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Messaggi - Jacopus

#1
Premessa terminologica che spero di fare solo per informare e non per saccenteria (vabbè un po' di saccenteria c'è).Ominidi sono tutte le grandi scimmie presenti e passate compreso homo sapiens (ebbene sì, siamo scimmie, tassonomicamente). Ominini sono quelle più direttamente imparentate con homo sapiens e pan (con pan si intendono le due specie di scimpanzé esistenti, scimpanzé e bonobo, i quali come noto, condividono con homo il 98,2 per cento di dna. In pratica è quasi un umano, visto che fra me e qualsiasi altro umano c'è una differenza genetica dell'uno per cento).

Detto questo, l'etica viene dalla natura? Una certa tipologia di etica senz'altro. Che è quella della difesa della vita in modo associato. Il comandamento "non uccidere" è pertanto "naturale" in questo senso. Ma, come fai notare, abbiamo iscritto dentro di noi anche un "programma" di aiuto verso gli altri, come faceva notare l'antropologa M. Mead (moglie di G. Bateson e grande antropologa), con l'esempio dell'anziano curato della frattura.
Lo stesso programma però lo condividiamo con tutti i mammiferi e gli uccelli a differenza con quanto accade alle altre specie, che non sviluppano un sentimento associativo o se lo sviluppano (come negli insetti) è fortemente automatico (ma su questa tematica potremmo avere in futuro delle sorprese). Se potesse, credi che un cane non curerebbe il suo cucciolo? La fuoriuscita dalla natura verso la civiltà è stato un passaggio tecnologico molto lento e progressivo. Non vi è stata ad esempio una creazione fatta e finita di un linguaggio. Il linguaggio sarà emerso da versi e richiami che indicavano qualcosa, come quelli di molti primati e mammiferi superiori ( le balene hanno ad esempio un linguaggio molto esteso che si trasmette all'interno del gruppo, offrendo un altro esempio di trasmissione culturale extra umana).
Tutto ciò si interseca con il livello del cervello arcaico che condividiamo con altre specie (o sistema limbico) e con quello neocorticale.
 Ma a livello di neocorteccia le cose si complicano, perché il cervello crea un mondo suo, diventa autoreferenziale e può quindi "eticamente" disconfermare ciò che è iscritto ai livelli più ancestrali. Ed è per questo che l'uomo eccelle in comportamenti etici ed anti-etici, fino a pensare che sia eticamente giusto "impiccare" il sodomita, il bestemmiatore, o eliminare l'affetto da sindrome di down, e nello stesso tempo sacrificarsi per salvare degli sconosciuti (p. Kolbe, salvo d'acquisto).
Siamo esagerati nel bene e nel male, ed inoltre la cultura e ciò che apprendiamo nel nostro contesto formalizza un certo tipo di etica che non sarà mai uguale a quello di altri gruppi, proprio per l'incidenza culturale rispetto a valori etico-morali. Insomma un bel guazzabuglio, che le religioni hanno cercato talvolta di semplificare e la filosofia di rendere più complesso. Io credo che si possano trovare risposte efficaci a queste domande proprio dal confronto vitale fra filosofia, neuroscienze, antropologia e biologia.
#2
Ben arrivata Stefania. Che dire? Il mio percorso è stato diverso dal tuo. Ho creduto fervidamente nel cristianesimo fino ai 14-15 anni. In seguito mi sono intiepidito, passando per tutti i livelli tipici, fino a giungere ad un panteismo universale. Da circa 40 anni non credo ad esseri superiori, cercando comunque di mantenere il massimo rispetto (ed anche una specie di ammirazione) per chi ci crede. Buona ricerca della e nella verità.
#3
Tematiche Filosofiche / Re: Fallacia naturalistica
30 Luglio 2025, 00:27:04 AM
Citazione di: Alberto Knox il 29 Luglio 2025, 22:35:14 PMuna visione puramene materialistica dell essere umano sulla quale sono distante anni luce . Mi è nuova la trovata  che noi siamo il nostro cervello che è poi un accrocchio di diversi cervelli dove  vi sono cervelli superiori (la neocorteccia) e i cervelli sottostanti "inferiori" (a chi poi?) dove sono iscritte norme di comportamento etico di base. Ma dove sono iscritte? nella carne sono iscritte o nella cultura? quante volte l'ominide primitivo a strnagolato suo figlio solo perchè piangeva di notte per poi provare quel sentimento che si chiama rimorso? e quando è diventato un essere umano quella creatura che era scesa dagli alberi? quando ha iniziato a cacciare? a parlare? a vivere in clan? Se vogliamo parlare di fallacia naturale dobbiamo rispondere a questa domanda; quando l'essere umanoide è diventato uomo?
