Menu principale

Ridere

Aperto da doxa, 28 Maggio 2025, 09:00:43 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

doxa

Ridere   :D

 
 "il cervello che ride. Neuroscienze dell'umorismo" è il titolo del saggio scritto dalla neuroscienziata Mirella Manfredi (Carocci edit.) per svelare i lati nascosti del fenomeno cognitivo inerente all'umorismo. A proposito di questo, ricordate il film "Io e Annie", diretto e interpretato da Woody Allen ?
 
 La trama: Alwy Singer è un attore comico che lavora per la radio e per la televisione. Ha successo, ma spesso viene coinvolto dalla depressione. Già messo in passato a dura prova da due matrimoni falliti, ha una storia con Annie Hall (interpretata dall'attrice Diane Keaton), intellettuale, carina, benestante, con ambizioni personali nel ramo dello spettacolo. Ambedue stanno sulla difensiva. Condividono interessi professionali, ma anche una certa instabilità emotiva.
 
 Nel divertente film la comicità è surreale, con riferimenti autobiografici, dialoghi scoppiettanti e spietati, bizzarri richiami alla sessualità, la malinconia e la nevrosi esistenziale.
 
 Woody Allen e Diane Keaton sono l'amalgama perfetto per rappresentare una coppia nevrotica e discontinua nel loro rapporto fatto di prendersi e lasciarsi.
 
 
E' vero che le donne s'innamorano di uomini che le fanno ridere, mentre gli uomini prediligono partner che ridono alle loro battute ?
 
 Studi neuroscientifici ed evoluzionistici hanno dimostrato come la capacità degli individui maschi di far ridere sia un tratto distintivo che attrae le femmine. Infatti l'umorismo è il risultato di complesse funzioni neuro-cognitive ed è associato ad un alto quoziente intellettivo. Di contro, l'opinione che gli uomini siano più divertenti delle donne è soltanto un pregiudizio culturale, che si palesa già in età scolare e che poi influenza per tutta la vita la percezione e la fruizione dell'umorismo sulla base di una distinzione di genere.
 
 Ridere insieme è un potente collante sociale, è utile a rendere più solide le relazioni in un gruppo. Una convincente conferma di questa finalità sociale è il fatto che nell'esperienza umoristica ha un ruolo importante l'empatia.
 
 La Manfredi nel suo citato libro dice che esiste un modello teorico in base al quale si distinguono quattro differenti forme di umorismo sociale:
 
 quello 
affiliativo, utile a facilitare i legami interpersonali;
 
 l'
autovalorizzante, che coglie gli aspetti comici in situazioni stressanti;
 
 l'
aggressivo, che denigra sarcasticamente gli altri;
 
 l'
autodistruttivo, denigra sé stesso per far ridere gli altri.
 
 Quindi se ridiamo, ridiamo sempre con e per gli altri, anche quando siamo soli, per esempio quando leggiamo alcuni post nel forum.
 
 Lo aveva già intuito, in parte, Sigmund Freud nel suo saggio sull'umorismo, pubblicato nel 1927. Questo psicoanalista proponeva, fra le altre, questa storiella:
 
 "Un re esce dal palazzo per recarsi in piazza ; qui, in mezzo alla folla, vede un uomo del popolo che gli somiglia in modo sorprendente; allora il re gli si rivolge e gli chiede: 'Vostra madre è mai stata a palazzo ?'; e quello fulmineo, gli risponde: 'No, ma c'è stato mio padre'."

doxa




"Castigat ridendo mores" (= ridendo, corregge i costumi, un modo di fare). La frase in lingua latina è del letterato francese Jean de Santeuil (XVII secolo), che la coniò per il busto di "Arlecchino" che doveva decorare il proscenio della Comédie italienne a Parigi. A volte si ripete la frase riferendola   a una persona che sa ammonire senza che le sue parole  offendano l'interlocutore.

La risata quotidianamente permea la nostra vita sociale. Ma come nasce la comicità? Ci sono alcuni che hanno la capacità di produrla, altri invece la generano loro malgrado; possiamo dire che i primi sono spiritosi e i secondi sono ridicoli. 

