LOGOS

LOGOS - Argomenti => Percorsi ed Esperienze => Discussione aperta da: Apeiron il 08 Maggio 2017, 21:42:43 PM

Titolo: Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 08 Maggio 2017, 21:42:43 PM
"Secondo la Bhagavadgita, è perduto, per questo mondo e per l'altro, colui che è «preda del dubbio», quello stesso dubbio che il buddismo da parte sua cita fra i cinque ostacoli alla salvezza. Perché il dubbio non è approfondimento, bensì ristagno, vertigine del ristagno..."

E io sono il "campione del dubbio", totalmente "impossessato" da esso. Mi servono evidenze, mi servono prove, la curiosità mi spinge continuamente a farmi domande e il dubbio mi ridesta dalle (false?) convinzioni che inevitabilmente mi faccio. Se la Verità è l'obbiettivo (irragiungibile) della ricerca filosofica (e umana in generale...), il dubbio è quello che ci permette di non ancorarci a mete temporanee. Per esempio Buddha cominciò a dubitare della propria "salvezza" quando ebbe quello che io definisco il primo risveglio: l'emozione del samvega (non spiego il significato perchè a volte penso di non esserne all'altezza, in italiano si può tradurre con "trasalimento"). Ma il dubbio è insidioso e maligno perchè distoglie da ogni percorso umano. Se si dubita di riuscire a trovare lavoro è quasi certo che non si riuscirà a trovarlo, se si dubita di sé stessi non si riuscirà a "fiorire", se si dubita di un cammino spirituale ci si blocca, se si dubita della propria capaicità artistica non si fanno più opere. Il dubbio è il nemico di ogni azione, buona o cattiva che sia. Sempre lì insidioso ad ogni pensiero, parola o azione il Dubbio è pronto a travolgerti. E più uno è attivo, più uno è vitale e più uno si impegna nel cammino, più il dubbio cerca di schiacciarlo e bloccarlo.

Come tutte le cose il Dubbio può portare buoni e cattivi frutti. Il Dubbio è l'unoco strumento per smascherare la falsità o per riorganizzare la propria prospettiva (ad esempio grazie al dubbio uno può avere un rapporto più autentico con una qualsiasi religione). MA il dubbio è anche sempre lì, meschino, pronto a ingannare. Si prende gioco di noi e ci fa continuamente pensare cose che non vogliamo. Ci vuole fare fare arrendere, bloccarci la strada.    

In sostanza la filosofia è in un certo senso "dubitare, testare, mettere in discussione". Si può davvero "mettere in discussione" in continuazione? La filosofia dunque può passare dall'essere uno slancio per il miglioramento all'essere il ristagno assoluto, la catena che non si riesce più a spezzare perchè ormai la si ama troppo, quasi fosse una sorta di "Sindrome di Stoccolma"? Ebbene sì, il dubbio diventa un problema perchè in fin dei conti lo amiamo troppo, ma tale amore nasconde un artiglio. Il ristagno.

Come vivete voi l'esperienza del Dubbio?
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Phil il 08 Maggio 2017, 22:58:35 PM
Citazione di: Apeiron il 08 Maggio 2017, 21:42:43 PM"Perché il dubbio non è approfondimento, bensì ristagno, vertigine del ristagno..."

Dubitare, in fondo, è aggiungere un punto interrogativo alla fine di un'affermazione, trasformandola in un'interrogazione... ciò non dovrebbe produrre stasi, anzi, dovrebbe avviare il movimento della ricerca (di prove, verifiche, risposte, etc.) violando la quieta immobilità dell'affermazione. Le domande attivano, hanno una loro istanza di dinamismo, mutamento, indagine; chi ristagna non dubita, perché ha già risolto il domandare del dubbio con l'abbandono della domanda (salvo essere un "ristagnare attivo", cogitabondo, nella pianificazione della prossima mossa o del sentiero di ricerca... quindi un ristagnare solo apparente).

Dubitare di trovare lavoro, ad esempio, dovrebbe tradursi nella ricerca dei modi più consoni per trovarne uno, così da verificare se è davvero così difficile da conquistare... se, nel dubbio, ci si limita ad una ricerca "fiacca", sfiduciata e disimpegnata, significa che si è caduti nella "profezia autoavverante" di cui parla la psicologia, e il dubbio è solo un mansueto capro espiatorio...


P.s.
Non so se il "dubbio" del testo citato è "vicikiccha", che se non erro è da intendere perlopiù come indecisione, stallo dell'azione e del discernimento, quindi non è propriamente il dubitare che mette in discussione, ma il dubitare nella sua sfumatura di esitazione, spaesamento, indugio...
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: acquario69 il 09 Maggio 2017, 08:28:40 AM
Secondo me il dubbio ha valenza positiva e negativa allo stesso tempo.

Forse il "nodo" per poter essere sciolto sta nel non identificarcisi.

domanda:
ma puo' il dubbio esistere senza il suo corrispettivo di certezza e viceversa?
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: paul11 il 09 Maggio 2017, 10:23:42 AM
Io dubito, ma so anche che è parte della mia ignoranza il dubitare.
Esiste un momento in cui cerchiamo di razionalizzare un argomento concettualizzandolo, dove noi confrontiamo le diverse possibilità.
Se il dubbio è il cercare di razionalizzare va bene, ma se rimane il dubbio allora rimane l'ignoranza.

Nella pratica ,il mondo va avanti nonostante i nostri dubbi ,conoscenze e ignoranze. Avere continuamente il dubbio metaforicamente mi fa pensare ad una persona in mezzo al guado che non sa su quale sponda approdare  e alla prima inondazione sarà comunque portato via dalla corrente dal fiume.
Bisogna sempre alla fine decidere, se si sbaglia bisogna avere la capacità di ammetterlo e di ritornare a razionalizzare: questa è l'esperienza.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 09 Maggio 2017, 11:23:38 AM
Proverei a porre la questione nei seguenti termini.

Il dubbio è indispensabile al crescere, progredire, divenire. Esso non è altro che critica, cioè un mettere in questione, per poter esplorare altre possibilità: se non si dubita, l'esplorazione di altre possibilità finisce.

Ultimamente il mio pensiero si sta focalizzando su questo: il mondo è esplorazione di possibilità, a qualsiasi prezzo. In questa visione, il dubbio non è altro che una via di esplorazione.

In questo esplorare ad oltranza delle possibilità, da parte dell'universo in cui siamo e che siamo, viene esplorata anche la possibilità del dubbio totale generalizzato, cioè il dubbio paralizzante, che t'impedisce di prendere qualsiasi decisione perché ti accorgi che anch'essa può essere criticata, sottoposta a dubbio.

In questa prospettiva, anche la morte non è altro che una forma di dubbio che l'universo impone sulla vita, cioè come se l'universo si chiedesse: "Ma chissà se la vita è davvero il meglio delle possibilità? Proviamo anche con la morte". Lo stesso vale per la sofferenza: essa è quanto di più odioso ci possa essere nell'esistenza, ma per l'universo è solo una via da esplorare tra le tante. Procedendo in questa direzione, perfino l'ingiustizia, la slealtà, il tradimento, sono possibilità che l'universo fa affacciare nella nostra mente per mettere in atto la sua ricerca senza scrupoli di ogni possibilità.

In questa condizione di sperimentazione ad oltranza universale, in cui siamo cavie dell'universo, abbiamo la sensazione, non sappiamo se illusoria o meno, di poter dare un nostro contributo, dandoci da fare attivamente per favorire certe direzioni piuttosto che altre. Tutto ciò può apparire una condanna in cui siamo imprigionati, ma è possibile limitare questo essere condanna apprezzando questo cercare, sperimentare nuove possibilità, orgogliosi di potervi apportare un nostro contributo attivo. Dunque, dalla schiavitù del dubbio non è possibile uscire, ma possiamo apprezzarne gli aspetti che riteniamo positivi e provare a dare nell'universo i nostri microscopici colpi di timone soggettivi, verso ciò che ci sembra bene.

Ovviamente, di tutto ciò che ho appena scritto sto già dubitando e mi chiedo in che modo si possa fare e pensare meglio, eventualmente anche al prezzo di buttare tutto questo post nella spazzatura e ricominciare da zero, cioè similmente al morire che l'universo sperimenta sulla nostra pelle.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Sariputra il 09 Maggio 2017, 11:54:52 AM
Faccio veramente fatica a capire come si possa giungere a dubitare di tutto. Forse perchè, nella mia vita, ho sempre 'sentito' così intensamente le esperienze che la vita mi presentava da mai dubitare della loro realtà. Mai ho dubitato di esistere e di esistere come un povero essere che provava amore e dolore, che si sforzava di capire, spesso non riuscendovi o riuscendovi solo in parte. 
Quando mi è capitato di 'provare' esperienze che , in un certo senso, andavano contro il mio 'sentire' la realtà, ne provavo spesso un così intenso disgusto ( un disgusto 'interiore' non del pensiero ma dell'intero esistere...) da comprendere infine che non sarebbero state le infinite esperienze da provare che mi avrebbero migliorato come uomo, né le infinite riflessioni speculative del pensiero mi avrebbero permesso di amare di più o di provare meno infelicità. Riflettevo così: "Se questa esperienza che ho provato mi ha lasciato del tutto insoddisfatto, lo stesso avverrà se proverò anche altre esperienze simili e non utili, pertanto sarebbe perfettamente da stolto continuare a cercarle, perché non farebbero che accrescere il mio dolore e non diminuire. Devo cercare le esperienze che fanno crescere la mia gioia e diminuire il mio dolore, questa per me è una cosa saggia da fare". E così, osservando che quando provavo benevolenza verso me stesso e gli altri, aumentava la mia gioia e diminuiva il mio dolore e , viceversa, quando provavo avversione e rabbia, cresceva la sofferenza e spariva la gioia, mi son detto: "E' più saggio ( o meno stolto...) cercare di aumentare la benevolenza e l'amore e diminuire la rabbia e l'avversione, così che possa sentirmi più in pace con me stesso e con il mondo". Pertanto il dubbio si risolve nel campo della riflessione sulla realtà, ma non nel sentire la realtà ( che è diverso dal pensare la realtà...) e ciò che di buono o di malvagio porta con sé, fatte salve le inevitabili 'cadute' che possono, anche loro, esserci 'maestre'...
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: acquario69 il 09 Maggio 2017, 12:37:48 PM
Altra considerazione sul dubbio...ci stavo riflettendo poco fa.

Vivendo in un sistema e in un modello di "pensiero" dove e' fortissimo il condizionamento e la repressione psicologica..tutto cio induce al riflesso condizionato della paura e dell'incertezza.
Ci viene sottilmente fatto intendere (inconsciamente) che non dobbiamo rischiare, che devi startene buono al tuo posto,e sopratutto che non bisogna pensare con la propria testa e provare cosa significa sentirsi liberi (il potere non ama che tu sei libero e percio non vuole che pensi con la tua testa..altrimenti pure subito spuntano a decine le persone che prontamente ti redarguiscono,cioe coloro conformi al potere stesso)


In un ambiente del genere e' davvero difficile non nutrire dubbi, ma solo paralizzanti e negativi che finiscono pure per diventare una "seconda natura" (cioè' l'identificazione che dicevo prima)
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: maral il 09 Maggio 2017, 12:51:07 PM
D'accordissimo Acquario, ma saper pensare con la propria testa è un'arte assai difficile da apprendere e coltivare, non si improvvisa, perché la si impara lentamente. In genere ahimè, si crede di pensare con la propria testa, mentre non si fa altro che tenere per buone roba masticata e rimasticata da altri che ce l'hanno rifilata in testa.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: acquario69 il 09 Maggio 2017, 12:58:48 PM
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 12:51:07 PM
D'accordissimo Acquario, ma saper pensare con la propria testa è un'arte assai difficile da apprendere e coltivare, non si improvvisa, perché la si impara lentamente. In genere ahimè, si crede di pensare con la propria testa, mentre non si fa altro che tenere per buone roba masticata e rimasticata da altri che ce l'hanno rifilata in testa.

Be l'esperienza dovrebbe (dovrebbe) essere utile anche a questo.
Infatti quando si e' più giovani si e' più facili al trasporto...

Pero rimane aperto..molto aperto.. quel dovrebbe... 

PS: si avanzano ulteriori suggerimenti per chiuderla  :)
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: green demetr il 09 Maggio 2017, 14:06:46 PM
Citazione di: Apeiron il 08 Maggio 2017, 21:42:43 PM
"Secondo la Bhagavadgita, è perduto, per questo mondo e per l'altro, colui che è «preda del dubbio», quello stesso dubbio che il buddismo da parte sua cita fra i cinque ostacoli alla salvezza. Perché il dubbio non è approfondimento, bensì ristagno, vertigine del ristagno..."

E io sono il "campione del dubbio", totalmente "impossessato" da esso. Mi servono evidenze, mi servono prove, la curiosità mi spinge continuamente a farmi domande e il dubbio mi ridesta dalle (false?) convinzioni che inevitabilmente mi faccio. Se la Verità è l'obbiettivo (irragiungibile) della ricerca filosofica (e umana in generale...), il dubbio è quello che ci permette di non ancorarci a mete temporanee. Per esempio Buddha cominciò a dubitare della propria "salvezza" quando ebbe quello che io definisco il primo risveglio: l'emozione del samvega (non spiego il significato perchè a volte penso di non esserne all'altezza, in italiano si può tradurre con "trasalimento"). Ma il dubbio è insidioso e maligno perchè distoglie da ogni percorso umano. Se si dubita di riuscire a trovare lavoro è quasi certo che non si riuscirà a trovarlo, se si dubita di sé stessi non si riuscirà a "fiorire", se si dubita di un cammino spirituale ci si blocca, se si dubita della propria capaicità artistica non si fanno più opere. Il dubbio è il nemico di ogni azione, buona o cattiva che sia. Sempre lì insidioso ad ogni pensiero, parola o azione il Dubbio è pronto a travolgerti. E più uno è attivo, più uno è vitale e più uno si impegna nel cammino, più il dubbio cerca di schiacciarlo e bloccarlo.

Come tutte le cose il Dubbio può portare buoni e cattivi frutti. Il Dubbio è l'unoco strumento per smascherare la falsità o per riorganizzare la propria prospettiva (ad esempio grazie al dubbio uno può avere un rapporto più autentico con una qualsiasi religione). MA il dubbio è anche sempre lì, meschino, pronto a ingannare. Si prende gioco di noi e ci fa continuamente pensare cose che non vogliamo. Ci vuole fare fare arrendere, bloccarci la strada.  

In sostanza la filosofia è in un certo senso "dubitare, testare, mettere in discussione". Si può davvero "mettere in discussione" in continuazione? La filosofia dunque può passare dall'essere uno slancio per il miglioramento all'essere il ristagno assoluto, la catena che non si riesce più a spezzare perchè ormai la si ama troppo, quasi fosse una sorta di "Sindrome di Stoccolma"? Ebbene sì, il dubbio diventa un problema perchè in fin dei conti lo amiamo troppo, ma tale amore nasconde un artiglio. Il ristagno.

Come vivete voi l'esperienza del Dubbio?

E' da tempo per me, che il dubbio non torna più come emozione, trasalimento.

Il dubbio però è iniziato in terza liceo, ed è stato proprio un trasalimento.

La miccia di un decennio di riflessioni incompiute e mareggiate sentimentali.

E' stato un amico prezioso, un faro. Non l'ho mai sentito come qualcosa di negativo.

Dovrei rispondere del perchè ad un certo punto della mia vita (vicino ai 30 anni) si è spento.

Ovviamente non saprei dare mai una risposta esauriente, troppe componenti in gioco.

Credo che la grande lezione che arjuna ottiene da krsna sia la seguente.

Tu o principe, seppure hai mille perplessità e dubbi, devi continuare sulla tua strada.

Ossia il dubbio viene introiettato nel flusso vitale della persona, e offerto al grande gioco della vita (di Maya).

La visione indiana è estremamente giocosa e primordiale (quando la morte e la festa si univano armoniosamente, e in parte lo è ancora).

Devo dire che pur avendo perso la dimensione giocosa che quei testi descrivono (il ramayana, ma non solo) probabilmente inconsciamente ho assimilato quella idea.

Che il dharma, è questo scegliere di vivere (di lottare nel caso romanzesco), al di là dei propri dubbi che comunque fanno parte di quello che siamo.

Se invece il dubbio deve trasformarsi nel genio maligno cartesiano saremmo in una situazione che ricorderebbe il cane che si mangia la coda.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: green demetr il 09 Maggio 2017, 14:13:19 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 09 Maggio 2017, 11:23:38 AM
Proverei a porre la questione nei seguenti termini.

Il dubbio è indispensabile al crescere, progredire, divenire. Esso non è altro che critica, cioè un mettere in questione, per poter esplorare altre possibilità: se non si dubita, l'esplorazione di altre possibilità finisce.

Ultimamente il mio pensiero si sta focalizzando su questo: il mondo è esplorazione di possibilità, a qualsiasi prezzo. In questa visione, il dubbio non è altro che una via di esplorazione.

In questo esplorare ad oltranza delle possibilità, da parte dell'universo in cui siamo e che siamo, viene esplorata anche la possibilità del dubbio totale generalizzato, cioè il dubbio paralizzante, che t'impedisce di prendere qualsiasi decisione perché ti accorgi che anch'essa può essere criticata, sottoposta a dubbio.

In questa prospettiva, anche la morte non è altro che una forma di dubbio che l'universo impone sulla vita, cioè come se l'universo si chiedesse: "Ma chissà se la vita è davvero il meglio delle possibilità? Proviamo anche con la morte". Lo stesso vale per la sofferenza: essa è quanto di più odioso ci possa essere nell'esistenza, ma per l'universo è solo una via da esplorare tra le tante. Procedendo in questa direzione, perfino l'ingiustizia, la slealtà, il tradimento, sono possibilità che l'universo fa affacciare nella nostra mente per mettere in atto la sua ricerca senza scrupoli di ogni possibilità.

In questa condizione di sperimentazione ad oltranza universale, in cui siamo cavie dell'universo, abbiamo la sensazione, non sappiamo se illusoria o meno, di poter dare un nostro contributo, dandoci da fare attivamente per favorire certe direzioni piuttosto che altre. Tutto ciò può apparire una condanna in cui siamo imprigionati, ma è possibile limitare questo essere condanna apprezzando questo cercare, sperimentare nuove possibilità, orgogliosi di potervi apportare un nostro contributo attivo. Dunque, dalla schiavitù del dubbio non è possibile uscire, ma possiamo apprezzarne gli aspetti che riteniamo positivi e provare a dare nell'universo i nostri microscopici colpi di timone soggettivi, verso ciò che ci sembra bene.

Ovviamente, di tutto ciò che ho appena scritto sto già dubitando e mi chiedo in che modo si possa fare e pensare meglio, eventualmente anche al prezzo di buttare tutto questo post nella spazzatura e ricominciare da zero, cioè similmente al morire che l'universo sperimenta sulla nostra pelle.

Dipende se è da buttare nella spazzatura.
Il punto sarebbe ma tu come lo senti il dubbio.
Come qualcosa che apre possibilità o come Blocco.
Perchè hai descrittp entrambe le possibilità.

Che in te convivano 2 così diversi modi di sentire?
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: myfriend il 09 Maggio 2017, 18:12:24 PM
Si può mettere in dubbio quacosa che non sia provato scientificamente e/o empiricamente. Questo è lecito.
Mettere in dubbio anche ciò che è provato, è semplicemente ozioso.
Possaimo mettere in dubbio che la Terra ruota attorno al Sole? Chi sostiene che "non conosciamo nulla" e che "niente può essere dato per certo e conosciuto" e che LA Verità non esiste arriverà a mettere in dubbio anche che la Terra ruota attorno al Sole. Ma è ozioso.  :D
E ristagna nel suo "nulla ozioso".

Ma se gli piace così.....  ;)
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Lou il 09 Maggio 2017, 18:27:36 PM
Citazione di: Apeiron il 08 Maggio 2017, 21:42:43 PM
"Secondo la Bhagavadgita, è perduto, per questo mondo e per l'altro, colui che è «preda del dubbio», quello stesso dubbio che il buddismo da parte sua cita fra i cinque ostacoli alla salvezza. Perché il dubbio non è approfondimento, bensì ristagno, vertigine del ristagno..."

E io sono il "campione del dubbio", totalmente "impossessato" da esso. Mi servono evidenze, mi servono prove, la curiosità mi spinge continuamente a farmi domande e il dubbio mi ridesta dalle (false?) convinzioni che inevitabilmente mi faccio. Se la Verità è l'obbiettivo (irragiungibile) della ricerca filosofica (e umana in generale...), il dubbio è quello che ci permette di non ancorarci a mete temporanee. Per esempio Buddha cominciò a dubitare della propria "salvezza" quando ebbe quello che io definisco il primo risveglio: l'emozione del samvega (non spiego il significato perchè a volte penso di non esserne all'altezza, in italiano si può tradurre con "trasalimento"). Ma il dubbio è insidioso e maligno perchè distoglie da ogni percorso umano. Se si dubita di riuscire a trovare lavoro è quasi certo che non si riuscirà a trovarlo, se si dubita di sé stessi non si riuscirà a "fiorire", se si dubita di un cammino spirituale ci si blocca, se si dubita della propria capaicità artistica non si fanno più opere. Il dubbio è il nemico di ogni azione, buona o cattiva che sia. Sempre lì insidioso ad ogni pensiero, parola o azione il Dubbio è pronto a travolgerti. E più uno è attivo, più uno è vitale e più uno si impegna nel cammino, più il dubbio cerca di schiacciarlo e bloccarlo.

Come tutte le cose il Dubbio può portare buoni e cattivi frutti. Il Dubbio è l'unoco strumento per smascherare la falsità o per riorganizzare la propria prospettiva (ad esempio grazie al dubbio uno può avere un rapporto più autentico con una qualsiasi religione). MA il dubbio è anche sempre lì, meschino, pronto a ingannare. Si prende gioco di noi e ci fa continuamente pensare cose che non vogliamo. Ci vuole fare fare arrendere, bloccarci la strada.   

In sostanza la filosofia è in un certo senso "dubitare, testare, mettere in discussione". Si può davvero "mettere in discussione" in continuazione? La filosofia dunque può passare dall'essere uno slancio per il miglioramento all'essere il ristagno assoluto, la catena che non si riesce più a spezzare perchè ormai la si ama troppo, quasi fosse una sorta di "Sindrome di Stoccolma"? Ebbene sì, il dubbio diventa un problema perchè in fin dei conti lo amiamo troppo, ma tale amore nasconde un artiglio. Il ristagno.

