tecniche comunicativo-relazionali, non ha la capacità di ascolto, l'empatia.
Uno dei motivi dell'autosfiducia di questa società verso sé stessa, che ha portato a tante reazioni distruttive, tra cui il bullismo, è stato proprio l'ipocrisia di ritenersi capaci, capaci di educare, di essere superiori in qualcosa, indotti dal ruolo a trascurare o a nascondere i propri errori e limiti.
Perciò è inevitabile oggi concludere che tutti abbiamo l'obbligo di essere educatori e tutti l'obbligo di ammettere la nostra incapacità ad esserlo. Non ci possiamo sottrarre, né all'uno né all'altro obbligo, perché non esistono, non sono mai esistiti maestri ed educatori che non avessero le loro ipocrisie e non sono mai esistite persone che potessero ritenersi esenti dal dover dare il loro contributo a educare.
Non esistono padri che non abbiano l'obbligo di ammettere di essere anche fratelli, cioè persone che hanno anch'esse bisogno di imparare e correggersi.
In questo senso anche qualsiasi agenzia educativa, qualsiasi counselor, qualsiasi aiutante, qualsiasi Chiesa, deve fare lo stesso, adempiere ai due obblighi che ho detto.
Citazione di: Lou il 10 Maggio 2018, 18:53:04 PM
Citazione di: baylham il 08 Maggio 2018, 11:13:25 AM
Il bullismo è una modalità di comportamento, non è una tara, un difetto.
Non vedo come si possa eliminare una modalità di comportamento che ha basi biologiche e sociali. Piuttosto andrebbe studiato e compreso.
La reazione al bullismo è già prevista da codici penali e amministrativi, non considero valide ed utili ulteriori sanzioni verso il bullismo. L'ulteriore disciplina, autoritarismo non è la risposta che condivido, esaspera i conflitti, facendo leva proprio sulla forza e sulla violenza che si vuole contrastare. Ordine e disciplina vanno bene come obiettivi per personalità autoritarie, rigide. Il loro campione di insegnante è ben rappresentato dal protagonista del film Class Enemy di Bicek.
Ricordo nuovamente che i giovani sono la parte più debole e fragile della società, certamente i meno responsabili del suo ordine.
Sinceramente sono più preoccupato del bullismo dell'autorità che del bullismo dei giovani verso l'autorità.
La mia risposta al bullismo l'ho già indicata: la partecipazione di insegnanti, studenti e genitori al sistema scolastico, che cerchi di migliorare l'istituzione nella sua normalità e quotidianità, puntando soprattutto sull'educazione e sulla conoscenza. Non ritengo che il bullismo sia il problema principale per la scuola italiana. Ad esempio il sovraffollamento delle classi è un problema più grave e serio.
Sono molto in accordo con quanto espresso. Essendo il bullismo una modalità di comportamento essa innanzitutto ha da essere compresa e chi ha il compito di educare (nel significato di "tirar fuori" le abilità e le capacità etc.) e formare -insegnanti e genitori - non possono evitare il momento della comprensione di questo fenomeno per poter attuare misure che, lungi dal rifugio in un autoritarismo che è ben capace di riproporre le stesse dinamiche poste in atto dai bulli, riescano a coinvolgere gli attori di tali comportamenti in un percorso dove ognuno possa arrivare da sè a comprendere che vi possono essere alla base di atteggiamenti bulli energie e risorse che possono essere convogliate in un progetto costruttivo di sè e di conseguenza della società. Per tutto ciò ci vuole forse, a mio parere, innanzitutto fiducia - più che autorità, e come educatori forse rischieremo che la fiducia sia disattesa, ma anche che l'autorevolezza, orfana di imposizione, generi comportamenti meno mortificanti e percorsi ( e forse che sia che il percorso camminato è esso stesso un contenuto? ) dove la violenza, in ogni sua forma, abbia sempre meno diritto di cittadinanza.
Ah sì? E perché, fin'ora, come si è operato, di grazia, potrei saperlo? Il Buonismo è fallito, ora cosa facciamo, si può essere ancora più buonisti? Credo di sì. Credo che chi segue una certa mentalità di sinistra non sia più capace di vedere limiti, (come si evince dai commenti di Cannata, di Jacopus e dai quasi a mio avviso deliranti commenti di baylham), pertanto continuerà a sbattere la testa contro i muri, si vedrà sanguinante e rintontito e continuerà a sostenere che i muri sono una creazione della mente, finché non morirà a causa dei ripetuti traumi cranici.
Di tale sfacelo è indicativo già il solo fatto che ci riferiamo a questi deprecabili episodi definendoli con un eufemismo: "bulli", "bullismo", quando dovrebbero essere chiamati per quello che sono in realtà: degli atti di teppismo, di delinquenza minorile.
Mi sembra strano che un delinquentello debba essere "educato" a scuola da un insegnante. Sarebbe un po' come catturare uno dei latitanti capi mafia pluriomicidi e invece di assicurarlo nella cella di un carcere lo si invita a frequentare un corso di spiritualità e di cultura generale (magari tenuto da Angelo Cannata :D ); insomma, non solo non verrebbe punito ma gli si regalerebbe uno svago a spese della collettività con la speranza che possa prendere coscienza del male procurato, pentirsi, pagare in qualche modo il male causato alle sue vittime e redimersi. Mah, sarà... Sarà che voi di mentalità di sinistra vedete molto ma molto lontano, oltre, appunto, ogni limite logico e reale.
" I ladri e le prostitute vi sorpasseranno nel regno dei cieli. "; vero, Gesù pronunciò queste parole, ma in un'ottica un tantino diversa dalla tua interpretazione; si riferiva ai ladri e alle prostitute che si sarebbero pentiti; nello stato di pentimento sono migliori di chi non ruba, non si prostituisce ma che magari pecca con calunnie e cattiverie di vario genere credendosi migliore di un ladro o di una prostituta. Gesù voleva dimostrare che possiaamo scivolare tutti nel male, nel peccato, che si può uccidere e ferire fisicamente una persona, ma si può uccidere e ferire mortalmente anche con le parole ed il comportamento, come fanno i "bulli". Il bullo non è meno colpevole di un ladro, entrambi causano danni ad altri. Poi, come dice Socrate78, se io mi impegno ed ho lavorato su me stesso per essere una persona per bene, sono e devo sentirmi migliore, altrimenti non ci sarebbe neppure la voglia, il desiderio di essere migliori; a che pro? Posso lasciarmi corrompere, ho tutto da guadagnarci, perché decido di rimanere integerrimo e leale? Per un senso di giustizia e lealtà che riconosco ed ho coltivato in me, di cui vado fiero, dunque mi sento migliore di uno che si corrompe con 30 denari.
Se lasciamo passare l'idea che siamo sempre tutti uguali si attenua anche l'impegno ad essere migliori perché si è portati a giustificare tutto, al lassismo. E concludo citando a propossito le parole di Socrate78 che condivido.
"Quest'atteggiamento del bullo fragile dà origine ad un buonismo vomitevole, vedo già una marea di psicologi e insegnanti dire: "Povero bullo fragile, povero caso umano", mentre il vero caso umano, la vittima che magari giunge ad ammalarsi di depressione o anoressia, viene magari trascurata. Se un bullo che poi è di fatto un criminale che giunge a molestare sessualmente, a scatenare risse, a ricattare, viene solo considerato "fragile" egli se ne accorgerà e si sentirà autorizzato a fare peggio."
Elia, scusa, ma trovo molte improprietà in ciò che hai scritto.
Anzitutto il tono: iniziare con "Ah sì?", "di grazia", significa già in partenza usare sarcasmo, il che, tanto per rimanere in argomento, può essere considerato proprio una forma di bullismo, cioè un tentativo di intimidire gli interlocutori minacciandoli di esporli al ridicolo, attraverso il sarcasmo, nel caso in cui non aderiscano alle tue opinioni.
La parola "buonismo" significa già in sé una cosa negativa, quindi dire che è fallito significa non dire niente: lo si chiama buonismo proprio perché lo si considera fallimentare già a priori.
Non vedo cosa c'entri col discorso l'essere di destra o di sinistra: a che serve inserire nella discussione illazioni politiche?
Se uno muore sbattendo la testa su un muro, questa non è affatto una dimostrazione che il muro esiste. È la vecchia mentalità di pensare di poter argomentare attraverso la violenza o attraverso comportamenti, ma né l'una né gli altri possiedono forza argomentativa: come argomentazioni si demoliscono in un attimo.
