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Messaggi - Phil

#16
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
11 Settembre 2025, 13:57:15 PM
Citazione di: Alexander il 11 Settembre 2025, 11:16:26 AMNon credo che ci darebbe un sonoro ceffone dato che, almeno nei resoconti più antichi, raccontava di ricordarsi di essere stato questo o quelli e che questa è una facoltà che si attua con l'illuminazione. Naturalmente, come per i vangeli, non sappiamo con certezza se sia stato detto o sia agiografico.
Recupero questa considerazione perché serve ad evidenziare una differenza rilevante fra buddismo ed altre religioni (rivelate o meno): l'ininfluenza della filologia per la pratica. In una religione è fondamentale sapere cosa ha detto veramente il dio, il profeta, etc. mentre nel buddismo, ai fini dell'esperienza diretta, è quasi insignificante; funge, come detto, al massimo da innesco iniziale. Un motto zen è «Se incontri il Buddha, uccidilo», a significare di come l'attaccamento alla sua figura, o peggio, al suo culto, sia un attaccamento deleterio ai fini della pratica personale. Lo stesso vale per il filosofeggiare sui tipi di rinascita o su altre classificazioni meta-fisiche: il buddismo (non tutto ovviamente, si sarà capito che mi riferisco soprattutto allo zen) è anzitutto pratica personale; non è, come si diceva prima, questione di dogmi o fede in quello che succederà dopo la morte o in quello che ha detto Buddha o Nagarjuna o un altro.
L'immanenza del buddismo sta nella sua pratica e nell'esperienza diretta, mentre nelle religioni vere e proprie l'immanenza è solo indice che punta ad una trascendenza divina, post-mortem, anime, peccati e redenzione, etc.
Il ceffone è in fondo proprio quello che marca la differenza: nelle religioni magari si danno ceffoni per una bestemmia, per un peccato commesso, etc. nel buddismo zen si danno ceffoni quando "si parte per la tangente filosofica" dimenticandosi della pratica e dell'esperienza diretta.
Ne consegue che il buddismo zen, a differenza delle religioni (e di alcuni altri buddismi), non presenta la difficoltà del praticare ciò in cui si crede (fede), ma "solo" la difficoltà del praticare senza indulgere in credenze fideistiche.
#17
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
11 Settembre 2025, 10:53:49 AM
Citazione di: Alexander il 11 Settembre 2025, 08:05:27 AMTutte le correnti Buddhiste sostengono lo sforzo di porre fine alla sofferenza in questa vita per non farla ri-nascere.
Posso sbagliarmi, ma nello zen, in Nagarjuna e in altri la questione delle rinascite vale poco o niente, è solo un "ornamento" come dicevo prima.

Citazione di: Alexander il 11 Settembre 2025, 08:05:27 AMChi muore è chi rinasce? La risposta è piuttosto semplice: la sofferenza muore e rinasce.
Ottimo, allora è un problema che non ti riguarda, non sei mica la sofferenza, tu sei Alexander (o almeno credi di esserlo). Puoi anche lasciare che la sofferenza muoia e rinasca fuori da te, non in te. E una volta rimossa la sofferenza, che fine fa Alexander?
Se invece, in questa vita, vuoi affrontare la tua sofferenza (se ce l'hai), direi che il problema non è se poi rinasci o meno, ma la sofferenza che hai (non sei) in questa vita.
Come suggerisce fabribra, lasciamo pure che il primo principio della termodinamica non diventi motivo di animismo o panpsichismo.

P.s.
Se per Buddha Samsara e Nirvana meritavano il silenzio, figurati quale ceffone ci darebbe nel leggerci dissertare sulle prossime vite.
#18
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
11 Settembre 2025, 00:21:36 AM
Come anticipato, ci sono molte interpretazioni delle molte correnti del buddismo; si spazia da quelle più favoleggianti e trascendenti a quelle più imminenti e atee. Quindi, alcune di queste interpretazioni ti risponderebbero più o meno così:
Citazione di: Alexander il 10 Settembre 2025, 23:40:47 PMEssendo il nirvana la fine della sofferenza, non ci potrebbe essere alcuna fine se non ci fosse il nirvana. In questo senso va inteso che i confini del samsara sono i confini del nirvana. Per questo è necessaria al buddhism la concezione della ri-nascita. Il buddhism rifiuta l'idea della morte come estinzione totale. Perché cercare e sforzarsi tutta la vita per porre fine a qualcosa che finirà inellutabilmente in qualunque modo tu viva ?
