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Messaggi - sgiombo

#1096
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 21:34:02 PM

Ciao, Mauro!



Ardita é certamente (sono sempre stato piuttosto spericolato, non solo in moto ma anche nel ragionare) la mia convinzione del carattere acquisito culturalmente e non biologicamente-evolutivamente (acquisito filogeneticamente, innato ontogeneticamente) del linguaggio (ne abbiamo anche parlato in una lontana discussione nel forum).
Citazione

Ho trovato la discussione nell quale abbiamo accennato alla questione della natura congenità o acquisita del linguaggio: é "Homo faber" del settembrte dell' anno socrso.

Per qualche eventuale masochista che volesse approfondire -e auspicabilmente criticare- le mie opinioni in proposito, le ho sviluppate qui:

https://www.riflessioni.it/lettereonline/linguaggio-istinto-naturale-o-artifizio-culturale.htm

Certamente fra natura e cultura, fra umano e non-umano non esistono confini netti e precisi (e dunque in termini etici é necessario un prudenziale "eccesso di cautela": aborto non oltre il terzo mese, "staccamento delle spine" non prima di qualche anno di coma, salvo devastanti distruzioni cerebrali documentate dalla TC o dell' RM, ecc.;
Citazione
Prima che la Ipa mi bacchetti come cattocomunista mi affetto ad aggiungere che nell' "ecc." é compreso anche:

E salvo auspicabilissime disposizioni preventive del diretto interessarìto (testamentio biologico).

ovvero necessità di permettere di interrompere una vita essendo sicuri di essere certamente un po' oltre l' assenza di umanità e non nel pur minimo dubbio che si potrebbe essere "al di qua del vago e inconoscibile confine" fra umanità e non-umanità).
Non si può stabilire un momento preciso in cui é iniziata la storia umana come sviluppo della storia naturale esattamente come Non si può stabilire un momento preciso in cui un feto (o quasi sicuramente un neonato di almeno alcuni mesi; ma per l' esigenza di prudenza di cui sopra nessuno oggi ammetterebbe l' infanticidio; almeno che io sappia) é autocosciente o in cui un organismo umano é in coma irreversibile (salvo evidenti "devastazioni anatomopatologiche").
#1097
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 20:57:10 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PMCome che sia, questo passaggio, come aveva genialmente compreso Karl Marx, coincide (temporalmente e per così dire "ontologicamente") con l' acquisizione della capacità da parte delle primitive società naturali umane di erogare un pluslavoro;


Ciao Sgiombo
Dunque, mi par di capire tu faccia coincidere l'"invenzione" del linguaggio con l'acquisizione della capacità
di erogare un plusvalore (diciamo più precisamente che il momento di passaggio fra natura e cultura vede,
contemporaneamente, il sorgere del linguaggio e la capacità di creare plusvalore)?
Embè insomma, tesi ardita (quantomeno da approfondire adeguatamente).
Credo non sia individuabile in alcun modo un momento di passaggio fra natura e cultura, così come credo non
sia individuabile un momento di "invenzione del linguaggio".
Al contrario, credo invece che un momento che vede l'acquisizione della capacità di creare plusvalore sia
individuabile (seppur non certo con netti contorni).
Più che di plusvalore però parlerei di "accumulo", visto che il plusvalore così come teorizzato da Marx
ha un preciso significato.
saluti


Ciao, Mauro!

Non faccio coincidere quella che (anticonformisticamente) ritengo sia stata l' invenzione (culturale) del linguaggio (sulla base naturale di una generica sviluppatissima "intelligenza" umana) con la produzione, attraverso il lavoro umano, di un eccesso di mezzi di sostentamento e riproduzione: fra l' una e l' altro intercorrono decine di migliaia di anni.
Piuttosto intendo sottolineare l' importanza (non esclusiva: col mio amatissimo Frederich Engels attribuisco grande importanza anche alla "manualità" umana) dell' una nel realizzarsi (metacrono) dell' altra.

Ardita é certamente (sono sempre stato piuttosto spericolato, non solo in moto ma anche nel ragionare) la mia convinzione del carattere acquisito culturalmente e non biologicamente-evolutivamente (acquisito filogeneticamente, innato ontogeneticamente) del linguaggio (ne abbiamo anche parlato in una lontana discussione nel forum).

Certamente fra natura e cultura, fra umano e non-umano non esistono confini netti e precisi (e dunque in termini etici é necessario un prudenziale "eccesso di cautela": aborto non oltre il terzo mese, "staccamento delle spine" non prima di qualche anno di coma, salvo devastanti distruzioni cerebrali documentate dalla TC o dell' RM, ecc.; ovvero necessità di permettere di interrompere una vita essendo sicuri di essere certamente un po' oltre l' assenza di umanità e non nel pur minimo dubbio che si potrebbe essere "al di qua del vago e inconoscibile confine" fra umanità e non-umanità).
Non si può stabilire un momento preciso in cui é iniziata la storia umana come sviluppo della storia naturale esattamente come Non si può stabilire un momento preciso in cui un feto (o quasi sicuramente un neonato di almeno alcuni mesi; ma per l' esigenza di prudenza di cui sopra nessuno oggi ammetterebbe l' infanticidio; almeno che io sappia) é autocosciente o in cui un organismo umano é in coma irreversibile (salvo evidenti "devastazioni anatomopatologiche").

Io ho parlato genericamente di "plusprodotto" (nel senso di "eccesso relativamente al necessario-sufficiente" per campare e riprodursi), come base della divisione dell' umanità in classi sociali e della nascita della diseguaglianza culturale ("nei blocchi di partenza").
Pur non essendo un cultore particolarmente fine di Marx (confesso che, contrariamente ad esempio a Engels e a Lenin, certi suoi testi li ho trovati chiarissimi e immediatamente condivisibili ma altri alquanto difficili: di qui la mia cautela terminologica), non credo di averne tradito il pensiero.
#1098
Ma fra terra e sole esistono una (prima) forza centrifuga e una (seconda) forza centripeta o non invece un' accelerazione centrifuga e un' accelerazione centripeta, entrambe causate dalla (unica e sola ) forza (attrattiva e quindi in un certo senso centripeta relativamente al sistema complessivo) della gravità?

("Col concorso" dell' energia cinetica).
#1099
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Dicembre 2018, 18:48:58 PM

CARLO
Ti sbagli. Se io imbraccio una balestra, non appena tiro il grilletto avremo due forze agenti: l'azione - che è applicata sul "sito" della freccia che è in contatto col filo teso - e la reazione uguale e contraria, che è applicata NON sullo stesso "sito" ma sul "sito" del filo e quindi alla balestra e al mio corpo che sono solidali con il filo. Allora tu obietterai: <<...ma la freccia e il filo della balestra si toccano, quindi azione e reazione sono applicate allo stesso "sito"!>>. Ebbene, questa tua eventuale obiezione non tiene conto del fatto che in natura il contatto non esiste! Se ingrandissimo adeguatamente il cosiddetto "punto di contatto", scopriremmo che gli atomi del filo non toccano gli atomi della freccia, ma vedremo lo strato di elettroni superficiali del filo affacciarsi (a distanza molto ravvicinata, ma mai nulla) sullo strato superficiale di elettroni della freccia. Trattandosi di due strati di cariche negative (elettroni) essi si respingono; cioè sullo strato della freccia sarà applicata l'azione, mentre la reazione opposta sarà applicata sullo strato del filo della balestra (quindi anche alla balestra, al mio corpo e alla Terra. Questo vuol dire che azione e reazione non sono mai applicate ad un unico "sito", ma su due "siti": uno appartenente ad un corpo e l'altro appartenente all'altro corpo. Poi, durante il lancio avremo due accelerazioni diverse e assolute: quella della freccia e quella, opposta, della Terra, secondo la nota legge a=F/m.