Non puoi dire ; noi siamo il nostro cervello perchè ti risponderei che noi siamo il nostro corpo e non siamo il nostro corpo . E ma così ti contraddici, sì, hai perettamente ragione, mi sto contraddicendo...

Provo a rispondere a tutto. "Noi siamo il nostro cervello". Ho scritto "in qualche modo noi siamo il nostro cervello", lasciando capire che in qualche altro modo, noi non siamo "solo" il nostro cervello. Si continua a vivere anche se si è in coma, e il nostro corpo interagisce continuamente con il cervello, attraverso segnali elettrici e biochimici. Rispetto alla morfologia del cervello si è fatta un po' di chiarezza. La teoria dei tre cervelli di McLean non è accettata da tutti ma ha una sua validità esplicativa. Se vedi una illustrazione del cervello è abbastanza evidente la differenza organica fra neocorteccia e il resto del cervello. Che questa differenza sia legata alla sovrapposizione di cervelli sempre più recenti è una ipotesi su cui molti autori convergono.

Il comportamento etico dell'uomo è un altro argomento complesso. Ai piani bassi vi è un approccio etico più emotivo che razionale, ai piani alti (per semplificare neocorteccia), più razionale che emotivo. Si badi che sto molto semplificando, poiché tra piani bassi e piani alti vi è sempre reciproca dipendenza e azioni di feed-back, influenzate dalla storia e dall'ambiente del singolo homo sapiens. Ancora, semplificando, mentre gli altri organi vengono di solito sostituiti attraverso le leggi del l'evoluzionismo, il cervello sembra essere esente da questa regola. Di lui non si butta via niente, come con il maiale.

L'etica pertanto è iscritta sia nella struttura cerebrale che nella cultura. Non possiamo negare la presenza dell'una o dell'altra. Un sistema emotivo di base come quello della sofferenza nel caso in cui siamo isolati e privati di cure ci racconta come sia stato logico costruire sistemi etici fondati su valori comuni e condivisi. Natura e cultura sono strettamente interconnessi in noi, esattamente come i nostri molteplici cervelli (ne abbiamo uno piccolino anche nello stomaco, che con i suoi 500 milioni di neuroni non è neppure così piccolo).

Rispetto alla domanda di quando siamo diventati "uomini", se ho inteso bene, corrisponde al chiedere: quando abbiamo abbandonato lo stato di natura. Direi che potrebbe corrispondere al momento in cui abbiamo creato un linguaggio e con essi miti, storie, leggende. Anche in questo caso pensiero fondato su strutture organiche e meccanismi per svolgere il pensiero (linguaggio) sono strettamente interconnessi. Infine ribadisco comunque un concetto: noi siamo ancora animali. Nulla ci differenzia dalle altre specie in termini organici. La natura ha fatto con noi una scommessa, incrementando un organo (sempre lui) che ci ha condotto fin qua, rendendoci un ibrido natura/cultura.
#4
Se devo essere sincero Niko, non ho capito granché del tuo ultimo intervento, evidentemente mi sto velocemente rimbecillendo. Ad ogni buon conto mi sai dire brevemente se dalle leggi di natura si possono trarre leggi morali, e in caso di risposta affermativa, mi domando come conciliare questa prescrittività etico-naturale, con il cambiamento pressoché continuo della natura e delle sue strutture.
Ho il sospetto che tu riconduca tutto alle teorie scientifico-naturalistiche del marxismo classico, che però hanno fatto il loro tempo. Credere in una teoria oggettivamente e naturalmente "vera", va contro la necessità di ritrovare Marx e la sua teoria "vera" dello sfruttamento e dell'alienazione, ma su basi non oggettive o naturalistiche ma culturali (ed ecco avveratosi l'off-topic dell'off-topic, del resto se sono gli stessi moderatori a dare l'esempio🤓).
