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Messaggi - iano

#421
Citazione di: nessuno il 13 Maggio 2025, 11:45:26 AMLa realtà è insieme di fisica e metafisica; la verità, la nostra lente sulla realtà.
Non volermi male se puoi, perchè essendo ipercritico per natura mi faccio molti nemici, ma mi pare che la natura della lente si quella di deformare.
#422
Citazione di: nessuno il 13 Maggio 2025, 10:13:52 AMLa perfezione non è del nostro mondo, poiché animali privi di istinti naturali (che appartengono al mondo).
Lottiamo per mezzo dell'anima costruendo ogni giorno il nostro mondo per abitarlo, tentando di avvicinarci alla perfezione della natura, ma ben lungi dal raggiungerla. Viviamo rincorrendo un'approssimazione della perfezione, che perfezione pertanto non è.
Questa libertà, ci dota sì dell'arbitrio della scelta di definire il nostro mondo perfetto (naturale?), ma ci rende altro, rispetto alla perfezione della natura.
Ma non è che in questo modo hai trasposto il paradiso biblico nella natura?
Perchè mi pare che da questa natura ci poni fuori come fuori siamo dal paradiso.
#423
Tematiche Filosofiche / Re: Capisco di non capire.
13 Maggio 2025, 14:30:54 PM
Citazione di: nessuno il 13 Maggio 2025, 13:20:57 PM"so di non sapere", oppure "non so di sapere"?
Benvenuto.
Si, hai centrato la questione.
Nel non sapere di sapere è racchiusa la nostra percezione della realtà.
Col non sapere di sapere inizia l'avventura scientifica, che si pone come alternativa a quella percezione.
Le due cose possono collidere solo se se c'è una via unica verso la realtà, ma di alternative ne conosciamo almeno due, quelle che tu hai riassunto, e possono procedere in parallelo senza scontrarsi.
#424
Citazione di: Illuminismo Bastardo il 13 Maggio 2025, 13:04:09 PM@Alberto Knox, la questione che sollevi sull'organizzazione spontanea della materia è centrale, soprattutto se la si guarda dal punto di vista dei sistemi viventi complessi. L'emergere di coerenza, adattamento, strutture autoregolanti — tutto questo mostra che l'ordine può generarsi "dal basso", senza bisogno di un osservatore esterno.
Ma è proprio lì che, per me, si apre lo spazio per una domanda ulteriore: quando l'organizzazione smette di essere solo struttura e diventa anche gesto?
Se ogni interferenza modifica il campo, allora c'è qualcosa che succede nel momento in cui una coscienza situata si concentra al punto da innescare una curvatura reale del possibile.
Non parlo di volontà cosciente nel senso tradizionale, ma di un punto in cui la presenza osservante coagula una forza, e in quel nodo si produce una deformazione: una transizione di fase esistenziale, non solo fisica.
Il libero arbitrio, da questa prospettiva, non sarebbe una licenza metafisica, ma un principio energetico relazionale: non garantisce il controllo, ma introduce discontinuità. Una piccola frattura nell'andamento prevedibile del campo, che da lì in poi costringe la realtà a riorganizzarsi. Non impone, ma piega.
@iano, capisco il rischio che questo linguaggio resti a metà tra intuizione e astrazione, senza portare ancora un'applicazione effettiva. Non lo nego. Ma proprio per questo tengo a precisare che quello che sto cercando di costruire non è un sistema chiuso di concetti autosufficienti. È una mappa in costruzione, fatta di tessere che trovano significato solo nella loro relazione reciproca. Campo, coscienza, collasso, possibilità, organizzazione, scelta: non valgono uno per uno. Valgono se si tengono insieme.
A volte una tessera suona stonata, ma solo perché manca quella giusta accanto a farla vibrare nel modo corretto. È questo il senso del mio tentativo: esplorare le risonanze tra cose che ancora non hanno un linguaggio condiviso.
In questi giorni sto anche cercando di tradurre queste dinamiche in modo più operativo, attraverso una sorta di geometria esperienziale del sé in movimento, dove la coscienza è rappresentata come un punto che si muove all'interno di un campo composto da variabili come emozione, tempo, narrazione, tensione, desiderio.