SGIOMBO
MI sembra una precisazione condivisibile, che perà non inficia il fatto che da una stessa "sede" (identificabile con un' inevitabile approssimazione) l' applicazione di un' unica forza determina sia l' azione che la reazione uguale e contraria (due accelerazioni che continuo a ritenere relative: é sempre immaginabile un terzo corpo che accelera parallelamente e conformemente al primo corpo -azione- e fra questi due corpi non c'é accelerazione e analogamente per il secondo corpo -reazione-).





SGIOMBO:
Ma l'accelerazione é un mutamento di velocità relativamente a un dato sistema di riferimento (assunto essere) inerziale.


CARLO
Certo, questo vale da un punto di vista cinematico; ma da un punto di vista dinamico, l'accelerazione è assoluta perché dipende solo dalla forza "F" applicata alla massa "m" che sono grandezze assolute. In altre parole, non ho bisogno di alcun sistema di riferimento (sdr) per stabilire che un certo corpo è soggetto ad una ben determinata accelerazione, a differenza del moto rettilineo uniforme (inerziale) il cui valore, invece, dipende in modo imprescindibile dal sdr inerziale particolare che adottiamo. Per questo l'accelerazione può essere considerata assoluta mentre non può esserlo il moto rettilineo uniforme.

SGIOMBO
Il fatto che perché si dia un' accelerazione occorre una forza non rende le variazioni di relazioni spaziali nel tempo che costituiscono sia gli stati o moti inerziali sia le accelerazioni insuperabilmente relativi.
Il concetto di "relatività", almeno per come lo intendo io secondo l' impiego comune del termine, é diverso dal concetto di "assenza di forze"; anche se in assenza di forze non si dà accelerazione (ma anche fra due treni identicamente accelerati da identiche forze motrici su due binari paralleli e contigui




SGIOMBO
Se due identici treni subiscono contemporaneamente un' identica accelerazione relativamente alla stazione, allora fra di loro (l'uno relativamente all'altro) sono in stato di quiete; e se prima dell' identica accelerazione relativa alla stazione fossero stati l'uno relativamente all' altro in moto rettilineo uniforme, vi rimarrebbero malgrado l' applicazione della forza accelerante uguale nei due casi).

CARLO
Naturalmente. Ma ciò non toglie che il valore di un moto uniforme varia col variare del sdr inerziale che scegliamo (ed è quindi relativo ad una scelta arbitraria) e che, invece, l'accelerazione è assoluta poiché è valida per qualsiasi sdr inerziale.  E se tu obiettassi: <<...ma rispetto ad un sdr non-inerziale è relativa anche l'accelerazione!>>, io ti risponderei che i moti rilevati rispetto a dei sdr non-inerziali non sono moti reali, ma apparenti, poiché violano le leggi della dinamica.

SGIOMBO
Infatti l' accelerazione di un sistema é reale rispetto a qualsiasi sdr inerziale, ma non a un sdr che relativamente a qualsiasi sdr inerziale subisca la medesima accelerazione: rispetto a questo non é reale (non accade nessuna accelerazione): é questo che intendo per "relatività (anche) delle accelerazioni.




Cit. CARLO
Io invece sono d'accordo con Mach per le ragioni sopra esposte. Infatti, l'accelerazione di un locomotore non può essere equiparato alla medesima accelerazione in senso opposto della stazione, cioè del pianeta Terra. Siamo certi che sia il treno ad accelerare, poniamo, da zero a 100 km/h, perché, se volessimo imprimere alla Terra la stessa accelerazione, sarebbe necessaria una forza (e quindi una potenza) parecchi triliardi di volte superiore a quella che le ruote del treno imprimono ai binari.
In altre parole, alla partenza del treno avremo SOLO due forze uguali e contrarie; l'azione delle ruote motrici sulla Terra (sui binari) e la reazione della Terra sulle ruote motrici; la prima imprimerà una accelerazione assoluta al pianeta  a1=F/m1, dove m1 è la massa della Terra, mentre la seconda imprimerà una accelerazione assoluta al treno a2=-F/m2, dove m2 è la massa del treno.


SGIOMBO:
La forza motrice é una sola, che accelera il treno (relativamente molto perché di relativamente piccola massa) in un senso, e la Terra (relativamente poco perché di relativamente grande massa) nel senso opposto della medesima direzione.


CARLO
Dimentichi sempre il 3° principio di Newton. La forza motrice è una sola, ma essa si sdoppia in due forze motrici: quella che accelera il treno e quella che accelera la Terra in senso opposto. Cioè il locomotore fornisce energia cinetica (assoluta) sia al treno che alla Terra. La partenza di un treno modifica il moto della Terra!! (Che poi lo "riaggiusti" in frenata o in curva è un'altra cosa).

SGIOMBO
NO, che non lo dimentico.
La forza motrice non si sdoppia: é e "rimane" una sola, ma "da sola" determina inevitabilmente due "effetti": azione (accelerazione del treno) e reazione uguale e contraria (accelerazione della stazione e di tutta la terra cui essa é solidale).
Infatti é solo il locomotore a esercitare forza motrice, tra terra e treno (e che La partenza di un treno modifica il moto della Terra, e che lo modifica pure  l' accelerazione rotatoria del secchio di Mach, é precisamente quanto ho sempre sostenuto).





Cit. CARLO:
Tutto ciò vale anche per un moto rotatorio. Per esempio: se io pongo una trottola in rotazione fornendole una certa quantità di energia cinetica "E", non possiamo dire di non poter stabilire se sia la trottola a girare rispetto alla Terra, o se sia la Terra a girare sull'asse della trottola, perché l'energia "E" che ho fornito alla trottola è incommensurabilmente minore di quella che avrei dovuto fornire alla Terra  (e alle stelle che la circondano) per ottenere la stessa differenza di velocità angolare Terra-trottola. Quindi DEVO dire che è la trottola che gira rispetto alla Terra, e NON viceversa.

SGIOMBO:
Il fatto che l'energia "E" che hai fornito alla trottola sia incommensurabilmente minore di quella che avresti dovuto fornire alla Terra per ottenere la stessa differenza di velocità angolare rispetto alle stelle che la circondano la terra e la trottola (e non rispetto alla trottola, che inderogabilmente sarebbe sempre stata enormemente inferiore in ragione dell' enorme differenza delle masse sulle quali la forza avrebbe dovuto agire) dipende solo da questa differenza di masse.
Perciò si può dire che l'accelerazione angolare è della trottola relativamente alla terra ovvero viceversa (oltre ad essere relativa al sistema solare, alla Via Lattea o a qualsiasi altro sistema di riferimento.


CARLO
Non ho capito cosa vuoi dire. Ribadisco soltanto che il sdr solidale con la trottola rotante è non-inerziale, quindi i moti rilevati rispetto ad esso (rotazione della Terra e delle stelle) sono solo apparenti, cioè si tratta di una rotazione irreale, non esistente.

