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LOGOS - Argomenti => Percorsi ed Esperienze => Discussione aperta da: cvc il 09 Ottobre 2018, 08:12:10 AM

Titolo: Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: cvc il 09 Ottobre 2018, 08:12:10 AM
Sottotitolo: 'Il tramonto dell'etica'.

Ho sentito questa frase in un talk show, non mi ricordo bene il contesto. Alla persona veniva contestata una grave mancanza morale, al che rispose dunque 'Tu hai vissuto la mia vita? No. Allora non puoi giustucarmi'. Quindi io aggiungerei 'allora non può esistere alcuna giustizia'. Questa strana creazione umana che risponde al nome di etica è stata via via smontata negli ultimi secoli, analizzata, vivisezionata, smembrata, contraddetta, ridicolizzata. Perché io dovrei sottostare a delle regole decise da altri? Chi sono gli altri per giudicarmi? Perché devo essere giudicato? Sbagliato giudicare! (Il che finisce poi spesso valere solo per gli altri, ovviamente). Tutte queste frasi vanno benissimo per rivitalizzare una latente autostima, ma un'analisi seria dovrebbe interrogarsi sul perché secoli di civiltà abbiano considerato necessario che in una società vengano giudicati i membri che ne fanno parte per le loro azioni, e anche perché ora si arriva a pensare che ciò non sia più necessario. Le leggi sono tutte troppo severe, le regole servono solo ai tiranni, le pene sono figlie dei pregiudizi e via dicendo. La disciplina è roba da militaristi guerrafondai. La falsa parabola del buon selvaggio sembra l'unica verità. Sembra una civiltà questa che ha sempre bisogno di essere rassicurata, che qualcuno dica sempre che i criminali non sono così cattivi, che tutta la gente è fondamentalmente buona, che punire è sbagliato, giudicare gli altri.... non parliamone nemmeno. E guai a dire che in un contesto civile debba esistere una qualche forma di gerarchia per cui, chi sta più in basso, a volte deve fare ciò che gli si dice senza giudicare. Si, perché dire che nessuno può giudicare significa in realtà affermare che nessuno ha l'esclusività del giudizio, quindi alla fine si traduce che in concreto tutti possono giudicare tutto e tutti indiscriminatamente, con o senza cognizione di causa. Si è passati dall'estremo dell'ideologia.che giustifica tutto, all'opposto: che ogni idea è sbagliata. Perché afferma qualcosa in modo troppo rigido, perché qualsiasi cosa è giudicabile da chiunque, qualsiasi tesi si può smontare.
In questo minestrone di ideologie, dove nessuna è rifiutata ed ognuna nega un'altra, se esiste ancora un'etica, qual'è? Forse quella di prendere a calci qualsiasi valore per difendere la propria autostima?
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 09 Ottobre 2018, 08:32:18 AM
È un quesito interessante Cvc. Nei talk show però più c'è cagnara più aumentano gli ascolti. In realtà il problema esiste ed è dato dalla coesistenza di etiche diverse su uno stesso territorio. Ciò causa conflittualità ed anomia, cioè mancanza di senso normativo, concetto teorizzato da Durkheim 150 anni fa per la prima volta. Ma, come sempre, c'è il rovescio della medaglia; società eticamente omogenee risultano quasi sempre autoritarie e disposte ad esercitare la violenza per far rispettare la "norma e la convenzione sociale, anche al di sotto del rispetto della norma giuridica.
Ci si dovrebbe domandare quindi se è possibile, nell'ambito della coesistenza di etiche diverse, individuare un nucleo etico condiviso da tutti, poiché questa frammentazione ha evidentemente dei grandi costi in termini di vita quotidiana ed associata.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: cvc il 09 Ottobre 2018, 08:51:17 AM
Ciao Jacopus
La riflessione sul 'nucleo etico condiviso da tutti' c'è stata forse con l'illuminismo ed ha raggiunto il suo apice con la dichiarazione dei diritti dell'uomo. Il problema è che in quel 'condiviso da tutti' poi quei tutti non erano proprio tutti tutti. Perché poi si vede che quando si mescolano società che a noi sembrano provenire dal medioevo alla nostra, sorgono differenze e conflittualità per cui si arriva al tutto o niente. O ti taglio una mano se rubi una mela o ti lascio libero anche se uccidi. Purtroppo questa è una società che non riflette su se stessa, e mentre pensiamo se sono meglio gli occidentali o gli islamici intanto il pianeta continua a surriscaldarsi irrimediabilmente, e non facciamo nulla mentre saremmo ancora in tempo. Quindi dov'è la razionalità? Forse rinchiusa nella teoria dei giochi e nel dilemma del prigioniero, che porta al paradosso della sicurezza che ha portato alle grandi guerre. Io per essere sicuro mi armo, tu mi vedi e fai altrettanto e alla fine siamo tutti armati fino ai denti e basta una scintilla per far esplodere il finimondo. I romani dicevano 'homini homini lupus', ma ciò già presupponeva una consapevolezza. Che l'uomo è un turbinio di bene e male dove c'è la sfiducia si ma anche la possibilità di trovare degli accordi su qualcosa. Ora invece il cinismo è stato rafforzato dalla prassi scientifica per cui si è arrivati alla sfiducia totale. E in questo contesto di sfiducia manca il terreno fertile per delle leggi che ci ricordino che esiste una giustizia. L'unica giustizia che sembra rimanere è la rabbia verso tutto questo.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Sariputra il 09 Ottobre 2018, 10:32:44 AM
L'unica giustizia che sembra rimanere è la rabbia verso tutto questo.

Forse la rabbia sorge anche perché vediamo che non è possibile alcuna soluzione. La diversità umana crea sempre conflitto, sofferenza e impossibilità di autentica giustizia. La 'giustizia', bisogna accontentarsi, è così una specie di contenitore di pulsioni, poco più...un freno il cui filo spesso si spezza...
Un'etica condivisa è impossibile, perché siamo diversi e quel che sento giusto, per me... l'altro se ne fotte al grido: "'Tu hai vissuto la mia vita? No. Allora non puoi giudicarmi'.
Siccome poi, ovviamente, nessuno vive la vita di un altro, ne conseguirebbe che non sarebbe possibile alcun giudzio..."Non giudicare per non essere giudicato" recita il catechismo, ma è anche vero "Come posso farmi un giudizio senza giudicare?'"...perché anche farsi un minimo di criterio di giudizio mi sembra importante...senza alcun criterio divento una sorta di banderuola al vento (delle pulsioni, delle passioni, della malevolenza, ecc.) fortemente malleabile e modellabile dagli interessi dell'ambiente umano che mi circonda...e qui rientra ancora la diversità che ti dice."Io voglio essere malleabile e modellabile dagli interessi altrui, perché piacciono anche a me, non  so con quale giudizio mi piacciono, ma me ne frego...mi piacciono, chi sei tu per giudicare quel che mi piace?" Al che naturalmente non c'è risposta, perché, ovviamente, di nuovo, nessuno vive la vita di un altro. Pertanto ogni etica condivisa, in un simile contesto, diventa impossibile. Questo per me è molto vantaggioso per l'egoismo personale, molto autogiustificatorio ("nessuno mi può capire...") ma...di nuovo...lo è 'per me'. Un altro vede in quel 'per me' la mia volontà di sopraffazione, di imposizione,addirittura di violenza nei suoi confronti...perché "non ho vissuto la sua vita"...Sì, l'uomo manifesta atteggiamenti rivolti al 'bene' o al 'male' ma non vuole che i suoi atteggiamenti siano giudicati.
Forse la giustizia e l'etica si riassumono nel detto: "Me la canto e me la suono" '?... :(
L'unica cosa certa, per me, è che il 'mondo' degli uomini è una cloaca orribile nel quale , per fortuna, aleggia qualche volta un venticello contrario...
Ma, ovviamente, solo per me...sospetto che per altri appaia come un luogo paradisiaco ;D
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: cvc il 09 Ottobre 2018, 10:56:14 AM
Ciao Sariputra.

Bisognerebbe allora ribaltare la prospettiva. Perché se è vero che non può esistere una giustizia oggettiva, è però altrettanto vero vhe ognuno di noi dentro di sé avverte il bisogno di giustizia. Allora se tutti avvertiamo questo bisogno, deve pur poter esserci un qualcosa che corrisponda a tale necessità. Altrimenti saremmo condannati alla frustrazione eterna. Perché non serve dire 'non mi lamento più perché tanto non avrò giustizia'. Non serve in quanto l'insoddisfazione cova sotto la cenere e finisce prima o poi per emergere con tanta più violenza quanta è la forza usata per reprimerla. Allora è la rabbia che come il cane inquieto nel recinto va avanti e indietro ininterrottamente, da un angolo all'altro alla ricerca di un buco, di una porta lasciata aperta, di un abbassamento della recinzione che gli permetta di saltare fuori e sfogare il proprio livore. E in questo sfogarsi sente di riappropriarsi in qualche modo di ciò che è suo, di una giustizia travisata in quanto identificata con la libertà degli istinti. E la libertà degli istinti come felicità dell'uomo è già da tempo entrata in letteratura con Freud, e ne siamo tutti intrisi. Lo stesso Freud disse anche che la felicità è avere un partner ed un lavoro. Delle due preferisco nettamente la seconda, perché implica un senso di appartenenza, una radice comune che ci spinge a cooperare, as unirci per far fronte alle difficoltà. Lavorando con qualcuno, amando qualcuno, tutte cose che ci fanno presumere di non essere soli. Al contrario, la felicità intesa come libertà degli istinti ci spalanca il baratro della solitudine più totale. Tale è la meta cui portano le strade dell'ego.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Sariputra il 09 Ottobre 2018, 12:23:57 PM
cit.Cvc:
Perché se è vero che non può esistere una giustizia oggettiva, è però altrettanto vero vhe ognuno di noi dentro di sé avverte il bisogno di giustizia. Allora se tutti avvertiamo questo bisogno, deve pur poter esserci un qualcosa che corrisponda a tale necessità.

Io sono d'accordo, e infatti, in altra discussione, accennavo alla mia ragionevole ipotesi di un senso innato del 'bene' nell'essere umano. Senso che anela , seppur in modo inconsapevole, a volte, a questa giustizia di cui parli. Ma sicuramente, come si è visto, tantissimi altri diversi da me, di cui "non ho vissuto la loro vita", sono contrari a questa affermazione e contrari quindi a stabilire qualunque ipotesi di etica condivisa (se non nel senso di 'legge imposta dall'alto', giusto per non sbranarci a vicenda...).
Un etica condivisa che genera un condiviso senso della giustizia favorisce sicuramente la coesione e il senso di comunità, di appartenenza, secondo me (continuo a mettere 'secondo me'...proprio perché condizionato dal senso di relativismo che il colloquiare moderno impone...come vedi). Rifugiarsi nel "secondo me" probabilmente genera proprio quel senso di isolamento e solitudine esistenziale di cui parli (di spaesamento...dis entirsi privi di un 'paese'...molto bella questa definizione), e di cui troviamo mirabili pagine che lo descrivono, nell'arte e nella letteratura moderna. "Io"non appartengo a te, alla tua vita, alla nostra comunità (intesa come stare insieme condividendo e dividendo...), di 'mio' ho solo "la mia vita, che tu non puoi capire e che non ti devi permettere di giudicare"...
E...sì...siamo probabilmente condannati alla 'frustrazione eterna' ( anche se non credo proprio che l'umanità abbia un così lungo futuro, viste le premesse...) di questo bisogno di giustizia, di questo anelito "per me" insopprimibile... :(
Ciao
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 09 Ottobre 2018, 15:53:24 PM
Citazione di: cvc il 09 Ottobre 2018, 08:12:10 AM
Perché io dovrei sottostare a delle regole decise da altri? Chi sono gli altri per giudicarmi? Perché devo essere giudicato?
Tra dover sottostare alle regole ed essere giudicati c'è un non sequitur grande come una casa. Partendo dalla seconda parte: il giudizio può essere moralistico o giuridico e sono due fattispecie, o se preferite "contesti ontologici", assai diverse. Invece la risposta alla prima domanda, parlando di regole importanti è: "perchè altrimenti ne va della tua incolumità". I bambini amano gironzolare per le strade senza sottostare ad alcuna regola, il che comporta il rischio della vita. Per colmare il non sequitur direi che bisogna distinguere tra due tipi di "irregolarità"; quelle che attengono il, detto in soldoni, contratto sociale che vanno sottoposte a giudizio di legalità, e quelle che attengono il gusto e lo stile di vita personale che possono essere soggette solo ad un tipo di giudizio morale, ma più spesso moralistico.
La società moderna ha liberalizzato molti comportamenti che un tempo erano rigorosamente prescritti e questo sicuramente ha mandato in tilt le nostre bussole etiche costringendoci a frequenti ritarature, ma la distinzione tra illegalità e stile di vita, tra etica sociale e gusto personale, mi pare regga ancora e vada ricordata a chi pensa di poterne fare a meno, sia sul versante dell'ìllegalità che su quello del moralismo.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: cvc il 09 Ottobre 2018, 23:51:37 PM
Citazione di: Ipazia il 09 Ottobre 2018, 15:53:24 PM
Citazione di: cvc il 09 Ottobre 2018, 08:12:10 AMTra dover sottostare alle regole ed essere giudicati c'è un non sequitur grande come una casa.  
Si è giudicati in base ad una morale condivisa che diventa una sorta di regola non scritta. Ma anche quando la regola diventa legge scritta è comunque sempre accompagnata dalla morale. Uno non ruba non solo per evitare di subire delle pene, ma anche perché il proprio senso morale glielo impedisce. E il senso morale implica il fatto di essere sottoposti ad un giudizio.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: bobmax il 10 Ottobre 2018, 08:47:35 AM
L'autentica Etica non consiste in "regole create da altri".
E neppure nessuna legge può stabilire una volta  per tutte cosa sia bene e cosa male.

In  quanto il Bene è il fondamento della realtà.

Ed essendo  perciò il Bene lo stesso Essere, ossia la Verità, possiamo solo ricercarlo dentro di noi, in ciò che davvero siamo.


Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 10:04:50 AM
Citazione di: cvc il 09 Ottobre 2018, 23:51:37 PM
Citazione di: Ipazia il 09 Ottobre 2018, 15:53:24 PM
Citazione di: cvc il 09 Ottobre 2018, 08:12:10 AMTra dover sottostare alle regole ed essere giudicati c'è un non sequitur grande come una casa.
Si è giudicati in base ad una morale condivisa che diventa una sorta di regola non scritta. Ma anche quando la regola diventa legge scritta è comunque sempre accompagnata dalla morale. Uno non ruba non solo per evitare di subire delle pene, ma anche perché il proprio senso morale glielo impedisce. E il senso morale implica il fatto di essere sottoposti ad un giudizio.
Mi pareva di essere stata chiara nel definire dove ravvisavo il non sequitur. Se chi fa quell'affermazione è un omosessuale ha tutte le ragioni del mondo. Se è un ladro, no.
Per cui penso importante scandagliare la differenza tra morale e moralismo, tra etica e gusto. E cogliere la differenza di forma che il concetto di giudizio assume rispetto a tali implicazioni.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Socrate78 il 10 Ottobre 2018, 18:29:44 PM
Invece io mi astengo dal giudicare gli altri, e mi sembra giusto fare così. Tutte le leggi, e sottolineo TUTTE, non sono mai pure e completamente giuste, ma riflettono sempre i pregiudizi e soprattutto i privilegi sociali, economici e politici di chi le ha fatte, quindi imporle come metro di giudizio è fallace. Forse può apparire pericoloso il mio modo di pensare, ma io credo che sia l'unico modo davvero giusto di vedere le cose. Sottoscrivo l'idea che se qualcuno non ha vissuto la mia vita, non ha sentito quello che ho provato in certe circostanze, non ha visto le cose come le ho viste io, non può affatto giudicarmi, ma anch'io faccio lo stesso con gli altri o almeno ci provo. I sentimenti e i desideri possono essere infatti così forti da non essere capiti da chi non li prova ed ogni giudizio è secondo me SEMPRE espressione di mancanza di empatia, chi giudica è perché non prova sino in fondo quello che l'altro sente: se lo provasse davvero non giudicherebbe. Se smettessimo di giudicare smetteremmo anche in larga parte di disprezzare e di odiare, non vi sembra questo un ottimo risultato, ben superiore alle ideologie rigide basate su valori "assoluti" che invece sono giudicanti e creano solo divisione tra le persone?
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 20:55:54 PM
Citazione di: Socrate78 il 10 Ottobre 2018, 18:29:44 PM
Invece io mi astengo dal giudicare gli altri, e mi sembra giusto fare così. Tutte le leggi, e sottolineo TUTTE, non sono mai pure e completamente giuste, ma riflettono sempre i pregiudizi e soprattutto i privilegi sociali, economici e politici di chi le ha fatte, quindi imporle come metro di giudizio è fallace. Forse può apparire pericoloso il mio modo di pensare, ma io credo che sia l'unico modo davvero giusto di vedere le cose. Sottoscrivo l'idea che se qualcuno non ha vissuto la mia vita, non ha sentito quello che ho provato in certe circostanze, non ha visto le cose come le ho viste io, non può affatto giudicarmi, ma anch'io faccio lo stesso con gli altri o almeno ci provo. I sentimenti e i desideri possono essere infatti così forti da non essere capiti da chi non li prova ed ogni giudizio è secondo me SEMPRE espressione di mancanza di empatia, chi giudica è perché non prova sino in fondo quello che l'altro sente: se lo provasse davvero non giudicherebbe. Se smettessimo di giudicare smetteremmo anche in larga parte di disprezzare e di odiare, non vi sembra questo un ottimo risultato, ben superiore alle ideologie rigide basate su valori "assoluti" che invece sono giudicanti e creano solo divisione tra le persone?
Anche a Norimberga ? O di fronte a un pedofilo assassino ? E l'empatia per le vittime dove la mettiamo ?
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Socrate78 il 10 Ottobre 2018, 21:43:48 PM
 Ebbene Sì, potrà sembrare contro ogni norma sociale, ma io mi astengo dal giudicare anche di fronte ad un criminale di guerra o perfino ad un pedofilo assassino, poiché secondo me non esistono individui malvagi PER NATURA, nella loro essenza: il criminale nazista processato a Norimberga è tale perché è stato condizionato ad agire in modo malvagio dall'ambiente in cui è vissuto, dal fatto che gli è stata inculcato l'idea malsana che esistono "razze" pericolose indegne di vivere, ma se i messaggi che avesse avuto fossero stati diversi molto probabilmente anche le azioni lo sarebbero state, esse secondo me non derivano da una natura diabolica della persona, ma dal contesto sociale. Lo stesso discorso si può fare anche per un pedofilo assassino, ad esempio Luigi Chiatti, serial killer pedofilo detto il mostro di Foligno, ha avuto un'infanzia pessima e negli orfanotrofi in cui è vissuto è stato a sua volta vittima di abusi sessuali e fisici, e gli psichiatri nelle loro perizie hanno mostrato come le terribili deviazioni della sessualità sono nate in quel contesto, ma se il contesto fosse stato diverso probabilmente la sua sessualità sarebbe stata normale. Il "mostro" spesso è stato creato dall'uomo, dal contesto sociale, nessuno nasce demonio, mi rifiuto di crederlo, se si studia la biografia di molti pluriomicidi si notano terribili storie di abbandoni, di abusi, di deprivazioni affettive, che hanno appunto generato dei mostri.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 10 Ottobre 2018, 22:12:07 PM
Hannah Arendt la pensa diversamente ed io concordo con lei. Non tutti coloro che hanno avuto un'infanzia pessima sono diventati pedofili assassini, non tutti gli impiegati tedeschi sono diventati SS. Esiste sempre una responsabilità etica personale con cui fare i conti, e un dilemma pressante e ineludibile: Caino o Abele ? Tu dici entrambi. No possible: sarebbe l'inferno in terra. E la maledizione di Primo Levi si compirebbe. Già gli sfaceli dello stato di diritto a delinquere italiano presentano il conto.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 10 Ottobre 2018, 23:13:04 PM
Ipazia. È vero, condivido anch'io il discorso di Arendt. Ma l'ho sempre pensato come un faro che illumina la terra non come un metro per separare i buoni dai malvagi.
Inoltre non tutte le bontà e non tutte le malvagità sono uguali. Come giudicheresti il figlio di una donna alcolista, nato con un deficit cognitivo e un livello di aggressività che lo rende "malvagio". E' malvagia la madre? La madre della madre che la fece prostituire? O il figlio?
Che responsabilità etica personale può avere il ragazzo nato e cresciuto allo Zen, espulso dalla scuola, manganellate dalla polizia e dai genitori, inserito nel mondo del lavoro o della delinquenza come un paria.
Come ripeto spesso: o ci salviamo tutti o nessuno (Canetti). La responsabilità etica personale è un mito che per essere realizzato avrebbe bisogno di un rovesciamento cosí profondo dei rapporti di potere da risultare, almeno attualmente, utopistico.
Pertanto preferisco di gran lunga essere cauto nei 
giudizi nei confronti del prossimo, almeno da una prospettiva umana. Fermo restando che chi commette un reato deve essere punito, ma anche che la pena deve avere una funzione rieducativa.
È questa funzione è un diverso modo di intendere la responsabilità etica personale. Solo comprendendo e accogliendo e perdonando si può costruire una comunità responsabile, ovvero che si prende cura dell'altro, chiunque esso sia e qualunque cosa abbia fatto. La punizione è necessaria ma sarebbe necessario anche prevenire. Eichmann fu il risultato di secoli di storia germanica, decenni di antisemitismo, darwinismo sociale, carrierismo a buon mercato, oggettivazione dell'altro.
Sta accadendo la stessa cosa oggi con condizioni storiche mutate.
Quello che voglio dire è che siamo sempre un mix di motivazioni sociali e individuali e che occorre sempre ricordarci della parte sociale quando valutiamo quella individuale e viceversa. Al piano superiore stanno gli eroi.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 11 Ottobre 2018, 15:45:47 PM
@Jacopus

Tutto condivisibile. Caino va rieducato ed empaticamente compreso nel percorso esistenziale che lo ha portato al crimine. Processo non solo empatico, ma anche utile e necessario per rimuovere le cause che hanno generato Caino. Ma "processo" ha da esserci perchè altrimenti saltano tutti i cardini della convivenza sociale. Non è ammissibile che tutti si tirino indietro rifiutandosi di giudicare. Qualche giudice maledetto che si sporca le mani deve pur esserci perchè non ci siano più Caino o siano messi nelle condizioni di non nuocere e/o riabilitarsi. Posso anche sospendere il giudizio su chi, nel suo privato, sospende il giudizio erga omnes. Ma costui deve sapere che ci sono situazioni in cui qualcuno, nell'interesse di tutti, deve giudicare al posto suo.

Piuttosto che rifiutarsi di giudicare, andrebbero approfonditi i diversi livelli del giudizio (anche una commissione d'esame deve giudicare) e aver chiara la differenza tra morale e moralismo, tra legge, etica e gusto.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 11 Ottobre 2018, 15:54:56 PM
Naturalmente Ipazia. Tutto condivisibile anche da parte mia. Mi lasciava perplesso solo il riferimento ad Arendt, che mi sembra più adatto ad una riflessione interiore che a una valutazione alla Savonarola.
In realtà torniamo sempre alla stessa discussione,  il paradigma della modernità.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 11 Ottobre 2018, 16:15:59 PM
Il riferimento alla Arendt è sulla tesi del suo libro più celebre. Tanto per sfatare il mito che il mostro sia sempre una vittima che ha cambiato ruolo.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: viator il 11 Ottobre 2018, 23:12:02 PM
Tutto e tutti vanno giustificati, cioè hanno il diritto di veder riconosciuto il percorso che li ha portati a fare ed essere. Tra l'altro, senza giustificazione non vi può essere né la comprensione logica né il perdono dell'individuo.
Ma ciò funge a livello logico, razionale, psicologico, sentimentale, fideistico e chi più ne ha più ne metta.

Il Diritto - il quale non si deve occupare di giudicare ciò che è stato fatto MA SOLO DI VALUTARE E QUANTIFICARE IL DANNO SOCIALE DEI COMPORTAMENTI ILLECITI E OSTACOLARE LA LORO REITERAZIONE, deve agire in modo rigorosamente impersonale.

L'individuo va giustificato, la persona giudicata ed il reo condannato.
Lasciamo le prime due figure alla morale e la terza al Diritto.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 12 Ottobre 2018, 00:04:52 AM
Viator mi trovi abbastanza d"accordo. Sostituirei soltanto la parola "giustificato" con "compreso". Altrimenti richiami il sistema giustizia che invece vorresti separare. Inoltre per quanto il tuo intento sia lodevole direi che sarebbe meglio, comprendere giudicare e condannare le azioni dell'individuo-persona-reo piuttosto che il suo essere-nel-mondo.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 12 Ottobre 2018, 19:43:19 PM
Citazione di: cvc il 09 Ottobre 2018, 08:12:10 AM
Sottotitolo: 'Il tramonto dell'etica'.

Ho sentito questa frase in un talk show, non mi ricordo bene il contesto. Alla persona veniva contestata una grave mancanza morale, al che rispose dunque 'Tu hai vissuto la mia vita? No. Allora non puoi giustucarmi'.

Beh, direi che questa è una delle conseguenze più importanti del relativismo, non credi?
"Se Dio non esiste, allora tutto è lecito", è la conclusione cui arriva Ivan Karamazov; ove, naturalmente, con "Dio"
è inteso, nietzschianamente, il valore morale (che comunque su Dio non può che fondarsi).
Credo, da questo punto di vista, che il mito del buon selvaggio c'entri poco. No, è che, appunto obliandosi il
valore morale, viene ad obliarsi anche la norma giuridica (che come ben spiega Kant dal valore morale è ispirata).
Quindi, ancora, no, questa civiltà non ha alcun bisogno di essere rassicurata; perchè questa civiltà non ha,
semplicemente, più alcun valore che sia altro dalla "potenza" verso cui la volontà degli individui che tale
civiltà compongono è diretta.
Chiedi se esiste ancora un'etica...Naturalmente no, come potrebbe? O per meglio dire, esiste quel tipo particolare
di morale (non parlerei di "etica", che secondo la visione classica hegeliana è la morale, diciamo, "collettiva")
che la cultura anglosassone fa coincidere con l'utile individuale (per tale filosofia "bene" è il perseguimento
del proprio utile).
Su una simile base com'è possibile allora parlare di "grave mancanza morale"? Mi sembra evidente che, da quel punto
di vista, ciò che è "grave" lo è magari per te ma non per me. E così via con gli altri termini (mancanza; morale)...
Mi sembra piuttosto strano ci si meravigli di queste conseguenze pratiche ed immanenti di concetti che la filosofia
ha indagato ormai da secoli.
O crediamo forse che la filosofia, quando parla, parla del sesso degli angeli?
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Phil il 12 Ottobre 2018, 22:07:24 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 12 Ottobre 2018, 19:43:19 PM
"Se Dio non esiste, allora tutto è lecito", è la conclusione cui arriva Ivan Karamazov; ove, naturalmente, con "Dio"
è inteso, nietzschianamente, il valore morale (che comunque su Dio non può che fondarsi).
Non sono d'accordo, parafraserei piuttosto dicendo "se Dio non esiste, allora tutto il lecito è deciso dall'uomo", ovvero "se non esiste un Dio-perfetto che mi giudica, allora mi giudicheranno gli uomini-imperfetti", e così l'etica (movente metafisico teoretico-culturale dalle nobili origini) dopo aver ispirato e rafforzato dall'esterno il diritto, può lasciarlo evolvere autonomamente (demistificato).
Non sorvolerei inoltre sull'utilitarismo insito nell'Etica di matrice divina; anche in quel caso c'è l'utile (tranne che per i rari virtuosi del "bene premio a se stesso"): scegliere ed agire con la finalità di evitare il castigo eterno o altre forme di punizione, coerentemente con il meccanismo punizione/ricompensa che gli uomini ben conoscono (come tutti gli altri animali, d'altronde) e che è la base dell'apprendimento cognitivo.
Secondo me, lo scopo dell'Etica è infatti sempre stato più quello di insegnare a vivere adeguatamente insieme (comune utilità reciproca nel branco: non uccidere, non rubare, non mentire, etc.), piuttosto che prenotare eventuali ricompense ultraterrene, che (sempre secondo me) sono solo un valido "espediente didattico" per fare in modo che il messaggio di base risulti fortemente giustificato e credibile (paradossalmente!) proprio per tutti... è poi umanamente inevitabile che i differenti "maestri" che hanno usato la stessa strategia didattica in differenti contesti, con gruppi di allievi differenti, abbiano poi ottenuto differenti risultati e modelli di etica comunitaria con alcune differenze strutturali.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 13 Ottobre 2018, 00:19:49 AM
Ox il tuo ragionamento non mi convince.
1). I cinesi hanno vissuto per millenni senza una religione teocratica (visto che il confucianesimo è un insegnamento morale relativamente privo delle divinità come noi le conosciamo) e se la sono cavata benone. Nella ns società esistono milioni di non credenti che rispettano le leggi. Quindi l'abbinamento morale-Dio è veramente ormai un concetto farlocco, buono solo per ingannare sé stessi o gli altri.
2) La relatività delle morali io potrei chiamarla "complessità", che è il carattere fondamentale della modernità e che riguarda tutte le ns attività.
La casalinga che nel talk show intima "tu non puoi giudicarmi" ha le sue ragioni da vendere.
È ciò deriva proprio dalla scoperta che l'uomo è complesso, la vita associata lo è ancor di più.
Ho già fatto un esempio in un post precedente. Reitero. Un bambino con madre tossicodipendente soffre in una situazione di incuria e maltrattamento.
Diventa un poco di buono. Chi dobbiamo giudicare (male)? La madre, il figlio, la scuola, che ha finto di non vedere nulla? La madre è diventata a sua volta tossicodipendente per via di un rapporto disfunzionale con sua madre, schizofrenica. Chi dobbiamo giudicare? La schizofrenia?
Un tempo era tutto più semplice. Gli schizofrenici erano indemoniati e se rubavi eri malvagio.
All'ombra della morale unitaria impera sempre una duplice violenza, quella dei semplici sudditi e quella delle istituzioni. Relativizzando si impara a guardare il mondo con lenti più sofisticate ma questo costa fatica, necessità di aguzzare lo sguardo e anche di guardare con disincanto la spazzatura che ci portiamo appresso, dentro la nostra coscienza, mentre il pensiero rassicurante di un Dio tutto buono, ci fa sperare che il male dentro di noi possa magicamente sparire. Brutto spettacolo quello che Freud ci ha insegnato ad assistere.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 08:58:57 AM
Citazione di: Jacopus il 13 Ottobre 2018, 00:19:49 AM

Ho già fatto un esempio in un post precedente. Reitero. Un bambino con madre tossicodipendente soffre in una situazione di incuria e maltrattamento.
Diventa un poco di buono. Chi dobbiamo giudicare (male)? La madre, il figlio, la scuola, che ha finto di non vedere nulla? La madre è diventata a sua volta tossicodipendente per via di un rapporto disfunzionale con sua madre, schizofrenica. Chi dobbiamo giudicare? La schizofrenia?
Un tempo era tutto più semplice. Gli schizofrenici erano indemoniati e se rubavi eri malvagio.

Comprendere =/= giustificare.

Per me se rubi ingiustificatamente (preferirei un' altro esempio -se danneggi un altro o addirittura lo uccidi- poichè ritengo che non sempre ma comunque molto spesso la proprietà sia un furto), anche se é in conseguenza (fra l' altro) della tossicodipendenza di tua madre e questa (fra l' altro) della schizofrenia di tua nonna, sei comunque pur sempre un malvagio e disonesto (non meno che se lo fossi per altri motivi deterministici), che un onesto e un magnanimo deve (non può non: per come é fatto, per come si é deterministicamente venuto a trovare) disprezzare, cercare di punire per le sue malefatte,  e combattere per cercare di affermare il bene.

Una cosa che mi urta moltissimo é il frequente, per me letteralmente "malvagio", eccesso di pietas (l' eccesso é sempre male!) che i giornalisti dimostrano per chi é vittima di sciagure, soprattutto di omicidio: chi viene ucciso, non per questo necessariamente é "virtuoso", "solare" (come é orrendamente di moda dire: non c' é morto ammazzato che non lo sia!), da additare come esempio ai giovani anche se -poniamo- é stato ucciso in una rissa fra opposte tifoserie assassine.
Anche Goebbels é morto ammazzato, ma chiedete ai sopravvissuti ai campi di concentramento se come come lo trovino "solare"!

Basta con il pessimo buonismo (ossimoro che ritengo espressivamente molto efficace) sessantottino e postsessantottino (per me espressione lampante dell' imputridimento dell' ordine sociale capitalistico !

Il fatto di comprendere (deterministicamente) le cause del male non lo giustifica minimamente (non lo rende meno malvagio), come comprendere (deterministicamente) le cause del bene non lo svalorizza minimamente (non lo rende meno degno di ammirazione e di aspirazione a praticarlo): chi, per qualsiasi serie di eventi deterministici é malvagio opera male e combatte il bene, e chi per qualsiasi serie di eventi deterministici é generoso e magnanimo opera bene, e su questi fatti (deterministici) la eventuale maggiore o minore consapevolezza del loro determinismo non ha affatto alcun necessario effetto "rilassante", "impigrente" o "fiaccante".