Alcune delle idee che qui abbiamo toccato — la scelta come curvatura, la traiettoria disturbata dalla presenza dell'altro, il salto non lineare dell'evento Δ — si ritrovano sorprendentemente ben definite in quella mappa, descritta in questo articolo:
👉 https://illuminismobastardo.it/geometria-del-se-in-movimento/
Non è un modello che pretende di spiegare il reale, ma forse può servire come ponte tra teoria e vissuto. E magari anche come base comune per continuare questo dialogo su più livelli.
Continua il tuo fraintendimento.
Nella congiuntura fra concreto ed astratto che stiamo culturalmente vivendo, penso che chiunque usi onestà intellettuale vi si trovi invischiato, quindi se l'hai intesa come una critica, non lo è, ma anzi è il suo contrario.
La tua narrazione in divenire che tende virtuosamente alla razionalità mi trova concorde, ma ne preferisco una più semplice che secondo me la equivale. Dunque partendo sempre da un elemento irrazionale, senza il quale nessuna razionalità si può sviluppare, preferisco partire dal gesto, che in quanto irrazionale non và spiegato, e dedurre razionalmente tutto il resto.
Il gesto, che rappresenta l'inconoscibile che noi siamo che si relaziona col resto dell'inconoscibile detto finora realtà, agendo su non ''sapremo mai dunque cosa'' produce oggettività relazionata, e la produce non in modo univoco, essendo non unico il possibile gesto.
In sostanza gli oggetti e le loro relazioni sono una cosa sola, in quanto generati in contemporanea, (...entangled mi stava scappando di dire.)  :)
Per quanto riguarda il tuo tentativo più leggo, più mi sento in risonanza, anzi oserei dire che senza questa risonanza non ci avrei capito una cippa. :)
#425
Citazione di: Alberto Knox il 13 Maggio 2025, 11:25:15 AMCerto capisco, ma il modo in cui la presenza di un osservatore perturbi il campo delle possibilità non concretizzate  rimane comunque un mistero.
Per quanto non ho dubbi sul fatto che la narrazione quantistica funzioni a meraviglia, e riconoscendo anzi che allarghi immensamente le possibilità di interazione con la realtà della percezione sensibile, mi sembra comunque una narrazione che resta a metà strada fra la realtà come finora l'abbiamo intesa, come concreta, e il nuovo modo di intenderla,  usato magari con intento dispregiativo, come astratta.
Gli stati sovrapposti restano infatti a metà strada fra concretezza ed astrazioni, e sembrano più un tentativo di trattenere per i capelli la concretezza, senza perciò inficiare l'efficacia applicativa della teoria.
Prima che una sovrapposizione di strati ci vedo una sovrapposizione di vecchi e nuovi modi di intendere la realtà, come inevitabile anello di congiunzione fra vecchio, e nuovo, non ancora del tutto realizzatosi.
Chissà che questa discussione aperta dal nostro nuovo amico, il cui scritto mi ha richiamato i testi alchilici, non diventi un catalizzatore che porti a comporre  questa chimica di pensiero.
#426
Citazione di: Illuminismo Bastardo il 13 Maggio 2025, 03:01:29 AMiano, rispetto molto la tua osservazione sul rischio di confondere realtà e apparenza. Non sto dicendo che la realtà sia illusione, o che sia solo frutto della nostra immaginazione. Sto cercando di dire che ciò che chiamiamo realtà è sempre, inevitabilmente, un punto di vista, una forma che prende corpo quando una possibilità si concretizza. Non è menzogna, è semplicemente la realtà filtrata da una coscienza, come una fotografia scattata da un certo angolo. La sedia su cui mi siedo è reale — ma lo è diversamente per un bambino che la trasforma in nave, per un vecchio che ci riposa, per un artista che la espone. La sedia è reale, certo. Ma come è reale dipende da chi la osserva.
In fondo, il tentativo che sto facendo non è stabilire nuove verità ontologiche, ma proporre un modo per pensare la realtà non come qualcosa di fisso e oggettivo, ma come qualcosa che si forma nel dialogo tra ciò che può accadere e ciò che osserva. La coscienza, in questo, non ha un potere assoluto — ma ha un peso. Non guida tutto, ma contribuisce.
È un modello, non una fede. E per me ha valore finché genera domande, aperture, chiarimenti. Come quelli che sono emersi qui, e di cui vi ringrazio sinceramente.
C'è un fraintendimento.
Se tu vuoi rivalutare l'importanza dell'illusione trovi in me un alleato di pensiero.
Illusione che può considerarsi non come falsità, una volta messa da parte la pretesa di verità.
