In un argomento precedente avevo accennato all'etere, in modo non troppo convinto ma trovando alcuni suoi aspetti interessanti per spiegare fatti che la fisica ha rilevato ma che ha accettato senza sentire il bisogno di ulteriori spiegazioni.
Subendo poco il fascino delle personalità scientifiche, tanto quanto poco subisco il fascino di quelle religiose, di quelle politiche e di quelle mediatiche, non ho difficoltà a pensare che molte delle conquiste, anche in ambito scientifico, possano essere frutto di fraintendimenti decennali o persino secolari, e, nonostante la scienza viva proprio con il mettere in dubbio anche ogni propria scoperta, o per meglio dire mettendo in dubbio le conclusioni ipotetiche che formula su ogni nuova osservazione empirica, a volte prima di rendersi conto degli errori accumula enormi quantità di ulteriori congetture basate su tali errori, con relative presunte prove a supporto (è facile interpretare e far quadrare qualcosa alla luce di ciò che si è pensato valido), perdendo tempo e risorse.
Alcune delle implicazioni del concetto di etere potrebbero servire non solo per spiegare alcune osservazioni sulle cui cause non sono state formulate teorie, ma anche per spiegare in modo più semplice alcune osservazioni sulle cui cause sono state formulate teorie troppo astratte o che conducevano a più problemi di quanti ne risolvessero.
Non è necessario mantenere il nome e le caratteristiche ottocentesche del concetto di etere, ma basterebbe rendere più concreto il concetto di campo, o di vuoto quantistico: perché definirlo vuoto se vi sono state rilevate o comunque ipotizzate attività che lo riempiono totalmente e costantemente? E perché dargli le caratteristiche di un campo astratto, invece di estendere anche ad esso le caratteristiche che riscontriamo nelle osservazioni più grossolane descritte con le formulazioni classiche newtoniane?
Ripercorriamo cosa significherebbe attribuire delle caratteristiche fisicamente classiche al "campo vuoto" in cui avvengono tutti gli eventi microscopici e quindi anche macroscopici (non essendo questi due livelli separati ma solo due diversi gradi di osservazione di un medesimo evento):
0) premessa: il campo di esistenza fisico in cui tutto avviene, se avesse appunto caratteristiche fisiche, avrebbe una consistenza, una elasticità, una capacità di assorbimento e di dispersione, e quindi di attrito, come qualunque altro oggetto fisico: nel suo caso in modo particolarmente fluido, essendo più sottile di qualunque gas. Anzi, può essere visto proprio come lo stato di condensazione base e tendenzialmente omogeneo, su cui talvolta appaiono onde, che, condensandosi maggiormente, appaiono ulteriormente come oggetti apparentemente singoli e puntiformi, cioè come particelle ovviamente NON davvero puntiformi ma con una propria struttura. Aggregandosi tra loro, questi piccoli addensamenti formano schemi che assumono comportamenti sempre più densi, ovvero plasmatici, gassosi, liquidi, solidi.
1) le cosiddette particelle elementari della fisica quantistica, con i loro incomprensibili comportamenti sia di onda che di corpuscolo, sarebbero quindi semplici tensioni e addensamenti del campo: in cui appaiono increspature ("comportamenti ondulatori") e addensamenti vorticosi più concentrati ("comportamenti corpuscolari).
2) gli strani comportamenti degli oggetti, particolarmente rilevabili quando sono veloci o massicci, ovvero il loro comprimersi nella direzione del moto (anche nel cosiddetto vuoto), l'aumento della loro massa in movimento, la crescente quantità di energia necessaria oltre le aspettative per farli accelerare a velocità elevate anche nel presunto vuoto, sarebbero spiegabili con il normale comportamento che avrebbero degli addensamenti e delle aggregazioni di fluido all'interno del resto del fluido stesso: incontrerebbero una certa resistenza ("compressione nella direzione del moto"), sembrerebbero aumentare la loro massa visto che dovrebbero spostare la massa di fluido davanti a loro, e avrebbero bisogno di molta più energia per accelerare, rispetto a quella che occorrerebbe in un effettivo vuoto.
3) le distorsioni dello stesso spazio in presenza di oggetti grandemente massicci o che accelerano enormemente, sarebbero spiegabili proprio con il fatto che lo spazio non sarebbe vuoto ma fluido, elastico, comprimibile.
Considerati questi punti, c'è anche altro che potrebbe essere spiegato, perdendo le caratteristiche di stranezza che la fisica relativistica e quantistica attribuisce alle condizioni più estreme dell'esistenza micro e macroscopica osservate:
4) la distorsione del tempo non sarebbe più un evento paradossale, anzi, non avverrebbe proprio. Prendiamo una delle osservazioni più determinanti che proverebbero la distorsione del tempo descritta dalla fisica relativistica einsteiniana: la vita media di un muone, una delle cosidette particelle elementari. I muoni si formano ad esempio con le interazioni dei raggi cosmici e l'atmosfera terrestre, e vivono circa 2,2 microsecondi. Per quanto veloci vadano, ovvero quasi alla velocità della luce, non farebbero in tempo ad arrivare al livello del mare, neanche tenendo conto della sola distorsione spaziale descritta dalla fisica relativistica. Eppure, ci sono tantissimi muoni alle nostre altitudini, tanto che noi ne siamo continuamente investiti. La fisica relativistica spiega questo fatto con la distorsione del tempo che avverrebbe appunto andando vicini alla velocità della luce: la velocità dei muoni accorcerebbe sia lo spazio che il tempo, e quindi per loro passerebbe molto meno tempo per arrivare dagli strati alti dell'atmosfera al livello del mare. Di nuovo, si introduce un concetto paradossale: il tempo sarebbe una ulteriore dimensione spaziale, che misteriosamente noi vivremmo in modo diverso rispetto alle altre tre, e che, al pari di quest'ultime, sarebbe deformabile pur essendo anch'essa vuota di struttura.
