Citazione di: Kob il 16 Settembre 2025, 11:26:49 AMNella parte conclusiva della prefazione alla "Gaia scienza" Nietzsche scrive: "No, questo cattivo gusto, questo volere la verità, la verità a ogni costo, questa farneticazione da adolescenti nell'amore della verità – ci sono venuti in uggia: per questo siamo troppo esperti, troppo rigorosi, [...] troppo profondi...".Per poi concludere: "Oh questi Greci! Loro sì sapevano vivere; per vivere occorre arrestarsi animosamente alla superficie, all'increspatura, alla pelle, adorare la parvenza, credere a forme, suoni, parole, all'intero Olimpo della parvenza! Questi Greci erano superficiali – per profondità!"Ma allora questa gaia scienza, questa conoscenza gioiosa del mondo, che cosa sarebbe? Un fermarsi all'apparenza scegliendo di non indagare i meccanismi profondi della natura? Un atto estetico?No, niente di più sbagliato!Sappiamo che Nietzsche era a conoscenza del lavoro di Ernst Mach e nel periodo tra la prima e la seconda edizione della Gaia scienza (1882-1887) leggerà con attenzione il testo di Mach sulle sensazioni.Per Mach la scienza è un processo biologico. Esprime l'adattamento dell'organismo alle condizioni esterne. Non c'è salto qualitativo tra istinto e intelligenza. In entrambe i casi l'organismo si calibra sui fenomeni esterni. Questo significa che la conoscenza non è una rappresentazione degli oggetti, ma costruzione di modelli per orientarsi nel mondo.Quindi non c'è alcun fondamento del reale. Le leggi scientifiche rivelano relazioni di fenomeni. La causalità è un pregiudizio. Noi osserviamo soltanto che al variare di un fenomeno segue la variazione di un altro fenomeno. Questo non significa affatto che uno sia causa dell'altro.L'affinità con certe idee di Nietzsche è evidente. Mach però oltre ad essere filosofo era anche scienziato. La sua conoscenza diretta dell'impresa scientifica garantisce alle intuizioni di Nietzsche una validità epistemologica. Così appare chiaro come l'operazione di riduzione di Nietzsche a esteta sia superficiale.Prendiamo ora §1 "I teorici del fine dell'esistenza".Sinossi.Tesi di partenza. Guardati da vicino o da lontano, gli uomini sembrano tutti impegnati — consapevoli o no — a favorire la conservazione della specie. Non per "amore dell'umanità", ma per un istinto antichissimo, che è l'essenza della nostra specie.Rivalutazione di utile/dannoso. A conti fatti non è semplice separare chi giova e chi nuoce: anche il "più dannoso" può risultare utile alla specie perché preserva energie/istinti (odio, crudeltà, dominio, rapina) che, pur costosi e "malvagi", hanno impedito l'infiacchimento dell'umanità.Di una vita del genere, della propria vita, allora non rimarrebbe che riderne. La vita non si è ancora del tutto rivelata come commedia.Ora domina un altro tempo: il tempo della tragedia, delle morali e delle religioni.Chi sono i "teorici del fine". In questo tempo tragico compaiono ciclicamente fondatori di morali e religioni (e il loro seguito: poeti, "macchinisti", confidenti, ecc.). Essi mettono in scena grandi drammi morali, accendono contese sui valori, predicano rimorsi e guerre sante. Ma, così facendo, promuovono la fede nella vita e quindi, di nuovo, la vita della specie.Come operano. L'istinto di conservazione si traveste da ragione e passione: erige un ricco apparato di motivi e "perché", comanda che la vita sia amata e che l'uomo promuova lo sviluppo di sé e del prossimo. Sono invenzioni (anche azzardate o "contro natura"), ma hanno avuto effetto: senza questi eroi e le loro costruzioni l'umanità sarebbe crollata più volte.Doppio movimento. Alla lunga il riso, la ragione e la natura "correggono" quelle grandi tragedie, come onde che le spazzano via. E tuttavia proprio quelle comparse tragiche hanno trasformato l'umanità: la specie ora ha bisogno, periodicamente, di una fiducia nella vita e di credere che nella vita ci sia "ragione".C'è una legge di flusso e riflusso: tempi del riso e tempi della tragedia si alternano — entrambi servono la vita.Fine della sinossi.Nietzsche lascia però in sospeso l'essenziale. O meglio, preferisce non parlarne in modo diretto: se con i flussi e riflussi, oggi, nel nostro tempo, possiamo dire di poter ridere delle ambizioni delle religioni e delle morali, non possiamo dire la stessa cosa della vita in generale. In altre parole il ciclo di moralisti e tragedia ci ha lasciati con il bisogno di prendere sul serio la vita, di cercarne un senso, un fine, una stabilità.Ma che ruolo gioca in questo la gaia scienza? Una conoscenza profonda, spregiudicata, ma nello stesso tempo purificata dal bisogno di un fondamento, di un'origine, di un senso. Verso dove ci potrebbe condurre?
Io credo che tu personalmente, a un certo punto della tua vita devi volere che il mondo non abbia senso, per "esaurire" fino in fondo questo particolare volere, appunto, il volere rivolto al non senso, e cominciare a volere altro, cioe' a dare senso al mondo in modo nuovo e creativo, come farebbero il fanciullo o il superuomo.
Devi vedere nuove possibilita' e liberazione, laddove gli altri vedono solo angoscia e oppressione. Il fatto che il mondo non abbia senso per i piu' e per il senso comune e' una notizia negativa? Ebbene, per te, invece, deve essere positiva. Devi sentire dentro di te, il senso di nuovo inizio e di liberta' che deriva dall'insensatezza stessa del mondo e della vita.
E' la volonta', che manda avanti il tempo, cioe' la volonta', sostanzialmente, come forza personale e anche cosmica e impersonale, vuole divorare se stessa e ininterrottamente mutare e cambiare, il tutto nel "contesto" di un universo che contiene solo se stessa; quindi, essa non e' mai paga di nulla, e fornisce con il suo stesso esserci un abbozzo di spiegazione al perche' della sofferenza dell'uomo, ma non e' nemmeno un assoluto statico e filosoficamente "spendibile" che possa prendere il posto del defunto Dio.
La fame dell'uomo non si colma perche' e' fame di divenire. Non e' "previsto" che si colmi. Se tu questo lo sai, sai anche che l'unico "attraversamento" possibile del problema del non senso della vita, quando lo incontri, e' volerlo. Il non senso, intendo, non il (relativo) problema. Volerlo, ti portera' dritto dritto ad un altro, volere. Non volerlo, eternizzera' la situazione problematica in cui ti trovi quando sei davanti alla Medusa, cioe' sei tu, che credendo alle "balle" della metafisica, (compresa, prima di tutto, la balla che afferma che hai bisogno di tali balle) pietrifichi te stesso.
I viventi, hanno fame di divenire, piu' ancora, che gli uni degli altri; la vita e' una resistenza eterna all'eterno: "conoscere te stesso" significa, pressappoco, conoscere la misura massima entro cui puoi sentirla, la vita, senza spezzarti.

ripeto, non e' in corso nessuna gara sportiva di velocita', la flottiglia e' legale, e' il blocco navale sionista, semmai, che e' illegale, oltreche' inumano...