Illusione da considerarsi come unico modo di vivere la realtà, che sarà sempre un modo indiretto. Illusione come unico modo di vivere la realtà,  ma che implica modi non univoci di presentarsi a noi della realtà.
La cosiddetta realtà concreta può ben stare al posto di un illusione che si presenti come unica possibile, e infatti ha tenuto quel posto finché unica è stata l'illusione di realtà che abbiamo prodotto con la nostra percezione.
Una realtà concreta che non sparisce una volta sgambata come illusione, perchè per sparire non basta avere la coscienza che c'è un meccanismo che la produce, ma occorre averne una conoscenza tale che ci permetta di disinnescarlo. Limitandoci a ciò però attueremmo solo un programma nichilistico senza nessuna nuova prospettiva ''di realtà'', ignorando che non possiamo che vivere dentro una illusione che finora abbiamo detto realtà.
la mia ambizione sarebbe quindi di tenermi stretta l'illusione di una concreta realtà come si è venuta fino a un certo punto determinata evolutivamente, ed affiancarvene di nuove che pur collidendo razionalmente possano pacificamente convivere come diverse costruzioni razionali.
Non si tratta di fare di ogni punto di vista una realtà a parte, scivolando nel solipsismo, perchè il senso di ogni realtà sta nella sua condivisione, nell'essere uno spazio relazionale, ma di capire che diversi sono gli spazi in cui ci si può relazionare, evitando al contempo che questi spazi diventino dei ghetti, nicchie che inneschino la produzione di nuove specie.

Chiarito il mio pensiero, veniamo al tuo.
Mi pare abbia a che fare con la poesia, pur non producendo alcun effetto poetico, come se nascesse dall'esisgenza di far un uso libero di un linguaggio razionale appreso, in attesa che l'effetto poetico venga fuori.
Una critica, non dico frequente, ma significativa, al modo di fare filosofia in questo forum,  cioè  al modo che il media ce lo consente, è appunto di far poesia quando pur vada bene, ma non propriamente filosofia, laddove non ci si limiti a rimasticare il già noto.
Non si può disconoscere però che la poesia sia un efficace mezzo di diffusione di un nuovo pensiero che all'inizio pur nasca come il tentativo di ricombinare, permutare, diversamente disporre, linguaggi razionali precedentemente appresi per vedere l'effetto che fà, per verificare, come tu chiedi, se si riesce a produrre risonanza, creando se non un nuovo spazio relazionale, un suo possibile prototipo.

Si tratta certamente quindi di sondare le possibilità di questo media nel far filosofia, senza limitarsi a scimmiottare con scarso risultato i media a questo precedenti.
Si tratta di capire, usando una tua immagine, quali possibili sistemi di pensiero siano impliciti nel media, cercando di farli collassare.

 
#427
La percezione della realtà comprende la percezione di noi.
Mettere in discussione la nostra percezione di realtà significa quindi mettersi in discussione, e per qualcuno ciò è inaccettabile, perchè intende che ciò significhi mettere in discussione un valore sacro, quando potrebbe significare solo dover rimetter in gioco l'abitudine che di noi abbiamo.
#428
Citazione di: Il_Dubbio il 12 Maggio 2025, 12:45:57 PMGli esperimenti gli hanno dato torto.
Gli esperimenti gli hanno dato torto, ma vallo a spiegare a chi pensa che la realtà gli giri intorno, se lo stesso Einstein in fondo in fondo lo pensava.
Quello che ci promette il metodo scientifico è che se non è vero che la realtà ci giri intorno lui ce lo dira, ma ciò che lui ci dirà avrà il valore che noi gli vorremo dare.
Il metodo scientifico è un paradigma che richiede di essere applicato al netto dei propri pregiudizi di realtà, ed è veramente incredibile il fatto che vi sia un metodo capace di mettere all'angolo la nostra soggettività, ma nella misura in cui con essa ci identifichiamo potremo intenderlo come un attacco alla nostra persona, come l'attuazione di un complotto per sostituirci con una macchina.



#429

La coscienza io la intendo, coerentemente mi pare col primo punto, non come ciò che distingue fra loro gli esseri viventi secondo l'uso che ne fanno, ma come ciò che li distingue dai non viventi.
Non esistono cioè esseri viventi privi di coscienza, perchè essa è il modo di interfacciarsii degli esseri viventi con la realtà , e la differenza fra questi  sta nel diverso modo di interfacciarci con la realtà, ciò che determina per ognuno di essi l'essere unico è irripetibile, essendo la ripetibilità relativa in modo esclusivo a ciò che di coscienza è privo.