Nell' eterna lotta fra il bene e il male comprendere il nemico, lungi dal rendere arrendevoli, serve a combatterlo meglio.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 09:35:25 AM
Sapere che siamo "poveri attori che si agitano e si sbracciano per un ora sul palcoscenico, e poi non se ne parla più" (Shakespeare, Macbeth: un malvagio paradigmatico!), e che recitiamo una parte scritta da altri non é un buon motivo per non vivere bene, con impegno la nostra parte nella commedia della vita.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: cvc il 13 Ottobre 2018, 10:18:08 AM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 09:35:25 AM
Sapere che siamo "poveri attori che si agitano e si sbracciano per un ora sul palcoscenico, e poi non se ne parla più" (Shakespeare, Macbeth: un malvagio paradigmatico!), e che recitiamo una parte scritta da altri non é un buon motivo per non vivere bene, con impegno la nostra parte nella commedia della vita.
Come diceva Epitteto non sta a noi decidere di quale commedia facciamo parte e nemmeno possiamo scegliere la parte che ci viene data. Però sta a noi interpretare bene la nostra parte.
Riguardo al tramonto della morale tu dici che non c'è da meravigliarsi che non c'è più etica visto che ciò è già stato segnalato in principio dai primi filosofi. Proprio i primi no, io direi da Eraclito in avanti. Però secondo me la morale non è morta completamente, è solo una questione di rendersi coscienti di come i costumi dell'uomo rischiano di portarlo ad uno stato ossimorico di civiltà-incivile che può portarlo all'autodistruzione fisica e morale
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 13 Ottobre 2018, 11:46:08 AM
Sgiombo, la tua sfuriata è quanto di più antiscientifico e pieno di pregiudizi che abbia recentemente sentito sull'argomento e mi conferma la mia personale idea che alcuni marxisti sono rigidi e autoritari come i fascisti ( Arendt parlava di totalitarismo).
Il buonismo non c'entra una emerita fava. Piuttosto c'entrano gli studi neuroscientifici, biologici, genetici e biosociopsicologici degli ultimi 20 anni, che su richiesta ti posso inoltrare come bibliografia essenziale. Se sei rimasto al "legno storto dell'umanità" di kantiana memoria è un problema tuo. Nel frattempo la ricerca scientifica e nuove discipline scientifiche come la neuro-etica stanno aprendo nuovi orizzonti.
Non fai altro che confermare quello che dicevo prima. Guardare la nostra parte oscura, il nostro lato malvagio è piuttosto doloroso. Meglio scindere il mondo in buoni/cattivi, fascisti/comunisti, buonisti/cattivisti. Anche qui la psicoanalisi avrebbe da spiegare visto che sono classici meccanismi di difesa (scissione, negazione, proiezione).
Che poi certe persone debbano essere punite potrebbe essere già questo un trattamento terapeutico. Le punizioni serviranno sempre. Ciò che cambia è lo scenario ideologico-mentale che sta attorno alla punizione e all'etica del comportamento umano. Se si resta fermi all'idea del "criminale malvagio" direi che sprofondiamo di nuovo nel medioevo. Una posizione inacettabile comunque da chi si professa marxista 
Tra l'altro le tue idee spesso proclamate a proposito di un rigido determinismo fanno a pugni con questo assoluto bisogno di punire. Se uno è determinato al 100 % da biologia, genetica, ambiente, è cornuto e mazziato dal tuo punto di vista. Mentre da un altro avrebbe la giustificazione del suo comportamento gia' bella pronta.
Ti consiglio come lettura propedeutica"pena e struttura sociale di rushe-kirckheimer, due studiosi marxisti ortodossi che giungono a conclusioni molto diverse dalle tue.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 13:42:46 PM
Citazione di: cvc il 13 Ottobre 2018, 10:18:08 AM
Citazione di: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 09:35:25 AM
Sapere che siamo "poveri attori che si agitano e si sbracciano per un ora sul palcoscenico, e poi non se ne parla più" (Shakespeare, Macbeth: un malvagio paradigmatico!), e che recitiamo una parte scritta da altri non é un buon motivo per non vivere bene, con impegno la nostra parte nella commedia della vita.
Come diceva Epitteto non sta a noi decidere di quale commedia facciamo parte e nemmeno possiamo scegliere la parte che ci viene data. Però sta a noi interpretare bene la nostra parte.
Riguardo al tramonto della morale tu dici che non c'è da meravigliarsi che non c'è più etica visto che ciò è già stato segnalato in principio dai primi filosofi. Proprio i primi no, io direi da Eraclito in avanti. Però secondo me la morale non è morta completamente, è solo una questione di rendersi coscienti di come i costumi dell'uomo rischiano di portarlo ad uno stato ossimorico di civiltà-incivile che può portarlo all'autodistruzione fisica e morale

Evidentemente concordiamo.
Credo proprio che mi confondi con qualcun altro quando  affermi " Riguardo al tramonto della morale tu dici che non c'è da meravigliarsi che non c'è più etica visto che ciò è già stato segnalato in principio dai primi filosofi".
Secondo me l' etica c' é e ci sarà sempre fin che ci sarà l' umanità (per lo meno); e oggi é spesso gravemente violata fondamentalmente per il "putridume avanzato" dei vigenti rapporti di produzione capitalistici.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 14:00:18 PM
Citazione di: Jacopus il 13 Ottobre 2018, 11:46:08 AM
Sgiombo, la tua sfuriata è quanto di più antiscientifico e pieno di pregiudizi che abbia recentemente sentito sull'argomento e mi conferma la mia personale idea che alcuni marxisti sono rigidi e autoritari come i fascisti ( Arendt parlava di totalitarismo).
Il buonismo non c'entra una emerita fava. Piuttosto c'entrano gli studi neuroscientifici, biologici, genetici e biosociopsicologici degli ultimi 20 anni, che su richiesta ti posso inoltrare come bibliografia essenziale. Se sei rimasto al "legno storto dell'umanità" di kantiana memoria è un problema tuo. Nel frattempo la ricerca scientifica e nuove discipline scientifiche come la neuro-etica stanno aprendo nuovi orizzonti.
Non fai altro che confermare quello che dicevo prima. Guardare la nostra parte oscura, il nostro lato malvagio è piuttosto doloroso. Meglio scindere il mondo in buoni/cattivi, fascisti/comunisti, buonisti/cattivisti. Anche qui la psicoanalisi avrebbe da spiegare visto che sono classici meccanismi di difesa (scissione, negazione, proiezione).
Che poi certe persone debbano essere punite potrebbe essere già questo un trattamento terapeutico. Le punizioni serviranno sempre. Ciò che cambia è lo scenario ideologico-mentale che sta attorno alla punizione e all'etica del comportamento umano. Se si resta fermi all'idea del "criminale malvagio" direi che sprofondiamo di nuovo nel medioevo. Una posizione inacettabile comunque da chi si professa marxista
Tra l'altro le tue idee spesso proclamate a proposito di un rigido determinismo fanno a pugni con questo assoluto bisogno di punire. Se uno è determinato al 100 % da biologia, genetica, ambiente, è cornuto e mazziato dal tuo punto di vista. Mentre da un altro avrebbe la giustificazione del suo comportamento gia' bella pronta.
Ti consiglio come lettura propedeutica"pena e struttura sociale di rushe-kirckheimer, due studiosi marxisti ortodossi che giungono a conclusioni molto diverse dalle tue.

La tua opinione (per quel che può valere la mia) non mi stupisce affatto.

Fra l' altro ho sempre avuto una pessima opinione della Arendt, soprattutto per i suoi pregiudizi irrazionalistici e antiscientifici verso "alcuni" marxisti e per il suo accomunare Comunismo e Nazifascismo in un confuso e indistinto (come l' hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere") "totalitarismo".

Scrivo questo per puro desiderio di chiarezza.

Sono discretamente aggiornato "di mio" sulle scienze mediche e psichiatriche, sulla neurologia e la psicologia (o meglio: le psicologie; per lo più poco o punto scientifiche).
Peraltro le mie erano considerazioni sull' etica (valoriali) e non scientifiche (in questo caso): la scienza c' entra una beata fava (per parafrasarti).

Se sei un buonista basagliano politicamente corretto é un problema tuo, che ti fa prendere lucciole per lanterne a proposito di un preteso "medio evo" e una pretesa "incompatibilità col marxismo" di posizioni eticamente robuste (personalmente mi trovo benissimo nella severità e nel diritto a disprezzare chi ritengo lo meriti politicamente scorretti).

Se uno crede di non essere determinato al 100% (non solo dall' ambiente -prevalentemente- ma anche intrinsecamente, in molto minore e meno socialmente ed eticamente rilevante misura anche geneticamente) é cornuto, mazziato e pure contento nel suo favoleggiare di fedeltà coniugale (per restare nell' aulica metafora).

Grazie per i consigli.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 13 Ottobre 2018, 14:07:12 PM
A questo punto mi piacerebbe conoscere a quali opere fai riferimento. Io posso al momento citarti tre libri fondamentali per quanto scritto da me: a. Raine, anatomia della violenza, S. Pinkert, il declino della violenza, Baron-Cohen, la scienza del male.
Davvero mi piacerebbe conoscere i tuoi riferimenti perché di questa materia mi occupo in modo specifico.
Per quello che può valere rispetto ai tuoi solidi pregiudizi solo il primo è uno psicologo. Gli altri dei medici, anche se traviati perché hanno scelto la specializzazione in psichiatria.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 13 Ottobre 2018, 14:25:24 PM
A proposito del buonismo basagliano. Forse, caro Sgiombo, sei un nostalgico del caro vecchio elettroshock? Oppure ritieni valido far passare per pazzi i propri oppositori politici per rinchiuderli ? Strategia egualmente utilizzata sia da Mussolini che da Stalin, mentre Hitler, più tranchant, li metteva direttamente al muro.
Veramente trasecolo quando una persona che si reputa di estrema sinistra parla in questo modo di cose che, o non conosce o che vede con una deformazione ideologica importante.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 14:37:46 PM
Citazione di: Jacopus il 13 Ottobre 2018, 14:07:12 PM
A questo punto mi piacerebbe conoscere a quali opere fai riferimento. Io posso al momento citarti tre libri fondamentali per quanto scritto da me: a. Raine, anatomia della violenza, S. Pinkert, il declino della violenza, Baron-Cohen, la scienza del male.
Davvero mi piacerebbe conoscere i tuoi riferimenti perché di questa materia mi occupo in modo specifico.
Per quello che può valere rispetto ai tuoi solidi pregiudizi solo il primo è uno psicologo. Gli altri dei medici, anche se traviati perché hanno scelto la specializzazione in psichiatria.

Non ho voglia né tempo di andare a rispolverare quanto ho letto di neurologia (a cominciare da quando ho sostenuto il relativo esame nel corso di laurea in Medicina tanti anni fa: ero ancora un giovincello quasi imberbe), anche perché per me questa é una questione eminentemente filosofica (il che ovviamente non giustifica l' ignoranza di quanto dice la scienza -autentica- in proposito, che non credo proprio possa negare il determinismo del divenire naturale del quale noi, i nostri cervelli e i nostri comportamenti facciamo parte a pieno titolo).
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Socrate78 il 13 Ottobre 2018, 14:38:49 PM
Parli Jacopus con lui di queste cose visto che in un messaggio si è detto un ammiratore del vecchio caro baffone alias Stalin? E' evidente che per il nostro Sgiombo i vecchi metodi son quelli giusti....... Tuttavia non capisco come mai il buonismo sessantottino sia espressione dell'incancrenirsi del sistema capitalistico, mi sto spremendo le meningi per vederci un nesso e non riesco a coglierlo, anche perché il Sessantotto fu espressione dell'estrema sinistra nelle sue forme di contestazione al capitalismo e al principio di autorità, su cui buona parte dello stesso capitalismo finisce per fondarsi. O no?
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 13 Ottobre 2018, 14:52:29 PM
Caro Sgiombo. Una questione eminentemente filosofica? A questo punto è una questione eminentemente metafisica. Ti ho dato gli estremi dei miei riferimenti che fanno riferimento a scoperte in campo genetico, biologico, sociale e criminologico. Li puoi verificare anche velocemente su internet. Ma ritirarsi sul campo filosofico senza considerare come si evolve la ricerca scientifica è come disinteressarsi dell'eliocentrismo perché filosoficamente si preferisce il terrapiattismo. 
A proposito del determinismo non so  a quale corrente scientifica ti riferisca. Ti assicuro che le opinioni sono molte e discordanti, anche se ovviamente nessuna più abbraccia il totale libero arbitrio.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 14:55:18 PM
Citazione di: Jacopus il 13 Ottobre 2018, 14:25:24 PM
A proposito del buonismo basagliano. Forse, caro Sgiombo, sei un nostalgico del caro vecchio elettroshock? Oppure ritieni valido far passare per pazzi i propri oppositori politici per rinchiuderli ? Strategia egualmente utilizzata sia da Mussolini che da Stalin, mentre Hitler, più tranchant, li metteva direttamente al muro.
Veramente trasecolo quando una persona che si reputa di estrema sinistra parla in questo modo di cose che, o non conosce o che vede con una deformazione ideologica importante.

NO, se permetti questa é polemica sorretta, che attribuisce indebitamente cazzate all' avversario anziché criticarne gli argomenti.

Valutare negativamente la chiusura dei manicomi con i conseguenti delitti e le conseguenti persecuzioni subite da tanti innocenti costretti a convivere con malati mentali e subirne le offese non significa affatto: non solo essere fautori dell' elettroshock e men che meno nazisti o filonazisti (quanto a Stalin, ne sono un convinto ammiratore; in buona compagnia della stragrande maggioranza dei Russi, in tendenziale costante ulteriore crescita, che lo rimpiangono, stando a tutti i -peraltro tendenziosamente anticomunisti, quale più quale meno- sondaggi di opinione); ma nemmeno non rendersi conto che prima della legge Basaglia esistevano abusi contro innocenti ingiustamente rinchiusi nei manicomi e ivi e male o per niente curati, abusi che andavano combattuti in ben altri modi che imponendo a innocenti di subire le conseguenze di comportamenti violenti e persecutori di malati mentali lasciati liberi di agire ingiustamente se non anche illecitamente.

Il tuo mi sembra un tipico trasecolare da pseudo-"sinistro politicamente corretto" alla Renzi - Bertinotti (quelli che si scandalizzano di Trump ed esaltano la Clinton; la quale -credo esista ancora l' osceno video in Internet: mica lei se ne vergogna, anzi!- sguaiatamente esultava alla notizia della barbara, orrenda esecuzione sommaria di Gheddafi da parte dei suoi -della Clinton- sicari: HItler, che "metteva al muro i dissidenti senza pensarci due volte" non é mai stato filmato mentre esultava per l' uccisione fra barbare torture di un suo avversario, almeno che io sappia)
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 13 Ottobre 2018, 14:59:56 PM
Citazione di: Jacopus il 13 Ottobre 2018, 14:52:29 PM
Caro Sgiombo. Una questione eminentemente filosofica? A questo punto è una questione eminentemente metafisica. Ti ho dato gli estremi dei miei riferimenti che fanno riferimento a scoperte in campo genetico, biologico, sociale e criminologico. Li puoi verificare anche velocemente su internet. Ma ritirarsi sul campo filosofico senza considerare come si evolve la ricerca scientifica è come disinteressarsi dell'eliocentrismo perché filosoficamente si preferisce il terrapiattismo.
A proposito del determinismo non so  a quale corrente scientifica ti riferisca. Ti assicuro che le opinioni sono molte e discordanti, anche se ovviamente nessuna più abbraccia il totale libero arbitrio.

L' esame di neurologia l' ho già brillantemente superato tanti anni fa, e anche quello di psichiatria (e mi sono tenuto costantemente aggiornato).

Che vi siano scienziati indeterministi (e variamente irrazionalisti) lo sapevo già.

Per parte mia chiudo questo poco commendevole botta e risposta: mi sembra che le divergenze siano già abbastanza chiare e insanabili e che di fatto sia perfettamente sterile.

Con la solita ovvia precisazione che a eventuali ulteriori repliche in questo caso chi tacesse non acconsentirebbe.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 13 Ottobre 2018, 16:00:12 PM
A Phil
Ma se tutto il lecito è deciso dall'uomo, ciò non vuol forse dire che tutto è lecito?
Ma per spiegare questo punto è opportuno che io torni alla "morte di Dio" nietzschiana. Come noto, con "morte di
Dio" Nietzsche intende, sì, anche il Dio della tradizione; ma soprattutto intende il valore morale come fin'allora
inteso (cioè "assolutamente").
Da questo punto di vista, se il lecito è deciso dall'uomo (presumibilmente in virtù della sua "potenza") il
lecito e l'illecito dipendono dai rapporti di forza che intercorrono fra gli uomini (non a caso Max Weber definisce
lo "stato" come quell'istituzione che possiede il monopolio dell'uso della forza in un determinato territorio).
Quel "se Dio non esiste, allora tutto è lecito" dostoevskijano è in tal senso inteso come: "tutto ciò che la tua
forza ti consente di fare è lecito".
Magari obietterai: "ma anche il valore morale tradizionalmente inteso è stato, diciamo, posto positivamente (cioè
è stato frutto della decisione di una potenza dominante). Sì, magari sarà così, ma prima della "morte di Dio" non
ve n'era consapevolezza (perciò anche la potenza dominante era soggetta allo stesso imperativo categorico cui erano
soggetti i dominati).

A Jacopus
I Cinesi hanno comunque un senso del valore morale come assoluto (nel senso di cui sopra), per cui la loro etica è
del tutto accomunabile a quella sorta nell'Occidente (nella loro storia politica è ricorrente il concetto di "mandato
celeste").
Ma penso senz'altro anch'io che quella casalinga che grida: "tu non puoi giudicarmi" abbia le sue ragioni da vendere.
Le ha in quanto può essere, sì, giudicata; ma solo laddove infranga una regola che la potenza dominante (nel senso di
cui sopra) dice di non infrangere in virtù della sua forza (economica o militare).
Il giudizio, in altre parole, non può mai essere "morale" o etico nel senso che tradizionalmente attribuiamo a questi
termini, ma solo giuridico nel senso "positivo" di questo termine.
Quindi, "tu non puoi giudicarmi" è il grido di chi ha piena consapevolezza della relatività di ogni morale o etica. E,
da quel punto di vista (che è ormai quello di tutti o quasi), fa bene a rivendicarne l'appropriatezza.
Un saluto ad entrambi
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Phil il 13 Ottobre 2018, 19:19:25 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Ottobre 2018, 16:00:12 PM
Ma se tutto il lecito è deciso dall'uomo, ciò non vuol forse dire che tutto è lecito?
Direi di no, altrimenti il diritto non esisterebbe... semmai piuttosto
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Ottobre 2018, 16:00:12 PM
se il lecito è deciso dall'uomo (presumibilmente in virtù della sua "potenza") il
lecito e l'illecito dipendono dai rapporti di forza che intercorrono fra gli uomini
e nemmeno troppo, perché non sempre tutto si riduce a rapporti di forza.
Ad esempio, affermare che
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Ottobre 2018, 16:00:12 PM
"tutto ciò che la tua forza ti consente di fare è lecito".
non terrebbe presente ciò che la "forza statale" potrebbe fare, eppure di fatto non ritiene lecito (né è mai stato ritenuto lecito, fra la maggioranza degli individui "in lutto per Dio", usare la forza per procurarsi soldi o cibo...).
Il criterio base dell'attuazione del "potere" (politico o personale) non mi sembra "faccio tutto ciò che posso fare", ma "faccio tutto ciò che (mi) conviene fare" (il patto sociale altrimenti avrebbe un altro senso e ben altri risultati...). L'apolinneo è forse castrante, ma non certo privo di teleologia utilitaristica.

Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Ottobre 2018, 16:00:12 PM
prima della "morte di Dio" non ve n'era consapevolezza (perciò anche la potenza dominante era soggetta allo stesso imperativo categorico cui erano soggetti i dominati).
La morte di Dio è anche la morte del giudice (supremo e perfetto), l'uscita di scena di ciò che sanciva l'incommensurabile differenza fra i testi sacri (e i comandamenti) e i codici umani (e le leggi), con questi ultimi che fungono da baluardo, seppur "filisteo", contro l'imbarbarimento e la (socialmente destabilizzante) hybris dionisiaca.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 14 Ottobre 2018, 12:15:22 PM
A Phil
Il tuo discorso mi sembra fondato su un presupposto, e cioè che "forza statuale" e ciò che essa
istituisce come "diritto" giudichi quel che è lecito e quel che è illecito sulla base del medesimo criterio
"ab-soluto" che era prerogativa della divinità.
Mi sembra, in altre parole, che tu non faccia altro che sostituire "Dio" con lo "Stato"...
Dicevo in risposta a Jacopus: "Il giudizio, in altre parole, non può mai essere "morale" o etico nel senso che
tradizionalmente attribuiamo a questi termini, ma solo giuridico nel senso "positivo" di questo termine".
Perchè questo è, ritengo, l'autentico senso del "diritto positivo": chi comanda impone a chi è comandato le
sue regole.
Quindi, certo, il "diritto" di chi comanda è "ab-soluto" al medesimo modo del diritto divino (altrimenti nemmeno
si potrebbe dire che: "la legge è uguale per tutti"), ma questa è una "assolutezza" che non riguarda la lotta
per imporsi politicamente, e quindi per imporre il "proprio" diritto (cioè è, in fondo, una relatività...).
Ritengo dirimente questo tuo passaggio: "né è mai stato ritenuto lecito, fra la maggioranza degli individui "in
lutto per Dio", usare la forza per procurarsi soldi o cibo...".
Ohibò, non ti saranno certamente sfuggiti gli innumerevoli esempi storici che dimostrano il contrario...
Giusto per limitarci ad un esempio "leggiadro" ed evitarne altri ben più truci, nel caso delle politiche che i
Cinesi stanno attuando in Africa (poi nemmeno tanto "leggiadre", a ben pensarci, ma c'è di ben peggio) il tuo
"faccio tutto ciò che mi conviene fare" non coincide forse con il mio "faccio tutto ciò che la mia forza mi
consente di fare"?
In definitiva, il tuo discorso in materia mi sembra speculare a quello dell'amico Sgiombo (col quale ne ho
sovente discusso), il quale sostiene che nell'uomo vi è una morale innata che spinge "naturalmente" al bene.
Per quanto mi riguarda io dico semplicemente che magari così fosse, ma mi sembra proprio che la storia e la
cronaca dicano cose diverse.
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 12:39:12 PM
La biologia, i più recenti studi neuroscientifici, per non parlare della psicologia dicono proprio questo. Che nell'homo sapiens, grazie all'enorme sviluppo della corteccia orbito-frontale e genericamente allo sviluppo della neocorteccia, si sono sviluppati sofisticati meccanismi di empatia e di compassione nei confronti dei nostri simili, e di tutto l'ambiente che ci circonda. Potenzialmente siamo cosí. Adatti geneticamente ad apprendere valori morali (Altrimenti la filosofia morale non sarebbe neppure esistita, non credi?).
Si tratta ovviamente di una moralità che se l'annaqui nasconde anche valori egoistici, perché per l'ennesima volta lo ripeto, il bene assoluto e il male assoluto sono l'unica invenzione davvero malvagia dell'uomo.
Inoltre essendo il cervello un organo altamente plastico (a proposito, ti avviso che mentre stai leggendo queste righe, a causa della lettura il tuo cervello si sta modificando in modo permanente), apprende dal suo ambiente come comportarsi e pertanto in un gruppo violento apprendera' ad essere violento, in un gruppo altruista apprendera' ad essere altruista. Questo in una visione micro-sociale e psicologica.
Le relazioni fra gli stati effettivamente stridono con questa visione che è ormai comprovata a livello di relazioni di gruppo e face-to-face.
Io sono del parere, già avanzato in altre occasioni, che l'uomo è  in cammino "moralmente", nonostante vari scivoloni e arretramenti . L'unione europea, per quanto monca e ipocrita è un primo passo verso una visione morale anche nella relazione fra gli stati.
Nell'ambito dell'organizzazione dei singoli stati invece, l'assolutizzazione della legge è sicuramente un passo avanti rispetto all'assolutizzazione della legge religiosa. Ma non si può parlare neppure di passo avanti quanto di adeguamento del sistema giuridico agli altri sistemi che si sono differenziati dopo l'avvento e il trionfo della tecnica, che accelerando la velocità del mondo, richiede un continuo aggiornamento delle regole giuridiche.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Socrate78 il 14 Ottobre 2018, 12:51:39 PM
Però non si può fondare la morale sulla compassione, perché essa è un valore ancora egoistico per moltissimi aspetti: se io aiuto una persona in difficoltà perché provo pena per lei, in realtà la mia azione sembra altruistica, ma agisco in realtà solo per stare meglio io, per evitare il disagio, e ciò almeno dal mio punto di vista rende l'azione molto meno nobile di quanto sembra. Invece sarebbe giusto anche da questo punto di vista elevarsi, agire per il bene in quanto la ragione lo riconosce indubbiamente come un valore positivo, indipendentemente dai sentimenti che si possono provare in quella situazione e verso quella specifica persona (o anche essere vivente).
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 12:53:21 PM
A proposito del diritto positivo come ab-solutus. Come noto si tratta di un concetto hobbesiano nato dalla necessità proprio di contrastare le forze centrifughe scaturite dalla prima rivoluzione scientifica e nello stesso tempo permettere l'integrazione e l'accorpamento di strutture sovrane limitrofe per aumentare le risorse necessarie per dominare le nuove dimensioni del mondo (leggi colonizzazione). E per Hobbes al fine di evitare la guerra di tutti contro tutti (ma Hobbes non poteva sapere quello che si sarebbe scoperto della sua dottrina secoli dopo).
Fatto sta che il diritto positivo assoluto declina la sua assolutezza in modo diversi in relazione alle epoche e alle istituzioni giuridiche, oltre che alle abitudini di un popolo.
Assolutamente è più assoluta una legge in Giappone che in Italia è assolutamente sono previsti meccanismi di controllo e verifica che rendono la Legge positiva molto meno positiva di quello che si crede. Faccio solo l'esempio dei tre gradi di giustizia ma vi sono meccanismi ancora più sofisticati e talvolta anche bizantini. Il rovescio della medaglia di questo potere diffuso e di controlli reciproci è ovviamente l'indecidibilita'. Ancora più visibile se una società è molto frammentata e divisa al suo interno fra visioni morali diverse e contrastanti.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 13:01:19 PM
Per Socrate: esistono differenti livelli di moralismo altruistico. Per questo rifuggo da una visione da bene e male MASSIMO. La storia ci tramanda episodi di persone che hanno dato la vita per quella degli altri (non parlo di Gesù). Oppure di persone che hanno intrapreso la scelta più difficile (ad esempio fare il partigiano piuttosto che il bel pasciuto repubblichino pronto a cambiar bandiera al momento giusto). Ad ogni modo l'altruismo ha sempre degli elementi di egoismo. E' semplicemente un modo per nobilitare il detto "L'unione fa la forza." Ma non è  solo questo. Quando vediamo realizzarsi una ingiustizia qualcosa si agita nella nostra pancia e questo accade a tutti i bambini a partire dai 3-4 anni di età. Per questo dico che un senso morale è geneticamente registrato nella specie uomo sapiens. Ed è anche uno dei motivi del suo clamoroso successo come specie animale rispetto alle altre specie presenti sul pianeta terra.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Phil il 14 Ottobre 2018, 13:17:49 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Ottobre 2018, 12:15:22 PM
Mi sembra, in altre parole, che tu non faccia altro che sostituire "Dio" con lo "Stato"...
Solo dal punto di vista formale (funzionale), ma ciò non offusca la differenza sostanziale che Dio sarebbe assoluto, infallibile, etc. mentre lo Stato è relativo, umano, etc. il valore universale e trascendente (o presunto tale) dell'Etica è ben diverso da quello contingente e immanente del Diritto.

Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Ottobre 2018, 12:15:22 PM
Ritengo dirimente questo tuo passaggio: "né è mai stato ritenuto lecito, fra la maggioranza degli individui "in
lutto per Dio", usare la forza per procurarsi soldi o cibo...".
Ohibò, non ti saranno certamente sfuggiti gli innumerevoli esempi storici che dimostrano il contrario...
Giusto per limitarci ad un esempio "leggiadro" ed evitarne altri ben più truci, nel caso delle politiche che i
Cinesi stanno attuando in Africa (poi nemmeno tanto "leggiadre", a ben pensarci, ma c'è di ben peggio) il tuo
"faccio tutto ciò che mi conviene fare" non coincide forse con il mio "faccio tutto ciò che la mia forza mi
consente di fare"?
Quell'uso della forza non è fine a se stessa (solo per il fatto di poterla usare) ma è finalistico, utilitaristico. Certo esistono i ladri e i violenti, ma sono una minoranza (e hanno comunque i loro scopi, per quanto discutibili), così come soprusi e stermini geopolitici non vengono dettati solo dall'avere la forza per farlo, ma dallo scopo.
Banalizzando: la Cina potrebbe spazzare via militarmente un qualunque stato africano (ne ha tutta la forza, credo), sterminarne la popolazione e creare l'impero cinese d'Africa, popolandolo in un batter d'occhio, ma invece usa solo la forza necessaria (non tutta quella a disposizione) per manovre di insediamento "apolinneo", non "dionisiaco" (visto che si parlava di Nietzsche).
Quindi, in assenza di Dio, non è la forza umana in sé a rendere tutto lecito, ma, al netto dei tribunali, nazionali e internazionali (che esistono, almeno formalmente), l'uomo incanala la forza necessaria a ottenere ciò che gli è lecitamente utile (fermo restando che l'illecito è inestirpabile dal mondo, non essendo l'uomo un automa).
Secondo me, nella prassi, c'è un primato dell'"utile" sul "possibile", ovvero non "faccio tutto ciò che la mia forza mi consente di fare"(cit.) ma solo ciò che mi è utile fare, non facendo ciò che la mia forza mi consentirebbe anche di fare ma sarebbe controproducente (uso la prima persona in modo esemplificativo).

Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Ottobre 2018, 12:15:22 PM
In definitiva, il tuo discorso in materia mi sembra speculare a quello dell'amico Sgiombo (col quale ne ho
sovente discusso), il quale sostiene che nell'uomo vi è una morale innata che spinge "naturalmente" al bene.
Spero mi prenderai in parola quando ti dico che non è affatto così (ho recentemente dissentito con Sariputra e Paul11 proprio su questo), non credo affatto in una morale innata (e tantomeno in un "bene" innato), ritenendo invece la "morale ontologica" un "bluff" (come dicevo in altra discussione, mi perdonerai se non mi ripeto), il che non significa certo negare che l'uomo sia per sua natura un animale da branco e che la sua razionalità cerchi di strutturare regole di utilità reciproca all'interno del branco (ma di fatto in ciò non c'è nulla di etico o valoriale, solo autoconservazione, istinto, genetica, etc. è l'interpretazione storico-spiritual-culturale che se ne dà a costituire il "bluff").
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Phil il 14 Ottobre 2018, 13:35:04 PM
Citazione di: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 13:01:19 PM
Quando vediamo realizzarsi una ingiustizia qualcosa si agita nella nostra pancia e questo accade a tutti i bambini a partire dai 3-4 anni di età. Per questo dico che un senso morale è geneticamente registrato nella specie uomo sapiens.
Secondo me, i bambini di 3-4 anni non sanno cosa sia la giustizia o la morale, tuttavia hanno neuroni specchio molto svegli (empatia neurologica?) per cui si agiteranno se vedono qualcuno agitarsi e soffrire (così come sorridono se vedono qualcuno sorridere, etc.) ma di fronte ad un'ingiustizia "non fisionomica" (il furto di un portafoglio, etc.) non credo proveranno spontaneamente del dissenso morale interiore (salvo che i genitori non gli abbiano già spiegato e pre-interpretato la situazione, v. morale indotta, super-io, etc. che iniziano ad attecchire a partire da quell'età...).
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 13:36:28 PM
Per Phil: la l'interpretazione storico-spiritual-culturale della morale è un bluff esattamente come credere che l'uomo sia mosso solo da valori utilitaristici.
Inoltre ripeto vi sono dei riscontri organici a livello cerebrale che indicano come alcune parti del ns cervello si attivino di più di fronte a situazioni di ingiustizia e che si sviluppino di più questi sentimenti in bambini con famiglie integrate socialmente.
Inoltre avendo una visione alla Damasio, è scontato che il propagandare una visione utilitaristica non fa altro che condizionare il nostro cervello e le nostre azioni sulla base di quel modello. È un problema piuttosto noto: siamo contemporaneamente soggetto e oggetto delle ns riflessioni a differenza della milza o del rame.
Se questo non ti basta puoi sfogliare un libro di storia e paragonare i livelli di violenza quotidiana/tolleranza di 200 o 2000 anni fa e quello che accade oggi nel mondo occidentale.
A scanso di equivoci non sono neppure incantato dalle magnifiche sorti e progressive. Limitiamoci a constatare gli eventi storici.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 13:48:11 PM
Per Phil (seconda risposta). L'ipotesi che formuli avvalora quindi la mia tesi, poiché un ambiente favorevole (famiglia altruistica) non fa altro che insegnare dei valori che il bambino apprende. Ma il meccanismo incide addirittura sull'organismo.
La mancanza emozionale, sociale, nutrizionale negli umani, nei primi anni di vita, causa un funzionamento a regime ridotto della corteccia orbito-frontale (interessata al legame sociale e all'autocontrollo), della corteccia limbica, dell'ippocampo e dell'amigdala. Per converso cure attente ed amorevoli sono in grado di modificare la parte esterna del dna. Basta una leccata di topo al suo topolino per cambiare l'espressione genica dell'ippocampo (res extensa e res cogitans iniziano a tremare).
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 14 Ottobre 2018, 15:30:02 PM
A Phil
Mah guarda, sono personalmente convinto (anzi, per meglio dire lo temo...) che, come afferma la filosofia
anglosassone, il movente primo dell'agire umano sia la ricerca dell'utile.
Quindi figurati se penso che l'uso della forza sia fine a se stesso...
Machiavelli, a proposito del "Principe", diceva che egli deve prendere il potere con la bruta forza (il leone),
ma poi, una volta acquisito il potere, deve governare con giustizia; e questo non per amore della stessa, ma
per sua convenienza (deve quindi agire poi con astuzia - la volpe).
Vorrei quindi riallacciare quel mio "faccio tutto ciò che la mia forza mi consente di fare" con la tesi di
Machiavelli...
Machiavelli dunque dice, a proposito del momento in cui il "Principe" ha già preso il potere, che il governare
con giustizia è nel suo stesso interesse: perchè?
Semplicemente perchè i sottoposti al suo potere potrebbero ribellarsi ad un dispotismo troppo accentuato (il
debole può pugnalare alle spalle il forte, o avvelenarlo, dice Machiavelli - o forse ricordo male e la frase
era di qualcun'altro - comunque essa illustra molto bene il pensiero di Machiavelli).
Insomma, da questo punto di vista il mio "faccio tutto ciò che la mia forza mi consente di fare" coincide
necessariamente con il tuo "faccio tutto ciò che mi conviene fare", perchè è impensabile che l'essere umano faccia
qualcosa contro il suo utile o conveniente (nemmeno nel caso dei masochisti, afferma lo psicologo A.Adler).
Ma tutto questo, ritengo, non può che voler dire che, al bisogno (ovvero laddove questo rapresentasse un utile),
l'uomo usi solo e soltanto la forza bruta (come, nel caso del "Principe", la fase di presa del potere), senza
minimamente curarsi se tale uso infranga o meno le regole etiche.
In altre parole, a mio parere viene a invalidarsi quel tuo: "né è mai stato ritenuto lecito, fra la maggioranza
degli individui "in lutto per Dio", usare la forza per procurarsi soldi o cibo..." (che, dicevo, io
vedo come passaggio dirimente di tutto il tuo discorso).
Mi riservo di rispondere a parte sull'innatezza delle regole etiche (anche per rispondere a Jacopus).
Diciamo anzi che sto leggendo con grande interesse le vostre "botta e risposta" sull'argomento....
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Phil il 14 Ottobre 2018, 15:35:07 PM
Citazione di: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 13:36:28 PM
la l'interpretazione storico-spiritual-culturale della morale è un bluff esattamente come credere che l'uomo sia mosso solo da valori utilitaristici.
L'indimostrabilità e la strumentalizzazione di alcune mitologie è facilmente constatabile (da cui il "bluff"); invece come dimostrare che sia un "bluff" il constare come l'utile sia criterio dominante nella società contempranea? Mi sembra un dato di fatto... in che senso intendi che "è un bluff credere che l'uomo sia mosso solo da valori utilitaristici"?