La rinascita non è strettamente necessaria al buddismo: se Samsara e Nirvana, come dice il citato Nagarjuna, sono la stessa cosa, ossia la stessa realtà "terrestre", è irrilevante quante volte si vive e se si rinasce. In sintesi: il dolore che provi vuoi estinguerlo prima di morire? Il buddismo ha qualche consiglio in merito (ottuplice sentiero, etc.). Vuoi soffrire fino alla morte? Scelta tua (un po' masochista), ma attenzione perché se rinasci sei punto a capo.
C'è tutta una gerarchia canonica di rinascite, anche nobili; ad esempio quella del bodhisattva, ossia dell'illuminato che, nonostante sia tale, sceglie di rinascere per aiutare gli altri a... non rinascere? Questioni di narrativa popolare religiosa, buona per adornare la diretta semplicità di uno schiaffo zen (che sicuramente ci arriverebbe in faccia se chiedessimo a un maestro zen questioni del genere; non perché il maestro non voglia o sappia rispondere, ma perché lo schiaffo è la risposta fulminea: qui ed ora, chi sei e cosa fai? Soprattutto: chi muore e rinasce?).
A proposito: si può adornare davvero uno schiaffo?
#19
Per dirlo molto in generale: la minor necessità di prestanza fisica, ha solitamente comportato una maggior necessità di prestanza cognitiva; nel senso che per spostare un masso da un punto A ad un punto B usando il fisico servono buoni muscoli, ma per spostarlo usando uno scavatore serve saper usare lo scavatore, saper costruire lo scavatore, saper progettare lo scavatore e così via a ritroso della catena causale produttiva e "sapienziale". Ora che l'AI inizia a "saper" emulare anche le attività cognitive e produttive umane (@kob: non necessariamente producendo "falsi", perché le immagini, i suoni e i video generati con l'AI possono essere anche creazioni originali e utili in molti contesti lavorativi) é richiesto, secondo me, un ulteriore passaggio cognitivo che non è un potenziamento (come avvenuto con il passaggio dal muscolo allo scavatore, o dalla spada al drone da guerra), ma un adattamento funzionale.
Ci sono già AI più o meno specializzate nel sostegno all'apprendimento, nell'aiuto a persone con disabilità fisiche o cognitive, nella progettazione facilitata di applicazioni personalizzate, etc. e che quindi sostengono e aiutano a sviluppare l'intelligenza umana (qualunque cosa essa sia), ma il loro utilizzo richiede a sua volta una certa capacità nel saper usare tali strumenti (per quanto facili e user-friendly).
Le generazioni meno recenti hanno già vissuto il passaggio dalla lettera cartacea all'e-mail, dal telefono fisso allo smartphone, dalla TV ad Internet, etc. tutte piccole rivoluzioni che ora sembrano quasi banali, ma che hanno sempre comportato l'acquisizione di nuove abilità cognitive e, come è dalla notte dei tempi, l'impegno a saper e voler imparare.
Una delle potenziali criticità potrebbe essere quella della manutenzione: finché ci saranno persone in grado di "programmare e aggiustare" (per così dire, semplifichiamo) le AI, queste possono essere un fattore, ma se verrà delegata esclusivamente ad altre AI la "manutenzione" delle AI "in prima linea", se queste "AI manutentrici" dovessero incappare in problemi non risolvibili, ci potremmo ritrovare come quando i nipotini aprono un cassetto del nonno defunto, trovano un oggetto, e nessuno sa più cos'è, a che serve, né, soprattutto, come farlo funzionare. Si tratta comunque di uno scenario che ritengo piuttosto improbabile.
#20
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
10 Settembre 2025, 15:46:33 PM
Citazione di: daniele22 il 10 Settembre 2025, 15:00:40 PMchiesi se potessi meditare facendo qualcosa, avendo difficoltà a farlo stando fermo. Gli dissi che mi dilettavo a farlo camminando in equilibrio su un binario di una linea poco frequentata. Mi rispose che potevo senz'altro farlo, ma mi invitò a cambiare l'azione.