Introducendo il concetto di campo fisicamente concreto, al posto di un vuoto e anche paradossalmente deformabile spazio-tempo quadrimensionale, sarebbe sufficiente comprendere che, offrendo una resistenza a qualunque cosa lo attraversi, tale campo non solo deforma gli aggregati di particelle, ma deforma le particelle stesse, essendo esse dei piccoli vortici addensati dello stesso campo (e non oggetti astrattamente puntiformi). In questo modo la resistenza che tali vortici/particelle incontrano deformano sia il campo (la "distorsione spaziale" di cui abbiamo già parlato), sia loro stesse (la "compressione nella direzione del moto" già accennata), e sia la propria attività interna che le conforma nei modi che sono propri alle caratteristiche riscontrate nelle varie particelle, ovvero la resistenza incontrata rende più difficoltoso e lento il vorticare intrinseco delle cosiddette particelle, rendendo così più lente anche le estrinsecazioni delle caratteristiche dovute al vorticare stesso. In pratica, non è il tempo a rallentare, ma sono le attività delle stesse particelle a farlo, dovendo fare più fatica all'aumentare della resistenza del fluido in cui si muove;
5) la cosmologia moderna è convinta, già da tempo, di aver osservato l'espansione dell'universo. Osservazione che portò alla concezione del Big Bang, ovvero al primo momento, più o meno ben calcolato e ogni tanto riveduto e corretto, in cui iniziò l'espansione (a cui sono seguite varie ipotesi, ognuna con il proprio periodo di gloria, su quale sarà la fine a cui porterà tale espansione). Questa concezione di un inizio dell'espansione è stata ulteriormente supportata da osservazioni successive, come le varie fasi dei primi addensamenti stellari e galattici, ancora rilevabili ingrandendo la luce visibile partita da quei momenti e che ancora viaggia nel cosmo; e soprattutto supportata dalla rilevazione di una radiazione di fondo dell'universo, interpretata come l'impronta residua della deflagrazione avvenuta col Big Bang.
Per spiegare il fatto che non è osservabile un punto di origine da cui tutte le galassie si sarebbero allontanando, è stato proposto un modello di espansione inflazionistica in cui non sarebbero gli oggetti dell'universo ad allontanarsi tra loro ma sarebbe lo spazio multidimensionale ad espandersi, trascinando con sé gli oggetti tridimensionali e quindi allontanandoli l'uno dall'altro, un po' come il gonfiarsi di un pallone tridimensionale porta ad allontanare tra loro le immagini bidimensionali disegnate sulla sua superficie.
Da qualche tempo, rapportando le osservazioni indirette sulla presunta espansione con alcuni punti di riferimento standard, si è anche aggiunta la convinzione di aver osservato una accelerazione costante in tale espansione, invece di un atteso rallentamento, il che ha portato ad ipotizzare l'esistenza di una energia sconosciuta, la cosiddetta energia oscura, che sarebbe causa di tale accelerazione (da non confondersi con la materia oscura, ipotesi sorta dall'osservazione del fatto che la gravità non è sufficiente a spiegare le formazioni e le coesioni galattiche; che forse potrebbero essere spiegate anch'esse con l'introduzione del concetto di spazio pieno e fluido in cui sarebbero immerse mantenendo così tendenzialmente coesa la loro materia, che invece in uno spazio vuoto si disperderebbe).
Senza negare il movimento che avviene per ogni oggetto dell'universo, che anzi sarebbe favorito proprio se fossero tutti immersi in un campo fluido, l'espansione dell'universo potrebbe essere solo un fraintendimento: essa è ipotizzata non certo grazie ad una effettiva osservazione di un allontanamento delle galassie, degli ammassi di galassie, dei superammassi di galassie, ecc., ma semplicemente per aver notato che la luce osservabile degli oggetti più lontani si sposta verso le lunghezze d'onda più leggere, il cosidetto spostamento verso il rosso, redshift. Questo è stato interpretato come il segno di un allontanamento progressivo degli oggetti (o una espansione dello spazio tra gli oggetti), perché l'osservazione di onde elettromagnetiche più lunghe indicherebbe un allontanamento da noi dell'oggetto che le emette, e l'osservazione di un tale spostamento verso il rosso maggiore di quello precedentemente rilevato comporterebbe l'ipotesi che tale allontanamento acceleri invece di rallentare.
Basterebbe però anche in questo caso dare allo spazio caratteristiche fisiche newtoniane di un campo fluido pieno. In questo modo, lo spostamento verso il rosso sarebbe spiegabile non con un allontanamento tra gli oggetti dell'universo (e ancor meno con una espansione dello spazio, comunque assurda se considerato vuoto), ma con un normale rallentamento dell'onda elettromagnetica all'interno di un fluido che, per quanto sottile, per miliardi di anni luce fornisce una continua resistenza di attrito che disperde e quindi smorza l'energia di tale onda.
Se si aggiunge che la dispersione di energia non avviene solo parallelamente al raggio dell'onda, ma anche perpendicolarmente, ecco che trovano spiegazione anche gli inaspettati rapporti calcolati tra lo spostamento verso il rosso e alcuni punti di riferimento (detti candele standard) senza ricorrere a presunte espansioni accelerate, inspiegabili se non con l'introduzione in tutto l'universo di un'enorme quantitativo di energia non rilevabile.
Persino la già accennata radiazione cosmica di fondo, colonna portante tra le prove del presunto Big Bang, sarebbe spiegabile come la costante energia assorbita ed emessa dalle microattività del campo fluido pieno, presente ovunque, che assorbe energia dalle attività degli "oggetti" presenti in esso e che subisce costanti trazioni e deformazioni (fisiche, non semiastratte come nello spazio vuoto della fisica relativistica, paradossalmente deformabile, e assurdamente senza che a ciò consegua nessun assorbimento e rilascio di energia).
Un universo del genere avrebbe ancora un inizio ed una fine (eventualmente cicliche), dovute alla formazione e ai tempi di decadenza delle "particelle" elementari, che a loro volta hanno portato rispettivamente alle aggregazioni che hanno formato gli oggetti visibili e che porteranno alla loro disgregazione. Rimarrebbe "soltanto" da scoprire cosa mette in moto la loro conformazione, e il motivo delle loro caratteristiche peculiari; eventi ancora inspiegabili anche nei modelli fisici correnti, a parte alcuni tentativi teorici (come la M teoria di cui fa parte anche la teoria delle stringhe) che almeno in parte potrebbero essere validi anche partendo da un universo "pieno e fluido", invece che partendo da un universo incongruentemente relativistico e quantistico.