Mostri un concetto molto povero e banale di cosa significhi "educare": non si riduce certamente ad invitare a un corso. Ci sono un mare di azioni che è possibile porre in atto per educare. L'educare è un cammino che si progetta, si studia, si organizza, vi si collabora, lo si corregge dopo averlo iniziato, si coinvolgono vari tipi di persone, anche indirettamente. Altro che sbrigarsela con un invito a un corso.
Per quanto riguarda la frase di Gesù che hai citato, la tua interpretazione non rispetta il testo. Sia di Gesù che di tutti quelli che concorsero alla stesura del vangelo non possiamo presupporre che si trattasse di persone ingenue o stupide. Se Gesù avesse voluto fare distinzione tra le prostitute che si pentono e quelle che non si pentono, non ci sarebbe stato motivo di riferirsi né a loro, né ai ladri: se ciò che fa la differenza fosse stato il pentirsi, Gesù avrebbe parlato del pentirsi; come mai ha parlato invece di pubblicani e prostitute, sul cui pentimento non dice nulla? Se ha parlato di pubblicani e prostitute, vuol dire che la sostanza del suo discorso era un'altra; vuol dire che per lui l'essenza che permette di sorpassare altri nel Regno non consiste nel pentirsi, ma in qualcos'altro, che egli individuava nei pubblicani e nelle prostitute. Comunque, non mi metto ora qui ad approfondire tutta la questione.
Per quanto riguarda il ritenersi migliore, vedo che fai confusione tra orizzonte da raggiungere e orgoglio nella misura in cui lo si ritiene raggiunto. Sono due cose molto diverse. Tutti abbiamo dovere e necessità di puntare all'essere migliori, ma ciò non ci autorizza affatto a ritenere di essere più avanti rispetto ad altri dopo che abbiamo raggiunto una qualsiasi meta. Questo ritenersi arrivati più avanti è accettabile soltanto in contesti dal significato impoverito e ristretto, come nel confronto tra un professionista e uno che nello stesso campo è un principiante. Ma nel discorso sui bulli il contesto è tutt'altro che impoverito e ristretto, non si parla dell'essere migliori in campi specifici e misurabili, si parla dell'essere migliori come persone, come cuore, come esseri umani. A questo livello diventa chiaro che la meta non può mai considerarsi raggiunta ed ecco spiegato come mai dobbiamo inseguirla sempre, ma non siamo mai autorizzati a ritenerci più avanti di alcun altro. Io posso ritenermi più bravo di un altro in matematica, o nel calcio, o nella capacità di imparare cose a memoria, ma nulla mi autorizza a ritenermi più essere umano di altri esseri umani, migliore nel cuore rispetto ad altre persone. L'essere tutti uguali su questo livello porta esattamente all'opposto del lassismo o del giustificare tutto: porta ad impegnarsi al massimo per capire cos'è il meglio dell'essere umano per realizzarlo in sé stessi sempre di più, cosa significa avere un cuore che ama per coltivarlo sempre meglio nella nostra persona.
Riguardo alla fragilità del bullo e al suo essere vittima, dovrebbe essere ovvio che questo modo di esprimersi cerca di guardare dietro le apparenze. Se il bullo fosse una persona forte e sicura del fatto suo, non avrebbe alcun bisogno di fare il bullo; se lo fa, vuol dire che ha problemi riguardo alla fiducia nelle proprie forze e nelle proprie idee. Questo può essere considerato buonismo solo da chi si rifiuta di andare oltre le apparenze. D'altra parte, considerare il bullo una vittima che reagisce alla proprie debolezza cercando di opprimere gli altri, non significa per niente trattarlo come un povero addolorato da confortare: non gli servirebbe a niente, non sarebbe educativo per lui. Temere che il bullo venga trattato come un poverino da consolare significa non avere idea di cosa voglia dire educare.
No invece, Angelo, anzi, proprio nel fatto di essere migliori come cuore, come persone, è possibile dire e comprendere se si è più avanti di altri o meno! Ci mancherebbe, perché lo si vede SUBITO se si è obiettivi con se stessi. Ci si accorge di come si è, lo si sa.Ad esempio se io mi accorgo che sono invidioso, non ho alcuna compassione per chi soffre e sono cinico ed indifferente, se faccio una valutazione obiettiva devo per forza dire: " Purtroppo sono decisamente peggiore, anzi, in questo momento faccio moralmente piuttosto schifo!"; se invece sento che voglio davvero il bene del prossimo, ho intenzione di accoglierlo, di aiutarlo nella difficoltà, allora se permetti mi sento in diritto di sentirmi migliore di chi per il proprio tornaconto non esista a rubare, causare danni gravi, addirittura uccidere. Infatti è giusto distinguere tra discernimento e giudizio assoluto. Il discernere tra bene e male, tra situazioni di vita positive e negative, è alla base del percorso morale, perché se io non posso dire di essere migliorato o peggiorato, allora è decisamente assurdo e impossibile iniziare qualsiasi percorso, in base a che cosa ne valuti i risultati? In base a NULLA, letteralmente. Il giudizio assoluto, invece, è quando si dice che se una persona, in quel momento della sua vita, si comporta molto male allora continuerà così sempre e non cambierà mai, ecco, questo è il giudizio tipico dei farisei condannati dallo stesso Gesù, che etichettano, incasellano gli altri in base a schemi rigidi. Io sono convinto che Gesù non intendesse dire che i pubblicani e le prostitute siano migliori rispetto agli altri, ma che forse il loro stesso peccato impediva a loro di insuperbirsi, poiché in fondo sapevano di essere molto indietro moralmente.
Non esistono persone obiettive, né con sé stesse, né con altri, né con alcunché. Qualsiasi nostro giudizio è sempre filtrato e inquinato da un mare di condizionamenti: il nostro DNA, il nostro carattere, la nostra cultura, le persone che abbiamo conosciuto, il periodo storico di cui facciamo parte, la parte geografica del pianeta in cui viviamo, il fatto stesso di ragionare attraverso un cervello umano, il modo in cui ci sentiamo in quel preciso momento, fisicamente e psicologicamente: l'elenco potrebbe continuare all'infinito. Ognuno sceglie i criteri in base a cui giudicare: io potrei dirti in questo momento che mi sento perfettamente obiettivo nel ritenermi l'uomo migliore del pianeta. Come faresti a smentirmi? Come faresti a dimostrare che i tuoi criteri sono più oggettivi dei miei?
Allo stesso modo, anche ciò che chiamiamo moralità è assolutamente indimostrabile nella sua eventuale oggettività. Per certuni può essere del tutto morale uccidere o perfino sterminare intere popolazioni: come farai a dimostrare loro che ciò è immorale?
Se tu ritieni possibile un giudizio oggettivo su sé stessi, te ne dico uno qui subito e ti sfido a dimostrarmi che non è vero o non è oggettivo:
io sono migliore di qualsiasi altra persona al mondo, come persona, come cuore, come tutto. Non solo, ma tutti gli altri, oltre a non essere migliori di me, non valgono proprio niente, non meriterebbero neanche di essere chiamati essere umani, non meriterebbero neanche di vivere.
Vediamo come farai a dimostrarmi che non è vero.
Allora, se tutto è relativo, anche l'assoluto, non vale assolutamente la pena di impegnarsi in nessun percorso etico, ma è molto triste e pericoloso, non trovi? Significa che chiunque può crearsi la propria etica in base a cui può fare anche le azioni più perverse per il proprio interesse. Se ti rifai a Gesù, che a volte citi, posso dire che egli fu in molti casi molto rigido nel formulare giudizi, ad esempio quando parla di punizioni eterne (la famosa Geenna) dice: "Se il tuo membro ti è di scandalo, taglialo: sarebbe meglio che tu vivessi senza quel membro piuttosto che far precipitare corpo e anima nella Geenna", oppure quando dice che i farisei fanno le opere del loro padre, cioè del diavolo. Insomma, se non si poteva distinguere tra bene e male non avrebbe detto quelle frasi, giusto? Ora, ritornando alla frase che hai citato, io ti posso dire che quell'uomo che si ritiene migliore ha molta strada da fare per il semplice fatto che disprezza l'umanità intera, e quindi il suo cuore è perverso, disprezzo e odio sono infatti negativi. E' appunto nella condizione del perfetto fariseo. Per quanto riguarda, Angelo, il fatto che spesso citi secondo cui un'azione è bene per me e male per un altro, devo dirti che secondo me è sempre opportuno mettere al primo posto il benessere altrui e solo secondariamente il nostro: non danneggiare noi stessi, ma operare per il bene comune. Se tutti agissero in questo modo, non ci sarebbero guerre, il debole verrebbe aiutato, i beni materiali equamente divisi, ecc. Io non posso dire di essere un santo, ma nemmeno sono una persona che non sa riconoscere il bene dal male e che è disposta a qualsiasi cosa per il proprio interesse!