Sul meditare camminando, so che nello zen esiste il kinhin, una forma di "meditazione camminata" che aiuta a "sgranchire le gambe" e tenere attiva la circolazione; perché va bene occuparsi della mente, ma anche il corpo ha le sue esigenze. Forse ti sconsigliavano di farlo sui binari perché, per quanto una mente presente a se stessa non è di intralcio alla reattività del corpo, ma anzi la accresce, resta il fatto che addestrarsi a schivare treni è una pratica eccessiva anche per il più spietato apprendistato zen in stile jigoku (inferno).
Sul "raggiungere l'assoluto" (traduzione infelicemente all'occidentale) Nagarjuna ci ammonisce che Samsara e Nirvana sono qui, coincidono "ontologicamente" (sempre per dirla all'occidentale), ma si differenziano per come il soggetto ne vive la realtà (che poi il soggetto, meditando, si scopre essere un aggregato illusorio, anatman, etc.).
#21
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
09 Settembre 2025, 18:39:20 PM
Citazione di: Alexander il 09 Settembre 2025, 17:11:45 PMMa devi pur aver fede nei dati, nella casistica, ecc. Non ne fai certo una esperienza diretta. La tua decisione è mediata dalla fiducia in questi. E comunque parliamo di due tipi di fedi diverse.
Concordo ed è proprio questa diversità che volevo sottolineare. Se non ho mai preso un farmaco in vita mia, la prima volta lo farò per fiducia nei confronti di chi mi dice che funziona o nelle statistiche, ma dopo (passaggio fondamentale) che il farmaco ha fatto effetto, non sarà più necessaria alcuna fiducia e anche i dati e la casistica inizieranno a sembrarmi più credibili (per quanto il mio caso personale valga poco su larga scala, resterà quello che conta di più per me). In ambito religioso, questo «dopo» che renderebbe superflua la fede (nell'esistenza di Dio, etc.), non arriva mai; o meglio, se arriva è dopo la morte, ossia fuori tempo limite se si parla di scelte di/in vita.

Citazione di: Alexander il 09 Settembre 2025, 17:11:45 PMsenza un' apertura, provando pregiudizio, difficilmente sorge fede.
In realtà la fede è il pre-giudizio per eccellenza (e spesso va a braccetto con la chiusura, sia all'esperienza sia alle altre fedi), mentre l'apertura è quella che può accadere mettendo in sordina la fede per far parlare anzitutto l'esperienza diretta (il mettersi in ascolto della realtà senza avere le orecchie già troppo piene di dogmi, per intenderci).
Ho parlato di studiare psicologia, non di andare dallo psicologo: se ti metti a studiare psicologia (non ad impararla a memoria) avrai probabilmente esperienza di un tuo cambio di prospettiva sul mondo e sugli altri, ma non perché accetti per fede quello che è scritto sui libri, ma perché ti faranno riflettere, osservare e interpretare la realtà in modo differente (magari anche diverso da quello che leggi sui testi, ma farai esperienza diretta del cambiamento di "visione").
Che alcune scelte (studiare psicologia, prendere un farmaco, "assaggiare" il buddismo, etc.) si basino sulla fiducia, in altri o su testi o su dati statistici, è ovvio perché anche se così non fosse si baserebbero quantomeno sulla fiducia in se stessi, ossia nel proprio intuito, intelletto, etc. l'alternativa sarebbe non decidere noi in prima persona, ma fare un'estrazione tipo lotteria o far decidere qualcuno per noi (entrambi scenari piuttosto insoliti come "stile di vita").
Si tratta quindi di distinguere fra scelte di fiducia che poi ci aprono ad un'esperienza diretta (che può andare bene o male) dell'"oggetto di fiducia" (un farmaco, la psicologia, il buddismo, etc.) e scelte di fede che sono esperienze che non portano ad un'esperienza diretta dell'"oggetto di fede" (Dio, il paradiso, etc.), almeno non in questa vita, che è la sola vita certa che abbiamo.
#22
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
09 Settembre 2025, 15:17:14 PM
Citazione di: Alexander il 09 Settembre 2025, 13:35:50 PMTu sperimenti il farmaco direttamente, non sperimenti il metodo direttamente . Però maturi fede nel metodo sperimentando il farmaco.