Approfondisco il punto 4: questo effetto di rallentamento delle attività intrinseche di una particella (che non dovrebbe più essere vista come puntiforme ma come strutturata, ovvero come un particolare addensamento dinamico del campo fluido, diverso a seconda del tipo di particelle che esistono), rallentamento dovuto all'attrito della "particella" (ma sarebbe meglio chiamarla piccolo vortice) con il fluido nel quale si muove, si riflette anche sugli eventuali aggregati che le particelle spesso formano, ovvero gli oggetti macroscopici: anche il paradosso dei gemelli quindi non è spiegato con una distorsione temporale, ma con un rallentamento delle attività "interne" delle particelle (un rallentamento del vortice che esse in realtà sarebbero), e probabilmente anche delle attività subatomiche ed atomiche che vanno a costituire (che forse risentono anch'esse direttamente dell'attrito con la densità del campo in cui si muovono, tanto da subirne una vera e propria deformazione che rende ancora più lente le loro attività) e che compongono il gemello in orbita e/o ad alta velocità: questi rallentamenti si riflettono anche sulle attività molecolari, cellulari ed organiche, anche se di per sé sono troppo grossolane per risentire direttamente di questo attrito. Ovviamente anche le attività neuronali diventano più lente: al gemello in orbita/ad alta velocità sembra davvero che il proprio tempo sia normale e che il tempo esterno si velocizzi, così come al gemello sulla Terra sembra che il tempo del gemello in viaggio sia rallentato. Ma a rallentare sono solo le attività psicofisiche di quest'ultimo, non il tempo in sé.
Citazione di: Aumkaara il 29 Ottobre 2020, 21:36:12 PM
Un universo del genere avrebbe ancora un inizio ed una fine (eventualmente cicliche), dovute alla formazione e ai tempi di decadenza delle "particelle" elementari, che a loro volta hanno portato rispettivamente alle aggregazioni che hanno formato gli oggetti visibili e che porteranno alla loro disgregazione. Rimarrebbe "soltanto" da scoprire cosa mette in moto la loro conformazione, e il motivo delle loro caratteristiche peculiari; eventi ancora inspiegabili anche nei modelli fisici correnti, a parte alcuni tentativi teorici (come la M teoria di cui fa parte anche la teoria delle stringhe) che almeno in parte potrebbero essere validi anche partendo da un universo "pieno e fluido", invece che partendo da un universo incongruentemente relativistico e quantistico.
Ti riferisci alle teorie di Roger Penrose?
InVerno: ho sempre trovato interessante, di Penrose, la teoria in cui le condizioni finali saranno solo piene di fotoni, senza riferimenti tra grande e piccolo, un'adimensionalità da cui potrà riformarsi l'universo. Ma non so come una teoria del genere potrebbe adattarsi all'idea dello spazio "pieno e fluido" di cui ho parlato.
Eh ma io ho letto "ciclicità" e l'ho riferito a ciò che conosco, cioè poco, leggo abbastanza di cosmologia, ma oltre a non essere in grado di discuterne informatamente, mi piace mantere con il cosmo una certa distanza di "ammirazione", perciò leggo leggo ma poi non concludo nulla. A proposito, è stata una piacevole lettura.
È stato piacevole quello che ho scritto? Mi fa piacere, di sicuro lo apprezzi più di quanto farebbe un qualunque fisico o astrofisico, che penso si sentirebbe male a sentire parlare di fluidi ottocenteschi.
Comunque, al di là della modalità specifica in cui potrebbe esserci una ciclicità dell'universo, di "sicuro" (se cioè lo spazio fisico fosse davvero un sottile fluido) non ci sarà nessuna morte termica causata da un allontanamento sempre più veloce di galassie e stelle, che sembra essere la teoria più in voga oggi.
Salve Aumkaara. Sorvolando sul resto, che a mio parere contiene qualche opinabilità (per carità, tutto è sempre opinabile ed io comunque voglio rendere omaggio alla tua inesausta fluidità intellettuale).....ma, a propositito di "Ma a rallentare sono solo le attività psicofisiche di quest'ultimo, non il tempo in sé."..................................vorrei farti notare la mia tesi (assai poco originale) secondo la quale il tempo altro non è che il flusso degli eventi, in mancanza dei quali non solo sarà impossibile ammettere l'esistenza di qualsiasi tempo, ma semplicemente il "mondo" risulterebbe annichilito.
Le attività psicofisiche - piaccia o dispiaccia - consistono in eventi.
Impossibile quindi considerare una separata accelerarazione o rallentamento di un "puro tempo in sè" dal momento che - appunto la velocità dello scorrere del tempo è appunto regolata dalla quantità e densità di eventi, la cui registrazione sensoriale e quindi poi psichica rappresenta l'unico e relativo orologio a disposizione.
Che poi fisica e matematica (strumenti concettuali umani sempre basati sulle NOSTRE e solo nostre funzioni psicomentali) riescano a stiracchiare tempo e spazio a NOSTRO piacimento, è sufficiente utilizzare le equazioni adatte, dal momento che le equazioni sono semplicemente dei rapporti di uguaglianza al cui interno, introducendo nella parte sinistra dei fattori e nella parte destra degli adeguati simmetrici controfattori.............si può soddisfare quasi qualsiasi appetito, ovvero visione psicointellettuale o persino ideologica del mondo fisico. Saluti.
Ciao Viator: oserei dire che hai centrato il punto. Sia sul tempo, sia sull'uso del linguaggio matematico. È per quello che ho messo un titolo del genere, nonostante io ami le astrattezze: vanno benissimo, fanno parte del percorso con cui possiamo abbracciare porzioni più ampie di comprensione (non solo intellettuale), ma l'importante è non credere che possano darci direttamente una descrizione di fatti. Non importa quanto sembrino supportate dalle osservazioni (saranno viste come conferme delle proprie astrattezze in ogni caso, visto che le osservazioni hanno molteplici modi di essere interpretate).