SGIOMBO
Voglio dire che il fatto che hai applicato una forza alla trottola (o meglio: fra trottola e terra, tramite il tuo corpo) non toglie che le accelerazioni (fra terra e trottola e di ciascuna di esse rispetto a un terzo riferimento inteso come inerziale, per esempio il sole) sono due: quella della trottola e quella (difficilmente percettibile) della terra.
E che sono relative (che non vuol dire che accadono senza applicazione di una forza) fra loro e rispetto a un qualsiasi sdr inerziale (ma non rispetto a un sdr ugualmente accelerato -ugualmente a ciascuno dei due: trottola e terra- relativamente al quale non c' é alcuna accelerazione).
#1100
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 12:32:08 PM




L'arco temporale della vita umana (individuale), la nostra vulnerabilità e mortalità, pone un fondamento assoluto al discorso etico capace di superare ogni convenzionalismo e arbitrio nello stabilire il valore, non calcolabile in termini quantitativi, della vita umana. Su ciò si basa ogni umanesimo, compreso quello marxista. Sul sopravvivere della società umana si pone l'unico correttivo al fondamento della vita individuale, ma è di tipo trascendentale, non arbitrario-convenzionale. E sempre incarnato nella natura umana e nella sua evoluzione valoriale.
Citazione
Non comprendo.
Se non che la morte umana individuale é oggettivamente, reale e non certo qualcosa di convenzionale e arbitrario; dunque la perdita di una vita umana é qualcosa di incalcolabile quantitavamente (non é risarcibile in alcun modo, contrariamente a quanto pretenderebbe la "reificazione universale" -per così dire- capitalistica).
Nient' altro comprendo di queste parole (ma é tutto ciò che intendono dire o solo una piccola parte?).







FN è tutto il contrario di un relativista etico. Egli afferma il diritto assoluto degli aristoi (ἄριστοι) di prevalere sulla plebe. Su ciò fonda la sua etica aristocratica mischiando superiorità naturale, di sangue (con forte sfumatura sociodarwinistica), e intellettuale (philosophisch). La sua Umwertung è trasvalutazione, non negazione, dei valori. I suoi, contro quelli "degenerati" della morale degli schiavi che li trae dal mondo dietro il mondo. Mentre lui li tra(rreb)e dal mondo.
CitazioneMI sembra comunque si tratti di (pseudo-, per quanto mi riguarda) valori non compatibili con quella "etica non relativistica che è totalmente immanente, umana [da intendersi inevitabilmente come universalmente umana, mi sembra; non limitata agli uomini pretesi migliori (aristoi); altrimenti credo che dovrebbe essere "superumana"], laica di cui parli (e su cui concordo). 

Valori (transvalutati) comunque non "umani" ma dei soli "aristoi" e non affatto degli schiavi.
#1101
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 09:54:44 AM
Il relativismo etico pone sullo stesso piano il codice della strada con il fatto che senza cibo si muore. In ciò dimostra la sua incapacità di leggere, in nome della gerarchia naturalistica, la gerarchia dei valori imposti dalla dura lex naturale. Incapacità che non ritengo dovuta a carenze intellettuali, ma alla scelta ideologica di omologazione sociale propria di una koinè inumanizzante fondata sull'accumulazione capitalistica. Anche una razza di cannibali capisce la differenza tra alcuni diritti fondamentali inalienabili e le sue convenzioni. Il capitalismo, no, proprio perchè è inumano e deve rendere tutto convenzionale, anche la vita umana. Soprattutto la vita umana, perchè la sua non calcolabilità negherebbe alla radice l'universalismo valoriale preteso da, e necessario a, l'"etica" capitalistica. Questa sì totalmente arbitraria e convenzionale.

L'assoluto antropologico si regge sulla non calcolabilità del valore della vita umana. Su questo assoluto si fonda un'etica non relativistica che è totalmente immanente, umana, laica. A priori di ogni metafisica celeste. Cui toglie ogni dubbio metafisico convenzionalistico, arbitrario, il fatto oggettivo della morte individuale.


Piccola richiesta di chiarimenti (nel convinto accordo da parte mia ...di essere un rompiballe lo sapevo già).

"A priori" o "a prescindere" da ogni metafisica celeste (a me sembrerebbe un lapsus calami; o meglio "tastierae")?

Soprattutto non capisco la considerazione finale sulla morte (individuale, credo, rispetto al sopravvivervi della società umana) che supera ogni possibile dubbio metafisico convenzionalistico arbitrario circa l' etica umana).

Scocciatura più, scocciatura meno (comunque non per far dispetto a una "radicalfighetta", quale mai ti ho considerato), da che ci sono ti chiederei:
per sentito dire, da deliberato ignorante in materia, mi sembrerebbe che Nietzche neghi l' esistenza di qualsiasi etica immanente, (universalisticamente) umana, laica (mi sembra che distingua fra una in qualche modo "superiore" etica dei "signori", prepotenti, oppressori, privilegiati e una in qualche modo "inferiore" etica delle da lui disprezzatissime "plebi" biologicamente inferiori, giustamente e meritatamente sfruttate e oppresse (ma non vorrei avere sparato delle grosse cazzate).
Se é così, mi pare che almeno in questo tu non segua affatto il Friederich.2, ma ne sia anzi agli antipodi.

Grazie per l' attenzione e le auspicate spiegazioni.
#1102
Tematiche Filosofiche / Re:Darwinismo delle idee?
26 Dicembre 2018, 09:48:50 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 26 Dicembre 2018, 00:54:51 AM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 22:26:00 PM
Tralascio il solito orribile (e oggettivamente offensivo, per quanto involontariamente da parte tua, per la sua memoria) travisamento delle tesi del grandissimo Stephen Jay Gould.
Che si é sempre fieramente dichiarato "evoluzionista darwiniano" e ha sempre combattuto con la massima energia teorica le aberrazioni creazionistiche o "disegnointelligentistiche" americane.
Ha "solo" genialmente sviluppato la biologia scientifica darwiniana rilevando che l' evoluzione biologica per mutazioni genetiche e selezione naturale in generale e prevalentemente non é graduale e continua ma "a salti" e discontinua (soprattutto per gli effetti imprevedibilmente enormi che talora -raramente- possono avere talune mutazioni genetiche a causa della complessità dei sistemi biologici: il cosiddetto "effetto farfalla", del tutto afinalistico. Per esempio nei casi di exattazione, da lui genialmente scoperta come meccanismo perfettamente integrato nell' ambito dell' evoluzionismo "assolutamente" darwiniano).

CARLO
Beh, se il darwinismo è diventato neo-darwinismo soprattutto in seguito alle sue osservazioni - che inizialmente erano dai più  considerate anti-darwiniste e quindi oggetto di polemiche feroci - questo vuol dire che il "darwinismo assoluto" è un concetto molto labile.
Citazione
IL "darwinismo assoluto" te lo sei inventato tu (o Arcidiacono o qualche altro ideologo antiscientifico) : nessuna teoria scientifica é, per definizione, assoluta".

I nemici di Gould lo possono aver considerato "anti-darwinista" solo perché erano (e sono) loro stessi dei pessimi darwinisti preda di pregiudizi ideologici antiscientifici (reazionari, per la cronaca).



E se consideriamo che la casualità darwiniana è un'ipotesi non solo indimostrata, ma infalsificabile, proprio perché qualunque evento intenzionale può SEMPRE essere spiegato come casualità (magari come casualità fortunata) senza tema di smentite,  allora la solidità del darwinismo non è così granitica come la si vuol dipingere.
Citazione
A questo proposito resto fermo nella mia decisione di non perdere inutilmente tempo dietro alle farneticazioni dei negatori della scienza biologica (ne ho già perso troppo in passato).



