Ciao, nel titolo ho messo l'aspetto più interessante che ho notato riflettendo sulla coscienza. Mi sono approcciato al fenomeno molto gradualmente, definendo ogni elemento rilevante in modo semplice e chiaro (o almeno ho fatto del mio meglio). Se qualcuno volesse seguire il percorso che ho seguito, purtroppo un po' lungo... può leggersi questi 2 post:
Cos'è esattamente un essere cosciente? Dal corpo all'entità sensibileIndagare il fenomeno della coscienza elencando tutte le sue proprietàComunque c'è un modo abbastanza conciso per arrivare a quel punto. I passaggi chiave sono questi:
- La nostra coscienza è sperimentalmente definita in prima persona dalla nostra capacità di "provare / sentire / percepire qualcosa". Ci si può illudere sui contenuti della coscienza, ma non si può ritenere il fenomeno della coscienza un'illusione, altrimenti essa non esisterebbe e non ci si potrebbe nemmeno illudere. Quindi non può essere un'illusione, deve avere una qualche realtà.
- I contenuti della coscienza sono complessi e simultaneamente percepiamo tante informazioni: odori, suoni, colori, forme, pensieri, ecc. Le informazioni in fisica hanno bisogno di un supporto per esistere. Non può esserci informazione senza un DVD, un nastro magnetico, un foglio di carta o una corteccia cerebrale o altri esempi.
- La coscienza (ciascuno di noi) percepisce contemporaneamente tante informazioni e tutte queste informazioni non possono essere scritte in "un'unica particella di materia" devono estendersi ad un oggetto fisico complesso (quanto meno a diverse aree della corteccia cerebrale).
- In fisica (mettendo un momento da parte la meccanica quantistica) non esiste la possibilità di trasmettere un'informazione senza che una particella viaggi e porti l'informazione tramite una collisione ad un'altra particella. In un certo senso gli oggetti macroscopici sono una convenzione della nostra mente che "ritaglia" la realtà in modo più comodo, ma ciò che esiste veramente, stando ad un punto di vista fisico, sono le innumerevoli particelle che interagiscono tra loro in un grande corpo. Tutto è isolato. Da un punto A ad un altro punto B serve che una particella viaggi ed esegua un'interazione locale, altrimenti B non saprà mai niente di A e non importa quanto A e B siano vicini, devono proprio interagire localmente o non comunicano.
- Dunque, come è possibile che la coscienza sperimenti allo stesso tempo tantissime informazioni che, per quanto racchiuse nel cervello, da un punto di vista fisico sono semplicemente distanti, dislocate in un volume di circa 1200 cm³, come fa ad essere "connessa" a tanti neuroni che solo simultaneamente possono rendere conto del fenomeno che si sta vivendo?
- Non sembra esserci alternativa alla conclusione che la coscienza, seppure confinata nel cervello, è fisicamente non-locale, ha la capacità di non essere in relazione con tante piccole entità fisiche allo stesso tempo.
Sappiamo che in fisica quantistica i campi che descrivono la probabilità di trovare una particella in una certa posizione e con certi stati sono non-locali e più particelle non-locali si possono correlare a distanza, però non abbiamo nessun vero elemento per affermare che dunque la coscienza è un fenomeno quantistico, forse è anche qualcos'altro, forse è del tutto qualcos'altro, semplicemente risulta avere una proprietà che solo nei fenomeni quantistici possiamo risscontrare.
Non ci si fa molto in termini pratici con questo ragionemento, però:
- Credo che sia originale, non ho ancora trovato nulla che espone quello che ho esposto in questi termini, con questi passaggi.
- So che c'è Penrose che ha tentato di considerare la coscienza un fenomeno quantistico, ma il tentativo intrapreso è terribilmente oscuro per me, certamente è qualcosa di ben diverso rispetto a quanto ho esposto.
- Un superficiale confronto che ho avuto su Reddit è che sono in un circolo di definizioni in cui sono intrappolato e quindi tutto il discorso è infondato, magari coerente, ma puramente basato su assunzioni fatte al principio. Io non sono d'accordo su questo punto, perché non mi pare di aver dato nessuna definizione arbitraria. Ho indicato il fenomeno della coscienza per come lo sperimentiamo, senza dire che cosa è (che non lo so), semplicemente usando la sua proprietà più peculiare e credo innegabile (ciò che ci fa provare qualcosa, che ci fa sentire di esistere). Le considerazioni sull'informazione sono fondamenti elementari della fisica classica e della teoria informatica, non sono nemmeno mie osservazioni, è cosa ben nota, facilmente reperibile in testi delle superiori (senza scomodare fonti universitarie). E infine rimane la deduzione che ho fatto, come è possibile non farla? e come potrebbe essere sbagliata?
Mi piacerebbe avere qualche confronto anche qui, diffondere questa osservazione, avviare qualche conversazione interessante. Grazie.
Citazione di: Scimmia Disadattata il 04 Agosto 2024, 01:06:01 AMIn fisica (mettendo un momento da parte la meccanica quantistica) non esiste la possibilità di trasmettere un'informazione senza che una particella viaggi e porti l'informazione tramite una collisione ad un'altra particella.
Anche lasciando da parte la meccanica quantistica, le onde della meccanica classica trasportano energia senza trasportare materia.
Le antenne della vecchia radio ricevono informazione senza che nessuna particella si sia messa in viaggio.
Citazione di: Scimmia Disadattata il 04 Agosto 2024, 01:06:01 AMLa nostra coscienza è sperimentalmente definita in prima persona dalla nostra capacità di "provare / sentire / percepire qualcosa". Ci si può illudere sui contenuti della coscienza, ma non si può ritenere il fenomeno della coscienza un'illusione, altrimenti essa non esisterebbe e non ci si potrebbe nemmeno illudere. Quindi non può essere un'illusione, deve avere una qualche realtà.
Non ridurrei la coscienza a un fatto personale solo perchè possiamo testimoniare la nostra.
Citazione di: Scimmia Disadattata il 04 Agosto 2024, 01:06:01 AMI contenuti della coscienza sono complessi
Sono sicuramente complessi se riduciamo la coscienza alla nostra coscienza.
Citazione di: Scimmia Disadattata il 04 Agosto 2024, 01:06:01 AMLa coscienza (ciascuno di noi) percepisce contemporaneamente tante informazioni e tutte queste informazioni non possono essere scritte in "un'unica particella di materia" devono estendersi ad un oggetto fisico complesso (quanto meno a diverse aree della corteccia cerebrale).