Il filosofo francese Henri-Louis Bergson (1859-1941), nato a Parigi da una famiglia ebraica di origini polacche, nel suo  saggio titolato "Il riso: saggio sul significato del comico" argomenta sulla risata. 

La sua analisi va oltre la semplice funzione di risposta al divertente. Egli ci invita a considerare l'azione del ridere come un fenomeno complesso che rivela molto delle nostre dinamiche interiori.

Secondo Bergson il fenomeno comico o umoristico è caratterizzato da tre aspetti: la meccanicità, l'insensibilità e la socialità.

Meccanicità. La comicità emerge quando notiamo in una persona un comportamento rigido, ripetitivo, quasi meccanico, che contrasta con la fluidità e l'adattabilità della vita umana. Questa "macchinosità" suscita  il sorriso perché evidenzia un'assenza momentanea di vitalità.

Insensibilità. la risata necessita di distanza emotiva. Dice che noi ridiamo per ciò che possiamo osservare con distacco.  Il comico, quindi, è un antidoto all'empatia, crea una barriera tra la nostra interiorità  e ciò che osserviamo.

Socialità. Ridere è un fenomeno sociale: ridiamo di altri e, spesso, in compagnia di altri. In questo senso, il riso diventa una forma gentile per correggere comportamenti che deviano dalle norme condivise.

Le teorie raggruppate in questa categoria, dette anche "della derisione" si basano per lo più sull'osservazione:  noi ridiamo delle debolezze di altre persone, soprattutto quelle dei nostri nemici. La risata nasce, infatti, nel momento in cui, confrontandoci vantaggiosamente con altri, ci sentiamo meno deboli, meno sfortunati, meno stupidi.

La risata prova l'inadeguatezza del beffato. Affinché la risata assolva a questa funzione è necessaria un po' d'insensibilità e la capacità di assistere come spettatori indifferenti  alle piccole disgrazie altrui. Chi ride non deve lasciarsi coinvolgere emotivamente dalla scena che lo diverte; deve momentaneamente  emarginare la pietà e la simpatia e porsi come spettatore.
Deve osservare  le vicende altrui come fossero uno spettacolo cui assistiamo.

doxa

Ridere è una risposta emotiva che comunica stati d'animo, è un gesto che esprime allegria. E' motivato da situazioni divertenti, barzellette, ecc..

La risata può anche essere oggetto di riflessione filosofica. E penso ad Aristotele. Nel suo trattato titolato "Poetica", scritto per uso didattico tra il 334 e il 330 a. C.. Lo progettò in due libri per definire i generi letterari e teorizzare sull'arte teatrale, distinta dall'etica e dalla morale. Analizza i loro elementi strutturali, le funzioni e i loro effetti sullo spettatore.

Dei due libri se ne conosce soltanto uno, quello dedicato alla tragedia, intesa come l'opera letteraria in cui si narrano fatti e azioni con eroi come protagonisti.

Del secondo libro, dedicato alla commedia, non se ne sa nulla.

Umberto Eco la presunta commedia aristotelica l'ha collocata al centro del suo romanzo "Il nome della rosa". L'omonimo film è del 1986, ambientato in un'abbazia benedettina del XIV secolo. Ci sono mistero e thriller con riflessioni filosofiche e teologiche.

La trama si svolge nel 1327 all'interno di un'abbazia benedettina medievale. E' narrata dal protagonista, il frate Adso da Melk, che ormai anziano racconta le vicende accadute al monastero, e le indagini condotte dal suo maestro, Guglielmo da Baskerville, frate francescano inglese, discepolo di Bacone e amico di Ockham, viene inviato in missione diplomatica in un monastero benedettino dell'Italia settentrionale, con l'obiettivo di tentare di dirimere la controversia religiosa tra francescani spirituali e la Chiesa d'Avignone. Lì si imbatte in misteriosi omicidi, di cui, nonostante gli impedimenti delle autorità del monastero, cercherà di scoprire il colpevole. Non cederà alla spiegazione soprannaturale del castigo divino, ricercando attraverso degli indizi empirici l'assassino.