Come vivete voi l'esperienza del Dubbio?
Dipende che dubbio, a mio parere, cerco di spiegarmi.
Penso che il dubbio filosofico, di cui la cifra emblematica per me è lo scetticismo in ogni sua forma è un dubbio per principio irrisolvibile. Ma è anche un dubbio di carta, puramente teoretico che appartiene alla vita e all'attività del pensiero e si gioca nella stanza isolata delle riflessioni filosofiche e che, agli occhi della vita quotidiana pregna di credenze e certezze entro cui si muove, potrebbe risultare ridicolo, folle e ozioso e del tutto ininfluente rispetto alle azioni pratiche che comumente agiamo e che si muovono entro un sapere che per vivere non mettiamo in discussione e che nella sua ovvietà non ne rendiamo certo conto. Se ti incontro per strada non è che ti dico, "so che esisti", ma semplicemente ti dico "Ciao" prendendo e assumendo per scontato e certo il sapere della tua esistenza. Come scettica invece le cose "magari" andrebbero diversamente, sempre che ci siano cose che vanno, cose e andare e che di ciò si possa saperne la verità.
Diversi sono i dubbi ordinari e quotidiani e le incertezze non scettico/filosofici con cui abbiamo a che fare, questi sono risolvibili e li risolviamo continuamente e praticamente, li decidiamo e se non riusciamo a risolverli e deciderli, effettivamente, rimaniamo immobili e ristagnanti e in preda ad una angoscia che immobilizza l'azione. A livello pratico la certezza (che come scettica non mi nego la possibilità che possa esser del tutto infondata) ha la meglio su ogni skepsi, al di là di ogni ragionevole dubbio.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 09 Maggio 2017, 23:06:00 PM
A giudicare dal numero di risposte ho aperto un argomento molto interessante... forse (scherzo  ;D ).
Il Dubbio di cui parlo ha molte sfaccettature e comprende molti aspetti della Vita, non solo quello filosofico. Ad esempio il "dubbio patologico" del disturbo ossessivo-compulsivo può farci controllare trenta volte di aver chiuso la porta di casa prima di andare a letto (o ossessioni e compulsioni più strane o più nascoste). Si può iniziare a dubitare ad esempio della fedeltà di una persona cara o di quanto sia geniuna un'amicizia e ciò a volte sfocia nella Paranoia. Si può dubitare dell'efficacia di un trattamento terapeutico e a volte ciò conduce alla guarigione. Come ho già detto nel messaggio iniziale ha buoni e cattivi frutti, anche se ho rimarcato quello cattivo. L'ho fatto per due motivi. Primo: il dubbio "positivo" non è un problema e va bene ed è giusto che ci sia perchè come per esempio dice @Angelo (ma non solo): "Il dubbio è indispensabile al crescere, progredire, divenire". Sono d'accordo. Tuttavia possiamo certo fare un'elogio del Dubbio e in un Forum di riflessioni è inutile. Quindi ritengo che sia giusto parlare del dubbio quando è un problema. Secondo: Il punto di Cioran è interessante, secondo me. Non puoi essere ad esempio buddista (qui mi ricollego a @Phil) e dubitare che il Buddha abbia raggiunto l'Estinzione o che il Nobile Ottuplice Sentiero sia una Via per la Liberazione - se parti con poca fiducia non vai lontano. Il ristagno è proprio dovuto al fatto che non decidi più nulla, proprio perchè dubiti di tutto. Il Dubbio perciò diventa una droga e diventa un ostacolo alla Liberazione.

@Sariputra: ebbene personalmente io dubito di tutto perchè sono "in cuor mio" un razionalista. Il razionalista cerca, a volte disperatamente, il fondamento per credere. Tuttavia a volte come ben dici tu il fondamento è puramente soggettivo e proprio qui il razionalista è costretto a "perdere le staffe". Il razionalista cerca l'oggettività e nella sua ricerca finisce per riconoscere che quasi tutto non è oggettivo. Quindi il razionalista paradossalmente riconosce che quasi tutto è prospettiva e tuttavia non è interessato alla soggettività. Vuole l'oggettività.

@Angelo Cannata. La questione che poni tu è interessante e in realtà è simile alla dottrina di alcune scuole Vedanta secondo cui i fenomeni del Mondo sono "Lila". Ossia che il nostro Mondo in perpetuo divenire non sia altro che il "gioco" dell'Essere Supremo. Credo che sia un'idea interessante e che tra l'altro si collega forse anche al Taoismo visto che nel Tao Te Ching troviamo: "il Tao si conforma alla spontaneità", quasi che la spontaneità è equivalente o anteriore al Tao. Ti consiglio di dare un'occhiata a quelle tradizioni, se non lo hai già fatto. Che il Dubbio bisogna prenderlo come un gioco?


@Phil: sulla natura del dubbio nuovamente bisogna fare delle distinzioni. Quello che in comune hanno è che ci si interroga su quello che si pensa di sapere, sulle proprie azioni ecc. Se cerco lavoro ma dubito di essere in grado di lavorare non riuscirò mai a lavorare anche se in un certo senso il dubbio è (qualche volta) legittimo (non ho esperienza del lavoro prima di farlo...).

@myfriend. Bene o male concordo con te. Il problema è che nella Vita ci sono davvero poche certezze empiriche, anzi quasi tutto avviene nell'ambito della soggettività. Qui è richiesta l'azione ma non hai né prove né dati empirici. Ti devi "buttare" (o "abbandonarti alla corrente"?). E per un razionalista/dubitatore è proprio qui il Problema :) qui la sto mettendo sul personale, ma ancora lo faccio per parlare del "razionalismo" da un punto di vista esistenziale.

@green demetr. Bella la storia che hai citato ed è simile alla riflessione di Angelo. Comunque se vuoi il Blocco e l'Apertura sono lo "yin e lo yang" del Dubbio. Chi davvero dubita conosce entrambe le cose... purtroppo.


@acquario69 e @maral. Il condizionamento psicologico di oggi è subdolo: paradossalmente so i pensa troppo ma in modo raffazzonato, confuso e superficiale oppure si prende tutto acriticamente. Purtroppo i social media e Internet da questo punto di vista sono un ottimo modo di "controllo delle masse" (fortunatamente - spero - non è ancora arrivato nessun governo che sfrutta questa situazione). @acquario: secondo me si dubita proprio perchè si assume che c'è la certezza, anzi un argomento a favore dell'esistenza di una "verità oggettiva" è paradossalmente proprio la tendenza a dubitare, nel senso che il dubbio vuole/desidera/spera di raggiungere la verità.

@paul11/@Lou. Aprite una discussione interessante. Il Dubbio dunque è un esercizio filosofico o devo renderlo una pratica di vita? Come dice @Lou se vedo una persona non mi metto a cercare di "provare la sua esistenza" (a meno che non abbia una forma di psicosi o di "derealizzazione") ma la filosofia richiederebbe anche questo. La certezza come scrisse Wittgenstein in Della Certezza (o forse come lo interpreto io) è il fondamento dell'attività! Ergo la "praxis" necessita di certezze e non di dubbi. La "theoria" al contrario necessita del dubbio. Come trovare l'equilibrio?

Spero di aver risposto a tutti in modo esauriente, anche se in realtà ne dubito :D

P.S. @Angelo Cannata. Ogni riga che scrivo potrebbe essere spazzatura proprio perchè dubito di me stesso, o meglio delle mie capacità. Per questo motivo tutto ciò che ho scritto (qui e altrove) può essere spazzatura. Ma d'altronde se non si accetta la possibilità di scrivere spazzatura non si scrive niente. Forse :D
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: paul11 il 09 Maggio 2017, 23:59:39 PM
@paul11/@Lou. Aprite una discussione interessante. Il Dubbio dunque è un esercizio filosofico o devo renderlo una pratica di vita? Come dice @Lou se vedo una persona non mi metto a cercare di "provare la sua esistenza" (a meno che non abbia una forma di psicosi o di "derealizzazione") ma la filosofia richiederebbe anche questo. La certezza come scrisse Wittgenstein in Della Certezza (o forse come lo interpreto io) è il fondamento dell'attività! Ergo la "praxis" necessita di certezze e non di dubbi. La "theoria" al contrario necessita del dubbio. Come trovare l'equilibrio?

Il dubbio è un esercizio ,è un metodo fondato sul confronto, quindi implica un dialogo con se stessi e con i nostri simili, per dirimere  per quanto possa essere possibile, una questione, un problema. Nel senso comune diciamo " sei sicuro?". Ma in realtà di cosa siamo sicuri, di quali e quante verità.
e adatto che verità e sicurezza / certezza sono difficili (ma quì si aprirebbe un altro argomento), non rimane che la logica per razionalizzare un concetto e renderlo veritativo ,ma dove a mio parere  non esiste e non credo alle dualità artificiose del metodo culturale di metafisco/empirico, di oggettivo/soggettivo, sono ambiti permeati ,non sono scatole chiuse, sono state e sono oggi ma in modo meno rigoroso, perchè il soggetto che si pone dubbi o verità è sempre  l'uomo come agente conoscitivo. Quindi i dubbi sorgono pur sapendo che abbiamo già costruito delle nostre considerazioni che riteniamo le più veritative anche se non sono assolute veirtà, Vale a dire, noi continuiamo a porci dei dubbi di confronti nei vari argomenti, pur sapendo che tutto è legato, relazionato nella conoscenza, per cui attingiamo sempre dalle nostre esperienze, dal vissuto le considerazioni che noi confrontiamo con nuovi eventi, con nuove forme, ecc.
E' chiaro, come ho scritto, che nella pratica noi dobbiamo "muoverci", compiere infinite azioni sociali, di sopravvivenza, di convivialità, ecc,
Sbagliamo strada? Torniamo sui nostri passi e facendo tesoro degli errori ,continuiamo il viatico, quanto meno con la certezza dell'errore, quindi non passiamo più per quella strada, escludiamo una possibilità e valorizziamo quindi altre.
La nostra conoscenza ed esperienza è fatta di errori che sono le cose più evidenti, Siamo caduti prima di imparare a camminare bilanciando i nostri passi.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 10 Maggio 2017, 01:25:56 AM
Citazione di: paul11 il 09 Maggio 2017, 23:59:39 PMCome trovare l'equilibrio?
Questa domanda mi sembra che contenga il nocciolo della questione. Parlando di equilibrio, io amo pensare alla bicicletta: su di essa si riesce a stare in equilibrio per due motivi: uno è perché si procede, si cerca di andare avanti; l'altro è perché in realtà ci si squilibra in continuazione, un po' a destra, un po' a sinistra: il manubrio di uno che va in bicicletta non è mai fermo, ma svolta in continuazione a destra e a sinistra.
Ne segue che cercare un equilibrio stabile, perfetto, statico, è una ricerca che produrrà incongruenze, insoddisfazioni inutili. Quindi il dubbio ha bisogno della certezza e la certezza ha bisogno del dubbio; entrambi possono coesistere nella nostra umanità grazie all'esistenza del tempo, in quale consente alternanze di squilibri.
Così ho risposto anche alla domanda di gree demetr, a proposito del dubbio come blocco o come apertura di possibilità
Citazione di: green demetr il 09 Maggio 2017, 14:13:19 PMChe in te convivano 2 così diversi modi di sentire?
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Lou il 10 Maggio 2017, 10:15:12 AM
Citazione di: Apeiron il 09 Maggio 2017, 23:06:00 PM@paul11/@Lou. Aprite una discussione interessante. Il Dubbio dunque è un esercizio filosofico o devo renderlo una pratica di vita?
A mio parere l'esercizio del dubbio è una esperienza irrinunciabile in quanto costitutiva dell'essere umano, una fisiologia propria del pensare e, oltre a quanto affermato da paul che condivido,  propulsiva per soffermarsi e sviluppare interrogazioni, verso sè stessi, il mondo, le relazioni, il proprio agire, le proprie credenze ed esperienze verso tutto ciò che diamo per scontato convintissimi e certi di agire sapendo quel che stiamo facendo e pensando sia in svolto in tutta autonomia, quando forse sono i saperi, gli abiti mentali,  dispositivi precostituiti e automatismi che ci agiscono più di quanto sospettiamo.  Detto ciò, trovo tuttavia, che nel momento in cui questo esercizio non individua alcuna necessità di sopensione avvitandosi su sè stesso, ritengo che la vita pratica e quotidiana e ovvia risulterebbe del tutto inagibile.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: green demetr il 10 Maggio 2017, 22:42:11 PM
x apeiron

sono d'accordo con Lou, se il dubbio su cui ci dobbiamo interrogare è di carattere negativo, allora ci avvitiamo su noi stessi.
E per inciso è esattamente quello che succede a chi cerca una oggettività atemporale.
(tra l'altro mi viene in mente, che ci cerca il rettilineo sovente rimane chiuso in una spirale).

Forse apeiron puoi trovare l'oggettività nell'equilibrio di cui parla Angelo. Ossia una oggettività che ogni tanto ha bisogno di piccoli aggiustamenti, di modo che se la realtà è una curva, tutti questi aggiustamenti produrranno il risultato reale di una curva.
Ma nondimeno nel breve periodo son una piccola linea retta, o meglio dei punti fissi.
Forse per te che cerchi l'oggettività è un immagine che torna (e tra l'altro non è forse nei concetti di fisica che studi: la realtà come insieme punteggiato? o era la matematica? ;) boh)
Se invece la realtà che cerchi deve essere rettilinea, allora devi sperare che la realtà lo sia per davvero!
Molto suggestiva l'immagine della bici. :D  :D  :D
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Freedom il 11 Maggio 2017, 10:12:25 AM
Sono talmente poche le cose che conosciamo con ragionevole certezza che il dubbio diventa uno stato d'animo esistenziale. Un inseparabile compagno di viaggio nell'avventura della vita. Se si è onesti con se stessi ritengo che questo stato di cose sia del tutto inevitabile.

Il problema che si pone è dunque come conviverci.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: davintro il 11 Maggio 2017, 15:12:21 PM
Il dubbio è un metodo, lo strumento imprescindibile, per ricercare in modo critico e razionale la verità. Quanto più si lascia in sospeso tutto ciò che non è evidente dell' esperienza del mondo, tanto più giungono a manifestarsi gli aspetti essenziali e universalmente veri delle cose. La nostra finitezza esistenziale ci impedirà sempre di giungere a una visione esaustiva e totalizzante di tali aspetti, il nostro essere in divenire, in ricerca fa sì che la condizione del dubbio sia una condizione inaggirabile in quanto costitutiva del nostro essere. Ma non è detto che seppur in misura parziale non sia possibile individuare e distinguere delle certezze sebbene conviventi con le incertezze. Non è necessario, per riuscire a isolare delle particolari certezze, di poter giungere a un sapere globale  e assolute in cui tutte le possibili questioni sono risolte. Ecco perché personalmente sono critico verso gli atteggiamenti pseudo-intellettuali che idolatrano il dubbio identificando il dubitare con l'essere intelligenti e l'avere certezze con l'essere degli stupidi dogmatici. Non è così, o comunque non è sempre così. Esiste l'atteggiamento ingenuo di chi non si pone mai domande e di chi ha certezze che ha non sono la conseguenza di una ricerca, ma dal mero assorbire passivo e acritico di un condizionamento dettato dall'ambiente in cui si vive, l'educazione familiare, le autorità scolastiche e accademiche ecc., ma esistono anche le certezze che sono il risultato del dubbio, della sua radicalizzazione, le certezze delle persone che hanno portato all'estremo il dubbio, e proprio in questo modo sono riusciti ad isolare degli aspetti evidenti, identificabili in particolare con l'avvertimento autocoscienziale della nostra soggettività pensante e vivente (penso in particolar modo alla triade Agostino-Cartesio-Husserl). E non per questo tali persone sono dogmatici o presuntuosi, non dogmatici perché se le certezze sono state ricavate dall'esercizio del dubbio nulla impedirà in futuro di poter tornare sui loro passi, e mettere in discussione ciò che in un primo momento appare evidente. Non presuntuosi, perché come detto sopra, l'avere individuato delle particolari certezze non vuol dire negare il riconoscimento dei limiti della nostra conoscenza, che ci portano a restare in dubbio su molti aspetti delle cose. Il momento analitico della conoscenza è ciò che permette proprio di scomporre la complesso delle questioni sulla realtà in delle questioni "semplici", nel senso di non ulteriormente scomponibili, che pur sempre in relazione con l'intero, possono essere superate con delle certezze, senza pretendere che la certezza si estenda alle altre. E come esiste un dogmatismo della certezza, esiste un dogmatismo del dubbio, nel momento in cui un'evidenza oggettiva contrastante con i nostri valori soggettivi ( conflitto fra "realtà così come è" e "realtà come vorrei che fosse") e tale evidenza viene rigettata, restando con l'atteggiamento del dubbio, mentre si reprime la consapevolezza che la questione è risolta, perché la risposta non ci piace, allora a mio avviso si può parlare di "dogmatismo" nella stessa misura di chi ha certezze senza esser passato per il filtro del dubbio. La differenza tra criticità e dogmatismo sta cioè nell'onesta o disonestà intellettuale del ricercatore. Onestà che è un tratto caratteriale psicologico dell'individuo, non elemento determinato dal contenuto teoretico o ideologico che si sostiene. Si piò affermare in modo critico e onesto intellettualmente la possibilità di raggiungere delle certezze, così come affermare dogmaticamente che si deve dubitare di tutto
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 11 Maggio 2017, 22:17:30 PM
Sono più o meno d'accordo con quanto sostiene @davidintro: negli ultimi due secoli si è fatto l'Elogio del Dubbio dimenticandosi che ciò in realtà genera l'indeicisione e l'indecisione porta o all'inazione oppure al Caos. Il Dubbio dei filosofi che citi, @davidintro, è un dubbio che ha un fine. Il Dubbio elogiato oggi sembra non avere nessuno scopo, si dubita per dubitare.

@Freedom, d'accordo anche con te. La difficoltà è proprio conviverci.

@paul11, la visione pedagogica che proponi mi piace: in sostanza il Dubbio di cui parli è una sorta di cammino - è un dubbio finalizzato, tipico di una persona che ha un certo equilibrio mentale.

@Lou... Già la vita quotidiana. Alle volte vorrei ri-iniziare la mia vita e passare più tempo ad imparare a vivere "normalmente", ad imparare le cose "concrete". In ogni caso il problema non è solo mio ma della mia generazione: ci siamo dimenticati la saggezza della vita. A 23 anni ci comportiamo ancora come 100 anni fa si comportavano i quindicenni.

@greendemetr Personalmente credo di essere attratto dalla fisica, dalla matematica e dalla filosofia per la mia incapacità di tollerare l'incertezza. Ci si aspetterebbe che tale incertezza allontani dal dubbio e invece lo alimenta. Si cerca l'"ordine matematico" ovunque, in ogni ambito della vita, si vuole il controllo: il dubbio può essere un segnale anche di questo. "Chi è in preda al dubbio" forse lo è proprio perchè non vuole dubitare. Forse la soluzione è "lasciarsi andare", accettare il Dubbio e perdere l'Avversione contro di esso. Perfino tra i trentenni a volte fatico a vedere un adulto...


@AngeloCannata: complimenti per la metafora della bicicletta ;) 



P.S./Off_topic Mi piace anche per un altro motivo. Il movimento ad elica: il moto di un punto della ruota è una composizione di moto rettilineo e circolare. Così la mia mente mi ripropone ciclicamente le stesse idee, mi ripesca idee che avevo sepolto e me la fa però vedere con occhi diversi. Ma tutto ciò ha un verso, una direzione. Tale è samsara (per come lo vedo, togliendo tutto l'aspetto "sovramondano" e mitologico): il movimento elicoidale, un movimento che si ripete ma che allo stesso tempo progredisce e ogni circolo è impermanente.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Lou il 11 Maggio 2017, 22:38:25 PM
@apeiron
La vita quotidiana forse la viviamo tutti. tu no?
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 12 Maggio 2017, 13:30:06 PM
@Lou, sì la vivo anche io. La cosa interessante è che da quanto è emerso dalla nostra discussione il dubbio non è "patologico"/problematico (qualsiasi aggettivo si voglia usare) finchè non diventa un ostacolo con la "normale vita sociale, lavorativa, di studio ecc". Ma è realmente "giusto" o solo "conveniente" fermarsi qui? Il Dubbio è un'attività e come tutte le attività chiede e ruba tempo. Il Dubbio potrebbe essere la filosofia: non è quando "so il penisero di Kant" che sto facendo filosofia. Faccio filosofia quando metto in discussione con o senza il raggiungimento di una posizione. La parte "distruttiva" della filosofia d'altronde è l'unica costante che vedo nei filosofi. Ogni filosofo poi costruisce la sua "visione del mondo": ma la "visione del mondo" non è "filosofia" se con "filosofia" si descrive l'attività del filosofare.
Per questo motivo i sistemisti sono in realtà dogmatici: non si accorgono delle inevitabili falle dei loro ragionamenti. Il filosofo distrugge e crea, anche se in realtà la creazione è sempre effimera. Quindi per quanto sono riuscito a realizzare si è filosofi solo se si dubita: chiaramente il dubbio può interferire col benessere. Ma d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio.

L'importante a mio giudizio è fare come dice @Angelo, riuscire a stare in equilibrio muovendosi.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Sariputra il 12 Maggio 2017, 14:38:14 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Maggio 2017, 13:30:06 PM@Lou, sì la vivo anche io. La cosa interessante è che da quanto è emerso dalla nostra discussione il dubbio non è "patologico"/problematico (qualsiasi aggettivo si voglia usare) finchè non diventa un ostacolo con la "normale vita sociale, lavorativa, di studio ecc". Ma è realmente "giusto" o solo "conveniente" fermarsi qui? Il Dubbio è un'attività e come tutte le attività chiede e ruba tempo. Il Dubbio potrebbe essere la filosofia: non è quando "so il penisero di Kant" che sto facendo filosofia. Faccio filosofia quando metto in discussione con o senza il raggiungimento di una posizione. La parte "distruttiva" della filosofia d'altronde è l'unica costante che vedo nei filosofi. Ogni filosofo poi costruisce la sua "visione del mondo": ma la "visione del mondo" non è "filosofia" se con "filosofia" si descrive l'attività del filosofare. Per questo motivo i sistemisti sono in realtà dogmatici: non si accorgono delle inevitabili falle dei loro ragionamenti. Il filosofo distrugge e crea, anche se in realtà la creazione è sempre effimera. Quindi per quanto sono riuscito a realizzare si è filosofi solo se si dubita: chiaramente il dubbio può interferire col benessere. Ma d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio. L'importante a mio giudizio è fare come dice @Angelo, riuscire a stare in equilibrio muovendosi.

