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Messaggi - iano

#646
La retorica sembra che non faccia più presa sulla gente, e forse è giunto quindi il momento, a bocce ferme, di riflettere su cosa sia stata la retorica per noi. Io confesso che non so perchè, di essa sento la mancanza, di quell'esser preso in giro in modo forbito, che conteneva però come inserto un sogno e come allegato una speranza di futuro.
Uscendo da questa nostalgica confessione,  direi che si è trattato di ciò che nella sua sostanza permane, fascinazione per una tecnologia, se si può considerare una tecnologia la parola, e la retorica la sua padronanza.
La stessa fascinazione potrebbe essere oggi relativa alle nuove tecnologie, ai social in breve, anche se io per questioni anagrafiche me ne sento immune.
Trump nasce superato, perchè come Berlusconi ha cavalcato una vecchia tecnologia, la TV, ma i veri vincitori sono i padroni dei social, e in genere chi li padroneggia, nella misura in cui ne subiamo l'irrazionale fascinazione, così come una volta subivamo la fascinazione di chi padroneggiava la parola.
Non so se ci sarà una dittatura, ma temo sia finita la democrazia della parola.

#647
La perfezione è qualcosa che non si può guadagnare, ma solo perdere.
Chi ce l'ha non sa di averla, finché non ne acquista coscienza nel perderla.
La perfezione è dunque ignoranza.
La perfezione è ciò che non ha chi di essa sa, e quindi ne può parlare.
Se ci diciamo imperfetti, dobbiamo pur avere un modello, un idea di perfezione. Ma da dove ci viene?
Come possiamo parlare di ciò che non abbiamo sperimentato?
Se ne parliamo dunque una qualche esperienza dobbiamo averla avuta.
Questo in effetti è quello che sembra suggerirci la bibbia nella sua grande saggezza, con la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso, che hanno barattato la perfezione con l'idea che ne abbiamo, e più in generale con la conoscenza, che è coscienza di essere prima di ogni altra cosa.
Nel paradiso si realizza la perfezione che non sa di avere il perfetto essere che non sa di essere.

Possiamo umilmente ammettere i nostri limiti, ma c'è un altra possibilità, ed è che noi non siamo limitati se la perfezione non esiste.

#648
Citazione di: Il_Dubbio il 28 Aprile 2025, 09:12:38 AMMa appunto la domanda è: cosa intendiamo per realtà?
La nostra dimensione del reale (quella di facciata) non può ottenere gli stessi risultati di quelli che ottiene la scienza, soprattutto le scienze dure come la fisica. Sicuramente per noi è quella piu importante nel senso che è poi quella che avvertiamo sulla nostra pelle. Ma ritengo che per reale dovremmo intendere quella fondamentale che è perfino piu semplice da ricostruire e maneggiare.
Finché l'obiettivo rimane possedere la verità sulla realtà, ognuno potrà con buone ragioni schierarsi dalla parte della concreta realtà , quella che tocchiamo con mano, o con quella che  con le teorie della fisica si fa sempre più astratta.
Possedere questa verità, oltre alla soddisfazione intellettuale di averla ottenuta, significa potersi rapportare in un modo ottimale con la realtà, un modo definitivo, non essendoci più nulla da sapere e da scoprire.
Se invece più umilmente rinunciamo alla ricerca di verità, avremo diversi modi di approcciarsi alla realtà non necessariamente conflittuali, ma anzi collaborativi.
Certo, ognuno a proprio sentimento, o per l'attività che svolge, potrà privilegiare una modalità di rapportarsi, piuttosto che l'altra, ma senza perciò sentire di dover negare l'altra come inaccettabile,  assurda, o al minimo  ingenua, il che, nella misura in cui non potrà comunque negarne l'efficacia, risulterebbe comunque filosoficamente problematico.
Diversamente il problema filosofico si riduce a cercare la sostanza comune dei diversi approcci.
In tal senso a me sembra più facile ipotizzare una natura astratta per entrambe, dove però il termine astratto assume un nuovo significato, non potendosi più intendere come una teorizzazione della concreta realtà, ma come ciò che  derivando da un rapporto con la realtà si traduce in un rapporto  con essa che si rinnova in continuazione, ma senza una meta precisa, in accordo con la teoria dell'evoluzione, e senza un fine da raggiungere che non sia la sopravvivenza, e in particolare senza una verità da raggiungere che ci renderebbe onnipotenti, e sopratutto senza dover rinunciare perciò alla nostra spiritualità.
Nella misura in cui il nostro rapporto con la realtà è l'unica realtà a cui possiamo avere accesso direttamente, noi solo di essa possiamo parlare, restando la vera realtà solo una condizione che tale rapporto rende possibile, e questo fatto, che un rapporto sia  possibile, ci dice indirettamente comunque qualcosa sulla vera realtà, che essa cioè, anche solo in prima approssimazione, cioè al livello locale, cioè nei limiti delle nostre possibilità, cioè entro i nostri relativi confini vitali, non sia un capriccio della natura.

