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Messaggi - iano

#76
Citazione di: Kob il 06 Ottobre 2025, 10:30:43 AM"Posto che siano effettuate tutte queste operazioni, comparirebbe in primo piano il più scabroso di tutti i problemi: se la scienza, cioè, sia in grado di fornire obiettivi all'agire, una volta che essa ha dimostrato di poterli raggiungere e demolire — e sarebbe allora [...] un lungo sperimentare di secoli che potrebbe mettere in ombra tutte le grandi opere e i sacrifici della storia finora trascorsa. Sino a oggi la scienza non ha ancora elevato le sue costruzioni ciclopiche: verrà il tempo anche per questo." [Sottolineatura mia].
Le leggi della scienza non possono essere un modello per le norme morali, come sembra sperare il nostro, perchè non hanno alcun obiettivo palese, anche se in tal forma le si può esprimere, come faceva Aristotele, per il quale i corpi provano amore per il loro prossimo, ( il simile ) , dal quale vengono dunque attratti.
Ma alla fine ogni anima è stata esclusa come necessaria alla descrizione del comportamento della materia.
Se le cose vanno come vanno non c'è un motivo, ma semmai da ciò motivi comportamentali si possono trarre.
In tal modo la conoscenza diventa concausa dell'agire, e l'altra causa, quella preponderante, è la natura di chi agisce.
La norma morale è più legata alla natura che alla conoscenza.
La conoscenza semmai, essendo ciò che modifica la nostra natura, solo indirettamente influenza il nostro agire.
Cioè noi siamo sostanzialmente norma del nostro agire, che non può essere assoluta, se noi non lo siamo..



#77
Citazione di: Adalberto il 03 Ottobre 2025, 11:03:07 AME' la tensione che si vive fra due visioni opposte che mi risulta sempre stimolante e che riecheggia quanto avviene nell'individuo stesso, che vive polarizzato fra la propensione alla socialità e il suo opposto intriso di edonismo, egocentrismo e infine anche egoismo. Ma così siamo/sono e si cerca di imparare a navigarci dentro, tentando di uscirne fuori, meditando sugli inevitabili errori conseguenti.
Qui c'è un buono spunto di riflessione.
La tensione in se sarebbe positiva, se non fosse che si tende a quietarla, realizzando la propria socialità, ma restringendola a un partito, che è una via di mezzo fra essere sociali ed essere egoisti.
La cosa ridicola è che questo prender partito non ha motivazioni molto diverse dal decidere di tifare Inter piuttosto che Milan, che è giusto per sentirsi parte di qualcosa.
Cioè, la nostra necessità di socializzazione, non ha necessariamente risvolti da lodare.
Penso che la soluzione sia non prender partito perchè è un modo finto di risolvere le proprie tensioni.
A votare però bisogna andare, perchè è un altra storia.
Cioè, non bisognerebbe andare a votare come quando si va allo stadio a fare il tifo.
#78
Citazione di: niko il 01 Ottobre 2025, 22:56:59 PMNo, dal momento che ogni fenomeno classico puo' essere spiegato in termini relativistici, e nessun fenomeno relativistico puo' essere spiegato in termini classici.
La teoria che accoglie e contiene l'altra, e' piu' veritativa dell'altra e non viceversa, e non sono tutte uguali, e nemmeno, mi dispiace, tutte equivalenti.
Tu sei scettico, sei una persona scettica, e vorresti che fosse scettica anche la scienza (volonta' di potenza; in questo caso: la tua) ma se cosi' fosse, ad oggi, staremmo ancora a Galileo col cannocchiale, e al cardinale Bellarmino che lo contesta, e no, non me la sento, di dirti che sarebbe un bene.

La tua obiezione è corretta, ma non definitiva.
Non vale infatti per la meccanica quantistica.
Per fare stare insieme le due teorie, si divide la realtà in micro e macro, il che mi sembra poco elegante. La realtà è una, diverse sono le teorie, perchè non c'è un solo modo di interagire con la realtà.
La spinta a ricercare teorie unificanti è comunque da incentivare, perchè è conveniente avere una teoria piuttosto che due.
La ricerca della verità è stata certamente un incentivo più forte, una programmatica serendipità, in se non necessaria, e che non manca di effetti collaterali.