#5
In realtà neppure la vita è il "fondamento ultimo" indiscutibile e prescrittivo. Lo sarebbe in un mondo di monadi, ma la vita e la morte sono fenomeni relazionali. Anche in questo caso può nascondersi la fallacia naturalistica. Oltre al caso dell'uomo grasso, basti pensare al diritto di aborto, alla guerra, al diritto in nome della vita di poter possedere un harem, per riprodursi. La fallacia naturalistica presuppone che tutto sia dinamico e tutto sia relazionale, per cui il fondamento della "vita giusta" va cercato altrove. La distinzione prescrizione/descrizione è sia un principio logico afferente alla necessità di distinguere due dimensioni  (che possano interagire è un altro discorso), sia una affermazione che mette in primo piano la singolarità della specie sapiens in natura. Una singolarità che ha tratto origine dalla natura (ovvero un cervello fuori dal comune) ma che si è affrancata dalla natura grazie a quella singolarità. Ci troviamo così nella scomoda situazione di agire nella natura, sfruttandola così a fondo, da mettere a rischio la nostra sopravvivenza come specie. Il che comunque non è un evento eccezionale, visto che, mediamente si estinguono circa 1000 specie all'anno, dal 1980 in poi ( le specie esistenti sono circa l'uno per cento di tutte quelle che si sono presentate  sul pianeta terra).
Un altro argomento riguarda come la morte sia connessa con la vita addirittura negli stessi meccanismi biologici naturali che favoriscono la vita, come l'apoptosi.
#6
Citazione di: InVerno il 26 Luglio 2025, 11:45:32 AMMa cosa vuol dire questa frase? E non è l'unica di cui me lo chiedo, è solo una delle più belle.
Secondo me significa che Mussolini faceva i suoi interessi (usava per i propri scopi l'ideologia socialista), facendo credere che era a favore delle masse, della democrazia e della solidarietà. La stessa strategia degli attuali partiti politici (chi più chi meno). Con, in più, il non averne rinnegato la carica violenta. La stessa strategia di molti partiti politici attuali (non tutti), i quali pensano di risolvere il problema delle migrazioni con i campi dì concentramento. Ovviamente la mia è una esegesi parziale e incompleta data la estrema complessità del testo e mi rimetto ad eventuali chiarimenti dell'autore.
#7
Tematiche Filosofiche / Fallacia naturalistica
25 Luglio 2025, 22:42:32 PM
In altra parte del forum ha luogo un duello senza esclusione di colpi rispetto al concetto di "fallacia naturalistica". Piuttosto che entrare lì, ho preferito aprire una nuova discussione qui, che possa circoscrivere il tema. La questione nei suoi tratti generali è nota: "dalla descrizione non può derivare la prescrizione". Questa impostazione presuppone una netta divisione fra natura e cultura. La cultura è un prodotto artificiale e l'uomo si è completamente emancipato da ogni legge non convenzionale, sia che essa si faccia derivare dalla natura o dalla religione o da ogni altro fondamento dogmatico.
Si tratta di un approccio "responsabilizzante" perchè si fa riferimento esclusivamente a ciò che "teoricamente" i membri di una società decidono su cosa sia bene e cosa male, su ciò che bisogna prescrivere (genericamente "le norme", dal galateo alla dichiarazione dei diritti dell'Uomo). Questa estrema libertà è anche facilmente osservabile, nello studiare le società che si sono succedute nel tempo e nello spazio. Ci sono società che definiscono malvagio mangiare carne di maiale, ed altre che ritengono sconveniente parlare in metropolitana. La fallacia naturalistica inoltre si è notevolmente sgonfiata, quando si sono appresi meglio i comportamenti degli animali, spesso in passato paragonati come il buon modello dell'umanità, mentre oggi si è scoperto che sono violenti, sessualmente morbosi, pigri, rabbiosi e desiderosi di drogarsi esattamente come noi umani.
In effetti, io penso che siamo in un estremo della scala della natura, dove la natura ha poco peso, anche se è stata la natura a volerlo, affibbiandoci un cervello voluminoso ed in grado di creare "un suo mondo". L'uomo, in sostanza, attraverso la cultura ha creato "un mondo artificiale" sempre potenzialmente modificabile. Questa modificabilità è diventata anzi un tratto consueto, in qualche modo la modificabilità è nelle società umane un tratto permanente, così come le formiche in modo permanente sono organizzate a seguire la fila.