L'intera vicenda si sviluppa in sette giorni, che Adso nelle sue memorie suddivide secondo la scansione del giorno della regola benedettina (mattutino e laudi, ora terza, ora sesta, ora nona, vespri, compieta).

Guglielmo da Baskerville, monaco inglese ed ex inquisitore ha l'incarico di mediare un incontro tra francescani, protetti dall'imperatore Ludovico il Bavaro, e gli emissari del papa di Avignone, Giovanni XXII. Il monaco inglese e il suo allievo giungono all'abbazia, dove, durante la loro permanenza di una settimana, vengono uccisi sette monaci: tutti i delitti sembrano ruotare attorno alla biblioteca del monastero, che nasconderebbe un misterioso segreto. 

Indaga anche l'inquisitore Bernardo Gui, che condanna al rogo due monaci (ex eretici dolciniani) e una donna, accusandoli degli omicidi senza avere prove valide. 

Guglielmo da Baskerville, con l'aiuto del suo allievo, scopre il vero responsabile e il movente: tenere nascosta la scoperta ed evitare la lettura del secondo libro della Poetica di Aristotele. 




La morte dei monaci  è collegata all'ipotetico secondo libro della Poetica, quello riguardante la commedia, nel quale vengono esaltati il divertimento e il riso, all'epoca inconcepibili, perché come dice Jorge, il bibliotecario: "il riso uccide la paura e senza la paura non ci può essere la fede".

A seguito di un incendio divampato accidentalmente e del successivo ritrovamento di un gatto nero e di un gallo morto, animali spesso usati di riti satanici, causa la mentalità chiusa del tempo, condizionata dalla religione, quelle morti vengono attribuite all'intervento di forze demoniache e queste vengono percepite come presagi dell'Apocalisse.

Vengono accusati degli omicidi una giovane ragazza (considerata una strega), Salvatore, un monaco mentalmente ritardato, e Fra' Remigio, un ex dolciniano (l'ordine dei dolciniani che predicava la povertà della Chiesa come quello francescano).

I tre vengono dichiarati eretici e condannati al rogo.

Il bibliotecario, Jorge da Burgos, sembra ossessionato dal tema del ridere. E alla fine si scopre che è  proprio lui l'artefice delle morti: aveva avvelenato le pagine del libro in questione con l'arsenico nell'inchiostro, in modo tale che chiunque avesse ingerito l'inchiostro (era normale leccarsi le dita prima di voltare le pagine), sarebbe morto. 

Jorge cieco, è in la metafora della fede cieca, che non ammette compromessi.
 
 


Il bibliotecario, che veglia, arcigno, sulla labirintica biblioteca nel monastero è ossessionato dal potere satanico e immorale del riso, al punto da avvelenare le pagine dell'unica copia esistente del misterioso secondo libro della Poetica di Aristotele, dedicato alla commedia e al ridere.

Guglielmo da Baskerville  riesce infine a trovare la soluzione dell'enigma, nonostante ciò non riesce ad  evitare la morte di Salvatore e Remigio.



Nel Medioevo i libri in circolazione erano pochi e  quasi tutti custoditi in  monasteri e conventi. Venivano trascritti a mano dagli amanuensi negli scriptorium. Capitava che potessero essere distrutti da un incendio.
 
"Il nome della rosa" è un romanzo di ambientazione storica, ma è anche un romanzo di argomento filosofico (sulle possibilità della ragione umana di conoscere la realtà naturale o divina) o, anche, di argomento filologico, che riguarda  la storia della tradizione letteraria e culturale: contiene un'ipotesi immaginifica sul destino di quel secondo libro (la commedia) facente parte  della Poetica di Aristotele, la cui esistenza era stata postulata da alcune testimonianze antiche.

doxa

Nel Medioevo dei noti proverbi evidenziavano che il riso fosse una caratteristica degli sciocchi: "risus abundat in ore stultorum".