Io intendo il filosofare secondo la concezione di Shopenhauer: filosofia come tentativo di liberazione dal dolore di vivere...
« Ad eccezione dell'uomo, nessun essere si meraviglia della propria esistenza... La meraviglia filosofica ... è viceversa condizionata da un più elevato sviluppo dell'intelligenza individuale: tale condizione però non è certamente l'unica, ma è invece la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esista e perché sia fatto proprio così, ma tutto ciò sarebbe ovvio."
Quindi, su questo percorso , la filosofia diventa necessariamente ricerca di un modo di vivere' filosofico' che punti alla comprensione e poi liberazione dal dolore di vivere, quindi essenzialmente filosofia pratica, morale o etica. Mentre la filosofia occidentale ha messo in secondo piano questo aspetto per cercare soprattutto la conoscenza, quindi è diventata filosofia teoretica. La figura del "saggio" è stata sostituita da quella dell'amico-studioso, colui che ricerca pur essendo convinto che la verità sia irraggiungibile. Il 'saggio' dell'Orienta pensa per figure. L'Amico del sapere pensa per concetti.
Il dubbio investe, a mio parere, principalmente la filosofia teoretica ed è funzionale ad essa. mentre in quella pratica  si risolve nella 'visione' figurativa che il suo esistere è inerente a quel dolore di vivere di cui parla il buon Arthur...
Ne consegue che preferisco ovviamente il 'saggio' all' 'erudito'... :)
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Maggio 2017, 14:38:14 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Maggio 2017, 13:30:06 PM@Lou, sì la vivo anche io. La cosa interessante è che da quanto è emerso dalla nostra discussione il dubbio non è "patologico"/problematico (qualsiasi aggettivo si voglia usare) finchè non diventa un ostacolo con la "normale vita sociale, lavorativa, di studio ecc". Ma è realmente "giusto" o solo "conveniente" fermarsi qui? Il Dubbio è un'attività e come tutte le attività chiede e ruba tempo. Il Dubbio potrebbe essere la filosofia: non è quando "so il penisero di Kant" che sto facendo filosofia. Faccio filosofia quando metto in discussione con o senza il raggiungimento di una posizione. La parte "distruttiva" della filosofia d'altronde è l'unica costante che vedo nei filosofi. Ogni filosofo poi costruisce la sua "visione del mondo": ma la "visione del mondo" non è "filosofia" se con "filosofia" si descrive l'attività del filosofare. Per questo motivo i sistemisti sono in realtà dogmatici: non si accorgono delle inevitabili falle dei loro ragionamenti. Il filosofo distrugge e crea, anche se in realtà la creazione è sempre effimera. Quindi per quanto sono riuscito a realizzare si è filosofi solo se si dubita: chiaramente il dubbio può interferire col benessere. Ma d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio. L'importante a mio giudizio è fare come dice @Angelo, riuscire a stare in equilibrio muovendosi.
Io intendo il filosofare secondo la concezione di Shopenhauer: filosofia come tentativo di liberazione dal dolore di vivere... « Ad eccezione dell'uomo, nessun essere si meraviglia della propria esistenza... La meraviglia filosofica ... è viceversa condizionata da un più elevato sviluppo dell'intelligenza individuale: tale condizione però non è certamente l'unica, ma è invece la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esista e perché sia fatto proprio così, ma tutto ciò sarebbe ovvio." Quindi, su questo percorso , la filosofia diventa necessariamente ricerca di un modo di vivere' filosofico' che punti alla comprensione e poi liberazione dal dolore di vivere, quindi essenzialmente filosofia pratica, morale o etica. Mentre la filosofia occidentale ha messo in secondo piano questo aspetto per cercare soprattutto la conoscenza, quindi è diventata filosofia teoretica. La figura del "saggio" è stata sostituita da quella dell'amico-studioso, colui che ricerca pur essendo convinto che la verità sia irraggiungibile. Il 'saggio' dell'Orienta pensa per figure. L'Amico del sapere pensa per concetti. Il dubbio investe, a mio parere, principalmente la filosofia teoretica ed è funzionale ad essa. mentre in quella pratica si risolve nella 'visione' figurativa che il suo esistere è inerente a quel dolore di vivere di cui parla il buon Arthur... Ne consegue che preferisco ovviamente il 'saggio' all' 'erudito'... :)

Esatto, esatto, esatto @Sariputra e Schopenhauer. Non a caso sia tu che Arthur siete appassionati di filosofia orientale, buddismo in particolare. Le differenze dottrinali tra buddismo, alcune scuole dell'induismo e taoismo non sono davvero importanti. Il loro obbiettivo è sempre la "Liberazione". Come dici tu il "saggio dell'oriente" pensa per metafore e cerca di descrivere la sua esperienza mentre in occidente ognuno prende ciò che ha scoperto lui della realtà per tutta la realtà. Dunque stando così le cose la vita per l'uomo di conoscenza, l'amico del sapere, non riuscirà mai ad essere soddisfacente perchè la vita è finita e le nostre capacità sono finite mentre l'oggetto della conoscenza è infinito. La strada d'uscita dall'empasse dunque è proprio l'esperienza, la "cessazione" del desiderio, della sete (pali: tanha) di conoscenza. "Chi si dedica allo studio ogni giorno aggiunge, chi pratica il Tao ogni giorno toglie..." (Tao Te Ching). Il Mistero della vita è che sembra che tutti sappiano questo ma nessuno lo mette in pratica. Abbiamo forse un problema di volontà? Non è che continuiamo a fare le cose che diciamo di non voler fare perchè in fin dei conti le vogliamo?

A questo punto dall'empasse sembra che si esca così: mutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 19:09:43 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PM
A questo punto dall'empasse sembra che si esca così: mutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Questa è la ricetta praticata da sempre dalle sétte, dai sistemi politici totalitari e da chiunque abbia interesse a distogliere la gente dal pensare e dal servirsi del senso critico. Trovo poi particolarmente curioso che tu giunga a presentare questa via come raccomandata da parte del Dubbio, addirittura con la D maiuscola. Insomma, in sostanza hai scritto che il Dubbio mi dice questo: "Rinuncia a dubitare, rinuncia a pensare, ad usare il senso critico". Ma come può il Dubbio propormi di non dubitare?

Mi sembra che si cada in un sacco di stalli, di empasse, come tu hai detto, non solo in questa discussione, ma in un sacco di discussioni di questo forum Logos, perché si affrontano le questioni in una visione statica, si perde completamente di vista che siamo storia, che tutto diviene. La metafora della bicicletta che avevo proposto comprende ciò, perché avevo detto che in bicicletta si riesce a stare in equilibrio solo a patto di muoversi in avanti. Se tieni la bici bloccata, ferma con i freni, cadrai a terra.

È la storia che ci consente da sempre di uscire dall'empasse del dubbio, non la rinuncia a dubitare e il ricorso a modifiche artificiali della volontà.

Storia significa che il dubbio non esiste mai da solo, ma sempre nella mente di qualcuno. È questo che ci si ostina a dimenticare, un oblio peraltro comprensibile, che non è altro che l'essere tutti impastati tuttoggi, inconsapevolmente, di filosofia greca. Dubbio nella mente di qualcuno significa che questo qualcuno ha sempre una storia alle spalle, che gli fornisce una fisionomia tutta sua, particolaristica. Si esce dal dubbio raccogliendo nel presente tutta la storia che abbiamo alle spalle e a partire da tale sintesi effettuando delle scelte di cui ci si assume la responsabilità. Poi si passa il tempo a correggere gli errori.

Pensare di modificare la volontà, così, gratuitamente, senza alcuna base, significa creare nella gente sensi di colpa devastanti: "Se tu fai il male, vuol dire che tu vuoi il male, e allora vuol dire che tu sei cattivo". Meraviglioso in questo senso san Paolo, quando dice "Io faccio il male che non voglio!".

Se uno che ha problemi va dallo psicologo o psichiatra, quest'ultimo farebbe malissimo ad indirizzarlo sullo sforzo di correggere direttamente la volontà: bisogna vedere quali problemi stanno dietro, cos'è che ha indotto al crearsi di quella volontà.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Sariputra il 13 Maggio 2017, 20:33:09 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 19:09:43 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PMA questo punto dall'empasse sembra che si esca così: mutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Questa è la ricetta praticata da sempre dalle sétte, dai sistemi politici totalitari e da chiunque abbia interesse a distogliere la gente dal pensare e dal servirsi del senso critico. Trovo poi particolarmente curioso che tu giunga a presentare questa via come raccomandata da parte del Dubbio, addirittura con la D maiuscola. Insomma, in sostanza hai scritto che il Dubbio mi dice questo: "Rinuncia a dubitare, rinuncia a pensare, ad usare il senso critico". Ma come può il Dubbio propormi di non dubitare? Mi sembra che si cada in un sacco di stalli, di empasse, come tu hai detto, non solo in questa discussione, ma in un sacco di discussioni di questo forum Logos, perché si affrontano le questioni in una visione statica, si perde completamente di vista che siamo storia, che tutto diviene. La metafora della bicicletta che avevo proposto comprende ciò, perché avevo detto che in bicicletta si riesce a stare in equilibrio solo a patto di muoversi in avanti. Se tieni la bici bloccata, ferma con i freni, cadrai a terra. È la storia che ci consente da sempre di uscire dall'empasse del dubbio, non la rinuncia a dubitare e il ricorso a modifiche artificiali della volontà. Storia significa che il dubbio non esiste mai da solo, ma sempre nella mente di qualcuno. È questo che ci si ostina a dimenticare, un oblio peraltro comprensibile, che non è altro che l'essere tutti impastati tuttoggi, inconsapevolmente, di filosofia greca. Dubbio nella mente di qualcuno significa che questo qualcuno ha sempre una storia alle spalle, che gli fornisce una fisionomia tutta sua, particolaristica. Si esce dal dubbio raccogliendo nel presente tutta la storia che abbiamo alle spalle e a partire da tale sintesi effettuando delle scelte di cui ci si assume la responsabilità. Poi si passa il tempo a correggere gli errori. Pensare di modificare la volontà, così, gratuitamente, senza alcuna base, significa creare nella gente sensi di colpa devastanti: "Se tu fai il male, vuol dire che tu vuoi il male, e allora vuol dire che tu sei cattivo". Meraviglioso in questo senso san Paolo, quando dice "Io faccio il male che non voglio!". Se uno che ha problemi va dallo psicologo o psichiatra, quest'ultimo farebbe malissimo ad indirizzarlo sullo sforzo di correggere direttamente la volontà: bisogna vedere quali problemi stanno dietro, cos'è che ha indotto al crearsi di quella volontà.

Penso che hai travisato completamente il senso di quello che Apeiron ed io dicevamo ( pur con le ovvie differenze). Non si tratta affatto di rinunciare al dubbio, ma di comprenderlo all'interno della pratica e non di una "teoria del dubbio" come stai facendo tu. Se durante una pratica meditativa o etica insorgono dubbi sulla pratica stessa, non significa affatto che la pratica sia sbagliata, ma posso anche cominciare a dubitare del mio approccio alla stessa. S'instaura una dialettica continua tra la pratica e il praticante  fino a giungere, col tempo, a far andare la pratica al ritmo del praticante. In questo senso la "bicicletta" di cui parli è la pratica ( meditativa o etica) stessa e il ciclista colui che se ne serve per spostarsi da una posizione di aggrovigliamento su se stesso ad una in cui si gusta semplicemente l'andare per i campi in bicicletta. E questo è storia, perché il praticare non cambia solo te stesso ma anche ciò che ti circonda ( non solo l'odio e l'egoismo sono contagiosi, per fortuna...). la volontà non si estingue mai. Serve un'enorme volontà infatti per uscire dal groviglio interiore, dalla "giungla del teorizzare" continuo e non c'è mai lo 'spegnimento del cervello' anzi, la vera pratica ti chiede di continuo di metterti in discussione e di mettere in discussione la pratica stessa ( che è esattamente il contrario del temuto 'lavaggio del cervello' di cui parli...). Ovvio che serve maturità e che non ci si deve avvicinare semplicemente per risolvere paturnie psicologiche. Ma ci si avvicina con l'intento di "vedere" ( e qui torna il discorso figurativo del filosofare pratico o etico stesso...) e con la serietà necessaria; serietà necessaria e imprescindibile per 'gustare' il frutto stesso della pratica scelta. Quindi non capisco perché dici che questo significa rinunciare a 'storia', scelte e responsabilità. La tua storia è il tuo agire stesso ( e non una teoria sull'agire...), la tua scelta ti cambia e cambia ciò che ti circonda, prendendosi a cuore con estrema responsabilità il tuo bene operi con responsabilità anche verso il bene degli altri.
Ciao  :)
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 20:47:52 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Maggio 2017, 20:33:09 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 19:09:43 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PMmutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Questa è la ricetta praticata da sempre dalle sétte
Penso che hai travisato completamente il senso di quello che Apeiron ed io dicevamo
.... la volontà non si estingue mai. Serve un'enorme volontà
... la vera pratica ti chiede di continuo di metterti in discussione e di mettere in discussione la pratica stessa ( che è esattamente il contrario del temuto 'lavaggio del cervello' di cui parli...).
Ho l'impressione che prima mi dici che ho travisato, ma poi confermi ciò che ho detto.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Sariputra il 13 Maggio 2017, 21:27:44 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 20:47:52 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Maggio 2017, 20:33:09 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 19:09:43 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PMmutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Questa è la ricetta praticata da sempre dalle sétte
Penso che hai travisato completamente il senso di quello che Apeiron ed io dicevamo .... la volontà non si estingue mai. Serve un'enorme volontà ... la vera pratica ti chiede di continuo di metterti in discussione e di mettere in discussione la pratica stessa ( che è esattamente il contrario del temuto 'lavaggio del cervello' di cui parli...).
Ho l'impressione che prima mi dici che ho travisato, ma poi confermi ciò che ho detto.

E' ormai storicamente accertato che siamo destinati a non capirci... ;D ;D 
Non posso ovviamente parlare per Apeiron. Da parte mia posso solo dire che serve una grande forza di volontà per seguire una filosofia pratica nella propria vita: meditativa , etica o morale che sia e per essere fedeli ad una scelta. D'altronde, anche il bambino, se gli cambi continuamente bicicletta sotto il sedere mentre prova, fa molta, molta fatica ad imparare ad andarci... :)
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Lou il 13 Maggio 2017, 22:31:48 PM
CitazioneMa d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio.
Forse il dubbio socratico non fu un dubbio scettico assoluto, in ambito teoretico, ma è proprio per questo ritengo fu uno scettico pratico impareggiabile, colui che traccia il modello di prassi scettica capace di ispirare e muovere ogni ricerca, ma ne sappiamo poco.
:)
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Sariputra il 14 Maggio 2017, 08:37:45 AM
Il dubbio a volte è come un sottofondo del nostro agire, che può essere positivo o negativo per l'agire stesso. Mi immagino una grande festa ed io che sto ballando con una bellissima fanciulla. Mi muovo e seguo il ritmo della musica e quello della mia compagna. Mentre lo sto facendo, dubito : "Perché sono qui? E' la cosa giusta essere qui?". In questa fase il dubbio è positivo, mi pone in una posizione critica verso l'agire e mi induce ad 'osservare' ciò che mi circonda . Ma se, dopo aver capito che si tratta semplicemente di una festa, continuo a dubitare, la mia compagna, vedendomi 'lontano' e assorto nei dubbi, potrebbe dirmi: "Sari, dove sei adesso?" e si entra nella fase negativa del dubitare in eccesso, quella che mi impedisce di accorgermi dei meravigliosi occhi della fanciulla con cui sto ballando...
Si potrebbe obiettare:"Ma come faccio a non dubitare che sia semplicemente una festa"?...Al che mi verrebbe da rispondere. "Perché stanno tutti 'ballando'... ;D
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Lou il 14 Maggio 2017, 09:25:28 AM
Te dici che l'ipotesi della combriccola di sensi ingannatori con tanto di sommo genio maligno che ci fan passare come dei creduloni sarebbero proprio da mandare a quel paese che fan proprio la figura dei guastafeste nati per mettere in discussione che tutti stiano ballando?
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Sariputra il 14 Maggio 2017, 10:08:11 AM
Citazione di: Lou il 14 Maggio 2017, 09:25:28 AMTe dici che l'ipotesi della combriccola di sensi ingannatori con tanto di sommo genio maligno che ci fan passare come dei creduloni sarebbero proprio da mandare a quel paese che fan proprio la figura dei guastafeste nati per mettere in discussione che tutti stiano ballando?

Prima sei 'ingenuo' e credi di partecipare ad una festa da ballo. Poi dubiti di partecipare 'veramente' ad una festa da ballo e non sei più ingenuo. Infine dubiti di tutti i dubbi creati dalla tua mente e partecipi alla festa da ballo e sei di nuovo ingenuo ( ma di un' 'ingenuità' diversa, passata attraverso il dubbio...). Non 'credi' più di partecipare, ma veramente partecipi e allora la tua compagna di ballo piroetta leggiadra, con abili mezzi ora trattenuta, ora lasciata andare,così da diventare la tua 'amica' con cui poi, alla fine, potrai far l'amore...( la compagna di ballo è ovviamente la "mente"...). ;D

P.S. Cosa c'entra con la filosofia? Con l'amore per il sapere? Mi dirai...ah! Non lo so proprio...forse c'entra qualcosa solo con il dubbio...ma torna sempre il discorso pratico, Cosa fare di quest'ingombrante "mente che mi mente" in continuazione? Perché la fanciulla è bellissima ma ha il brutto vizio di essere bugiarda, trovando sempre motivi per auto-giustificarsi e auto-assolversi... :(

Buona domenica! ...e scusami se scrivo un pò troppo per 'immagini' ( sarà una specie di deformazione professionale...) :-[
Spero che , anche da te, sia una meravigliosa giornata di maggio, come qui a Villa Sariputra...
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Lou il 14 Maggio 2017, 10:58:22 AM
Buona domenica anche a te: qui sole, nuvole e vento. Non c'è problema con le immagini, è che la metafora l'avevo forse confusa con la "vita", del resto ritengo si somiglino parecchio, la danza della mente ricalca in qualche modo i passi della vita.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 14 Maggio 2017, 13:23:11 PM
@Angelo Cannata
La differenza con le sette è la seguente: non condanno il Dubbio. Il Dubbio in realtà è un ottimo alleato, finchè non diventa patologico. Il Dubbio serve per rendersi conto di quanto non si sa, tuttavia vivere col solo dubbio è un po' come dice Sariputra con la bicicletta e il bambino. Se uno continua a cambiare bicicletta non fa nessun progresso. Nel buddismo al trasalimento (samvega) è associato "pasada", la confidenza nella Liberazione che si "ottiene" grazie a uno dei vari Sentieri della Liberazione. Il Ristagno invece è proprio dovuto alla mancanza di confidenza. Se non avessero creduto in quello che dicevano e pensavano non avremo mai avuto nessun Socrate, Laozi, Platone, Anassimandro, Buddha, Gesù, Paolo, Plotino, Seneca, Sankhara, Kant, Nietzsche ecc.  Senza il Dubbio e la Confidenza (che è opposta al dubbio) non avremo mai avuto nulla. Servono entrambi, ma purtroppo nessuno dei due è la Liberazione. Inoltre un equilibrio tra i due è quasi impossibile: Cartesio per uscirne si inventò il soggetto, l'"io dubito" e da lì fece la sua filosofia. Ma il Dubbio purtroppo è esso stesso un ostacolo alla Pace Interiore. In ogni caso io parlavo di estinzione della volontà (desiderio) di dubitare, non del dubitare. Mi sono espresso male. Buddha - per quanto dice - viveva in una pace assoluta, ossia nella completa equanimità. Non so se teorizzava ancora ma se lo faceva, lo faceva senza attaccarsi. In ogni caso Buddha dice che "farsi troppe domande" è un ostacolo alla Liberazione. Lui vede il "farsi troppe domande" come quell'uomo ferito da una freccia che invece di curarsi chiede chi è stato il colpevole, qual era il motivo ecc... Noi (e mi ci metto dentro) non accettiamo una filosofia rinunciataria come questa ma d'altronde non posso non notare quanto a volte sia patologica la mia (ma non solo la mia)  tendenza al Dubbio. La Confidenza è un complemento più che un contrario. Se non si riesce a raggiungere la Liberazione è giusto cercare un equilibrio, altrimenti le conseguenze ci sono (e non parlo dell'aldilà a cui non credo ma di questa stessa vita).
Nel tuo caso Angelo, hai la Confidenza nel Dubbio, sembra un paradosso ma in realtà non lo è. Anzi in un certo senso è molto "taoista", ossia hai una mente ricettiva, non ti attacchi a nessun dogma. Non è il tuo dubitare che è patologico. Il Dubbio Patologico è quella volontà di Dubitare anche dello stesso Dubbio...

Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci  ;) forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 14:27:13 PM
Questo parlare di patologia del dubbio mi fa ricordare certuni a cui mi è capitato di sentir dire che studiare troppo fa male. Un altro una volta mi disse: "Tu non devi pensare".

C'è un grave malinteso in questo tipo di affermazioni.

Il dubitare, lo studiare, il pensare, non hanno nulla di patologico e non hanno limiti a cui doversi attenere. Ciò che li può rendere problematici non è la quantità, ma il modo errato di praticarli. Ma questo vale per qualsiasi attività umana. Prendi per esempio la musica: ci sono maniere sbagliate di suonare uno strumento, maniere che ti fanno stancare, ti fanno venire i crampi alle mani, te lo fanno odiare. Ma il problema non è lo strumento, né la musica, è il fatto che si sta praticando quella certa attività in maniera sbagliata. Poi viene il maestro di quello strumento musicale, ti insegna le tecniche con cui tenerlo, quanto tempo far durare ogni seduta di studio, con quale mentalità accostarsi a quello strumento, ecc. ecc. ecc., ed ecco che puoi impiegare giornate intere a studiarlo, come di fatto fanno i musicisti, senza che ti vengano crampi, né odio per la musica. Per andare a cose più terra terra, con un coltello molto tagliente è un piacere fare certi lavori, ma se lo usi male puoi creare danni gravissimi a te stesso e ad altri.

Ora, il problema è che per certe cose la gente ha capito che non è da tutti usarle senza una preparazione: la gente ha capito che per guidare un'auto ci vuole un po' di scuola guida, ci vuole la patente. Ma da nessuno ti sentirai mai dire che per pensare ci vuole la patente, così come ci vuole per dubitare e per studiare. E così la gente si butta da sprovveduta, senza alcuna metodologia, senza cercare maestri, così, a capofitto, si buttano a pensare, a studiare, a dubitare, e il risultato è questo: gente che ti mette in guardia dal pensare troppo, dubitare troppo, studiare troppo.