Non esprime volontà di potenza l'uomo che cerca la verità credendo di avere il potere di trovarla?
Io questo desiderio non lo sento, e voglio solo capire, che per me significa prender coscienza di ciò che faccio, perchè io le cose le capisco, ma non so come ci riesco.
''Capire'' questo, è importante in un tempo in cui la nuova fisica ci invita a metter da parte, giocoforza, la volontà di comprendere.
Bisogna togliere questo ''giocoforza'' accettando serenamente la cosa, divenendo padroni della situazione per quel che è che, e non per quel che desideriamo che sia, desiderio che è volontà di non cambiare.
Noi veniamo da esempi di verità smascherati, verità non più difendibili, che desideriamo sostituire con altre.
Non desideriamo cambiare un mondo che credevamo fatto di verità, con altro che non le possieda.
Lo accetteremo quando diverremo un altro uomo, ciò che noi non desideriamo, perchè noi siamo e desideriamo restare.
Però la realtà dei nostri desideri se ne fa un baffo, e per questo siamo ciò che siamo divenuti.



#79
Citazione di: daniele22 il 01 Ottobre 2025, 07:52:35 AMPer darmi ragione infatti dovresti dire che la mappa e il territorio sono la stessa cosa, ma dato che non lo dici stai mentendo; non puoi pertanto darmi ragione.
Io non mento mai, perchè, diversamente da te, non ho verità da dire.
Oggi dico che mappa e territorio sono la stessa cosa, e domani non lo dico più, e non mi contraddico nel farlo, perchè non è la stessa persona a dirlo, ma una persona che nel tempo cambia, e cambia quindi idee.
La coerenza se c'è, va cercata nel percorso.





#80
Citazione di: niko il 01 Ottobre 2025, 13:07:31 PMPunto di vista che poi e' l'utile errore, della fisica newtoniana classica. Descrivente un ambiente tutto sommato ancora "antropico" ed intuitivo, presso cui l'impresa conoscitiva, e scientifica, rimanda a chi in essa si impegni almeno l'illusione e l'impressione, di essere in qualche modo esauribile.
Il punto di vista antropico è l'ipotesi di spazio e tempo assoluti su cui si fonda la teoria di Newton, che però non perciò viene invalidata.
Queste ipotesi hanno cioè la stessa dignità dello spazio tempo assoluto di Einstein, che di antropico non ha nulla.
Certo, è stato dimostrato che lo spazio e tempo assoluti non esistono, e lo stesso Newton credeva che si trattasse solo di utili ipotesi.
In questo spazio e tempo assoluti però noi ancora viviamo, e con ciò non intendo dire che siano perciò veri, ma che il nostro mondo è un costrutto teorico, e che questi costrutti teorici sono un modo, l'unico possibile, di vivere la realtà.
Tutto quello che noi sappiamo è come, in um modo o nell'altro, agire nella realtà.
Che per farlo bisogna conoscerla si è rivelata un ipotesi di troppo.
Possediamo solo istruzioni per l'uso che impropriamente chiamiamo conoscenza.


#81
Citazione di: Kob il 01 Ottobre 2025, 14:04:53 PMCredo che la post modernità stia piuttosto nell'affermazione che la verità, così come l'abbiamo intesa fino alla filosofia di inizio Ottocento, non esiste.
Parlare di una verità che non si lascerebbe del tutto conoscere significa invece presumere che tale verità esista.

Esempio dell'inconscio: esiste una mia verità? Se mi inventassi un metodo per far fronte ai processi di rimozione riuscirei finalmente ad attingere la mia verità? O comunque ad avvicinarmi ad essa?
Nietzsche non credo avrebbe sottoscritto questa idea che ha alla base tutto sommato un apparato positivista. Per lui non esiste alcuna verità ma il soggetto, così com'è in questo momento, è piuttosto una prospettiva che esce fuori da quella battaglia di forze diverse ecc.

Comunque se vogliamo dire che c'è sintonia tra quello che hai scritto sulla cultura del Novecento e la filosofia di Nietzsche, ok, certo, è così.
Ma se vogliamo andare ai brani della Gaia scienza o anche di Umano troppo umano, il modo con cui è trattato il tema della conoscenza ha un taglio diverso. Ho cercato di spiegarlo nel post precedente.