Non è proprio esatto, e non intendo solo nel mio caso personale; come scritto sopra: «La fede nel metodo scientifico non è affatto necessaria a seguito dell'esperienza diretta dell'efficacia del farmaco». In concreto: se provo il farmaco e funziona, non mi è affatto necessario poi "aver fede nel metodo scientifico". Anche perché questa fede, in concreto, non significa poi molto e non è convertibile in una prassi. Il metodo scientifico è fatto intrinsecamente anche di fallibilità, sperimentazioni a lungo termine, errori umani, ingerenze economiche, etc. "aver fede" in tale metodo come si traduce nell'agire umano? Che se ho un problema di salute, mi rivolgo al medico che mi suggerisce dei farmaci e "ho fede" che tali farmaci mi facciano star meglio? Ma così si torna all'esempio di partenza: provo il farmaco, se sto bene o se non funziona è questione di esperienza diretta, non di fede. Mi dirai che tuttavia è stata la "fede nella scienza" a farmi rivolgere al medico, ma in realtà anche in questa interpretazione non c'è affatto fede: mi rivolgo alla scienza perché stando ad una casistica reale, esperienze vissute, "dati alla mano", etc. si è dimostrata nella pratica la scelta più efficace per risolvere un malanno. Nessuna fede coinvolta, questione di calcoli ed esperienze dirette.
In altri ambiti sicuramente è in gioco una certa "fede", ma se teniamo salda la distinzione fra fede religiosa e fede non religiosa, per questa seconda "fede", a mio avviso, conviene usare nomi meno ambigui (altrimenti ne possono derivare falsi problemi di apparente "politeismo").
#23
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
09 Settembre 2025, 12:54:07 PM
Citazione di: Alexander il 09 Settembre 2025, 12:03:01 PMsperimento l'efficacia DI Un farmaco>penso che quell'efficacia sia merito del metodo scientifico > ho fede nel lmetodo. È inevitabile aver fede in qualcosa.
Se sperimento davvero l'efficacia di un farmaco, la fede è tagliata fuori perché ho esperienza diretta del funzionamento di quel farmaco (fosse anche un placebo, se è un placebo che funziona, funziona). La fede nel metodo scientifico non è affatto necessaria a seguito dell'esperienza diretta dell'efficacia del farmaco.
Se anche forziamo la parola «fede» oltre l'ambito religioso, appiattendola a mero e vago sinonimo di «fiducia», «idea», etc., e sosteniamo che è inevitabile avere una qualche "fede" (ossia una qualche fiducia, idea, valore, etc.), resta vero che è palesemente evitabile l'avere una fede religiosa (che coinvolga divinità, trascendenze, post-mortem ultra-terreni, etc.).
Citazione di: Alexander il 09 Settembre 2025, 12:03:01 PMNel Buddhismo la fede si manifesta come fiducia di possedere la natura di Buddha e di possedere  potenziale per raggiungere l'illuminazione. Magari il maestro te lo dice, ti hai Fede nel maestro e ti metti al lavoro. Ma se non hai fede di possedere la natura di Buddha, alla prima difficoltà, molli.
Se tu mi dici che allenandomi e seguendo una certa dieta posso dimagrire, la "fede" che ho in te non credo meriti la maiuscola (Fede) e di certo non è una fede religiosa. Lo stesso vale per il buddismo che ti dice che meditando e studiando alcuni testi puoi avere una differente visione della realtà. La natura buddica non è qualcosa di mistico o trascendente, si riduce all'essere umani senzienti (sempre secondo le correnti meno "favoleggianti" e, appunto, fideistiche del buddismo, come lo Zen).
In fondo è un po' come se si dicesse che studiare psicologia porta ad avere una differente visione dei rapporti interpersonali e dell'interpretazione del mondo; non è questione di fede, basta mettersi a studiare psicologia per avere esperienza diretta di questo possibile cambio di visione (certo, se ci si limita ad imparare a memoria i libri senza comprenderli, allora il cambio di visione è meno probabile).
#24
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
09 Settembre 2025, 10:57:01 AM
Citazione di: Alexander il 09 Settembre 2025, 08:18:20 AMNi.. Nel senso: tu fai esperienza di qualcosa (amore, compassione, gioia profonda, stati estatici, ecc.) e poi, ritenendolo una esperienza vera del divino o altro, poni la tua fede in quello.