Fatto ciò, io confido nel fatto che la divisione apparentemente insanabile venutasi a creare fra fra scienza e filosofia possa ricucirsi, laddove non saranno più i soli fatti o il puro pensiero a comandare, ma quel pensiero che nascendo dai fatti li produce a sua volta.
La ciliegina sulla torta sarà poi non vedere un problema nella diversità soggettiva di posizioni, ma una ricchezza che dia un valore alla condivisione sempre raggiungibile, ma non raggiungibile mai in modo definitivo stante la produzione continua di questa ricchezza.
Questo è il vero senso da dare all'individuo, come colui che questa diversità che ci fa ricchi produce, smettendo di vedere ciò come un problema, ma come la soluzione ai nostri problemi.
#649
Citazione di: Il_Dubbio il 25 Aprile 2025, 12:53:48 PMCredo tu intenda, per work in progress, la capacità che noi abbiamo di conoscere la realtà.
E come detto, nel mentre conosciamo la realtà attraverso il filtro della conoscenza, progrediamo verso la sua versione migliore.

Ma andrebbe messo in chiaro anche una caratteristica, della realtà, indispensabile perchè essa possa essere conosciuta.
La realtà deve essere identica a se stessa e non può, senza alcun motivo, cambiare.
Infatti uno dei punti di forza della scienza è la ripetibilità di un certo esperimento o di una certa osservazione. Se la realtà sotto cambiasse, non sarebbe possibile ripetere un certo esperimento ricavando lo stesso risultato.


Le interpretazioni della realtà sono relative in quanto riguardano noi, ma non gratuite in quanto relative alla realtà, e il fatto che si mostrino funzionali, fino ad essere state confuse con la stessa realtà, è la prova che non abbiamo a che fare con una realtà ballerina.
Vale la pena ricordare che noi di interpretazioni non funzionali abbiamo esperienza quando sogniamo.
Interpretazioni in questo caso fatte a vuoto, ma che potremmo pensare come un allenamento per affrontare la vera gara, quella con la realtà.
Forse dunque è fra il sogno e la realtà che si pone il nostro filosofare.
Tutto si può dire della scienza meno che non produca interpretazioni funzionali della realtà, per quanto essi abbiano sempre l'improbabile aspetto di un sogno, ma ciò si potrebbe spiegare col fatto che ''la solida realtà, quella che tocchiamo con mano'' è figlia dell'ignoranza del filtro che la produce.
Una concretezza che la scienza, che tutto è meno che ignoranza, non potrà quindi mai riprodurre.
Quindi dalla sorpresa di come qualcosa di così astratto possa realmente funzionare, potremmo adesso passare alla sorpresa di come possiamo essere stati capaci di riprodurre una realtà così concreta, che continuiamo a toccare ancora con mano.
Nessuno ovviamente è costretto a questo passaggio, se non come esperimento mentale od esercizio filosofico . :)
 