Considera che io sto leggendo i brani di Nietzsche con questa domanda sullo sfondo (che è una domanda tutta mia, magari gli altri la considerano un'idiozia, non so):
un uomo interessato alla conoscenza, che è passato attraverso la filosofia contemporanea, quindi attraverso la grande ondata di scetticismo del '900, può rivolgersi alla scienza moderna con la realistica speranza di fare della gaia scienza?
Che sia magari necessario modificare atteggiamento? Cioè essere più liberi (per quanto si può essere liberi dovendo maneggiare la matematica), meno ossessionati dalla ripetizione oggettiva del sapere dentro di sé, più orientati all'aspetto ipotetico, problematico, sperimentale?
Oppure al contrario, la scienza moderna, essendo che alla sua base assume senza riflessione un punto di vista realista, lo assume d'istinto, non può che rimandare ad un sapere duro, serio, pesante e quindi addio gaia scienza?
Mi rimangio quello che ho scritto nel post precedente.
Le conclusioni tu le hai tratte, e io le condivido.
Dunque la verità non esiste, o quantomeno così si semplifica il discorso, e si elimina la seriosità del ricercare il vero, e la ricerca può divienire un gioco ipotetico, che non ha limiti, perchè le ipotesi non sono mai vere, e nel cambiare tradiscono la natura di chi le fa, più che della realtà. Le ipotesi di spazio e tempo assoluto di Newton non sono vere, ma noi ci viviamo dentro nonostante tutto, e ciò dimostra che si può vivere dentro una teoria, e anzi, non c'è altro modo di vivere la realtà.
Il fatto che le ipotesi ci sembrano evidenti, equivale a dire che noi ci viviamo dentro.

D'altronde mi chiedo, col senno di poi, non si poteva  arrivare a ciò semplicemente chiedendosi quali sarebbero state le conseguenze della verità, una volta trovata, trovandole magari non desiderabili?
Non si può desiderare la verità senza vagliarne le conseguenze, a meno che non si sia trattato davvero di un amore che acceca.
#82
Citazione di: Kob il 01 Ottobre 2025, 09:21:44 AMQui abbiamo la serietà dell'indagine filosofica che fa a pezzi le idee che vogliono ancorare la vita ad un senso etico, religioso, metafisico.

Però, mi pare di capire, non smette di ancorla alla verità, e per far ciò è disposto a parlare di utili errori.
Nel tuo post hai certamente il merito di aver selezionato brani che a me sembrano di facile comprensione.
Sembrano più complicate le tue interpretazioni, e mi chiedo perchè?
Forse perchè in quelle interpretazioni sono nascoste le tue personali conclusioni, che mancano in effetti in chiaro?
E' una critica che ho già fatto.
Tutti provano a interpretare, ma nessuno ne trae conclusioni proprie.
La mia conclusione è che è più coerente negare l'esistenza di una verità, che arrampicarsi sugli specchi, ammettendo che l'errore possa essere utile.
Altro contorcimento del pensiero, una verità che non lasciandosi mai del tutto scoprire garantisce una eterna ricerca più o meno gaia.
Cioè si è disposti ad ammettere una verità di estensione infinita, quindi non esauribile, piuttosto che dire che non c'è.
Non ci sono errori, ma solo utili teorie, che non possono essere mai verità, perchè i termini che le costituiscono non sono assoluti.
In somma, secondo me il nostro arriva quasi alla soluzione, ma sbaglia di poco il bersaglio.
Invece di negare la metafisica, doveva negare la verità.
#83
Citazione di: PhyroSphera il 30 Settembre 2025, 13:41:00 PMEssere agnostici non significa evitare giudizi. Se tu pensi che "la verità" non esiste, sei un agnostico ateo. Agnostico pur sempre.