Questo "ritenere" è proprio ciò che lo rivela come esperienza non diretta, bensì interpretata, fideistica, opinabile, etc. Se sbatto il mignolo o mi innamoro o "raggiungo" il Nirvana, non c'è molto da ritenere o decifrare, perché sono pure esperienze dirette che, in quanto tali, non necessitano di "commentari linguistici".

Citazione di: Alexander il 09 Settembre 2025, 08:18:20 AMesperienza meditativa che dovrebbe Portare a "qualcosa" ( nirvana, estasi divina). Infatti molti mollano quando perdono la fede che quel sentiero, o le esperienze vissute, portino veramente a...
Come dicevo, il Nirvana viene spesso interpretato "all'occidentale" come qualcosa di paradisiaco, per questo ho citato Nagarjuna che invece demistifica il Nirvana da influenze trascendenti o folkloristiche. Non serve aver fede nel Nirvana, così come non serve aver fede nell'innamoramento: se ti metti in condizione di farne esperienza, ci provi, può capitare che la farai e se accadrà non ci sarà nulla da ritenere o interpretare o in cui aver fede; se non la fai, la vita continua lo stesso. Il percorso che porta al Nirvana non è un cammino di fede, come detto prima: aver fede nel Nirvana è il miglior modo per non arrivarci (e in questo lo Zen è molto chiaro e unanime); lo stesso non può dirsi per le fedi religiose.
Citazione di: Duc in altum! il 09 Settembre 2025, 09:34:54 AMnel momento che la fede è piena e autentica, avviene il cosiddetto "miracolo", quindi c'è anche l'esperienza di ciò in cui si ha fede, l'accertamento (l'esperienza diretta) dell'oggetto/soggetto della fede.
Chi ha fede non fa esperienza diretta di Dio, ossia dell'"oggetto" (filosoficamente parlando) della sua fede. Il fatto di interpretare fenomeni come voluti da Dio oppure una gioia come "grazie a Dio", etc. non sono esperienze dirette, ma indirette. Fare esperienza diretta di Dio significherebbe avere una conversazione (non un monologo) con lui o toccarlo, etc. e non in senso metaforico, ossia ancora indiretto (del tipo «Dio mi parla in molti modi», e altri sofismi, dogmatismi, etc.).
L'esperienza diretta, almeno per come la intendo, è quella dello spigolo sul mignolo o quella del Nirvana, inteso come nuovo sguardo sul mondo. Certo, anche la fede religiosa dà un nuovo sguardo sul mondo, ma rimanda ad altro, ossia a Dio, che è assente come esperienza diretta in questo nuovo sguardo; nel Nirvana invece non ci sono assenze o entità trascendentali in cui credere per fede (almeno secondo il buddismo meno populista e metafisico).


P.s.
Chiaramente non sto dicendo che il buddismo sia meglio o peggio del cristianesimo, non sono di nessuno dei due partiti (anche se entrambi mi hanno fatto molto riflettere), ma solo che la fede religiosa, in quanto tale, non si basa sull'esperienza diretta (almeno per come la intendiamo io e Nagarjuna), altrimenti, come detto, non sarebbe fede. Se chi ha fede la vive come esperienza "diretta" di Dio, posso capirlo ma, come detto sopra, il fatto che ci sia un residuo trascendentale in tale esperienza "diretta" è un discrimine da non sottovalutare quando la si paragona ad altre esperienze dirette prive di trascendenza.
#25
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
09 Settembre 2025, 00:50:44 AM
Citazione di: Duc in altum! il 09 Settembre 2025, 00:26:15 AMPensiero equivoco, dato che la Fede (il praticarla/l'atto) è già un'esperienza diretta.
[...]
Come potremmo praticare e alimentare qualcosa che non si è sperimentato?
L'esperienza della fede non è esperienza dell'"oggetto" della fede. Detto altrimenti: aver fede è un'esperienza che si basa sulla non-esperienza di ciò in cui si ha fede (altrimenti non avrebbe senso parlare di fede e, appunto, si parlerebbe di esperienza diretta dell'oggetto di fede).
