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Come cambia il mondo?

Aperto da Jacopus, 09 Dicembre 2025, 12:14:49 PM

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Jacopus

CitazioneDovendo scegliere, nato senza mia colpa in una posizione intermedia, preferisco la forza, scandalosa e manifesta che cambia il mondo, a quella, non vista dai piu', che lo mantiene esattamente cosi' com'e'.
Il cambiamento storico dell'uomo è sempre stato uno dei miei interessi. Profitto di Niko per domandarvi se la forza è davvero ciò che cambia il mondo. Immaginiamo che ancora una volta in un paese si radichi il comunismo marxiano. Con la forza. É sufficiente per un cambiamento delle società profondo? Personalmente rispondo: no. Perché quella società che in modo pacifico o violento ha cambiato la struttura sociale è formata da individui che si sono "formati" nel corso di una storia precedente, fatta di culture, comportamenti, idee contrastanti che sono il sedimento del respiro lungo della storia. É con questo sedimento lungo che bisogna (anche) fare i conti quando si parla di cambiamento. Poiché altrimenti tutto il cambiamento diventa effimero, fragile.
Al lato opposto bisogna pur riconoscere che questo principio, se preso dogmaticamente, non permetterebbe mai alcun cambiamento. Da qualche parte bisogna pur iniziare. Ma senza dimenticare che spesso sul volto nuovo del cambiamento resta appiccicata la maschera della precedente società.
Non offro ricette risolutive ma mi piaceva sottolineare questo passo duplice della storia sociale, che già i greci avevano indicato in Chronos e Kairos.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Lou

#1
Citazione di: Jacopus il 09 Dicembre 2025, 12:14:49 PMIl cambiamento storico dell'uomo è sempre stato uno dei miei interessi. Profitto di Niko per domandarvi se la forza è davvero ciò che cambia il mondo. Immaginiamo che ancora una volta in un paese si radichi il comunismo marxiano. Con la forza. É sufficiente per un cambiamento delle società profondo? Personalmente rispondo: no. Perché quella società che in modo pacifico o violento ha cambiato la struttura sociale è formata da individui che si sono "formati" nel corso di una storia precedente, fatta di culture, comportamenti, idee contrastanti che sono il sedimento del respiro lungo della storia. É con questo sedimento lungo che bisogna (anche) fare i conti quando si parla di cambiamento. Poiché altrimenti tutto il cambiamento diventa effimero, fragile.
Al lato opposto bisogna pur riconoscere che questo principio, se preso dogmaticamente, non permetterebbe mai alcun cambiamento. Da qualche parte bisogna pur iniziare. Ma senza dimenticare che spesso sul volto nuovo del cambiamento resta appiccicata la maschera della precedente società.
Non offro ricette risolutive ma mi piaceva sottolineare questo passo duplice della storia sociale, che già i greci avevano indicato in Chronos e Kairos.
Domanda interessante.

Il respiro lungo della storia narra, ritengo, che nella forza sembrino risultare e convergere i cambiamenti sia storici ( è questo il conteso mi pare a cui alludi tu e niko), ma, estendendo il concetto di forza si dirama ovunque, anche a livello intimo, scientifico e altro - faccio esempi: la forza bruta, la forza lavoro, la forza del pensiero, la forza della cultura, la forza di non arrendersi, la forza di rialzarsi, pure la fisica annovera mille forze di cui l'universo in cui viviamo è intessuto a cui noi umanini nesiamo soggetti,  e potrei elencarne altre di dizioni di questo tipo, in ogni ambito.


Ora, se è nella forza che si sedimenta il cambiamento io non saprei dirlo, certo con la forza, a livello storico, le società nel tempo si sono rivoluzionate e son cambiate e in qualche modo emancipate, tuttavia ritengo che essa sia il focus entro cui il mutabile e l'immutabile possano giocarsi una bella partita. Una partita che potrebbe giocarsi su altro, in virtù di anelito a cambiamenti, tipo empatia, cooperazione e millemila altri aspetti su cui puntare. E, forse, invece di una partita a chi o cosa o come risulta più forte, potrebbe trasformarsi il mondo con delle danze e nuove melodie, più profonde di ogni "forza".

