Fallacia naturalistica

Aperto da Jacopus, 25 Luglio 2025, 22:42:32 PM

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Jacopus

Assimilare natura e cultura comporta anche un altro problema di difficile soluzione. Se tutto ciò che è culturale è "naturale" (cioè ovvio, imprescindibile, necessitato, come quando si dice "fa parte della sua natura), allora si può giustificare la shoah, il genocidio dei palestinesi, i totalitarismi, il divieto della donna di andare in chiesa quando ha il ciclo mestruale, la sotto posizione alla decima, il taglio della mano verso i ladri e così via.
Insomma torniamo alla "notte delle vacche tutte nere", o come diceva frate Antonino da Scasazza "È uguaglio".
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alberto Knox

Citazione di: Jacopus il Oggi alle 10:33:09 AMAssimilare natura e cultura comporta anche un altro problema di difficile soluzione. Se tutto ciò che è culturale è "naturale" (cioè ovvio, imprescindibile, necessitato, come quando si dice "fa parte della sua natura), allora si può giustificare la shoah, il genocidio dei palestinesi, i totalitarismi, il divieto della donna di andare in chiesa quando ha il ciclo mestruale, la sotto posizione alla decima, il taglio della mano verso i ladri e così via.
Insomma torniamo alla "notte delle vacche tutte nere", o come diceva frate Antonino da Scasazza "È uguaglio".
ma qui si ritorna al vecchio dramma umano. ciò che ci da la facoltà di erigere ponti e costruire astronavi è la stessa facoltà che ci rende capaci di costruire armi di sterminio. La stessa facoltà che ci pone al vertice della scala evolutiva è la stessa che ci pone al di sotto di tutte le altre scale evolutive. Dire che la cultura è un prodotto del comportamento sociale naturale umano poi non significa assimilarlo come per dire che sono la medesima cosa. Non era naturale che l'uomo potesse volare nello spazio.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Phil

Spunto: c'è stato anche chi (Dewey, etc.) ha parlato di «naturalismo culturale», intendendo la cultura come sviluppo naturale per la specie umana, quindi risolvendo il dualismo tramite una "naturalizzazione" della cultura. Ciò smarca da dilemmi interpretativi anche l'analisi di comportamenti animali che sembrano essere un po' "culturali", al netto della differente complessità sociale rispetto all'uomo.
Ovviamente tale naturalismo culturale non incappa nella fallacia naturalistica, anzi sottolinea indirettamente l'importanza di non incapparci, nel momento in cui tale continuità non viene ingenuamente letta come fondamento teoretico dei differenti, e talvolta divergenti, consolidamenti culturali.

Jacopus

#48
Breve intermezzo mitologico per dire in modo diverso come la cultura nasca necessariamente dalla natura, per poi diventare un dominio autonomo dalla natura.
 
I centauri erano rozzi, violenti, vicini allo stato di natura hobbesiano, ma c'era Chirone, centauro saggio, primo curatore e maestro di Asclepio, divinità protettrice della medicina, ma anche guaritore di Achille. E il nome Chirone fa riferimento alla "mano" (Chiro). Per superare lo stato di natura, la mitologia suggerisce che non basta il solito cervello ma serve anche una mano abile per costruire manufatti, per curare, per guidare carri, accendere fuochi. E Chirone, colpito accidentalmente da una freccia avvelenata, dona la sua immortalità a Prometeo, l'inventore e il protettore della technè, che era diventato mortale come condanna per aver donato il fuoco ai mortali (ma verrà legato e condannato a vedere il suo fegato mangiato per sempre da un'aquila). Prometeo, il Dio dei manufatti e della trasformazione tecnica del mondo.

Cervello, mano prensile, occhi capaci di sguardo tridimensionale, laringe in grado di emettere suoni diversificati, organi in grado di sopravvivere per un numero sufficiente di anni per accumulare esperienza da trasmettere alle generazioni successive. Come già scritto, se visto in questo modo, la cultura umana non nasce con la scrittura, appena 5000 anni fa, ma 3 milioni di anni fa, con Lucy prima australopicina a reggersi su due arti. Ma il fatto che vi sia questo fondamento naturale nella cultura, non esime dal dire che "oggi" la cultura non è più "natura" e ciò ci chiama a un discorso di responsabilità, data dal fatto che possiamo scegliere che "cultura" intraprendere.