Ci sono casi in cui ognuno di noi sa ben distinguere tra un atto intenzionalmente orientato a un fine, e un atto involontario, cioè causato da fattori contingenti che esulano da qualsiasi scopo. Il problema è che il linguaggio scientifico - nato per descrivere SOLO gli eventi causali della natura - è incapace di definire-contemplare eventi finalistici. Cosicché, proprio a causa di questo grave limite della scienza, ogni dimostrazione scientifica del finalismo è impossibile, anzi l'idea stessa è priva di senso. E allora un concetto come la casualità, la cui estrema elasticità le permette di spiegare qualunque evento possibile come causale-casuale, è una vera e propria manna dal cielo. Basta dimenticare che si tratta di un'ipotesi indimostrata e infalsificabile, e il gioco è fatto: nessuno potrà mai dimostrare che migliaia di organismi come questi o simili a questi....:
Citazione
Quello che chiami "grave limite" é il pregio della scienza (delle scienze naturali), che giustamente studia il mondo material naturale, nel quale non si dà alcun finalismo ma solo (un indimostrabile: Hume) causalismo, evitando qualsiasi antropomorfismo teleologico.  
Finalismo si dà unicamente nel mondo intenzionale cosciente (di sicuro si sa che tale é solo quello umano e in minor misura d altri animali); che peraltro non contraddice il causalismo del mondo naturale..
Con Hume non dimentico mai che il causalismo o determinismo naturale é un' ipotesi non dimostrata (non dimostrabile essere vera; né dimostrabile essere falsa); ma so anche che é un' ineludibile conditio sine qua non della conoscibilità scientifica.



...NON sono il risultato della cieca casualità e della selezione naturale.
Ecco cos'è il neo-darwinismo: un darwinismo metamorfizzato capace di fagocitare in sé tutto e il contrario di tutto, comprese le osservazioni-scoperte di Goul & Eldrege che, invece, sono molto coerenti con il paradigma finalista e remano decisamente contro il darwinismo classico. Una creatura epistemica subdola e ingannevole ma persistente e tenace in quanto funzionale alla dominante fede materialista. Di essa, purtroppo, ci libereremo solo quando conosceremo molto a fondo le dinamiche genetiche, ...cioè tra qualche secolo.

Beh, adesso vado a dormire. Continuerò domani.
CitazioneQuello che chiami "grave limite" é il regio della scienza (delle scienze naturali), che giustamente studia il mondo materiale naturale, nel quale non si dà alcun finalismo ma solo (un indimostrabile: Hume) causalismo, evitando qualsiasi antropomorfismo teleologico.  
Finalismo si dà unicamente nel mondo intenzionale cosciente (di sicuro si sa solo che tale é quello umano e in minor misura d altri animali); che peraltro non contraddice il causalismo del mondo naturale.
Con Hume non dimentico mai che il causalismo o determinismo naturale é un' ipotesi non dimostrata (non dimostrabile essere vera; né dimostrabile essere falsa); ma so anche che é un' ineludibile conditio sine qua non della conoscibilità scientifica.

A ridagliela! 
Le geniali scoperte di Guold ed Eldredge non son affatto state "fagocitate"  dal neodarwinismo, ma sono sempre state "ab initio" un coerentissimo sviluppo del darwinismo (come vorrei che Eldredge venisse a conoscenza d queste tue affermazioni, così ti "strapazzerebbe dialetticamente" a dovere!)

Quanto alla fine del darwinismo, aspetta e spera...
#1103
Citazione di: InVerno il 26 Dicembre 2018, 08:49:47 AM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PM
Secondo me (e come già evidenziato da Ipazia e da altri) il punto di partenza della diseguaglianza sociale (non ineluttabile e non necessariamente oppressiva, almeno in ultima analisi, in linea puramente teorica, di principio; cioè considerando la cosa molto astrattamente, prescindendo da tanti aspetti particolari e concreti della realtà) si identifica con il punto di passaggio dalla storia naturale alla storia umana, dalla natura alla cultura (o meglio: piuttosto che di "passaggio da a" si dovrebbe parlare di "sviluppo nell' ambito di", posto che la cultura in nessun modo può prescindere dalla natura, ignorarne o men che meno violarne le modalità del divenire ordinato secondo leggi universali e costanti; id est -non riesco a evitare di sottolinearlo- il determinismo).
Se cosi fosse, non ineluttabile, come spieghi le gerarchie del mondo animale? La diseguaglianza non pare proprio un elemento esclusivamente antropico, essa è presente anche  in natura non solamente tra i famosi animali sociali dove comunque è prominente? I ratti non sono animali prettamente sociali, eppure diversi studi di laboratorio hanno dimostrato come essi riescano a stabilire relazioni gerarchiche e come siano capaci di comportamenti "etici" all'interno di esse. Per esempio se un ratto molto grande e un ratto molto piccolo cominciano a giocare, il ratto grande avrà la meglio nel gioco, e il piccolo ad un certo punto stufo di perdere smetterà di giocare. Allora il ratto più grande incomincia a perdere di proposito pur di invogliare al gioco il piccolo, cioè agisce in termini di "riequilibrio gerarchico", facendo sano "populismo tra ratti". Purtuttavia le gerarchie e la "diseguaglianza" è visibile anche in animali ancora più lontani da noi, come i crostacei, rendendo difficile isolarla anche al solo mondo dei mammiferi. Se c'è qualcosa qui che è un artifizio antropico è l'eguaglianza, non la diseguaglianza gerarchica, essendo che è impossibile individuarla nel mondo animale.

Ma tutte queste disuguaglianze naturali si realizzano "a posteriori" a partire da "blocchi di partenza equamente allineati".

Il ratto più forte non nasce dominante a priori, non eredita questa funzione nel branco dal padre o dalla ben più certa madre, ma se la conquista a posteriori confrontandosi "lealmente", "secondo regole eque", e non "in una corsa ad handicap" (per nessuno) con gli altri ratti meno forti.
Che poi possa gestire "più o meno populisticamente (metafora per metafora, preferirei dire "democraticamente") il suo ruolo doi dominate conquistato "partendo da blocchi equi, bene allineati". mi sembra un altro discorso.
Non mi sembra che nessuno in questa discussione abbia negato le diseguaglianze in natura, ma casomai le diseguaglianze "da privilegi a priori", ovvero "nei blocchi di partenza".

MI sembra una ben misera deformazione caricaturale e fraintendimento innaturalistico dell' uguaglianza sociale (e in particolare del' uguaglianza nel socialismo e nel comunismo) identificarla, anziché con lo stato in cui la realizzazione umana di ciascuno é la condizione della realizzazione umana degli altri, un una ridicola uniformità conformistica.
#1104
Citazione di: Carlo Pierini il 25 Dicembre 2018, 22:00:30 PM

Citazione di: Carlo Pierini il 25 Dicembre 2018, 22:00:30 PMCARLO
A dire il vero, non è uno, ma sono almeno due i punti fisici in cui risultano applicate, rispettivamente, l'azione e la reazione. Se fosse solo un punto, essendo uguali in valore assoluto e opposte nella direzione, si annullerebbero e ogni variazione di movimento dei corpi sarebbe impossibile. Quindi la relatività riguarda solo il modulo, non esistendo nello spazio alcuna direzione privilegiata.

SGIOMBO:
Il punto (astrazione geometrica utile ai calcoli e alla pratica; in realtà si tratta di una superficie finita, della quale si può prendere in considerazione  un punto geometrico più o meno centrale) in cui si applica la forza é uno solo.
La forza, a partire da tale unico "sito" cui si applica, determina due accelerazioni -in due oggetti materiali- nella stessa direzione, in senso contrario, entrambe direttamente proporzionali alla forza stessa e inversamente alla massa dei rispettivi corpi (l' unica forza applicata nell' unico sito determina un' "azione" e inevitabilmente anche una "reazione" ad essa uguale e contraria).