Io non ho tutta questa paura del dubbio, del pensare, dello studiare, perché mi sono accostato a queste attività con metodo, cercando maestri, consapevole che queste attività vanno domate, devi conoscerne i trabocchetti, i tranelli, le insidie, ma poi ne vieni a conoscere anche la bellezza, il fascino, così come chi ha fatto certi lavori sa che tagliare con un coltello molto tagliente è non solo comodo, ma ti dà proprio piacere nel fare quel lavoro; però prima devi avere la pazienza di imparare con gradualità a maneggiare quel coltello.

Ora non vorrei apparire come un presuntuoso esperto di dubbi, di pensare e di studio: sono solo uno che cerca di camminare, ma soprattutto ha capito che un sacco di attività che la gente esercita a vanvera, a come capita prima, in realtà sono attività importantissime che meritano tirocinio; poi vengono però le soddisfazioni e puoi sperimentare che il dubbio non è affatto una bestia pericolosa da tenere alla larga, ma ti accarezza e ti conforta con la sua capacità di condurti dolcemente a fare nuove scoperte, nuove sorprese, nuove meraviglie. Ma prima ci vuole almeno un po' di necessario tirocinio.

In questo senso, se Buddha dice di non farsi troppe domande, deduco semplicemente che egli non ebbe un buon tirocinio, non ebbe buoni maestri che gl'insegnassero a gestire, maneggiare, destreggiarsi con le domande. Il problema non è il troppo, è il fare le cose male. Se le fai male, anche il poco diventa subito troppo.

Si può approfondire la questione notando che un modo di far male le cose consiste proprio nel troppo di alcuni aspetti nel farle: infatti sopra ho accennato, riguardo allo studio di uno strumento, alla durata di ogni seduta di studio. Proprio questo però evidenzia la differenza: un maestro non ti dirà genericamente di non fare troppo quell'attività, di non studiare troppo: ti darà informazioni specifiche su certi eccessi da evitare. È questa la differenza: la gente se ne viene sbrigativamente dicendo "troppo". Il maestro ti dice a quale tipo di troppo stare attento. La gente dice di non studiare troppo. Il maestro t'insegna qual è la durata ideale di una seduta di studio, con quale tipo di riposo alternarla, quante sedute fare in una giornata. E così anche riguardo al dubbio: non è questione di non esagerare nel dubitare: bisogna entrare nel dubitare e vedere, una volta entrati dentro, in quali aspetti del dubitare possono esserci degli eccessi, capire perché quegli eccessi sono eccessi, in modo da far fruttare il dubbio al massimo delle sue possibilità.

Tu hai parlato di dubbio patologico nel caso in cui si dubiti dello stesso dubbio. Hai fatto ricerche in proposito? Hai fatto studi specifici riguardo al dubitare del dubbio? Il problema è questo: tutti parliamo, parliamo e riteniamo che certe cose siano vere per il semplice motivo che le abbiamo pensate e le abbiamo dette.

Certo, di questo passo non potremmo parlare di niente, visto che è impossibile essere professionisti di tutto. In realtà si può parlare di tutto se solo si ha l'accortezza di non presentare ciò che ci passa per la testa come una cosa vera, solo perché ci è passata per la testa.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 14 Maggio 2017, 15:16:52 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 14:27:13 PMQuesto parlare di patologia del dubbio mi fa ricordare certuni a cui mi è capitato di sentir dire che studiare troppo fa male. Un altro una volta mi disse: "Tu non devi pensare". C'è un grave malinteso in questo tipo di affermazioni. Il dubitare, lo studiare, il pensare, non hanno nulla di patologico e non hanno limiti a cui doversi attenere. Ciò che li può rendere problematici non è la quantità, ma il modo errato di praticarli. Ma questo vale per qualsiasi attività umana. Prendi per esempio la musica: ci sono maniere sbagliate di suonare uno strumento, maniere che ti fanno stancare, ti fanno venire i crampi alle mani, te lo fanno odiare. Ma il problema non è lo strumento, né la musica, è il fatto che si sta praticando quella certa attività in maniera sbagliata. Poi viene il maestro di quello strumento musicale, ti insegna le tecniche con cui tenerlo, quanto tempo far durare ogni seduta di studio, con quale mentalità accostarsi a quello strumento, ecc. ecc. ecc., ed ecco che puoi impiegare giornate intere a studiarlo, come di fatto fanno i musicisti, senza che ti vengano crampi, né odio per la musica. Per andare a cose più terra terra, con un coltello molto tagliente è un piacere fare certi lavori, ma se lo usi male puoi creare danni gravissimi a te stesso e ad altri. Ora, il problema è che per certe cose la gente ha capito che non è da tutti usarle senza una preparazione: la gente ha capito che per guidare un'auto ci vuole un po' di scuola guida, ci vuole la patente. Ma da nessuno ti sentirai mai dire che per pensare ci vuole la patente, così come ci vuole per dubitare e per studiare. E così la gente si butta da sprovveduta, senza alcuna metodologia, senza cercare maestri, così, a capofitto, si buttano a pensare, a studiare, a dubitare, e il risultato è questo: gente che ti mette in guardia dal pensare troppo, dubitare troppo, studiare troppo. Io non ho tutta questa paura del dubbio, del pensare, dello studiare, perché mi sono accostato a queste attività con metodo, cercando maestri, consapevole che queste attività vanno domate, devi conoscerne i trabocchetti, i tranelli, le insidie, ma poi ne vieni a conoscere anche la bellezza, il fascino, così come chi ha fatto certi lavori sa che tagliare con un coltello molto tagliente è non solo comodo, ma ti dà proprio piacere nel fare quel lavoro; però prima devi avere la pazienza di imparare con gradualità a maneggiare quel coltello. Ora non vorrei apparire come un presuntuoso esperto di dubbi, di pensare e di studio: sono solo uno che cerca di camminare, ma soprattutto ha capito che un sacco di attività che la gente esercita a vanvera, a come capita prima, in realtà sono attività importantissime che meritano tirocinio; poi vengono però le soddisfazioni e puoi sperimentare che il dubbio non è affatto una bestia pericolosa da tenere alla larga, ma ti accarezza e ti conforta con la sua capacità di condurti dolcemente a fare nuove scoperte, nuove sorprese, nuove meraviglie. Ma prima ci vuole almeno un po' di necessario tirocinio. In questo senso, se Buddha dice di non farsi troppe domande, deduco semplicemente che egli non ebbe un buon tirocinio, non ebbe buoni maestri che gl'insegnassero a gestire, maneggiare, destreggiarsi con le domande. Il problema non è il troppo, è il fare le cose male. Se le fai male, anche il poco diventa subito troppo. Si può approfondire la questione notando che un modo di far male le cose consiste proprio nel troppo di alcuni aspetti nel farle: infatti sopra ho accennato, riguardo allo studio di uno strumento, alla durata di ogni seduta di studio. Proprio questo però evidenzia la differenza: un maestro non ti dirà genericamente di non fare troppo quell'attività, di non studiare troppo: ti darà informazioni specifiche su certi eccessi da evitare. È questa la differenza: la gente se ne viene sbrigativamente dicendo "troppo". Il maestro ti dice a quale tipo di troppo stare attento. La gente dice di non studiare troppo. Il maestro t'insegna qual è la durata ideale di una seduta di studio, con quale tipo di riposo alternarla, quante sedute fare in una giornata. E così anche riguardo al dubbio: non è questione di non esagerare nel dubitare: bisogna entrare nel dubitare e vedere, una volta entrati dentro, in quali aspetti del dubitare possono esserci degli eccessi, capire perché quegli eccessi sono eccessi, in modo da far fruttare il dubbio al massimo delle sue possibilità. Tu hai parlato di dubbio patologico nel caso in cui si dubiti dello stesso dubbio. Hai fatto ricerche in proposito? Hai fatto studi specifici riguardo al dubitare del dubbio? Il problema è questo: tutti parliamo, parliamo e riteniamo che certe cose siano vere per il semplice motivo che le abbiamo pensate e le abbiamo dette. Certo, di questo passo non potremmo parlare di niente, visto che è impossibile essere professionisti di tutto. In realtà si può parlare di tutto se solo si ha l'accortezza di non presentare ciò che ci passa per la testa come una cosa vera, solo perché ci è passata per la testa.

Bella risposta Angelo :) in effetti sì hai ragione. Però nuovamente il discorso è lo stesso: in ogni caso siamo esseri limitati. Ci servono maestri e anche se è vero che tutte le domande e i dubbi sono legittimi, è anche vero che alcuni o non potranno mai aver soluzione (almeno nella nostra vita mortale) oppure vengono fatti al momento giusto. La differenza con le sette è che io non impongo una legge contro il dubbio bensì dico che a volte il Dubbio è pericoloso. Ancora peggio è l'attaccamento al Dubbio. Il tuo Dubbio è sereno, equilibrato ecc: come dici tu ci sono modi e modi. Ma i modi di per sé direzionano il dubbio, lo vincolano proprio per evitare di cadere nel ristagno. Ad esempio Cioran diceva che non ha imparato nulla dopo i 20 anni e tutta la vita ha detto di continuare a dubitare: questo è il dubbio "patologico".

Ti allego il link della citazione del Buddha: http://www.canonepali.net/mn/mn_63.htm. In particolare: Chi pretendesse: 'Io non condurrò vita religiosa presso il Sublime, se prima egli non mi farà partecipe di tutti questi problemi'; il Compiuto non giungerebbe a partecipargli abbastanza, che quegli se ne morrebbe.È come se un uomo fosse colpito da una freccia con la punta spalmata di veleno; ed i suoi amici e compagni, parenti e congiunti, gli procurassero un medico chirurgo; ed egli però dicesse: 'Non voglio fare estrarre questa freccia prima che io sappia che uomo mi ha colpito: se un guerriero, un sacerdote, un borghese o un servo'. Non voglio estrarre questa freccia prima che io sappia di che nome, di che gente è l'uomo che mi ha colpito. Se è alto o basso; se nero o bruno o giallo di pelle; di quale villaggio o borgata o città è abitante. Non voglio estrarre questa freccia prima che io sappia che arco mi ha colpito: se piccolo o grande; se la corda è di fune o filo o tendine o cordone o budella; se la freccia è di canna o di giunco, di che penne è fornita: se di avvoltoio o di airone o di corvo o di pavone o di beccaccia; se la freccia è guarnita di cuoio di bue o di bufalo o di cervo o di leone; se la punta è diritta o curva o uncinata o attorcigliata o a forma di dente di vaccina o di foglia di oleandro'. Non riuscirebbe, Mâlunkyâputto, quell'uomo a saperne abbastanza perché egli morrebbe prima. Lo stesso accadrebbe a colui che pretendesse di seguire la vita religiosa presso di me a patto che io chiarissi tutti i suoi dubbi: egli morrebbe prima. Il Dubbio che fa soffrire è quello che cerca per forza la risposta. Non è la semplice presa di conoscenza di "sapere di non sapere" ma pretende una chiarificazione che tolga, paradossalmente, ogni dubbio.


Quello che non abbiamo, che ci manca a noi occidentali, credo, è proprio un maestro che ne sappia di queste cose  ::)

Comunque il Dubbio che tu esponi a me pare quasi una "dotta ignoranza". Ad esempio il dubbio vuole sapere se "il cosmo è eterno o no" invece la "dotta ignoranza" no :)
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Sariputra il 14 Maggio 2017, 16:21:32 PM
@ Apeiron scrive:
Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente.

Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc.
Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...).
Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;)
Ciao
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 16:41:24 PM
Temevo di essere io la pecora nera, ma se parli di incertezza sul forum significa che è qualcosa di più diffuso. Probabilmente sarebbe bene discutere anche di stile del confrontarsi, stile nell'interpretare l'altrui dissenso, stile nell'organizzare le idee. Dico stile perché poi stile significa gusto e piacere di fare le cose.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 14 Maggio 2017, 18:14:29 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Maggio 2017, 16:21:32 PM@ Apeiron scrive: Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente. Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc. Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...). Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;) Ciao
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 16:41:24 PMTemevo di essere io la pecora nera, ma se parli di incertezza sul forum significa che è qualcosa di più diffuso. Probabilmente sarebbe bene discutere anche di stile del confrontarsi, stile nell'interpretare l'altrui dissenso, stile nell'organizzare le idee. Dico stile perché poi stile significa gusto e piacere di fare le cose.

Uno dei molti motivi per cui ultimamente scrivo di meno (oggi è una giornata un po' diversa) è proprio questo dell'incomprensione. Siamo individui talmente complessi con formazioni differenti che si finisce per usare le stesse parole in modo diverso.
Per dire un esempio: sembra che al suo tempo Buddha parlava di "impermanenza" si riferiva al fatto che una vita non perdurava per un tempo infinito, non che era "sempre in continuo divenire". In sostanza l'individuo chiamato "Apeiron" non è qualcosa che "non esiste" come il fiume di Cratilo che non si può neanche indicare una volta bensì è "impermanente" perchè dura un certo numero di anni. Il Tao cinese di Lao-zi è scritto con una combinazione di due caratteri che da un senso di "movimento", sembra che fosse non una "via da percorrere" bensì più assimilabile ad una "corrente". Sono piccolezze che però se ignorate non ci danno una comprensione corretta e totale del testo che leggiamo, ma solo una parziale. Siccome non possiamo essere dei linguisti di tutte le lingue ci dobbiamo accontentare o di studiare una tradizione in modo approfondito e ignorare le altre o cercare di capire quello che si riesce dalle tradizioni (e dalle persone). Altro esempio: la parola "ente". Ognuno la usa in modo simile. Tuttavia a volte la differenza causa una confusione che porta anche alla litigata.

Io mi sono anche immerso nella filosofia orientale ed ora sono né carne né pesce, nel senso che quello che cerco di fare è trovare un raccordo per tenere ciò che è buono dalle varie tradizioni. Per questo motivo più che alle parole e alle dottrino mi interesso quasi di più alle espressioni e a come vengono usate. Per esempio nello Zhuangzi ad un certo punto si dice che la Perfezione la si raggiunge quando "ci si siede e si dimentica" ("zuowang") oppure che "l'uomo Perfetto è senza Sé" mentre il buddismo ci dice di realizzare "anatta" (non-sé). Si può notare l'uso del linguaggio negativo e l'indicazione che in qualche modo si può essere "senza sé". Tali concetti si trovano in modo simile anche in mistici cristiani o in filosofi di varia estrazioni. Ma sono nuovamente simili. Così come sono simili Brahman e il Dio cristiano ma sono anche estremamente differenti e per questo tradurre "Brahman" con "Dio" è pericoloso.

A volte ho l'impressione di usare le parole in modo bizzarro, in modo da non farmi capire ecc. Piuttosto di creare confusione per me è meglio fare ordine nella mia mente :) In ogni caso concordo con Wittgenstein quando ha scritto: "L'uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi. – Cosí come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi. Il linguaggio comune è una parte dell'organismo umano, né è meno complicato di questo. È umanamente impossibile desumerne immediatamente la logica del linguaggio. Il linguaggio traveste i pensieri. E precisamente cosí che dalla forma esteriore dell'abito non si può concludere alla forma dei pensiero rivestito; perché la forma esteriore dell'abito è formata per ben altri scopi che quello di far riconoscere la forma del corpo. Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate. "  Io vedo la cosa anche nelle faccende più quotidiane e banali. Tuttavia l'impressione che ho è che la specializzazione che comporta il nostro cammino ci fa comprendere le cose in modo diverso l'uno dall'altro e questo si riflette nei nostri discorsi. Altro motivo di ... Dubbi senza fine  ;D

@Sariputra io e te ci capiamo perchè abbiamo una formazione che in un certo senso è simile. Un altro utente potrebbe fraintendere molti miei messaggi.  

@
Angelo, una discussione sul "come interpretare l'altro" è molto interessante secondo me. Oppure anche una discussione sulla "filosofia comparativa" (ad esempio come confrontare la filosofia del Buddha con quella di Zhuangzi o quella di Platone). Purtroppo non so quanto tempo ho di dare un contributo decente  :(

Per gli interessati alle filosofie orientali: lo Zen è un misto tra taoismo e buddismo mahayana. Il buddismo in realtà è una filosofia che cerca di trascendere, parla molto della metafisica del samsara ecc. Il taoismo è molto contrario alla speculazione e tenta di "assorbirsi nell'azione". Il fatto che entrambe le tradizioni usavano terminologia negativa ha fatto in modo che gli stessi monaci facessero confusione tra le due tradizioni. Ad esempio la "vacuità" ha un significato simile da entrambe le parti ma ad un certo punto nell'indagine è importante vedere la differenza.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:00:14 PM
Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2017, 18:14:29 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Maggio 2017, 16:21:32 PM@ Apeiron scrive: Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente. Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc. Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...). Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;) Ciao
Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 16:41:24 PMTemevo di essere io la pecora nera, ma se parli di incertezza sul forum significa che è qualcosa di più diffuso. Probabilmente sarebbe bene discutere anche di stile del confrontarsi, stile nell'interpretare l'altrui dissenso, stile nell'organizzare le idee. Dico stile perché poi stile significa gusto e piacere di fare le cose.

Uno dei molti motivi per cui ultimamente scrivo di meno (oggi è una giornata un po' diversa) è proprio questo dell'incomprensione. Siamo individui talmente complessi con formazioni differenti che si finisce per usare le stesse parole in modo diverso.
Per dire un esempio: sembra che al suo tempo Buddha parlava di "impermanenza" si riferiva al fatto che una vita non perdurava per un tempo infinito, non che era "sempre in continuo divenire". In sostanza l'individuo chiamato "Apeiron" non è qualcosa che "non esiste" come il fiume di Cratilo che non si può neanche indicare una volta bensì è "impermanente" perchè dura un certo numero di anni. Il Tao cinese di Lao-zi è scritto con una combinazione di due caratteri che da un senso di "movimento", sembra che fosse non una "via da percorrere" bensì più assimilabile ad una "corrente". Sono piccolezze che però se ignorate non ci danno una comprensione corretta e totale del testo che leggiamo, ma solo una parziale. Siccome non possiamo essere dei linguisti di tutte le lingue ci dobbiamo accontentare o di studiare una tradizione in modo approfondito e ignorare le altre o cercare di capire quello che si riesce dalle tradizioni (e dalle persone). Altro esempio: la parola "ente". Ognuno la usa in modo simile. Tuttavia a volte la differenza causa una confusione che porta anche alla litigata.

Io mi sono anche immerso nella filosofia orientale ed ora sono né carne né pesce, nel senso che quello che cerco di fare è trovare un raccordo per tenere ciò che è buono dalle varie tradizioni. Per questo motivo più che alle parole e alle dottrino mi interesso quasi di più alle espressioni e a come vengono usate. Per esempio nello Zhuangzi ad un certo punto si dice che la Perfezione la si raggiunge quando "ci si siede e si dimentica" ("zuowang") oppure che "l'uomo Perfetto è senza Sé" mentre il buddismo ci dice di realizzare "anatta" (non-sé). Si può notare l'uso del linguaggio negativo e l'indicazione che in qualche modo si può essere "senza sé". Tali concetti si trovano in modo simile anche in mistici cristiani o in filosofi di varia estrazioni. Ma sono nuovamente simili. Così come sono simili Brahman e il Dio cristiano ma sono anche estremamente differenti e per questo tradurre "Brahman" con "Dio" è pericoloso.

A volte ho l'impressione di usare le parole in modo bizzarro, in modo da non farmi capire ecc. Piuttosto di creare confusione per me è meglio fare ordine nella mia mente :) In ogni caso concordo con Wittgenstein quando ha scritto: "L'uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi. – Cosí come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi. Il linguaggio comune è una parte dell'organismo umano, né è meno complicato di questo. È umanamente impossibile desumerne immediatamente la logica del linguaggio. Il linguaggio traveste i pensieri. E precisamente cosí che dalla forma esteriore dell'abito non si può concludere alla forma dei pensiero rivestito; perché la forma esteriore dell'abito è formata per ben altri scopi che quello di far riconoscere la forma del corpo. Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate. "  Io vedo la cosa anche nelle faccende più quotidiane e banali. Tuttavia l'impressione che ho è che la specializzazione che comporta il nostro cammino ci fa comprendere le cose in modo diverso l'uno dall'altro e questo si riflette nei nostri discorsi. Altro motivo di ... Dubbi senza fine  ;D

@Sariputra io e te ci capiamo perchè abbiamo una formazione che in un certo senso è simile. Un altro utente potrebbe fraintendere molti miei messaggi.  

@
Angelo, una discussione sul "come interpretare l'altro" è molto interessante secondo me. Oppure anche una discussione sulla "filosofia comparativa" (ad esempio come confrontare la filosofia del Buddha con quella di Zhuangzi o quella di Platone). Purtroppo non so quanto tempo ho di dare un contributo decente  :(

Per gli interessati alle filosofie orientali: lo Zen è un misto tra taoismo e buddismo mahayana. Il buddismo in realtà è una filosofia che cerca di trascendere, parla molto della metafisica del samsara ecc. Il taoismo è molto contrario alla speculazione e tenta di "assorbirsi nell'azione". Il fatto che entrambe le tradizioni usavano terminologia negativa ha fatto in modo che gli stessi monaci facessero confusione tra le due tradizioni. Ad esempio la "vacuità" ha un significato simile da entrambe le parti ma ad un certo punto nell'indagine è importante vedere la differenza.

Se diamo ragione al pezzo citato da te, però il linguaggio che cela i pensieri, è anche da interpretare.

Vado a memoria, perchè per esempio il nostro dissenso in filosofia ci porterebbe a essere slegati, ma la nostra passione per la religione ci porterebbe a essere legati, ma alla fine quello che più mi avvicina a volerti ascoltare, sono proprio gli ultimi post, in cui parli di vissuto.

Cominciamo a distinguere quelli, perchè stiamo usando il linguaggio, e il linguaggio ha in sè dei trabochetti. Ma i pensieri quali sono?

nel post su citato, tu scrivi molto interessantemente che cerchi una via per unire due interessi. Quello scientifico e quello religisioso.

ma in cosa consiste esattamente? intendo non possiamo iniziare a confrontarci con quello?

Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 15 Maggio 2017, 18:29:30 PM
Credo che sarebbe utile tener presente che quest'argomento di cui si sta parlando, cioè la difficoltà a comunicare, a capirsi, a discutere, fa parte in realtà di un fenomeno mondiale. Ho già fatto notare in altri post che a livello mondiale, supponendo l'inglese come lingua più usata, il totale dei forum di filosofia funzionanti è 1, questo stesso frequentato abbastanza poco e male. Anche in Italia il totale è 1, cioè questo. Immagino che abbiate anche notato che coloro che si rendono presenti con una certa regolarità nelle discussioni sono sempre le stesse persone, non le ho contate, ma saranno circa una decina. Cioè, in tutta Italia le persone a cui ancora piace discutere di filosofia sono una decina. In questa situazione è ovvio prevedere che prima o poi anche questa decina comincerà a stancarsi, annoiarsi e si arriverà a zero. I sintomi sono quelli manifestati in questi ultimi messaggi.