Non possiamo inventarci l'assoluto per il nostro bisogno di moralità. L'assoluto, se c'è, deve dimostrarsi per sua capacità, non possiamo essere noi a decidere che è assoluto solo perché ne abbiamo bisogno. Se c'inventiamo l'assoluto per paura che altrimenti sarebbe, come hai scritto, triste e pericoloso, potremo dire che quest'assoluto su cui poggiamo è davvero assoluto?
Tu preferisci far finta di avere un assoluto su cui poggiare, pur di non vivere in una condizione che senti triste e pericolosa? Ritieni meno pericoloso far finta di avere un assoluto su cui poter fare affidamento?
Beh, ma nel caso del bene e del male quest'"assoluto" lo si può sperimentare nella convivenza umana, o no? Ad esempio se tu vivi in una comunità in cui nessuno ti aiuta e se lo fa lo fa solo in cambio di favori gravosi, come ti sentiresti? Saresti in pieno diritto nel giudicare che vivi in una marea di persone incapaci di amare (in senso generico), egoiste e ciniche, e quindi l'assoluto morale si manifesterebbe in modo chiaro nel giudizio secondo cui tu vivi in un mondo cattivo. Non c'entra niente la religione in questo caso, ma è un'evidenza di esperienza, davanti a cui tutte le culture, le religioni crollano, è una valutazione obiettiva basata sulla ragione. Lo stesso filosofo Socrate riteneva che una definizione di bene assoluto esistesse, infatti si opponeva alla sofistica che invece si basava sul relativismo in base al quale era solo l'individuo la misura di tutte le cose.
Non puoi fondare l'assoluto sul come mi sentirei se nessuno mi aiutasse. Si può benissimo pensare che il mondo debba essere fondato sulla disonestà, sull'incoerenza, su qualsiasi cosa vogliamo. Quindi il fatto che nessuno mi aiuterebbe e che ciò mi farebbe sentire male non dimostra nessuna morale, nessuna oggettività. Socrate poteva pensare quello che voleva, non è che se una cosa la pensa Socrate diventa vera. L'evidenza e l'esperienza non dimostrano niente: ciò che è evidente per me può essere di nessuna evidenza a te. Ciò che sperimentiamo può essere tutto un inganno. Non c'è modo di dimostrare alcunché di assoluto.
Allora a questo punto per coerenza con la tua visione sarebbe opportuno eliminare tutte le leggi e le regole, infatti se non c'è un assoluto su cui si fondano esse sono solo oppressione che limita la libertà del singolo, ma il risultato qual è? Si arriva all'Homo homini lupus di Hobbes, guerra di tutti contro tutti.
Le leggi non si fondano sull'assoluto, si fondano sui poteri che le hanno formate. In Italia c'è un potere di tipo democratico e allora le ha formate il popolo. In parlamento non c'è l'assoluto a fare le leggi, ci sono deputati e senatori. In cabina elettorale non è andato l'assoluto a votare, ci sono andati dei cittadini. Come vedi, nonostante in Italia non sia l'assoluto a governare, ma il potere democratico del popolo, non c'è la guerra di tutti contro tutti.
Sarebbe facile a questo punto sostenere che in Italia le cose vanno male proprio perché c'è carenza di assoluto, ma questa sarebbe un'opinione come tutte le altre che non dimostra niente: chiunque altro potrebbe sostenere che non è vero, un'opinione vale l'altra, il che mostra ancora una volta che non è possibile dare dimostrazione di alcun assoluto; tanto meno dimostrare che senza assoluti si andrebbe a chissà quali drammi inimmaginabili.
Invece io dico che l'assenza di un principio assoluto che regola le scelte dei singoli è pericolosa proprio perché in questo modo le masse sono ancora più manipolabili: se non hanno principi morali stabili, un leader carismatico ma dalle idee discutibili può ad esempio convincerle che un'etnia va vessata e discriminata, che è giusto in nome di un'ideologia creare gulag, lager e similari oppure che una guerra è giusta perché renderebbe la nazione potente, ricca, rispettata e temuta dalle altre nazioni. Come vedi, se non c'è prima un principio morale secondo cui il razzismo, la guerra di conquista e la vessazione sono MALE, è possibile tutto.
Ancora qualche pensiero.
CitazioneNon esistono padri che non abbiano l'obbligo di ammettere di essere anche fratelli, cioè persone che hanno anch'esse bisogno di imparare e correggersi.
Nessun padre ha l'obbligo di ammettere di essere fratello. Anzi questa sovrapposizione di ruoli è, a mio parere, patologica. Come quando i genitori dicono di essere gli amici dei figli. I genitori devono fare i genitori e questo significa essere responsabili e decidere. Magari capiterà anche di sbagliare qualche volta e il bravo genitore cercherà indubbiamente di correggere l'errore, ma comunque una volta detta una cosa, impartita una prescrizione, quella deve essere, altrimenti assistiamo a quel gioco delle parti in cui è il padre a chiedere al figlio il permesso per fare le cose. E il figlio, talvolta può credere che tutto giri intorno a lui. E' proprio in un'ottica di interiorizzazione del principio di autorità che occorre fare questo, a meno che non si creda in un mondo dove vige l'anarchia e i figli dei fiori (ma gli esperimenti in questo campo sono stati tutti piuttosto fallimentari) e il "siamo tutti uguali" (ma non siamo tutti uguali).
CitazioneAh sì? E perché, fin'ora, come si è operato, di grazia, potrei saperlo? Il Buonismo è fallito, ora cosa facciamo, si può essere ancora più buonisti? Credo di sì. Credo che chi segue una certa mentalità di sinistra non sia più capace di vedere limiti, (come si evince dai commenti di Cannata, di Jacopus e dai quasi a mio avviso deliranti commenti di baylham), pertanto continuerà a sbattere la testa contro i muri, si vedrà sanguinante e rintontito e continuerà a sostenere che i muri sono una creazione della mente, finché non morirà a causa dei ripetuti traumi cranici.
Come ha già fatto Angelo, invito Elia ad essere più rispettosa. Se può essere utile, la invito a leggere i post di Altamarea, che spesso hanno una vicinanza ideologica con quanto scritto da Elia, ma con l'attenzione a non offendere nessuno.
CitazionePrincipi assoluti si/no
Le masse sono manipolabili anche attraverso principi assoluti. La storia ci fornisce una serie impressionante di dati in questo senso. Invece proprio laddove vige il relativismo è più difficile riscontrare violenza sia dall'alto che dal basso. Vorrei ricordare ancora una volta che viviamo, nel mondo occidentale, nell'epoca in cui è più basso il livello di violenza e che è anche uno degli intervalli più lunghi in cui non si è scatenata una guerra. Nel terzo mondo, dove invece sono dominanti i modelli assolutistici, religiosi e politici, la violenza mi sembra leggermente superiore.
Questo discorso però forse necessiterebbe di un thread apposito.
Sì, ma è superiore nel Terzo Mondo anche e soprattutto per il fatto che esistono dittatori che affamano la popolazione, aizzano le etnie le une contro le altre e basano integralmente la loro vita sull'egoismo assoluto ed idolatrano se stessi. Non c'entra soltanto la religione o i principi assoluti, c'entra anche questo. Rimane il fatto che secondo me esistono delle verità morali obiettive, che si sperimentano sulla propria pelle e che nulla hanno a che vedere con religioni e culture. Ad esempio chiunque sosterrebbe che una madre che abbandona i propri figli e non li nutre è una madre degenere, come chiunque sosterrebbe che un dittatore corrotto che tiene tutta la ricchezza per sé ed affama il popolo è qualcosa di mostruoso. O no? E poi il fatto che questo è un intervallo lungo in cui non si è scatenata nessuna guerra non significa NULLA, perché il conflitto e la violenza si manifestano anche in forme più subdole, evidentemente il sistema economico e politico in Occidente ha raggiunto una stabilità tale che non ha bisogno di guerre dichiarate per esercitare le sue ingiustizie, per ingannare i popoli e per ridurre i singoli Stati a fantocci di poteri forti. L'assenza di guerre equivale in questo caso alla famosa "Pax romana", quando vi è un sistema forte che riduce le altre nazioni in un ruolo subalterno non c'è bisogno di fare guerre.