MAURO PASTORE
No, io non ritengo che la verità sia inconoscibile, ma che non esista.
Immagino che per te questo sia inconcepibile, e so che c'è stato un tempo in cui ciò era inconcepibile per tutti.
Tu di quel tempo sei viva testimonianza.
Lunga è l'agonia della verità perchè determinante è stata nella storia dell'uomo, e non è che sia sparita dal mio orizzonte dall'oggi al domani, tanto che ancora oggi nei miei discorsi distrattamente la richiamo, però facendo invece attenzione ho notato di poterne fare a meno senza perdita di significato.
Poi si sa che il linguaggio mostra inerzia nel star dietro alle idee nuove, per cui capita di usare termini vecchi con nuovo significato, in attesa di coniarne di nuovi.
Anche alla luce di questa relatività del linguaggio, diventa insostenibile pensare che, seppur una verità vi sia, la si possa esprimere a parole.
Il concetto di verità, che tanta importanza ha avuto, e continua ad avere nella nostra storia, non deve dunque essere nato in ambito linguistico, o se in quell'ambito è nato deve essersi trattato di un linguaggio ritenuto assoluto.
Un tal linguaggio ritenibile  assoluto, nel senso di essere univoco e immutabile, mi sembra di poterlo individuare nelle evidenze che abbiamo della realtà. Quindi è nel momento in cui la natura di queste evidenze è stata messa in discussione che ha iniziato a vacillare il concetto di verità.
Tuttavia sono conscio che a queste evidenze molti ancora si affidano in modo esclusivo.
Esse costituiscono l'apparenza di realtà, la quale non è ingannevole, ma utile. Sarebbe ingannevole se esistesse una alternativa vera, come ad esempio quella proposta dalla scienza, la quale però è solo un alternativa.
Di queste alternative è perciò improprio stilare una classifica secondo quale si avvicini più alla verità.
Ma qualunque classifica, per qualunque motivo, si voglia stilare, di queste alternative, nessuno ci impedisce di usarle tutte, anche se magari non tutte insieme, facendo confusione.
E' quello che di solito succede, nel discorrere in modo superficiale, e financo nel fare divulgazione scientifica, anche se la sua qualità col tempo mi pare sia migliorata di molto.
Il motivo credo stia nel fatto che quelli che vogliono spiegare nuove teorie magari non hanno avuto il tempo di comprenderle davvero, cosa a cui solo il tempo appunto può rimediare.
#84
Citazione di: niko il 30 Settembre 2025, 10:18:47 AML'Eterno ritorno funziona (perche' mai non dovrebbe funzionare? ;D ), solo che spesso non se ne comprende la dimensione antopologica: la concordanza tra passato e futuro, e', anche, la concordanza tra desiderio e realta'; quindi l'eterno ritorno e' anche un qualcosa di nuovo che deve essere, attivamente, instaurato (una era, temporale, del superuomo, e o di dominio, del superuomo) oltreche' un qualcosa di vecchio, che deterministicamente sempre ritorna (quelli che non lo hanno capito, lo riconducono solo a questo).



Non lo capirò mai, ne mi consola non esser il solo.
Io concepisco solo l'eterno divenire di cui l'eterno ritorno è solo un caso ammesso.
Concepisco la costanza del divenire che rende possibile la conoscenza.
Non concepisco la volontà e il desiderio dell'uomo come centrali, perchè non approvo la centralità dell'uomo, se non come caso particolare di osservatore che evolve, spostandosi da una centralità all'altra.
Noi siamo l'osservatore, colui che stando oltre la fisica, l'osserva.
Noi siamo metafisica, e possiamo osservare solo ciò che siamo stati, potendo dichiarare la sola metafisica che non è più.
Dichiarare la metafisica è celebrarne il funerale.
La metafisica è morta, viva la metafisica.
#85
Citazione di: daniele22 il 30 Settembre 2025, 07:52:52 AMComunque, quando mi spiegherai come fai a darmi ragione.. est est est!.. e al tempo stesso chiedermi di esporre la mia ragione in modo diverso forse capirò qualcosa di più. Non si finisce mai di imparare
Saluti
Come ho scritto l'ho compresa meglio inserita nel contesto della discussione. Ma se tu avessi provato a esporla in modo diverso, invece di riproporcela immutata, come fosse scolpita nella pietra, forse non avrei dovuto aspettare 4 anni per capire.
#86
Citazione di: niko il 30 Settembre 2025, 02:13:33 AMNietzsche ci dice che fino ad ora la metafisica e' stata, direttamente, e follemente, un non-volere il non-senso
Dovremmo considerare che noi, rispetto al nostro, abbiamo elementi in più di riflessione, per metterli in gioco.
Alla realtà virtuale, di cui noi , e non Nietzsche, abbiamo potuto fare esperienza, non manca un senso, e anzi non potremmo costruirla senza.
Sapere che è virtuale non ci impedisce poi di immergerci in essa dimentichi della sua virtualità, .
Perchè ciò avviene ?
Inanzi tutto perchè siamo capaci di farlo avvenire.
Non è la coscienza della finzione a impedirci di viverla, così come non è la coscienza della illusione ad annullare l'apparenza.