La coscienza non percepisce, ma semmai essa è il terminale della percezione, dove viene posto il risultato dell'elelaborazione dei dati sensoriali.
Questi dati provenienti da tutti i sensi, nessuno escluso seppur ognuno partecipante in diversa misura, vengono elaborati e il prodotto di questa elaborazione può essere un odore, un colore, etc..
In un certo senso sentiamo con gli occhi e vediamo con le orecchie.
Citazione di: Scimmia Disadattata il 04 Agosto 2024, 01:06:01 AMLe considerazioni sull'informazione sono fondamenti elementari della fisica classica e della teoria informatica, non sono nemmeno mie osservazioni, è cosa ben nota, facilmente reperibile in testi delle superiori (senza scomodare fonti universitarie). E infine rimane la deduzione che ho fatto, come è possibile non farla? e come potrebbe essere sbagliata?
Come ho provato a dire nei miei precedenti post, le tue deduzioni potrebbero essere corrette , ma partendo da premesse sbagliate, scomodando anche solo testi liceali che si fermino alla meccanica classica, non sono da prendere in considerazione, per quanto lodevole sia stato il tuo tentativo.
Io proverei a partire da ipotesi più semplici sulla coscienza in generale, per giungere poi alla complessità che ci riguarda personalmente, perchè abbiamo già esempi a livello scientifico di come alla base di alcune complessità vi siano regole molto semplici, ed è proprio descrivendo alcuni di questi casi che Parisi ha preso il premio Nobel.
Semmai, essendo che le ipotesi di località e di non località, o l'ipotizzare confini o la loro mancanza, tendono ad alternarsi in fisica con pari successo, senza che una riesca prevalere sull'altra, possiamo sentirci autorizzati nel cercare di descrivere la coscienza a fare le nostre assunzioni in piena autonomia, senza doverci riferire all'assunzione fatta relativamente ad una teoria fisica piuttosto che a un altra.
Diversamente cadiamo nella tentazione di voler chiamare la scienza a testimone delle nostre libere filosofie, cercando qua è la ciò che ci può servire.
Non è in questo modo così diretto che secondo me la scienza influenza la filosofia, ma in modo indiretto, plasmando la forma mentis di chi andrà poi a produrre filosofia, così come la personale concezione filosofica di ogni scienziato non può pensarsi che non influenzi indirettamente la sua ricerca scientifica.
Concordando con iano, suggerirei anch'io un approccio più fenomenologico e meno scientisticamente pseudontologico alla realtà psichica.
Con un demone socratico che vigili beffardamente sulla spalla.
Tutto quello che c'è può essere illusione. Anche la coscienza, che c'è solo in quanto testimone di qualcosa.
La coscienza è sempre e solo coscienza di.
Nessuna cosa, nessuna coscienza.
Il supporre illusione la coscienza, non significa però negare la realtà. Semplicemente pone il reale oltre la coscienza.
Perciò oltre l'esistenza.
È l'Essere, che non deve mai essere assimilato all'esistere!
Difatti la esistenza, tutta l'esistenza, compresa perciò la coscienza, può essere illusione. Ma non l'Essere.
Perché esiste sempre e solo qualcosa, mentre l'Essere non è qualcosa.
Non essendo qualcosa, l'Essere non esiste.
L'Essere è!
E poiché ciò che non esiste è nulla...
Essere = Nulla
PS
Non si può costruire una filosofia sulle particelle. Perché ciò significherebbe dare loro valore metafisico. Cioè le particelle sarebbero il tramite tra la esistenza e l'Essere.
Mentre le particelle non sono che modalità di interpretazione dei fenomeni della esistenza.
La metafisica, e la filosofia o è metafisica o non è, inizia nel porsi di fronte alla interpretazione scientifica del mondo, scrutando il Nulla che dietro traspare.
Citazione di: iano il 04 Agosto 2024, 02:17:26 AMAnche lasciando da parte la meccanica quantistica, le onde della meccanica classica trasportano energia senza trasportare materia.
Le antenne della vecchia radio ricevono informazione senza che nessuna particella si sia messa in viaggio.
Questo è errato, mi risulta che non ti è chiaro cosa sia un fenomeno meccanico classico e un fenomeno quantistico.
In meccanica classica non si può trasportare energia senza trasportare materia, questo possono farlo solo i fotoni e i fotoni sono decisamente un fenomeno quantistico. Un'onda classica è per esempio il suono nell'aria o le onde del mare che sono fatte di tante particelle che realizzano tante collisioni locali per spingere l'onda via via più lontana e permettere la sua propagazione, ma tutto è basato su collisioni di particelle.
Le antenne della vecchia radio non sono un esempio di fenomeno meccanico classico, sono onde elettromagnetiche e questo è un fenomeno quantistico. Inoltre l'informazione che ricevono è proprio grazie ad una (anzi tante, ma fa lo stesso) particella quantistica che ha la particolarità di avere la dualità onda-particella o campo-particella (ciò che caratterizza i fenomeni quantistici). Quindi, sì che una particella si è messa in viaggio, però è una particella da descrivere con la teoria quantistica.
Citazione di: iano il 04 Agosto 2024, 02:26:41 AMNon ridurrei la coscienza a un fatto personale solo perchè possiamo testimoniare la nostra.
Citazione di: Ipazia il 04 Agosto 2024, 07:11:03 AMConcordando con iano, suggerirei anch'io un approccio più fenomenologico e meno scientisticamente pseudontologico alla realtà psichica.
ipazia, tu suggerisci un approccio fenomenologico, ma è proprio quello che sto seguendo nel primo punto in cui cerco il modo di indicare il fenomeno della coscienza. Seguirei un approccio scientifico se cercassi una definizione tramite le attività cerebrali rilevate da uno strumento mentre consideriamo una persona cosciente, ma non mi sto servendo di strumenti e oggetti all'interno di una teoria scientifica, parto dall'esperienza in prima persona che è esattamente l'approccio fenomenologico. La coscienza "si dà" a me come la sensazione di sperimentare colori, forme, odori, pensieri, c'è modo di essere più fenomenologici di così? Se puoi farmi un esempio...