#430
Con gli interventi di Jacopus ed Antony il quadro della discussione si fa più chiaro, ma non ho trovato riferimenti in rete su spazio silente ed acclamante, e non ho la minima idea di cosa si intenda con questi termini.
Lo spazio io lo intendo come spazio matematico che può essere applicato alla realtà producendone un apparenza, quando l'applicazione è inconscia, e che in ragione della sua efficacia ci induce a confondere la realtà con la sua apparenza, o che produce in modo conscio una teoria applicabile a sua volta sempre in modo conscio alla realtà, ma senza produzione di apparenze se non in un analogia relativamente soddisfacente con le apparenze  già sperimentate, riducendosi l'apparenza ad immaginazione.
Con l'immaginazione in sostanza creiamo traballanti ponti tra i nostri prodotti consci e inconsci.
#431
Noi ci adattiamo alla realtà evolvendoci, e un modo speculare di dirlo è che la realtà si adatta a noi mutando la sua apparenza.
#432
Citazione di: Illuminismo Bastardo il 11 Maggio 2025, 01:25:04 AMMi unisco con gratitudine al tema aperto da iano, perché è proprio dalla frizione tra ciò che appare e ciò che resta che ho cominciato a interrogarmi in modo più radicale. Anch'io, da non addetto ai lavori, ho cercato di afferrare i margini della realtà lasciata fuori campo dalle nostre categorie abituali – tempo, spazio, causalità lineare – e mi rendo conto di quanto sia difficile anche solo pensare senza appoggiarsi a quelle griglie.
Ciò che trovo più affascinante, in linea con quanto emerge dai lavori di Rovelli, è l'idea che la realtà non sia unicaoggettiva in senso tradizionale, ma che esista solo come relazione o interazione, e che l'osservatore – lungi dall'essere un accessorio – modifichi profondamente il campo che tenta di comprendere.
Da qui nasce per me la necessità (più che il desiderio) di costruire mappe più mobili, in cui la coscienza non sia ridotta a epifenomeno, ma assunta come uno dei possibili "nodi" di collasso del reale. Non parlo in termini religiosi o mistici, ma come tentativo di modellizzare – anche solo intuitivamente – le dinamiche con cui il potenziale si rende atto, e come questo dipenda da variabili anche soggettive.
Mi domando spesso se la scienza, pur nel rigore necessario, possa concedersi uno spazio per accogliere ciò che ancora non sa misurare. Più che una tesi, è una domanda che porto avanti e che mi piacerebbe esplorare anche grazie al confronto con chi ha maturato visioni affini o alternative.
Un saluto a tutti e grazie per questo spazio di riflessione.
A rileggere queste vecchie discussioni provo un senso di estraniamento, perchè non mi riconosco quasi mai in quello che ho scritto, come se un altro lo avesse scritto, e un po di tristezza per i tanti forumisti che ci hanno abbandonato.
Tu chiedi se troviamo risonanza nei tuoi scritti.
Vi trovo risonanza con la promettente confusione che avevo in testa tanti anni fa, e  ciò mi fa pensare a te come un giovane.
Ora mi pare di aver fissato meglio le mie idee, tanto che ho la sgradevole  sensazione di ripetermi.
A proposito di questa vecchia e verbosa discussione, quello che mi sento di dire oggi sinteticamente è che, la realtà non è come ci appare, perchè l'apparenza di realtà è un prodotto della nostra interazione con la realtà, e questa apparenza dice tanto della realtà quanto di noi in modo inscindibile., perchè essendo il prodotto di una interazione è una funzione degli interagenti.
Ma ancora prima di essere un mistero di fatto insondabile la sostanza della realtà, ( una delle due  variabili della funzione ), ciò che rimane inconoscibile a un livello superiore, perchè inconoscibile per principio, è la restante variabile, noi , perchè l'osservatore non può interagire con se stesso.
Quel noi quindi non può che essere parte dell'apparenza di realtà.
#433
Detto ciò, considera caro Daniele, quale miracolo invece sia il potersi rapportare con la realtà senza che a ciò osti l'inconoscibilità della sua essenza, attraverso una sua posticcia rappresentazione, a volte così efficace da poter essere con essa confusa.
Questo è il miracolo della realtà come ci appare.