E' il senso a dare permanenza all'illusione.
L'apparenza è quel senso, ma non è l'unica forma possibile di senso.
Il problema è che è la condivisione di un senso a farci uomini, mentre crediamo di essere uomini che condividono un senso.
E' questa ''inversione logica'' a rendere complicato ogni discorso filosofico, questo mettere il carro davanti ai buoi.
Rompere il guscio della verità significa uscire dall'uovo, ma usciti non saremo più uovo.
Questo uscire dall'uovo può farci paura, ma la parte del discorso che manca è che noi uovo siamo divenuti, e lo stesso divenire che ci ha fatti uovo farà che più non lo saremo.
Non abbiamo fatto tutti i conti con l'evoluzione, di cui possiamo anche aver coscienza, ma non è quella coscienza ad arrestarla.
La coscienza è solo uno strumento dell'evoluzione, ma noi siamo presente, e quel presente vogliamo preservare, anche a costo di un eterno ritorno, se proprio il tempo non si può arrestare.
Va da se che questa non può neanche dirsi una interpretazione personale dell'eterno ritorno del nostro, perchè non ho ancora capito cosa volesse dire, ma solo il tentativo di ripercorrere il suo pensiero in modo indipendente, che per me poi è l'unico modo che ho di capire.
L'eterno ritorno del nostro non funziona, ma la direzione del tentativo non è sbagliata.
C'è piuttosto una costanza nel divenire.
Un esperimento deve essere ripetibile?
Sicuramente, ma è il fatto che sia ripetibile a dirci indirettamente qualcosa della realtà.
La realtà è quella cosa che ci permette di ripetere lo stesso esperimento, e non ciò che direttamente da quell'esperimento risulta, perchè non è mai diretta la risultanza, ma mediata da una interpretazione che ci rappresenta.
La realtà non è come la descriviamo, ma è ciò che ammette una descrizione che vale un senso, un senso che la realtà  in se non ha.
Però noi non abbiamo altro modo di viverla che dandogli un senso.
La moltiplicazione dei sensi che viviamo attenta al nostro guscio, e ciò è angoscioso, ma quale nascita non è dolorosa?
Però questa è la vita, la quale prescinde dall'essere uomini o altro.