Inoltre, iano sta dicendo di non ridurre la coscienza ad un fatto personale... non è chiarissimo cosa intendere con "fatto personale", sicuro non sono fatti del tipo "il mio nome è tizio", "ho i capelli neri", ecc. Dice anche che "solo perché possiamo testimoniare la nostra" non possiamo asserire con certezza cose come "sto sperimentando colori, forme, pensieri". L'approccio fenomenologico si fonda su un testimone che non va disgiunto con il fenomeno stesso che si sta osservando, rinunciare alle asserzioni che possiamo testimoniare in prima persona per me equivale a rifiutare un approccio fenomenologico. Invece, ipazia, dici di concordare con iano che serve un approccio fenomenologico, a me risulta abbia detto l'opposto.
Citazione di: bobmax il 04 Agosto 2024, 08:29:34 AMIl supporre illusione la coscienza, non significa però negare la realtà. Semplicemente pone il reale oltre la coscienza.
Se la coscienza è un'illusione, ok che resta una realtà oltre la coscienza, ma come fai ad "illuderti di essere cosciente" nell'ipotesi in cui la coscienza sia un'illusione e quindi negando ciò che ti permette di essere "cosciente di qualcosa". Serve poter essere coscienti per potersi illudere di una qualsiasi cosa, altrimenti quella illusione (ed ogni illusione) sarebbe impossibile. Esisterebbe solo la realtà senza di noi e senza nessuno ad illudersi. A me risulta logicamente impossibile quello che cerchi di sostenere.
Citazione di: bobmax il 04 Agosto 2024, 08:29:34 AMÈ l'Essere, che non deve mai essere assimilato all'esistere!
Difatti la esistenza, tutta l'esistenza, compresa perciò la coscienza, può essere illusione. Ma non l'Essere.
Perché esiste sempre e solo qualcosa, mentre l'Essere non è qualcosa.
Non essendo qualcosa, l'Essere non esiste.
L'Essere è!
E poiché ciò che non esiste è nulla...
Essere = Nulla
Non stai definendo essere ed esistere secondo nessun approccio, né logico-analitico, né linguistico, né fenomenologico, né sperimentale-scientifico. Questo passaggio per me sono parole in libertà e probabilmente senza senso.
In effetti sono stato un po' troppo sintetico, la differenza tra essere e esistere è fondamentale.
D'altronde ritenevo fosse scontata in una riflessione filosofica.
L'esistere è ciò che sta. E ciò che sta è sempre e soltanto qualcosa.
Il qualcosa è tale perché c'è qualcos'altro. È il qualcos'altro a fare in modo che il qualcosa sia.
L'esistere è perciò sostanzialmente una scissione, che in ultima analisi è la scissione soggetto/oggetto.
Viceversa l'essere è ciò che permette l'esistere, cioè l'esserci di qualcosa. Ma l'essere non è a sua volta qualcosa. Proprio non può esserlo, perché necessiterebbe altro da sé.
Nulla significa soltanto non esistenza.
Non ha alcun altro significato il nulla, se non il non esistere.
E ciò che non esiste non è qualcosa.
Perciò il Nulla non è qualcosa.
E pure l'Essere non è qualcosa.
Di modo che, seppur paradossalmente ma non troppo...
Essere = Nulla
PS
Mi scuso per la mia estrema sintesi precedente, ma sto ribadendo una infinità di volte la differenza fondamentale esistere-essere.
Non è un discorso di lana caprina.
Bensì sommamente etico.
Perché riguarda il bene e il male.
Citazione di: Scimmia Disadattata il 04 Agosto 2024, 15:20:56 PMSe la coscienza è un'illusione, ok che resta una realtà oltre la coscienza, ma come fai ad "illuderti di essere cosciente" nell'ipotesi in cui la coscienza sia un'illusione e quindi negando ciò che ti permette di essere "cosciente di qualcosa". Serve poter essere coscienti per potersi illudere di una qualsiasi cosa, altrimenti quella illusione (ed ogni illusione) sarebbe impossibile. Esisterebbe solo la realtà senza di noi e senza nessuno ad illudersi. A me risulta logicamente impossibile quello che cerchi di sostenere..
L'illusione è possibile nel momento in cui io in realtà non esisto.
Sono, ma non esisto.
È l'esistenza ad essere una illusione.
Cioè esisto in quanto individuo separato da tutto il resto. Ma questa separazione è illusoria.
E la coscienza che altro è se non coscienza della separazione?
Ho visto che nel tuo blog tratti del libero arbitrio.
Ecco, l'Essere trapela non appena provi a mettere in discussione il libero arbitrio.
Lasciando perdere discorsi come il determinismo, che non fanno che confondere, ma affrontando la questione esistenzialmente.
Chi sono io, se il libero arbitrio è una illusione?
E poiché natura e libertà sono del tutto incompatibili, se sono comunque libero... chi sono io?
Citazione di: Scimmia Disadattata il 04 Agosto 2024, 15:20:56 PMLe antenne della vecchia radio non sono un esempio di fenomeno meccanico classico, sono onde elettromagnetiche e questo è un fenomeno quantistico.
Non è che ti stai contraddicendo?
La teoria elettromagnetica di Maxwell, coi suoi campi immateriali, precede quella quantistica.
Citazione di: Scimmia Disadattata il 04 Agosto 2024, 15:20:56 PMInoltre l'informazione che ricevono è proprio grazie ad una (anzi tante, ma fa lo stesso) particella quantistica che ha la particolarità di avere la dualità onda-particella o campo-particella (ciò che caratterizza i fenomeni quantistici). Quindi, sì che una particella si è messa in viaggio, però è una particella da descrivere con la teoria quantistica.
Si ma non è che tu abbia applicato la meccanica quantistica alla tua teoria sulla coscienza, ma hai fatto riferimento a un concetto classico di particella.
Un onda- particella non è un onda e non è una particella.
Lasciamo da parte la meccanica quantistica, avevi detto....
Vuoi aggiornare la tua teoria sulla coscienza usando la meccanica quantistica al posto della classica?
Io comunque il biennio di fisica l'ho fatto, e un minimo ci capisco.
E tu?
Citazione di: iano il 04 Agosto 2024, 17:11:21 PMNon è che ti stai contraddicendo?
La teoria elettromagnetica di Maxwell, coi suoi campi immateriali, precede quella quantistica.
No, non ravviso alcuna contraddizione.