Una maschera innovativa più aderente al mutamento di quanto non siano quelle, forse, immutabili delle forze all' "Uomo del mio tempo".
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

niko

Citazione di: Jacopus il 09 Dicembre 2025, 12:14:49 PMIl cambiamento storico dell'uomo è sempre stato uno dei miei interessi. Profitto di Niko per domandarvi se la forza è davvero ciò che cambia il mondo. Immaginiamo che ancora una volta in un paese si radichi il comunismo marxiano. Con la forza. É sufficiente per un cambiamento delle società profondo? Personalmente rispondo: no. Perché quella società che in modo pacifico o violento ha cambiato la struttura sociale è formata da individui che si sono "formati" nel corso di una storia precedente, fatta di culture, comportamenti, idee contrastanti che sono il sedimento del respiro lungo della storia. É con questo sedimento lungo che bisogna (anche) fare i conti quando si parla di cambiamento. Poiché altrimenti tutto il cambiamento diventa effimero, fragile.
Al lato opposto bisogna pur riconoscere che questo principio, se preso dogmaticamente, non permetterebbe mai alcun cambiamento. Da qualche parte bisogna pur iniziare. Ma senza dimenticare che spesso sul volto nuovo del cambiamento resta appiccicata la maschera della precedente società.
Non offro ricette risolutive ma mi piaceva sottolineare questo passo duplice della storia sociale, che già i greci avevano indicato in Chronos e Kairos.


A me sinceramente, in questa sede, basterebbe che si capisse che, il comunismo marxiano, non cade come artificio contro natura, ma come artificio contro altro artificio.

Tempo contro altro tempo, storia contro altra storia. Si "instaura" laddove si instauro', a suo tempo il capitalismo, quindi, costruisce il comunismo, non si tratta di scrivere su un foglio bianco, ma di sovra-scrivere su un foglio infinitamente gia' scritto.
E certo, al fine di cambiare psicologie lungamente sedimentarie, avere tempo, anche per l'atto e il tentativo di provare a cambiarle, giova.

Poi, la "forza" non e' solo violenza, sebbene al limite possa essere anche, violenza.

Quindi sono disposto a parlare solo, ad di fuori di ogni riduzionismo che ponga:

Forza = violenza > in quanto a casa mia la forza, nel bene e nel male, e' molto di piu', della violenza.

Oppure:

Capitalismo = natura (che in quanto tale non deve giustificarsi, ne su un piano di realta' ne' su uno di efficienza fini e mezzi)

Comunismo = artificio (che in quanto tale, solo, deve giustificarsi sia come realta' che come efficienza efficacia).

O sono tutti e due artifici, e quindi tutti e due parimenti in condizione di giustificarsi, sia su un piano di realta' che su uno di idoneita' dei mezzi allo scopo ed efficienza, oppure io personalmente prendo congedo.

Con la fallacia naturalistica, si vince troppo facile.

Ma si gioca ad un gioco, che non e' passato, nemmeno, per il nichilismo.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

niko

#3
Tanto piu' che il comunismo marxiano viene a dare compimento al capitalismo, non a distruggerlo.

Non e' una critica distruttiva, ma una critica, come dicevo altrove, che sa vedere l'incompiuto intrinseco del presente e del monento presente laddove, altre, teorie non lo sanno vedere. E vi vedono, invece sempre e solo, un campo neutro o una natura eterna. Vedere l'incompiuto, e' il presupposto per dare compimento.

Il capitalismo attuale, in quanto freno alla produzione e alle svariate potenzialita' del lavoro umano, in quanto massa inerziale e zavorra del momento presente ha bisogno del comunismo.

Molto piu' di quanto abbia bisogno dei suoi sostenitori entusiasti e "formali" liberali e fascisti.