#87
Citazione di: Phil il 29 Settembre 2025, 22:16:18 PMChiaramente né Nietzsche né il sottoscritto stanno parlando della verità del teorema di Pitagora o di 2+2=4, ma perlopiù di verità in ambito delle scienze umane (come anticipato sopra), ossia verità dei loro discorsi e dei loro contenuti (morali, estetici, sociali, etc.). Per questo «verità» non può essere facilmente sostituita con «realtà», proprio come una interpretazione non può essere facilmente sostituita con una descrizione; altrimenti il provare a costruire un castello di carte con quelle che la citazione di Nietzsche ha messo in tavola, sarebbe sostituibile con il semplice contarle e leggerle ad alta voce.
Mi perdonerai, perchè come detto non riesco del tutto a seguire la discussione quando si fa complessa.
Per me descrizione e interpretazione coincidono, quindi trovo molto interessante che non sia così per te. La cosa mi fa riflettere.
Ora, non è tanto che verità vada sostituita con realtà, come pure ho detto, ma è che noi abbiamo fatto la sostituzione inversa.
Abbiamo sostituito la realtà con la verità.
Più esattamente abbiamo fatto una inversione ''logica'', siccome noi diamo per scontato che per agire sulla realtà dobbiamo conoscerla, mentre è dall'azione che deriva la nostra conoscenza.
E' l'azione che attraverso la conoscenza che genera diventa causa dell'agire.
Cioè l'azione, se vuoi casuale, se vuoi incosciente, diventa causa di azione cosciente.
Questa coscienza però non è in se necessaria, perchè la natura nel suo evolversi non la possiede, ma è caratteristica dell'individuo.
E' la memoria, che non si esprime necessariamente in modo cosciente, che fa si che azioni diventino causa di azioni in un tempo non stringente, che esclude il poter parlare di determinismo.
Sarebbe quanto meno un determinismo sui generis, perchè resta indeterminato il tempo di reazione.
Partendo da Socrate, dal sapere di non sapere, dobbiamo chiudere il cerchio, ammettendo di non sapere di sapere.
Questo non sapere di sapere si concretizza nella realtà come ci appare.
Mentre il sapere di non sapere è ciò che ha dato l'avvio alla scienza, la quale non genera alcuna apparenza.
Oltre l'apparenza, se non vogliamo fermarci ad essa, non troveremo apparenza.
Oltre l'evidenza non troveremo alcuna evidenza.
La scienza funziona come una evidenza, senza esserlo.
Superata l'evidenza si va oltre la verità, e oltre la verità non c'è nessuna verità.
Posso capire che la morte della verità sia vissuta come un lutto insuperabile, ma in effetti significa liberare un mare di possibilità, metre finora ne abbiamo vissuto solo una.
Ora vallo a capire cosa vuol dire F.N., ma per quello che capisco leggendovi mi trovo d'accordo con lui.
Però mi pare che su di lui si faccia melina con compiacimento, e non mi riferisco a te.
Interpretarlo va bene, e ancor meglio se vi sono interpretazioni diverse, ma poi ognuno dovrebbe azzardare le sue conclusioni.

Esisterà pure una realtà per quel che è, ma per noi vale solo la realtà per come la usiamo, e non la usiamo per quel che è , perchè non c'è un solo modo di usarla, e il modo di usarla caratterizza ciò che siamo.
Siamo stati uomini perchè abbiamo usato la realtà allo stesso modo. Il vero problema che ci si presenta oggi, alla morte della verità, è continuare a restarlo.
Questa in effetti è la preoccupazione di chi difende la verità.
Però mi spiace, ma la verità non è più difendibile.
La sfida è restare uomini nonostante ciò.
Però bisogna anche avere il coraggio di ''dire la verità'':
non siamo sempre stati uomini, ma lo siamo diventati, e potremmo non più esserlo.

Se non abbiamo il coraggio di dire ciò saremo condannati ad avvitarci in discorsi sempre più complicati per cercare di riesumare una verità ormai defunta.
Bisogna elaborare il lutto, e nel farlo ritrovarci ancora uomini.
Questa è la scommessa da affrontare, e va affrontata.
#88
Citazione di: Phil il 29 Settembre 2025, 19:25:02 PMProbabilmente, per Nietzsche, l'esperimento e il problema che il pensatore affronta, è/sono l'esperienza diretta dell'inadeguatezza del pensiero ad assimilare tutta la verità; oppure, se leggiamo la faccenda in modo altrettanto dissimulatamente metafisico, ma rovesciato, è esperienza della ritrosia della verità a lasciarsi raggiungere ed assimilare dall'istinto conoscitivo umano, quasi fosse una dea pudica che si lascia guardare ma non svelare/toccare.
Discorsi sinceramente troppo complicati, per quanto tu li maneggi magistralmente, la cui complicazione si sgonfia se al posto della verità ci mettiamo la realtà. Un realtà che non si conosce, ma si esperisce, e il prodotto è conoscenza di come muoversi nella realtà.
E siccome non c'è un solo modo di muoversi nella realtà, non c'è un unica conoscenza.
O meglio, se c'è un solo modo di muoversi nella realtà, questo ''privilegio'' è riservato alla sola materia, e giudicate voi se di vero privilegio si tratti.
Perchè, come mi pare tu tratteggi nel tuo post, il raggiungimento della verità è la fine di qualcosa che consideriamo vitale.
Io mi chiedo, per quanto dotati di libero arbitrio, chi, conoscendo la verità, non vi si adeguerebbe, comportandosi come ciò che è soggetto alle leggi naturali, ad imitazione della materia?
Sarebbe giunto secondo me il momento di parlare della verità solo nei termini del ruolo centrale fin qui avuto, come catalizzatore della storia umana.
Quanto più il processo di conoscenza si carica di coscienza, tanto più diventa difficile sostenere la verità.
Se non si vuol sostenere che tutta la nostra conoscenza derivi da un processo cosciente, quella conoscenza che non sappiamo come abbiamo fatto ad acquisire, e che perciò sembra  venire da se, non si può non chiamare verità.
Ma allora lasciamo che a parlarne ancora siano solo coloro che credono che la conoscenza scenda in noi con lo spirito santo.
Io di eterno ritorno vedo solo quello che ci fa tornare sempre a F.N., senza che ci decidiamo a superarlo.
Nella mia ignoranza mi piace pensare gaia quella scienza di cui abbiamo compreso essere un gioco vitale, un gioco che non ci stanchiamo di giocare.
Poi chissà cosa intendesse veramente F.N., ma mi piace pensare che così la intendesse.