Le equazioni di Maxwell sono un risultato complesso che deriva da contributi ancora precedenti ad esse e nella seconda metà dell'800 sono state pubblicate nella loro forma completa e si è dimostrato che potevano descrivere anche delle onde che viaggiano nel vuoto e si servono dei campi elettromagnetici. Ma ci sono voluti decenni arrivando agli inizi del '900 che grazie a Planck ed Einstein si è iniziato a considerare quella descrizione dei campi non più come un espediente matematico ma qualcosa che stava descrivendo la realtà. Si è introdotto il concetto di quantizzazione dell'energia che era in contrasto con il comportamento ondulatorio di fotoni ed elettroni (nei primi studi, poi non solo) e sono passati decenni prima che la comunità dei fisici digerisse nella "visione ortodossa" che effettivamente la luce e i fenomeni elettromagnetici hanno una natura duale onda-particella.
Il fatto che le equazioni di Maxwell sono piuttosto vecchie, non significa che i fenomeni fisici descritti sono automaticamente nel dominio della fisica classica, i campi e le onde elettromagnetiche sono chiari esempi di fenomeni quantistici e ci sono innumerevoli video di divulgazione più semplice o più accademica per cui dovrebbe essere difficile avere dubbi in merito.
Citazione di: iano il 04 Agosto 2024, 17:40:01 PMIo comunque il biennio di fisica l'ho fatto, e un minimo ci capisco.
E tu?
Mi sa che devi ripassare un po' tutto. Anche io ho sostenuto esami sia di fisica che di storia della scienza che di fondamenti di meccanica quantistica, ma non è una questione di titoli. Non serve nessuna matematica avanzata, né una dettagliata conoscenza storica delle teorie fisiche, per inquadrare l'elettromagnetismo nel dominio della fisica quantistica.
Un ripasso non fa male, ma se quello che hai studiato non ti ha già dato una forma mentis, meglio lasciare stare, e io questa forma mentis, da spendere in sede filosofica ce l'ho.
In una scienza in continua evoluzione dove si alternano ipotesi con pari successo, materia e campi, località e non località, pensare di essere arrivati al dunque, non è parte della mia forma mentis , perchè ciò derivo dalla storia della scienza.
Una informazione che si trasmette localmente è l'equivalente di una forza che agisce per contatto, negando di fatto l'evoluzione del concetto di forza.
Due palle da biliardo che si scontrano non entrano mai in contatto, a meno che non possiedano un confine ben definito come una sfera, negando che sia la forza elettrica agente con l'intermediazione di un campo immateriale a determinare la loro reciproca repulsione.
Non è tanto che ciò in effetti non lo si possa negare, ma è che affermarlo significa essere rimasti ai tempi delle perfette forme platoniche, concezione filosofica rispettabile, ma che tendo, senza offesa, a considerare ingenua ai giorni nostri, e che comunque non ha niente a che spartire con la meccanica quantistica perchè le sue particelle, non avendo posizione definita, del concetto di particella sono un evoluzione, come un evoluzione del concetto di forza è quella forza che non agisce localmente.
Ora io ammetto che tu possa prendere a riferimento una precisa teoria scientifica, non importa se vecchia o nuova e quanto a me possa apparire soggettivamente ingenuo ripescare, se vetusta,, ed applicarla ai fenomeni della coscienza, ma non ammetto che tu spazi da una teoria all'altra chiamando in tale improprio modo la scienza a testimoniare le tue teorie, perchè possedendo ogni teoria i suoi assiomi, ciò di fatto equivale a spaziare a convenienza fra un assioma e l'altro.
Non tutti i dialoghi sono proficui.
I dettagli su cui insisti per me sono piuttosto off topic perché le affermazioni su cui mi sono basato non fanno appello alla meccanica quantistica, avevo solo evidenziato una somiglianza, si può anche non menzionare affatto la meccanica quantistica e limitarsi a dire che la coscienza non è spiegabile con la sola idea di interazione meccanica classica, che ovviamente apre le porte a qualsiasi orizzonte e non sto dicendo nulla di conclusivo, semmai è un piccolo punto di partenza.
Mi baso maggiormente su fatti esperibili in prima persona ed un'idea molto molto radicata nelle scienze e nella teoria dell'informazione per cui le informazioni hanno bisogno di una forma fisica per sussistere. E ovviamente le forme sono localizzate e richiedono una interazione locale. Rimanendo in una sola teoria fisica, quella classica, a me continua a risultare piuttosto ovvio dedurre che la coscienza mostra elementi non spiegabili all'interno di quella teoria. Non ho idea di quale altra concezione della realtà possa anche solo essere compatibile con il fenomeno della coscienza, sono persino scettico che mai la troveremo.
A me non pare di commettere errori storici, mescoltare teorie, scegliere dogmi arbitrati, ma pazienza, credo che non ci capiamo, succede spesso, non è un problema. Non è nemmeno nulla di così importante quanto volevo dire, siamo più nell'ambito del passatempo, quindi se l'interazione non è proficua non ha proprio senso insistere, diventa solo una perdita di tempo per entrambi.
Ah, si tratta di un passatempo...
Sarebbe stato meglio dirlo subito allora. Non avrei perso tempo.
Citazione di: Scimmia Disadattata il 17 Agosto 2024, 14:55:19 PMnon ha proprio senso insistere, diventa solo una perdita di tempo per entrambi.
Va bene , ma ovviamente nulla di personale, e inoltre ammetto che il mio comportamento è stato mosso da un pregiudizio derivato dall'esperienza che abbiamo sul forum con chi vi arriva con una sua teoria preconfezionata sulla quale ha investito magari molto del suo tempo, costituendo ciò comprensibilmente una inerzia al recepimento di critiche, per cui la discussione nemmeno parte che già si è fermata.
Peccato perchè nei tuoi post era evidente l'amore per il pensiero , cosa che non si può dire per tutti.
Comunque è stato un piacere.
Leggendo il blog mi è apparso sullo "schermo degli eventi" quanto segue:
"Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia."
Il mio invito ad un approccio più fenomenologico deriva proprio dalla difficoltà di produrne uno ontologicamente soddisfacente.
La fenomenologia psichica rientra in quegli eventi che si fanno un baffo pure della sovrapposizione di stati quantistici e non c'è idiota artificiale (IA), grondante di tecnoscienza quantistica, che possa simulare, per quanto la dissimulazione sia abbondante tra cielo e terra, la "sovrapposizione di stati" di una coscienza animale.
Il blog denota molta scienza rielaborata, ma sospetto che Amleto abbia ragione anche in questo caso, e non rimanga spazio altro che per un legittimo passatempo, con eventuali follower al seguito.