#650
Citazione di: daniele22 il 25 Aprile 2025, 07:05:04 AMDirei che essendo che la realtà si presenta come problema se avessimo tutti lo stesso problema la realtà tenderebbe a divenire "così com'è" giacché il problema prenderebbe la forma di un fine. Essendoci quindi un fine si potrebbe così stimare un giusto o sbagliato nel perseguirlo
Non credo che sia superabile il problema del filtro per vedere la realtà così come è, se il filtro vale una interpretazione , ma il fine che tu ipotizzi si può a noi tutti presentare anche solo condividendo un filtro, come condividiamo in effetti il filtro della percezione naturale.
Non vedendo  la realtà cosi come è ciò equivale però alla facoltà di sbagliare tutti insieme al modo che sbaglierebbe un individuo, di modo che l'umanità nella sua interezza, come un individuo solo, sia destinata a procedere per tentativi ed errori.
Certo è che se scambiamo la nostra intersoggettività per la realtà, appariranno di noi in evidenza soltanto i disaccordi, acquisendo un risalto falsato  la nostra soggettività.
Il vero pericolo che noi come umanità stiamo correndo è che, siccome i filtri scientifici richiedono condivisione, nella misura in cui non riusciamo ad attuarla, l'umanità smetterà di procedere come un individuo solo.
Insomma , nella misura in cui ci sfugge questo procedere concorde, nel bene e nel male, rischiamo di perdere questa unità di intenti che finora si è presentata così naturale da passare inosservata, perchè è questo filtro nascosto che ci fa ''razza'', più che altre cose poste alla luce del sole, come il nostro colore, ed è su questo filtro che si basa la possibilità di un linguaggio di comunicazione che abbia un significato percepibile, laddove il linguaggio non fa altro che richiamare ciò che già in partenza condividiamo.
Il pericolo dunque sta nella moltiplicazione dei filtri in una nuova torre di babele.
#651
E' interessante aggiungere che questi aggiustamenti del filtro, quando derivano da relativi difetti intervenuti per qualche patologia, in parte il cervello riesce ad attuarli da solo, ridefinendo le sue aree funzionali.
infine, ciò che noi abbiamo inteso fino a un certo punto come realtà, è in effetti una sua relativa interpretazione funzionale, relativa in quanto economicamente commisurata ad uno scopo preciso.
In tal senso la pretesa filosofica di conoscere la ''vera realtà'' equivale al minimo alla pretesa di sparare a una mosca con un cannone, cioè uno spreco di risorse che alla nostra recente acquisita coscienza ecologica appare inaccettabile.
Può la nuova filosofia continuare a non tenere conto di ciò?
Posto che sia possibile conoscere la ''vera realtà'', cosa che per me ormai ha perso di senso, non avremmo comunque sufficienti risorse da dedicarvi, nella misura in cui questa conoscenza necessiti di una ricerca.
Se si crede invece che basti una illuminazione che ci regali la realtà nella sua piena evidenza, allora il discorso cambia, essendo tutto ciò gratuito. Io però penso che di gratuito a questo mondo non vi sia nulla, e che la nostra percezione, che a noi per ignoranza pare cosi immediata, sia il frutto di un duro e lungo lavoro dell'evoluzione, il quale non solo non è ancora finito, ma che possiamo oggi in parte gestire in prima persona, cioè in modo cosciente, e questo in sostanza significa fare scienza, che altro non è che fare in diverso modo ciò che abbiamo sempre fatto, e che oggi siamo in grado di fare con cognizione.
Infine mi sembra interessante notare che la cognizione di ciò che facciamo non è necessaria al nostro fare, ne che essa sia da considerare  un valore aggiunto, ma è semplicemente un diverso modo appunto  di fare le cose che abbiamo sempre fatto anche senza averne cognizione.
#652
Citazione di: Il_Dubbio il 25 Aprile 2025, 00:29:15 AMPer raggiungere la perfezione, la cosa in sè dovrebbe manifestarsi senza alcuna filtro.
Però oggi sappiamo che un filtro c'è sempre, e l'idea della cosa in se immagino sia stata figlia della nostra ignoranza di esso.
Se la coscienza dell'esistenza di questo filtro non muta la percezione della cosa in se, può però mutare l'idea che ne abbiamo.
La stessa idea di realtà, nella misura in cui è figlia della nostra ''ignorante'' percezione, può essere rivista, perchè non possiamo più dire reale al modo che finora abbiamo inteso ciò che oggi sappiamo deriva dalla mediazione di un filtro.
La scienza semplicemente è la creazione di una nuova percezione i cui filtri sono costituiti dall'interpretazione dei dati scientifici, interpretazione che costituisce un filtro di cui abbiamo piena coscienza avendolo creato noi stessi, o meglio gli scienziati, per cui una certa ignoranza di esso per noi popolo permane, stanti i limiti che ha la divulgazione scientifica.
Non possiamo quindi condividere appieno i risultai scientifici, mentre continuiamo a condividere con Kant la percezione della cosa in sè nella realizzazione di una piena intersoggettività, che però abbiamo oggi prova che non possa essere intesa come sinonimo di realtà, ma come la condivisione di un filtro di cui la natura ci dotati.
Il sapere che esiste un filtro alla nostra percezione della realtà,  nella misura in cui lo abbiamo indagato, studiano in particolre i soggetti in cui questo naturale filtro era difettoso, ci consente oggi, anche grazie alla grande elasticità del cervello,  di correggerlo in certi casi, o di integrarlo con la cosiddetta ( termine da considerarsi infelice) ''realtà aumentata''.
Il termine corretto sarebbe realtà reinterpretata.