Inoltre, proprio perché non esiste nello spazio alcuna direzione privilegiata, tutte le direzioni sono relative (qui "privilegiato" é mera metafora di "assoluto").
Prendere in considerazione qualsiasi direzione ha senso solamente in relazione a qualche altra direzione e non in assoluto.
Consideriamo per esempio le direzioni di due palle di biliardo, una delle quali colpisca l' altra. Ha senso dire che la direzione dell' una é quella che forma un angolo di x° relativamente a quella dell' altra (e viceversa) oppure al lato lungo del tavolo o a qualche altro riferimento arbitrariamente considerato, mentre non avrebbe senso (pretendere di) parlare della direzione dell' una o dell' altra palla a prescindere dalla relazione spaziale con un' altra di riferimento, cioé come assoluta: vorrebbe dire che quella direzione c' é ovviamente (direi "per definizione", dal momento che c' é un moto), ma non si sa quale sia.

***

SGIOMBO
Per conto mio riterrei relativo non solo lo stato (di quiete e o di moto) inerziale ma anche le accelerazioni.

CARLO
Io non direi, perché l'accelerazione consiste in un aumento di energia cinetica e quindi presuppone una erogazione di energia. E l'energia non è un'opinione, ...come sostengo le compagnie di fornitura del gas o della luce.  :) 
Di relativo nell'accelerazione c'è solo il valore della velocità iniziale, cioè, della velocità del corpo prima dell'applicazione della forza accelerante, ma non dell'accelerazione in sé intesa come incremento di energia cinetica. Cioè, io posso conoscere il valore dell'accelerazione senza conoscere i valori istantanei della velocità, sulla sola base della massa e della forza applicata (a=F/m).

SGIOMBO:
Ma l' accelerazione é un mutamento di velocità relativamente a un dato sistema di riferimento (assunto essere) inerziale.
Se due identici treni subiscono contemporaneamente un' identica accelerazione relativamente alla stazione, allora fra di loro (l' uno relativamente all' altro) sono in stato di quiete; e se prima dell' identica accelerazione relativa alla stazione fossero stati l' uno relativamente all' altro in moto rettilineo uniforme, vi rimarrebbero malgrado l' applicazione della forza accelerante uguale nei due casi).

E  d' altra parte dire che i treni o la stazione e il resto della terra mutano di velocità (= accelerano) relativamente a un certo riferimento (per esempio il sistema solare) é la stessa cosa che dire che tale riferimento muta di velocità (=accelera; in senso opposto) relativamente al treno o alla stazione e alla terra tutta: si può sempre immaginare tanto "qualcosa" che é in quiete o in moto rettilineo uniforme relativamente al treno (relativamente alla quale cosa accelerano -in diversa misura- terra e sistema solare), quanto un' altro "qualcosa" che é
 in quiete o in moto rettilineo uniforme relativamente alla stazione e alla terra tutta (relativamente alla quale cosa accelerano -in diversa misura- treno e sistema solare; quanto ancora  un' altro "qualcosa" che é in quiete o in moto rettilineo uniforme relativamente al sistema solare (relativamente alla quale cosa accelerano -in diversa misura- treno e stazione con tutta la terra).

***

CARLO
Io invece sono d'accordo con Mach per le ragioni sopra esposte. Infatti, l'accelerazione di un locomotore non può essere equiparato alla medesima accelerazione in senso opposto della stazione, cioè del pianeta Terra. Siamo certi che sia il treno ad accelerare, poniamo, da zero a 100 km/h, perché, se volessimo imprimere alla Terra la stessa accelerazione, sarebbe necessaria una forza (e quindi una potenza) parecchi triliardi di volte superiore a quella che le ruote del treno imprimono ai binari. 
In altre parole, alla partenza del treno avremo SOLO due forze uguali e contrarie; l'azione delle ruote motrici sulla Terra (sui binari) e la reazione della Terra sulle ruote motrici; la prima imprimerà una accelerazione assoluta al pianeta  a1=F/m1, dove m1 è la massa della Terra, mentre la seconda imprimerà una accelerazione assoluta al treno a2=-F/m2, dove m2 è la massa del treno.

 SGIOMBO:
Certo che  se volessimo imprimere alla Terra la stessa accelerazione relativamente ad un medesimo sistema di riferimento (per esempio la luna o il sole) , sarebbe necessaria una forza (e quindi una potenza) parecchi triliardi di volte superiore a quella che le ruote del treno imprimono ai binari; ma questo é ovvio per il semplice fatto che l' accelerazione in ciascun senso della direzione di applicazione della forza é inversamente proporzionale ala massa del corpo accelerato, e quella della terra é enormemente maggiore di quella del treno.

La forza motrice é una sola, che accelera il treno (relativamente molto perché di relativamente piccola massa) in un senso, e la terra (relativamente poco perché di relativamente grande massa) nel senso opposto della medesima direzione.
Queste due accelerazioni sono variazioni di velocità relative (oltre che l' una all' altra di esse) a sistemi di riferimento (assunti come) inerziali (per esempio il sistema solare).

***

CARLO:
Tutto ciò vale anche per un moto rotatorio. Per esempio: se io pongo una trottola in rotazione fornendole una certa quantità di energia cinetica "E", non possiamo dire di non poter stabilire se sia la trottola a girare rispetto alla Terra, o se sia la Terra a girare sull'asse della trottola, perché l'energia "E" che ho fornito alla trottola è incommensurabilmente minore di quella che avrei dovuto fornire alla Terra  (e alle stelle che la circondano) per ottenere la stessa differenza di velocità angolare Terra-trottola. Quindi DEVO dire che è la trottola che gira rispetto alla Terra, e NON viceversa.

SGIOMBO:
Il fatto che l'energia "E" che hai fornito alla trottola sia incommensurabilmente minore di quella che avresti dovuto fornire alla Terra per ottenere la stessa differenza di velocità angolare rispetto alle stelle che la circondano la terra e la trottola (e non rispetto alla trottola, che inderogabilmente sarebbe sempre stata enormemente inferiore in ragione dell' enorme differenza delle masse sulle quali la forza avrebbe dovuto agire) dipende solo da questa differenza di masse.
Perciò si può dire che l' accelerazione angolare è della trottola relativamente alla terra ovvero viceversa (oltre ad essere relativa al sistema solare, alla Via Lattea o a qualsiasi altro sistema di riferimento.


#1105
Tematiche Filosofiche / Re:Darwinismo delle idee?
25 Dicembre 2018, 22:26:00 PM
Tralascio il solito orribile (e oggettivamente offensivo, per quanto involontariamente da parte tua, per la sua memoria) travisamento delle tesi del grandissimo Stephen Jay Gould.
Che si é sempre fieramente dichiarato "evoluzionista darwiniano" e ha sempre combattuto con la massima energia teorica le aberrazioni creazionistiche o "disegnointelligentistiche" americane.
Ha "solo" genialmente sviluppato la biologia scientifica darwiniana rilevando che l' evoluzione biologica per mutazioni genetiche e selezione naturale in generale e prevalentemente non é graduale e continua ma "a salti" e discontinua (soprattutto per gli effetti imprevedibilmente enormi che talora -raramente- possono avere talune mutazioni genetiche a causa della complessità dei sistemi biologici: il cosiddetto "effetto farfalla", del tutto afinalistico. Per esempio nei casi di exattazione, da lui genialmente scoperta come meccanismo perfettamente integrato nell' ambito dell' evoluzionismo "assolutamente" darwiniano).
MI dispiace ma, per parlare con franchezza, la tua citazione di Arcidiacono (che con tutta evidenza non ha capito proprio nulla degli equilibri punteggiati) é una grossissima cazzata che avrebbero fatto incazzare non poco Gould se l' avesse letta (come si suol dire: lo fan rigirare nella tomba).
E anche su Popper ci sarebbe da dire; ma il tempo stringe.