Dico la mia. Credo che non ci sia alcun nesso fra meccanica quantistica e coscienza. Non capisco perchè la meccanica quantistica venga messa dapertutto come il prezzemolo. Sembra quasi che sia diventato una sorta di sostituto tecnologico della divinità. Non conosco affatto la meccanica quantistica, ma conosco da autodidatta, la neurobiologia (come qualche povero forumista ha dovuto constatare di persona). E la neurobiologia, quella dura, fatta di FMRi, di misurazione dei neurotrasmettitori e di studio del sistema nervoso centrale, non si è mai sognata di fare un tale accostamento. So che vi sono anche dei libri che sostengono questo abbinamento, ma sono nettamente minoritari, rispetto alla neurobiologia "mainstream". Ovvio che se anche in questo campo, cerchiamo la verità negli scantinati dei complottisti, allora tutto è possibile, anche il connubbio coscienza e MQ.
L'interpretazione di coscienza che mi è sembrata più interessante è questa:
https://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/georg-northoff/la-neurofilosofia-e-la-mente-sana-9788832850666-2914.html
Ovvio che mi sono anche ampiamente abbeverato fra i neuroscienziati americani o naturalizzati americani (Damasio è nato in Portogallo, Van der Kolk in Olanda, ad esempio, ma entrambi, guarda caso, hanno trovato spazio per le loro ricerche in USA, chissà, forse i tanto vituperati USA sanno almeno riconoscere il merito). Le loro ricerche, con le debite differenze suggeriscono che la coscienza e il cervello siano inestricabilmente connessi con il corpo. Non a caso un mezzo milione di neuroni si sono "accasati" nel sistema digerente (sistema nervoso enterico).
L'anima, insomma, seconda questa allegra congrega è un pò meno eterea e più collegata con il nostro corpaccione e i suoi borborigmi (non a caso un famoso libro di Damasio si intitola L'errore di Cartesio).
E' ovvio che la coscienza sia un concetto complesso, che è stato anche definito il Problema difficile della coscienza e pertanto continueremo a parlarne così come altri nodi fondamentali della vita umana (pensiamo al libero arbitrio, all'etica, alla tecnologia, al potere). Ma dobbiamo anche essere speranzosi che un concetto un pò più chiaro si faccia luce e da questo versante sono stati fondamentali gli sviluppi della genetica, delle neuroscienze e della etologia.
(https://it.wikipedia.org/wiki/Problema_difficile_della_coscienza)
Secondo me se parliamo di coscienza partendo dall'apice della sua evoluzione, cioè dalla coscienza umana, solo perchè di quella abbiamo esperienza, significa non giungere a nulla.
Possiamo quindi partire da ciò che distingue l'essere vivente dalla materia, per cui ciò che gli succede diventa causa di ciò che gli succederà entro un tempo non definibile, come invece succede alla materia, da cui la imprevedibilità del suo agire.
E' uno schema meccanicistico, ma non assimilabile ad un orologio, perchè indeterminabile, seppur fosse determinato.
Un modo di partire da qualcosa che conosciamo più che di affermare che la vita sia meccanica.
Per semplicità dovremmo attribuire quindi coscienza ad ogni essere vivente, se pur in diversa misura, siccome ogni essere presumibilmente possiede memoria che si fà causa attraverso la coscienza.
Di problemi impossibili da risolvere ne abbiamo già risolti, e risolvendoli ci siamo riguardati in modo nuovo, traguardando allo stesso tempo un mondo nuovo, per cui riuscirsi a riguardare in modo nuovo, ciò a cui la filosofia può contribuire, può essere l'inizio della soluzione.
Io non riesco a immaginare una memoria che non si faccia causa in qualche modo, e la coscienza è questo modo.
Così funzionano gli esseri viventi con un meccanismo presumibilmente semplice che può complicarsi quanto si vuole, e che nella misura in cui meccanicamente lo descriviamo possiamo provare a replicarlo in una macchina che non è noi, ma una macchina con cui possiamo confrontarci, e in questo confronto crescere.
Se costruiamo una macchina intelligente, essa è intelligente per modo di dire, perchè per costruire una macchina davvero intelligente dovremmo sapere cosa sia l'intelligenza, mentre su essa possiamo solo fare ipotesi, e su esse costruire la macchina.
Però una volta costruita la macchina con essa possiamo confrontarci, e Turing ci ha suggerito come farlo.
Ma al di là di come pensiamo di farlo c'è un confronto di fatto che dà dei risultati osservabili.
Il confronto diretto alla Turing non ha dato risultati, ma di fatto possiamo osservare che quanto più deleghiamo la nostra intelligenza alla macchina, tanto più possiamo dire la macchina intelligente, o viceversa la macchina è tanto più intelligente quanto più noi ci ''instupidiamo'', avendo delegato ad essa la nostra intelligenza.
Se però abbiamo potuto delegargliela è perchè la macchina è davvero intelligente, e in questo modo indiretto abbiamo da un lato la conferma che la macchina è intelligente, e dall'altro veniamo a sapere che questa intelligenza di cui ci glorifichiamo non è poi questa gran cosa, se pure una macchina può avercela.
Succederà così anche con la coscienza, oppure mentre ne parliamo sta già succedendo?
Infatti se la coscienza ha a che fare col porre attenzione alle cose, questa capacità di concentrazione sembra che sia in continua diminuzione.
Le soluzioni a problemi ''impossibili'' non arrivano mai prendendoli di petto, ma in un modo sempre inatteso, perchè quando li prendiamo di petto mandiamo avanti i nostri pregiudizi, mentre è più facile che la soluzione arrivi quando pensiamo ad altro, quando cioè ci distraiamo dai nostri pregiudizi.
Proviamo allora a iniziare a pensare, per risolvere il problema della coscienza, che non sia poi questa gran cosa, togliendoci un altra medaglia dal petto, dopo quella dell'intelligenza, senza aspettare che sia una macchina a togliercela, perchè almeno questa è una cosa che una macchina non potrà mai fare da sola.