Socrate78, stai continuando a ripetere la stessa argomentazione
a cui ho già risposto. Qualsiasi rischio, dramma, pericolo, violenza, che tu possa citare, resterà sempre una tua opinione, perché è comunque possibile ritenere anche che sia bene che l'umanità sparisca, oppure che sia bene che ci sia violenza e oppressione. È inutile quindi che tu faccia appello a rischi di alcun tipo: resteranno sempre tue opinioni e un'opinione non può fondare l'assoluto.
Tu stesso hai scritto infatti
Citazione di: Socrate78 il 19 Maggio 2018, 13:43:50 PM... secondo me esistono delle verità morali obiettive...
Nel momento in cui hai scritto "secondo me", già tu stesso hai smentito ciò che hai detto: se dici "secondo me", allora vuol dire che non si tratta di verità morali obiettive, ma di una tua opinione. E anche se il mondo intero fosse d'accordo con te, si tratterebbe comunque dell'opinione del mondo intero, che non dimostrerebbe nulla dell'esistenza di alcunché di obiettivo.
Tieni presente questo: qualunque cosa dirai, io potrò comunque farti notare che è "secondo te". Questo "secondo te" non potrai mai eliminarlo, qualunque cosa dirai, perché non hai nessuna possibilità di parlare dall'esterno di te stesso, non puoi dire nulla che non possa essere ricondotto a un "secondo te". Ciò vale per te, per me, per chiunque.
In tutto il mondo pensatori di ogni tipo, da oltre duemila anni, cioè sin dall'inizio della filosofia greca, si sono già scervellati a cercare di individuare princìpi obiettivi, ma nessuno è mai riuscito a trovarne. Il motivo è quello che ti ho detto qui sopra: nessuno può dire alcuna cosa che non possa essere ricondotta ad una sua opinione.
Citazione di: Jacopus il 19 Maggio 2018, 13:35:11 PMNessun padre ha l'obbligo di ammettere di essere fratello. Anzi questa sovrapposizione di ruoli è, a mio parere, patologica. Come quando i genitori dicono di essere gli amici dei figli. I genitori devono fare i genitori e questo significa essere responsabili e decidere. Magari capiterà anche di sbagliare qualche volta e il bravo genitore cercherà indubbiamente di correggere l'errore, ma comunque una volta detta una cosa, impartita una prescrizione, quella deve essere, altrimenti assistiamo a quel gioco delle parti in cui è il padre a chiedere al figlio il permesso per fare le cose. E il figlio, talvolta può credere che tutto giri intorno a lui. E' proprio in un'ottica di interiorizzazione del principio di autorità che occorre fare questo, a meno che non si creda in un mondo dove vige l'anarchia e i figli dei fiori (ma gli esperimenti in questo campo sono stati tutti piuttosto fallimentari) e il "siamo tutti uguali" (ma non siamo tutti uguali).
La storia mostra che non sono mai esistiti genitori immuni da errore. Ciò significa che qualsiasi loro decisione potrà sempre essere sospettata di errore. Agitare il pericolo dell'anarchia incorre nelle stesse critiche che ho espresso a Socrate78:
- per principio teorico qualsiasi anarchia, rischio, tragedia, distruzione, non potrà mai dimostrare che un principio sia oggettivo;
- non ha senso inventarsi qualcosa di oggettivo per mantenere un ordine: far finta che esistano princìpi oggettivi è meno rischioso dell'anarchia che paventi?
- Il principio di autorità a cui fai appello è un'argomentazione che può essere sostenuta da qualsiasi dittatore.
Quando dico che un padre ha l'obbligo di considerarsi anche fratello, non parlo di obbligo morale, ma di una necessità a cui non si può sottrarre, per un motivo semplicissimo: perché sbaglia e non può dimostrare in alcun modo che alcuna cosa che dice o fa non contenga errori o non sia del tutto sbagliata.
Forse con il ragionamento non è possibile individuare nulla di assoluto, ma l'uomo è fatto anche di sensazioni e di emozioni, di quello che è definibile come "cuore" . Ora, è ben evidente che se si viene amati e accolti,immediatamente la sensazione che si prova è positiva e si è spinti ad agire allo stesso modo; viceversa, se si è offesi, bullizzati, maltrattati e rifiutati si soffre e si avverte subito che quello che ci accade è male. Quindi, anche se la mente razionale ha difficoltà a stabilire un bene obiettivo, la parte emotiva dell'individuo rivela subito che il male fa male, e questa è una verità simile a quella del fuoco che brucia. Quindi si può dire che se si cerca il bene con la ragione si parte con il piede sbagliato, mentre è la sensazione a portarci sulla strada giusta.
Ritornando al tema del bullismo, Cannata, visto che per te non esistono valori assoluti, quale potrebbe essere la giustificazione (che cioè fa diventare giusto...) ad un bullismo di gruppo in cui una persona solo perché diversa dagli altri è fatta oggetto di violenza, derisione e simili? Io non riesco a vederne proprio nessuna, poiché un gruppo che trae forza e coesione dal male è perverso, avrebbe mille altri modi per diventare affiatato.
L'assoluto non puoi individuarlo né col ragionamento, né con il cuore, né con alcun altro mezzo. Il cuore è quanto di più ingannevole possa esistere: io col cuore posso arrivare a odiare anche chi mi ha fatto del bene, il kamikaze col cuore decide che è bene e giusto farsi esplodere per amore di Allah. Qualunque cosa che qualcuno considera male può essere sentita da altri, o perfino dallo stesso interessato, come un bene.
Proprio perché non esistono valori assoluti si può trovare una giustificazione qualsiasi al bullismo di gruppo. Per esempio, si può adottare la mentalità che si usava a Sparta, secondo cui non è bene che gli individui più deboli sopravvivano; è la stessa mentalità che già esiste in natura, per cui il bullismo potrebbe essere considerato uno strumento positivo della natura atto a favorire nella specie gli elementi più forti e idonei alla sopravvivenza.
Ma non c'è neanche bisogno di scervellarsi per andare a immaginare giustificazioni di alcun tipo: anche se né io né te riuscissimo ad ipotizzare giustificazioni, è già sufficiente il dubbio, il sospetto, che esse potrebbero esistere, per rendere immediatamente invalida qualsiasi idea di bene o male oggettivi.
Infatti ciò che demolisce l'oggettività è proprio il dubbio.
Quindi non ha senso rieducare il bullo, lasciamolo fare, tanto non esiste niente di moralmente vero, il bullo può dire: "Essere prepotente mi fa essere temuto e rispettato da tutti, ottengo ciò che voglio immediatamente senza problemi, perché dovrei cambiare?", ecco, tu che cosa gli risponderesti?
Anche tu mi dai l'impressione di avere un'idea alquanto criticabile di cosa significhi educare.
La prima frase che hai scritto presuppone che educare debba significare trasmettere valori oggettivi. Una volta che scopriamo che non esistono valori oggettivi, l'educare, secondo te, perde senso. Ma non è affatto vero che ciò che conta siano solo i valori oggettivi. Anzi, le cose stanno proprio al contrario: ciò che viene presunto come oggettivo non vale niente, perché nessuno ha mai saputo dimostrare cose oggettive. Ciò che vale è la storia, quella dei singoli e quella delle società. Ci si educa in base alla storia dentro cui ci si trova, cercando di condurla verso ciò che al presente ci sembra miglioramento.
Un bullo che dicesse la frase che hai detto dimostrerebbe di avere una personalità estremamente povera, visto che per lui essere temuto e rispettato ha un posto talmente di primo piano da renderlo disposto alla prepotenza. Quindi saremmo di nuovo alla necessità di educare: educare significa far sperimentare al bullo che esistono esperienze più arricchenti dell'essere temuto e rispettato. Queste esperienze non possono essere oggetto di dimostrazione, non sono cose oggettive. Sono cose da comunicare educando. Il bullo che hai ipotizzato non avrebbe bisogno di una semplice risposta, avrebbe bisogno di un processo di educazione. Non puoi renderlo consapevole di ciò che gli manca e di ciò che lo arricchirebbe attraverso una semplice risposta.
Io continuo a sostenere invece che se non esistono valori oggettivi allora crolla tutto. Non ha alcun senso parlare di crescita, di arricchimento e tu stesso parlandone sempre ti contraddici ogni volta. Infatti il concetto stesso di "arricchimento e di crescita" presuppone che ci sia qualcosa di oggettivo a cui poter comparare la crescita e l'arricchimento stesso. Tu sostieni che esistono esperienze più arricchenti dell'essere temuto e rispettato, invece io posso sostenere che sono le cose più importanti, più importanti dell'essere ad esempio amato, e in base al tuo relativismo non potresti dirmi proprio nulla, poiché sarei io la misura di tutte le cose.