Di conseguenza credo che abbia poco senso affrontare la questione come qualcosa di locale, qualcosa tra me e te, dipendente, per esempio dalla personalità di questo o quell'utente, ecc. Il problema va affrontato cercandone le cause mondiali.

Io tento qui di seguito adesso una mia interpretazione del fenomeno, che sarebbe tutta da vagliare.

Oggi non interessa più a nessuno sapere cos'è l'essere, cos'è il divenire, stabilire se è meglio essere relativisti o non relativisti, se e in che misura sia importante dubitare o coltivare certezze. Con la caduta delle ideologie è ormai finito il tempo delle teorie, non importa se giuste o sbagliate, vere o false. È finito il tempo del pensare astratto, del riflettere: non interessa più a nessuno. Ciò che oggi interessa, riguardo al comunicare, è che esso sia un'esperienza, non interessa che conduca a verità o non verità. E oggi l'esperienza che riesce ad essere toccante è l'incontro con la persona. La gente di oggi passa ore e giornate intere a parlare sui social media, ma non parlano certo di filosofia o ricerca della verità: parlano di sé, delle piccole esperienze che vivono, perché questo ti fa sentire che stai toccando qualcosa, stai toccando la persona. Con le discussioni filosofiche oggi si ha la sensazione di non toccare niente. È finito il tempo in cui si litigava per stabilire se l'essere è o diviene ecc. Solo dei pochissimi ostinati, come questa decina che stiamo ancora qui a farlo, possono risultare ancora interessati a discussioni del genere. Ma per tutti gli altri non facciamo altro che friggere aria.

A questo punto si tratta di valutare questa situazione e ipotizzare reazioni: per esempio reazioni di apprezzamento, di lasciarsi mettere in questione da ciò, oppure individuare le proprie ragioni, ecc. ecc.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 15 Maggio 2017, 19:18:36 PM
Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:00:14 PM
Citazione di: Apeiron il 14 Maggio 2017, 18:14:29 PM
Citazione di: Sariputra il 14 Maggio 2017, 16:21:32 PM@ Apeiron scrive: Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente. Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc. Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...). Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;) Ciao

Citazione di: Angelo Cannata il 14 Maggio 2017, 16:41:24 PMTemevo di essere io la pecora nera, ma se parli di incertezza sul forum significa che è qualcosa di più diffuso. Probabilmente sarebbe bene discutere anche di stile del confrontarsi, stile nell'interpretare l'altrui dissenso, stile nell'organizzare le idee. Dico stile perché poi stile significa gusto e piacere di fare le cose.
Uno dei molti motivi per cui ultimamente scrivo di meno (oggi è una giornata un po' diversa) è proprio questo dell'incomprensione. Siamo individui talmente complessi con formazioni differenti che si finisce per usare le stesse parole in modo diverso. Per dire un esempio: sembra che al suo tempo Buddha parlava di "impermanenza" si riferiva al fatto che una vita non perdurava per un tempo infinito, non che era "sempre in continuo divenire". In sostanza l'individuo chiamato "Apeiron" non è qualcosa che "non esiste" come il fiume di Cratilo che non si può neanche indicare una volta bensì è "impermanente" perchè dura un certo numero di anni. Il Tao cinese di Lao-zi è scritto con una combinazione di due caratteri che da un senso di "movimento", sembra che fosse non una "via da percorrere" bensì più assimilabile ad una "corrente". Sono piccolezze che però se ignorate non ci danno una comprensione corretta e totale del testo che leggiamo, ma solo una parziale. Siccome non possiamo essere dei linguisti di tutte le lingue ci dobbiamo accontentare o di studiare una tradizione in modo approfondito e ignorare le altre o cercare di capire quello che si riesce dalle tradizioni (e dalle persone). Altro esempio: la parola "ente". Ognuno la usa in modo simile. Tuttavia a volte la differenza causa una confusione che porta anche alla litigata. Io mi sono anche immerso nella filosofia orientale ed ora sono né carne né pesce, nel senso che quello che cerco di fare è trovare un raccordo per tenere ciò che è buono dalle varie tradizioni. Per questo motivo più che alle parole e alle dottrino mi interesso quasi di più alle espressioni e a come vengono usate. Per esempio nello Zhuangzi ad un certo punto si dice che la Perfezione la si raggiunge quando "ci si siede e si dimentica" ("zuowang") oppure che "l'uomo Perfetto è senza Sé" mentre il buddismo ci dice di realizzare "anatta" (non-sé). Si può notare l'uso del linguaggio negativo e l'indicazione che in qualche modo si può essere "senza sé". Tali concetti si trovano in modo simile anche in mistici cristiani o in filosofi di varia estrazioni. Ma sono nuovamente simili. Così come sono simili Brahman e il Dio cristiano ma sono anche estremamente differenti e per questo tradurre "Brahman" con "Dio" è pericoloso. A volte ho l'impressione di usare le parole in modo bizzarro, in modo da non farmi capire ecc. Piuttosto di creare confusione per me è meglio fare ordine nella mia mente :) In ogni caso concordo con Wittgenstein quando ha scritto: "L'uomo possiede la capacità di costruire linguaggi, con i quali ogni senso può esprimersi, senza sospettare come e che cosa ogni parola significhi. – Cosí come si parla senza sapere come i singoli suoni siano emessi. Il linguaggio comune è una parte dell'organismo umano, né è meno complicato di questo. È umanamente impossibile desumerne immediatamente la logica del linguaggio. Il linguaggio traveste i pensieri. E precisamente cosí che dalla forma esteriore dell'abito non si può concludere alla forma dei pensiero rivestito; perché la forma esteriore dell'abito è formata per ben altri scopi che quello di far riconoscere la forma del corpo. Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate. " Io vedo la cosa anche nelle faccende più quotidiane e banali. Tuttavia l'impressione che ho è che la specializzazione che comporta il nostro cammino ci fa comprendere le cose in modo diverso l'uno dall'altro e questo si riflette nei nostri discorsi. Altro motivo di ... Dubbi senza fine ;D @Sariputra io e te ci capiamo perchè abbiamo una formazione che in un certo senso è simile. Un altro utente potrebbe fraintendere molti miei messaggi. @Angelo, una discussione sul "come interpretare l'altro" è molto interessante secondo me. Oppure anche una discussione sulla "filosofia comparativa" (ad esempio come confrontare la filosofia del Buddha con quella di Zhuangzi o quella di Platone). Purtroppo non so quanto tempo ho di dare un contributo decente :( Per gli interessati alle filosofie orientali: lo Zen è un misto tra taoismo e buddismo mahayana. Il buddismo in realtà è una filosofia che cerca di trascendere, parla molto della metafisica del samsara ecc. Il taoismo è molto contrario alla speculazione e tenta di "assorbirsi nell'azione". Il fatto che entrambe le tradizioni usavano terminologia negativa ha fatto in modo che gli stessi monaci facessero confusione tra le due tradizioni. Ad esempio la "vacuità" ha un significato simile da entrambe le parti ma ad un certo punto nell'indagine è importante vedere la differenza.
Se diamo ragione al pezzo citato da te, però il linguaggio che cela i pensieri, è anche da interpretare. Vado a memoria, perchè per esempio il nostro dissenso in filosofia ci porterebbe a essere slegati, ma la nostra passione per la religione ci porterebbe a essere legati, ma alla fine quello che più mi avvicina a volerti ascoltare, sono proprio gli ultimi post, in cui parli di vissuto. Cominciamo a distinguere quelli, perchè stiamo usando il linguaggio, e il linguaggio ha in sè dei trabochetti. Ma i pensieri quali sono? nel post su citato, tu scrivi molto interessantemente che cerchi una via per unire due interessi. Quello scientifico e quello religisioso. ma in cosa consiste esattamente? intendo non possiamo iniziare a confrontarci con quello?

Forse è off-topic però per un dialogo produttivo tra noi due sull'incontro tra "dubbio" e "religione" non so quanto sia utile. Come le persone religiose io cerco la trascendenza, la verità, "Dio" se vuoi e credo che quando le persone parlano di Tao, Nirvana, Dio, Brahman non siano semplicemente "pazzi" ma parlino di qualcosa di molto più reale di quello che appare. Trovo bellissime espressioni nelle religioni di tutto (!!!) il mondo. Un cristiano invece prende una religione e per di più mooolto dualistica (salvezza/dannazione, paradiso/inferno, luce/tenebra...) basata sull'accettazione di dogmi su cui non si può discutere pena la "dannazione". Un cristiano perciò inserisce tutto se stesso in un sistema autoritario che chiude a tutte le esperienze religiose di questo mondo e in cambio si imprigiona, secondo me, un vero e proprio "splitting" mentale (in psicologia lo "splitting" è la netta separazione dualistica, ossia "pensare in bianco e in nero"). A me tutto questo sembra un modo di ragionare troppo vecchio anche se ha molti elementi che apprezzo molto, ergo sono ambivalente rispetto alla cristianità. Sul lato pratico poi la cristianità non offre nessuna tecnica meditativa ed è contraria alla speculazione filosofica. Purtroppo molte persone sopportano poco il dover essere imprigionati in riti, "verità" che non possono essere discusse, un Dio che pretende di essere ringraziato in ogni secondo. Non riesco a far mia l'idea di un Dio Personale e Amorevole da quanto so della dottrina cristiana: la mia coscienza si "ribella" a sentire certi atteggiamenti "attribuiti" a Dio. Tu magari sì visto che d'altronde c'è anche scritto "Deus Caritas est". Ma se iniziamo a discutere non finisce più, partiamo da mentalità troppo diverse (non mi esprimo sul futuro, ma per ora è così).

Tutto ciò lo dico perchè un terreno comune tra noi due è solo su una "trascendenza". Ma io purtroppo per me (?) non riesco a dire "qui la mia coscienza e la mia ragione non posso usarle perchè me lo dice Dio".  Personalmente sono uno che cerca, uno che gli piace indagare i misteri e ammirare il Mistero della Realtà. Mi pare che a te piacesse Nietzsche quindi lo cito per descrivermi: "Sono troppo curioso, troppo problematico, troppo tracotante...". In nessun versetto della Bibbia c'è scritto "fatevi domande" o "pensate con la vostra testa" o "interrogatevi". Uno stile di vita del genere per me è inaccettabile, quindi va bene il dialogo però non so quanto possa esserci utile. In ogni caso ti ammiro perchè nonostante la tua religione hai una mentalità molto aperta, così come ammiro molti amici cattolici. Se fossi cristiano io probabilmente sarei un fanatico, vista la mentalità "ossessionata dal controllo" (paradosso: io odio il pensiero "in bianco e in nero" e tuttavia istintivamente pensierei così...) che mi ritrovo, quindi forse è meglio che non lo sia. Anche perchè sarei un cristiano per paura e non per caritas. Ma aprirei un altro argomento per discutere di ciò...

P.S. Non riesco ad apprezzare l'idea di un Dio Personale. La ritengo un'idea troppo vecchia.

Citazione di: Angelo Cannata il 15 Maggio 2017, 18:29:30 PMCredo che sarebbe utile tener presente che quest'argomento di cui si sta parlando, cioè la difficoltà a comunicare, a capirsi, a discutere, fa parte in realtà di un fenomeno mondiale. Ho già fatto notare in altri post che a livello mondiale, supponendo l'inglese come lingua più usata, il totale dei forum di filosofia funzionanti è 1, questo stesso frequentato abbastanza poco e male. Anche in Italia il totale è 1, cioè questo. Immagino che abbiate anche notato che coloro che si rendono presenti con una certa regolarità nelle discussioni sono sempre le stesse persone, non le ho contate, ma saranno circa una decina. Cioè, in tutta Italia le persone a cui ancora piace discutere di filosofia sono una decina. In questa situazione è ovvio prevedere che prima o poi anche questa decina comincerà a stancarsi, annoiarsi e si arriverà a zero. I sintomi sono quelli manifestati in questi ultimi messaggi. Di conseguenza credo che abbia poco senso affrontare la questione come qualcosa di locale, qualcosa tra me e te, dipendente, per esempio dalla personalità di questo o quell'utente, ecc. Il problema va affrontato cercandone le cause mondiali. Io tento qui di seguito adesso una mia interpretazione del fenomeno, che sarebbe tutta da vagliare. Oggi non interessa più a nessuno sapere cos'è l'essere, cos'è il divenire, stabilire se è meglio essere relativisti o non relativisti, se e in che misura sia importante dubitare o coltivare certezze. Con la caduta delle ideologie è ormai finito il tempo delle teorie, non importa se giuste o sbagliate, vere o false. È finito il tempo del pensare astratto, del riflettere: non interessa più a nessuno. Ciò che oggi interessa, riguardo al comunicare, è che esso sia un'esperienza, non interessa che conduca a verità o non verità. E oggi l'esperienza che riesce ad essere toccante è l'incontro con la persona. La gente di oggi passa ore e giornate intere a parlare sui social media, ma non parlano certo di filosofia o ricerca della verità: parlano di sé, delle piccole esperienze che vivono, perché questo ti fa sentire che stai toccando qualcosa, stai toccando la persona. Con le discussioni filosofiche oggi si ha la sensazione di non toccare niente. È finito il tempo in cui si litigava per stabilire se l'essere è o diviene ecc. Solo dei pochissimi ostinati, come questa decina che stiamo ancora qui a farlo, possono risultare ancora interessati a discussioni del genere. Ma per tutti gli altri non facciamo altro che friggere aria. A questo punto si tratta di valutare questa situazione e ipotizzare reazioni: per esempio reazioni di apprezzamento, di lasciarsi mettere in questione da ciò, oppure individuare le proprie ragioni, ecc. ecc.

Sottoscrivo tutto. Ho la sensazione sempre più opprimente di essere un pesce fuor d'acqua. Uno che non ha niente in comune con la maggior parte dei miei coetanei e non e per questo motivo a rischio di "follia". Mi sento come un marziano in mezzo a gente che non capisco. Con loro ho dei bei momenti. In verità ho molti amici tuttavia ho un senso opprimente di distacco, di lontanza, di solitudine. Talvolta questa lontananza è accompagnata da pensieri di "essere inutile". Ma quello che vorrei far capire è:
Hui Zi disse a Zhuangzi: "Ho un grande albero di ailanto, ma il suo tronco è così contorto
e nodoso che non si riuscirebbe a trarne un'asse diritta. I suoi rami sono così intricati che
squadra e compasso non sono di alcuna utilità su di essi. Si erge sul ciglio della strada, ma
nessun falegname lo degna di uno sguardo. Così sono anche le tue parole: grandi, ma
inutili, e nessuno sa che farsene."

Zhuangzi rispose: "Hai mai visto
un puma o un furetto? Si appiatta in agguato, aspettando
la preda, poi balza a destra e a sinistra, in alto e in basso. Ma alla fine cade in una trappola
o muore in una rete. E poi c'è lo yak, grande come una nuvola che oscura il cielo. Ma è
incapace di prendere un topo. Tu hai questo grande albero è ti preoccupi del fatto che è
inutile? Piantalo nel terreno del non essere, nel campo dell'illimitato, e tutti gli esseri
potranno ripararsi sotto di esso e addormentarsi nella sua ombra liberi e felici. Nessuna
ascia gli abbrevierà mai la vita. Proprio perché è inutile nulla può nuocergli."
(Zhuangzi,I)

Vorrei far capire l'utilità dell'inutile. Ma purtroppo il primo a dubitarne sono io. Per questo detesto il Dubbio...

Come risvegliare quindi il Dubbio all'uomo moderno? Secondo me è impossibile. C'è troppa comodità e dove c'è comodità ci si riposa sugli allori e non si pensa. La maggior parte delle persone si "risveglia" solo quando avverte un pericolo.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 16 Maggio 2017, 00:48:42 AM
Volendo si può reagire ribadendo ciò che hai detto, l'utilità dell'inutile, e quindi sostenendo che è il mondo a sbagliare. Però chiudersi in modo unilaterale in una posizione del genere significa chiudersi all'ascolto del mondo. Almeno credo che si debba tentare di mettere insieme le due cose e farle dialogare (il che non è una via di mezzo, personalmente odio le vie di mezzo).

Se dubiti dell'utilità dell'inutile, significa che dubiti dell'importanza dell'arte, di un saluto dato a un amico parlando del tempo che fa, di un brano di musica classica ascoltato appassionatamente o spassionatamente. Se dubiti di queste cose, per me è sintomo di un filosofare sbagliato (anche per filosofare ci vuole la patente, buttarcisi da sprovveduti è come giocare da inesperti con il coltello tagliente di cui ho parlato sopra).

Un filosofare sbagliato può essere per esempio restringere il filosofare all'uso del cervello e non mescolarci umanità, sensibilità, esperienze umane, coinvolgimento emozionale, che però devono lavorare per un dialogo col cervello, non dev'essere un puro mescolare. Altrimenti è logico che si va a finire nell'ostinazione a chiedere al cervello la spiegazione di tutto, il fondamento di tutto, la soluzione a tutto, dimenticando che, per certi versi, il nostro cervello si può considerare anche semplicemente come un organo al pari degli altri, come sono un braccio, un piede. La consapevolezza che il cervello ci dà è un'esperienza grande, enorme, ma non è tutto.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: green demetr il 16 Maggio 2017, 01:35:11 AM
Amico Apeiron,

A proposito di tranelli del linguaggio! io sono induista (lo yoga regale di patanjali, sono arrivato al quarto stadio.)
Mi sono interessato al buddismo di SON IKKYU. Mi sono interessato allo zen. Mi sono interessato alle forme devozionali e razionali dell'INDUISMO.
Non sono cristiano. Per questo ci unisce la passione per l'orientale.
Mi sto affacciando con curiosità sul mondo cristiano, penso che ogni religione contenga in sè una saggezza, che NON si può ignorare.
La dottrina cristiana per me non è stata così dannosa, in quanto non l'ho mai coltivata. ;)
Vieni insieme a me e Angelo a parlarne sul 3d la vita spirituale.

Dubbio e religione si sposano meglio che Dubbio e filosofia.
Mi vien da pensare così sul momento. ciao a presto. :)

Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 16 Maggio 2017, 12:40:28 PM
Citazione di: green demetr il 16 Maggio 2017, 01:35:11 AMAmico Apeiron, A proposito di tranelli del linguaggio! io sono induista (lo yoga regale di patanjali, sono arrivato al quarto stadio.) Mi sono interessato al buddismo di SON IKKYU. Mi sono interessato allo zen. Mi sono interessato alle forme devozionali e razionali dell'INDUISMO. Non sono cristiano. Per questo ci unisce la passione per l'orientale. Mi sto affacciando con curiosità sul mondo cristiano, penso che ogni religione contenga in sè una saggezza, che NON si può ignorare. La dottrina cristiana per me non è stata così dannosa, in quanto non l'ho mai coltivata. ;) Vieni insieme a me e Angelo a parlarne sul 3d la vita spirituale. Dubbio e religione si sposano meglio che Dubbio e filosofia. Mi vien da pensare così sul momento. ciao a presto. :)

Perdonami, non lo sapevo e ti ho frainteso. In ogni caso ci sono anche cristiani che sono di mentalità aperta. Il Bello delle religioni orientali è che tutte tendono ad assumere la "via negativa". In ogni caso ritengo anche le filosofie orientali migliorabili anche grazie ad un confronto con l'occidente. Quello che sto facendo io è cercare di raccordare. Porbabilmente però lo sto facendo nel momento sbagliato della vita:)

Citazione di: Angelo Cannata il 16 Maggio 2017, 00:48:42 AMVolendo si può reagire ribadendo ciò che hai detto, l'utilità dell'inutile, e quindi sostenendo che è il mondo a sbagliare. Però chiudersi in modo unilaterale in una posizione del genere significa chiudersi all'ascolto del mondo. Almeno credo che si debba tentare di mettere insieme le due cose e farle dialogare (il che non è una via di mezzo, personalmente odio le vie di mezzo). Se dubiti dell'utilità dell'inutile, significa che dubiti dell'importanza dell'arte, di un saluto dato a un amico parlando del tempo che fa, di un brano di musica classica ascoltato appassionatamente o spassionatamente. Se dubiti di queste cose, per me è sintomo di un filosofare sbagliato (anche per filosofare ci vuole la patente, buttarcisi da sprovveduti è come giocare da inesperti con il coltello tagliente di cui ho parlato sopra). Un filosofare sbagliato può essere per esempio restringere il filosofare all'uso del cervello e non mescolarci umanità, sensibilità, esperienze umane, coinvolgimento emozionale, che però devono lavorare per un dialogo col cervello, non dev'essere un puro mescolare. Altrimenti è logico che si va a finire nell'ostinazione a chiedere al cervello la spiegazione di tutto, il fondamento di tutto, la soluzione a tutto, dimenticando che, per certi versi, il nostro cervello si può considerare anche semplicemente come un organo al pari degli altri, come sono un braccio, un piede. La consapevolezza che il cervello ci dà è un'esperienza grande, enorme, ma non è tutto.

Un filosofare che non prende mai posizioni però non è visto come "utile":) In ogni caso io sono d'accordo con quanto hai scritto. Ma siccome - penso come te - vivo questa posizione fino in fondo riconosco che è isolante, non interessa a nessuno, ostacola il benessere nella società ecc. Inoltre può condurti paradossalmente alla "megalomania", ossia al considerarsi una sorta di "profeta".

Nietzsche per me è l'esempio classico e mi ci vedo molto. Diceva di usare il dubbio come "arma principale" e quello che è successo è che, specialmente dal 1879 in poi dopo che ha lasciato l'insegnamento, oscillava tra posizioni opposte, proponeva delle idee e poi le ritrattava, scriveva delle cose ma sembra che vivesse e desiderasse "in fondo al cuore" l'opposto e aveva perfino sbalzi d'umore in quanto passava dalla depressione ad una "mania/euforia" che aveva quasi dei tratti deliranti. Questo purtroppo non è star bene. Per questo cerco anche di fermare il Dubbio,  il problema è che non so quanto.