Comunque opina pure sul resto! Ho scritto apposta per vedere se qualcuno scorge fallacie, magari ovvie, che mi sono sfuggite. In fondo la scienza stessa (anche se uno scienziato inorridirebbe a sentir chiamare scienza queste teorie) è, o dovrebbe essere, fatta di revisioni continue.
(In questo caso particolarmente gradite: per quanto, "segretamente", questo scenario che ho descritto mi sembri più valido delle "astrattezze ufficiali", rende più difficoltosa l'idea dei viaggi nel tempo, un'idea che, per divertimento, mi è sempre interessata e che è possibile in un modello di universo in cui il tempo può piegarsi su se stesso. In un modello senza un tempo "modellabile" invece la situazione si complica, da questo punto di vista; anche se ho una vaga idea per risolvere l'apparente impossibilità teorica dei viaggi temporali in uno spazio fluido non quadridimensionale, ma troppo "esoterica" forse per questa sezione di argomenti...).
Essendo felicemente accasata in una materia "concreta" come la chimica non mi permetterei mai di cercare fallacie nella tua visione dei fondamenti naturali ubicati nelle arcane regioni dell'infinitamente piccolo, grande o lontano, difficilmente accessibili pure a chi se ne occupa professionalmente, tant'è che proliferano le teorie quanto scarseggiano i risultati sperimentali, che attualmente premiano solo relatività e quantistica.
Se vuoi sposare un etere riveduto e corretto dalla formulazione ottocentesca sei libero di farlo. Si riciclano perfino Democrito e Anassimandro, lo si può fare pure per l'etere ottocentesco. Ai fisici l'ardua sentenza.
Salve Aumkaara. A me il concetto di "spazio quadrimensonale" fa tanto scuotere il capo, per non dire ridere. Parchè mai lo spazio dovrebbe possedere tre......(dimensioni è termine oscenamente errato !)...direzioni ortogonali (di direzioni variamente orientate lo spazio ne possiede una infinità) ed il tempo solo una ? Casomai lo spazio "quadridirezionale" risulterebbe invece "pentadirezionale" (altezza, ampiezza, profondità, passato, futuro - manca il presente il quale funge solo da equivalente temporale del punto spaziale).
Io sono serenamente convinto che il fondamento sia delle due dimensioni (spazio e tempo), sia ovviamente quello delle cinque direzioni che infine quello dei dieci "versi" (ovvero cinque direzioni aventi ciascuna un verso in avanti e l'altro all'indietro) non sia altro che il corpo umano , corredato delle proprie misure, dei propri sensi, della propria psiche (sede della percezione dello spazio e del tempo attraverso l'interpretazione del metabolismo corporeo, della propria fisiologia e delle proprie misure corporali) e della propria coscienza (sede della percezione del presente (la nostra identità) attraverso la memoria).
Credo proprio che se le nostre dimensioni (misure corporali) fossero molto diverse da quelle mediane attuali (ad esempio chilometri anzichè centimetri - ovviamente a parità di misure attuali del resto dell'universo) con tutto ciò che fisicamente ne consegue (ad esempio, metabolismo migliaia di volte più lento) avremmo sviluppato ben altre teorie, convinzioni, interpretazioni della natura, esoterismi e parametri scientifici di quelli che popolano attualmente le nostre vite.Altro che "stringhe", "vortici" e "multiversi". Viaggiare nel tempo significa variare il suo contenuto in eventi, e gli eventi di corpi umani alti 180 chilometri evidentemente sarebbero assai diversi di quelli di corpi alti 180 centimetri. Saluti.
Beh, penso che se la luce viaggiasse in fluido, non avrebbe velocità costante per osservatori diversi in movimento l'uno rispetto all'altro, e anzi sarebbe possibile per un osservatore rilevare il cosiddetto vento d'etere, l'esperimento di Michelson e Morley dovrebbe andare diversamente da come in effetti va, dovrebbe essere possibile determinare in maniera univoca la simultaneità tra due eventi anche a velocità relativistiche eccetera.
Quindi c'è un senso molto preciso in cui si può dire che la luce viaggia nel vuoto e non in un fluido, perché niente ha movimento relativo rispetto a questo ipotetico fluido in cui la luce dovrebbe viaggiare, e nessun fluido newtoniano può avere caratteristiche tali per cui una perturbazione che si propaga in esso viaggia a velocità costante. A parità di caratteristiche del "fluido" una sorgente di luce (emittente della perturbazione) e un corpo (ricettivo della perturbazione) hanno movimento relativo solo tra di loro, e questa è, anche nel senso comune, la caratteristica di due corpi nel vuoto che hanno movimento relativo solo tra di loro e non relativo al vuoto che è "fermo", per dire, se sono sul bagnasciuga del mare posso fare esperienza di vedere le onde più veloci se corro nella loro direzione e più lente se scappo in direzione inversa, perché ho una posizione reale rispetto al fluido (acqua) in cui viaggia la perturbazione (onda); guardando la luce passare nel vuoto invece, è come se ci fosse un diavoletto che rende le varie "onde di luce" -fotoni- che osservo più lente se mi avvicino ad esse e più veloci se scappo, in modo che i fronti d'onda abbiano sempre la stessa velocità, e anche la stessa se resto fermo, in modo che non posso assumere quei fronti d'onda come riferimento per sapere se e come mi sto muovendo rispetto al vuoto e devo trovare altri riferimenti, che comunque anche se li trovassi non mi direbbero come mi sto muovendo rispetto al vuoto, ma solo come mi sto muovendo rispetto ad essi, e questo giustifica alcune complessità contro intuitive della fisica moderna che non si possono semplificare con la metafora del fluido.
Sono anni che trovo articoli su riviste scientifiche che esprimono dubbi, teorie alternative (anche se non sull'etere) e tentativi di far quadrare tutto secondo la relatività, che dichiarano (o "dimostrano" con esperimenti) che la costante della velocità della luce non è poi così costante... per questo non ne avevo parlato.