Il comunismo marxiano, e in fondo anche la figura di Marx stesso insomma, rispetto al capitalismo industriale otto-novecentesco quale contesto, e prodromo, e situazione di tutta la vicenda e' un po' come Gesu' Cristo rispetto alla legge ebraica: non viene a sovvertire, ma a dare compimento. Il che in entrambi i casi prevede, intrinsecamente, il riconoscimento dell'incompiuto nel presente anche quale valore, valore del presente in quanto (positivo) incompiuto, e non gia', o quantomeno non solo, la critica distruttiva. Chi non ci ha capito (proprio) niente, in entrambi i casi pensa... che venga a sovvertire. E su questa base costruisce facili, e consolanti teologie in un senso o nell'altro.

Quindi come tu, Jacopus sei interessato al cambiamento per come storicamente avviene, io, sono interessato al contestoe alla "situazione precedente" in cui questo avviene: ed e' sempre un contesto, se vogliamo "nichilistico" di artificio contro altro artificio, di psicologie radicate contro altre, psicologie radicate. Nulla e' primigeno, nulla e' rappresentativo della cosiddetta "natura umana" in modo particolare, nulla puo' essere descritto da un discorso che faccia a meno del concetto di forza, e anche, proprio come parte del concetto di forza: di quello di violenza.

Quando si scontrano, o si incontrano, o meglio ancora si completano, due concezioni del mondo differenti, si scontrano si incontrano e si completano, sempre, anche, almeno, due forze. Parlare dell'una, occultato o dando per scontata l'altra, e' sempre fuorviante.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Jacopus

Sono d'accordo su tutte le tue premesse, non credo che il capitalismo sia naturalisticamente insito nell'uomo, cosi come neppure il comunismo, poichè l'umano ha una struttura "naturalistica" sui generis. Se con un piede sta nella natura, con l'altro sta nella cultura e nella cultura ci puoi mettere tutto, dal comunismo, al capitalismo, all'anarcocooperativismo al mercato del baratto fino ai rituali del potlach. Ed è in questa struttura che si fonda il respiro lungo della storia. Idem rispetto al concetto di forza, che non identifico con violenza, ma che, talvolta, come hai fatto notare anche tu, può diventare violenza.

Prendiamo un esempio storico: La rivoluzione francese. Nel tempo del kairos vi fu un totale sovvertimento delle strutture di potere e saltarono parecchie teste. Senza quei "salti" dubito che la rivoluzione francese avrebbe potuto avere la stessa risonanza. La forza divenne "forzatura", costringere le teste ad entrare dentro l'apposito foro della ghigliottina, compreso il corpo del re, un corpo divino. Il cambiamento è prodigioso. Foucault inizia Sorvegliare e punire con il martirio di Damiens, che aveva provato ad uccidere il re, più o meno un secolo prima. Ora il corpo del re può essere manipolato, non è più divino. Il respiro lungo della storia, dopo varie restaurazioni che occuparono quasi un secolo, alla fine espresse il decreto: il potere non ha alcuna connessione con il divino, è roba immanente.
Altro esempio: la rivoluzione sovietica. Nel tempo del kairos, anche qui tutto sembra possibile. Si apre uno scenario mai visto prima, con tutte le possibilità a portata di mano. Poi il tempo di Kronos irrigidisce le scelte, e perpetua la mentalità culturale russa che ha bisogno di un capo indiscutibile, che rappresenta l'unità simbolica del popolo russo. Finita l'avventura, resta però, sedimentato nella storia di quel paese e quindi nella storia di quelle persone, il sogno di un mondo più giusto, che ad un certo punto è stato interrotto.

Heidegger li chiama "Holzwege", sentieri interrotti, laddove la storia si è messa di traverso ed è andata altrove, lasciando un pò di rassegnata nostalgia per quello che poteva essere e non è stato. La stessa cosa che accadde tra il I e il II secolo dopo Cristo, quando la filosofia stoica per poco non riuscì a prevalere sui riti e le tante teologie presenti nell'impero romano.

Vabbè mi sono perso nei meandri dei miei pensieri e non credo di essere stato molto chiaro. Pertanto mi fermo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

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