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Messaggi - iano

#136
Citazione di: daniele22 il 07 Agosto 2025, 10:24:13 AMil classico colpo di fulmine
Non ci ho capito molto Daniele.
Comunque, se vuoi dire che il colpo di fulmine è il finale evidente di un lungo lavoro oscuro che avviene nell'atmosfera, sono d'accordo, e lo stesso lavoro potrebbe fare il processo che porta alla fede, anche se noi saremo tentati sempre di dire che siamo stati fulminati sulla via di damasco.
Possiamo parlare solo di ciò ce ci è evidente, però ciò che si può dire non esaurisce mai la questione.
La realtà non può essere come ci appare, se dietro questa apparenza c'è un lungo oscuro lavoro.
La realtà è il risultato di un calcolo che non decidiamo di fare, ma a cui si può risalire per decidere di non farlo più, o di rifarlo in modo nuovo una volta presa coscienza appunto che  dietro c'è un calcolo riproducibile a volontà o modificabile , creando una realtà virtuale la cui sostanza però non è diversa da quella naturale.
Il termine stesso ''evidenza'' richiama l'immediatezza della visione, come se non vi fossero intermediari fra noi e la realtà.
Troppo bello e troppo facile per essere vero.
L'intelligenza che porta all'intuizione è un processo logico dove si salta la coscienza di alcuni passaggi per necessità, per l'impossibilità di avere il controllo totale su tutto.
Dio ci ha lasciati liberi di scegliere, o forse semplicemente non è in grado di controllarci del tutto?
Magari è solo un povero diavolo, come noi.
#137
Tematiche Filosofiche / Re: Dio vs caso.
07 Agosto 2025, 09:09:39 AM
Le ipotesi delle teorie non sempre sono del tutto esplicitate, e a me pare che la teoria delle probabilità non dice in modo esplicito che ad ogni lancio di dado presieda un diverso Dio, o meglio, questa potrebbe essere la definizione del caso, che la teoria assume come ipotesi.
Il caso dunque non sarebbe altro che l'ipotesi divina camuffata, dissimulata da chi Dio ha negato come possibile ipotesi a priori, per dire infine, come da premessa di questa discussione, quanto le due ipotesi siano strane, a ben vedere, allo stesso modo.

Il dilemma posto da Benedetto XVI quindi, forse, non ha motivo di essere.

Insomma, a me pare che, mentre i monoteismi hanno ridotto molti dei ad uno, la scienza negandoli, li ha moltiplicati.

E qui ci sta bene un proverbio genovese che spesso cito:
''Nell'acqua che non si vuole bere ci si annega''.

Il forumista ''Duc în altum'' con la sua firma sembra indicarci da quale parte lui stia.
Forse però c'è poco da scegliere da quale parte stare, se come temo ( per dire da che parte  invece io sto) l'ipotesi divina  sia necessaria, perchè quando la neghi, allora essa, sotto mentite spoglie, sembra rispuntare fuori,
e non direi che si tratti di un caso.
#138
Tematiche Filosofiche / Dio vs caso.
07 Agosto 2025, 08:30:19 AM
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)
Questa è l'attuale firma del forumista Duc in altum!
Siccome non credo in Dio, ne al caso o al determinismo,
fra queste scelgo l'ipotesi più utile alla bisogna.
Essendo ipotesi le pongo tutte sullo stesso piano, per cui non devo fare scelte a priori, potendole mettere tutte alla prova, anche quando mi sembrassero strampalate.
A me sembrano tutte quelle sopraelencate, a priori, oggi, ugualmente strampalate.
Ma non è stato sempre così.
L'ipotesi di Dio è stata la prima a sembrarmi strampalata, e le altre solo dopo.
Immagino ciò derivi dalla mia abitudine ad usarle.
Quelle per le quali avevo maggior abitudine hanno faticato ad apparirmi come strane.
Mi pare che l'ipotesi di Dio, o fede in Dio, richieda (necessariamente ? ) il libero arbitrio, da quello che leggo in questo forum.
Questo significa che la ''teoria''  che ne deriva ponga pochi vincoli comportamentali di fatto.
Altre teorie , come quella di Darwin, ne pongono di più, lasciandoci di fatto solo liberi di applicarla o meno, ad esempio per creare nuove specie, cosa che facevamo comunque anche senza conoscere la teoria di Darwin,  in base alle conoscenze empiriche dei pastori.
Creare nuove specie per i credenti suona blasfemo, ma come detto appena sopra non è a Darwin che se ne possa dare in particolare la colpa, ma ai pastori.  Nella teoria divina è Dio a crearle, ma il buon pastore, chiamato ad esempio nei  testi sacri, pascola animali al cui accoppiamento presiede, in modo più o meno mirato, creando nuove specie.