Secondo me Iano, intelligenza non è sinonimo di coscienza, come del resto hai sotto inteso anche tu dicendo che anche gli animali possono avere coscienza. Le macchine calcolatrici, citando Eco, sono delle stupide velocissime. La caratteristica della nostra coscienza è di non accontentarci della velocità e dei premi per il miglior risolutore di enigmi matematici. La nostra coscienza è soprattutto quella che ci ha insegnato, un fatidico giorno, magari all'ombra delle piramidi o durante una passeggiata fra i giardini di Babilonia, a domandarci il perché della vita e a creare storielle come quella di Sileno e re Mida. La nostra coscienza ha a che fare con quella metafora che ho usato spesso del barone di Munchausen, che per volare si tirò su dal suo stesso codino. Abbiamo fatto la stessa cosa e questa coscienza è sbocciata con le sue gioie e i suoi dolori. Una coscienza che abita dentro di noi ma anche fuori, nella relazione che abbiamo con gli altri esseri coscienti. In questo momento, ad esempio, la mia coscienza è dentro di me ma anche nel rapporto di queste parole con chi le leggerà. Penso che solo le divinità possono avere una coscienza indipendentemente dagli altri. Coscienza che è pertanto contemporaneamente, memoria autobiografica, rappresentazione del sè verso gli altri, flusso continuo di neuro trasmettitori che modulano la nostra esperienza con il mondo, ma che è anche collegata con la certezza di essere stati amati, principalmente dai nostri genitori. Senza quell'amore, avremo una coscienza deteriorata, ferita, bidimensionale. Non tutte le coscienze sono uguali. C'è chi vive con meno consapevolezza o con delle ferite interiori che li obbliga a scelte non ponderate e chi invece ha una profondità di sguardo che lo pone ad un livello di conoscenza di sè più elevato. In ogni caso, per farla breve la coscienza nasce dall'interazione fra un snc molto complesso e la cultura, che è stato appunto il "codino del barone di Munchausen".
Aggiungo che il cervello non è un Computer. Ripeto, il cervello umano non è un computer. Ciò perché, ancora una volta semplificando, abbiamo due emisferi specializzati, quello sinistro è più simile ad un computer, perché è abile a classificare, a giudicare e a sezionare i problemi per risolverli. È un ottima struttura cognitiva votata allo scopo, attraverso un pensiero che distingue e razionalizza. Ma c'è anche l'emisfero destro che è quello emotivo, che sente le connessioni fra tutte le cose, animate ed inanimate, che ti fa mettere nei panni degli altri e ti fa dire (specialmente da bambino): perché io sono io? La coscienza ha un bel daffare per restare in bilico fra questo due emisferi eppure vi riesce benissimo, forse anche aiutata dal fatto che i nostri neuroni sono sempre gli stessi, mentre, ad esempio, le cellule della pelle le cambiamo tutte nel giro di quattro-cinque giorni.
Citazione di: Jacopus il 17 Agosto 2024, 21:54:23 PMIn ogni caso, per farla breve la coscienza nasce dall'interazione fra un snc molto complesso e la cultura, che è stato appunto il "codino del barone di Munchausen".
Il problema è che come dicevo partire dalla complessità equivale ad escludere di volersi togliere la medaglia dal petto, cioè non voler rinunciare alla meraviglia che proviamo di fronte alla nostra esistenza, magari per timore che tolta la medaglia dietro non vi sia nulla.
Io resto convinto che un osservatore non può osservarsi, e perciò nella misura in cui crede di osservarsi, di avere coscienza di se in generale, non sta in effetti osservando la sua essenza.
Cioè, l'autocoscienza è una illusione, essendo una contraddizione in termini.
Possiamo solo prendere coscienza di ciò che essenzialmente non siamo, seppur credevamo di esserlo.
Ora io capisco bene che se fosse vero quello che dico, c'è n'è abbastanza per considerare la conoscenza come cosa pericolosa da cui fuggire, ma su questo è da millenni che i saggi ci mettono in guardia senza che ciò sia valso a nulla, segno che la conoscenza, l'intelligenza, la coscienza, sono nella natura, fosse anche solo accessoria, dell'essere vivente, per non farla troppo complicata appendendocele all'umano petto come medaglie di esclusività.
Citazione di: Jacopus il 17 Agosto 2024, 22:06:38 PMAggiungo che il cervello non è un Computer. Ripeto, il cervello umano non è un computer. Ciò perché, ancora una volta semplificando, abbiamo due emisferi specializzati, quello sinistro è più simile ad un computer, perché è abile a classificare, a giudicare e a sezionare i problemi per risolverli. È un ottima struttura cognitiva votata allo scopo, attraverso un pensiero che distingue e razionalizza. Ma c'è anche l'emisfero destro che è quello emotivo, che sente le connessioni fra tutte le cose, animate ed inanimate, che ti fa mettere nei panni degli altri e ti fa dire (specialmente da bambino): perché io sono io? La coscienza ha un bel daffare per restare in bilico fra questo due emisferi eppure vi riesce benissimo, forse anche aiutata dal fatto che i nostri neuroni sono sempre gli stessi, mentre, ad esempio, le cellule della pelle le cambiamo tutte nel giro di quattro-cinque giorni.
Ma un cervello che in parte è un computer e in parte non lo è, è un computer oppure non lo è?
Sapremo con buona certezza quale parte lo è quando la vedremo atrofizzarsi nella misura in cui ci sarà stato possibile delegarla a un computer.
Non è bello da dire, e devo usare una buona dose di cinismo per farlo, cercando di prevenire in tal modo le tue critiche. Per dirlo devo in effetti tacitare la parte emotiva del mio cervello, e non è facile.
Io penso con la testa, sede del cervello, ma non mi sorprendo di sapere che abbiamo un cervello anche nella pancia, se è vero che una volta gli uomini credevano di pensare col fegato.
La complessità del nostro Snc non la intendo come una medaglia ma come un dato oggettivo. Non esiste in natura un altro cervello che assorbe il 15/20 per cento dell'energia metabolizzata da quell'organismo. Non la vedo come un vanto ma come una scommessa evolutiva. Fra le innumerevoli scommesse c'è stata anche quella che ci ha dotato di questo ingombrante organo invece di più gestibili zanne o di una pelle impenetrabile come quella del coccodrillo. A pensarci bene una bella corazza portatile è un bel superpotere. Sembra però che il nostro cervello sia migliore, visto che siamo diventati "homini lupus". Non sappiamo ancora il finale (magari a sorpresa) ma finora, nel campionato delle specie viventi, siamo di gran lunga n. 1 del Ranking. Forse solo i virus possono competere con noi, grazie alla loro velocissima trasformabilità. Ma anche loro se la devono vedere con i vaccini, escogitati sempre da lui, da Mr Brain.
Detto questo, per oggettivare la definizione di complessità del cervello, va anche detto che detta complessità comporta anche degli svantaggi. In primo luogo le malattie mentali, ma anche le risorse che necessita per funzionare. Ed anche un terzo svantaggio autoconservativo notevole. La necessità di dormire a lungo, esponendoci così ai predatori (soprattutto quando, per migliaia di anni, non potevamo usufruire di ripari sicuri).