P.S. Amico green demetr: non sono intervenuto ancora in quell'argomento perchè non ho idea di come definire la spiritualità. Ossia non so cosa voglia dire "per me", se non un ricercare in continuazione.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 16 Maggio 2017, 17:17:57 PM
Hai usato la parola "benessere" e poi marcato il "non è star bene". Io nutro sospetti riguardo al dare troppa importanza al benessere, oppure alla felicità. Preferirei mille volte essere nel malessere di Nietzsche, oppure nella sofferenza della croce di un Gesù, o di un Giovanni Falcone, piuttosto che nel benessere e nella felicità di chi non sta portando avanti nessuna lotta di cui essere orgoglioso. A questo proposito, tempo fa ho riflettuto sul fatto che il male vero non è soffrire; il male vero è non star lottando per qualcosa di cui essere orgogliosi. Se uno sta lottando con orgoglio per qualcosa, per lui la sofferenza non è più l'interrogativo senza risposta dei filosofi, ma solo un danno collaterale che passa in secondo piano, qualunque sia la sua intensità. Si potrebbe pensare che il dubbio crei timore proprio per questo: perché è in grado di indebolire o annullare l'orgoglio del lottare per qualcosa e in questo modo tutto diviene opprimente.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 18 Maggio 2017, 09:24:07 AM
Vero, ma se vai in "sovraccarico" non è molto piacevole, specie se non hai come obbiettivo salvare l'umanità con una certezza di risorgere (Gesù), sacrificarsi nella lotta contro la mafia (Falcone) o "trasvalutare" tutti i valori (Nietzsche). Il mio obiettivo è molto più umile e di certo non salverò né il mondo né la patria e nemmeno rovescierò tutti i valori. Semplicemente il mio obbiettivo è "chiarire" ciò che già si sa e di certo non ho (razionalmente) l'aspirazione a far molto di più. Il "sacrificio" che uno fa deve essere proporzionale alle sue capacità e ai suoi obbiettivi, altrimenti è una sorta di "suicidio".E in ogni caso devi essere convinto nella tua causa per sopportare il sacrificio. Di certo non puoi essere soppraffatto dal Dubbio :)
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 18 Maggio 2017, 17:33:14 PM
Secondo me ciò che ha dato forza ai personaggi eroici a cui stiamo facendo riferimendo non è stato lo scopo esteriore. Io ho parlato di orgoglio di lottare, ma ciò che ti sostiene non è la nobiltà della causa o la grandezza dello scopo. Se fosse solo questo, di fronte a certi pericoli estremi ritengo abbastanza probabile per qualsiasi eroe mandare al diavolo il mondo e ogni causa nobile e pensare a salvare la propria pelle. Penso che ciò che ti porta a non mollare neanche di fronte alle più grandi sofferenze, come la tortura, sia il fatto che quel certo obiettivo per cui lottare è diventato parte del tuo spirito, del tuo cuore, delle tue emozioni di ogni giorno, è ormai un pezzo del tuo corpo, del tuo essere. Insomma, è l'esperienza spirituale, il fatto interiore.
Se si tiene presente questo, allora si comprende che non è indispensabile che ci sia in ballo un causa universale, mondiale: basti pensare che per difendere la vita di un proprio figlio si può essere disposti a qualsiasi cosa, e la vita di un figlio non è la patria, né l'umanità del globo. In questo senso non ci sono da cercare grandi obiettivi; bisogna piuttosto cercare l'interiorizzazione e quindi qualcosa che meriti un lavoro di interiorizzazione compiuto tutti i giorni, affinché questo qualcosa diventi parte di noi. Da questo punto di vista è facile comprendere ancora meglio l'inferiorità e l'insufficienza del capire: non possiamo aspettare di capire tutto, non solo perché col 100% di probabilità ci ritroveremmo in punto di morte mentre ancora aspettiamo di capire per cosa lottare, ma soprattutto perché il capire, il chiarire, quand'anche fosse possibile, non sarebbe mai in grado di apportare dentro di noi la forza di ciò che è stato interiorizzato con un lavoro quotidiano portato avanti per anni. Da qui emerge che Gesù, Falcone, Nietzsche, Gandhi, Socrate, sono stati grandi non perché sono nati dotati di capacità superiori alle nostre, ma perché hanno individuato dei punti abbastanza definiti, pochi, e hanno lavorato tutti i giorni, per un'intera vita, per interiorizzarli.
Questo può aiutarci anche a capire la differenza dal kamikaze: anche il kamikaze dà la vita per una causa, ma egli non compie un lavoro quotidiano completo, cioè non si misura tutti i giorni con la crisi del mettere in questione ciò che intende interiorizzare: ecco il fanatismo. Gesù invece sì, nonostante i soliti indottrinati ignoranti possano ritenere che egli, in quanto Dio, non possa mai aver avuto dubbi e incertezze: le contraddizioni presenti nel Vangelo testimoniano, nonostante il filtro di fede con cui il Vangelo fu redatto, che Gesù fu una persona critica, anzitutto con se stesso, pur in mezzo alle sue ipocrisie. Perciò credo che ciò che rende davvero forti, grandi e in grado di un forte orgoglio di lotta non è la forte convinzione, che non sarebbe altro che fanatismo, ma qualcosa che preferisco paragonare ai muscoli del corpo: sono muscoli dello spirito, abituati ad esercitarsi tutti i giorni nel confronto con il dubbio e le crisi. Non per nulla si parla, sia in filosofia che nella religione, di esercizi spirituali.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 19 Maggio 2017, 09:05:53 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 18 Maggio 2017, 17:33:14 PMSecondo me ciò che ha dato forza ai personaggi eroici a cui stiamo facendo riferimendo non è stato lo scopo esteriore. Io ho parlato di orgoglio di lottare, ma ciò che ti sostiene non è la nobiltà della causa o la grandezza dello scopo. Se fosse solo questo, di fronte a certi pericoli estremi ritengo abbastanza probabile per qualsiasi eroe mandare al diavolo il mondo e ogni causa nobile e pensare a salvare la propria pelle. Penso che ciò che ti porta a non mollare neanche di fronte alle più grandi sofferenze, come la tortura, sia il fatto che quel certo obiettivo per cui lottare è diventato parte del tuo spirito, del tuo cuore, delle tue emozioni di ogni giorno, è ormai un pezzo del tuo corpo, del tuo essere. Insomma, è l'esperienza spirituale, il fatto interiore. Se si tiene presente questo, allora si comprende che non è indispensabile che ci sia in ballo un causa universale, mondiale: basti pensare che per difendere la vita di un proprio figlio si può essere disposti a qualsiasi cosa, e la vita di un figlio non è la patria, né l'umanità del globo. In questo senso non ci sono da cercare grandi obiettivi; bisogna piuttosto cercare l'interiorizzazione e quindi qualcosa che meriti un lavoro di interiorizzazione compiuto tutti i giorni, affinché questo qualcosa diventi parte di noi. Da questo punto di vista è facile comprendere ancora meglio l'inferiorità e l'insufficienza del capire: non possiamo aspettare di capire tutto, non solo perché col 100% di probabilità ci ritroveremmo in punto di morte mentre ancora aspettiamo di capire per cosa lottare, ma soprattutto perché il capire, il chiarire, quand'anche fosse possibile, non sarebbe mai in grado di apportare dentro di noi la forza di ciò che è stato interiorizzato con un lavoro quotidiano portato avanti per anni. Da qui emerge che Gesù, Falcone, Nietzsche, Gandhi, Socrate, sono stati grandi non perché sono nati dotati di capacità superiori alle nostre, ma perché hanno individuato dei punti abbastanza definiti, pochi, e hanno lavorato tutti i giorni, per un'intera vita, per interiorizzarli. Questo può aiutarci anche a capire la differenza dal kamikaze: anche il kamikaze dà la vita per una causa, ma egli non compie un lavoro quotidiano completo, cioè non si misura tutti i giorni con la crisi del mettere in questione ciò che intende interiorizzare: ecco il fanatismo. Gesù invece sì, nonostante i soliti indottrinati ignoranti possano ritenere che egli, in quanto Dio, non possa mai aver avuto dubbi e incertezze: le contraddizioni presenti nel Vangelo testimoniano, nonostante il filtro di fede con cui il Vangelo fu redatto, che Gesù fu una persona critica, anzitutto con se stesso, pur in mezzo alle sue ipocrisie. Perciò credo che ciò che rende davvero forti, grandi e in grado di un forte orgoglio di lotta non è la forte convinzione, che non sarebbe altro che fanatismo, ma qualcosa che preferisco paragonare ai muscoli del corpo: sono muscoli dello spirito, abituati ad esercitarsi tutti i giorni nel confronto con il dubbio e le crisi. Non per nulla si parla, sia in filosofia che nella religione, di esercizi spirituali.

Comprendo e sono d'accordo. Dunque il segreto è: avere sì obbiettivi e "convinzioni" precise. Lottare sì per una causa. MA farlo partendo da una trasformazione interiore in modo che si evita il fanatismo.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 19 Maggio 2017, 14:28:44 PM
Cambierei qualcosa nella tua ultima frase.

Non chiamerei "trasformazione" il lavoro di interiorizzazione: non hai lo scopo di diventare un altro. Per me lo scopo è il lavoro stesso: ciò che conta è essere in continuo lavoro di miglioramento. Può nascere la domanda "Migliorarsi in che direzione?"; per me la risposta sta nel raccogliere la storia; cioè, nel presente si fa, momento per momento, una sintesi del proprio essere e sarà tale sintesi a dettare in continuazione cos'è il meglio.

Dunque, parte quindi avviando un lavoro di interiorizzazione e lo si porta avanti per tutta la vita.

Quanto al fanatismo, non mi sembra che l'interiorizzazione protegga da esso: il kamikaze infatti è proprio uno che ha interiorizzato certe convinzioni. Ciò che fa evitare il fanatismo mi sembra piuttosto il dubbio, l'autocritica, l'interrogarsi su tutto: se il kamikaze si chiedesse "Ma cosa sto facendo? Che senso ha? Chi mi assicura di essere nel giusto? Come farò a sapere se sto sbagliando o no?" gli sarebbe impossibile portare a termine la sua missione distruttrice.

Se poi si teme che il dubbio blocchi non solo il kamikaze, ma ogni azione umana, per me trovo la risposta in ciò che ho detto sopra: al momento di fare delle scelte io cerco di mettere insieme tutto ciò che ho capito finora, ciò che mi ha influenzato, ciò che so e sento del mondo, incluse le emozioni, e agisco, volta per volta, secondo gli orientamenti provvisori che mi vengono da questa sintesi.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 19 Maggio 2017, 20:36:00 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 19 Maggio 2017, 14:28:44 PMCambierei qualcosa nella tua ultima frase. Non chiamerei "trasformazione" il lavoro di interiorizzazione: non hai lo scopo di diventare un altro. Per me lo scopo è il lavoro stesso: ciò che conta è essere in continuo lavoro di miglioramento. Può nascere la domanda "Migliorarsi in che direzione?"; per me la risposta sta nel raccogliere la storia; cioè, nel presente si fa, momento per momento, una sintesi del proprio essere e sarà tale sintesi a dettare in continuazione cos'è il meglio. Dunque, parte quindi avviando un lavoro di interiorizzazione e lo si porta avanti per tutta la vita. Quanto al fanatismo, non mi sembra che l'interiorizzazione protegga da esso: il kamikaze infatti è proprio uno che ha interiorizzato certe convinzioni. Ciò che fa evitare il fanatismo mi sembra piuttosto il dubbio, l'autocritica, l'interrogarsi su tutto: se il kamikaze si chiedesse "Ma cosa sto facendo? Che senso ha? Chi mi assicura di essere nel giusto? Come farò a sapere se sto sbagliando o no?" gli sarebbe impossibile portare a termine la sua missione distruttrice. Se poi si teme che il dubbio blocchi non solo il kamikaze, ma ogni azione umana, per me trovo la risposta in ciò che ho detto sopra: al momento di fare delle scelte io cerco di mettere insieme tutto ciò che ho capito finora, ciò che mi ha influenzato, ciò che so e sento del mondo, incluse le emozioni, e agisco, volta per volta, secondo gli orientamenti provvisori che mi vengono da questa sintesi.

Grazie Angelo, bellissima risposta :)

In sostanza quello che ci vuole è una sorta di "scetticismo leggero", ossia essere sempre aperti a rivedere le proprie convinzioni (che inevitabilmente ci facciamo) ma non bloccarsi nell'inazione. La classica "Via di Mezzo"...

P.S./Off_Topic Per green demetr (ma per tutti quelli interessati...). Ho avuto occasione, proprio oggi, di parlare con un mio amico teologo a riguardo di "fede e dubbio" e mi ha detto un sacco di cose interessanti e mi ha ridestato l'interesse per il cristianesimo. Se riesco scriverò un topic a riguardo ("riesco"=riuscire a scrivere un "topic" chiaro e all'altezza che non crei più confusion che altro).
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 19 Maggio 2017, 20:58:52 PM
Personalmente non vedrei il mio scetticismo come "leggero". Se qualcuno mi dicesse che il mio scetticismo è leggero, mi preoccuperei. Tengo, nel mio, a mettere in questione tutto, perché lasciare qualcosa immune da ciò sarebbe per me come cercare dopo aver stabilito che ci sono una o più stanze in cui è vietato cercare. A quel punto per me la ricerca perde senso, perché ciò che cerco potrebbe sempre trovarsi proprio nelle stanze proibite.

Il mio modo per non bloccarmi non consiste nel moderare il dubbio, nel mettere redini all'autocritica; consiste piuttosto nel coltivare un tipo di ascolto che sia il più completo possibile, che dia voce quindi non soltanto alla razionalità, ma anche alle emozioni, all'istinto, alle critiche altrui, alle sensazioni di ogni tipo. È questo tipo di ascolto a dirmi che c'è da ascoltare non solo il dubitare, ma anche il mio essere umano, la mia fisionomia, la storia specifica di questo pianeta, che non è un pianeta qualsiasi, ma ha dei suoi precisi particolarismi. È la razionalità a far nascere il dubbio, ma ho già detto altrove che il dubbio non esiste mai da solo, ma sempre in qualche essere umano; come tale, il dubbio deve misurarsi anche con la situazione psicologica, le spinte del nostro DNA, i sentimenti, ecc. Dare ascolto a tutto ciò mi consente di non bloccarmi mai.

Ho sempre odiato le vie di mezzo, perché mi sanno di ipocrisia, mancanza di personalità, non avere qualcosa di forte per cui lottare, saltare sul cavallo vincente a seconda di come si mettono le cose. In Apocalisse 3,14-16 Dio rimprovera una delle comunità cristiane del tempo e dice: "All'angelo della Chiesa di Laodicèa scrivi: Così parla l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio: Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca". È un passo interessante, perché sembra proprio dire che di fronte a Dio è meglio essere molto cattivi, piuttosto che mezze cartucce. Si potrebbe pensare che la persona molto cattiva lo è perché ha dentro qualcosa di forte, e questo qualcosa di forte fa sperare di poter essere volto in entusiasmo di lotta per scopi costruttivi.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 20 Maggio 2017, 09:33:21 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 19 Maggio 2017, 20:58:52 PMPersonalmente non vedrei il mio scetticismo come "leggero". Se qualcuno mi dicesse che il mio scetticismo è leggero, mi preoccuperei. Tengo, nel mio, a mettere in questione tutto, perché lasciare qualcosa immune da ciò sarebbe per me come cercare dopo aver stabilito che ci sono una o più stanze in cui è vietato cercare. A quel punto per me la ricerca perde senso, perché ciò che cerco potrebbe sempre trovarsi proprio nelle stanze proibite. Il mio modo per non bloccarmi non consiste nel moderare il dubbio, nel mettere redini all'autocritica; consiste piuttosto nel coltivare un tipo di ascolto che sia il più completo possibile, che dia voce quindi non soltanto alla razionalità, ma anche alle emozioni, all'istinto, alle critiche altrui, alle sensazioni di ogni tipo. È questo tipo di ascolto a dirmi che c'è da ascoltare non solo il dubitare, ma anche il mio essere umano, la mia fisionomia, la storia specifica di questo pianeta, che non è un pianeta qualsiasi, ma ha dei suoi precisi particolarismi. È la razionalità a far nascere il dubbio, ma ho già detto altrove che il dubbio non esiste mai da solo, ma sempre in qualche essere umano; come tale, il dubbio deve misurarsi anche con la situazione psicologica, le spinte del nostro DNA, i sentimenti, ecc. Dare ascolto a tutto ciò mi consente di non bloccarmi mai. Ho sempre odiato le vie di mezzo, perché mi sanno di ipocrisia, mancanza di personalità, non avere qualcosa di forte per cui lottare, saltare sul cavallo vincente a seconda di come si mettono le cose. In Apocalisse 3,14-16 Dio rimprovera una delle comunità cristiane del tempo e dice: "All'angelo della Chiesa di Laodicèa scrivi: Così parla l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio: Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca". È un passo interessante, perché sembra proprio dire che di fronte a Dio è meglio essere molto cattivi, piuttosto che mezze cartucce. Si potrebbe pensare che la persona molto cattiva lo è perché ha dentro qualcosa di forte, e questo qualcosa di forte fa sperare di poter essere volto in entusiasmo di lotta per scopi costruttivi.

Il tuo scetticismo è "leggero" perchè mi ricorda ad esempio quello di Zhaungzi e di Pirrone, ossia uno scetticismo che non rifiuta la possibilità che si possa conoscere qualcosa (come quello di Cartesio prima della "svolta" dell'io penso). Questo però non vuol dire che il tuo scetticismo sia "dogmatico", anzi.ritengo che uno scetticismo come il tuo sia paradossalmente (ma in fin dei conti neanche tanto) un fortissimo aiuto per il progresso conoscitivo. Il tuo scetticismo in sostanza è uno scetticismo che riconosce la limitatezza del nostro sapere ma allo stesso tempo non lo "butta via".

Rifiuti sia la presunzione (ossia ritenere di sapere quello che non si sa) sia lo scetticismo assoluto. A differenza del passo biblico che hai citato ritengo che in questo campo si possa essere "forti" sia nel "caldo" (presunzione) sia nel "freddo" (scetticismo assoluto) sia nel "tiepido" (fallibilismo, il tuo relativismo, scetticismo "antico", scetticismo Zen, buddista, indù, taoista ecc).

P.S. Passi biblici come quello che hai citato faccio fatica a mandarli giù. In sostanza è come se preferisse il malvagio alla persona "ordinaria" e vorrebbe farti vedere le cose in "bianco e in nero" in un mondo dove tale visione delle cose ha creato solo guerre, intolleranze ecc ma anche disturbi mentali (scrupolosità, disturbo borderline per citarne alcuni). L'agape mira alla riconciliazione, alla pace, alla condivisione ma come hai già fatto notare tu la Bibbia è inconsistente.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 20 Maggio 2017, 10:46:31 AM
Tutto sommato mi considero d'accordo, ma non mi sembra di aver mai detto che la Bibbia sia inconsistente; cosa intendi per inconsistente?
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 21 Maggio 2017, 09:54:22 AM
Che ci sono contraddizioni nella Bibbia, a volte abbastanza palesi (se si interpreta alla lettera - in effetti avevo dimenticato questo importante dettaglio :-)  ). Da quelle più "sceme" tipo il nome del nonno di Gesù che è diverso tra i Vangeli a quelle ben più importanti come ad esempio quella sul "non giudicare". Ad esempio nel discorso della Montagna sembra preferibile "astenersi dal giudizio" mentre nelle lettere paoline e in quelle di Giovanni c'è scritto esplicitamente che "chi non dice che Gesù è Dio non è da Dio" oppure "considerate X anatema". Poi chiaramente l'interpretazione può colmare queste evidenti contraddizioni ma il fatto che ci siano contraddizioni è un bene e un male. Un bene perchè lascia spazio ad un po' di dubbio e così non si cade nel fanatismo ma un male perchè va a finire che non c'è una interpretazione che è "logicamente giusta" - l'ambiguità c'è sempre. Per esempio oggi l' "ipocrisia di Dio" la si "giustifica" dicendo che il linguaggio della Bibbia è umano e quindi è limitato (metodo storico-critico) ecc. Ma una volta Dio era non "giudicabile" e quindi tutto quello che faceva/diceva Dio veniva preso alla lettera. Quello che si è creato è il problema dei "dei mostri" come è scritto qui http://www.roangelo.net/logwitt/logwit53.html (avvertenza: è in inglese...). Sinceramente non vedo comunque come obbiettare ad un fanatico che dice: "Dio fa e dice sempre il Bene. Le azioni e le parole di Dio sono registrate nella Bibbia. Siccome sono azioni e parole di Dio allora sono buone. L'uomo è limitato e non comprende appieno il Bene. Ergo non può giudicare il Dio biblico". Chiaramente né io né la Chiesa (almeno post-concilio) né qualsiasi persona dotata di un minimo di spirito critico riesce ad accettare tale posizione MA ovviamente è molto "logica". 

Ad esempio se non ci fossero stati dubbi sulla "non-violenza" ("amate i vostri nemici...porgi l'altra guancia" ecc) di certo non si sarebbero bruciati eretici e streghe, non si sarebbero fatte crociate ecc. Tuttavia questo in realtà è chiaramente successo e immagino che ai loro tempi riuscivano a "giustificare" la cosa.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 21 Maggio 2017, 11:23:23 AM
Vediamo di mettere un po' di ordine (ovviamente secondo me) tra le idee che hai espresso.

Primo. Se dobbiamo parlare della Bibbia non possiamo tener conto dei fanatici. Il fanatico è una persona che parla esclusivamente di se stesso, qualunque sia l'argomento di cui si parli. Quindi, parlare con un fanatico della Bibbia significa ingannarsi a vicenda, pensando di star parlando della Bibbia, mentre in realtà si sta parlando esclusivamente della mentalità del fanatico. Questo significa anche che al fanatico non è possibile porre alcuna obiezione, perché egli ti risponderà continuando a parlare di se stesso, deviando sistematicamente ogni argomento verso se stesso. Le radici dei problemi del fanatico non sono logiche, ma psicologiche, il fanatico è un malato. Non puoi pensare di aiutare un malato conducendolo a discorsi di apertura mentale o logica razionale: al malato servono cure adatte per lui, non gli servono obiezioni. Bisognerà vedere come mai si è cacciato in quel fanatismo e non è detto che si riesca ad aiutarlo. Naturalmente si può sempre pensare che egli sia l'unico sano e siano tutti gli altri ad essere malati; mi sembra che però emergano differenze nel momento in cui gli altri si sforzano di sfruttare ogni mezzo per autocriticarsi, mettersi in questione, mettersi nei panni altrui, riconoscere la serietà delle ragioni altrui, mentre il fanatico si limita esclusivamente a ribadire le proprie idee, senza dare alcun segno di disponibilità a mettersi in questione.

Secondo. Se dobbiamo parlare con frutto di qualsiasi argomento, dobbiamo selezionare il meglio che lo riguarda. In questo senso, se dobbiamo parlare di Bibbia dobbiamo selezionare il meglio delle ricerche al riguardo, quindi quelle ricerche che si dimostrano aperte, al corrente delle ricerche compiute da altri, facenti uso di senso critico; non ha senso parlare di Bibbia a partire da coloro che la leggono senza alcuna attenzione al contesto storico, sia della Bibbia che di noi lettori. Allo stesso modo, se dobbiamo tener conto delle posizioni della Chiesa riguardo a Dio e alla Bibbia, anche qui dobbiamo selezionare il meglio: non ha senso discutere delle idee della Chiesa a partire dai messaggi della Madonna a Medjugorie o dalle idee di chi non dimostra di praticare alcun senso critico: è necessario, almeno come sforzo, cercare di muoversi attraverso il meglio della Chiesa, non il peggio.