Potrei anzi persino dire che è meglio morire che vivere, e non potresti anche qui dirmi proprio niente!
Infatti, dal punto di vista dimostrativo non ho proprio da dirti niente, nessuno in questo mondo ha da dire alcunché se ci poniamo in una mentalità del dimostrare. Non esistono cose dimostrabili, non sono mai esistite.
La vita si porta avanti non attraverso cose dimostrabili, ma attraverso le relazioni. Io mi relaziono con te, tu con me, ci relazioniamo con i bulli, con le vittime, con chiunque. Educare è una relazione.
Quando dico che il bullo dimostrerebbe una personalità estremamente povera, non parlo di dimostrazione con teoremi o con filosofie: intendo dire che apparirebbe a me in questa maniera. E questa non è cosa da poco, perché io esisto (anche questo da non intendere come fatto dimostrabile, ma solo come esperienza e relazione) e ho la possibilità di mettermi in relazione con il bullo.
Tu sostieni che se non esistono valori oggettivi crolla tutto. Vuol dire che ancora non ti sei accorto che tutto è già crollato, da un bel pezzo. Ora che io e te e il mondo intero siamo in mezzo alle macerie di tutto ciò che è crollato, che pensi di fare? Facciamo finta che ci siano dei valori oggettivi, facciamo finta che ci siano delle cose che non sono crollate, facciamo finta che non è vero che tutto è crollato?
In realtà non è detto che se un modo di pensare è socialmente condiviso, in questo caso il relativismo, sia per questo vero, può benissimo essere falso. Un tempo si credeva che la Terra fosse piatta, invece non era esatto.
Kant diceva che in ogni uomo esiste l'imperativo categorica della coscienza, che va oltre tutte le culture, le religioni, oltre l'educazione, la sua era una fede laica nella moralità dell'uomo, può benissimo essere così, anzi mi piace credere che sia così. Puoi escludere, Cannata, che se ad una persona si cancellassero con un colpo di spugna tutte le sue credenze, la sua cultura, rimarrebbe comunque la capacità istintiva di cogliere se una cosa è bene o è male? Secondo me anche un neonato comprende istintivamente quando le persone attorno a lui gli fanno del bene, e quando invece è circondato da indifferenza, quindi è come se ci fosse già innata la capacità di riconoscere il bene dal male. E del resto se si dovesse risalire alla prima comunità umana che ha stabilito per la prima volta un'etica, ciò presuppone che essi avevano dentro di loro l'idea di "bene", che sicuramente era condizionata dal contesto in cui operavano, ma se non esisteva in loro il concetto stesso di bene nemmeno si ponevano il problema di stabilire delle regole. Esisterebbe quindi, per dirla con Kant, una forma a priori della morale che permette di stabilire dei principi di comportamento.
Del relativismo non si può sostenere né che sia vero, né che sia falso, perché esso non sostiene nessuna verità. Quando ho detto che tutto è crollato, non ho sostenuto una verità oggettiva, ma un'opinione.
La capacità istintiva di cogliere bene e male non dimostra l'esistenza di un bene e male oggettivi; dimostra soltanto che ogni essere ha la tendenza a valutare certe cose come bene e altre come male. Ma il fatto che per lui siano bene o male non dimostra che lo siano oggettivamente. Lo stesso vale per il neonato: per lui è un male non dargli da mangiare, ma da qui non è possibile dedurre che sia un male oggettivo. Lo stesso vale per qualsiasi prima comunità umana: il fatto che avessero stabilito un'etica significa solo che si trovarono d'accordo su certe cose. Ma trovarsi d'accordo su certe cose non dimostra che esse siano vere.
Come ti ho già scritto sopra,
Citazione di: Angelo Cannata il 19 Maggio 2018, 16:34:50 PM... nessuno può dire alcuna cosa che non possa essere ricondotta ad una sua opinione.
Qualunque cosa tu mi possa dire, potrò sempre risponderti che si tratta di un'opinione tua, o di Kant, o del neonato, o della società primitiva.
Angelo Cannata,tornando al tema del bullismo e del risentimento vorrei chiederti:
secondo te cosa dovrebbe fare una vittima del bullismo,isolata e senza difese,se non
provare risentimento?
Tu hai delle alternative per dire dove lui ha sbagliato? Diresti a lui che,sentendosi migliore,
ha causato il suo stesso risentimento?
Chi ha causato il risentimento?
Se questo risentimento rimanesse inespresso,rimosso sotto il peso dell'umiliazione tu
come educatore cercheresti di farlo riemergere o lasceresti la vittima in quelle condizioni?
E per farlo riemergere come faresti se non provando empaticamente quello stesso risentimento?
Secondo te non è forse possibile che la vittima si sia ammalata di questo risentimento?
E' giusto che il bullo non venga chiamato a risponderne?
Il percorso educativo del bullo prevede o no la presa di coscienza di questo problema?
Il risentimento non è una colpa, è un sentimento controproducente, che non giova né a chi lo prova, né a chi ne è oggetto. Non si tratta quindi di dire alla vittima che ha sbagliato perché prova risentimento. Ho detto che si tratta di educare tutti, vittime, bulli e società. Educare non significa attribuire colpe, significa cercare ciò che giova, ciò che risulta costruttivo per tutti. L'eventuale risentimento provato dalla vittima non è una cosa da reprimere, è una cosa di cui diventare consapevoli in maniera da trovare vie migliori. Se la vittima rimane ingabbiata nel proprio risentimento, ciò si verifica perché si è lasciata condizionare dalla mentalità del bullo basata sul prevalere. Cioè, il bullo ha creato un contesto in cui non conta altro che il prevalere. Se la vittima accetta questa logica, non potrà fare a meno di rimanere frustrata, perché significa che ha accettato le regole mentali imposte dal bullo. Ma il bullo ha creato quelle regole proprio per distruggere la vittima, perché sa che la vittima non è capace di prevalere. La vittima, per non farsi ingabbiare nel gioco mentale del bullo, deve individuare altre logiche in grado di contrapporsi a quella del bullo. Coltivare il risentimento significa invece far propria la logica del bullo. La vittima non deve far propria la logica del bullo. Deve individuare logiche diverse.
Non ho mai detto che il bullo non debba essere chiamato a rispondere delle sue azioni; anzi, questo può far parte proprio del processo che ho chiamato educazione, il processo educativo. Dipende poi dai modi posti in atto per chiamare il bullo a rispondere delle proprie azioni. Il percorso educativo per il bullo deve necessariamente includere la presa di coscienza di tutto ciò che gli consentirà di diventare migliore. Presa di coscienza non significa colpevolizzare, perché colpevolizzare è la via migliore per impedire a sé stessi e a tutti di risolvere i problemi. Ciò significa che il discorso da fare al bullo non è "Sei colpevole", ma "Hai commesso un danno". Sono due cose diverse. Un danno può essere commesso anche senza volerlo. A me non interessa che il bullo l'abbia fatto apposta oppure no: ciò non serve né a lui, né a me, né ad alcun altro. Ciò che serve è rendersi conto che c'è stato un danno. Se c'è stato un danno, compiuto con una certa misura di consapevolezza (consapevolezza non è uguale a colpa), vuol dire che nel bullo c'è qualcosa che funziona male. È questo che lui deve capire: in lui c'è qualcosa che funziona male e bisogna fare in modo che questo qualcosa si aggiusti. Se non gli si aggiusta ciò che gli funziona male, non serve né colpevolizzarlo, né punirlo, né fargliela pagare: resterebbe sempre uno che ha qualcosa che non gli funziona a dovere.
Ciao Angelo. Le tue posizioni sul problema sono da un lato troppo generalizzanti e dall'altro troppo idealistiche. I cosiddetti bulli non sono tutti fatti della stessa pasta. Ci sono i bulli gregari e i bulli leader, ci sono i bulli vigliacchi, che appena vedono il pennacchio dei carabinieri se la fanno sotto e i bulli "duri". Ci sono bulli che provengono da ambienti familiari borghesi o anche estremamente ricchi e ci sono bulli che provengono dalle periferie e dalle borgate.
Il bullo va sicuramente fatto ragionare ma non sempre (anzi quasi mai) è disposto a seguire la voce della ragione. La sua ragione di solito tende a sminuire quello che è stato commesso (è stato uno scherzo), oppure a dire: "se lo meritava, se era davvero in gamba poteva ribellarsi...è più debole e quindi è giusto che subisca". Per non parlare dei bulli patologici, quelli che pensano che siano sempre gli altri ad attaccarli e quindi attaccano preventivamente, o quelli che hanno una percezione di sè talmente svalutata, da rendere necessario l'attacco "esterno" proprio per evitare di guardare quel sè svalutato.