L'ipotesi divina si differenzia dal caso perchè la prima implica volontà, ma l'ipotizzare qualcosa dotato di volontà non è comunque sparito dall'orizzonte degli degli uomini, anche quando escludano l'ipotesi divina.

Io noto che gli effetti del caso, nella sua impersonalità, non sono diversi da quelli del personale libero arbitrio.
Entrambi infatti sono ugualmente imprevedibili.

Il caso sembra un Dio a cui si sia tolto il libero arbitrio, senza incidere però in modo significativo sui risultati.
Di quella che sembra una differenza sostanziale, non si trova poi riscontro nei fatti.
Cioè, se anche immaginiamo un caso dotato di volontà, il risultato, spalmato nella moltitudine individuale, non cambia.
La vera differenza dell'ipotesi divina non è nella volontà messa in campo come libero arbitrio , ma nel fatto che, essendo Dio uno, e non tanti, non vi si può applicare la statistica.



#139
Citazione di: daniele22 il 06 Agosto 2025, 17:45:11 PMHai mai pensato che il gesto inconsapevole possa corrispondere invece all'insieme dei gesti che uno più o meno consapevolmente scarta nel mercato dei gesti disponibili? (Atti di fede compresi). E che quindi l'atto di fede esca come conseguenza.
Non vedo la consequenzialità.
Vedo, e lo comprendo, la volontà di voler controllare tutto.
Questo però non è del tutto possibile, perchè ha un costo.
Sarebbe come se ogni volta che devi applicare il teorema di Pitagora  dovessi ogni volta dimostrarlo.
Così alla fine vi poni fede, dimenticando pure quale sia la dimostrazione.
Così il teorema diventa una cosa vera in se.