In ogni caso, da profano, mi viene il dubbio che l'eventuale "fluido" sia da considerarsi talmente sottile (appena più della lunghezza di Plank?) che è da considerarsi praticamente assente, se non quando le condizioni sono davvero molto al limite, ad esempio quando particelle con massa importante accelerano a velocità estreme, o lo attraversano per miliardi di anni luce, dando così quelle che ho descritto come impressioni, rispettivamente di un rallentamento del tempo e di un allontanamento accelerato della loro sorgente.
Mi è bastato provare a digitare "costanza velocità luce", e il secondo risultato (il primo diceva che tale costante è "un fatto", ovviamente scritto in grassetto...) mi dava il seguente articolo, in cui dicono praticamente quello che ho detto poco fa: la velocità potrebbe essere variabile, se i fotoni accumulano un ritardo a causa delle fluttuazioni del mezzo in cui viaggiano, fluttuazioni definite come una vera e propria rugosita di tale mezzo. Hanno solo sostituito l'espressione "mezzo fluido" o "mezzo eterico" con "mezzo gravitazionale". Dicendo anche un'altra cosa che avevo appena scritto, cioè che le fluttuazioni di tale mezzo sarebbero dell'ordine della lunghezza di Plank.
In pratica sembra che la scienza abbia frettolosamente gettato via a calci la teoria di un mezzo fluido presente ovunque (probabilmente a causa della grossolanità dell'esperimento di Michelson-Morley e del concetto di etere che c'era all'epoca) per poi farla rientrare con altri nomi e con teorie giustamente più sottili e complesse, ma senza voler o poter fare una sintesi su tutte le conseguenze di tale reintroduzioni (quelle che ho cercato di descrivere nel mio messaggio di apertura), probabilmente perché "tirare le somme" ed avere una visione d'insieme non è un atteggiamento caratteristico della scienza, comprensibile visto che essa funziona bene col dividere ed analizzare, più che con il sintetizzare (coloro che sono più complottisti di me direbbero che c'è o c'era anche l'influenza di poteri economici ed ideologici che avrebbero avuto minor convenienza nel far sviluppare una teoria troppo "eterica", perché avrebbe portato ad una tecnologia "alla Nikola Tesla", ovvero poco utile per fare certi profitti o per costruire società più controllabili).
https://www.google.com/amp/s/www.media.inaf.it/2017/11/24/speed-light-bernardini/amp/
Se l'etere esiste può avere o natura corpuscolare o ondulatoria o entrambe. Se è corpuscolare deve essere rilevato da qualche strumento, altrimenti rimane mera ipotesi, peraltro inutile visto l'affollamento dell'olimpo subatomico testato al Cern di Ginevra. Se è una radiazione immateriale deve essere comunque rilevabile da qualche strumento. In assenza di rilevazioni resta mera ipotesi di scarsa utilità anche solo rappresentativa, bastando le teorie dei campi per studiare i fenomeni dipendenti da qualche differenza di potenziale, elettrico, atomico o gravitazionale. Etereo non ancora: bisogna (di)mostrarlo.
Citazione di: Ipazia il 05 Novembre 2020, 19:50:15 PM
Se l'etere esiste può avere o natura corpuscolare o ondulatoria o entrambe. Se è corpuscolare deve essere rilevato da qualche strumento, altrimenti rimane mera ipotesi, peraltro inutile visto l'affollamento dell'olimpo subatomico testato al Cern di Ginevra. Se è una radiazione immateriale deve essere comunque rilevabile da qualche strumento. In assenza di rilevazioni resta mera ipotesi di scarsa utilità anche solo rappresentativa, bastando le teorie dei campi per studiare i fenomeni dipendenti da qualche differenza di potenziale, elettrico, atomico o gravitazionale. Etereo non ancora: bisogna (di)mostrarlo.
È di scarsa utilità, a parte smentire la dimensionalità di spazio e tempo (sarebbero le "cose" ad avere dimensioni), far comprendere la natura della paradossale dualità onda-corpuscolo, e forse negare una vera espansione cosmica, men che meno accelerata, senza per questo negare il movimento ma senza bisogno di accumulare teorie su materie ed energie oscure altrettanto poco dimostrate e dimostrabili.
Non male, come inutilità.
Per supportarla sperimentalmente dovremo andare ben oltre l'Olimpo delle "enormi" particelle viste per ora al CERN. Ma, discreto o continuo che sia questo mezzo, non sarebbe certo l'unico strumento teorico poco sperimentato, vista la poca sperimentabilità della maggior parte delle teorie più estreme di fisica, astrofisica e cosmologia.
Tutti gli enti della fisica per passare dall'ipotesi alla scienza necessitano di conferme sperimentali. Il bosone di Higgs, teorizzato nel 1964 è stato confermato quasi mezzo secolo dopo con un esperimento molto complesso. Quando l'etere sarà rilevato sperimentalmente sarò la prima a complimentarmi.
Citazione di: Ipazia il 05 Novembre 2020, 22:03:32 PM
Tutti gli enti della fisica per passare dall'ipotesi alla scienza necessitano di conferme sperimentali. Il bosone di Higgs, teorizzato nel 1964 è stato confermato quasi mezzo secolo dopo con un esperimento molto complesso. Quando l'etere sarà rilevato sperimentalmente sarò la prima a complimentarmi.
Ma se non lo cercano per partito preso o per (complottistici ma non per questo impossibili) freni esterni (attuali o mantenuti per abitudine), ne passerà di tempo, prima di poter ricevere complimenti (ma basterebbe vedere che è un concetto già introdotto implicitamente con tutte quelle distorsioni, compressioni, allargamenti, rugosità, ecc. dello spaziotempo... "vuoto").