Ad ogni modo la punizione è in certe situazioni doverosa, sia per salvaguardare la società, ma anche nello stesso interesse del bullo. Portarlo in una Comunità o in Carcere gli dà il senso del limite. Si rende conto, finalmente, che esiste qualcuno che si accorge della sua esistenza: paradossalmente più spesso di quello che si crede, il sistema repressivo/giudiziario da una risposta e si occupa del bullo, che precedentemente era rimasto un fastidioso rumore di fondo. Ovviamente occorre che quel sistema repressivo/giudiziario abbia del "sale in zucca" e non faccia "spaccare le pietre" ma utilizzi lo spazio del contenimento fisico per avviare un cambiamento. Credo però in sostanza che essere puniti sia un diritto degli stessi "colpevoli" o se la parola "colpevoli" non ti piace, usa "responsabili", poichè ognuno di noi deve sentirsi responsabile dei propri atti, e solo dopo si può anche discutere delle innegabili influenze della società, dei geni, della casualità, o di quant'altro.
Non ho scritto che col bullo ci si debba sedere a tavolino a ragionare. L'ho precisato di proposito:
Citazione di: Angelo Cannata il 19 Maggio 2018, 23:37:03 PMDipende poi dai modi posti in atto per chiamare il bullo a rispondere delle proprie azioni.
Ciò di cui il bullo ha bisogno non è il senso del limite, ma la percezione della dignità dell'altro. È questo il qualcosa che non funziona nella mente del bullo e che va aggiustato. Se non capisce il motivo per cui deve porsi dei limiti, non serve a niente porgli dei limiti: appena possibile tenterà di oltrepassarli.
Se è un pericolo per la società può essere opportuno bloccarlo in qualsiasi modo, ma sempre in vista di rendere possibile per lui un processo educativo. È proprio il limitarsi a bloccarlo e non fare nient'altro che gli darà la percezione che egli era sentito solo come un rumore di fondo e non come una persona da valorizzare attraverso la formazione e l'educazione. Dire che mandarlo in carcere significhi fargli vedere che ci si accorge della sua esistenza è proprio ciò che tu stesso hai scritto: un paradosso, cioè una contraddizione, difatti non è così. Il carcere può essere tutt'al più ciò che ho appena detto: un provvedimento d'urgenza in vista di trovare i modi per educare e formare il bullo. Ma in partenza il carcere è e resta comunque un fallimento del processo educativo. È come dirgli: "Noi società siamo stati talmente incapaci di darti un'adeguata educazione da averti ridotto in condizione tale che ora ti dobbiamo mandare in carcere".
Angelo, visto che nel thread sul bullismo non se ne sta più parlando ma all'inizio si parlava anche di bullismo contro i docenti, che cosa ne pensi invece del "bullismo dal basso" attuato da studenti nei confronti di insegnanti che vengono insultati, derisi, non considerati per nulla? Ad esempio in quel caso secondo te non bisogna punire i bulli e la colpa è dell'insegnante che non riesce ad educare il gruppo a lui affidato?
Credo anche che non sia facile far comprendere un valore astratto come la dignità dell'altro, il bullo potrebbe rispondere: "Quel mio compagno o quel professore non vale niente, non merita alcun rispetto" e come faresti a fargli cambiare idea se per te i valori sono relativi? Si ritorna al discorso di prima, ognuno potrebbe avere un'idea diversa della dignità, alcuni potrebbero fondarla sul coraggio, altri sull'intelligenza, altri ancora sull'onestà, ecc.
Vedo che vengo ancora frainteso alla grande.
Prova a rileggere tutti i messaggi che ho scritto e vedi un po' se io abbia mai detto che i bulli non debbano essere puniti. Al contrario, ho previsto espressamente questa possibilità. Ho detto inoltre che colpevolizzare non serve a niente.
Mi chiedo a cosa possa servire scrivere se viene inteso il contrario di ciò che scrivo espressamente. Ad ogni modo, proseguiamo, chissà che qualcosa arrivi.
Non vedo motivo di fare differenza tra bullismo tra pari e bullismo dal basso. Mi sembra che tutto ciò che ho scritto finora si possa far valere per entrambi i casi.
Anche per quanto riguarda la dignità dell'altro, ho già detto un criterio che vale anche per questa questione: col bullo non c'è certo da sedersi a tavolino a ragionare; piuttosto ho parlato di processo educativo.
Il bullo non ha idea né della dignità dell'altro, né di tanti altri aspetti dell'umanità, proprio perché gli sono stati presentati come valori assoluti, oggettivi. Una volta che, come ho mostrato, non esistono cose oggettive che reggano in piedi, è ovvio che né il bullo né le sue vittime possono rendersi conto di cosa significhi dignità umana. Gli aspetti importanti di ciò che è umano vanno compresi in un processo educativo.
Processo educativo.
Ripeto: processo educativo.
Non una frase, non una definizione, ma un cammino ben progettato, fatto di esperienze, incontri, confronti, impegni, prove, letture, esami, lavori, studi, resoconti, ecc.
È questo l'unico modo di far capire ciò che vale dell'essere umani. Non ci sono altri modi. Non ci sono da dare formule, definizioni, dimostrazioni. Ci sono da dare cammini. La scuola infatti è un cammino, già così com'è, con tutti i difetti che ha, solo che ciò non viene capito e quindi neanche apprezzato né valorizzato. Se si fanno cammini, allora la varietà delle convinzioni che hai riferito, riguardo al fatto che altri potrebbero preferire il coraggio, altri l'intelligenza, ecc., non diventa più un problema, ma, al contrario, un arricchimento del cammino. Se invece pretendi di dare una formulazione oggettiva, con una risposta-formula, è chiaro che la molteplicità delle esperienze e delle opinioni diventa un problema, una difficoltà.
Beh, Cannata, visto che per te tutto è relativo potrei rispondere che "secondo te" il mio atteggiamento sembra sarcastico, intimidatorio o da bullo, "per me" non lo è, dunque, su quale principio assoluto ti basi nel volermi redarguire? Anche il tuo "tono" nel rispondermi può sembrare sgarbato e intimidatorio e da "maestro" (non spirituale).
Comunque il "di grazia" e "Ah sì?" non hanno nessun tono o intento intimidatorio ( bisognerebbe pure considerare in quale contesto discorsivo sono inseriti), sono semplici espressioni stilistiche usate per sottolineare che già da 'almeno 50 anni' si stanno usando metodi educativi augurati dell'autrice del commento a cui mi riferivo, cioè improntati non sulla violenza e nemmeno sulla severità, e che i deludenti risultati sono sotto gli occhi di tutti. Dunque, mi sembrava di cogliere nel suo come nei vostri discorsi il voler proseguire come prima e più di prima sulla stessa falsariga. Il dialogo tra furimisti si svolge sempre con estrema correttezza, a volte però mi capita di leggere espressioni un po' piú 'audaci e sanguigne", per quale motivo vengono rilevate solo le mie resta un mistero. Più di qualcuno l'ha interpretato come espressione di malcelato maschilismo perché i "toni un po' piú forti" sono ammessi solo tra maschi, da una donna (tra uomini) ci si aspetta arrendevolezza o almeno dolcezza e gentilezza, altrimenti la si obbliga con metodi autoritari a restare al suo posto.
"Buonismo" significa eccessiva, inopportuna o falsa bontà, permissivismo, giustificazionismo; è un termine negativo come lo è "giustificazionismo" e "permissivismo" cioè metodi che insieme al buonismo sono falliti. Per maggiore chiarezza riporto la spiegazione del dizionario online Treccani: "buonismo s. m. [der. di buono]. – Ostentazione di buoni sentimenti, di tolleranza e benevolenza verso gli avversarî, o nei riguardi di un avversario, spec. da parte di un uomo politico; è termine di recente introduzione ma di larga diffusione nel linguaggio giornalistico, per lo più con riferimento a determinati personaggi della vita politica."
Non capisco perché vi dia tanto fastidio questo termine, lo utilizzo perché lo ritengo piú appropriato alla situazione attuale, non perché vi dà fastidio.
Mi riferisco alla sinistra in quanto ideologia che ha improntato, pervaso e dominato su tutti gli aspetti sociali dal dopoguerra ad oggi, infiltrandosi e dettando legge dappertutto nelle istituzioni, dalla politica all'economia, dai mass-media alla magistratura e alla scuola con i relativi metodi educativi, e in ogni ambito culturale. Chiedersi cosa c'entra la sinistra, scusa, è banale.