#89
Citazione di: daniele22 il 29 Settembre 2025, 11:21:22 AM
Sono già più di quattro anni che insisto sul mio primo post di ingresso nel forum che riporto:
"Secondo me gli animali sanno benissimo quel che fanno. Certo, agiscono d'istinto, ma nessuno ha mai dimostrato che noi non lo facciamo. Potrebbe benissimo essere che noi d'istinto ci si rivolga alla ragione, e questa, di conseguenza, moduli nei modi più convenienti l'istinto selvaggio. Se si prova a immaginare un mondo senza regole orali o scritte, probabilmente anche noi vivremmo di puro istinto."
Io sono d'accordo, ma credo che si possa dire anche meglio, e hai avuto 4 anni per farlo, ma non l'hai fatto, rimandandoci sempre alla stessa formulazione, che non direi propriamente felice.
Non dirmi che tu davvero per 4 anni su ciò non hai avuto dubbi!
Non hai davvero considerato che se questa formulazione non ha suscitato un gran successo, magari altre l'avrebbero incontrato?
Io stesso capisco meglio cosa volevi dire grazie a questa discussione.

Per problemi di questo tipo la mia risposta rimane uguale, ma mi piace ogni volta riformularla, anche perchè magari  io nel frattempo sono cambiato, e le mie idee hanno acquisito magari diverse sfumature.

Istinto e ragione sono termini che provano a descrivere la realtà, ma che anche quando ci riescono bene, non sono mai la realtà, perchè ciò che descrive non coincide con ciò che è descritto.
Tuttavia, specie quando la descrizione risulta efficace,  e perciò resiste nel tempo, si tende ad oggettivare i termini descrittivi, e noi diveniamo quindi un misto di istinto e ragione senza soluzione di continuità, finché non arriva un F.N. a dirci che forse le cose non stanno proprio così, perchè non c'è un modo preciso  in cui stanno le cose, o meglio, perchè non c'è un modo  univoco (vero) per raccontarle.
Nel momento in cui poi i termini del racconto vengono oggettivizzati, si tende a schierarsi a favore di un termine dal quale desideriamo farci rappresentare, al quale legare presuntuosamente il nostro presunto valore.

Hai ragione Daniele, hai ragione, hai ragione...ma prova la prossima volta a dirlo con parole nuove, senza rimandarci in eterno ai tuoi post, perchè questo ci potrebbe aiutare a comprendere meglio cosa vuoi dire.
#90
Citazione di: Jacopus il 28 Settembre 2025, 02:14:24 AMGli esperimenti in questione sono quelli di Libet. Si trattò di misurare la possibilità che il cervello ordini un movimento della mano, prima che il comando venga elaborato in modo cosciente.è già stato
fatto notare che non funziona per le scelte complesse, come diventare mussulmano o sposarsi o scegliere una facoltà.
https://www.treccani.it/magazine/chiasmo/storia_e_filosofia/Liberta/isufi_libet.html
Ho trovato questo.