#653
Tematiche Filosofiche / Re: Spazi e punti di vista.
24 Aprile 2025, 21:35:15 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Aprile 2025, 16:31:41 PMNon comprendo, non so di cosa tu stia parlando.
Non fartene un cruccio, non è nulla di importante.
Grazie comunque per averci provato.
Le tue critiche sono state per me importanti, perchè seppur nel vano tentativo di esportele per mia incapacità, ho chiarito meglio a me stesso i miei pensieri
#654
Percorsi ed Esperienze / Re: Osteria Abisso
24 Aprile 2025, 13:34:10 PM
Citazione di: Jacopus il 24 Aprile 2025, 12:55:35 PMOggi siamo in una fase di dominio dell'emisfero sinistro, che è quello che classifica, che giudica, che ripartisce, che sa ma non comprende (mentre il destro è quello che comprende ma non sa).
Sottoscrivo questo illuminante passaggio, notando che esso può aiutarci a trarre tutte le conseguenze dal socratico ''sapere di non sapere''.
Un sapere archiviato, compreso dentro di noi, non perciò smette di agire, e non è solo l'alcool a farmelo dire.
La comprensione è il sapere emendato dal dubbio, che solo così può farsi perciò azione.
Il problema è che non esiste un sapere per ogni stagione, ma che è difficile cambiarlo quando divenuto comprensione della realtà, o meglio quando realtà si è fatto nel comprenderlo.
#655
Percorsi ed Esperienze / Re: Osteria Abisso
24 Aprile 2025, 13:04:50 PM
Citazione di: daniele22 il 24 Aprile 2025, 12:22:43 PMEppure, qualcuno ritiene di essere in grado – dialetticamente – di sostenere con forza decisiva quella via dimenticata. In tal caso, resterebbe allora una scelta da compiere: vogliamo perpetuare il dominio del monologo, o finalmente scostare la tigre di carta ed entrare nel regno dell'aspirazione che si compie ... quello del dialogo autentico?
Il tuo discorso è chiaro, ma i puntini di sospensione lasciano aperto il ''cosa intendi per dialogo autentico''.
Se invitare a un dialogo autentico è un modo indiretto di affermare che un linguaggio assoluto è possibile, e in base ad esso è possibile quindi formulare verità, e di contro falsità, non sono d'accordo.
Il linguaggio, in quanto modo di rapportarsi fra individui, contempla anche la sopraffazione del prossimo, in quanto essa è parte del nostro rapportarci col prossimo.
Inutile cercare nel linguaggio, come in ogni altra cosa, un elemento che caratterizzandoci ci nobiliti, facendoci uscire dallo squallore che descrivi.
il linguaggio non può che nascere come monologo, ma diventa  funzionalmente tale quando, essendo condiviso, diviene dialogo.
Ma che i nostri monologhi non vengano condivisi è da considerarsi normalità, e il contrario l'eccezione, nella misura in cui attraverso essi tentiamo di esternarci in modo autentico.
il forum in tal senso è un mezzo eccezionale nella misura in cui riusciamo a controllare il nostro istinto di ''odiatori''.


#656
Tematiche Filosofiche / Re: Spazi e punti di vista.
24 Aprile 2025, 11:19:54 AM
Va da se che secondo l'usuale concetto di realtà , nella misura in cui  lo deriviamo dalla nostra percezione sensoriale, il nostro dialogo è reale.
Il punto è se siamo in grado di elevarci sopra di essa, o se nei suoi limiti vogliamo restare confinati, accusando magari di demenza chi volesse provare a farlo.
In tal modo però ci condanniamo a restare esclusi dal processo scientifico, inteso come valida alternativa capace di affiancarsi utilmente alla nostra percezione sensoriale, ma che in quanto appunto alternativo potrebbe richiedere un diverso concetto di realtà.
#657
Tematiche Filosofiche / Re: Spazi e punti di vista.
24 Aprile 2025, 10:36:16 AM
Citazione di: Il_Dubbio il 24 Aprile 2025, 07:48:29 AMNon hai risposto direttamente alla mia domanda, anzi l'hai presa come unico motivo di realtà.
Io ti ho chiesto se è reale il nostro dialogo. Se rispondi che non ci sono cose che non interagiscono, vuol dire che stai mettendo come punto di realtà il relazionismo. Non sei il primo. Ma se questa è la tua tesi, perchè continui a fare a botte con il concetto di realtà?