Anche negli affreschi del Medioevo e nei dipinti del Rinascimento di volti sorridenti ce ne sono pochi.

Il riso era percepito come un'attività che perturbava la mente, perciò da non esibire troppo.

Nel nostro tempo l'etologa Elisabetta Palagi, docente nell'Università di Pisa, insieme al neuroscienziato Fausto Caruana hanno elaborato e pubblicato il libro titolato: "Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale" (edit. Il Mulino).

Questo testo argomenta sul ridere considerato da diverse prospettive: neuroscienze, etologia, filosofia, psicologia sociale e linguistica.

I due autori inficiano alcuni luoghi comuni, secondo i quali il riso sarebbe una prerogativa esclusiva degli esseri umani o che il ridere sia connesso all'humor.

 
 Anche i cani possono emettere un suono simile a una risata, in particolare quando giocano. Il loro "ridere" è un ansimare, emettono un suono del tipo "hhuh, hhah" per invitare gli umani e gli altri cani a giocare.
 
 La risata dei cani è abbinata a un linguaggio del corpo che invita a giocare, come inchini, una zampa che si protende verso di te o salti con atteggiamento rilassato.
 Sono state osservate diverse specie animali che "ridono".
 
 I ratti quando giocano o ricevono il solletico emettono vocalizzazioni a ultrasuoni che sono l'equivalente del nostro riso, secondo il neuroscienziato estone-americano Jaak Panksepp.
 
 I Bonobo sono scimmie appartenenti alla famiglia degli ominidi. Essi fanno giochi durante i quali ridono o sorridono anche durante le loro attività erotiche.
 
 La "iena ridens" (= iena maculata), carnivoro dell'Africa subsahariana, ha espressioni a bocca aperta simili alle risate, associate a suoni acuti. Esse regolano le interazioni ludiche in giovani e adulti.
 
 Ridere è una questione animale e le somiglianze riguardano anche le espressioni facciali: angoli della bocca all'insù, denti scoperti, guance "arricciate" che formano rughe attorno agli occhi.
 
 La risata è involontaria, incontrollata. Gli autori del su citato libro dicono che ridere non è soltanto un improvviso sfogo di energia da parte del sistema nervoso, a seguito di un rilascio di tensione. Il riso ha origini sociali e si sarebbe evoluto come strumento di condivisione non linguistica di stati d'animo tra compagni di gruppo, come quando un animale sbadiglia e presto tutti i suoi simili fanno lo stesso. Succede anche a noi umani e persino con specie diverse: provate a sbadigliare con il vostro cane!
 
 Anche la risata è contagiosa, il vantaggio è chiaro: faccio mio e ripeto ciò che vedo sulla tua faccia, così entriamo in sintonia e ci coordiniamo, nel gioco e in altre attività sociali.
 E' interessante la risata di cortesia tra due persone che chiacchierano, senza che vi sia nulla di realmente comico in ciò che si stanno dicendo: è una sorta di punteggiatura del discorso che dà la cadenza, le pause, le sottolineature.
 
 Se capiamo una battuta significa che possediamo i codici culturali di decodifica dei nostri pari, e se non l'abbiamo capita, a volte ridiamo comunque per non sentirci esclusi.
 Ridere è l'espressione di uno stato emozionale ma anche comunicativo e sociale.
 
 L'interazione sociale tra due o più persone è una relazione sociale o relazione interpersonale di tipo cooperativo o competitivo, orienta le loro azioni e reazioni, caratterizzate dalla durata, l'intensità e la ripetitività nel tempo.
 
 L'interazione sociale è determinante nelle relazioni umane e nella costruzione delle identità individuali e collettive. Attraverso essa, le persone trasmettono e ricevono informazioni, esprimono emozioni, stabiliscono norme e valori e sviluppano abilità sociali. Inoltre, l'interazione sociale può avere effetti sia positivi che negativi sul benessere psicologico ed emotivo delle persone. Essa non si limita solo alle relazioni personali, ma comprende anche fenomeni più ampi come i processi di socializzazione, il conformismo sociale, l'influenza di gruppo e le dinamiche di potere. Inoltre, l'interazione sociale può variare ampiamente in termini di natura e contesto, informale o formale, individuale o di gruppo, e può comportare diversi livelli di intimità e vicinanza interpersonale.

daniele22

Citazione di: doxa il 28 Maggio 2025, 09:00:43 AMRidere  :D

 
 "il cervello che ride. Neuroscienze dell'umorismo" è il titolo del saggio scritto dalla neuroscienziata Mirella Manfredi (Carocci edit.) per svelare i lati nascosti del fenomeno cognitivo inerente all'umorismo. A proposito di questo, ricordate il film "Io e Annie", diretto e interpretato da Woody Allen ?
 
 La trama: Alwy Singer è un attore comico che lavora per la radio e per la televisione. Ha successo, ma spesso viene coinvolto dalla depressione. Già messo in passato a dura prova da due matrimoni falliti, ha una storia con Annie Hall (interpretata dall'attrice Diane Keaton), intellettuale, carina, benestante, con ambizioni personali nel ramo dello spettacolo. Ambedue stanno sulla difensiva. Condividono interessi professionali, ma anche una certa instabilità emotiva.
 
 Nel divertente film la comicità è surreale, con riferimenti autobiografici, dialoghi scoppiettanti e spietati, bizzarri richiami alla sessualità, la malinconia e la nevrosi esistenziale.
 
 Woody Allen e Diane Keaton sono l'amalgama perfetto per rappresentare una coppia nevrotica e discontinua nel loro rapporto fatto di prendersi e lasciarsi.
 
 
E' vero che le donne s'innamorano di uomini che le fanno ridere, mentre gli uomini prediligono partner che ridono alle loro battute ?
 
 Studi neuroscientifici ed evoluzionistici hanno dimostrato come la capacità degli individui maschi di far ridere sia un tratto distintivo che attrae le femmine. Infatti l'umorismo è il risultato di complesse funzioni neuro-cognitive ed è associato ad un alto quoziente intellettivo. Di contro, l'opinione che gli uomini siano più divertenti delle donne è soltanto un pregiudizio culturale, che si palesa già in età scolare e che poi influenza per tutta la vita la percezione e la fruizione dell'umorismo sulla base di una distinzione di genere.
 
 Ridere insieme è un potente collante sociale, è utile a rendere più solide le relazioni in un gruppo. Una convincente conferma di questa finalità sociale è il fatto che nell'esperienza umoristica ha un ruolo importante l'empatia.
 
 La Manfredi nel suo citato libro dice che esiste un modello teorico in base al quale si distinguono quattro differenti forme di umorismo sociale:
 
 quello
affiliativo, utile a facilitare i legami interpersonali;
 
 l'
autovalorizzante, che coglie gli aspetti comici in situazioni stressanti;
 
 l'
aggressivo, che denigra sarcasticamente gli altri;
 
 l'
autodistruttivo, denigra sé stesso per far ridere gli altri.
 
 Quindi se ridiamo, ridiamo sempre con e per gli altri, anche quando siamo soli, per esempio quando leggiamo alcuni post nel forum.
 
 Lo aveva già intuito, in parte, Sigmund Freud nel suo saggio sull'umorismo, pubblicato nel 1927. Questo psicoanalista proponeva, fra le altre, questa storiella:
 
 "Un re esce dal palazzo per recarsi in piazza ; qui, in mezzo alla folla, vede un uomo del popolo che gli somiglia in modo sorprendente; allora il re gli si rivolge e gli chiede: 'Vostra madre è mai stata a palazzo ?'; e quello fulmineo, gli risponde: 'No, ma c'è stato mio padre'."

Ah ah ah ah aaaah ... Ciao doxa, intervento certamente interessante ... il gioco ... direi che mi sento un anticristo conservatore ah ah ah ah aaaaaa!