Esempio banale e non religioso: se ho sbattuto il mignolo del piede contro lo spigolo del comodino, quando tu mi dici che è un'esperienza dolorosa, per crederti non ho bisogno di aver fede in ciò che dici, perché ho vissuto anch'io quell'esperienza. Se invece mi dici che ti è apparso in sogno Pinco Pallino, posso avere o meno fede in questo tuo racconto perché non ho avuto esperienza di ciò che dici (e, come nel caso dell'innamoramento di cui sopra, per quanto tu me ne possa parlare, il tuo discorso non mi farà vivere l'esperienza diretta né del tuo sogno né di Pinco Pallino).
#26
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
08 Settembre 2025, 21:40:00 PM
Premesso che non sono la persona più adatta a fornire esegesi sul buddismo e che comunque ci sono differenti interpretazioni (come è inevitabile con pensieri e testi che durano secoli e interessano teoreti più o meno raffinati), premesso tutto ciò, ti dico la mia in sintesi:
Citazione di: daniele22 il 08 Settembre 2025, 16:33:08 PMnon mi è del tutto chiaro cosa intendesse il monaco per "costruzioni mentali vuote di un'essenza fissa"
con «vuote di un essenza fissa», riferite a Samsara e Nirvana, intenderei semplicemente: prive di un'identità fissa e ancor più di un referente mondano fisso. Noi occidentali diremmo che l'essenza fissa è il concetto che ci permette di individuare qualcosa, ma questo è come funziona il linguaggio pragmatico convenzionale, mentre quello «assoluto» (pessima idea usare questa parola, considerando la filosofia occidentale, ma tant'è) non è in genere favorevole alle concettualizzazioni formali, perché fungono da ostacolo, o almeno da nebbia, per la retta visione della realtà (può sembrare paradossale, se si fraintende cosa sia tale retta "visione", da intendere come «comprensione», per il buddismo; v. ottuplice sentiero).
Il buddismo è sempre attento a ricordare l'impermanenza della realtà e dei nostri pensieri, sottolineando come l'attaccamento a qualcosa che non permane comporti sofferenza o almeno "ignoranza" (sempre in senso buddista; sintetizzo molto). Considerare i concetti di Nirvana e Samsara come assoluti con un'essenza fissa, sarebbe un inganno (per il buddismo), perché entrambi non sono una "cosa", tantomeno una "cosa immutabile". Attaccarsi all'idea assoluta del Nirvana è il modo migliore per non "raggiungerlo" (anche questa parola è ambigua e fuorviante), così come attaccarsi all'idea assoluta di Samsara è il modo migliore per restarci. Perché non è il contrario? Perché in generale, per l'uomo medio, il Samsara è la condizione corrente, quella a cui viene solitamente educato sin dall'infanzia; se avesse già ottenuto il Nirvana non gli si porrebbe certo la tentazione di assolutizzarlo o definirlo (a prescindere delle tradizioni, anche orientali e talvolta buddiste, che confondono il Nirvana con una sorta di paradiso o qualcosa di ultraterreno, come ammonisce proprio Nagarjuna).
Citazione di: daniele22 il 08 Settembre 2025, 16:33:08 PMPerché la verità assoluta non sarebbe esprimibile verbalmente?
Come spiegato nel testo, non è spiegabile verbalmente perché è «al di fuori dell'esperienza e del linguaggio convenzionali» (cit.). Poiché «La verità convenzionale di qualcosa consiste nella sua dipendenza dalle condizioni. La verità ultima è la sua vacuità.»(cit.) nel senso che la vacuità (sunyata), intesa come "uscita" della verità condizionata, non si presta ad essere inquadrata con i criteri propri (e verbali) di ciò che è condizionato. Detto in modo più empirico: con le note musicali posso misurare la lunghezza di alcuni suoni, ma non la lunghezza di un mobile; ciò che è tridimensionale non si presta ad essere detto con le convenzioni musicali degli spartiti.