Aumkaare ha scritto:
Mi è bastato provare a digitare "costanza velocità luce", e il secondo risultato (il primo diceva che tale costante è "un fatto", ovviamente scritto in grassetto...) mi dava il seguente articolo, in cui dicono praticamente quello che ho detto poco fa: la velocità potrebbe essere variabile, se i fotoni accumulano un ritardo a causa delle fluttuazioni del mezzo in cui viaggiano, fluttuazioni definite come una vera e propria rugosita di tale mezzo. Hanno solo sostituito l'espressione "mezzo fluido" o "mezzo eterico" con "mezzo gravitazionale". Dicendo anche un'altra cosa che avevo appena scritto, cioè che le fluttuazioni di tale mezzo sarebbero dell'ordine della lunghezza di Plank[/size]
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La velocità è una grandezza vettoriale, il campo elettromagnetico è un campo vettoriale, e sappiamo che la luce "devia" in presenza di gravità anche se non "rallenta", quindi io penso che quelli che tu vuoi vedere come "rallentamenti" o perdite di energia della luce dovute alla sua interazione con lo spazio che tu immagini come un mezzo rallentante, perché eterico, siano semplici deviazioni dovute come dice l'articolo che hai citato a un mezzo gravitazionale, e non a un mezzo eterico attraversato dalla luce che dallo spazio giunge fino a noi, nel senso che lo spazio può ben influire sull'angolazione del vettore velocità della luce e così complicarne il percorso, dando come risultato osservabile un percorso più lungo di quello matematicamente previsto supponendo un comportamento classico, e non relativistico, della luce, per fenomeni noti, come le lenti gravitazionali, i buchi neri eccetera, o ancora ignoti ma dello stesso tipi di quelli noti, insomma la prudenza suggerirebbe di suppore i fenomeni ignoti simili a quelli noti, e quindi tutti presunti i rallentamenti della luce nel vuoto, che sono incompatibili con la relatività generale, dovrebbero risolversi in mere deviazioni, che non lo sono, e anzi sono previste.
Quanto all'incorporazione del tempo nelle cose e alla scorporazione del tempo dallo spazio, il problema è sempre quello, ogni osservatore vede le cose per lui ferme "infuturarsi", cioè procedere verso la direzione futuro in un diagramma di Minkowsky, con la massima efficienza possibile, mentre le cose in movimento per quello stesso osservatore si muovono solo a spese dell'efficienza con cui si infuturano, per andare in qualunque posto "deviano" rispetto al loro progredire immediato e diretto verso il futuro e vi giungono tanto più lentamente quanto più veloci si muovono, questo non succede solo in condizioni estreme, succede sempre, solo che in condizioni non estreme è trascurabile, il muone progredisce più lentamente nel tempo perché la direzione "verso la terra", in cui sfreccia velocissimo, è parzialmente alternativa alla direzione "verso il futuro" nello spazio in cui esso realmente si muove, che è uno spaziotempo, è come sbagliare strada e andare a nord est quando la propria destinazione è perfettamente a nord, si arriva comunque all'altezza di un punto di riferimento a nord, come il punto di riferimento "Milano" se adesso siamo a Roma, ma ci si arriva più lentamente.
Insomma incorporando lo spazio nel tempo, l'infuturarsi è concepibile come movimento tra vari movimenti possibili e tutto ha una traiettoria lungo cui è lanciato non solo nello spazio ma anche nel tempo, gli enti nel loro destino sono linee e gli eventi punti, non è possibile che le cose abbiano dimensioni e lo spazio no, la ragione dell'esistenza di una cosa è l'occupazione e la concentrazione di spazio in proporzione diversa dalle altre cose, incorporando il tempo nelle cose una cosa trascorrerebbe nel tempo anche isolata dal contesto e non in relazione ad altre cose, il tempo è movimento, e il movimento è relazione; anche intuitivamente il concetto di spazio pone il problema che una cosa che lo occupa o è lì da sempre o viene da altrove, quindi sia l'occupazione eterna che l'occupazione temporanea di un punto nello spazio presuppongono il tempo, l'unico spazio senza tempo è quello vuoto, che non ha punti occupati nel raggio di un'estensione infinita, ma sarebbe indiscernibile e impensabile.
Citazione di: niko il 06 Novembre 2020, 13:01:57 PM
[...] io penso che quelli che tu vuoi vedere come "rallentamenti" o perdite di energia della luce dovute alla sua interazione con lo spazio che tu immagini come un mezzo rallentante, perché eterico, siano semplici deviazioni dovute come dice l'articolo che hai citato a un mezzo gravitazionale, e non a un mezzo eterico attraversato dalla luce che dallo spazio giunge fino a noi, nel senso che lo spazio può ben influire sull'angolazione del vettore velocità della luce e così complicarne il percorso [...]
Ovviamente le mie non sono delle tesi scientifiche, quindi non voglio insistere per dimostrare una qualche ragione, anche perché molto può dipendere da aspetti che semplicemente non capisco, e quindi al massimo insisto sulla mia incapacità di non vedere certe sottigliezze, e infatti ho citato solo questo frammento perché qui sta il punto: per me possiamo anche abolire la parola "etere", ma continuo a vedere come rimanga il concetto di mezzo, che può far deviare, influire, ecc. ciò che lo attraversa. Cambia il nome ("gravitazionale", "vuoto ma non veramente vuoto", "campo", ecc.), ma il risultato non cambia: si sta descrivendo, anche nell'articolo di cui ho messo il collegamento, un mezzo che ha una sua "sostanzialità" di cui tenere conto.
CitazioneQuanto all'incorporazione del tempo nelle cose e alla scorporazione del tempo dallo spazio, il problema è sempre quello, ogni osservatore vede le cose per lui ferme "infuturarsi", cioè procedere verso la direzione futuro in un diagramma di Minkowsky, con la massima efficienza possibile, mentre le cose in movimento per quello stesso osservatore si muovono solo a spese dell'efficienza con cui si infuturano, per andare in qualunque posto "deviano" rispetto al loro progredire immediato e diretto verso il futuro e vi giungono tanto più lentamente quanto più veloci si muovono, questo non succede solo in condizioni estreme, succede sempre, solo che in condizioni non estreme è trascurabile, il muone progredisce più lentamente nel tempo perché la direzione "verso la terra", in cui sfreccia velocissimo, è parzialmente alternativa alla direzione "verso il futuro" nello spazio in cui esso realmente si muove, che è uno spaziotempo, è come sbagliare strada e andare a nord est quando la propria destinazione è perfettamente a nord, si arriva comunque all'altezza di un punto di riferimento a nord, come il punto di riferimento "Milano" se adesso siamo a Roma, ma ci si arriva più lentamente.