 Pensare invece alla cultura come (solo) natura, è ideologia al servizio del potere dominante  totalitario oppure ideologia al servizio di un futuro potere dominante totalitario. Sull'altro lato del dissidio vi è l'uomo artificiale di Hobbes, il Leviatano, che artificialmente (ovvero culturalmente) impone la sua volontà. In questo modo è come se fossimo fra "Scilla" della Natura come legittimazione del potere totalitario e "Cariddi" della Cultura come legittimazione dell'autonomia culturale da ogni fondamento e quindi "potenzialmente" anch'esso totalitario. Non era del resto Hobbes il paladino dell'Assolutismo?
Insomma, un bel dilemma.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Alberto Knox

Citazione di: Jacopus il Oggi alle 16:28:51 PMPensare invece alla cultura come (solo) natura, è ideologia al servizio del potere dominante  totalitario oppure ideologia al servizio di un futuro potere dominante totalitario. Sull'altro lato del dissidio vi è l'uomo artificiale di Hobbes, il Leviatano, che artificialmente (ovvero culturalmente) impone la sua volontà. In questo modo è come se fossimo fra "Scilla" della Natura come legittimazione del potere totalitario e "Cariddi" della Cultura come legittimazione dell'autonomia culturale da ogni fondamento.
Un bel dilemma.
E poi c'è un altro punto di vista del dissidio che non vede la natura (solo) come volontà di potenza e che quindi non giustifica la volontà di potenza della dittatura e dei regimi totalitari. Tutto sta a come si intende la natura immagino. La quale non è soltando estensione (res extensa) ma è anche pensiero (res cogitans). 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

anthonyi

Citazione di: Jacopus il Oggi alle 10:33:09 AMAssimilare natura e cultura comporta anche un altro problema di difficile soluzione. Se tutto ciò che è culturale è "naturale" (cioè ovvio, imprescindibile, necessitato, come quando si dice "fa parte della sua natura), allora si può giustificare la shoah, il genocidio dei palestinesi, i totalitarismi, il divieto della donna di andare in chiesa quando ha il ciclo mestruale, la sotto posizione alla decima, il taglio della mano verso i ladri e così via.
Insomma torniamo alla "notte delle vacche tutte nere", o come diceva frate Antonino da Scasazza "È uguaglio".
E' la convenzione giusnaturalistica che ti fa fare questo ragionamento, jacopus, in realtà non sta scritto da nessuna parte che ciò che é naturale, sia morale.
Affermare che certi comportamenti siano l'evoluzione di archetipi già presenti naturalmente nella nostra testa non vuol dire giustificarli ma spiegarli. 
Consideriamo ad esempio il raptus omicida, nel quale la gran parte delle energie mentali dell'individuo sono canalizzate verso un obiettivo e vengono annichilite le altre funzioni mentali. Il raptus rappresenta certamente una struttura comportamentale che si é evoluta naturalmente per favorire la sopravvivenza in condizioni difficili di aggressione fisica, questo lo spiega come comportamento, ma certamente non ne giustifica le conseguenze. 
Meglio morire liberi che vivere da schiavi! 🤗

anthonyi

Citazione di: Alberto Knox il Oggi alle 16:55:03 PME poi c'è un altro punto di vista del dissidio che non vede la natura (solo) come volontà di potenza e che quindi non giustifica la volontà di potenza della dittatura e dei regimi totalitari. Tutto sta a come si intende la natura immagino. La quale non è soltando estensione (res extensa) ma è anche pensiero (res cogitans).
Perché la volontà di potenza non dovrebbe essere il risultato di processi evolutivi naturali?
In molti animali sociali si evidenziano situazioni gerarchiche, i concetti di maschio alfa o di capobranco sono stati usati per spiegarle. E gli animali competono, esattamente come gli uomini, per acquisire il potere sui loro simili.
La gerarchia crea organizzazione e rende più funzionale la comunità, per questo la natura la utilizza.
Nell'uomo assistiamo certamente ad un aumento dimensionale, e anche a un cambiamento qualitativo.
Tale cambiamento é però legato fondamentalmente alle costruzioni simboliche, fondamentale ed esclusivo carattere dell'essere umano.
E qui avrei un appunto per jacopus. La cultura é determinata dalle costruzioni simboliche, esse sono il vero momento di passaggio per la specie umana, quello che c'era prima, Lucy compresa, é solo biologia. 
Meglio morire liberi che vivere da schiavi! 🤗

Ipazia

Uno dei primi padri nobili della logica si accorse ben presto che gran parte delle fallacie sono connesse al concetto di causalità e decise pertanto di occuparsene. Le causalità aristoteliche aiutano a comprendere la parte che ciascuna componente apporta ad un prodotto. La natura non va oltre la causa materiale dei fenomeni culturali mentre vi rientrano causa efficiente,  formale e finale. Apporti antropologici o comunque guidati da intenzionalità,  fattore che solo una dubbia metafisica può attribuire alla natura.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#53
Citazione di: Phil il Oggi alle 15:34:34 PMSpunto: c'è stato anche chi (Dewey, etc.) ha parlato di «naturalismo culturale», intendendo la cultura come sviluppo naturale per la specie umana, quindi risolvendo il dualismo tramite una "naturalizzazione" della cultura. Ciò smarca da dilemmi interpretativi anche l'analisi di comportamenti animali che sembrano essere un po' "culturali", al netto della differente complessità sociale rispetto all'uomo.
Ovviamente tale naturalismo culturale non incappa nella fallacia naturalistica, anzi sottolinea indirettamente l'importanza di non incapparci, nel momento in cui tale continuità non viene ingenuamente letta come fondamento teoretico dei differenti, e talvolta divergenti, consolidamenti culturali.
Una soluzione speculare è ''il culturalismo naturale'', per il quale, per ignoranza, mi autocito come autore.
In un caso tutto è natura, nell'altro tutto è cultura, e in entrambi i casi la distinzione fra natura e cultura  sembra cadere.
In un caso allora dovremo giustificare come abbiamo fatto a scambiare la natura per cultura, e nell'altro come potremmo scambiare la cultura per natura.
Il primo caso lo giustifico con la solita lode che l'uomo si fa da solo.
Il secondo mi sembra più interessante, e lo giustifico col fatto che abbiamo scambiato la ''realtà come ci appare'' (fatto culturale) con la realtà, cioè con la natura.
Il problema comunque non sta tanto nel fatto che l'apparenza della realtà non è la realtà, ma se non lo è in modo univoco.
Se lo fosse in modo univoco infatti potremmo far risalire le prescrizioni all'unica descrizione possibile con poco margine di errore, per cui il giusnaturalismo sarebbe ben fondato.
Ma nel momento in cui la scienza propone descrizioni alternative, non meno valide, non possiamo più contare su una descrizione univoca della realtà, per cui il margine di errore con cui traiamo l'etica da una descrizione non è più trascurabile, perchè l'uomo, come autore delle descrizioni, interviene con più ampio margine discrezionale.
Si potrebbe obiettare che l'uomo non è l'autore della descrizione ''realtà come ci appare'', ed è vero.
L'autore è la stessa natura.
E le descrizioni scientifiche invece chi le fa?
Sempre la natura, se è vero che noi ne siamo parte.
Se invece vogliamo ritagliarci un diverso ruolo, come quello di un dio a parte, che aleggia sopra la natura, allora è tutta un altra storia, oltretutto ormai trita e ritrita.

L'autore della descrizione è la natura, che però si presenta sempre con un racconto nuovo.
Così la natura produce cultura.
Noi non abbiamo accesso diretto alla natura, ma solo alla cultura che produce, per cui di ciò di cui possiamo parlare, possiamo ben dire esser tutto cultura.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

Ipazia

La descrizione scientifica non si limita a ciò che appare ma ricerca le cause (efficienti) di ciò che appare, cioè il processo che sottende il fenomeno. Se questa ricerca ha successo, acquisiamo un fondamento naturale da utilizzare nella fase applicativa, inclusi i risvolti etici prescrittivi e culturali (scienza).
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#55
Citazione di: Ipazia il Oggi alle 22:42:28 PMLa descrizione scientifica non si limita a ciò che appare ma ricerca le cause (efficienti) di ciò che appare, cioè il processo che sottende il fenomeno. Se questa ricerca ha successo, acquisiamo un fondamento naturale da utilizzare nella fase applicativa, inclusi i risvolti etici prescrittivi e culturali (scienza).
Considerando come sia ben congegnata ''la natura come ci appare'' mi è difficile credere che non derivi da cause efficienti, in analogia con la ricerca scientifica.
Perchè il fatto che non ci appaiano non vuol dire che non ci siano, e d'altronde come potrebbero apparirci, essendo l'autore la natura, di cui noi siamo solo minima parte parte?
Nella realtà come ce la fa apparire la scienza, noi invece abbiamo la gran parte, tanto da potersi dire che siano noi, da soli, a condurre il gioco naturale del produrre apparenze, ma non perciò si potrà dire che tali prodotti non siano naturali, perchè noi lo siamo e sempre lo saremo, anche quando agiamo in esclusiva su incarico della natura.
Come vogliamo caratterizzare questa esclusiva naturale?
Vogliamo chiamarla cultura, artificio?
Perchè no?
Possiamo chiamarla come ci pare.
Scriviamo con la mano, ma la miglior  scrittura è quella che ci prende la mano.

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