Ma questo pigiare l'acceleratore nell'artificialità hobbesiana, che pur ha evidenti vantaggi, non mi convince del tutto. In qualche modo noi siamo il nostro cervello, sia a livello individuale che sociale e il nostro cervello non è unico, ma è un insieme un pò accrocchiato di diversi cervelli sovrapposti. Il principio della fallacia naturalistica funziona molto bene a livello di neocorteccia, che è la parte del cervello maggiormente in grado di costruirsi una realtà autonoma, a pensare oltre al già dato. Ma nei cervelli inferiori sono iscritte norme di comportamento di base, che inevitabilmente regolano il nostro agire e regolandolo emettono scale di priorità e quindi valori e quindi scelte etiche. Gran parte di esse sono ovviamente centrate sullo scopo di sopravvivere, almeno quel tanto che basta per procreare la generazione successiva. Credo che proprio a causa di questi schemi ancestrali ed automatici di stampo emozionale, le fallacie naturalistiche ci piacciono tanto. Ancora una volta credo che cadere nel tranello della  critica alla fallacia naturalistica, sia il bisogno della neocorteccia di dominare, con i suoi raffinati ragionamenti, tutta la baracca umana, che però è anche natura e bisogno di mimesi naturale. Ancora una volta, ritengo che la procedura per il buon vivere sia quella di non lasciarsi irretire nè dalla fallacia naturalistica, ma neppure dalla fallacia artificialistica.
#8
Ciao inverno. Nel definire l'oriente il negativo dell'Occidente non fai altro che confermare la mia tesi. L'Occidente è bravissimo nel polarizzare, distinguere e classificare, così come il nostro emisfero sinistro. Si tratta naturalmente di classificazione anche quella tra emisferi, poiché è noto che, in caso, di lesioni di un emisfero, l'altro si fa carico (almeno parzialmente) delle sue funzioni. Inoltre come hai chiaramente scritto Oriente/Occidente racchiudono dentro di esse realtà estremamente varie. Eppure al di là delle differenze è possibile trovare delle affinità e non voglio neppure proclamare la grandezza dell'Oriente e la miseria dell'Occidente, semplicemente considerare che, come sempre, scegliere una sola parte, potenzialmente è un rischio. Si può usare la metafora evoluzionista ambientale, per la quale un ambiente sano è un ambiente dove vive il maggior numero di specie. Un ambiente culturale sano è un ambiente dove i valori orientali ed occidentali, intesi in questo senso "convenzionale", vivono insieme e si bilanciano.
#9
Con la tua risposta hai confermato la mia tesi, ovvero che non si tratta di spiegare ma di avere punti di vista, posizioni diverse e sostanzialmente inconciliabili, secondo una modalità, appunto, di priorità del proprio punto di vista veritativo. In ogni caso mi sembra di aver scritto che la predominanza individuale (soggetto-em. sx) su quella collettiva (oggetto-em. dx), è un processo non ancora concluso e che prefigura esiti sempre aperti. Aver spinto l'acceleratore sulla soggettività, inoltre, ha probabilmente permesso all'uomo di raggiungere quel balzo tecnologico che ci permette di vivere nel comfort. Tornando ad Edipo, è la sua sete di conoscenza come soggetto individuale che si contrappone al coro. E la sua ricerca della verità ha effetti ambivalenti, uccide il padre, sposa la madre, ma libera la città dalla pestilenza ed infine si acceca. Il superamento del tempo del mito presuppone inevitabilmente l'amplificazione della soggettività. La soggettività e l'individualismo non sono negativi in sé ma lo diventano in un ambiente dove dominano, sottomettendo la predisposizione agli interessi verso la collettività. Credo che in questo momento storico, l'Occidente classico stia attraversando una crisi che, in certi ambienti/movimenti/partiti si cerca di sanare "amplificando" l'individualismo e tutto ciò che si riferisce "retoricamente" all'em. sx: misurazione, classificazione, definizione, giudizio, separazione, affermazione, scissione.