Insomma incorporando lo spazio nel tempo, l'infuturarsi è concepibile come movimento tra vari movimenti possibili e tutto ha una traiettoria lungo cui è lanciato non solo nello spazio ma anche nel tempo, gli enti nel loro destino sono linee e gli eventi punti, non è possibile che le cose abbiano dimensioni e lo spazio no, la ragione dell'esistenza di una cosa è l'occupazione e la concentrazione di spazio in proporzione diversa dalle altre cose, incorporando il tempo nelle cose una cosa trascorrerebbe nel tempo anche isolata dal contesto e non in relazione ad altre cose, il tempo è movimento, e il movimento è relazione; anche intuitivamente il concetto di spazio pone il problema che una cosa che lo occupa o è lì da sempre o viene da altrove, quindi sia l'occupazione eterna che l'occupazione temporanea di un punto nello spazio presuppongono il tempo, l'unico spazio senza tempo è quello vuoto, che non ha punti occupati nel raggio di un'estensione infinita, ma sarebbe indiscernibile e impensabile.
Sapevo già, e sapevo che la stessa scienza lo ammette, che il rallentamento "temporale" avviene a qualunque velocità, anche se a quelle basse non è facilmente rilevabile. Infatti anche nella "mia tesi" avviene sempre un rallentamento, perché c'è sempre un attrito tra il mezzo e i costituenti più fondamentali (qualunque siano quelli veramente più fondamentali) degli oggetti (costituenti che sarebbero in realtà delle piccole conformazioni, dei piccoli "vortici" del mezzo stesso).
Il problema è invece ragionare in termini dimensionali nonostante anche tu dica che spazio e tempo hanno senso solo come relazioni; anzi, io li considero esattamente solo come sinonimi della parola "relazione". Chiamo spazio quell'astrazione che possiamo fare idealmente tra due punti del mezzo, e chiamo tempo quell'astrazione che possiamo fare idealmente tra una configurazione del mezzo ed un'altra configurazione successiva legata causalmente. Non mi aspetto che un'astrazione si distorga o che influisca su degli oggetti, mi aspetto invece che lo faccia un mezzo in qualche modo fluido; così come non mi aspetto che un'astrazione rallenti, mi aspetto invece che siano le varie configurazioni di un oggetto a procedere più lentamente.
PS ai primi due messaggi di apertura: visto che l'argomento sta durando da due pagine e non è caduto subito nel dimenticatoio, faccio una precisazione, al di là che sia di interesse. Quando ho fatto l'esempio del paradosso dei gemelli, ho scritto che il gemello ad alta velocità/in orbita invecchia più lentamente (fa tutto più lentamente, anche pensare). Scritto così, con la barra trasversale "/", sembra che gli basti stare in orbita sulla Terra per avere il rallentamento. In realtà è al contrario: più ti allontani dall'influenza della gravità terrestre, più i tuoi processi psicofisici vanno veloci, anche se impercettibilmente (e molto più evidentemente, se ti allontani da una gravità elevatissima, come nel caso di un oggetto estremamente massiccio, ad esempio un classico buco nero).
Questo è dovuto (ovviamente secondo la teoria di un campo "sostanziale", quindi senza bisogno di scomodare un rallentamento del tempo stesso, ma solo dei processi psicofisici) al fatto che la massa di un pianeta, di una stella, ecc. (quindi l'enorme quantità di piccoli "vortici subatomici" di cui è composta) comprime talmente tanto il mezzo in cui si trova, proprio come farebbe un veloce e concentrato insieme di vortici, da rendere letteralmente più densa la regione intorno ad esso. Ogni cosa che viene attirata verso tale oggetto (proprio a causa della perturbazione stile "ciclone" compiuta dalle "particelle" che compongono l'oggetto massiccio) si trova a fare più "fatica" a compiere i propri processi interni (atomici, subatomici, e delle sue stesse "particelle elementari", anche in questo caso altrettanti piccoli vortici), perché si trovano in una regione appunto più addensata. Lo stesso effetto che avrebbero se andassero estremamente veloci tanto da trovare la resistenza del mezzo in cui si muovono.
Più o meno quello che cercavo di spiegare, visto da un punto di vista quantistico:
https://scienzeeteriche.blogspot.com/2018/03/quando-la-dinamica-dei-fluidi-imita-la.html?m=1Anche se, per la precisione, ci sono ancora dubbi, che però potrebbero essere dovuti alla qualità del liquido usato come analogia sperimentale, o alle difficoltà di impostare efficacemente l'esperimento: https://www.lescienze.it/news/2018/10/13/news/famoso_esperimento_alternativa_stranezza_quantistica-4152761/In ogni caso, in modo più complicato, nel seguente terzo articolo il discorso va oltre quello che dicevamo, ma lo trovo anche più interessante, parlando non tanto del comportamento fluido (anche se parte dalle teorie degli scienziati che descrivono gli eventi delle particelle come se queste cavalcassero "onde pilota"), ma di una vera e propria struttura caUSale, dinamica e sottostante, su cui si modellerebbero, influenzandola a loro volta, gli "strani e casuali" eventi subatomici. Il che, se anche tali eventi (e quelli relativistici) potessero essere descritti come se fossero in un fluido, vorrebbe dire che comunque il tutto dipende da un dinamico ordine intrinseco ancora più sottile e fondamentale:https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/scienza_e_fisica_quantistica/entropia-quantistica-nella-teoria-bohm
Ciao.
Mai dire mai. Ma direi che l'idea dell'etere sia stata abbandonata definitivamente , perché non là si è abbandonata con leggerezza, ma semmai con dispiacere e disappunto.
Alla fine occorre piegarsi ai fatti , spesso con dispiacere e disappunto , appunto, specie quando questi nuovi fatti diminuiscono la nostra comprensione delle cose.
Ciò sembra paradossale perché una maggiore conoscenza dovrebbe portare a una maggiore comprensione.
Perché? Perché sembra ovvio, o meglio fino a un certo punto ci è sembrato ovvio.
Ma a pensarci bene non è per nulla ovvio.
Abbiamo dato per scontato ciò che scontato non è.