Citazione di: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 13:36:28 PM
vi sono dei riscontri organici a livello cerebrale che indicano come alcune parti del ns cervello si attivino di più di fronte a situazioni di ingiustizia e che si sviluppino di più questi sentimenti in bambini con famiglie integrate socialmente.
Ho già accennato di come la reazione fisiologica dei "neuroni specchio" non sia, secondo me, da confondere con le reazioni comportamentali dovute all'indottrinamento culturale (natura vs cultura, tanto per banalizzare).

Citazione di: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 13:36:28 PM
Se questo non ti basta puoi sfogliare un libro di storia e paragonare i livelli di violenza quotidiana/tolleranza di 200 o 2000 anni fa e quello che accade oggi nel mondo occidentale.
Concordo che la vita di oggi sia meno violenta, anche questo credo sia un dato di fatto (sebbene non colga il nesso con quanto dicevamo).

Citazione di: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 13:48:11 PM
L'ipotesi che formuli avvalora quindi la mia tesi, poiché un ambiente favorevole (famiglia altruistica) non fa altro che insegnare dei valori che il bambino apprende.
Esatto, per questo dico che la morale non è né innata né ontologica, ma viene appresa, dall'ambiente familiare, dal contesto sociale, etc. Faccio sempre l'esempio della lingua: la sua predisposizione è neurologica, ma il suo utilizzo e i suoi contenuti sono indotti.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Phil il 14 Ottobre 2018, 15:38:43 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Ottobre 2018, 15:30:02 PM
In altre parole, a mio parere viene a invalidarsi quel tuo: "né è mai stato ritenuto lecito, fra la maggioranza
degli individui "in lutto per Dio", usare la forza per procurarsi soldi o cibo...".
In fondo concordiamo. Non a caso, parlo di "maggioranza degli individui" e, ad occhio, non mi risulta che la maggioranza delle persone non esiti a usare la forza per procurarsi cibo o soldi... certo, ci sono alcuni che lo fanno ma, per fortuna, direi che sono una minoranza (fra tutti quelli che potrebbero farlo, intendo).
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 14 Ottobre 2018, 16:33:54 PM
Sull'innatezza della morale
Vi confesso il mio disagio quando il discorso prende una piega scientifica...
Anche l'amico Sgiombo mi diceva di questi studi sull'innatezza della morale; io, che non ho una conoscenza
specifica dell'argomento mi limito, come si suol dire, a prenderne atto (sapendo l'attendibilità di chi mi
riporta certe notizie).
Posso quindi solo giudicare così, "a naso", fidandomi ma non troppo di quelle che sono le mie conoscenze
e le mie percezioni.
Ferma restando l'inconoscibilità "ultima" dell'essere umano, sono propenso a credere ad una preponderanza
dell'aspetto "sociale" su quello biologico.
Ciò che mi sembra di notare è che man mano che ci sia allontana dall'"io" l'empatia verso l'"altro" scema.
Proviamo gioia per la gioia di un nostro familiare, dolore per il suo dolore. Questi sentimenti vanno
affievolendosi già quando si parla di amici o parenti, e via via essi divengono sempre più flebili negli
abitanti del medesimo paese (io che vivo in un paesino di campagna posso testimoniare di come ancora vi
sia empatia fra gli abitanti), della medesima regione e nazione.
Scusate la brutalità, ma quando poi si arriva a parlare dei 20.000 morti che lo tsunami ha causato in
Indonesia, questa notizia ci procura, e nonostante l'enormità, assai poco dolore (ci fa quasi lo stesso
effetto della pioggia quando siamo al calduccio dentro casa, come disse quel famoso scrittore di cui adesso
non ricordo il nome).
Sono questo genere di considerazioni che mi portano a pensare che l'etica sia più un prodotto sociale che altro.
Sia, ovvero, più un prodotto dell'istinto di sopravvivenza, nostra e della nostra "gente", che una specie di
codice inscritto nella nostra biologia (nel qual caso, ritengo, i 20.000 morti indonesiani ci getterebbero
in uno stato di nera disperazione - come in realtà, kantianamente, ci "dovrebbero" gettare...).
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 14 Ottobre 2018, 16:39:27 PM
Citazione di: Phil il 14 Ottobre 2018, 15:38:43 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Ottobre 2018, 15:30:02 PM
In altre parole, a mio parere viene a invalidarsi quel tuo: "né è mai stato ritenuto lecito, fra la maggioranza
degli individui "in lutto per Dio", usare la forza per procurarsi soldi o cibo...".
In fondo concordiamo. Non a caso, parlo di "maggioranza degli individui" e, ad occhio, non mi risulta che la maggioranza delle persone non esiti a usare la forza per procurarsi cibo o soldi... certo, ci sono alcuni che lo fanno ma, per fortuna, direi che sono una minoranza (fra tutti quelli che potrebbero farlo, intendo).

Temo che la maggioranza non lo faccia per motivi etici, ma perchè non si sente forte abbastanza da poterlo
fare...
Non molto tempo fa lessi di un dilemma filosofico che, fra l'altro, riconduco a quanto dicevo sopra sull'etica.
Il problema, diceva il dilemma, consiste nel dire cosa saremmo disposti a fare per evitare la morte di uno
sconosciuto che vive a migliaia di km da noi.
Lo trovo affascinante...
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 14 Ottobre 2018, 20:20:33 PM
Per Phil. Se intendi l'utilitarismo come prassi e non come dato naturale alla stregua del homo homini lupus, sono d'accordo. Lo reputavo un bluff se lo ponevi in una posizione naturalistica.
Sul binomio natura/cultura tocchi il punto centrale della mia tesi (veramente sviluppata da altri ma che propagando in modo convinto). Ovvero che la cultura è in grado di modificare la natura del ns comportamento non solo attraverso il condizionamento pavloviano, l'apprendimento educativo e cognitivo ma giungendo a modificare la ns stessa fisiologia influenzando la dinamica eugenetica. La modifica all'ippocampo di cui parlavo è stata sperimentata su un topolino che leccava premurosamente i suoi cuccioli, misurata su un gruppo di controllo accudito ma privo dell'affettivita' materna (Liu eh alii, maternal care, hippocampal glucocorticoid receptors... in Science 277, 1997, pg . 1652-1662).
Se questo accade ad organismi relativamente semplici come i topi immagina quanto spazio di modifica comportamentale hanno i componenti della specie homo sapiens. Ed immagina anche come diventi labile da questa prospettiva la distinzione natura/cultura (che in altre discussioni ho difeso a spada tratta  :P.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 14 Ottobre 2018, 21:20:20 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Ottobre 2018, 16:33:54 PM
Sull'innatezza della morale
Vi confesso il mio disagio quando il discorso prende una piega scientifica...
Anche l'amico Sgiombo mi diceva di questi studi sull'innatezza della morale; io, che non ho una conoscenza
specifica dell'argomento mi limito, come si suol dire, a prenderne atto (sapendo l'attendibilità di chi mi
riporta certe notizie).
Posso quindi solo giudicare così, "a naso", fidandomi ma non troppo di quelle che sono le mie conoscenze
e le mie percezioni.
Ferma restando l'inconoscibilità "ultima" dell'essere umano, sono propenso a credere ad una preponderanza
dell'aspetto "sociale" su quello biologico.

In realtà non ho mai inteso fare riferimento a studi particolari di etologia relativi ai comportamenti più o meno altruistici o egoistici e in generale (ho scarsissime conoscenze in materia), ma piuttosto ho criticato come pessima ideologia antiscientifica (e reazionaria) le pretesa di molti scienziati (dai darwinisti sociali del XIX° secolo ai "scoiobiologi" e fautori del preteso "egoismo dei geni" del XX° e XXI°) che l' uomo sia per effetto dell' evoluzione biologica egoista e naturalmente privo di moralità (che sarebbe stata furbescamente inventata dai più deboli e svantaggiati per fregare i più forti e in generale "adattati"; ma la furbizia nel fregare i più fortunati non rientrerebbe comunque nel preteso "adattamento" e vantaggio evolutivo dell' egoismo?).

Per me vi é una solare evidenza (al di là delle molteplici e varie e almeno in parte diversificate particolarità etologiche) del fatto che tendenze comportamentali sia egoistiche sia, e ancor di più, altruistiche  sono (variamente nelle diverse circostanze ambientali) utili alla sopravvivenza e riproduzione di individui e specie e anche di più grandi classi tassonomiche e dunque "promosse" dalla selezione naturale, in tutte le specie; in diversa misura le une e le altre nelle varie specie, in quanto i comportamenti animali sono tutti in più o meno plastici e "modulati", su una "base genetica", dall' ambiente.
Ma questa generalizzata plasticità del comportamento presenta un colossale incremento, quello che può ben dirsi un "salto di qualità", nella specie umana, nella quale si sviluppa non contraddittoriamente ma invece del tutto coerentemente con la "storia naturale", la cultura e la "storia umana".
La quale condiziona fortemente i modi particolari e concreti in cui assai variabilmente le tendenze comportamentali (ad agire e a valutare "teoricamente" le azioni proprie ed  altrui: l' etica) naturali universalmente diffuse si esprimono di fatto (e qui il materialismo storico secondo me spiega benissimo questa variabilità sociale e le sue dinamiche storiche).

Ma (qui mi sembra che un tuo eccessivo pessimismo, ben comprensibile se ci guardiamo intorno oggi per lo meno in Occidente ma non per questo non errato, a mio parere, ti induca in errore) l' esistenza di un' etica naturalmente presente nell' uomo (non dimostrabile logicamente, "di diritto" per così dire, ma ben reale "di fatto" universalmente nei suoi aspetti più generali e astratti, per quanto socialmente, storicamente declinati in modi relativamente diversi e talora reciprocamente contraddittori, non  non significa certo che comportamenti immorali non debbano essere possibili (come d' altra parte erano possibilissimi e realissimi anche prima della vera o presunta, a mio parere non affatto generalizzata, "morte di Dio": né più nè meno, a mio parere che dopo la "morte di Dio" o per coloro per i quali "Dio é morto": di certo l' immoralità non é mai stata e non é un problema per l' etica! Ma se per assurdo lo fosse per l' etica dopo la "morte di Dio", allora, esattamente allo stesso modo, lo sarebbe stata anche prima, anche con "Dio vivo e vegeto").
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 15 Ottobre 2018, 21:10:10 PM
Ciao Sgiombo
A parer mio ancor prima del "dove" (è la morale), è il caso di stabilire il "cosa" (è la morale). Perchè la definizione
di essa non è univoca, ed è su questa non-univocità che, per così dire, si gioca la partita.
Ti propongo la seguente definizione: la morale (o etica che dir si voglia) è la condotta rivolta al bene. La qual
definizione, come ovvio; ci rimanda allo stabilire un'altra definizione; quella di "bene" (e qui la facciamo finita con
questo gioco di scatole cinesi...).
Quindi: cos'è il "bene"?
Ti cito il Dizionario Filosofico di N.Abbagnano: "l'analisi della nozione di "bene" mostra subito l'ambiguità che essa
cela: giacchè il bene può significare o ciò che è - per il fatto che è - o ciò che è oggetto di desiderio, di
aspirazione etc".
Mi sembra che la tua definizione di "bene" ("ciò che è utile alla sopravvivenza e riproduzione di individui e specie")
rientri nella prima di quelle due categorie (infatti tu non dici che quello è ciò che desideri, ma che è quello che è).
Questo ti porta a squalificare come immorali quei comportamenti non conformi all'"essere" che affermi (senza, naturalmente,
tener conto che quei comportamenti potrebbero essere stati dettati da un desiderio ben preciso - magari di vivere meglio io
piuttosto che altri, o magari proprio vivere io piuttosto che altri...).
Torno sul dilemma filosofico di cui dicevo in un precedente intervento: cosa saremmo disposti a fare per evitare la morte
di uno sconosciuto che vive in un paese sconosciuto, a migliaia di kilometri da noi?
Saremmo disposti a donare una grossa somma di denaro, tutto ciò che possediamo o la stessa vita di un nostro familiare?
Certo, sacrificheremmo forse un figlio per evitare la morte di migliaia di persone a noi sconosciute? Non sembrino queste
cose poi così assurde (anche se in un certo qual modo lo sono). Perchè la loro presunta assurdità ci mette davanti alla
domanda: cosa faccio io per gli altri, e cosa sarei disposto a fare?
Quante volte abbiamo anteposto il NOSTRO interesse personale o l'interesse di una ristretta cerchia a quello di un non ben
definito "interesse generale"? Quante volte abbiamo tacitato la coscienza con gli argomenti più disparati per non ammettere,
ecco che torna il punto, che il "bene" da noi preferito è stato quello che è oggetto di desiderio e di aspirazione (non
quello che è)?
La filosofia anglosassone (per la quale il "bene" è l'utile individuale, quindi è ciò che è oggetto di desiderio) se la
cava troppo facilmente: c'è Dio che interviene a regolare per il meglio le volizioni individuali (un concetto che in
economia si traduce con il vero fondamento di tutto il liberismo, e cioè la "mano invisibile" di A.Smith), ma per
quanto riguarda la filosofia "continentale", la nostra?
Per la "nostra" (ho qualche dubbio su questo aggettivo possessivo, visto che ormai la mentalità anglosassone sta dilagando)
filosofia il "bene" è ciò che è; e che lo è "assolutamente", cioè a prescidere dalla volizione soggettiva.
La nostra è dunque una posizione molto più scomoda di quella anglosassone; una posizione che, se presa seriamente (cioè alla
lettera), ci obbligherebbe a scelte morali pesantissime: persino a sacrificare noi stessi o la nostra famiglia sull'altare
della sopravvivenza e riproduzione degli altri.
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 15 Ottobre 2018, 22:50:49 PM
Tanto per relativizzare. Gli Hindi dei villaggi sperduti nello scorso secolo, in caso di carestia, reputavano normale e giusto che gli appartenenti alle caste inferiori morissero di fame per far sopravvivere gli appartenenti alla casta superiore. Un concetto morale alquanto diverso sia dall'utilitarismo anglosassone che dell'universalismo continentale.
La cosa straordinaria era che, finita la carestia i superstiti, nel frattempo rimasti orfani o vedovi, tornavano a lavorare per le caste superiori senza alcun rancore. (W. Torry, morality  and harm: hindi peasant adjustment to Famines, temple press, 1978.)
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: viator il 15 Ottobre 2018, 23:03:29 PM
Salve Ox. Certo le culture latin-mediterranee sono assai più problematiche nei loro principi rispetto alle culture mitteleuropee od anglosassoni. Nei principi però.......non nella prassi.

Il divario tra principi e comportamenti di un Machiavelli o di un mercante levantino è infinitimente più ampio ed elastico di quello esistente nelle culture settentrionali.

E' per questo che noi troviamo queste ultime tanto "aride", "impersonali", "ciniche", "poco umane".

E' solamente perché esse sono meno ipocrite. Saluti.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 16 Ottobre 2018, 01:24:19 AM
Post didattico/esplicativo.
La distinzione di Ox non è quella nord/sud Europa. Ma tra la tradizione di pensiero anglosassone (uk e usa) e quella continentale, universalistica ed idealistica. Però è vero anche quello che dice Viator. Nell'ambito continentale c'è chi i principi li ha presi un po' più sul serio (nord-europa) e chi li sfoggia in modalità barocca, spesso senza agirli.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 16 Ottobre 2018, 09:06:48 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Ottobre 2018, 21:10:10 PM
Ciao Sgiombo
A parer mio ancor prima del "dove" (è la morale), è il caso di stabilire il "cosa" (è la morale). Perchè la definizione
di essa non è univoca, ed è su questa non-univocità che, per così dire, si gioca la partita.
Ti propongo la seguente definizione: la morale (o etica che dir si voglia) è la condotta rivolta al bene. La qual
definizione, come ovvio; ci rimanda allo stabilire un'altra definizione; quella di "bene" (e qui la facciamo finita con
questo gioco di scatole cinesi...).
Quindi: cos'è il "bene"?
Ti cito il Dizionario Filosofico di N.Abbagnano: "l'analisi della nozione di "bene" mostra subito l'ambiguità che essa
cela: giacchè il bene può significare o ciò che è - per il fatto che è - o ciò che è oggetto di desiderio, di
aspirazione etc".
Mi sembra che la tua definizione di "bene" ("ciò che è utile alla sopravvivenza e riproduzione di individui e specie")
rientri nella prima di quelle due categorie (infatti tu non dici che quello è ciò che desideri, ma che è quello che è).
Questo ti porta a squalificare come immorali quei comportamenti non conformi all'"essere" che affermi (senza, naturalmente,
tener conto che quei comportamenti potrebbero essere stati dettati da un desiderio ben preciso - magari di vivere meglio io
piuttosto che altri, o magari proprio vivere io piuttosto che altri...).
Torno sul dilemma filosofico di cui dicevo in un precedente intervento: cosa saremmo disposti a fare per evitare la morte
di uno sconosciuto che vive in un paese sconosciuto, a migliaia di kilometri da noi?
Saremmo disposti a donare una grossa somma di denaro, tutto ciò che possediamo o la stessa vita di un nostro familiare?
Certo, sacrificheremmo forse un figlio per evitare la morte di migliaia di persone a noi sconosciute? Non sembrino queste
cose poi così assurde (anche se in un certo qual modo lo sono). Perchè la loro presunta assurdità ci mette davanti alla
domanda: cosa faccio io per gli altri, e cosa sarei disposto a fare?
Quante volte abbiamo anteposto il NOSTRO interesse personale o l'interesse di una ristretta cerchia a quello di un non ben
definito "interesse generale"? Quante volte abbiamo tacitato la coscienza con gli argomenti più disparati per non ammettere,
ecco che torna il punto, che il "bene" da noi preferito è stato quello che è oggetto di desiderio e di aspirazione (non
quello che è)?
La filosofia anglosassone (per la quale il "bene" è l'utile individuale, quindi è ciò che è oggetto di desiderio) se la
cava troppo facilmente: c'è Dio che interviene a regolare per il meglio le volizioni individuali (un concetto che in
economia si traduce con il vero fondamento di tutto il liberismo, e cioè la "mano invisibile" di A.Smith), ma per
quanto riguarda la filosofia "continentale", la nostra?
Per la "nostra" (ho qualche dubbio su questo aggettivo possessivo, visto che ormai la mentalità anglosassone sta dilagando)
filosofia il "bene" è ciò che è; e che lo è "assolutamente", cioè a prescindere dalla volizione soggettiva.
La nostra è dunque una posizione molto più scomoda di quella anglosassone; una posizione che, se presa seriamente (cioè alla
lettera), ci obbligherebbe a scelte morali pesantissime: persino a sacrificare noi stessi o la nostra famiglia sull'altare
della sopravvivenza e riproduzione degli altri.
saluti
Trovo questa impostazione del problema etico non abbia sbocco proprio per la sua impostazione idealistica, imperniata su una concezione platonica del Bene (ancorata implicitamente al valore Vita, cosa su cui invece, materialisticamente, concordo). L'etica è qualcosa di molto concreto, finalizzato alla sopravvivenza di una comunità umana con aspetti egoistici e altruistici equamente ripartiti. Ma le comunità umane sono molte e differenziate per condizioni oggettive, prima che soggettive. E spesso confliggenti tra loro. L'idea di un Bene universale è pura ideologia: nel deserto è Male sprecare l'acqua, in Irlanda, no. Gli esempi qui riportati sulle carestie indiane illustrano alla perfezione il concetto. Quello che a noi di tradizione "cattolico-romana" pare assolutamente inaccettabile, è più che accettato non solo dalle caste indiane superiori, com'è logico, ma pure da quelle inferiori che hanno subito un male concreto, che però non è considerato Male nel loro orizzonte etico. Tutt'al più si consoleranno pensando che nella prossima reincarnazione, se rispettano il loro Karma, potranno rinascere in una casta superiore.