Sul fatto che l'osservatore non può osservare sè stesso hai perfettamente ragione ed è questo il nucleo del "Problema Difficile". Ma resta il fatto che la specie umana è l'unica che riesce a pensare e a farsi domande che riflettono sulla sua natura, compresa questa discussione. La coscienza potrebbe essere rappresentata come una specie di bambola matrioska. La assumi come presente quando le bambole interne riescono a domandarsi il significato delle altre bambole. Un significato "esistenziale". Difficile però stabilire se questo percorso è stato possibile più per "cultura" che per "SNC". Io sono del parere che entrambe hanno contribuito, al pari di altre peculiarità di homo sapiens, come l'andatura eretta, lo sguardo prospettico, il pollice opponibile. Siamo un corpo che inevitabilmente ha una coscienza: ovvero la capacità di domandarsi il perché della vita, il perché della mia vita e di quella degli altri. La coscienza ha a che fare con l'immortalità.
Citazione di: Jacopus il 17 Agosto 2024, 22:52:02 PMLa coscienza ha a che fare con l'immortalità.
A parte questa frase per me sibillina, concordo col resto. :)
CitazioneMa un cervello che in parte è un computer e in parte non lo è, è un computer oppure non lo è?
Sapremo con buona certezza quale parte lo è quando la vedremo atrofizzarsi nella misura in cui ci sarà stato possibile delegarla a un computer.
Non è bello da dire, e devo usare una buona dose di cinismo per farlo, cercando di prevenire in tal modo le tue critiche. Per dirlo devo in effetti tacitare la parte emotiva del mio cervello, e non è facile.
Effettivamente nel caso di ictus che colpiscono una o l'altra parte, assistiamo alla normale gestione delle emozioni ma con l'impossibilità di risolvere problemi semplici oppure di parlare (il linguaggio risiede a sinistra, cosa c'è di più classificatorio?), oppure la capacità di parlare fluentemente ma senza provare emozioni. Ovviamente la distinzione fra i due emisferi è una semplificazione, ma esiste comunque una certa specializzazione fra i due emisferi.
Secondo me non sarà mai possibile una delega ad un computer meccanico. Il computer potrebbe funzionare meglio di un cervello umano solo quando potesse inglobare dei neuroni capaci di neuro trasmettere gli ormoni che ci caratterizzano in quanto specie vivente. Ma i neurotrasmettitori vengono prodotti con la collaborazione di tutto il corpo. Sarà probabilmente più verosimile pensare in un futuro più o meno lontano, a computer meccanici installati nei cervelli umani.
La quantistica afferma che "il solo fatto di misurare sembra determinare la risposta delle particelle.Il trovarne una su un determinato stato dipende dalla misura e il determinarne posizione e velocità nel contempo è impossibile.Inoltre, se pensi di poterla beccare veramente, le collassa l'onda!"
Dunque, la quantistica ammette le stesse perplessità di filosofia e psicologia quando parla di coscienza edel reale e di rapporto tra l'uomo e la materia energia.
Sembra infatti che la realtà risponda alle misure almeno tanto quanto le misure cerchino di rispondere alla domanda "che cosa è reale?" e capire la coscienza è cosa da venire.
Secondo me,comunque,è meglio che ognuno si faccia una sua idea di coscienza commisurata(!) alla sua esperienza e,per il resto, si discuta di SFUMATURE E INTERFACCE.lasciando poi ogni disciplina in casa propria.
Una teoria più strettamente culturalista circa la provenienza della nostra coscienza-mente è quella che si può ascoltare nel link in fondo. Sinteticamente, la mente e la coscienza, secondo questa interpretazione di stampo paleo-evoluzionista, provengono da alcuni prerequisiti, ovvero la scarsa o quasi nulla diversità genetica fra tutte le popolazioni umane (Sapiens), la presenza di altre specie umane, nel corso di migliaia di anni, con le quali abbiamo interagito (denisova, neanderthal, floresiensis, javanensis e forse anche un'ultima enclave di erectus), e soprattutto la creazione dell'intelligenza simbolica attraverso il linguaggio. Vi è in proposito la coincidenza fra l'ultima out of Africa di circa 60.000, 40.000 anni fa e la successiva estinzione di tutte le altre popolazioni umane (i floresiensis si sono estinti appena 12.000 anni fa). Quest'ultima Out of Africa di 60.000 anni fa è caratterizzata dal marcatore genetico L3, che abbiamo tutti noi sapiens non africani e che quindi siamo tutti discendenti di quell'ultima Out of Africa. Questa popolazione Sapiens L3 aveva acquisito da poco la capacità del linguaggio e il conseguente inimmaginale allargamento di visuale, artistica, concettuale, astrattiva che il linguaggio permette, concedendoci così un ulteriore livello di adattabilità e di flessibilità, che ci ha reso l'efficiente assassino ambientale di oggi. Si tratta ovviamente di ipotesi, poichè le lingue se non sono scritte non lasciano tracce. Abbiamo come unica evidenza il fatto che 60.000 anni fa vi fu l'ultima Out of Africa di Sapiens L3, che fu preceduta da altre 3 o 4 Out of Africa di Sapiens non-L3, i quali, a differenza dell'ultima tornata, convissero tranquillamente con le altre popolazioni di ominini (Denisova, Neanderthal, Floresiensis, Javanensis), per migliaia di anni. Secondo questa ipotesi, corroborata dal ritrovamento di reperti archeologici trovati nella zona originaria di Homo Sapiens L3 (cioè l'attuale Namibia, popolazioni Khoisan), la cultura ha determinato quella che noi oggi chiamiamo "mente", che in realtà potrebbe essere presente in qualsiasi animale sufficientemente dotato di sistema nervoso centrale ed in grado di costruire una cultura complessa come la nostra.
https://www.youtube.com/watch?v=6zqXG8uTUYA
Tutto molto elegante e ameno. Mi sfugge però il nesso tra queste "ondate" di fuoriusciti e gli ultimi minuti della lezione in cui per giustificare la mente ricorrendo alla maggiore diversità genetica nelle popolazioni africane rispetto ai fuoriusciti si continua a dare per scontata "l'invenzione del linguaggio", stavolta compiuta dai cuccioli, per gioco e in combutta con la madre. Aaaah! Cosa si è disposti a fare pur di...... E sí che il bergamo del discorso è tutto lì qualora si volesse svelare l'arcano; bisognerebbe cioè mettere in crisi quell'arbitrio pur giustificato che sostiene la natura convenzionale del linguaggio. Come se ad essere importanti fossero gli oggetti e non le azioni in cui questi sono coinvolti e che al tempo stesso ci coinvolgono. E non mi pare nemmeno di essere l'unico nel globo terracqueo che cerca di mettere in crisi questa poco indagata e altezzosa idea ... ma l'Accademia...