Citazione di: daniele22 il 08 Settembre 2025, 16:33:08 PMse l'assoluto non viene spiegato, come sarebbe possibile accettarlo se non tramite un atto di fede? (c'è, ma non c'è)
L'alternativa all'atto di fede è l'esperienza diretta e, come detto sopra, non verbale e non convenzionale (ossia non concettualizzabile con la logica del comun vivere e comun pensare). Esempio esponenzialmente sciocco e inventato: io non mi sono mai innamorato, tu mi dici che frequentando ambienti con mie coetanee single potrei innamorarmi; come posso fidarmi di quel che dici se non mi spieghi passo passo verbalmente cosa significa innamorarsi? Non mi resta che avere fede cieca in ciò che tu ritieni possibile? L'alternativa a fede e spiegazione linguistica c'è, ed è che io provi concretamente a mettermi nelle condizioni di potermi innamorare (se resto isolato a casa senza vedere gente, sarà piuttosto difficile). Quindi non parole di preghiera, accettazione di dogmi o spiegazioni concettualmente ardue, ma azione, pratica, esperienza (poi magari non mi innamoro, non è certo matematico). Innamorarsi non è una fede o un discorso, è un evento, facilitato da una serie di azioni agevolanti (se non erro vengono detti «espedienti» in ambito buddista). Lo stesso è per la "verità assoluta" del buddismo: non è un discorso né una fede (né una «verità» e né «assoluta», se intese all'occidentale, talvolta può esser meglio tradotta con «realtà incondizionata»). Se ne hai fatto esperienza, facilitato da una certa pratica (studio, meditazione, etc.) la conosci, e non è questione di fede (essendo un vissuto reale) né di parole (non aggiungerebbero nulla e non "funzionerebbero"; sarebbe come cercare di spiegare a parole l'innamoramento a chi non è mai stato innamorato: per quanto gli venga ben spiegato e illustrato, non è possibile farlo innamorare  solo parlandogli dell'amore, serve l'esperienza diretta e personale).
#27
Questo scenario del male comune che vede unirsi nemici storici contro un nemico che li minaccia entrambi, mi ha fatto tornare in mente un copione già noto ai cartoni animati degli anni ottanta: solitamente i buoni e i cattivi uniscono le forze, il male comune viene sconfitto, poi il cattivo approfitta della situazione per attaccare a sorpresa il buono che, in quanto tale, non può perire (almeno narrativamente) e riesce a salvarsi. Come sempre, il cattivo si conferma cattivo e infido mentre il bene supera le difficoltà e alla fine vince sempre.
Ovviamente la realtà non è un cartone animato degli anni ottanta: una volta sgominati gli invasori alieni con la guerra, che si confermerebbe così strumento di soluzione alla violenza altrui, cosa succederebbe sulla Terra fra i soliti confinanti-litiganti, dopo tale conferma, ora che questi sono dotati di armi così potenti da sconfiggere persino gli alieni?
Non è poi strana la logica per cui una popolazione aliena, forse infastidita dal nostro esser violenti fra noi (violenza che quindi non li tange direttamente), decidano di risolvere questo fastidio galattico proprio con la violenza, che evidentemente aborrano solo se praticata dagli altri sugli altri? Oppure anche loro sono del partito, tipicamente terrestre, che si adopera per portare la pace (anche a costo di fare 450 anni di viaggio galattico) e poi trattenersi un po' sui nuovi territori conquistati-pardon!-pacificati per vedere quel che c'è e come ci si sta?

Comunque la figura narrativa dell'alieno è sempre un utile antidoto all'antropocentrismo: ci ricorda che per altri noi siamo solo una specie animale, che in quanto tale può evolversi ed estinguersi in modo perfettamente naturale, lasciando che siano altre specie a restare sul palcoscenico della vita. Noi abbiamo fatto estinguere alcune specie, quindi che altre specie, aliene o meno, facciano estinguere noi è a suo modo logico e naturale. Anche se noi ci pensiamo autori del nostro destino fino al punto in cui l'eventuale estinzione della razza umana è (quasi?) sempre prospettata come fenomeno dovuto ad attività umane, mai esogeno (suppongo che anche in film e libri di tentata estinzione umana da parte aliena, gli uomini la facciano sempre franca).
Ci sarebbe poi un filo sottile fra l'accettazione della finitudine individuale e quella della propria specie, ma è un filo che tesse una trama che il nostro istinto di sopravvivenza non gradisce, troppo perturbante e comunque socialmente improponibile.
#28
Tematiche Spirituali / Re: Inventare una nuova religione
06 Settembre 2025, 18:00:37 PM
Citazione di: anthonyi il 06 Settembre 2025, 15:12:13 PMquesta é la filosofia del pensiero ermetico, Dell'esistenza di una verità doppia, una pubblica, per tutti, e una ermetica, solo per gli iniziati.