#434
Citazione di: daniele22 il 10 Maggio 2025, 07:45:03 AMNon penso che Il filosofo debba occuparsi degli affari interni alla fisica perché non gli compete, almeno fino a quando la fisica non gli muova un'accusa ben circostanziata. Oppure, il filosofo se ne occupa quando abbia modo di apprezzare un pensiero filosofico di un fisico, tipo questo di quasi cent'anni fa:
"Qualunque esperienza eseguita in un sistema atomico esercita su di esso una perturbazione finita che non può essere, per ragioni di principio, eliminata o ridotta. Il risultato di qualunque misura sembra perciò riguardare piuttosto lo stato in cui il sistema viene portato nel corso dell'esperimento stesso che non quello inconoscibile in cui si trovava prima di essere perturbato".
Se la fisica ha risolto tale perplessità in modo soddisfacente la spieghi in quattro parole al filosofo perché mi sa che egli non la sa, e inoltre, dando per buona la perplessità espressa nel pensiero citato, per un buon filosofo l'analogia con la realtà umana sarebbe lampante. E, stando coi "piedi per terra", si rileva nel mio post nr 60 in questa discussione che non ha avuto risposta, ovviamente
Mi scappa un irriverente analogia fra l'inconoscibile stato fisico originario prima dell'esperimento, e l'inconoscibile idea che hai in testa, che dovresti trasmettere a noi pur non nella sua originalità, traducendola, e quindi in qualche modo tradendola, ad es. nel post n.60, che vale però in questa analogia come un esperimento fallito.
Diversamente vuoi che nella mia presunzione di poter rispondere a tutti, e a tutto, io non ti avrei risposto?
Tanto è vero che a questo tuo ultimo invece comprensibile post rispondo, e rispondo che il fisico che hai citato ha centrato il problema.
Cioè egli ci dice che già al livello della misura la realtà risulta direttamente inconoscibile, per tacere di cosa intenderemo essere reale a seguito della interpretazione che daremo alle misure.
Vero è che attraverso la sensibile percezione che sembra tu invochi come dispensatrice di verità, stante il suo apparente collegamento diretto con la realtà, abbiamo un impressione appunto di vera realtà, ma tu veramente ci credi?
Intendiamoci, non è proibito crederci, anzi quello che voglio appunto dire è che la realtà è ciò che ti appare solo se, in modo cosciente oppure no, tu vi poni fedi, e certamente fra questi due tipi di fede, è più forte quella posta inconsciamente, perchè possiede l'attributo della verità, come ciò che è innegabile.
Come potresti infatti ritrattare una fede che non sai di avere?
Da ciò appunto io credo che nasca la nostra idea di verità, la quale quando trasposta nella sua versione conscia, sia che riguardi la scienza, sia che riguardi la religione, inevitabilmente inizia a vacillare.
Il miracolo che ci appaia la madonna è nulla rispetto al miracolo che possa apparirci la realtà.
Quindi se tu non ci credi alle apparizioni della madonna, traine le conseguenze sulla realtà in quanto  ti appare.
Senza la nostra fondamentale e irrazionale capacità di credere, senza la quale nessuna fede sarebbe possibile, nessuna ''realtà'' potrebbe apparirci.
Sulle fedi che abbracciamo coscientemente invece la razionalità può entrare in gioco, e inevitabilmente quindi lo farà, però non riuscirà più a riprodurre quella verità comprensiva di ogni suo attributo, e in particolare quello della innegabilità, perchè è sempre possibile negare ciò che si può affermare.

 
#435
Benvenuto. Ho appena iniziato la lettura, dove trovo tutti termini noti, ma che potrebbero avere per te un significato allargato, o nuovo, da desumere dal contesto.
Il primo inciampo mi sembra un nuovo concetto di moto, che dovremmo desumere da quanto segue:
''Il campo si muove, ma non in funzione di un centro. Si muove come effetto della somma di tutte le sue spinte. Un sistema, dunque, non centrato ma relazionale, dove il cambiamento emerge come sintesi temporanea di forze interdipendenti.''
Non sembra un moto relativo, cioè misurato rispetto a un sistema di riferimento, se con centro a ciò ti riferisci.  Cosa intendi dunque per moto?
La mia prima impressione, sarò sincero, è quella di trovarmi davanti ad un testo di alchimia.
In ogni caso, se non hai trovato interessante questa discussione, non avendo portato alcuna critica ad essa , ti consiglio di aprire una discussione a parte. :)