Secondo quanto ho suggerito di nuovo su ciò che è reale, il mondo in cui viviamo, comprensivo dei nostri dialoghi, non è reale, ma è il prodotto della nostra interazione con la realtà.
Secondo questa mia concezione, la realtà e noi che parte ne siamo, restiamo qualcosa di direttamente insondabili, avendo  accesso in modo esclusivo al solo risultato della loro interazione.





#658
Tematiche Filosofiche / Re: Spazi e punti di vista.
24 Aprile 2025, 05:42:32 AM
Citazione di: Alberto Knox il 24 Aprile 2025, 01:35:19 AMIl passaggio da puntino a stelle, pianeti, galassie e ammassi di galassie non è contenuto ragionevolmente nel puntino cosmico primordiale
Sono d'accordo con te, però questa è la descrizione migliore attualmente in nostro possesso. Poco male se altro non è che una descrizione che ci permette di interfacciarci con la realtà con alterna fortuna, ma molto male invece se pretendiamo di possedere descrizioni vere.
Se non assumiamo a priori come vera qualunque descrizione, presente e futura, potrà apparire più chiaro e meno assurdo il motivo per cui le assumiamo.




#659
Tematiche Filosofiche / Re: Spazi e punti di vista.
23 Aprile 2025, 23:04:47 PM
Citazione di: Il_Dubbio il 23 Aprile 2025, 20:41:58 PMA me sembra normale invece che cambino i termini usati a seconda da cosa si intenda per realtà.

Se pensiamo (ad esempio) che non sia realistico che vi siano delle interazioni, allora il termine utilizzato non descrive la realtà.

Ma allora, se nella realtà non vi sono interazioni, come descriveresti la tua realtà senza interazioni?

Parliamo di cose che possiamo controllare: io te stiamo interagendo? E' reale questa interazione?
Dipende da quello che intendi per reale. Se realisticamente non stessimo interagendo, allora cosa stiamo facendo io e te?
Che termine useresti per descrivere quello che fai tu quando rispondi a ciò che dico io, o quello che faccio io quando rispondo a quello che dici tu?

La nostra interazione è possibile grazie alla condivisione di un pregiudizio sulla realtà, ed è in base a questo pregiudizio , sia che si concretizzi nella nostra percezione condivisa, sia che nasca da un accordo su una teoria fisica, che noi interagiamo concordemente con la realtà.
Questa intersoggettività non è prova di verità, cioè di una interazione immediata con la realtà, per cui essa in modo evidente ci appare, ma crea quel mondo in cui insieme viviamo, che non è lo spazio dove avvengono le interzioni, ma lo spazio determinato da quelle interazioni .
L'intersoggettività quindi è fondamentale laddove si rinunci alla ricerca della verità.
Noi possiamo avere a che fare solo con un mondo che non è mai la realtà, ma che nasce da descrizioni consce o inconsce della realtà, che facilmente confondiamo con la realtà stessa quando inconsce.
Questo mondo in cui viviamo è fatto di essenti che non sono condizione necessaria per una loro interazione, essendo parti della descrizione della realtà comprensive delle loro relazioni.
Cioè non esistono cose in se, fatta salva la realtà, ma le cose in se però sopravvivono ancora nella nostra percezione inconscia della realtà.
Non ci sono cose che esistono senza interagire, cioè non abbiamo prova di qualcosa che sia davvero in se, che non interagisca cioè con altre, per cui non possiamo separare l'esistenza dalle cose dalla loro relazione.
 
L'essere nasce insieme alle sue relazioni da un descrizione condivisa della realtà.

 
#660
Citazione di: Kephas il 15 Aprile 2025, 09:11:34 AM<< Non mi laverai mai i piedi!>>. Gli rispose Gesù: <<Se non ti laverò, non avrai parte co Me>>. (Giovanni 13:4/8).
Io interpreto così: Non avranno parte com me coloro che pensano che vi possano essere uomini dispensati dall'esercizio di umiltà.