La duplicità dell'interpretazione della realtà, fra esigenze pragmatiche sociali e approfondimenti teoretico-esistenziali, ha infatti una sua storia, sia in Occidente che in Oriente. E se ci chiediamo se questa distinzione sia vera o falsa, è perché non abbiamo capito in cosa consista la sua duplicità.
#29
La questione dei fake studies sembra essere piuttosto rilevante in ambito scientifico, si parla già dei paper mill e si stima un aumento quantitativo di fake studies che tenderà a "ingolfare" gli studi prodotti. Senza bisogno di ricordarlo, ci sono di mezzo interessi economici, prospettive di carriera, inciuci accademici e altre iniquità che poco hanno a che fare con il genuino sviluppo scientifico, se non come bastone fra le ruote.
Chiaramente il San Tommaso di turno potrebbe chiedere: «chi ci garantisce che gli studies sui fake studies non siano fake?», rispolverando l'atavica questione di "chi controlla il controllore", tanto più ingarbugliata quanto più si parla di controllo fra pari, istituti di ricerca autonomi, etc.
#30
Citazione di: fabriba il 02 Settembre 2025, 16:22:03 PMUna contingenza che posso provare a mettere sul "tavolo degli imputati" è la domocratizzazione dell'influenza
Raccolgo al volo questo tuo refuso, forse persino più fertile e significativo di quanto potesse essere la parola che intendevi scrivere, «democratizzazione». Domo-cratizzazione, mischiando greco e latino, è il potere (kratos in greco, traducibile anche come governo) della casa (domus, in latino).
L'illuminismo ha costruito i luoghi ufficiali del "libero pensiero", della razionalità e del sapere, con le università che andavano pian piano a scalzare i monasteri come centri di cultura e ricerca, le scuole e i giornali che iniziavano a "ingranare la marcia" e la stampa che diventava un po' più rapida e libera da censure, anche se non ovunque (vado a memoria, ma dovrebbero essere tutti processi, se non nati, almeno ispirati e potenziati dallo spirito illuminista). Il post-illuminismo di fine millennio, sovverte questa "sacralità laica" dei luoghi ufficiali del sapere, in favore di una elaborazione "casalinga", o appunto "domocratica": sia in termini di religioni e opinioni "fatte in casa", sia in termini di raggiungere e "formare" l'opinione pubblica, anche su tematiche settoriali, arrivando direttamente a casa, prima con la TV poi con Internet (con le dovute differenze autoriali e autorevoli). La casa va intesa qui come luogo generalista, in cui l'uomo non pratica un lavoro in cui è competente (non me ne vogliano le casalinghe), come sfera privata da cui si guarda e ascolta il mondo. E così, ascoltando le avventure scientifiche, opinioni più o meno informate, successi e fallimenti, si scopre (dal divano di casa e in coerente sviluppo del crescente mood postmoderno di cui sopra) che la scienza non è perfetta. Mentre nell'illuminismo la si credeva infallibile, portentosa, omniesplicativa e priva di angoli ciechi, dopo il novecento è diventato sempre più di dominio pubblico che non è sempre così, che anche la scienza ha i suoi tempi lunghi (a chi piace aspettare per una soluzione?) e i suoi passi falsi; come in fondo è da sempre, con la differenza che ora ne parlano tutti e tutti lo sanno, anche coloro che, spostati con la macchina del tempo a due secoli fa, non se ne sarebbero minimamente interessati o curati.
Come è noto, dal disincanto (la scienza non è il nuovo Dio) alla sfiducia il passo è breve, ma andrebbe quantomeno tenuta presente la complessità, tecnica oltre che concettuale, di alcune questioni che la scienza si trova ad affrontare. E sarebbe una leggerezza sostenere che anche nei tempi passati la scienza affrontava sfide parimenti impegnative proporzionalmente a quei tempi, perché la possibilità di errore in procedure che richiedono molti passaggi, molti strumenti, molti calcoli e poco controllo diretto, non è a mio avviso paragonabile a quella di studi meno articolati, pur se basati su conoscenze meno approfondite e strumenti più primitivi.