Le analogie vanno prese con le pinze.
Di per sé non dimostrano mai nulla, ma possono soltanto euristicamente servire a risolvere problemi.
Premesso questo, rilevo che ogni rivoluzione scientifica non é nata nella mente di un geniale ricercatore già "finalisticamente progettata all' uopo" come minerva nella testa di Zeus.
Per esempio prima che Einstein proponesse le teorie della relatività, lui e altri avevano pensato a un numero indefinito di altre soluzioni dei problemi rilevati nelle "vecchie" teorie da superare; avevano pensato, del tutto "a casaccio", cioè cercando di immaginarle arbitrariamente, così come casualmente si affacciavano alla loro fantasia, "scenari" che le potessero forse, se  fossero stati fortunati, risolvere (in buona analogia con l' accadere di mutazioni genetiche "casuali"; ovvero determinate meccanicisticamente in modi complessi e di fatto non prevedibili, se non dalla famosa "intelligenza di Laplace", da lui per primo dichiarata a chiare lettere inesistente -un mero esperimento mentale- contrariamente a quanto insinuato da Marcello Cini, Ilia Prigogine e altri suoi detrattori). Comunque non intenzionali o finalistiche (unico fine era la sperata, ma non aprioristicamente stabilita, sostanzialmente fortunata se e quando fosse accaduta, adeguatezza alle osservazioni empiriche di ciò che provavano a immaginare senza alcuna "guida teleologica" che la garantisse).
Poi questi casuali scenari ipotetici venivano sottoposti: prima a una critica puramente logica aprioristica che ne evidenziasse eventuali contraddizioni (intrinseche alle novità proposte o più spesso ovviamente fra queste e i fatti empiricamente già noti); e poi, se superavano questo primo vaglio critico razionale, al confronto con osservazioni empiriche appositamente ricavate dal cimento sperimentale della realtà naturale.
Solo se superavano (selettivamente rispetto alle altre alternative immaginate) questa possibile falsificazione empirica diventavano nuove teorie scientifiche accettate , del tutto analogamente al fatto che le mutazioni genetiche "casuali" solo se superano il vaglio della selezione naturale si propagano nel mondo vivente).
Ancor più evidente é l'analogia nel caso del passaggio dal geocentrismo all' eliocentrismo, con vari modelli "ibridi" (per esempio quello di Ticho Brahe) casualmente presi in considerazione e "abortiti" perché eliminati dalla "selezione" delle osservazioni empiriche.
Lo stesso primitivo eliocentrismo "puro" copernicano non ha superato la "selezione empirica", contrariamente a quello più sofisticato immaginato come ipotesi in maniera altrettanto arbitraria, non finalistica, "casualmente affacciatasi alla sua fantasia" da Keplero e non falsificato da quell' "analogo della selezione naturale" costituito dal cimento empirico.

Dunque l'EVOLUZIONE della conoscenza scientifica, del tutto analogamente all' evoluzione biologica, è un processo creativo-innovativo che meccanicamente e non finalisticamente *tende verso* una sua maggiore coerenza-armonia del sapere con gli innumerevoli aspetti del mondo reale, per immaginazione arbitraria non aprioristicament finalizzata, ("cieca", "casuale") e successiva selezione (non falsificazione) empirica.
#1106
Il principio newtoniano di azione e reazione impone un carattere inevitabilmente relativo alla forza, nel senso che essa si applica in un punto dello spazio fra due sistemi che subiscono un' accelerazione ciascuno, inversamente proporzionale alla propria massa e direttamente proporzionale alla forza stessa: non si applica mai a un corpo materiale o sistema fisico solo, "assolutamente considerato", ma solo in relazione a (fra esso e) un altro corpo.

E' invece inevitabilmente relativa per modulo (e analogamente per direzione), nel senso che la si può conoscere quantitativamente unicamente in rapporto con altre forze (o con una forza "standard" arbitrariamente stabilita come unità di misura: come per qualsiasi altra grandezza fisica non ha senso attribuire a una qualsiasi forza, considerata di per sé, in assoluto, una qualsiasi entità.

Per conto mio riterrei relativo non solo lo stato (di quiete e o di moto) inerziale ma anche le accelerazioni.

Mach, nel suo famoso esperimento mentale, sostiene che la forza centrifuga che fa innalzare l' acqua lungo le pareti del secchio dimostrerebbe l' assolutezza del' accelerazione circolare cui esso é sottoposto (mentre il resto dell' universo si rverebbe in stato inerziale).
Ma dimentica che se un coppia di forze rotazionale é applicata al secchio, allora per il principio di azione e reazione é applicata fra cerchio e  qualcos' altro (il soffitto cui é agganciata la corda che sostiene il secchio, con tutta la casa e il pianeta dove si trova): se l' accelerazione centrifuga dell' acqua nel secchio é ben rilevabile é solo per l' esiguità della sua massa, ma un' accelerazione -di senso contrario- direttamente proporzionale alla forza la subisce anche l' edifico e il pianeta dove si trova il secchio (é difficilissimo accorgersene perché inversamente proporzionale alla massa enorme di tutto ciò, ma é ben reale e proporzionale alla forza).

D' altra parte consideriamo una qualsiasi accelerazione.
Per esempio quella di un treno cui sia applicata la forza motrice di una locomotiva.
Nulla vieta che ci possa essere su un altro binario parallelo un secondo identico treno nello stesso istante accelerato identicamente da un' identica locomotiva, relativamente al quale il primo treno sarebbe fermo, in rapporti di apparente inerzia (mentre accelerata sarebbe la stazione con tutto il resto).
La pretesa di Mach che gli effetti facilmente rilevabili dell' applicazione della forza (motrice delle locomotive) renderebbe assoluta l' accelerazione dei due treni (pacchetti in bilico sui sedili che cadessero analogamente all' acqua che si innalza lungo i bordi del secchio)  é confutata dal principio di azione e reazione per il quale non é vero che ci sia un assoluta accelerazione dei treni stessi, ma c' é invece una relativa accelerazione fra i treni e la terra (che rispetto a un "terzo riferimento", per esempio la luna o il sole, sarebbe impercettibile, contrariamente a quelle dei treni, ma solo per l' enormità della massa terrestre alla quale é inversamente proporzionale; ma non per questo sarebbe meno reale: con strumenti sufficientemente sofisticati si potrebbero in linea teorica o di principio rilevare nanometriche o men che nanometriche deviazioni delle foglie cadenti dagli alberi in seguito alla minima accelerazione della terra operata dalla forma motrice delle locomotive in senso opposto a quella ben più evidente -a causa delle enormi differenze delle rispettive masse- dei treni).
#1107
Citazione di: anthonyi il 25 Dicembre 2018, 19:19:17 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PM




Da allora la storia umana é iniziata come "ramo peculiare" della storia naturale ed é proseguita sostanzialmente come storia di lotte di classe.

Ciao sgiombo, capisco le tue pulsioni ideologiche ma non ti sembra di esagerare? Le società si strutturano in classi, ma ordinariamente le classi hanno funzioni specifiche che svolgono in equilibrio con le altre classi. A volte è vero che l'equilibrio si rompe, ma anche in questo caso certi rapporti funzionali vengono mantenuti. In particolare ogni società ha bisogno di classi dirigenti, per cui anche se il popolo vuol fare la rivoluzione, la farà guidato da coloro che poi diventeranno classe dirigente, e se non saranno in grado di esserlo allora povero quel popolo.
La gran parte dei conflitti che nascono nelle società non sono inquadrabili in una lotta di classe, ma sono legati a quello che accade all'interno delle stesse classi dirigenti, o al tentativo di chi tenta di diventare classe dirigente, e magari per diventarlo si inventa la lotta di classe.