Quindi va bene così; ognuno con la sua etica ? No, esistono etiche più datate che vanno seppellite e forme di convivenza umana più adatte all'ampliamento del concetto di comunità umana, che, fatta la tara degli slanci pindarici dell'idealismo dei trattati, è un dato evolutivo reale. Ma il fatto che se muore uno della mia famiglia, o comunque che conosco, mi coinvolga di più della morte di un perfetto sconosciuto è l'ultimo problema che mi pongo in termini etici e lo trovo assolutamente naturale. Come naturale, nel limite delle possibilità materiali mie e della mia comunità, darmi da fare per le "magnifiche e progressive sorti dell'intera umanità".

Infine, un'etica idealistica rigorosa dovrebbe risolvere anche il problema della bistecca di manzo e della vita contenuta in una carota. Perchè non lo fa ?
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 16 Ottobre 2018, 10:07:21 AM
Citazione di: Jacopus il 16 Ottobre 2018, 01:24:19 AM
Post didattico/esplicativo.
La distinzione di Ox non è quella nord/sud Europa. Ma tra la tradizione di pensiero anglosassone (uk e usa) e quella continentale, universalistica ed idealistica. Però è vero anche quello che dice Viator. Nell'ambito continentale c'è chi i principi li ha presi un po' più sul serio (nord-europa) e chi li sfoggia in modalità barocca, spesso senza agirli.


MI sento in dovere di testimoniare il mio dissenso assoluto e totale (e, se permettete, indignato, da antirazzista quale mi presumo).

Lestofanti e ipocriti di tutte le risme se ne trovano a nord non meno che a sud, a est e a ovest (basta pensare quello che gli anglosassoni e settentrionali governi USA (con la servile collaborazione, fra gli altri, dei loro settentrionalissimi alleati norvegesi) perpetrano in tutto il mondo nel nome dei "diritti civili": SIC ! ! !
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 16 Ottobre 2018, 10:11:26 AM
Ciao Mauro (Oxdeadbeaf).
 
Non trovo problematico il fatto che la vita é complessa e impone spesso scelte sulla cui "complessiva bontà" non si può avere certezza: é anche questo che intendevo quando obiettavo a Paau11 che la "virtù" necessita non solo di bontà ma anche di forza d' animo, coraggio, disponibilità a sporcarsi le mani e a correre il rischio di sbagliare.
 
Ma questo, il fatto che quasi mai o piuttosto mai si può agire assolutamente bene, senza qualche inevitabile "ombra di male", che a volte si é costretti a optare per il "male minore", come anche il fatto che esistano comportamenti malvagi e anche sbagliati in buona fede (che l' etica di fatto universalmente presente nell' uomo nei suoi aspetti più generai astratti variamente declinati porta a giudicare ben diversamente) che contravvengono alla morale, era perfettamente vero (e non problematico a mio avviso) anche quando Dio era ben "vivo e vegeto" e lo é oggi anche per quanti (non pochi) lo credono tuttora tale: la "morte di Dio" (nella limitata misura in cui effettivamente é accaduta) é del tutto irrilevante in proposito.
 
Ciò non toglie che, morto o vivo che sia Dio, il "bene" da noi preferito è quello che è oggetto di desiderio e di aspirazione se siamo buoni (e non che buoni e cattivi, generosi e magnanimi da una parte e gretti e meschini dall' altra, non si distinguono reciprocamente in quanto tutti indiscriminatamente desiderano identicamente ciò che desiderano, qualsiasi cosa sia; e ovviamente sono felici se lo conseguono, infelici in caso contrario).
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Sariputra il 16 Ottobre 2018, 10:38:25 AM
Sono perplesso in questo equiparare l'etica con l'accettazione dell'ingiustizia. Che i paria indiani siano e siano stati costretti ad accettare l'ingiustizia sociale, per esempio, non significa affatto che in cuor loro lo ritenessero giusto e che non provassero ripugnanza per ciò. Che un saggio scritto da un occidentale pretenda di comprendere l'intera sofferenza provata e subita da quegli infelici e poi , non si sa come, stabilire che lo ritenessero in cuor loro persino giusto (come se si potesse misurare l'assenza di rancore in persone talmente avvilite dalle loro condizioni inumane e dalla sofferenza...li hanno intervistati? >:( )è una cosa assurda. Che siano tornati a lavorare per i loro aguzzini delle caste superiori dimostra solamente l'estrema miseria, povertà e soggezione che erano (e in parte sono ancora...) costretti a subire, pur di sopravvivere. Negli stessi anni c'era già chi parlava contro questo sistema sociale iniquo e ingiusto e non dimentichiamo che, ben 2400 anni prima, c'era già chi, in India stessa, non faceva distinzioni di casta alcuna...
Che l'etica imponga anche (o soprattutto...) coraggio lo dimostra il fatto che spesso coloro che parlavano contro una morale falsa, egoista e antiumana...hanno fatto una brutta fine!
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 16 Ottobre 2018, 10:42:54 AM
Sgiombo. Lungi da me essere razzista o renziano come insinui. È  vero i lestofanti vivono ad ogni latitudine ma proprio a causa dei concetti  che ho illustrato qui, dove si sviluppa una certa etica individualistica e familistica amorale (Banfield) l'universalismo diventa un simulacro adatto per le processioni. Laddove l'universalismo è coltivato con più serietà si trasforma più facilmente in prassi riconosciute e legali. Non parlo di singoli soggetti ma di istituzioni e società. Ovviamente c'è anche il rovescio della medaglia. I popoli mediterranei ben difficilmente, a livello generale, sono portatori di valori assoluti. Probabilmente la vicinanza con il mare ci ha vaccinati sia dagli eccessi idealistici messi in pratica sia dalla capacità di fidarci degli altri. Scetticismo più individualismo.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 16 Ottobre 2018, 10:53:29 AM
CitazioneCiò non toglie che, morto o vivo che sia Dio, il "bene" da noi preferito è quello che è oggetto di desiderio e di aspirazione se siamo buoni(e non che buoni e cattivi, generosi e magnanimi da una parte e gretti e meschini dall' altra, non si distinguono reciprocamente in quanto tutti indiscriminatamente desiderano identicamente ciò che desiderano, qualsiasi cosa sia; e ovviamente sono felici se lo conseguono, infelici in caso contrario).
Accidenti che sforbiciata di manicheismo. È la bontà di grazia in cosa consiste? Anche Mussolini ha fatto cose buone. Probabilmente anche Hitler.
E poi che tutti facciano cose per ottenere la propria felicità, anche quella "personalizzata, non mi sembra proprio realistico. Ho esperienza di moltitudini di soggetti che agiscono consapevoli e inconsapevoli per realizzare la propria rovina. Ma in questo caso per vedere bisogna scavare e fidarci della nostra mente è della esperienza scritta nei testi di psicoanalisi piuttosto che negli esami clinici o nelle proprie monolitica convinzioni.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 16 Ottobre 2018, 14:18:30 PM
Citazione di: Jacopus il 16 Ottobre 2018, 10:42:54 AM
Sgiombo. Lungi da me essere razzista o renziano come insinui. È  vero i lestofanti vivono ad ogni latitudine ma proprio a causa dei concetti  che ho illustrato qui, dove si sviluppa una certa etica individualistica e familistica amorale (Banfield) l'universalismo diventa un simulacro adatto per le processioni. Laddove l'universalismo è coltivato con più serietà si trasforma più facilmente in prassi riconosciute e legali. Non parlo di singoli soggetti ma di istituzioni e società. Ovviamente c'è anche il rovescio della medaglia. I popoli mediterranei ben difficilmente, a livello generale, sono portatori di valori assoluti. Probabilmente la vicinanza con il mare ci ha vaccinati sia dagli eccessi idealistici messi in pratica sia dalla capacità di fidarci degli altri. Scetticismo più individualismo.


Perché, forse che la miserabile pornocrazia (in senso letterale) odierna negli anglosassonissimi USA, con i continui pretesi stupri a ripetizione e "a comando", oltre che "ad orologeria" datanti mezzo secolo (ammazza che memoria per ricordare -solo cinquant' anni dopo, non prima; e solo nei casi in cui sono pagate sottobanco per rovinare politici più o meno scomodi- che "a pensarci bene non era loro  piaciuto"!), oppure le vicende di quell' autentico martire della verità che é Julian Assange, accusato, more solito, di "stupro" in maniera assolutamente non consistente e non minimamente credibile nella nordicissima e protestantissima Svezia al servizio del governo USA avrebbero forse qualcosa da invidiare alla peggior ipocrisia "(psudo-) cattolica" delle peggiori dinastie papali?
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 16 Ottobre 2018, 14:26:38 PM
Citazione di: Jacopus il 16 Ottobre 2018, 10:53:29 AM
CitazioneCiò non toglie che, morto o vivo che sia Dio, il "bene" da noi preferito è quello che è oggetto di desiderio e di aspirazione se siamo buoni(e non che buoni e cattivi, generosi e magnanimi da una parte e gretti e meschini dall' altra, non si distinguono reciprocamente in quanto tutti indiscriminatamente desiderano identicamente ciò che desiderano, qualsiasi cosa sia; e ovviamente sono felici se lo conseguono, infelici in caso contrario).
Accidenti che sforbiciata di manicheismo. È la bontà di grazia in cosa consiste? Anche Mussolini ha fatto cose buone. Probabilmente anche Hitler.
E poi che tutti facciano cose per ottenere la propria felicità, anche quella "personalizzata, non mi sembra proprio realistico. Ho esperienza di moltitudini di soggetti che agiscono consapevoli e inconsapevoli per realizzare la propria rovina. Ma in questo caso per vedere bisogna scavare e fidarci della nostra mente è della esperienza scritta nei testi di psicoanalisi piuttosto che negli esami clinici o nelle proprie monolitica convinzioni.

Assolutamente non capisco (nulla di queste insinuazioni, ma soprattutto la taccia di "manicheismo").

Che la perfezione non esista, tanto nel bene quanto nel male, che per fare davvero del bene si debba avere anche grande forza d' animo e disponibilità a sporcarsi le mani (evitare la qual cosa non é moralità ma invece moralismo) é proprio una delle tesi che più tenacemente sto sostenendo in questa discussione (fra lo scandalo di conformisti e buonisti politicamente corretti).

Che cercando la propria felicità si possa anche finire nel procurarsi l' infelicità non significa certo che si cerchi la propria sofferenza deliberatamente!
Le mie convinzioni sono più o meno salde, comunque sempre nell' intento di sottoporle da parte mia alla più severa e spietata critca razionale.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 15:18:59 PM
A Ipazia e Sgiombo
Si parlava, se non erro, di innatezza della morale...
In un precedente intervento, dicevo che l'empatia verso l'"altro" scema man mano che ci si allontana da se stessi. Quindi se
stessi, la propria famiglia, la propria cerchia di amici e parenti, quella dei conoscenti, e così via fino ad arrivare agli
sconosciuti che vivono in paesi a noi lontani sia geograficamente che culturalmente.
Sulla base di ciò, mi chiedo se la definizione di "morale", e di "bene", di Ipazia ("L'etica è qualcosa di molto concreto,
finalizzato alla sopravvivenza di una comunità umana con aspetti egoistici e altruistici equamente ripartiti") e Sgiombo
("ciò che è utile alla sopravvivenza e riproduzione di individui e specie") "dica" la moralità o dica qualcos'altro...
Sicuramente la morale così come da loro intesa è un qualcosa di innato; ma è davvero ancora definibile come "morale"?
Su una tale base, come è possibile, ad esempio, reputare immorale l'intenzione nazista di cancellare la "razza" (...)
ebraica? Non era forse, essa, vista dai nazisti come un pericolo per la sopravvivenza della razza ariana?
E allora? Lasciamo forse che sia il "nomos" umano a dirimere su ciò che è degno di sopravvivere e riprodursi e ciò che non
lo è (come del resto nell'esempio degli Hindi riportato da Jacopus)?
Ah sì, nei fatti non possiamo che agire in tal modo, d'accordo; ma, appunto, se reputiamo come "fondata" una morale che
fa NON della sopravvivenza e riproduzione dell'INTERO genere umano, ma della sopravvivenza e della riproduzione di un
particolare gruppo umano la propria sostanza, allora siamo in tutto e per tutto dentro la definizione utilitaristica della
filosofia anglosassone.
Naturalmente con quel che ne consegue. E cioè con l'impossibilità di "dire" la moralità e l'immoralità al di fuori di una
certa specificità (cioè al di fuori di un certo "contesto"). Che vuol dire l'impossibilità "ultima" di giudicare alcunchè
("non puoi giudicarmi", dice infatti la casalinga oggetto originario di questo post).
Non credo esista un "dato evolutivo reale" che possa confortarci circa una possibilità concreta di superare "oggettivamente"
questa impossibilità di "dire" la moralità e l'immoralità (se c'è, io non lo conosco...).
Mi tengo allora la definizione "continentale". Pur se "senza sbocchi" (Ipazia); pur se, giustamente, a rigor di logica dovrei
pormi il problema della bistecca di manzo e della carota; essa mi dà però un riferimento che l'altra non può darmi.
Ma quale riferimento? Non certo quello di un articolo di fede...
Essa mi indica non tanto una oggettività "possibile" (altrimenti ci sarebbe uno sbocco...), quanto appunto la necessaria
mancanza di ogni riferimento nell'altra, sulla quale è appunto impossibile la formulazione di qualsiasi giudizio di valore,
o morale che dir si voglia.
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 16 Ottobre 2018, 18:07:59 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 15:18:59 PM
A Ipazia e Sgiombo
Si parlava, se non erro, di innatezza della morale...
In un precedente intervento, dicevo che l'empatia verso l'"altro" scema man mano che ci si allontana da se stessi. Quindi se
stessi, la propria famiglia, la propria cerchia di amici e parenti, quella dei conoscenti, e così via fino ad arrivare agli
sconosciuti che vivono in paesi a noi lontani sia geograficamente che culturalmente.
Sulla base di ciò, mi chiedo se la definizione di "morale", e di "bene", di Ipazia ("L'etica è qualcosa di molto concreto,
finalizzato alla sopravvivenza di una comunità umana con aspetti egoistici e altruistici equamente ripartiti") e Sgiombo
("ciò che è utile alla sopravvivenza e riproduzione di individui e specie") "dica" la moralità o dica qualcos'altro...
Sicuramente la morale così come da loro intesa è un qualcosa di innato; ma è davvero ancora definibile come "morale"?

Sì, perchè è adeguata all'evoluzione dei costumi (mores) di una comunità. Pensi davvero che questo esempio:

Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 15:18:59 PM
Su una tale base, come è possibile, ad esempio, reputare immorale l'intenzione nazista di cancellare la "razza" (...)
ebraica? Non era forse, essa, vista dai nazisti come un pericolo per la sopravvivenza della razza ariana?

lo sia ? O non sia stata piuttosto un'operazione politica oscenamente strumentale, la cui falsità era percepibile da chiunque avesse un pur minimo livello etico/culturale consono ai livelli di civiltà europea di quell'epoca, tedeschi compresi.

Citazione di: 0xdeadbeef

E allora? Lasciamo forse che sia il "nomos" umano a dirimere su ciò che è degno di sopravvivere e riprodursi e ciò che non
lo è (come del resto nell'esempio degli Hindi riportato da Jacopus)?
Ah sì, nei fatti non possiamo che agire in tal modo, d'accordo; ma, appunto, se reputiamo come "fondata" una morale che
fa NON della sopravvivenza e riproduzione dell'INTERO genere umano, ma della sopravvivenza e della riproduzione di un
particolare gruppo umano la propria sostanza, allora siamo in tutto e per tutto dentro la definizione utilitaristica della
filosofia anglosassone. Naturalmente con quel che ne consegue. E cioè con l'impossibilità di "dire" la moralità e l'immoralità al di fuori di una certa specificità (cioè al di fuori di un certo "contesto"). Che vuol dire l'impossibilità "ultima" di giudicare alcunchè
("non puoi giudicarmi", dice infatti la casalinga oggetto originario di questo post).
Non credo esista un "dato evolutivo reale" che possa confortarci circa una possibilità concreta di superare "oggettivamente"
questa impossibilità di "dire" la moralità e l'immoralità (se c'è, io non lo conosco...).
Mi tengo allora la definizione "continentale". Pur se "senza sbocchi" (Ipazia);

Non mi ispira l'utilitarismo ideologico che postula le comunità e gli individui eternamente immobili in loro stessi, tipico della metafisica anglosassone, ma un'evoluzione etica che rifonda continuamente il significato di comunità e di individuo al suo interno. La dichiarazione universale dei diritti umani ha contenuti che corrispondono al ceck di quello che intendo per evoluzione etica e mi pare che postuli l'intera umanità come soggetto di tali diritti.

Citazione di: 0xdeadbeef
pur se, giustamente, a rigor di logica dovrei pormi il problema della bistecca di manzo e della carota;

Essì, altrimenti postuliamo un Bene a mezzo servizio, specista, anziché razzista. Relativista a sua insaputa.

Citazione di: 0xdeadbeef
essa mi dà però un riferimento che l'altra non può darmi.
Ma quale riferimento? Non certo quello di un articolo di fede...
Essa mi indica non tanto una oggettività "possibile" (altrimenti ci sarebbe uno sbocco...), quanto appunto la necessaria
mancanza di ogni riferimento nell'altra, sulla quale è appunto impossibile la formulazione di qualsiasi giudizio di valore,
o morale che dir si voglia.
saluti

Sull'utilitarismo anglosassone e la sua progenie darwinista sociale, concordo. Sulla necessità di calare l'innata pulsione morale, ancorata fin da subito al valore "vita umana", in un processo evolutivo, non credo vi siano alternative di sbocco. Siamo già coinvolti in questioni etiche da Io robot di Asimov e tra poco rischiamo seriamente di finire in quelle poste da 2001 Odissea nello spazio e Blade runner. Senza tralasciare quelle già emerse aspeciste.
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 16 Ottobre 2018, 19:22:01 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 15:18:59 PM
A Ipazia e Sgiombo
Si parlava, se non erro, di innatezza della morale...
In un precedente intervento, dicevo che l'empatia verso l'"altro" scema man mano che ci si allontana da se stessi. Quindi se
stessi, la propria famiglia, la propria cerchia di amici e parenti, quella dei conoscenti, e così via fino ad arrivare agli
sconosciuti che vivono in paesi a noi lontani sia geograficamente che culturalmente.
Sulla base di ciò, mi chiedo se la definizione di "morale", e di "bene", di Ipazia ("L'etica è qualcosa di molto concreto,
finalizzato alla sopravvivenza di una comunità umana con aspetti egoistici e altruistici equamente ripartiti") e Sgiombo
("ciò che è utile alla sopravvivenza e riproduzione di individui e specie")
"dica" la moralità o dica qualcos'altro...
Citazione
NO, questa é una semplificazione errata delle mie convinzioni.
I sentimenti e i valori morali in una consistente parte universalmente umani, anche se in altra impostante parte culturalmente declinati con discreta variabilità storica (diacronica) e sociale (anche sincronica), si sono imposti dallo sviluppo di tendenze comportamentali anche pre-umane perché tali tendenze e tale sviluppo non sono  antiadattativi ma anzi hanno contribuito al superamento della selezione naturale.
MI sembra ovvio che il fatto che queste tendenze siano state e siano utili alla sopravvivenza e riproduzione di individui e specie non ne sminuisce affatto gli intrinsechi aspetti e caratteri in larga, a mio parere nettamente prevalente misura (ovviamente non assoluta) di altruismo, generosità, magnanimità.

Basta concentrarsi, con un minimo sforzo di fantasia, ad immaginare quello che accade agli sconosciuti che vivono in paesi a noi lontani, o comunque lontani non solo geograficamente ma anche culturalmente quanto si vuole, per provare esattamente gli stessi sentimenti e moti d' animo che ceteris paribus sentiamo per i più stretti parenti che abbiamo immediatamente sotto gli occhi e dunque  le loro sofferenze (ma anche le loro gioe e felicità) immediatamente constatiamo senza sforzi mentali, neanche minimi.
E' casomai una deliberata, intenzionale diseducazione alla grettezza e meschinità "pararazziste" a rendere insensibili gli uomini verso i "lontani" culturalmente, geograficamente, ecc., al contrario delle spontanee tendenze innate nei bambini, come mi conferma continuamente mia moglie, maestra elementare "non troppo di sinistra", non cattolica praticante, che non ha mai fatto volontariato per la "Chatitas e affini" che anzi fa da sempre oggetto di un certo sospetto e  diffidenza.

Se tutto questo non é autentica moralità, allora l' autentica moralità non esiste (o meglio: se lo si pensa, allora della sua esistenza non ci si avvede, cadendo nel nichilismo).





Sicuramente la morale così come da loro intesa è un qualcosa di innato; ma è davvero ancora definibile come "morale"?
Su una tale base, come è possibile, ad esempio, reputare immorale l'intenzione nazista di cancellare la "razza" (...)
ebraica? Non era forse, essa, vista dai nazisti come un pericolo per la sopravvivenza della razza ariana?
E allora? Lasciamo forse che sia il "nomos" umano a dirimere su ciò che è degno di sopravvivere e riprodursi e ciò che non
lo è (come del resto nell'esempio degli Hindi riportato da Jacopus)?
Citazione
Qui, mi dispiace sinceramente constatarlo, cadi sempre nel solito paralogismo per cui le violazioni dell' etica sarebbero prova dell' inesistenza dell' etica.

Ci sono sempre state, e in misure "colossali", da far impallidire il nazismo (e il sionismo, che personalmente reputo peggiore del nazismo), violazioni dell' etica, anche quando e dove Dio "godeva della più splendida, robusta, vitalistica salute", e mai nessuno le ha considerate (del tutto giustamente) prove dell' inesistenza dell' etica.
Non per niente dove e quando "Dio godeva e gode di strepitosa salute credenze in inferni e punizioni terribili per i malvagi "prosperavano" e "prosperano" non meno salubremente dell' "Altissimo": ci sarà pure un motivo!

MI sembra evidente che l' etica sia tanto più solidamente fondata quanto meno ha bisogno di spauracchi diavoleschi per essere rispettata.
E guarda che intorno  noi, anche in quest' epoca di merda in cui ci tocca vivere, perfino in essa, non ci sono solo omicidi, imbroglioni, gretti e  meschini profittatri delle disgrazie e difficoltà altrui!
Ci sono anche sindaci che si fanno gli arresti domiciliari (per ora) per amore di giustizia; e monsignori che vanno serenamente incontro al martirio (non solo per la fede, ma per quel che mi riguarda anche e soprattutto per la giustizia; e noi comunisti li abbiamo "laicamente canonizzati" trent' anni prima della chiesa cattolica, quando "SantosubitoGP2" andava d' amore a d' accordo con gli assassini che li hanno uccisi in chiesa col calice in mano); e pubblicisti anticonformisti (riterrei decisamente offensivo chiamarli "giornalisti") che sono agli arresti domiciliari in ambasciate sudamericane da anni e rischiano di essere consegnati agli aguzzini torturatori USA per amore della verità.


Ah sì, nei fatti non possiamo che agire in tal modo, d'accordo; ma, appunto, se reputiamo come "fondata" una morale che
fa NON della sopravvivenza e riproduzione dell'INTERO genere umano, ma della sopravvivenza e della riproduzione di un
particolare gruppo umano la propria sostanza, allora siamo in tutto e per tutto dentro la definizione utilitaristica della
filosofia anglosassone.
Naturalmente con quel che ne consegue. E cioè con l'impossibilità di "dire" la moralità e l'immoralità al di fuori di una
certa specificità (cioè al di fuori di un certo "contesto"). Che vuol dire l'impossibilità "ultima" di giudicare alcunchè
("non puoi giudicarmi", dice infatti la casalinga oggetto originario di questo post).
Citazione
Scusa, ma da dove salta fuori questa autentica boiata ? ? ?

Con me personalmente non ha proprio nulla a che vedere (anzi ! ! !), e anche circa l' utilitarismo, per quel poco che ne so, il tuo é un indebito stravolgimento (per lo meno teorico; che poi "anche il papa é peccatore", come ripeteva speso il mio prof. di religione del liceo, e dunque Locke, o forse Stuart Mill, non ricordo bene -di certo non Hume!- possedeva schiavi é un altro paio di maniche; ignorandolo ricadiamo nel solito paralogismo "violazione della morale == negazione della morale): non mi sembra abbia mai parlato di utilità limitata a particolari gruppi umani, ma casomai universalmente sociale (dunque per l' umanità nella sua interezza).



Non credo esista un "dato evolutivo reale" che possa confortarci circa una possibilità concreta di superare "oggettivamente"
questa impossibilità di "dire" la moralità e l'immoralità (se c'è, io non lo conosco...).
CitazioneQui non posso che constatare il dissenso fra noi.



Mi tengo allora la definizione "continentale". Pur se "senza sbocchi" (Ipazia); pur se, giustamente, a rigor di logica dovrei
pormi il problema della bistecca di manzo e della carota; essa mi dà però un riferimento che l'altra non può darmi.
Ma quale riferimento? Non certo quello di un articolo di fede...
Essa mi indica non tanto una oggettività "possibile" (altrimenti ci sarebbe uno sbocco...), quanto appunto la necessaria
mancanza di ogni riferimento nell'altra, sulla quale è appunto impossibile la formulazione di qualsiasi giudizio di valore,
o morale che dir si voglia.
saluti
Citazione
Non credo che l' utilitarismo "anglosassone" (pur con tutta la mia "anglosassonefobia") "classico" (di Stuart Mill) sia condannato al dogmatismo e pregiudizialmente impossibilitato alla considerazione etica di tutti i senzienti, anche non umani, quale si sta sviluppando negli ultimi decenni (che presenta peraltro anche eccessi irrazionalisti, da sottoporre a critica razionale).  

Saluti cordiali.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 19:52:51 PM
A Ipazia
Comprendo come quello del nazismo sia un esempio "esagerato". Ti ricordo altresì che, allora, dei totalitarismi se ne
aveva un'idea molto diversa da quella posteriore (non dico di oggi, che certi giudizi vanno già annacquandosi...).
Quanto ai tedeschi, mi pare che in Germania non vi fu un'opposizione non dico "forte", ma nemmeno "reale".
Mi pare che persino Heidegger aderì convintamente al nazismo (così come fece Gentile col fascismo), quindi no, non
credo che quella dei nazisti contro gli Ebrei fu una operazione la cui falsità era percepibile da chiunque avesse un
minimo livello etico-culturale.
Comunque, non facciamone una questione storica sul nazismo, e facciamo un discorso un pò più largo...
Chi avrebbe predetto, nelle laiche città arabe degli anni 60 e 70, che un giorno vi avrebbe regnato lo "stato islamico"?
Chi avrebbe predetto, ai tempi dei "lumi" settecenteschi, gli orrori del 900 (non riducibili certo al solo nazismo)?
Cosa avrebbe pensato un Greco seduto nel "teatro" se gli avessero detto che un giorno quel luogo sarebbe diventato
"anfi-teatro", e che lì gli uomini sarebbero stati divorati dalle belve per "diletto" degli spettatori?
Senza tirarla per le lunghe (è chiaro che possiamo fare mattina con questi esempi), io non credo a quello che
è un pò il punto centrale del tuo discorso: "un'evoluzione etica che rifonda continuamente il significato di comunità
e di individuo al suo interno".
Il tuo discorso mi sembra inficiato "in nuce" da un concetto che permea nel profondo la nostra cultura (e che proviene
essenzialmente dalla sfera religiosa): quello di "progresso".
Io non vedo alcun "progresso" morale (diverso discorso, naturalmente, va fatto per la scienza e per la tecnologia); vedo
altresì "mutamenti", che possono essere verso il "bene" come verso il "male" (sempre assolutamente intesi...).
Non dandosi progresso morale, l'innatezza di cui parlate sia tu che l'amico Sgiombo rimame legata a quell'"empatia" di
cui parlavo nel precedente intervento, e che come dicevo non può per me essere identificata con la morale (essendo
empatia verso un particolare gruppo umano - e di conseguenza escludente verso altri).
saluti
PS
Chiaramente scritto prima di aver visto la risposta di Sgiombo.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 20:43:04 PM
A Sgiombo
Io non credo che le violazioni dell'etica siano prova dell'inesistenza dell'etica. Credo piuttosto che le violazioni
dell'etica siano semmai prova dell'inesistenza dell'innatezza dell'etica (ma dovrei qui fare importanti distinguo,
che al momento tralascio).
La mia tesi principale in questo argomento non è che le violazioni siano prove dell'inesistenza dell'etica o dell'
innatezza dell'etica; ma è che l'"empatia", di cui parlavo, non è sinonimo di etica (empatia verso gruppi via via
a noi più vicini o lontani), ma è essenzialmente un concetto utilitaristico volto alla sopravvivenza di quelli che
sono ritenuti propri "affini" (e che, cosa importante, vengono da noi "preferiti" - tornando ai discorsi "assurdi":
quanti di noi sacrificherebbero un figlio per la salvezza anche di mille sconosciuti?).
Se poi, come sostiene esplicitamente l'amica Ipazia, vi fosse: "un'evoluzione etica che rifonda continuamente il
significato di comunità e di individuo al suo interno" le cose sarebbero diverse (ma per me, come dico nel precedente
intervento - cui ti rimando - così non è),
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 17 Ottobre 2018, 08:55:27 AM
Non so ovviamente per Ipazia, ma per quanto mi riguarda le divergenze di opinione con l' amico Mauro (Oxdeadbeef) sono a questo punto sufficientemente  chiarite e non richiedono ulteriori considerazioni.

Un' ultima precisazione (sono pignolo, lo so!): non sacrificherei nessuno diverso da me (né mio figlio né -esattamente con la stessa, identica convinzione- nessun altro per la salvezza di mille altre persone.
Casomai, nell' ipotesi che ce ne fosse l' occasione, ***SE*** ne avessi il coraggio (sarei ridicolmente presuntuoso a dirmene certo!) mi sentirei fortemente gratificato (sarei sommamente felice) di sacrificare me stesso.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 17 Ottobre 2018, 09:26:58 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Ottobre 2018, 19:52:51 PM
A Ipazia
...
Il tuo discorso mi sembra inficiato "in nuce" da un concetto che permea nel profondo la nostra cultura (e che proviene essenzialmente dalla sfera religiosa): quello di "progresso".
Io non vedo alcun "progresso" morale (diverso discorso, naturalmente, va fatto per la scienza e per la tecnologia); vedo altresì "mutamenti", che possono essere verso il "bene" come verso il "male" (sempre assolutamente intesi...).
Non dandosi progresso morale, l'innatezza di cui parlate sia tu che l'amico Sgiombo rimame legata a quell'"empatia" di cui parlavo nel precedente intervento, e che come dicevo non può per me essere identificata con la morale (essendo empatia verso un particolare gruppo umano - e di conseguenza escludente verso altri).

Bisogna sempre partire da qualche archè. Nel caso specifico è il forte legame affettivo e protettivo che si instaura in un branco di animali sociali. Da lì parte l'etica umana. Che poi viene razionalizzata producendo diritto, filosofia, politica. Il passaggio dal branco familiare al branco globale non è poi così ideologico, appena la ragione prenda atto che la casa di questo branco è l'intero pianeta e, tanto per fare un esempio, che la plastica finita in mare non conosce confine alcuno e ci avvelena tutti. Nessuna etica di successo può partire dall'ideologia, ma deve essere profondamente radicata nel corpo sociale vivente, nella sua natura, prima biologica, poi sociale, poi razionale. Dalle tavole mosaiche possono scomparire i numi, ma non la precettistica che anche oggi è alla base del nostro diritto universale, proprio perchè saldamente radicata nella natura umana. Non mi interessano le etichette: progressismo, utilitarismo, ... Mi interessa la sostanza, ed è quella che ho detto.

Nell'ethos ci sta pure il Male dei filosofi ? E allora dovremmo stracciarci le vesti ? Ma anche no. Preso atto che il branco si è dilatato a dismisura e l'ethos con esso, si lavora per un'etica, che rammento è tecnica della gestione della casa comune, soddisfacente, sfruttando la razionalità che ha fatto sì che questo accadesse. Non è un passaggio ideologico, idealistico o materialistico, ma è pura necessità evolutiva. Etica o barbarie. In questo dilemma, e nella sua soluzione, la filosofia può riprendere a volare.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 17 Ottobre 2018, 12:00:36 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Ottobre 2018, 09:26:58 AM. Dalle tavole mosaiche possono scomparire i numi, ma non la precettistica che anche oggi è alla base del nostro diritto universale, proprio perchè saldamente radicata nella natura umana.



A Ipazia (e a Sgiombo)
Ma i precetti mosaici erano osservati essenzialmente perchè ritenuti comandamenti divini...
Mi chiedo quanti li avrebbero osservati se la loro origine non fosse stata ritenuta quella (se, per usare le tue
parole, da essi fossero scomparsi i numi).
Certo, se come dici tu quella precettistica fosse "saldamente radicata nella natura umana" non ci sarebbe bisogno di
alcun comandamento divino; ma, appunto, che non lo sia è la mia tesi di fondo.
A mio modo di vedere, nella tua tesi e in quella di Sgiombo è implicita l'affermazione di una natura umana
essenzialmente buona (mentre nella mia la natura umana è essenzialmente libera di operare sia il bene che il
male - pur sottostando a svariati condizionamenti). E questa è una affermazione che a parer mio cozza frontalmente
contro l'andamento della storia, che non mostra affatto questa tendenza umana alla bontà d'animo.
Questo, tra l'altro, è il motivo per cui Sgiombo, quando parla di episodi inerenti la malvagità umana, parla di
"violazioni" (la "violazione" è la trasgressione di un qualcosa visto come la "normalità").
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 17 Ottobre 2018, 13:49:12 PM
La precettistica mosaica la trovi anche tra gli aborigeni australiani e i nativi americani. Pur in assenza di tavole della legge e con numi assai diversi da quelli della tradizione biblica. Nessuna comunità umana può essere fondata su omicidio, furto e menzogna. Non si tratta del Bene come idea innata dei filosofi, ma del bene come necessità esistenziale all'interno della comunità. Le cui regole non valevano di certo rispetto a comunità straniere ostilmente interessate al suo territorio e ai suoi beni. Non a causa del Male innato dei filosofi, ma per una naturale competizione tra branchi diversi sulle stesse risorse. 

Diventando i branchi, clan, tribù, nazioni, imperi, la competizione si è raffinata e sublimata in forme politiche. Tale evoluzione "progressista" è reale e con essa si è evoluta anche l'idea di bene. Ritengo più per merito della potenza distruttiva crescente degli armamenti che per l'evoluzione del concetto di Bene di preti e filosofi. Anche se le due cose vanno di pari passo, mentre anche il concetto di Male dei politici, spesso ispirati da preti, filosofi e scienziati, non se ne stava certo a guardare. Sia come sia, oggi l'idea di una comunità umana globale è il campo di gioco da cui non si può prescindere. Per cui, anche senza i numi e il Bene innato o catechisticamente imposto, bisogna provvedere.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 17 Ottobre 2018, 14:28:37 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Ottobre 2018, 13:49:12 PM
La precettistica mosaica la trovi anche tra gli aborigeni australiani e i nativi americani. Pur in assenza di tavole della legge e con numi assai diversi da quelli della tradizione biblica. Nessuna comunità umana può essere fondata su omicidio, furto e menzogna.


Certo, è per questo infatti che dicevo (risposta #66): "Naturalmente con quel che ne consegue. E cioè con l'impossibilità
di "dire" la moralità e l'immoralità al di fuori di una certa specificità (cioè al di fuori di un certo "contesto").
Oppure (risposta a Sgiombo #70): "Se poi, come sostiene esplicitamente l'amica Ipazia, vi fosse: "un'evoluzione etica che
rifonda continuamente il significato di comunità e di individuo al suo interno" le cose sarebbero diverse".
Voglio con ciò dire che se vi fosse, effettivamente, un progresso etico e morale sia nell'individuo sia in una comunità umana
vista via via e sempre più come includente (naturalmente fino a includere l'intero pianeta) la vostra prospettiva sarebbe
senz'altro nel vero, ma è così? Secondo me niente affatto, perchè l'andamento della storia (non le "violazioni" di cui
parla Sgiombo) non mostra esser così.
L'andamento della storia ritengo mostri chiaramente quel concetto di "empatia" di cui parlavo, e che consiste essenzialmente
nell'istinto alla sopravvivenza e alla continuazione di se stessi e dei propri "affini" (e via via sempre meno affini). Ma
questa, ritengo, non è e non può essere considerata "moralità".
La moralità così come da me intesa non può essere altro che un "imperativo categorico"; un "ab-solutus" che, proprio in
quanto tale, non distingue fra affini e non affini (cioè che non si svolge all'interno di nessun "contesto").
Intendiamoci, la mia non è una proposta "politica" (semplicemente perchè, politicamente, non può realizzarsi - cioè è
priva di sbocco, come giustamente notavi), ma solo e soltanto una proposta di condotta personale.
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 17 Ottobre 2018, 15:17:59 PM
La risposta empatica con i propri affini e per sé e un dato di fatto ineludibile ma limitare le capacità etiche a questo "stagno morale" non è realistico. La definirei una versione provinciale che aggrega Banfield (familismo amorale) e Olson (Free rider).
Come ho già scritto, a causa della plasticità del ns cervello, credere in ciò, non fa altro che rendere reale ciò in cui credo, in questo caso in una morale limitata a me e ai miei cari.
Ma questa visione è contraddetta da mille esempi della storia a cui tu puoi replicare con altri mille favorevoli alla tua tesi.
La storia non va verso il progresso o almeno non ci va in modo così lineare come credevano 150-200 anni fa, prima che Dostoevskij e Nietzsche non guastassero la festa.
Ma esistono dei dati inconfutabili, il primo dei quali è la nascita di una religione universalistica (Katholikos). Ed altri che si prolungano nei secoli.
Ti sembrerebbe possibile applicare, oggi, la seguente pena  a carico dell'autore di un tentato omicidio (di Re) "che il condannato sia pinzato con tenaglie ed ivi ferito, sulle ferite sarà versato piombo fuso. Sarà amputato della mano destra ed anche ivi versato piombo fuso. Quattro coppie di cavalli lo tireranno dagli arti finché questi non verranno amputati. Infine sarà gettato nel fuoco".  Accadde 250 anni fa a Parigi.
Altro esempio. Per quanto io non condivida il marxismo, non credi che in esso vi sia una visione morale, perlomeno nelle intenzioni, che è un'ulteriore percorso verso un'etica morale più elevata e grande del piccolo branco?
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 17 Ottobre 2018, 15:26:24 PM
@ Oxdeadbeef

Rispetto la tua visione e contraccambio con una mia impressione personale. (Temo che) la globalizzazione ci renda sempre più "affini" e che questa affinità coatta si converta in imperativi categorici che non fanno  sconti a nessuno: né sul piano politico-economico, né ambientale, né etico-filosofico.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 17 Ottobre 2018, 16:27:57 PM
A Jacopus
Se il tuo intervento è di risposta a me ritengo tu mi abbia frainteso.
Come ho più volte ripetuto, io ritengo che la morale possa essere solo e soltanto universale, e che un tipo di
moralità ristretta ad un "contesto", che può essere quello della famiglia, del paese natio come di una certa
lingua o cultura specifica, non è proprio definibile come morale (ma come empatia utilitaristica).
C'è da dire che l'amica Ipazia, nelle sue risposte, sottolinea come vi sia: "un'evoluzione etica che
rifonda continuamente il significato di comunità e di individuo al suo interno", per cui l'empatia utilitaristica,
allargandosi, potrebbe divenire vera e propria moralità nel senso cui io la intendo. Ma a questa tesi io rispondo
che non vedo, nella storia, alcun progresso o evoluzione morale (ti rimando per questo alla risposta #69),
sottolineando come quella tesi presupponga una concezione della "natura umana" come buona (io ritengo invece
sia propria della "natura umana" la libertà - di fare il bene come il male).
Naturalmente al tuo esempio riguardante quella pena atroce potrei rispondere con mille episodi che dicono il contrario.
Ad esempio Auschwitz, l'abominio forse (forse...) più grande che questo pianeta abbia mai visto (accadeva nemmeno 80
anni fa in Germania, il paese di Kant e Goethe, come qualcuno si è sentito di dire...).
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 17 Ottobre 2018, 19:03:09 PM
Le violazioni della morale (non solo della legge) ci sono sempre state anche quando Dio "scoppiava di salute" e sempre ci sanno.

Ma non rendono meno reali le tendenze comportamentali (e a valutare i comportamenti) che l' evoluzione biologica ha selezionato e che costituiscono la base di fatto universale nei suoi principi più generali e astratti dell' etica, peraltro storicamente variabile nelle sue applicazioni o manifestazioni particolari e concrete (storia che non é affatto una costante, ininterrotta sequenza di orrori, ma presenta anche aspetti e fatti magnifici, splendidi, ottimi).

Lo so, Oxdeadbeef, che non sei d' accordo, ma non penso sia affatto utile continuare a ripetere all' infinito le mie convinzioni "ottimistiche" di contro alla tue "pessimistiche", e perciò per quel che mi riguarda finisco qui di interessarmi a questa discussione..
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Jacopus il 18 Ottobre 2018, 09:16:47 AM
"Un despota imbecille può costringere gli schiavi con catene di ferro; ma un vero politico li lega assai più fortemente con la catena delle proprie idee; è al piano fisso della ragione che egli ne attacca il capo. Legame tanto più forte perché lo crediamo opera nostra. La disperazione e il tempo corrodono i legami di ferro e acciaio ma nulla vale contro l'unione abituale delle idee, non fanno che rinserrarsi sempre di più: sulle molli fibre del cervello è fondata la base incrollabile dei più saldi imperi".
Oggi mi sono imbattuto casualmente in questa frase scritta da Servan: discorso sull'amministrazione della giustizia criminale. Quello che mi ha colpito è stata la contiguità con alcune idee neuroscientifici che circolano oggi: ovvero che ci comportiamo in un certo modo perché lo apprendiamo dai nostro prossimo e che questo apprendimento resta iscritto geneticamente già a livello ontogenetico (Cioè nella vita del singolo individuo), senza dover aspettare i milioni di anni previsti dal modello evoluzionistico tradizionale.
Ma ciò che mi ha colpito è anche la data di pubblicazione di questi libricino, 1767.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: Ipazia il 18 Ottobre 2018, 09:40:25 AM
"Datemi un bambino nei primi sette anni di vita e io vi mostrerò l'uomo": motto della Compagnia di Gesù fondata nel 1540

La manipolazione mentale è la forma più veloce inventata dall'evoluzione per modificare i comportamenti.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 18 Ottobre 2018, 10:02:15 AM
A Sgiombo
Va bene, però continui a parlare di "violazioni" senza tener conto di quel che dicevo (e cioè che si può parlare di
"violazioni" solo se si assume una normalità, una regolarità di cui la violazione sarebbe l'eccezione).
Ma è proprio questa idea di normalità che io contesto. E' cioè "normale" che l'uomo si comporti con bontà d'animo?
Beh, dietro questo pensiero si cela un concetto antico: che la "natura umana" sia essenzialmente buona.
Ma è davvero così? Voglio dire, anche se si potesse parlare di una "natura umana" (e la cosa è discutibile;
sicuramente non univoca), potremmo forse dire che questa è essenzialmente buona?
Per me, dicevo, la "natura umana" consiste nella libertà (pur se vi sono dei condizionamenti); quindi nella libertà
di perseguire sia il bene che il male. E mi sembra proprio che la storia questo dimostri in maniera inequivocabile.
Anche sulla "morte di Dio" ho già detto come a parer mio essa va intesa.
La "morte di Dio" non è la morte di un dio di una qualche religione (nello specifico del Cristianesimo), ma la
morte del valore morale assolutamente inteso.
Un tipo di moralità ristretta ad un "contesto", come certamente delineava Ipazia (pur con la fondamentale
specificazione dell'evoluzione a contesti via via più estesi), è una moralità relativa, quindi una moralità
che dal mio punto di vista non è moralità (ma, dicevo, empatia fra affini).
Quando Dio "scoppiava di salute" l'uomo era sempre "libero" (...) di scegliere se perseguire il bene o il male
(non è che allora perseguisse necessariamente il bene e dopo la "morte di Dio" necessariamente il male).
La differenza, per me fondamentale, è che "allora" il bene il male erano visti come degli "assoluti", quindi
come delle categorie non soggette alla relatività di un "contesto"; mentre poi, "morendo" la concezione
assoluta della moralità, essa si è venuta sempre più "contestualizzando" fino all'attuale dimensione. Una
dimensione che è, beninteso, sempre più individuale (quindi altro che allargamento...).
E' questo che porta la casalinga oggetto originario del post a dire: "non puoi giudicarmi".
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: 0xdeadbeef il 18 Ottobre 2018, 10:22:01 AM
A Jacopus
Dicevo in un precedente post:
"Chi avrebbe predetto, nelle laiche città arabe degli anni 60 e 70, che un giorno vi avrebbe regnato lo "stato islamico"?
Chi avrebbe predetto, ai tempi dei "lumi" settecenteschi, gli orrori del 900 (non riducibili certo al solo nazismo)?
Cosa avrebbe pensato un Greco seduto nel "teatro" se gli avessero detto che un giorno quel luogo sarebbe diventato
"anfi-teatro", e che lì gli uomini sarebbero stati divorati dalle belve per "diletto" degli spettatori?
Ora, è chiaro che di esempi simili se ne possono fare a bizzeffe...
Come concili la tua tesi (che a mio modo di vedere presenta i caratteri dell'ontologia) con queste cose?
Parleresti anche tu, come l'amico Sgiombo, di "violazioni" ad un ordine che quello è e quello rimane?
Non che io pensi che la tua tesi sia completamente sballata, ci mancherebbe (se così fosse i figli non prenderebbero dai
padri, come si suol dire). Ma penso appunto che sia "pericolosamente" vicina alla metafisica, perchè pretende di
spiegare compiutamente le "strutture fondamentali e necessarie dell'essere".
Se fosse come dici, gli uomini avrebbero dovunque la medesima cultura e il medesimo grado di progresso scientifico e
tecnologico. Non solo: la storia avrebbe un andamento sempre e comunque lineare (piccole violazioni a parte...).
Non so, non mi sembra scienza ma scientismo.
saluti
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 18 Ottobre 2018, 10:22:27 AM
Citazione di: Jacopus il 18 Ottobre 2018, 09:16:47 AMci comportiamo in un certo modo perché lo apprendiamo dai nostro prossimo e che questo apprendimento resta iscritto geneticamente già a livello ontogenetico (Cioè nella vita del singolo individuo), senza dover aspettare i milioni di anni previsti dal modello evoluzionistico tradizionale.
CitazioneEsatto.
Ma senza "i milioni di anni previsti dal modello evoluzionistico tradizionale [scientifico, N.d.R]" non avremmo l' uomo con la sua strepitosa plasticità mentale e creatività di comportamenti cui consegue che ci comportiamo in un certo modo perché lo apprendiamo dal nostro prossimo (e che questo apprendimento resta iscritto geneticamente già a livello ontogenetico é una frase che non comprendo; ma credo che a livello ontogenetico restino fissate determinate caratteristiche cerebrali -determinate connessioni sinaptiche- ovvero determinati "modi epigenetici di espressione genetica", e non che si fissi qualcosa di genetico).

Ma ciò che mi ha colpito è anche la data di pubblicazione di questi libricino, 1767.
CitazioneColpisce anche me.
Ma una buona filosofia spesso (non sempre ovviamente!) può anticipare conclusioni poi confermate dalle scienze.
Titolo: Re:Se non hai vissuto la mia vita, allora non puoi giudicarmi.
Inserito da: sgiombo il 18 Ottobre 2018, 10:30:09 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Ottobre 2018, 10:02:15 AM
A Sgiombo
Va bene, però continui a parlare di "violazioni" senza tener conto di quel che dicevo (e cioè che si può parlare di
"violazioni" solo se si assume una normalità, una regolarità di cui la violazione sarebbe l'eccezione).
Ma è proprio questa idea di normalità che io contesto. E' cioè "normale" che l'uomo si comporti con bontà d'animo?
Beh, dietro questo pensiero si cela un concetto antico: che la "natura umana" sia essenzialmente buona.
Ma è davvero così? Voglio dire, anche se si potesse parlare di una "natura umana" (e la cosa è discutibile;
sicuramente non univoca), potremmo forse dire che questa è essenzialmente buona?
Per me, dicevo, la "natura umana" consiste nella libertà (pur se vi sono dei condizionamenti); quindi nella libertà
di perseguire sia il bene che il male. E mi sembra proprio che la storia questo dimostri in maniera inequivocabile.
Anche sulla "morte di Dio" ho già detto come a parer mio essa va intesa.
La "morte di Dio" non è la morte di un dio di una qualche religione (nello specifico del Cristianesimo), ma la
morte del valore morale assolutamente inteso.
Un tipo di moralità ristretta ad un "contesto", come certamente delineava Ipazia (pur con la fondamentale
specificazione dell'evoluzione a contesti via via più estesi), è una moralità relativa, quindi una moralità
che dal mio punto di vista non è moralità (ma, dicevo, empatia fra affini).
Quando Dio "scoppiava di salute" l'uomo era sempre "libero" (...) di scegliere se perseguire il bene o il male
(non è che allora perseguisse necessariamente il bene e dopo la "morte di Dio" necessariamente il male).
La differenza, per me fondamentale, è che "allora" il bene il male erano visti come degli "assoluti", quindi
come delle categorie non soggette alla relatività di un "contesto"; mentre poi, "morendo" la concezione
assoluta della moralità, essa si è venuta sempre più "contestualizzando" fino all'attuale dimensione. Una
dimensione che è, beninteso, sempre più individuale (quindi altro che allargamento...).
E' questo che porta la casalinga oggetto originario del post a dire: "non puoi giudicarmi".
saluti

"Morto Dio" non é affatto morto (ma nemmeno si é minimamente incrinato) il carattere di fatto universale dei principi più generali astratti della morale (che la biologia scientifica non dimostra -ovviamente!- ma comunque spiega benissimo).

Ma non vedo proprio l' utilità di continuare ripetere le stesse cose.

MI sembra un' inutile perdita di tempo e pertanto per parte mia chiudo davvero qui la discussione con la solita (mi dispiace, ma ci vuole) precisazione che di fronte a eventuali reiterazioni, chi tacerebbe non acconsentirebbe: non é che una tesi diviene tanto più vera o tanto più fondatamente vera in proporzione al numero di volte in cui viene ripetuta.