#140
Citazione di: Duc in altum! il 05 Agosto 2025, 18:32:11 PMQuesto è alquanto difficile da capire (per me!).
Magari perchè è un intuizione che devo chiarire a me, prima che ad altri.
Si tratta di togliere alla coscienza il risalto che per sua natura assume.
Quindi per ogni azione conscia suppongo vi sia una corrispondente inconscia, e nel caso della fede questo mi aiuta a spiegare quale sia l'origine del concetto di verità, cioè da una fede che c'è senza bisogno di dichiararla. Quando parliamo di fede intendiamo invece automaticamente un atto conscio.
Perchè, voglio dire, che noi si parli di verità non è cosa banale.
Quindi da dove salta fuori questo concetto?
Avendo l'abitudine a parlarne, si rischia perciò di considerarlo un concetto ovvio, ma a pensarci bene non è così.
Inoltre a me pare che in molti discorsi in cui la si tira in ballo, non ci sia una stretta necessità per farlo.
Non ho mai creduto in Dio, e recentemente ho smesso di credere nella verità, rendendomi conto infine che sono la stessa cosa.
Per buon peso poi ci ho aggiunto per ultima anche la realtà, che non basta per me dire che sia inconoscibile, ma che non ha senso proprio dirlo.
Apparentemente possoggono difficolta di conoscenza  crescente, partendo dalla realtà per arrivare a Dio, passando per la verità, ma alla fine mi è apparso come siano tre diversi nomi che diamo alla stessa cosa.
#141
Citazione di: niko il 05 Agosto 2025, 17:31:46 PMIn quanto viventi, e in quanto umani, noialtri qui, sentiremo sempre la fatica, lo sforzo, il contrasto, la resistenza e l'illusione della liberta', in tutto cio' che avviene, e continuera' ad avvenire, deterministicamente.
Sono d'accordo, ciò che non si può negare del libero arbitrio è la realtà di una sensazione, quella di sentirsi liberi, ciò che può anche costare fatica.
Meno d'accordo sul fatto che la realtà sia deterministica, ne tantomeno casuale, perchè sono solo modi di descriverla che funzionano, e questo significa che noi possiamo agire come se lo fosse.
Mi rendo anche conto di farla troppo semplice, ma in fondo è proprio quello che cerco e voglio, giungere alla banalità, all'ovvietà delle cose, ma non per via dell'abitudine, grazie alla quale pur ci si riesce, ma per la strada alternativa della ragione.
Perchè, se certe cose appaiono ovvie, normali, evidenti, ci sarà pure una ragione.
#142
Citazione di: Duc in altum! il 05 Agosto 2025, 14:09:03 PMSì, e siccome non esiste l'ignoto, ma solo ciò che è temporaneamente celato, per conoscere abbiamo bisogno - inevitabilmente - della fede: "nisi credideritis non intelligetis" (San'Agostino da Ippona).
Ogni volta che sento citare sant'Agostino, esso diventa sempre più la ''mia bibbia'', perchè io non ho riscontrato in nessuno tanta profondità di pensiero, e posso dirlo perchè lo comprendo, e lo comprendo perchè ancora attuale.
Io però dico che non può esserci fede senza capacità di credere, se, come moderno, posso aggiungere qualcosa all'attualità di Sant'Agostino.
Ma alla fine, quello che io ci vedo, è un onesta intellettuale che non sembra fare a botte con la sua fede, cioè essa viene prima, e quindi in modo indipendente testimonia Dio, esempio di cui in  seguito, e fino ad oggi, io fatico a trovarne di pari.
Dico però che c'è anche una fede più profonda di quella di cui parli, una fede che non si può ripudiare perchè non si sa di avere, e che perciò somiglia a quella verità che è tale perchè non si può negare.

Secondo me non c'è nessun ignoto, ma solo cose da interpretare.
La vera realtà non è ignota, ma inconoscibile.

Non è coperta, non è da discoprire, perchè non ha un corpo da vestire per creare mistero, per questo gliene possiamo dare diversi.


#143
Citazione di: niko il 05 Agosto 2025, 13:09:46 PM> si conosce per vivere > e non si vive per conoscere.
Avrò avuto 5 anni, e ricordo che la mamma di un mio amico, vedova, e a cui era rimasto in carico l'anziano suocero, spesso gli diceva:
''Ma vossia ommai chi campa a fari?''
Forse che vi ostinate  a vivere perchè avete paura della morte?
No, rispondeva, e sembrava sincero, non ho paura della morte, ma poi, se muoio, come faccio a mangiare? :))
Ora, se è vero che noi  abbiamo fame di conoscenza...mi auguro solo che il paradiso non sia un uovo fritto.

#144
Vivere in un mondo unico, perciò vero, ci da sicurezza, perchè le cose, nel bene e nel male, vanno come devono andare, senza troppe sorprese.
E' un mondo dove ciò che è, è, e ciò non è, non è, che non significa niente, ma recitato come un mantra sopisce la nostra ansia di vivere.
E' però anche un mondo dove le cose potrebbero andare meglio, anche a costo di cambiarlo con un altro, se questi mondi sono il risultato delle nostre azioni.
Noi dobbiamo vivere adesso, e purtroppo da noi dipende ormai la vita nell'intero pianeta, per cui non possiamo più attardarci nello sperare in un mondo migliore per l'uomo nell'al di là, ma dobbiamo rendere questo un mondo migliore per ogni essere vivente, sapendo che ogni nostra azione lo compone, fatto dunque di cose in noi, più che di cose in se.
#145
Citazione di: niko il 05 Agosto 2025, 13:09:46 PM> si conosce per vivere > e non si vive per conoscere.
Si, e chissà quante altre improprie inversioni ci sono ancora da scovare... :)
Quindi dovremmo riscrivere il ''fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguir virtute a canoscenza'', considerando la conoscenza come una forma del brutal vivere.
Bisogna andare secondo me, a ciò che distingue il vivente dalla materia, tralasciando, almeno in prima approssimazioni, questioni problematiche, come il libero arbitrio, almeno fin quando possiamo evitarlo.
L'essere vivente è quindi quella ''strana materia'' non determinata da equazioni grazie alla conoscenza delle cause iniziali, che sono le presenti, perchè per esso agiscono come causa anche le passate, talchè l'effetto diventa imprevedibile, come fosse a tutti gli effetti casuale, o, volendolo nobilitare, risultato di scelte fatte in base all'esperienza acquisita secondo libero arbitrio, cosa che qualunque ameba però è in grado di fare, per cui forse è meglio mettere da parte la nobilitazione per non imbrodarsi.
Alla fine a noi resta solo l'onesta intellettuale, cercando di togliersi il paraocchi, con l'avvertenza che la realtà come ci appare è questo paraocchi, e che perciò non va visto solo in senso negativo.
Va visto invece nel senso positivo che non è l'unico che possiamo usare, ed è questa mancanza di unicità a mettere fuori gioco la verità, che imperava quando vero era ciò che potevo vedere e toccare, quindi poi Dio è fuorigioco, e quindi la realtà come evidenza.
Se si analizza bene la questione ci sarebbe solo da rallegrarsi, in quanto costruttori di mondi, con la sola avvertenza che però dovremmo continuare a viverci insieme, perchè questo è ciò che gli da senso, essendo mondi fatti di relazioni prima che di oggetti, volendo invertire, per reazione, la tradizionale assegnazione di priorità.
In effetti non esistono oggetti non relazionati che noi si sappia, quindi presumibilmente non esiste la cosa in sè, come condizione necessaria all'eventuale sua relazione.
Qui quantomeno non si tratta di una inversione, come detto all'inizio, ma della rottura della contemporaneità che gli oggetti e le loro relazioni possiedono, facendo precedere uno dall'altro, o viceversa.
Oggi si tende a dire che il mondo è fatto di relazioni, piuttosto che di cose, e ciò è positivo perchè alternativa alla cosa in se, ma ugualmente ''falso'', se falso si può ancora dire una volta che con la verità ci abbiamo litigato.
#146
Citazione di: daniele22 il 05 Agosto 2025, 08:31:52 AMBene .. quasi ottimo direi. Siamo della stessa "falsa" opinione, essendo appunto una nostra descrizione. In tal senso anche Phil ha cercato di convincere Stefania che forse era atea senza saperlo. Ma restando a noi, resta una domanda inevasa, nel senso che non mi è chiaro come la metti, domanda a mio giudizio fondamentale: cosa fa sì che noi si abbia, come dici, la sensazione di vivere in una realtà?
Noi con la realtà interagiamo, ma conosciamo solo i risultati di questa interazione, da cui traiamo norme comportamentali, per cui il nostro agire diventa causa delle azioni future.
Questo insieme di norme è ciò che scambiamo per realtà.
In questo ''inganno'' non ci sarebbe nulla di male, tanto è vero che quando per noi era evidente realtà, ciò non ha causato, e continua a non causare inconvenienti.
E' nel progredire del nostro agire, che è la scienza, ad aver scoperto l'inganno, che però non è un inganno.
Non c'è nessuna falsità nell'apparenza della realtà, perchè non c'è un alternativa a questa apparenza, se non nella forma, che può essere sensitiva o scientifica o altro ancora, che mirano tutti allo stesso scopo, a normare il nostro comportamento.
Ma alla fine si tratta solo di un modo, forse più complesso, forse migliore, di far tesoro della propria esperienza, cosa che qualunque essere vivente in qualche modo riesce a fare, perchè se non lo fà è morto.
#147
Citazione di: anthonyi il 05 Agosto 2025, 08:36:29 AMPartiamo invece da un'altra premessa, "Dio ama l'uomo", e supponiamo che, per fare il bene dell'uomo, Dio debba mentirgli, cosa farebbe? Sceglierebbe il bene o la verità?
E l'uomo, cosa preferirebbe? Il bene, cioé la felicità, o la verità?
Partendo da questa premessa, Dio è un buon padre di famiglia, il quale non mente ne dice la verità, ma dice ciò che ritiene al momento conveniente per il figlio.
Questa verità, seppure esistesse, mi pare  la si chiami in causa spesso a sproposito, come fosse un abitudine.
#148
Se fossi un credente direi che ''Dio è verità''.
Messo da parte Dio, non mi resta dunque che mettere da parte la verità, perchè non può esistere l'uno senza l'altra.
Messi da parte Dio e la verità che cosa resta?
Resta una realtà che è non meno sfuggente di Dio e della verità, per cui in effetti oggi io dico realtà ciò che ieri dicevo Dio o verità, quindi in effetti non mi resterebbe nulla.
Resta il fatto che io agisco.
Se dicessi invece, ''resta il fatto che agisco nella realtà'', non direi la stessa cosa.
Non credo che sia la stessa cosa, perchè implica che posso agire nella realtà solo conoscendola, ponendo la conoscenza come fondamentale rispetto all'agire.
Eppure esseri viventi cui non concederemmo un soldo di conoscenza agiscono, per cui direi che fondamentale è l'agire, e che la conoscenza non sia altro che un modo fra tanti di agire.
O ancor meglio, un modo di descrivere l'agire degli esseri viventi cosiddetti superiori.
Io però non credo che esistano esseri viventi superiori, confortato in ciò dal fatto che noi, intesi come esseri umani, siamo un insieme di miliardi di esseri viventi in simbiosi.
Senza gli esseri ''ignoranti'' che ci compongono non sopravviveremo, e non potremmo quindi seguire virtute e conoscenza.
Le descrizioni, scientifiche o meno, della realtà, tendono a prenderne il posto, come le religioni tendono a prendere il posto di Dio a partire da un testo sacro che è comunque una descrizione, da considerare necessariamente unica, se c'è un solo Dio.
Con la scienza sembra essere tornati al paganesimo dei molti dei.
Così c'è il Dio quantistico e il dio relativistico e il tentativo ancora in corso di riportarli ad unità che nasconde una tensione spirituale più che scientifica.
Certo, avere ''one'' teoria piuttosto che due è ''melius'', ma al fondo c'è l'idea che unico è il Dio, e che unica è la verità, e che quindi quando saremo giunti all'unica descrizione, alla teoria del tutto, o all'unico testo sacro, allora potremo disquisire se vi siamo giunti.
Io credo però che nessuna descrizione possa prendere il posto di ciò che descrive, perchè ciò significherebbe equiparare la descrizione a ciò che viene descritto.
In effetti è proprio da questa inversione logica che nasce la nostra sensazione di vivere dentro una realtà, e vivendoci vi agiamo.
Però secondo me le cose stanno al contrario, siccome agiamo ci creiamo una realtà in cui agire, che però è solo una descrizione del nostro agire.
Cambiando l'ordine dei fattori il risultato cambia, perchè ci ritroviamo un Dio, o una verità, o una realtà, di troppo, cioè non strettamente necessari, per quanto sufficienti a spiegare ogni cosa.