Il fatto é che secondo me, pur dandosi anche conflitti e contraddizioni non di classe, sono quelle classiste a determinare in sostanza l' evoluzione (e le rivoluzioni)  storica dell' umanità.

Secondo il materialismo storico, nelle fasi di "sviluppo ordinario" effettivamente le classi hanno funzioni specifiche che svolgono in sostanziale  equilibrio (comunque innegabilmente conflittuale: basta guardarsi intorno per accorgersene) con le altre classi.

Quando gli equilibri si rompono irrimediabilmente vengono ricomposti -in generale- in termini diversi (altrimenti non si sarebbero rotti irrimediabilmente).
Ma nulla vieta a priori, in particolare dopo la rivoluzione industriale e lo sviluppo del capitalismo,  che si ricompongano nel superamento della proprietà privata e della divisione della società in classi antagonistiche (certo, come per ogni e qualsiasi altra conquista umana, sociale e solitamente anche individuale, bisogna pagare dei prezzi; in generale e salvo errori od omissioni ben diversi per oppressi e oppressori!).
O meglio: potrebbe vietarlo il compimento dell' irreversibile deterioramento della condizioni fisico - chimiche biologiche della sopravvivenza umana cui sta portando il capitalismo (anche per la tendenza di molti, di fronte a questo problema enorme, agli scenari apocalittici che prepara, a mettere la testa sotto la terra come gli struzzi, anziché rimboccarsi le maniche e disporsi ad affrontare i necessari grossi sacrifici, anche per i non possidenti, anche per i non superprivilegiati).


P.S.: più che "pulsioni ideologiche" direi di avere convinzioni teoriche (più o meno fondate, discutibilissime, ovviamente).
#1108
Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:49:23 PM
Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 16:09:27 PM

Si tratta di chiarire le categorie coinvolte e, secondo me (lo chiedo comunque ad altri), diseguaglianza e oppressione, pur essendo spesso ma non sempre correlate, non sono esattamente la medesima.


Le diseguaglianze derivanti da scelte personali non sono di tipo oppressivo. Ma quelle derivanti da diseguaglianza dei fatidici blocchi di partenza sono sempre inique.

Concordo.

E (prescindendo dalla storia concreta del "socialismo reale"; che aprirebbe un' altra enorme discussione su ciò che concretamente abbia costituito di più o meno equo, più o meno oppressivo, più o meno democratico, ecc.; cioé considerando la cosa in maniera del tutto astratta "per comodità di ragionamento", lasciando temporaneamente in sospeso le questioni complessissime del passaggio dall' astratto al concreto), solo rapporti di produzione fondati sulla proprietà collettiva sociale dei mezzi di produzione (secondo le celebri definizioni della Critica del programma di Gotha e di Stato e Rivoluzione, rapporti di produzione "socialisti"; e non: comunisti)  consente "blocchi di partenza sostanzialmente allineati" (fatta la tara di ovvi e umanamente inevitabili errori, "omissioni", imperfezioni, ecc.).
Soluzioni molto più parziali, o piuttosto "attenuazioni del problema" mi sembrano quelle "riformistiche" proposte da Oxdeadbeef, attuabili comunque nella misura in cui il potere economico e politico della classi possidenti venga per lo meno limitato dalla relativa forza politica di quelle proletarie (= non possidenti mezzi di produzione).

Ma richiamerei l' attenzione degli interlocutori sul fatto che, a parte le questioni della maggiore o minore giustizia sociale (importantissime, ma di fatto molto difformemente intese fra di noi), non mi sembra ragionevolmente dubitabile che il capitalismo, essendo fondato ineludibilmente sulla concorrenza fra unità produttive reciprocamente indipendenti nella ricerca del massimo profitto a breve termine e a qualsiasi costo, impone la produzione e il consumo illimitati di beni e servizi in un mondo realisticamente praticabile dall' uomo le cui risorse naturali (e la correlata disponibilità delle condizioni fisico - chimiche e biologiche necessarie alla spravvivenza umana) sono limitate.

Una conditio sine qua non di un loro utilizzo oculato, prudente, tale da salvaguardare la nostra specie (e molte altre) mi sembra sia costituito da una programmazione complessiva e a lungo termine delle produzioni e dei consumi, che solo la proprietà sociale, collettiva dei mezzi di produzione (oltre a consentire "blocchi di partenza ben allineati per tutti" nei limiti delle possibilità umane) renderebbe possibile (non certa, da sola).
#1109
MI suso per la lunghezza di questo intervento (malgrado i miei inauditi "sforzi di stringatezza"); chi si stufa (perché conosce già e meglio la concezione materialistica della storia o (temo in più numerosi casi) perché crede si tratti di elucubrazioni infondate, in qualsiasi momento può cestinarlo con un semplice "click" del mouse (sull' attenzione di almeno qualcuno, per esempio di Socrate78 ci conterei).