#10
Provo a spiegarmi cercando un'altra via. Noi siamo individui. Siamo separati dai nostri simili e dall'ambiente da un confine, la pelle. Eppure siamo anche organismi "sociali". Sono stati trovati anziani curati fin dall'epoca preistorica. Uno degli stati affettivi di base dei mammiferi è la sofferenza (Grief, da non confondere con il dolore, pain), ovvero il senso di angoscia che proviene dalla solitudine, dal non riconoscimento. Ed ancora quante volte incorporiamo in noi ideali, comportamenti di chi amiamo o ammiriamo. Quindi nell'uomo, inevitabilmente (come in tutti i mammiferi) c'è un gioco oscillatorio fra individuo e collettività. La scommessa dell'Occidente è stata quella di puntare principalmente sull'individuo a scapito della collettività. Un processo non lineare. Anche in Occidente ci sono state epoche di ritorno della mentalità collettive. Anche i sovranismi attuali sono un tentativo (disfunzionale) di recuperare una dimensione collettiva. Ma il processo negli ultimi 50 anni si è incredibilmente accelerato verso il dominio del soggetto sul collettivo. Tieni presente che questa distinzione è iscritta nella stessa struttura cerebrale. Per questo parlo di em. sx ed em. dx. Perché i due emisferi sono specializzati in due funzioni entrambe necessarie per la sopravvivenza della specie. Vivere come un soggetto separato e, contemporaneamente, considerare che anche l'altro è necessario alla sua sopravvivenza. Alcuni meccanismi anche culturali (come l'ipertecnologia) stanno interrompendo la dialettica e il reciproco scambio fra queste due visioni.
Ciò che dico opera molto più in profondità rispetto alla costruzione di imperi coloniali, i quali possono giustamente essere organizzati in modi più o meno tirannici. Non tutti gli imperi coloniali sono stati identici: ciò che faceva il nazismo in Ucraina è molto diverso dai patti foederati di Roma, o più laconicamente di quanto fanno gli Stati Uniti con le loro colonie europee (i quali hanno copiato il sistema dalla Gran Bretagna che lo copió da Roma).
Ovviamente ciò che dico è solo la rivisitazione di temi già affrontati con ben altri strumenti interpretativi. Quello che constato è la sempre maggiore fondatezza di questa ipotesi e la sua potenziale distruttività.
#11
Grazie per l'intervento Anthony. La distinzione oriente/Occidente ha una storia millenaria. Le origini sono da rintracciare nelle guerre fra Persia e Grecia, fra il supposto popolo libero e democratico e quello tirannico. Montesquieu riprese quella distinzione e l'attualizzó. Non la vedo comunque solo in questo modo. E neppure nel senso di opposizione razionalità/emozione. Perlomeno non del tutto. La distinzione consiste nella creazione "esclusivamente occidentale" del soggetto distinto dall'oggetto. In questa scissione sta il segreto (e la rovina) dell'Occidente. Perché se l'oggetto è distinto posso "usarlo", "consumarlo", trasformando prometeicamente il mondo. Ed è per questo che l'Occidente ha colonizzato il mondo (a differenza della Cina), non per la sua vocazione mercantile. A monte di quella vocazione c'è l'invenzione della soggettività scissa dall'oggetto. Un percorso accidentato che ha portato anche dei considerevoli benefici. Un libro come le Confessioni di Agostino poteva essere scritto solo da un Occidentale. Il prezzo da pagare è però elevato se non ci sono contropoteri a frenare l'idolatria verso la soggettivitá. Poiché in questo modo scompare l'umanità come relazione, l'umanità come capacità olistica di empatizzare, con gli altri, con le piante, addirittura con le strutture materiali della terra, l'acqua, l'aria, le montagne. Tutto si "spiega" in Occidente: le pieghe, le ombre, il lato oscuro di ognuno di noi, è sinonimo di malattia. La soggettività occidentale preferisce il contrasto che misura: bianco o nero. Tornando a Foucault che ha ispirato questa discussione, la psichiatria è occidentale ma resta il non dicibile della follia. E la sua vera cura è accettare la parte di follia che alberga in ognuno di noi, la parte di male, di malvagità che dobbiamo riconoscerci per non fare la fine di Edipo, personaggio ancora in bilico fra Oriente ed Occidente.
#12
"Nell'universalità della ratio occidentale esiste una separazione rappresentata dall'Oriente: l'Oriente pensato come l'origine, sognato come il punto vertiginoso dal quale provengono le nostalgie e le promesse del ritorno, l'Oriente offerto alla ragione colonizzatrice dell'Occidente, ma indefinitivamente inaccessibile, perché rimane sempre oltre il limite, notte dell'origine, in cui l'Occidente si è formato, ma in cui ha tracciato una linea di separazione, l'Oriente è per esso tutto quello che esso non è, benché debba cercarvi la sua verità primitiva." Questo passo tratto da "Storia della follia nell'età classica", da solo vale il prezzo del libro. Da un lato l'Occidente che classifica, distingue, misura, scinde e si espande nella storia. Dall'altro l'Oriente, come ciò che non si lascia definire, che è vitalmente oscuro. In un altro passaggio si cita una poesia "je nommerai desert ce chateu que tu fus,nuit cette voix, absence ton visage". L'Oriente appare come un enorme "inconscio" che viene divorato dall'Occidente colonizzatore. Un inconscio che conosce i suoi migranti di ritorno come i due Kurz (heart of darkness e Apocalypse now). Ma nel momento in cui l'enigma viene risolto e la sfinge si uccide la tragedia è pronta a bussare alla porta e la ratio si scioglie come l'Orrore evocato sempre da Kurz e dal suo antenato McBeth.
Allora la lezione è sempre la stessa "il mesotes" capace di accettare il politeismo dei valori, ratio diverse che solo convivendo permettono un sano ambiente ecologico, che dal piano culturale inevitabilmente sfocia in quello propriamente naturale. Si potrebbe dire in qualche modo che il riscaldamento globale è iniziato con Sofocle.
Ed ancora, a proposito di provocazioni, per epater le bourgeois, non sembra che le due rationes, occidentale ed orientale, siano sovrapponibili ai due emisferi del cervello e alla progressiva sottomissione di uno, il destro (Oriente) al sinistro (Occidente)?
#13
Tematiche Filosofiche / Re: Mah...ditemi voi
14 Luglio 2025, 08:30:08 AM
Fai un sacco di domande. Per rispondere servirebbero un migliaio di pagine. A me quello che mi ha colpito è questo bisogno di risposte a cui si contrappone il rifiuto di impegnarsi. A costo di sembrare bacchettone (in questi tempi insani), posso solo dire che per trovare una risposta alle domande serve disciplina. Personalmente l'ho appreso all'università. Prima era bello leggere Joyce, Nietzsche, Fromm, senza nessuna necessità di riscontro. Per carità serve anche quello, ma quando mi sono dovuto confrontare con le Costitutiones romane dalla Repubblica al Dominato, imparando a memoria tutti i loro nomi, ho scoperto cos'è la disciplina intellettuale. Senza questa, senza l'ordine che ti dice di restare concentrato per ore su un testo, le tue domande resteranno inevase. Al massimo sentirai qualche commento che ti piacerà per poi dimenticartene qualche ora dopo, lasciandoti nella condizione che fai intravedere nel tuo intervento. Ovviamente non è semplice quello che ti propongo, ma è l'unica via. Permettimi di citare Eschilo (visto che ancora non ho citato nessuno 😁): "la cura per il dolore è la conoscenza".
#14
Excursus per corroborare la tesi relativa all'ebraismo nella top rank dei Nobel. Credo che dipenda dal fatto che l'ebraismo sia per antonomasia "la religione del libro" e come solleciti, quindi, i suoi seguaci a studiare (specialmente in certi paesi dove lo studio è comunque sostenuto, infatti i nobel ebrei li troviamo soprattutto nelle culture anglosassoni). La pressione esercitata da secoli nei confronti degli ebrei li ha inoltre spinti a "dover eccellere". Infine una volta attivata la ruota, è inevitabile che il figlio di un fisico nucleare ebreo, si faccia largo in campo intellettuale, perché per lui la cultura sarà una dimensione naturale, coltivata fin dalla più tenera età. A tutto questo, per sovrapprezzo possiamo anche aggiungere il mito del popolo eletto, che anche secolarizzato, può produrre il classico effetto da "selfullfilling prophecy".
#15
CitazioneInsomma invito a non sbandare il discorso verso lo psicologismo e presunte incapacità personali o individuali. 
Sono d'accordo, ma per caso questa regola non potrebbe valere anche per te? Hai presente quante volte hai dato giudizi sulle persone e non sull'argomento ed anche quando lo hai fatto sull'argomento non ti sei impegnato in diplomazia. Ti invito a rileggerti.