Insomma a me pare che ci comportiamo come se il diverso nome che usiamo, Dio, Verità, Realtà,  facesse davvero la differenza.
#149
Citazione di: Stefaniaaa il 03 Agosto 2025, 14:59:08 PME per quanto riguarda le regole sul sesso presenti nei libri sacri, non sono fatte per limitare la vita o frenare i concepimenti. Anzi, se le guardi bene, seguendole aumenta di brutto l'umanità: promuovono la fedeltà, la stabilità, e la nascita di figli all'interno di una struttura solida. Sono leggi pensate per far crescere e allargare la famiglia.
Tutti gli esseri viventi hanno comportamenti sessuali secondo la loro specie, che hanno funzionato, pur nella loro diversità, se quelle specie ancora prosperano.
Le regole, umane o divine, che a quelle cosidette naturali si sovrappongono, posto che assolvano allo stesso scopo, lo fanno in modo indiretto, preoccupandosi più di mantenere l'ordine sociale, senza il quale, la specie, costituitasi in società, non può prosperare.
Perchè l'istinto sessuale che in normali condizioni ha assolto al suo compito, in condizioni estreme, come quelle di concentrazioni di esseri in numero mai sperimentato, potrebbe ritorcersi contro.
Le buone regole non possono non tenere conto delle condizioni al contorno. Questo però i testi sacri non lo fanno, per cui le loro norme, se non errate, potranno risultare però inadeguate.
Desiderare la donna (uomo) d'altri ha una giustificazione in termini di differenziazione genetica, questo però non vuol dire che sia una cosa buona in assoluto, perchè è solo una variabile di un contesto funzionale a più variabili.
Dunque questo desiderio può risultare funzionale in certi contesti, ma non in altri.
Però, dall'alto della saggezza che mi dovessi arrogare come governante designato di un popolo, nella misura in cui tali discorsi ritenessi non potessero essere compresi, per quello che riterrei essere invece il bene del mio popolo, spaccerei norme ragionevoli come assolute.
Le stranezze dei testi sacri sono certo che avevano buone giustificazioni al tempo in cui sono stati scritti.
Quello che trovo strano è che cambiando i tempi debbano restare uguali.
Oggi ai musulmani direi, se avete un buon frigorifero, mangiate pure la carne di maiale.
Parimenti ai cristiani direi di non mangiarla, se non a certe condizioni.
Però, per far ciò non basta un testo sacro.
Cu vuole una enciclopedia, dove potendosi fare tutti i casi possibili, si potranno evitare dogmi il cui maggior pregio è la brevità.
#150
Citazione di: iano il 03 Agosto 2025, 12:22:35 PME' altamente probabile che una divinità che si vuole manifestare e che vuole affermarsi nell'umanità usi la scrittura, perchè verba volant.
In effetti si verifica la non banale coincidenza del Dio unico con una immodificabile (posto che unica sia la fonte) scrittura. L'uomo dunque, inventando la scrittura avrebbe dato a Dio lo strumento per comunicargli la sua unicità.
Oppure, per i non credenti, la scrittura è divenuta strumento per affermare l'unicità di Dio.
Nella misura in cui si ammetta che Dio, volendo comunicare con l'uomo dovrà adattarsi ai suoi mezzi, non potendosi verificare, almeno in questo mondo, il contrario, ammesso che Dio produca testi inimitabili, tuttavia sembrano esserci lacune nella sua comunicazione. come ad esempio la mancanza di nuove edizioni del testo o dei testi sacri, che al divenire dell'uomo. con la sua lingua che muta i significati, tengano sempre al massimo possibile, entro il limite del linguaggio stesso nel suo mutare, il livello di comunicazione.
Non sarebbe infatti certamente prova del suo non essere, il fatto che Dio produca inimitabili aggiornamenti, che tali rimangano pur nel loro mutare.
Ogni edizione del testo sacro sarebbe inimitabile comunque.
Il punto delle religioni, o meglio della religione cristiana, perchè solo di quella posso disquisire per mia ignoranza, è che del mutamento dell'uomo non si vuol tenere conto.
L'uomo da salvare andrà in paradiso cosi come è, nella sua essenza immutabile.
Perchè mai infatti dovrebbe mutare, se, fatto ad immagine di Dio, e perciò inimitabile?

Forse che le nuove edizioni dei testi sacri esistano, e noi le abbiamo ignorate?