Secondo me (e come già evidenziato da Ipazia e da altri) il punto di partenza della diseguaglianza sociale (non ineluttabile e non necessariamente oppressiva, almeno in ultima analisi, in linea puramente teorica, di principio; cioè considerando la cosa molto astrattamente, prescindendo da tanti aspetti particolari e concreti della realtà) si identifica con il punto di passaggio dalla storia naturale alla storia umana, dalla natura alla cultura (o meglio: piuttosto che di "passaggio da a" si dovrebbe parlare di "sviluppo nell' ambito di", posto che la cultura in nessun modo può prescindere dalla natura, ignorarne o men che meno violarne le modalità del divenire ordinato secondo leggi universali e costanti; id est -non riesco a evitare di sottolinearlo- il determinismo).
Questo passaggio si deve secondo me soprattutto a quello che sono anticonformisticamente convinto sia stato un "artifizio", un fatto non meramente naturale ma peculiarmente culturale, ed anzi fondante la cultura, e cioè l' invenzione del linguaggio (che invece secondo le dominanti teorizzazioni chomskyane sarebbe una dotazione naturale, sorta nell' ambito dell' evoluzione biologica: costituirebbe le "fondamenta biologiche" della cultura, mentre per me si tratta già del "piano terreno dell' edificio", le cui fondamenta sarebbero costituite dal generico straordinario sviluppo naturale dell' "intelligenza", o capacità di elaborazione di informazioni, raggiunta nella nostra specie umana.
Come che sia, questo passaggio, come aveva genialmente compreso Karl Marx, coincide (temporalmente e per così dire "ontologicamente") con l' acquisizione della capacità da parte delle primitive società naturali umane di erogare un pluslavoro; ovvero di produrre mezzi di sussistenza -riproduzione che eccedessero quelli necessari e sufficienti al mantenimento e alla riproduzione (biologica) stessa della specie (di fatto l' età neolitica con gli inizi dell' agricoltura, dell' allevamento e dell' artigianato volto innanzitutto alla realizzazione degli strumento di lavoro necessari all' agricoltura e all' allevamento stessi, diversi da quelli necessari alla caccia - raccolta, già da gran tempo realizzati anche da parte di specie di ominidi precedenti la nostra,).
Su questa base l' umanità si é potuta differenziare fra i potenti e privilegiati e i subordinati e oppressi.
I potenti privilegiati, ovvero i "padroni privati" dei mezzi di produzione fondamentali (non più collettivi), cioè coloro che disponevano del potere di controllarne l' uso, la gestione (potere che trasmettevano ereditariamente ai discendenti biologici o al limite a "successori adottivi"), che fossero innanzitutto "intellettuali" (preti, sciamani, stregoni, ecc.) dotati di mezzi di dominio soprattutto teorico e/o "militari" (guerrieri in grado di difendere e le comunità all' esterno, dall' aggressività delle altre comunità e di attaccare queste ultime per aumentare la disponibilità generale di plusprodotto da dividere, nonché in grado di imporre l' ordine sociale e la distribuzione diseguale del plusprodotto all' interno delle comunità stesse) potevano permettersi di mantenersi e riprodursi senza produrre col proprio lavoro i mezzi materiali a ciò necessari grazie all' eccesso di lavoro dei subordinati e oppressi che erano costretti a lavorare sia per sé, sia (di fatto soprattutto; quasi subito in misura larghissimamente prevalente) per i potenti e privilegiati.
Così la primitiva uniformità sociale naturale si trasformava nella divisione storica, culturale in classi contrapposte per funzioni sociali, interessi materiali, ecc.; soprattutto per la diversa possibilità di disporre dell' uso ("letteralmente la "padronanza") degli attrezzi necessari al lavoro produttivo, ovvero i mezzi di produzione.
Da allora la storia umana é iniziata come "ramo peculiare" della storia naturale ed é proseguita sostanzialmente come storia di lotte di classe.
I classici del materialismo storico distinguono nel suo ambito varie fasi caratterizzate da rapporti sociali di produzione (ovvero forme di proprietà dei mezzi di produzione) nelle quali si sviluppavano le forze produttive umane fino a una certa epoca nella quale "entravano in contraddizione" con i rapporti di produzione stessi: fasi rivoluzionarie che si risolvevano o con l' instaurazione rivoluzionaria di "superiori" rapporti di produzione adeguati a consentire l' ulteriore sviluppo delle forze produttive, oppure (Manifesto del 1847) con "la rovina comune delle classi in lotta"; seguita da una lenta ripresa dello sviluppo delle forze produttive con tute le conseguenze del caso
Tutto questo é almeno in parte discutibile e discusso, ed eviterei (anche per carenza di tempo e di spazio) di parlane dettagliatamente per giungere al presente, che mi sembra un momento della storia umana altrettanto fondamentale e "decisivo" di quello del suo inizio 10 000 anni fa o giù di lì (il momento della sua possibile fine e in alternativa di un suo possibile "salto di qualità" verso una ricomposizione ad un livello "superiore", propriamente "civile", dell' originaria "naturale" uguaglianza sociale).
In tutti questi diecimila anni la possibilità umana di modificare il mondo naturale (conoscendone, scientificamente, inevitabilmente rispettandone e applicandone intenzionalmente, nei limiti del possibile, le leggi del divenire naturale stesso) é stata talmente limitata da consentire di considerare "con buona approssimazione" illimitate le risorse naturali disponibili alla trasformazione, e dunque illimitato lo sviluppo quantitativo possibile delle forze produttive.
Da almeno mezzo secolo é però evidente che lo sviluppo delle conoscenze scientifiche ha potenziato le umane capacità trasformative della natura al punto che le risorse naturali impiegabili senza consumare irrimediabilmente le condizioni della sopravvivenza della specie umana (e di tantissime altre) appaiono con tutta evidenza nella (in quella che peraltro sempre oggettivamente era stata la) loro limitatezza.
A questo punto il superamento delle diseguaglianze sociali fra privilegiati oppressori e subordinati oppressi, ovvero fra padroni dei mezzi di produzione e padroni unicamente della loro capacità di lavorare e riprodursi ("proletari") non é più "questione di tempo"; non é "destinata ad accadere prima o poi".
L' attuale fase capitalistica monopolistica (o meglio oligopolistica) della divisione sociale in classi antagonistiche si basa su rapporti di produzione che ineludibilmente impongono la concorrenza fra unità produttive di beni e servizi ("imprese") nella ricerca del rispettivo massimo profitto individuale a breve termine e a qualsiasi costo (pena la fine della loro esistenza e la loro sostituzione da parte di altre analoghe imprese più "efficienti" nella produzione di profitto a breve termine e a qualunque costo); ma questo significa inevitabilmente "segare il ramo sul quale l' umanità é appollaiata", ovvero determinare "l' estinzione prematura e di sua propria mano" dell' umanità (Timpanaro).
A questo punto il presente "bivio" fra instaurazione rivoluzionaria di "superiori rapporti di produzione" appropriati all' ulteriore sviluppo delle forze produttive e "rovina comune delle classi i lotta" si configura di fatto come alternativa fra instaurazione rivoluzionaria di "superiori rapporti di produzione" e fine della storia umana (amputazione dall' "albero della storia naturale" del ramo costituito dalla storia umana): o per tempo si realizzeranno rapporti di produzione in grado di consentire (sulla necessaria ineludibile premessa della proprietà collettiva sociale dei mezzi di produzione: letteralmente una conditio sine qua non) una pianificazione di produzioni e consumi a lungo termine e che possa essere condotta con la necessaria prudenza nel calcolo -estremamente complesso e non risolvibile con certezza ma solo con probabilità- nel rispetto di limiti quantitativi tali da non distruggere irreparabilmente le condizioni fisico-chimiche e biologiche della sopravvivenza della nostra specie (oltre che di molte altre), oppure periremo come umanità "per nostra stessa mano".
Nel primo caso potrà aversi un indefinito ulteriore sviluppo qualitativo delle forze produttive, ovvero della civiltà, della storia umana; nel secondo la storia naturale (l' evoluzione biologica) proseguirà imperterrita, per quanto da noi gravemente mutilata e "selvaggiamente amputata", del tutto indifferente (quale sempre é "leopardianamente" stata) alla nostra misera e direi vergognosa sorte.

Come scrivevo in un precedente intervento in questa discussione, il Concetto marxista "classico" di "sviluppo delle forze produttive", fortemente caratterizzato in senso "quantitativo", a mio parere in seguito a ciò che nel XX secolo si é appreso circa i limiti inderogabili delle risorse naturali realisticamente (e non fantascientificamente o ideologicamente: ideologia scientista) disponibili al' umanità necessita di essere superato in senso piuttosto "qualitativo", analogamente a come, nelle scienze naturali, la relatività ha imposto il superamento della concezione "classica" newtoniana della gravità.

Ai Giobbe che hanno avuto la pazienza di seguirmi fin qui la mia riconoscenza.
#1110
Citazione di: viator il 24 Dicembre 2018, 18:29:19 PM
Salve Ipazia. Secondo me (profondo profano ideologico) il cattocom è stato uno specchiettino per le allodole approvato dalla gerarchia catto per trattenere i seguaci facendo loro baluginare una apertura della Chiesa verso orizzonti pseudoegualitari. Uno strumento tattico, suvvia, proprio come affermi tu.
Apertura che non ci potrà mai essere in concreto poichè  richiederebbe che essa rinunci alla precisa gerarchia gregge-pastore.
Per la chiesa l'egualitarismo esiste solamente per il gregge e solamente davanti al dogma.
Poi ci sono le favolette di Natale. Sono stufo di saluti ed auguri, e gli ultimi li dedico a te.

Della gerarchia cattolica in veste di eventuale alleata, a noi comunisti (parlo per me!) non ce ne può fregare di meno.
Quel che mi interessa é che di credenti comunisti (e anche ottimi comunisti) ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno.