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Pettegolare

Aperto da doxa, 31 Maggio 2025, 17:06:07 PM

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doxa

Pettegolezzo, maldicenza, gossip:   "chiacchiere" inopportune o indiscrete nei confronti di altre persone.
Secondo il dizionario "Treccani" l'aggettivo pettegolo deriva da "peto", per allusione all'incontinenza verbale delle persone pettegole, che con malizia o per  "curiosità" informano, "offrono" notizie riguardanti la vita o il comportamento di altre persone.

Il pettegolo o la pettegola deve soddisfare l'insopprimibile voglia di sbirciare e origliare nelle vite altrui, di guardare dal buco della serratura.



Ma perché il pettegolezzo, lo scambio di informazioni personali sugli assenti, è presente nelle società umane ?  In un gruppo i giudizi informali sui comportamenti  altrui sono considerati una forma di controllo sociale.

Uno studio recente, titolato: "Explaining the evolution of gossip", basato su principi della teoria matematica dei giochi, suggerisce che la diffusione di informazioni sulla reputazione degli altri individui induca un numero maggiore di persone a condizionare il proprio comportamento alla reputazione altrui: ciascuno tende a comportarsi in modo più cooperativo nei confronti dei pettegoli al fine di migliorare la propria reputazione.

Le persone sono più propense a cooperare con chi diffonde il pettegolezzo, perché mirano a proteggersi evitando di cadere vittime delle dicerie.

doxa

Nel precedente post ho scritto che il gossip, il pettegolezzo  è una modalità del controllo sociale. E' anche una modalità per la conoscenza degli altri. Si dicono cose che s'immaginano per poter verificare se siano vere.

Il sesso è un tema classico del pettegolezzo.

L'arte del pettegolezzo richiede abilità, intuito, capacità di instillare in chi ascolta un sospetto, un dubbio. La regola fondamentale: qualsiasi cosa diciate, siate convincenti, la verità non conta. Solleticate l'immaginazione altrui. Ogni individuo ha un punto debole, un punto di minore resistenza. E' solitamente un'insicurezza, chi la trova può agire per far comportare gli altri a proprio piacimento.

Il pettegolezzo può essere utile e intrigante, ludico, divertente.

La cosiddetta "cronaca rosa" si occupa di fatti legati alle relazioni personali, agli incontri che si presentano in forma pubblica, ed è attività giornalistica. Invece il pettegolezzo (parola che deriva dal dialetto veneto, dal lemma "petegolo", e significa piccolo peto) spesso si basa su congetture, illazioni, insinuazioni attorno a persone di cui nulla si sa con esattezza, e per le quali è certa solo la deliberata decisione di distruggerne o farne vacillare la credibilità o moralità. La parola può ferire psicologicamente, può suscitare dolore. Di solito non si bada alle conseguenze di un pettegolezzo malevolo e quanto male può fare.

Una battuta può far ridere, il pettegolezzo mai, perché sottende malevolenza. E può rovinare la vita di chi le subisce.

La diffusione di "voci", apprezzamenti poco lusinghieri, critiche, è subdola e gli artefici della maldicenza restano nell'ombra, al riparo dalle responsabilità.

Ci sono i pettegoli occasionali, facili da scoprire perché lasciano tracce di sé, e maligni "specialisti", più difficili da sorprendere perché sanno a chi fare le loro confidenze, quali sono i momenti e le situazioni migliori.

Il gossip è una forma insidiosa di aggressività verbale. Chi critica di solito vuol mettere in "cattiva luce" una persona presso altri.

Molte volte i pettegolezzi "pesanti" negli ambienti di lavoro servono per dire cose che è vietato dire o non è educato dire; oppure, che altri (i ricettori del pettegolezzo) vogliono sentir dire ma non vogliono mostrare di sapere, o viceversa, che vogliono sapere ma non sentir dire pubblicamente.

La legge sulla privacy impedisce di divulgare notizie riguardanti l'ambito sessuale di una persona.

Se qualche pettegolezzo malevolo ogni tanto è comprensibile e tollerabile, in quanto è un modo per scaricare l'aggressività, diverso è invece il caso dei maldicenti abitudinari che sparlano di tutti. Danneggiano gli altri ma anche se stessi. Il loro comportamento suscita reazioni negative e la loro frustrazione aumenta.

Tre modi per non farsi ferire.

Il pettegolezzo si diffonde per vie traverse. La maldicenza è un nemico difficile da combattere.  Si può reagire evitando di farsi travolgere dalla collera, tormentare dall'ansia e deprimere  dalla tristezza.

Se la maldicenza è fondata è bene riflettere con calma. Se invece è infondata è evidente che il maldicente è in errore, oppure parla per invidia, gelosia o frustrazione.
Il fatto di riuscire a tenere sotto controllo i propri pensieri non elimina la maldicenza ma ne riduce gli effetti.

Le cattiverie nell'ambito lavorativo possono essere logoranti, intollerabili. Si critica lo stile di vita di un collega, il suo modo di lavorare, la sua vita intima, ecc..

Le reazioni  ostili sono comprensibili ma non ci devono indurre a compiere atti aggressivi che possano danneggiarci: bisogna clamarsi, ammettere che non possiamo essere apprezzati da tutti, riconoscere che anche gli altri sbagliano o sono vittime delle loro emozioni o frustrazioni.

I pensieri inibenti. L'inibizione ci induce a non rispondere (a volte è meglio) ma anche a sottovalutarci, a deprimerci, a non aver fiducia nelle nostre possibilità, il che è male.
I pensieri di rinuncia. "Non voglio più vederlo né parlargli". La fuga dalle situazioni in cui si può incontrare la persona temuta fa di noi dei perdenti e ci danneggia soprattutto sul lavoro. Identificare i pensieri che portano alla fuga è il primo passo per riprendere il controllo della situazione e pensare a strategie produttive.

daniele22

Citazione di: doxa il 31 Maggio 2025, 17:40:10 PMNel precedente post ho scritto che il gossip, il pettegolezzo  è una modalità del controllo sociale. E' anche una modalità per la conoscenza degli altri. Si dicono cose che s'immaginano per poter verificare se siano vere.

Il sesso è un tema classico del pettegolezzo.

L'arte del pettegolezzo richiede abilità, intuito, capacità di instillare in chi ascolta un sospetto, un dubbio. La regola fondamentale: qualsiasi cosa diciate, siate convincenti, la verità non conta. Solleticate l'immaginazione altrui. Ogni individuo ha un punto debole, un punto di minore resistenza. E' solitamente un'insicurezza, chi la trova può agire per far comportare gli altri a proprio piacimento.

Il pettegolezzo può essere utile e intrigante, ludico, divertente.

La cosiddetta "cronaca rosa" si occupa di fatti legati alle relazioni personali, agli incontri che si presentano in forma pubblica, ed è attività giornalistica. Invece il pettegolezzo (parola che deriva dal dialetto veneto, dal lemma "petegolo", e significa piccolo peto) spesso si basa su congetture, illazioni, insinuazioni attorno a persone di cui nulla si sa con esattezza, e per le quali è certa solo la deliberata decisione di distruggerne o farne vacillare la credibilità o moralità. La parola può ferire psicologicamente, può suscitare dolore. Di solito non si bada alle conseguenze di un pettegolezzo malevolo e quanto male può fare.

Una battuta può far ridere, il pettegolezzo mai, perché sottende malevolenza. E può rovinare la vita di chi le subisce.

La diffusione di "voci", apprezzamenti poco lusinghieri, critiche, è subdola e gli artefici della maldicenza restano nell'ombra, al riparo dalle responsabilità.

Ci sono i pettegoli occasionali, facili da scoprire perché lasciano tracce di sé, e maligni "specialisti", più difficili da sorprendere perché sanno a chi fare le loro confidenze, quali sono i momenti e le situazioni migliori.

Il gossip è una forma insidiosa di aggressività verbale. Chi critica di solito vuol mettere in "cattiva luce" una persona presso altri.

Molte volte i pettegolezzi "pesanti" negli ambienti di lavoro servono per dire cose che è vietato dire o non è educato dire; oppure, che altri (i ricettori del pettegolezzo) vogliono sentir dire ma non vogliono mostrare di sapere, o viceversa, che vogliono sapere ma non sentir dire pubblicamente.

La legge sulla privacy impedisce di divulgare notizie riguardanti l'ambito sessuale di una persona.

Se qualche pettegolezzo malevolo ogni tanto è comprensibile e tollerabile, in quanto è un modo per scaricare l'aggressività, diverso è invece il caso dei maldicenti abitudinari che sparlano di tutti. Danneggiano gli altri ma anche se stessi. Il loro comportamento suscita reazioni negative e la loro frustrazione aumenta.

Tre modi per non farsi ferire.

Il pettegolezzo si diffonde per vie traverse. La maldicenza è un nemico difficile da combattere.  Si può reagire evitando di farsi travolgere dalla collera, tormentare dall'ansia e deprimere  dalla tristezza.

Se la maldicenza è fondata è bene riflettere con calma. Se invece è infondata è evidente che il maldicente è in errore, oppure parla per invidia, gelosia o frustrazione.
Il fatto di riuscire a tenere sotto controllo i propri pensieri non elimina la maldicenza ma ne riduce gli effetti.

Le cattiverie nell'ambito lavorativo possono essere logoranti, intollerabili. Si critica lo stile di vita di un collega, il suo modo di lavorare, la sua vita intima, ecc..

Le reazioni  ostili sono comprensibili ma non ci devono indurre a compiere atti aggressivi che possano danneggiarci: bisogna clamarsi, ammettere che non possiamo essere apprezzati da tutti, riconoscere che anche gli altri sbagliano o sono vittime delle loro emozioni o frustrazioni.

I pensieri inibenti. L'inibizione ci induce a non rispondere (a volte è meglio) ma anche a sottovalutarci, a deprimerci, a non aver fiducia nelle nostre possibilità, il che è male.
I pensieri di rinuncia. "Non voglio più vederlo né parlargli". La fuga dalle situazioni in cui si può incontrare la persona temuta fa di noi dei perdenti e ci danneggia soprattutto sul lavoro. Identificare i pensieri che portano alla fuga è il primo passo per riprendere il controllo della situazione e pensare a strategie produttive.
Ciao doxa ... non amo molto i pettegolezzi perché non amo, come dici, le alleanze assai strambe che questi possono generare. Mettici pure che sono un anarcoide e chiudiamo il cerchio. Ma nel mentre che facciamo grooming?

doxa

Ciao Daniele. 

Il sociologo e filosofo tedesco Georg Simmel (1858 – 1918), uno dei padri fondatori della sociologia.  nel saggio titolato: "Il segreto e le società segrete" (compreso nella sua  più ampia opera "Soziologie", pubblicata nel 1908) esamina le varie forme della socialità, individuando nel segreto  e di quanto ognuno sa e di quanto ciascuno ignora dell'altro, la base dei rapporti interpersonali.

La parte principale del libro è dedicata alle società "segrete", fra le quali la massoneria, "teleologicamente" orientata alla ricerca del 'segreto'.

L'autore discetta anche sul segreto che aleggia nei rapporti interpersonali. 

La discrezione e il segreto hanno un ruolo importante nelle relazioni con gli altri (famigliari, amicali, affettivi e amorosi), perché ciascuno di noi ha bisogno di una protezione in cui celarsi, al fine di tutelare la propria intimità.

Gli individui temono l'eccesso di intimità. Ognuno la costruisce più o meno consapevolmente. La tendenza naturale di ciascuno è quella di circoscrivere lo spazio personale da non condividere  con gli altri, lo spazio inviolabile.

Tollerare la segretezza dell'altro, non volerne scoprire i segreti, accettarne la molteplicità senza viverla come un tradimento è un'arte difficile da imparare e da praticare. Invece, specie nelle relazioni intime, spesso c'è la pretesa di conoscere tutto dell'altro/a, con conseguente sentirsi offeso quando si scopre che un segreto ci è stato celato.

Ognuno di noi sa di avere segreti per l'altro, ma presuppone che l'altro non ne abbia e ci si sente traditi ogni volta che scopriamo segreti: dunque, c'è sempre una "zona d'ombra" in ogni relazione,  per questo l'individualità è una pianta che si sviluppa meglio nella zona intermedia fra luce e ombra e perisce se esposta eccessivamente al sole.

Se è vero che la "conoscenza reciproca", come scrive Simmel, è la necessità primaria di ogni interazione, è comunque ambivalente, e scoprire un segreto nascosto significa capire la non trasparenza dell'altro/a.

Lo scrittore Domenico Starnone nel suo romanzo "Confidenza", spiega come sia complicato custodire un segreto: Pietro, trentenne professore di liceo, si lega a Teresa, sua allieva, di dieci anni più giovane. Dopo una litigata causata dalla gelosia, Teresa propone al suo partner un patto: ciascuno di loro due rivelerà all'altro un proprio segreto, e questo li terrà legati oltre la fine della relazione. Con il passare degli anni, per Pietro diventerà fonte di crescente ansia quando, dopo essersi sposato con un'altra e aver compiuto una discreta carriera come saggista, teme che il suo segreto possa essere rivelato così da distruggere la propria reputazione.
Il romanzo consente di intravedere quanto sia complesso il rituale del segreto: lega e divide, unisce e disgiunge.

Indipendentemente dal suo contenuto, il segreto è una forma di potere, permette la costruzione del Noi tramite la condivisione di segreti. Perciò è necessario difenderli e ... usarli,  sapendo che il segreto serve come moneta di scambio per creare relazioni, amicizie.

daniele22

Ciao doxa. Non conosco la massoneria, ma se è teleologicamente orientata alla ricerca del segreto lo farà partendo da una base che a noi è segreta, o almeno per certo è segreta a me ... grazie comunque per info ... ma pensa un po', io pensavo che ce l'avesse già, il segreto appunto.. aah! ah ah!
Ti dirò comunque che anche il mio modo di pensare è assimilabile al teleologico, ma la base da dove parto io non è segreta, bensì pubblica.
Nei rapporti interpersonali, dal momento che ritengo che sia impossibile conoscere sé stessi, lo stesso schema vale pure per l'"altro". C'è quindi un limite di comprensione che non dipende certo da un nostro difetto; un limite stabilito cioè dalla struttura del pensiero, ovvero il pensiero che ambisce.
Personalmente non amo condividere "segreti" (intendi l'insieme delle cose più o meno intime, o più estesamente, personali), valutando comunque volta per volta una eventuale condivisione. Parto in un certo senso dal presupposto che quando lo sa uno possono saperlo in molti. Bisogna dire in ogni caso che ci sono persone che sentono il bisogno di confidare, e questo è comprensibile. Pertanto, contrariamente a Simmel non sarei in linea di massima favorevole alla custodia dei segreti condivisi come fondo di coesione poiché prima o poi può essere che questi ti presentino conti indesiderati, basti pure l'ansia del personaggio del romanzo che hai citato ... e si potrebbe dirne altre, sarei curioso di sentire Ipa
zia