Non c'è nulla di improprio in quello che ho scritto. Poi "la vecchia mentalità di poter argomentare attraverso la violenza" (?) , scusa ma non ho capito il senso di questa frase, mi sembra fuori luogo e ubbiosa.
Dirmi che "Mostri un concetto molto povero e banale di cosa significhi "educare"" invece è una frase molto elegante e rispettosa, ne prendo atto, quindi immagino che potrei utilizzarla anch'io. Anche se nel leggerla mi ha fatto sorridere perché "educare" è stato il mio compito per diversi anni e non solo in ambito professionale, con buoni risultati.
Cannata, non ti accorgi della contraddizione in cui sei caduto: ti affanni a contraddire Sacrate78 proprio perché vuoi stabilire un "principio assoluto": il tuo relativismo.
I pubblicani (non i ladri) e le prostitute erano considerati gli ultimi della società e disprezzati da tutti. Guarda, l'interpretazione che ha dato Socrate78 di quel detto di Gesù è meravigliosa, scusa ma mi piace molto di più della tua: "il loro stesso peccato impediva a loro di insuperbirsi, poiché in fondo sapevano di essere molto indietro moralmente." Bellissimo! Il sentirsi umili e colpevoli è di fatti l'anticamera del pentimento. E, guarda caso, tra gli apostoli troviamo Zaccheo e Matteo, due pubblicani, e Maddalena, una prostituta; Indubbiamente pentiti.
Ogni tentativo e sforzo umano di educare di per sé è "un processo educativo", già solo la vita per una persona che non abbia deficit cognitivi particolari è costituita da " un cammino ben progettato, fatto di esperienze, incontri, confronti, impegni, prove, letture, esami, lavori, studi, resoconti, ecc.",
lla fine del tuo metodo processuale-educativo ognuno sceglie però la meta che vuole, dunque il teppista (piú propriamente che bullo) può scegliere o continuare a scegliere la violenza.
Elia, chi voglia verificare come sono andate le cose può andarsi a leggere ciò che avevi scritto tu e ciò che ho scritto io: i fatti parlano da sé.
Citazione di: Angelo Cannata il 19 Maggio 2018, 23:37:03 PMIl risentimento non è una colpa, è un sentimento controproducente, che non giova né a chi lo prova, né a chi ne è oggetto. Non si tratta quindi di dire alla vittima che ha sbagliato perché prova risentimento. Ho detto che si tratta di educare tutti, vittime, bulli e società. Educare non significa attribuire colpe, significa cercare ciò che giova, ciò che risulta costruttivo per tutti. L'eventuale risentimento provato dalla vittima non è una cosa da reprimere, è una cosa di cui diventare consapevoli in maniera da trovare vie migliori. Se la vittima rimane ingabbiata nel proprio risentimento, ciò si verifica perché si è lasciata condizionare dalla mentalità del bullo basata sul prevalere. Cioè, il bullo ha creato un contesto in cui non conta altro che il prevalere. Se la vittima accetta questa logica, non potrà fare a meno di rimanere frustrata, perché significa che ha accettato le regole mentali imposte dal bullo. Ma il bullo ha creato quelle regole proprio per distruggere la vittima, perché sa che la vittima non è capace di prevalere. La vittima, per non farsi ingabbiare nel gioco mentale del bullo, deve individuare altre logiche in grado di contrapporsi a quella del bullo. Coltivare il risentimento significa invece far propria la logica del bullo. La vittima non deve far propria la logica del bullo. Deve individuare logiche diverse. Non ho mai detto che il bullo non debba essere chiamato a rispondere delle sue azioni; anzi, questo può far parte proprio del processo che ho chiamato educazione, il processo educativo. Dipende poi dai modi posti in atto per chiamare il bullo a rispondere delle proprie azioni. Il percorso educativo per il bullo deve necessariamente includere la presa di coscienza di tutto ciò che gli consentirà di diventare migliore. Presa di coscienza non significa colpevolizzare, perché colpevolizzare è la via migliore per impedire a sé stessi e a tutti di risolvere i problemi. Ciò significa che il discorso da fare al bullo non è "Sei colpevole", ma "Hai commesso un danno". Sono due cose diverse. Un danno può essere commesso anche senza volerlo. A me non interessa che il bullo l'abbia fatto apposta oppure no: ciò non serve né a lui, né a me, né ad alcun altro. Ciò che serve è rendersi conto che c'è stato un danno. Se c'è stato un danno, compiuto con una certa misura di consapevolezza (consapevolezza non è uguale a colpa), vuol dire che nel bullo c'è qualcosa che funziona male. È questo che lui deve capire: in lui c'è qualcosa che funziona male e bisogna fare in modo che questo qualcosa si aggiusti. Se non gli si aggiusta ciò che gli funziona male, non serve né colpevolizzarlo, né punirlo, né fargliela pagare: resterebbe sempre uno che ha qualcosa che non gli funziona a dovere.
Il risentimento è umano,è impossibile non provarlo quando si subusce un'oppressione.E' un sentimento inevitabile che fa parte della vita,fa capire all'altro il male che si è fatto,è utile per questo ma se dura a lungo viene rimosso e ci si ammala seriamente.La vittima del bullismo se ne è ammalata e questo è un problema serio.Sinceramente Angelo rimango incredulo quando nella tua risposta leggo "l'eventuale risentimento della vittima".Quindi secondo te è possibile che la vittima non abbia provato risentimento,non ne siamo sicuri."Se la vittima rimane ingabbiata nel proprio risentimento, ciò si verifica perché si è lasciata condizionare dalla mentalità del bullo basata sul prevalere"Ma certo... Ma secondo te la vittima aveva per caso qualche via di uscita? Doversi tenere tutto dentro;non è proprio questo il dramma di subire un'oppressione? Cosa se ne puo fare la vittima di tutti questi buoni consigli che gli dai?Non sarebbe piu "utile" capire la sua sofferenza?Ora,tu dici che si,il bullo è chiamato a rispondere delle sue azioniperò al bullo non va detto "sei colpevole" ma "hai fatto un danno" percheun danno si puo commetterlo anche senza volerlo,che sia fatto apposta o no non è utile saperlo.La parola d'ordine è "sminuire".Quindi va evitato che il bullo capisca l'entità del "danno":il risentimento rimosso della vittima.La vittima diventa cosi un soggetto terzo al quale si è fatto un danno,forse per sbaglio.Questo è quello che tu dici "chiamare il bullo a rispondere delle sue azioni".Queste sono le basi del tuo percorso educativo.
In realtà anche un sentimento considerato negativo può produrre cose buone, ad esempio il risentimento della vittima può portare a ribellarsi al bullo, allo stesso modo con cui, nella storia umana, il risentimento di interi popoli verso le ingiustizie dei potenti ha portato alle rivoluzioni, con l'affermazione dei diritti dell'uomo, sia pur tra mille eccessi e violenze.
Citazione di: Socrate78 il 22 Maggio 2018, 07:31:04 AMIn realtà anche un sentimento considerato negativo può produrre cose buone, ad esempio il risentimento della vittima può portare a ribellarsi al bullo, allo stesso modo con cui, nella storia umana, il risentimento di interi popoli verso le ingiustizie dei potenti ha portato alle rivoluzioni, con l'affermazione dei diritti dell'uomo, sia pur tra mille eccessi e violenze.
Giusto socrate68, hai centrato il porblema.
Se il risentimento della vittima trovasse la sua via per la ribellione
allora succederebbe una piccola rivoluzione,il bullo magari si prenderebbe due o tre
belle legnate molto educative.Purtroppo questo non succede quasi mai,
ma se anche succedesse qui ci sarebbe AngeloCannata che
direbbe che alla violenza non si risponde mai con la violenza,e che
"la vittima, per non farsi ingabbiare nel gioco mentale del bullo,
deve individuare altre logiche in grado di contrapporsi a quella del bullo"
E' cosi o no?
Prego tutti i partecipanti a questa discussione di centrare gli interventi sull'argomento e sulle idee proposte, evitando di alludere in modo negativo su alcuni iscritti in modo generalizzante e privo di ogni arricchimento al dibattito. Grazie.
Chiedo scusa per l'allusione negativa.Non credo di aver offeso Angelo Cannata ma riconosco che sarebbe stato meglio
rivolgere direttamente a lui le mie critiche e casomai alludere positivamente a Socrate78 con il quale
su questo argomento sono d'accordo.
