Citazione di: Sariputra il 01 Maggio 2017, 17:32:23 PMIl tuo ragionamento appare estremamente contraddittorio perchè per definire l'essere di qualcosa sulla base di ciò che non è bisognerebbe prima definire tutto quello che "non è" quella cosa, ma se si applica il medesimo ragionamento ad ogni ente allora non si può che concludere che tutto "non è", che poi sarebbe come dire che tutto è nulla e siccome il nulla non ha né può avere alcun attributo non può nemmeno divenire e dunque sparirebbe anche il divenire stesso. Tu puoi chiamarlo come vuoi ma non puoi prescindere dall'essere, anche perchè ammesso e non concesso che tu riesca a conoscere, di un qualcosa, tutto ciò che questo "non è" ti mancherebbe di conoscere comunque quello che effettivamente è poichè ogni ente ha sue qualità e caratteristiche peculiari e uniche, che non appartengono a nessun altro ente. Che ogni ente dipenda da tutti gli altri (in proporzione variabile) per il proprio divenire è fuori di dubbio, ma ogni ente diviene in un modo suo proprio e differente da tutti gli altri, ragione per cui logica vuole che vi sia qualcosa in questo ente che lo fa essere quello che è e non altro. Come dicevo nell'altro topic ciò che diviene è una "parte" dell'essere, e il divenire è la manifestazione dell'essere nello spazio/tempo che si rinnova costantemente e che comunque presuppone un essere "non manifestato", non condizionato dallo spazio/tempo e quindi non diveniente, che è il suo principio, la sua origine. Si era discusso nel vecchio forum di questo argomento, e se interessa la puoi trovare qui.
Se l'essere non può essere ( esistere) se non mutando ( quindi nel divenire) si stabilisce che il divenire non-è in quanto solo l'essere "è" e diviene per essere. Infatti il "divenire" non ha natura propria ma è semplicemente il mutare dei soggetti e di 'tutto'.
Però, rovesciando il discorso, in un certo senso, come sarebbe possibile il mutamento dell'essere se non mutassero ( attorno all'essere/esternamente all'essere soggetto) tutte le cose?
Se i pianeti non ruotassero , le stagioni non si alternassero, i costituenti psico-fisici non si alterassero negli esseri senzienti e quelli fisici negli insenzienti non si darebbe alcun 'essere' nemmeno al soggetto, sarebbe solo 'fissità' senza esistenza o pura 'trascendenza'. Ma se il mio essere (mutevole) dipende dall'essere (mutevole) di ciò che non sono io/soggetto ( cioè dal mutare di tutto ciò che mi circonda secondo leggi che possono essere causali o caotiche...) il mio essere/esistere si può stabilire solo 'in dipendenza' da ciò che non sono 'io'. Il mio essere si può stabilire solo in relazione a ciò che non è 'mio'. Sari, per 'essere' Sari, non può essere Sgiombo, il tetto d casa o il cagnazzo fuori porta. Per questo ho affermato, in varie discussione, che a me pare che 'essere' non può essere separato dal suo stesso 'non-essere', in quanto è proprio il 'non-essere (Sgiombo, il tetto, il cane, ecc.) che permette a Sari di 'essere'. E' proprio per questo che a me il concetto di 'essere' è sempre stato assai indigesto, perché, al di là della formulazione verbale, non riesco a vedere da nessuna parte questo 'essere', ma solo un'infinità di 'parti' in relazione dipendente tra loro. Sono d'accordo con Sgiombo che , le stesse 'parti', sembrano all'uomo/soggetto/parte mutare secondo leggi prevedibili e ripetitive e questo permetti il loro studio scientifico e la formulazione di un'etica, altrimenti impossibile in presenza di un 'puro caos'...
A mio parere il concetto di "essere" determina e ha determinato un fortissimo antropocentrismo, mentre il concetto ( seppur convenzionale) di 'divenire' relativizza questa innata e potente spinta della ragione 'che desidera essere' umana...