Terzo. Le scienze che si occupano della Bibbia non sono filosofie, cioè non ha molto senso presentare ad uno storico obiezioni filosofiche. Se uno storico ti dice che abbiamo prove che Garibaldi è esistito, non ha senso obiettargli che l'esistenza di ogni cosa potrebbe essere tutta un'illusione. Il motivo è che lo storico non intendeva dire che abbiamo prove metafisiche dell'esistenza di Garibaldi in senso ontologico; il suo non era un discorso filosofico, ma storico. Da questo punto di vista, il primo a vivere di sospetti riguardo alle prove è lo storico stesso: egli non si fida mai al cento per cento delle prove di esistenza di Garibaldi, ma il suo non è uno scetticismo filosofico, è uno scetticismo storico; cioè, egli sa che le prove potrebbero essere state fabbricate ad hoc da falsari: lo storico si pone dubbi a cui si possa reagire con ulteriori ricerche storiche, non con ragionamenti filosofici. Questo vale anche per lo studio della Bibbia dal punto di vista dell'interpretazione: in primo luogo non si tratta di interpretazione in senso filosofico, ma di studio scientifico dei significati, servendosi di tutti gli strumenti linguistici a nostra disposizione: vocabolari, grammatiche, filologia, semiotica, semantica, ecc. L'interpretazione dei contenuti della Bibbia da un punto di vista filosofico è un'altra cosa: essa viene praticata nel momento in cui intendiamo confrontare le idee della Bibbia con le nostre idee. Allora sì che nascono questioni filosofiche, perché sorge il problema di noi che stiamo interpretando anche noi stessi, oltre che la Bibbia. È il problema dell'attualizzazione. C'è molta differenza tra discutere dell'ipocrisia di Dio come poteva essere vista dagli autori della Bibbia e come può essere vista da noi: nel primo caso siamo di fronte a questioni storiche, nel secondo caso subentra la filosofia. La confusione di questi elementi che ho descritto come terzo punto provoca discussioni infinite, ma soprattutto sterili, inutili, perché hanno come base il non distinguere tra studio storico e confronto con le nostre idee di oggi.

Quarto. La Chiesa Cattolica, nel suo uso della Bibbia, mette insieme proprio questi due elementi: studio storico e attualizzazione; di conseguenza ha elaborato nel corso dei secoli tutta una serie di criteri per mettere d'accordo scienza della Bibbia e fede nella Bibbia. Se voglio provare a capire questi criteri, non posso farmeli dire da un fanatico e purtroppo neanche da un prete, un vescovo o un papa: il compito di questi ultimi non è di essere esperti nell'interpretazione della Bibbia; può anche darsi il caso di vescovi o papi particolarmente esperti di Bibbia, ma non è scontato che se uno è papa o vescovo, allora ti saprà descrivere in modo corretto come la Chiesa interpreta la Bibbia. Questo ti potrebbe sorprendere, ma è così: nella Chiesa esistono le specializzazioni e un vescovo o un papa sanno benissimo che un prete o anche un laico possono essere più esperti di loro non solo sulla Bibbia, ma proprio su come la Chiesa interpreta la Bibbia.

Quinto. Sulla questione dei comandamenti di Gesù sulla non violenza, i roghi ci sono stati non perché chi li accendeva aveva dubbi sulla validità di tali comandamenti, ma per la ragione opposta: perché non aveva dubbi. È l'assenza di dubbio a condurre alla violenza. Chi accendeva il rogo era fermamente convinto che amare il nemico non può significare che devo amarlo anche quando tale nemico è il diavolo il persona; Gesù non amò il diavolo, che era suo nemico; e allora, se un eretico è chiaramente, in quanto eretico, un strumento completamente in mano al diavolo, è giusto bruciarlo al rogo.

Fatte tutte queste premesse, da parte mia giudico la Bibbia un libro tutt'altro che inconsistente; Gesù per me ebbe le sue ipocrisie, non era Dio in persona, ma rimane la persona più ricca di spiritualità che io abbia mai conosciuto e in questo senso continuo ad ispirarmi a lui per gran parte della mia esistenza; idem per la Chiesa Cattolica: è un mare di ipocrisie, ma è anche portatrice di enormi tesori di spiritualità (che significa anche vita concreta) e di serietà nella ricerca, sempre che nel parlarne non si selezioni il peggio.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 21 Maggio 2017, 23:57:20 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 21 Maggio 2017, 11:23:23 AMVediamo di mettere un po' di ordine (ovviamente secondo me) tra le idee che hai espresso. Primo. Se dobbiamo parlare della Bibbia non possiamo tener conto dei fanatici. Il fanatico è una persona che parla esclusivamente di se stesso, qualunque sia l'argomento di cui si parli. Quindi, parlare con un fanatico della Bibbia significa ingannarsi a vicenda, pensando di star parlando della Bibbia, mentre in realtà si sta parlando esclusivamente della mentalità del fanatico. Questo significa anche che al fanatico non è possibile porre alcuna obiezione, perché egli ti risponderà continuando a parlare di se stesso, deviando sistematicamente ogni argomento verso se stesso. Le radici dei problemi del fanatico non sono logiche, ma psicologiche, il fanatico è un malato. Non puoi pensare di aiutare un malato conducendolo a discorsi di apertura mentale o logica razionale: al malato servono cure adatte per lui, non gli servono obiezioni. Bisognerà vedere come mai si è cacciato in quel fanatismo e non è detto che si riesca ad aiutarlo. Naturalmente si può sempre pensare che egli sia l'unico sano e siano tutti gli altri ad essere malati; mi sembra che però emergano differenze nel momento in cui gli altri si sforzano di sfruttare ogni mezzo per autocriticarsi, mettersi in questione, mettersi nei panni altrui, riconoscere la serietà delle ragioni altrui, mentre il fanatico si limita esclusivamente a ribadire le proprie idee, senza dare alcun segno di disponibilità a mettersi in questione. Secondo. Se dobbiamo parlare con frutto di qualsiasi argomento, dobbiamo selezionare il meglio che lo riguarda. In questo senso, se dobbiamo parlare di Bibbia dobbiamo selezionare il meglio delle ricerche al riguardo, quindi quelle ricerche che si dimostrano aperte, al corrente delle ricerche compiute da altri, facenti uso di senso critico; non ha senso parlare di Bibbia a partire da coloro che la leggono senza alcuna attenzione al contesto storico, sia della Bibbia che di noi lettori. Allo stesso modo, se dobbiamo tener conto delle posizioni della Chiesa riguardo a Dio e alla Bibbia, anche qui dobbiamo selezionare il meglio: non ha senso discutere delle idee della Chiesa a partire dai messaggi della Madonna a Medjugorie o dalle idee di chi non dimostra di praticare alcun senso critico: è necessario, almeno come sforzo, cercare di muoversi attraverso il meglio della Chiesa, non il peggio. Terzo. Le scienze che si occupano della Bibbia non sono filosofie, cioè non ha molto senso presentare ad uno storico obiezioni filosofiche. Se uno storico ti dice che abbiamo prove che Garibaldi è esistito, non ha senso obiettargli che l'esistenza di ogni cosa potrebbe essere tutta un'illusione. Il motivo è che lo storico non intendeva dire che abbiamo prove metafisiche dell'esistenza di Garibaldi in senso ontologico; il suo non era un discorso filosofico, ma storico. Da questo punto di vista, il primo a vivere di sospetti riguardo alle prove è lo storico stesso: egli non si fida mai al cento per cento delle prove di esistenza di Garibaldi, ma il suo non è uno scetticismo filosofico, è uno scetticismo storico; cioè, egli sa che le prove potrebbero essere state fabbricate ad hoc da falsari: lo storico si pone dubbi a cui si possa reagire con ulteriori ricerche storiche, non con ragionamenti filosofici. Questo vale anche per lo studio della Bibbia dal punto di vista dell'interpretazione: in primo luogo non si tratta di interpretazione in senso filosofico, ma di studio scientifico dei significati, servendosi di tutti gli strumenti linguistici a nostra disposizione: vocabolari, grammatiche, filologia, semiotica, semantica, ecc. L'interpretazione dei contenuti della Bibbia da un punto di vista filosofico è un'altra cosa: essa viene praticata nel momento in cui intendiamo confrontare le idee della Bibbia con le nostre idee. Allora sì che nascono questioni filosofiche, perché sorge il problema di noi che stiamo interpretando anche noi stessi, oltre che la Bibbia. È il problema dell'attualizzazione. C'è molta differenza tra discutere dell'ipocrisia di Dio come poteva essere vista dagli autori della Bibbia e come può essere vista da noi: nel primo caso siamo di fronte a questioni storiche, nel secondo caso subentra la filosofia. La confusione di questi elementi che ho descritto come terzo punto provoca discussioni infinite, ma soprattutto sterili, inutili, perché hanno come base il non distinguere tra studio storico e confronto con le nostre idee di oggi. Quarto. La Chiesa Cattolica, nel suo uso della Bibbia, mette insieme proprio questi due elementi: studio storico e attualizzazione; di conseguenza ha elaborato nel corso dei secoli tutta una serie di criteri per mettere d'accordo scienza della Bibbia e fede nella Bibbia. Se voglio provare a capire questi criteri, non posso farmeli dire da un fanatico e purtroppo neanche da un prete, un vescovo o un papa: il compito di questi ultimi non è di essere esperti nell'interpretazione della Bibbia; può anche darsi il caso di vescovi o papi particolarmente esperti di Bibbia, ma non è scontato che se uno è papa o vescovo, allora ti saprà descrivere in modo corretto come la Chiesa interpreta la Bibbia. Questo ti potrebbe sorprendere, ma è così: nella Chiesa esistono le specializzazioni e un vescovo o un papa sanno benissimo che un prete o anche un laico possono essere più esperti di loro non solo sulla Bibbia, ma proprio su come la Chiesa interpreta la Bibbia. Quinto. Sulla questione dei comandamenti di Gesù sulla non violenza, i roghi ci sono stati non perché chi li accendeva aveva dubbi sulla validità di tali comandamenti, ma per la ragione opposta: perché non aveva dubbi. È l'assenza di dubbio a condurre alla violenza. Chi accendeva il rogo era fermamente convinto che amare il nemico non può significare che devo amarlo anche quando tale nemico è il diavolo il persona; Gesù non amò il diavolo, che era suo nemico; e allora, se un eretico è chiaramente, in quanto eretico, un strumento completamente in mano al diavolo, è giusto bruciarlo al rogo. Fatte tutte queste premesse, da parte mia giudico la Bibbia un libro tutt'altro che inconsistente; Gesù per me ebbe le sue ipocrisie, non era Dio in persona, ma rimane la persona più ricca di spiritualità che io abbia mai conosciuto e in questo senso continuo ad ispirarmi a lui per gran parte della mia esistenza; idem per la Chiesa Cattolica: è un mare di ipocrisie, ma è anche portatrice di enormi tesori di spiritualità (che significa anche vita concreta) e di serietà nella ricerca, sempre che nel parlarne non si selezioni il peggio.

Grazie della illuminante risposta:) per la vita concreta ritengo come te che il cristianesimo contenga molte buone cose. Il grosso problema è il suo dualismo. Come dici tu visto che Gesù non amava il diavolo (forse oggi si direbbe che il diavolo rifiuta l'amore di Gesù??... così come oggi si crede che l'inferno sia "riservato" per chi rifiuta di amare e di essere amato?) chi veniva etichettato come "diavolo" non se la passava tanto liscia. Visto che oggi queste "pratiche" non vengono più fatte ritengo che la Chiesa dovrebbe per così dire ammettere le cazzate che ha fatto (ad esempio togliere la canonizzazione di persone che ritenevano giusto fare crociate o bruciare.. anche perchè Gesù dice di "amare il nemico").
 Ma ciò nasce come ho già detto dalla visione così strettamente dualistica, una visione che non riesco ad accettare. A dire il vero a volte non capisco perchè mi fermo a pensare al cristianesimo e perchè mi interesso di esso. Forse è per "la parte buona"? Non è che sia per quella mentalità da "schiavo" di cui parla Nietzsche di cui non mi sono ancora liberato? Boh.

In ogni caso ritengo che per "giudicare" l'ipocrisia (o la non ipocrisia) di Gesù abbiamo pochi elementi, così come giudicarlo, per un non credente, la persona più "di elevata spiritualità". Un buon contendente potrebbe essere Buddha: Buddha non condannava per l'eternità nessuno (perfino riconosceva i meriti del cugino traditore Devadatta, il "giuda" del buddismo), aveva compassione per tutti gli esseri senzienti, dava consigli a tutti, riconosceva che anche chi non seguiva i suoi insegnamenti poteva raggiungere il Risveglio, voleva che il discepolo "analizzasse" a fondo i suoi insegnamenti, ha dato una tecnica per riuscire a trascendere l'attaccamento ecc. Nel cristianesimo invece avendo messo al primo posto la fede la critica e lo sviluppo interiore a mio giudizio ne hanno risentito. Per questo ti consiglio di guardare il canone Pali: http://www.canonepali.net/.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 22 Maggio 2017, 08:28:07 AM
Condivido l'osservazione sul dualismo. Non so in che misura essa possa avere origini planetarie oppure soltanto greche e quindi limitate al Cristianesimo. Già nell'Antico Testamento è possibile individuare sforzi di distinguere, separare: il Dio YHWH non fa altro che ripetere a Israele che egli è l'unico, prima in senso di più potente, più buono ecc., più tardi in senso di unico esistente; il racconto della creazione è tutto un separare: giorno dalla notte, acque dall'asciutto, alberi da cui si può mangiare da quelli da cui è vietato, ecc. Anch'io mi riconosco condizionato da questo bisogno di separare: nella mia ricerca sulla spiritualità ho pensato di individuare una spiritualità vissuta come bene, corrispondente al soggetto, e una vissuta come male, corrispondente all'alterità, l'universo, oppure anche l'altro come persona, nella misura in cui è un concorrente. In questo senso, piuttosto che tentare di liberarmi da questi condizionamenti, preferisco semplicemente ammetterli, perché non vedo al momento alternative migliori.

Quanto a Gesù, sia chiaro che quando ne esprimo apprezzamenti, in positivo o in negativo, prescindo dalla questione storica: io mi riferisco al Gesù descritto nei Vangeli; in che misura poi tale descrizione corrisponda al Gesù storico è tutt'altra questione da affrontare a parte.

Riguardo al contendente Buddha, non posso che dichiarare la mia ignoranza: anche il mio considerare Gesù come la persona di più elevata spiritualità è senz'altro dovuto al tipo di formazione che si è fatta strada in me, agli studi che ho fatto; mi piacerebbe conoscere e sapere di più, specialmente di altre religioni e spiritualità, ma devo anche fare i conti con tempo e risorse. Anche in questo caso, quindi, in mancanza di alternative che io riesca a conoscere e considerare importanti, mi limito semplicemente ad ammettere i miei condizionamenti (il che mi sembra più fruttuoso e aderente all'esperienza, piuttosto che la pretesa di ritenersi oggettivi).
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 22 Maggio 2017, 09:32:56 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 22 Maggio 2017, 08:28:07 AMCondivido l'osservazione sul dualismo. Non so in che misura essa possa avere origini planetarie oppure soltanto greche e quindi limitate al Cristianesimo. Già nell'Antico Testamento è possibile individuare sforzi di distinguere, separare: il Dio YHWH non fa altro che ripetere a Israele che egli è l'unico, prima in senso di più potente, più buono ecc., più tardi in senso di unico esistente; il racconto della creazione è tutto un separare: giorno dalla notte, acque dall'asciutto, alberi da cui si può mangiare da quelli da cui è vietato, ecc. Anch'io mi riconosco condizionato da questo bisogno di separare: nella mia ricerca sulla spiritualità ho pensato di individuare una spiritualità vissuta come bene, corrispondente al soggetto, e una vissuta come male, corrispondente all'alterità, l'universo, oppure anche l'altro come persona, nella misura in cui è un concorrente. In questo senso, piuttosto che tentare di liberarmi da questi condizionamenti, preferisco semplicemente ammetterli, perché non vedo al momento alternative migliori. Quanto a Gesù, sia chiaro che quando ne esprimo apprezzamenti, in positivo o in negativo, prescindo dalla questione storica: io mi riferisco al Gesù descritto nei Vangeli; in che misura poi tale descrizione corrisponda al Gesù storico è tutt'altra questione da affrontare a parte. Riguardo al contendente Buddha, non posso che dichiarare la mia ignoranza: anche il mio considerare Gesù come la persona di più elevata spiritualità è senz'altro dovuto al tipo di formazione che si è fatta strada in me, agli studi che ho fatto; mi piacerebbe conoscere e sapere di più, specialmente di altre religioni e spiritualità, ma devo anche fare i conti con tempo e risorse. Anche in questo caso, quindi, in mancanza di alternative che io riesca a conoscere e considerare importanti, mi limito semplicemente ad ammettere i miei condizionamenti (il che mi sembra più fruttuoso e aderente all'esperienza, piuttosto che la pretesa di ritenersi oggettivi).

D'accordo :) l'ossessione dualistica secondo me è iniziata quando l'uomo si è accorto delle differenze. "Questo" vs "quello", giorno vs notte, estate vs inverno ecc. Ritengo che sia un retaggio che ci portiamo da millenni. Forse ha influenzato anche la nascita del codice binario. Il problema a mio giudizio è che quando questo tipo di pensiero si trasporta sui rapporti umani causa incomprensioni, muri, guerre ecc. Il buddismo e le tradizioni non-duali cercano proprio di eliminare questa dicotomia, arrivando perfino a eliminare la differenza tra soggetto e oggetto. Per Buddha l'opposizione tra "io" e "non-io", ossia la volontà di identificazione e di possesso si basa su un'illusione dualistica che ci porta a considerarci separati dal resto della realtà. Secondo lui se realizziamo davvero questo otteniamo il Nibbana...
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 22 Maggio 2017, 09:54:04 AM
Purtroppo termini come Nibbana sono per me del tutto sconosciuti. Ritengo inutile informarmi sulla parola singola, perché mi creerei un concetto estraniato da tutto il contesto del Buddhismo. Dovrei quindi organizzarmi una mia formazione sul Buddhismo ben sistemata. Vedremo, se avrò tempo.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: green demetr il 22 Maggio 2017, 20:30:20 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 15 Maggio 2017, 18:29:30 PM
Credo che sarebbe utile tener presente che quest'argomento di cui si sta parlando, cioè la difficoltà a comunicare, a capirsi, a discutere, fa parte in realtà di un fenomeno mondiale. Ho già fatto notare in altri post che a livello mondiale, supponendo l'inglese come lingua più usata, il totale dei forum di filosofia funzionanti è 1, questo stesso frequentato abbastanza poco e male. Anche in Italia il totale è 1, cioè questo. Immagino che abbiate anche notato che coloro che si rendono presenti con una certa regolarità nelle discussioni sono sempre le stesse persone, non le ho contate, ma saranno circa una decina. Cioè, in tutta Italia le persone a cui ancora piace discutere di filosofia sono una decina. In questa situazione è ovvio prevedere che prima o poi anche questa decina comincerà a stancarsi, annoiarsi e si arriverà a zero. I sintomi sono quelli manifestati in questi ultimi messaggi.

Di conseguenza credo che abbia poco senso affrontare la questione come qualcosa di locale, qualcosa tra me e te, dipendente, per esempio dalla personalità di questo o quell'utente, ecc. Il problema va affrontato cercandone le cause mondiali.

Io tento qui di seguito adesso una mia interpretazione del fenomeno, che sarebbe tutta da vagliare.

Oggi non interessa più a nessuno sapere cos'è l'essere, cos'è il divenire, stabilire se è meglio essere relativisti o non relativisti, se e in che misura sia importante dubitare o coltivare certezze. Con la caduta delle ideologie è ormai finito il tempo delle teorie, non importa se giuste o sbagliate, vere o false. È finito il tempo del pensare astratto, del riflettere: non interessa più a nessuno. Ciò che oggi interessa, riguardo al comunicare, è che esso sia un'esperienza, non interessa che conduca a verità o non verità. E oggi l'esperienza che riesce ad essere toccante è l'incontro con la persona. La gente di oggi passa ore e giornate intere a parlare sui social media, ma non parlano certo di filosofia o ricerca della verità: parlano di sé, delle piccole esperienze che vivono, perché questo ti fa sentire che stai toccando qualcosa, stai toccando la persona. Con le discussioni filosofiche oggi si ha la sensazione di non toccare niente. È finito il tempo in cui si litigava per stabilire se l'essere è o diviene ecc. Solo dei pochissimi ostinati, come questa decina che stiamo ancora qui a farlo, possono risultare ancora interessati a discussioni del genere. Ma per tutti gli altri non facciamo altro che friggere aria.

A questo punto si tratta di valutare questa situazione e ipotizzare reazioni: per esempio reazioni di apprezzamento, di lasciarsi mettere in questione da ciò, oppure individuare le proprie ragioni, ecc. ecc.

Sono d'accordo. Come dico sempre c'è qualcosa di ossessivo nella filosofia.

Le reazioni sono la cosa più complessa da elaborare.

Sto ancora elaborando il lutto della filosofia.

Si tratterebbe di limare il suo carattere ossessivo.

L'apertura agli altri mi pare quantomeno complicata.

Molte volte mi hanno consigliato la semplicità, la costeggio, ma un senso viscerale di nausea
mi prende totalmente, ho bisogno così di paletti.
Di consuetudini.

Che funzionano nei momenti in cui la filosofia rimane ai margini.
Ma come in questo momento, quando la filosofia torna a domandare, e torna a riempire il tempo.
E' come se ogni volta mi risveglio da un lungo sonno, e mi ritrovo nell'incubo del reale.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 22 Maggio 2017, 23:59:47 PM
A mio parere il destino della filosofia è avvicinarsi il più possibile al pratico, poi ogni filosofo individuerà i propri modi di farlo. C'è chi cerca di interessarsi di politica, problemi sociali, chi si candida in cariche politiche; per ho trovato congeniale la spiritualità, che già di per sé si può intendere come pratica, ma proprio ultimamente riflettevo sul fatto che non può accontentarsi di essere pratica interiore che poi crea, tra l'altro scelte esterne; dev'essere più esplicitamente spiritualità, dell'amore, dell'altruismo, e mi sta sembrando che forse in questo campo soffriamo ancora di idee errate inculcate dal cattolicesimo, in particolare l'idea che se ci amassimo saremmo tutti felici; se ci rifletto mi pare di notare che non è vero, ma ora non voglio entrare qui nei dettagli. Mi limito a dire che l'altruismo ci vuole, ma senza illusioni di questo tipo.