Un nuovo caso di violenza tra le aule scolastiche.
Articolo tratto da Tarantobuonasera.it
Taranto mercoledì 23 maggio 2018
Picchiato un professore al rione Tamburi di Taranto dal padre di un alunno.
"Un professore in servizio in una scuola media del rione Tamburi è stato picchiato dal padre di uno studente per il quale era stata proposta una sospensione di cinque giorni.
Il genitore si è presentato a scuola e ha chiesto di parlare con il docente del figlio. Poco dopo ha aggredito l'insegnante colpendolo con schiaffi e pugni. Collaboratori scolastici e altri professori sono intervenuti in difesa del malcapitato e il genitore si è allontanato. Una denuncia è stata presentata alla Polizia di Stato. Lo studente sarebbe stato proposto per la sospensione dopo che si era rivolto in modo minaccioso verso il docente che gli aveva intimato di non picchiare i compagni di classe."
Se questa è la nuova moda proposta dal lassismo culturale temo che studenti e genitori frustrati ci stiano prendendo gusto e che il fenomeno assumerà un andamento peggiorativo nel prossimo futuro.
Persino i delinquenti ora guardano la scuola non piú come istituzione culturale volta alla crescita intellettuale e morale dell'individuo e quindi al miglioramento della qualità della vita personale e sociale in tutti i suoi aspetti, bensì come palestra e trampolino di lancio per la legge della giungla: usare la prepotenza e la forza fisica per annientare l'altro. Una scuola che prepari i giovani al mondo del lavoro... (sì, a quello mafioso!)
Un modello di semianalfabeta non pensante; piu si va avanti e più i piccoli "mostri" crescono, nel frattempo che crescono non sanno articolare un ragionamento che abbia un minimo di senso logico.
Segno dei tempi che cambiano (in peggio).
Circa 20 anni fa invece un' insegnante mi raccontò che il figlio adolescente di un noto personaggio della mala locale si comportava da bullo a scuola prevaricando i compagni e rispodendo a suon di parolacce a docenti e bidelli approfittando del fatto di "essere il figlio di", il che incuteva un certo timore.
Un giorno però un insegnante lo riprese con parole dure e il bulletto rispose che avrebbe riferito tutto al padre.
il giorno seguente il padre (noto boss della città, anni '70, 80, epoca in cui nasce, arriva al suo apice e poi muore-almeno in gran parte- la delinquenza organizzata pugliese) si presentò dal docente per chiedere spiegazioni, il prof spiegò nei minimi particolari il comportamento del ragazzo, tra l'altro poco incline allo studio. Bene, sapete quale fu la reazione del boss? Chiese scusa a insegnanti e bidelli, si impegnò a far in modo che il figlio imparasse a comportarsi bene e a STUDIARE, e infine disse: "Da delinquente ho fatto una vita da inferno e ne ho viste di tutti i colori. Non voglio che anche mio figlio segua le mie stesse orme. Voglio per lui una vita diversa, una vita migliore. Quindi, tenetemi informato sul comportamento di mio figlio." Salutò con molto garbo e andò via.
Non so quale processo educativo questo padre adottò nei confronti del figlio (non credo usò metodi di raffinata pedagogia), ma dal giorno successivo il ragazzo pare che mise la testa a posto, si diplomò e non seguì le orme del padre.
...sono tutti colpevoli gli attori..........
La pulsione è naturale, il sentimento lo si impara. I miti insegnavano il bene e il male, il giusto lo sbagliato; la nonna le raccontava, oggi i genitori non ascoltano i figli, li riempiono di giochi per senso di colpa. Un bambino ascolta i genitori fino a 12 anni circa e poi guarda solo gli esempi. Quando sono adolescenti è troppo tardi per chiedere ai figli perchè non parlano, visto che i genitori prima non parlavano a loro. Dialogo fra incoumunicanti.
Oggi è la letteratura che insegna il bene e il male il giusto e 'ingiusto, l'amore, la noia, il disagio.......
La formazione è la costruzione della personalità e a nessuno oggi gliene frega nulla.
Se i sentimenti non si sono formati su simboli di bene e male, accade che non viè risonanza fra psiche e gesto.
Non avere maturato i sentimenti significa averne impoverito il vocabolario,così il giovane disagiato si trova incomunicabile con i genitori e cerca amici con immaturi vocabolari sentimentali.Il bullo agisce per gesti proprio perchè è analfabeta di sentimenti, così come coloro che scambiano il corteggiamento con uno stupro.
La scuola istruisce al massimo, non forma. Istruire significa passare concetti mentali da testa a testa, non formare personalità.
Oggi lo studente italiano è quello che capisce meno un testo scritto. significa che legge ,ma non comprende ciò che legge.
I professori dovrebbero avere un "patentino" di preidoneità per insegnare, Devono avere carisma, passione e trascinare gli studenti. Classi al di sopra dei 15 studenti sono impraticabili dal punto di visto di una formazione, è impossibile seguirli ad uno ad uno classi superiori a i15 che arrivano a 30 e oltre,
La scuola pubblica è la programmazione di insensate scelte a cominciare dai ministeri.
la scuola è il luogo dell'occupazione sindacale degli insegnanti secondo graduatorie fantasmagoriche.
Lo Stato deve formare, per Costituzione, un uomo o un donna fino ai 18 anni di età.
Invece oggi si praticano test perdendo i temi.Nei temi scritti usciva la personalità, nei test, si cerca solo la prestazione.
allora:
quando si hanno genitori che non formano dialogando con i figli almeno fino ai 12 anni, formandoli nei sentimenti;
quando la scuola diventa il luogo per occupare delle persone chiamate insegnanti nella quasi totalità non sono "maestri" di vita, incapaci di comunicazione di carisma, di passione per le loro tematiche di insegnamento.
quando uno Stato invece di formare uomini e donne, crea degli analfabeti di sentimenti e di istruzione e serve come luogo per dar lavoro a personale definito "insegnanti";
quando i genitori fanno i sindacalisti dei propri figli ,a cui interessa solo che i figli passino gli esami
ci meritiamo la società che ne sortisce, compresi degli analfabeti di sentimenti, che reagiscono in gesti privi di buon senso, proprio perchè analfabeti di sentimenti, poveri di vocabolari, perchè se poco sai poco pensi e solo il gesto fisico diventa linguaggio. Così la fidanzatina non vuole più saperne, la si incendia, così come un migrante.Si è incapaci di comunicare con un insegnante anche fosse il proprio disprezzo, non si parla essendo analfabeti di parole e sentimenti e si agisce con il linguaggio che rimane ,la violenza del gesto.
Ci aspetta un meraviglioso futuro...............vedremo i figli dei bulli di oggi..............
Si, sono tutti un po' colpevoli :(
Soprattutto un ministro dell'interno che, nel ruolo di bullo, ci si crogiola :D....dando un cattivo esempio ai bambini :(
(http://i64.tinypic.com/13z7qyg.jpg)
la pratica quotidiana dei due minuti di odio (orwelliano) ,la riserviamo anche ai bambini
https://www.youtube.com/watch?v=-zOEdaSthHY
Analfabeti di sentimenti? Mah, sinceramente resto molto perplesso quando sento queste espressioni. Secondo me hanno poco senso, perché i sentimenti appunto si SENTONO, non si apprendono come l'alfabeto o come un qualsiasi sapere. Il bullo agisce come agisce solo perché c'è qualcuno più debole (fisicamente o moralmente) e di conseguenza egli ritiene che vessandolo può ottenere ciò che desidera, al bullo piace "vincere facile" ed avere la sensazione che gli altri siano in sua balia. E poi, in realtà la colpa di gran parte del bullismo deriva dal fatto che esiste un modello sociale considerato vincente a cui gli adolescenti dovrebbero uniformarsi: è il modello del giovane estroverso, attraente, spesso opportunista e furbo e chi invece è introverso, troppo educato e gentile è visto come "sfigato". E' la società con i suoi canoni che genera i bulli.
Sono d'accordo con Socrate78, anche se secondo me c'è una certa componente innata. Molti bambini piccolissimi sono prepotenti, in una certa misura lo siamo tutti. Quando questa predisposizione viene alimentata da rapporti sociali di dominanza-sudditanza affiorano certi comportamenti. Comportamenti che io ritengo gravissimi e ampiamente sottovalutati, oltre che ampiamente tollerati nelle scuole. Credo che siano sempre esistiti, ma negli ultimi anni perlomeno questo fenomeno è diventato un po' più d'attualità per la diffusione dei cellulari, e quindi dei video. Questo di per sé non risolve niente ma è già qualcosa.