@ Jacopus.
Hanno usato le gibbosità della parete per aver un effetto sul disegno, dice Telmo Pievani, che meglio si apprezzano alla luce di una lanterna, che di quella artificiale.
Ma io mi chiedo, chi, fissando una parete, non vi vede forme da poter ricalcare?
Non è una magia vedere cose che non esistono, che sembrano perfino animarsi alla luce tremolante di una lanterna, una volta fissate?
Forme disegnate perfino in prospettiva?
E come avrebbero dovute ricalcarle se non come le vedevano?
Non vedo in ciò necessariamente una volontà di rappresentazione della realtà.
Semmai vedo in ciò il trovarsi di fronte a cose che sembrano uguali, ma che in effetti non lo sono, una delle quali viene perciò declassata in rappresentazione, e una volta verificata la possibilità di una rappresentazione, questa si è svincolata dall'apparire di forme su una parte, divenendo la rappresentazione simbolica che oggi conosciamo.
Quello che voglio dire è che gli indizi che Pievani cerca, seppur non valgono la solida testimonianza di un fossile, sono però ancora sepolti dentro noi come meccanismi della visione, conservatisi ancor meglio di un fossile, perchè in effetti sono ancora vivi dentro noi.
In sostanza andiamo alla ricerca di colpevoli che potrebbero essersi denunciati da soli, per cui non possiamo dare alcun merito al detective che li ha arrestati.
In sostanza abbiamo scambiato le gibbosità di una parete per un mammut esplicitandosi in tal modo i meccanismi della percezione come imperfetti, capaci cioè di vedere anche ciò che non c'è, insinuando alla lunga il dubbio, che ancora stiamo elaborando, sulla possibilità che la realtà possa apparirci per ciò che è, ma come una sua rappresentazione artificiosamente perciò replicabile.
Una presunta realtà che ha lasciato involontariamente indizi su una parete della sua artificiosità, fino a farci sospettare in un lungo percorso culturale che la realtà sia il supporto in cui le visioni ci appaiono, cioè se queste visioni appaiono allora deve esserci da qualche parte una ''gibbosità''.
Perchè si chiede Telmo Pievani certe capacità sono apparse tutte insieme, e riferibili all'ultima emigrazione dall'africa?
Paradossalmente risponderei che le precedenti emigrazioni riguardavano individui non ancora abbastanza imperfetti da scambiare gibbosità sul muro per animali.
Individui cioè la cui sopravvivenza dipendeva strettamente da una perfetta visione, la cui necessità è venuta meno al cambiamento del loro ambiente.
Sappiamo che le scimmie, nostre lontane parenti, hanno un cervello ancora in gran parte dedicato alla visione, così perfetta quindi da essere forse incapaci di scambiare una gibbosità su una parete per un elefante, esseri viventi per i quali, in relazione all'ambiente in cui vivono, potrebbe essere letale avere dubbi su quel che vedono, perchè nel tempo di quel dubbio un predatore potrebbe avere ragione di loro.
L'ultima ondata di emigrazione ha riguardato individui molto lontani ormai dalla perfezione delle loro parenti scimmie, così imperfetti da non potere non prenderne coscienza, seppur indirettamente, per l'occasione di una emergenza su muro altrettanto imperfetto, essendo la parete di una caverna, e prendendone coscienza cercare di rimediarvi.
Nella loro perfezione le scimmie in una parete vedono solo quel che è '' in se'', una parete.
Insomma è il solito discorso.
Se ci appendiamo in modo preconcetto le capacità creative come una medaglia, diventa poi difficile comprendere la banalità della loro origine.
Andando avanti nell'ascolto del video di Pievani, esso espone in 5 o 6 punti le recenti scoperte che possono modificare il quadro di un evoluzione che può svilupparsi su grandi tempi come su brevi, e la cultura mi sembra un acceleratore culturale.
Provo quindi a dare una interpretazione alternativa ai 5 o 6 punti di cui sopra, dei quali il più misterioso è il nostro essere essenzialmente migranti, cioè essere coloro che emigrano non necessariamente per necessità, ma per, diciamo così, una sorta di ''istinto'' migratorio.
Ora, se è vero che la cultura facilita l'adattamento a situazioni completamente nuove a seguito di migrazioni dettate da necessità, è anche vero che questa adattativa allarga di fatto il nostro areale.
Cioè, lo dico in modo paradossale, non ''siamo noi ad essere emigrati'' ma è il nostro areale ad essersi allargato alla terra intera.
Per quanto invece riguarda invece una parentela fra fra noi più stretta rispetto ad altre specie, corrispondente ad una minor varietà genetica,
si potrebbe ipotizzare che una maggior varietà non è stata prodotta non essendocene bisogno, lavorando al suo posto la varietà culturale.
Cioè un adattamento attivo, ottenuto per via cosciente in modalità creativa, che prende in parte il posto dell'adattamento passivo per via genetica, molto più lento, per cui il nostro futuro potrebbe essere quello di una ulteriore riduzione della differenza genetica.
Noi siamo sempre più in grado di ''correggere le disfunzionalità con cui nasciamo'' , disfunzionalità che per l'evoluzione sono in effetti opportunità da giocarsi, ma che noi blocchiamo.
L'umanità si evolverà sempre più come un prodotto culturale con un residuo sempre più stretto di variabilità genetica.
Il problema dell'evoluzione attiva di una specie è che entra in competizione distruttiva con l'evoluzione passiva delle altre, e inoltre questo attivismo regge finché c'è una fonte di energia disponibile che lo alimenti, non mancando comunque ulteriore energia potenzialmente disponibile.
La disponibilità di questa energia certamente è destinata a crescere fino a divenire virtualmente infinita, quindi possiamo provare prevedere nel bene e nel male dove sta andando la nostra evoluzione, sapendo già che il destino dell'evoluzione passiva tenderà a dipendere sempre più dal nostro buon cuore, a meno che virus e batteri non risolvano diversamente il problema.