Quanto alla semplicità, credo che se ne possa parlare solo in contesti in cui sia chiaro che non s'intende essere precisi, ma solo vaghi, intuitivi; altrimenti parlare di semplicità mi sembra solo un mezzo per indurre l'altro (o anche noi stessi) a non riflettere e così dominarlo meglio.

Le consuetudini a mio parere sono buone, danno conforto, purché non diventino rituali sacralizzati che è vietato modificare.

Effettivamente il reale può essere considerato un incubo secondo me; io non mi faccio scrupolo di definirlo radicalmente "il male", perché il reale s'impone alla mia esperienza con la sua assenza di senso e con le sue violenze. Possiamo tentare di reagire con le nostre tecnologie, ma siccome sembra restare sempre una dimensione di insuperabilità del male, mi pare che sia utile orientarci, per quanto è possibile, nel rivolgere piuttosto l'attenzione al bene che è possibile creare tra noi umani, e così torna il discorso dell'amore e dell'altruismo.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 23 Maggio 2017, 09:13:17 AM
La filosofia è implosa a mio giudizio per due motivi. Il primo è dovuto secondo me alla massificazione della cultura. Oggi i "filosofi" sono gli studenti di filosofia, i quali più che pensare, più che cercare di trovare la loro strada (il loro "dao"  ;D ) sono più propensi a studiare le cose "interessanti" dette dagli altri e ammucchiare un sacco di "nozioni". Certo, così fai cultura, ma quello che manca è la "prospettiva" giusta ossia la prospettiva di vedere le cose "sub specie aeternitatis": cioè di vedersi in qualcosa di più grande della propria persona. Per questo motivo manca la contemplazione, cosa essenziale per la filosofia. Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona. Secondo: la guerra delle ideologie. Veniamo da un Medioevo e una prima età moderna in cui c'era la moda dell'"Indice dei libri proibiti", delle crociate, dei roghi e dopo finita l'influenza della dittatura religiosa sono arrivate le ideologie "atee" in cui o si cercava di "coltivare" l'uomo fisicamente e mentalmente perfetto ("mens sana in corpore sano") e/o la società perfetta e/o i nazionalismi che ci hanno "regalato" una scienza senza scrupoli, due guerre mondiali, gli anni di piombo ecc. Vista la pericolosità delle ideologie è naturale che la società come ente collettivo rigetta la creazione delle stesse. Così stiamo celebrando il lutto della filosofia. E gli ultimi filosofi temo che finiranno o per trovare un compromesso o cercheranno l'eremitismo o...

P.S. Angelo Cannata, io non conosco davvero il buddismo. Così come non conosco il taoismo e l'induismo e il cristianesimo. Però per ricercare "il meglio" ho deciso che è giusto cercare un po' ovunque.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 11:59:03 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 09:13:17 AM
... quello che manca è la "prospettiva" giusta ossia la prospettiva di vedere le cose "sub specie aeternitatis": cioè di vedersi in qualcosa di più grande della propria persona. Per questo motivo manca la contemplazione, cosa essenziale per la filosofia. Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona.



Vista la pericolosità delle ideologie...
Mi sembra di vedere una contraddizione: ciò che indichi nel primo spezzone che ho citato non è forse un'ideologia? Un'ideologia è un sistema di idee. Le ideologie sono cadute perché, a livello generalizzato, il mondo si è reso conto che non esistono né idee, né sistemi di idee in grado di autogiustificarsi, di avere senso, di essere migliori di altre. Solo che il mondo non ha portato ulteriormente avanti la riflessione e si è bloccato in una sfiducia generalizzata verso il pensare, verso la filosofia. Io ritengo che un'ideologia qualsiasi può essere sfruttata come strumento di dialogo e di ricerca, a patto di considerarla provvisoria e quindi in ascolto continuo di altro, sempre pronti a modificarla o a sostituirla con altro.
Le ideologie contengono la tentazione di dire "il mondo va male perché non fa o non pensa come dico io". Anche la mia potrebbe essere considerata un'ideologia, nel momento in cui dico che dovremmo utilizzare le ideologie come strumento; ma all'interno di ciò io provo ad astenermi dal dire che gli altri farebbero bene a fare come dico io; piuttosto cerco di mantenermi in ascolto e, se penso qualcosa, cerco di fare in modo che anche questo qualcosa contenga un ascoltare continuo e una disponibilità a modificarsi o sostituirisi. Cioè, più che "pensare", "faccio", senza pretesa di ritenere che ciò che faccio sia il meglio, e in questo fare cerco di far esistere anche ascolto.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Sariputra il 23 Maggio 2017, 12:17:56 PM
@ Apeiron scrive:
Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona.

Quello che manca oggi, Apeiron è la coerenza, solo la coerenza...
Perché ritengo, per es., oggi , dopo 2.500 anni circa, più interessante studiare Siddhartha Gautama che non Arthur Schopenhauer ? Perché il primo, dopo aver insegnato per cinquant'anni a tutti, senza distinzione tra re o senza casta,  ormai morente e in preda a terribili dolori ( e in questi giorni ne so qualcosa che vuol dire riuscire a controllare la mente quando sei in preda al dolore fisico intensissimo...) ancora rimprovera il fido Ananda che non vuole che un asceta itinerante lo disturbi, un asceta che voleva conoscere il suo insegnamento...mentre il secondo , grande filosofo perdinci, che predica l'ascetismo e la compassione non esita a scaraventare giù dalle scale una vecchietta che "gli dava fastidio" ...
Forse sono l'ultimo dei romantici...ma per me queste cose fanno la differenza...
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 12:39:31 PM
Citazione di: Sariputra il 23 Maggio 2017, 12:17:56 PM
Forse sono l'ultimo dei romantici...ma per me queste cose fanno la differenza...
Non penso che cercare coerenza sia romanticismo, mi sembra una ricerca ottima.
Forse si potrebbe criticare chi cerca coerenza in una sola direzione, cioè nel senso che il comportamento debba rispecchiare le idee, mentre le idee non si curano di ascoltare il comportamento. Questo sì, penso che sia sospettabile di romanticismo: pensare che se ci volessimo bene saremmo tutti felici, mentre questo concetto non sta in ascolto del fatto che quando abbiamo del bene non è che sia nata in noi tutta questa felicità: se così fosse, l'amore per il prossimo si espanderebbe nel mondo a macchia d'olio, tutti saremmo irresistibilmente attratti dalla felicità che esso procura.
Proprio ultimamente sto riflettendo sul fatto che le nostre idee sull'amare, sull'altruismo, devono sforzarsi di non essere romantiche, perché questo tipo di romanticismo nuoce all'amore. Mi sembra che il Vangelo contenga questo romanticismo e continui a portare questo male nel mondo (lo dico da seguace attuale del Vangelo e di Gesù, nonostante mi consideri ateo: mi considero un seguace critico): presentando il bene come felicità non fa altro che creare sensi colpa  e confusione di idee.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: green demetr il 23 Maggio 2017, 13:25:03 PM
Il lutto della filosofia è la sua incapacità di dare una risposta alla filosofia dell'altro, del prossimo, della comunità.

Nelle sue forme più alte ha tentato di descrivere una trascendenza.
La metafisica classica è stata a lungo la gemma all'occhiello della filosofia.

Ma è stata solo una lunga illusione. Una metafisica che invece che sfociare nel pensiero sull'altro, VI SI SOSTITUISCE, diventa ideologia.

In questo senso anche le religioni dell'amore, falliscono il segno quando passano dall'umano al divino.

Ma il passaggio dall'umano al divino è esattamente ciò che tiene unite le unità umane. E' il terzo che si sostituisce al pensiero sia dell'umano che del divino.

IL passaggio diventa rito, è sempre stato rito, abitudine, consuetudine.

Non ultima, forse la religione più vicina alla filosofia, quella ebraica, illustra meglio di tutte la questione.
Nella sua punta massima (il filosofo Levinas) fa diventare la filosofia dell'altro, la filosofia dell'Altro.
Un tentativo di rendere umano un DIO che non può essere umano, diventa allora VOCE, lingugaggio astratto, differenza TOTALE.

Credo che le teologie negative (il protestantesimo, lo zen), siano l'ultimo grande tentativo di raccordo del RITO, del PASSAGGIO, del CAMMINO, della SPIRITUALITA'.

Ovvero sono l'ultimo tentativo disperato di mantenere in vita un fallimento che coinvolge un era, più che un secolo.

Noi siamo fantasmi che si aggirano persi, il resto di un fallimento generazionale.
Rimangono domande sparse, spunti, progetti.

Maestri a cui aggrapparsi, reminescenze del passato filosofico.

Si tratterebbe di elaborare il lutto allora innanzitutto.

Elaborare il lutto d'altronde non significa affatto dimenticare le nostre care figure di riferimento, i nostri amori.
Significa convivere con ciò che rimane di loro, nel reale.

L'elaborazione dunque è un analisi del reale, non una sua accettazione supina.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 13:26:27 PM
Citazione di: Sariputra il 23 Maggio 2017, 12:17:56 PM
( e in questi giorni ne so qualcosa che vuol dire riuscire a controllare la mente quando sei in preda al dolore fisico intensissimo...)
P.S. A quanto mi sembra di capire stai male e mi dispiace. Se è così, auguri che tutto si risolva presto.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 13:45:32 PM
Citazione di: green demetr il 23 Maggio 2017, 13:25:03 PM
Elaborare il lutto d'altronde non significa affatto dimenticare le nostre care figure di riferimento, i nostri amori.
Significa convivere con ciò che rimane di loro, nel reale.

L'elaborazione dunque è un analisi del reale, non una sua accettazione supina.
Quest'idea di elaborare mi fa nascere il sospetto che possa nascondere un tentativo di esorcizzare, anestetizzare, nei limiti del possibile. Questo mi richiama l'espressione di Gesù del bere il calice, in riferimento alla sua morte: mi pare che significhi che la sofferenza va giustamente guarita, evitata, per quanto le tecniche permettono, ma ci sono momenti in cui la vita ti chiede nient'altro che farti prendere da tutta l'amarezza della morte, del soffrire. In questi casi, ulteriori tentativi di esorcizzare, evadere con la mente verso qualcos'altro, possono significare nient'altro che rifugiarsi in una forma di ipocrisia, quindi diventa un vivere la sofferenza con ipocrisia, che poi non sarebbe altro che tentativo di atarassia, stoicismo. Il vantaggio di non nascondere a noi stessi l'amarezza che ci attraversa dovrebbe consistere nel far esistere dentro di noi un'esperienza interiore che si sforza di essere fedele, aderire a ciò che, per quanto riusciamo a capire, sta davvero succedendo. Questo sforzo di adaequatio rei et intellectus non è una metafisica, un tentativo di raggiungere una verità, ma un tentativo di portare avanti una spiritualità il più possibile fruttuosa, per come al momento ci sembra. In questo senso è anche analisi del reale, come tu hai scritto, ma un'analisi che ammette la possibilità che a un certo punto non ci rimanga altro che il soffrire, senza alcun rimedio intellettuale, il puro sperimentare l'amarezza che il soffrire comporta.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: green demetr il 23 Maggio 2017, 14:10:12 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 13:45:32 PM
Citazione di: green demetr il 23 Maggio 2017, 13:25:03 PM
Elaborare il lutto d'altronde non significa affatto dimenticare le nostre care figure di riferimento, i nostri amori.
Significa convivere con ciò che rimane di loro, nel reale.

L'elaborazione dunque è un analisi del reale, non una sua accettazione supina.
Quest'idea di elaborare mi fa nascere il sospetto che possa nascondere un tentativo di esorcizzare, anestetizzare, nei limiti del possibile. Questo mi richiama l'espressione di Gesù del bere il calice, in riferimento alla sua morte: mi pare che significhi che la sofferenza va giustamente guarita, evitata, per quanto le tecniche permettono, ma ci sono momenti in cui la vita ti chiede nient'altro che farti prendere da tutta l'amarezza della morte, del soffrire. In questi casi, ulteriori tentativi di esorcizzare, evadere con la mente verso qualcos'altro, possono significare nient'altro che rifugiarsi in una forma di ipocrisia, quindi diventa un vivere la sofferenza con ipocrisia, che poi non sarebbe altro che tentativo di atarassia, stoicismo. Il vantaggio di non nascondere a noi stessi l'amarezza che ci attraversa dovrebbe consistere nel far esistere dentro di noi un'esperienza interiore che si sforza di essere fedele, aderire a ciò che, per quanto riusciamo a capire, sta davvero succedendo. Questo sforzo di adaequatio rei et intellectus non è una metafisica, un tentativo di raggiungere una verità, ma un tentativo di portare avanti una spiritualità il più possibile fruttuosa, per come al momento ci sembra. In questo senso è anche analisi del reale, come tu hai scritto, ma un'analisi che ammette la possibilità che a un certo punto non ci rimanga altro che il soffrire, senza alcun rimedio intellettuale, il puro sperimentare l'amarezza che il soffrire comporta.

L'elaborazione del lutto è necessaria alla vita.
Altrimenti il dolore ci inghiotte.

Altra cosa il passo successivo, ossia la resistenza, il convivere con il dolore.
Direi che è l'esatto opposto che l'anestetizzazione di cui parli.

E d'altronde anche la convivenza col dolore fa parte di una elaborazione del lutto.

Persino il Cristo ha dovuto elaborare la sua destinalità (Dio perchè mi hai abbandonato?), prima di poter accettare il dolore (sia fatta la tua Volontà, ossia la Croce).

E d'altronde nella tradizione ebraico-cristina, il dolore è sempre il pertugio verso DIO.
(dall'altra l'ESODO).

Poichè io credo che questi racconti siano solo metafore, che indicano una saggezza di destinalità, ecco che allora nella nostra epoca, dobbiamo riformulare un lutto.

Ma lungi da me banalizzare, anzi!

Il tuo tentativo Angelo non è poi in fondo quello? solo che credi più alla dimensione della conoscenza, piuttosto che della metafora, del simbolo.
E può darsi che hai ragione, forse io mi butto troppo presto sulla materia simbolica.

ciao!




Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Apeiron il 23 Maggio 2017, 18:29:53 PM
Citazione di: Sariputra il 23 Maggio 2017, 12:17:56 PM@ Apeiron scrive: Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona. Quello che manca oggi, Apeiron è la coerenza, solo la coerenza... Perché ritengo, per es., oggi , dopo 2.500 anni circa, più interessante studiare Siddhartha Gautama che non Arthur Schopenhauer ? Perché il primo, dopo aver insegnato per cinquant'anni a tutti, senza distinzione tra re o senza casta, ormai morente e in preda a terribili dolori ( e in questi giorni ne so qualcosa che vuol dire riuscire a controllare la mente quando sei in preda al dolore fisico intensissimo...) ancora rimprovera il fido Ananda che non vuole che un asceta itinerante lo disturbi, un asceta che voleva conoscere il suo insegnamento...mentre il secondo , grande filosofo perdinci, che predica l'ascetismo e la compassione non esita a scaraventare giù dalle scale una vecchietta che "gli dava fastidio" ... Forse sono l'ultimo dei romantici...ma per me queste cose fanno la differenza...

Eh oggi ci manca la forza e la volontà di essere coerenti. Io sono il primo ad essere incoerente, sono uno Schopenhauer: penso, penso, dubito, faccio bei discorsetti sul trascendere sé stessi... E rimango il solito pirla. Se c'è un motivo per cui posso meritarmi l'inferno probabilmente è l'ipocrisia. Purtroppo hai ragione: siamo incoerenti. Quando dico di aver trasceso le ideologie finisco per andarci dentro come un pollo:

Citazione di: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 11:59:03 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 09:13:17 AM... quello che manca è la "prospettiva" giusta ossia la prospettiva di vedere le cose "sub specie aeternitatis": cioè di vedersi in qualcosa di più grande della propria persona. Per questo motivo manca la contemplazione, cosa essenziale per la filosofia. Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona. Vista la pericolosità delle ideologie...
Mi sembra di vedere una contraddizione: ciò che indichi nel primo spezzone che ho citato non è forse un'ideologia? Un'ideologia è un sistema di idee. Le ideologie sono cadute perché, a livello generalizzato, il mondo si è reso conto che non esistono né idee, né sistemi di idee in grado di autogiustificarsi, di avere senso, di essere migliori di altre. Solo che il mondo non ha portato ulteriormente avanti la riflessione e si è bloccato in una sfiducia generalizzata verso il pensare, verso la filosofia. Io ritengo che un'ideologia qualsiasi può essere sfruttata come strumento di dialogo e di ricerca, a patto di considerarla provvisoria e quindi in ascolto continuo di altro, sempre pronti a modificarla o a sostituirla con altro. Le ideologie contengono la tentazione di dire "il mondo va male perché non fa o non pensa come dico io". Anche la mia potrebbe essere considerata un'ideologia, nel momento in cui dico che dovremmo utilizzare le ideologie come strumento; ma all'interno di ciò io provo ad astenermi dal dire che gli altri farebbero bene a fare come dico io; piuttosto cerco di mantenermi in ascolto e, se penso qualcosa, cerco di fare in modo che anche questo qualcosa contenga un ascoltare continuo e una disponibilità a modificarsi o sostituirisi. Cioè, più che "pensare", "faccio", senza pretesa di ritenere che ciò che faccio sia il meglio, e in questo fare cerco di far esistere anche ascolto.

Già predicare significa voler stabilire "la giusta via" (la via che può essere detta non è l'eterna via  ;D ). Lo so ma continuo a ipotizzare vie e soluzioni. Maledetto il mio "ego" che non ha confini.

(c'è un po' di esagerazione in questo post ma è una buona approssimazione dei pensieri che mi vengono quando - inevitabilmente - mi accorgo di essere il solito ipocrita...).

Un po' come Paolo "io sono per me stesso un enigma... faccio quello che detesto". La cosa interessante che trovo in me (ma forse è un discorso che si può estendere è che a volte ci piace fare robe a cui non siamo d'accordo).
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 23:59:59 PM
Citazione di: green demetr il 23 Maggio 2017, 14:10:12 PM... io credo che questi racconti siano solo metafore
Che siano anche metafore è indubbio, che siano solo metafore, significherebbe negarne la storicità. Ma ora qui si aprirebbe una discussione molto lunga, poiché ogni singola riga della Bibbia ha un diverso grado di storicità. Di per sé la storicità dell'Esodo, effettivamente, è quasi zero, ma non si può dire lo stesso di Gesù, per lo meno della sua esistenza; lasciamo da parte la questione dei suoi detti per non dilungarci e andare off topic.

Citazione di: green demetr il 23 Maggio 2017, 14:10:12 PM
credi più alla dimensione della conoscenza, piuttosto che della metafora, del simbolo.
Non so da dove tu deduca questo, ma per me metafore e simboli sono importantissimi; per oltre vent'anni di sacerdozio ho vissuto di simboli (la Messa e tutti i sacramenti non sono altro che simboli e insiemi di simboli); la Bibbia si è prestata e si presta moltissimo a innumerevoli letture simboliche che per me sono di valore vitale. A me stesso piace tante volte scegliere con cura le parole con cui mi esprimo per mettere in esse significati più o meno simbolici.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Angelo Cannata il 24 Maggio 2017, 00:08:19 AM
Citazione di: Apeiron il 23 Maggio 2017, 18:29:53 PM
mi accorgo di essere il solito ipocrita...
In questo messaggio che hai scritto manca solo che tu prenda in mano un frustino per autofustigarti, in stile penitenziale da medioevo. Secondo me, una volta preso atto che tutti siamo ipocriti e con tanti altri difetti, non è molto produttivo sdegnarsi con se stessi, odiare i propri mali; trovo più adatto considerarci in cammino, in crescita e lavorare su questa crescita. Se una persona è in crescita, le si può perdonare tutto e, di conseguenza, ritengo che anche tale persona possa senza timore perdonare tutto a se stessa.
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: Sariputra il 24 Maggio 2017, 09:40:45 AM
@Apeiron scrive:

Eh oggi ci manca la forza e la volontà di essere coerenti. Io sono il primo ad essere incoerente, sono uno Schopenhauer: penso, penso, dubito, faccio bei discorsetti sul trascendere sé stessi... E rimango il solito pirla. Se c'è un motivo per cui posso meritarmi l'inferno probabilmente è l'ipocrisia. Purtroppo hai ragione: siamo incoerenti. Quando dico di aver trasceso le ideologie finisco per andarci dentro come un pollo:

La crisi della 'volontà' nel tempo moderno è alla base della 'stasi' , per non dire di peggio, che viviamo  a livello umano e sociale e che cerchiamo di dimenticare affidandoci alla seduzione della tecnologia, a mio parere.
Se tutto è liquido, appare davvero assurdo impegnare la propria vita per qualcosa. Così viviamo di "vorrei, ma non posso", di "io non sarei così, ma mi devo adeguare", di "mi impegno, ma solo un pò", di "bello quel cammino spirituale, ma è troppo difficile", di "Meraviglioso il messaggio sull'agape, ma i preti son tutti falsi", di "Devo cambiare, ma inizierò domani". Se vuoi aggiungere...la lista delle nostre scuse è infinita. 
Il dubbio ha lavorato bene, come un tarlo che non ti accorgi che rosicchia le gambe della sedia, finché non ti trovi con il culo per terra. Così il dubbio ha rosicchiato, con amabile astuzia, la nostra volontà...infatti, appena appena ti balena l'idea di dedicare la tua vita, l'intera tua vita ( e non solo la testa) a qualcosa che ti sembra avere un senso, ecco che cominci subito a dubitare e...rinvii a domani...per rifletterci meglio sopra, ovviamente  ::)...

@ Angelo Cannata
Grazie per gli auguri. Oggi va un pò meglio. 
Titolo: Re:Il Dubbio (e la filosofia)
Inserito da: green demetr il 24 Maggio 2017, 12:16:41 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 23 Maggio 2017, 23:59:59 PM
Non so da dove tu deduca questo, ma per me metafore e simboli sono importantissimi; per oltre vent'anni di sacerdozio ho vissuto di simboli (la Messa e tutti i sacramenti non sono altro che simboli e insiemi di simboli); la Bibbia si è prestata e si presta moltissimo a innumerevoli letture simboliche che per me sono di valore vitale. A me stesso piace tante volte scegliere con cura le parole con cui mi esprimo per mettere in esse significati più o meno simbolici.

Mi scuso allora.
Per quanto riguarda la storicità del Cristo, non mi avventuro. ;)
Mi interesso solo della parte simbolico-morale.
Ma leggo con interesse gli interventi di Myfriend e di JsebB.