Quindi più che cercare di recuperare e riabilitare vecchie ipotesi , più convenienti alle nostre capacità di comprensione, avvierei una riflessione sul rapporto fra comprensione e conoscenza delle quali sappiamo ben dire cosa sia la seconda , e della prima solo possiamo dire che inizia a difettarci spiacevolmente , e possiamo dirlo perché sappiamo bene cosa sia,ma senza saper dire bene cosa sia.
Mi sembra significativo il tuo amore odio per l'astrattezza.
Le lamentele per una aumentata astrattezza e invadenza della matematica sono comuni anche in campo scientifico , a dimostrazione del fatto che gli scienziati hanno difetti e mancanze non diverse nella sostanza dai nostri difetti e mancanze , seppur declinati su diversa scala.
Più che un etere, o campo elettro magnetico, che , hai ben ragione , è solo un diverso nome che Maxwell ha dato all'etere, o in genere un nuovo fluido o un vecchio substrato con nuovo nome potrebbe esserci di conforto un nuovo quadro filosofico.
Nel quadro che mi faccio io tutto è astratto.
Detto ciò, da cosa scaturisce l'idea di concretezza?
Concreto è un quadro astratto col quale giungo a tale confidenza che mi sembra di viverci dentro.
Realmente dentro. Di toccare se non con mano almeno col pensiero. Di averne cioè completa comprensione.
Però tutto ciò sembra essere cosa solo desiderabile ma non necessaria.
Gli atomi non sono palline , ma scommetto che Ipazia trovi ancora utile pensarli così .
Lo spazio non è etere e non è neanche utile pensarlo così, se mai lo sia stato.
Ciao Iano,
non si tratta di amore-odio, ma di mettere al giusto posto le cose, e lo dico senza essere un grande amante dell'ordine. Le astrattezze sono essenziali (in tutti i sensi): nel caso in esame, servono a riflettere e, dove necessario, a calcolare e misurare. Io, che ho poca propensione per la pratica e molta per la riflessione (poca per il calcolo però), non sono certo d'accordo alla lettera con il titolo che ho messo all'argomento: un certo grado (grande tra l'altro, secondo) di astrattezza ci vuole.
Il problema però sorge quando le astrattezze vengono applicate alla lettera, o peggio ancora surclassano ciò a cui dovrebbero riferirsi: se io ad esempio ho bisogno di astrarre le conformazioni generali degli oggetti tridimensionali figurandomele in un diagramma x, y, z, va benissimo. Non va altrettanto bene se però poi mi metto a credere che lo spazio sia davvero formato da dimensioni, da direzioni, tra l'altro vuote ma deformabili.
Ciao.
Capisco il tuo ragionamento. Tu parti dalla realtà concreta e giungi, se dovesse servire, all'astratto.
E questo in effetti è l'iter classico storico , da cui traiamo l'etimologia stessa del termine astratto.
Ma chi ci impedisce di provare a cambiargli il verso a questo iter, come ti suggerivo in un mio post precedente, per vedere l'effetto che fa', cercando di far derivare il concreto dall'astratto?
Quindi tu argomenti che, se può essere utile astrarre qualcosa dalla realtà concreta , qualcos'altro non sembra invece quadrare se questa astrazione tende poi a sostituirsi alla realtà, fino a piegarsi elasticamente ,vedi lo spazio tempo di Einstein ,come se avesse gli attributi del concreto, pur non essendo tale.
E , ironia della sorte, questa astrazione usurpatrice della realtà sembra funzionare a meraviglia., Ma pur considerando ciò...siccome il concetto di astrazione sembra esser chiaro, non è chiaro perché travalichi e non se ne stia al suo posto , e , non sembra soddisfacente invocare a giustificare ciò una motivazione di utilita' e di convenienza.
Si, in effetti il concetto sarebbe chiaro, se fosse chiaro il concetto da cui deriva, quello di concretezza.
Ma da cosa deriva esso. Da nulla? Lo consideriamo come concetto primitivo.
Come ciò che è evidente e non va' spiegato?
Questo in fondo ci suggerisce la geometria di Euclide, che è una geometria che non travalica, e se ne sta al suo posto.
Il suo posto però coincideva con la realtà, o quella che noi percepiamo come realtà'.
Sembra una coincidenza fortunata, Fin troppo.
Tanto da farci sospettare che non vi sia alcuna coincidenza, e che geometrie Euclidee e non possano costruirsi a piacere e con quelle provare a vestire la realtà .
L' astratta matematica oggi non ammette più che vi siano punti di partenza evidenti, veri di per se', .ma solo punti di partenza arbitrari . a partire dai quali provare ad agganciare la realtà
Finora il nostro,aggancio è stato Euclide. Non è più il solo e che non si parli più di verità in se' evidente , cavolo sotto cui nasce il concreto.
In realtà faccio il contrario, rispetto a quello che è sembrato che io avessi fatto e che è il percorso storico della scienza degli ultimi secoli: io non parto dal concreto, o meglio, non credo che le cose siano intrinsecamente concrete. Però credo che esse ci appaiono tramite configurazioni che seguono e dipendono da relazioni e interazioni che ci danno un'apparenza di concretezza. E tale apparenza di concretezza deve essere tenuta di conto.
Quindi, nell'esempio di queste pagine, non importa se l'eventuale essenza dei fenomeni (noumeno) non è concreta: nel modo in cui tali fenomeni si configurano, cioè tramite molteplicità e relazionabilità, quello che appare da essi sarà una moltitudine di enti microscopici che interagiranno, e questo dovrà essere tenuto di conto: se quindi un'onda appare nello spazio, essa sarà un'increspatura che avviene nel suddetto mare di molteplici enti microscopici, che costituiranno il suo mezzo: varrà tanto per le onde sonore che per la luce. E se la luce sembrerà avere velocità costante a prescindere dalla velocità della sua sorgente, sarà perché quest'ultima comprime o distende il mezzo in cui è immersa, cambiandone la densità e di conseguenza cambiando la velocità dell'onda che attraversa il mezzo: questa variazione, sommata alla velocità della sorgente luminosa, dà l'impressione che la luce abbia complessivamente sempre la stessa velocità.
Oppure: se aumentiamo la velocità di un oggetto, dobbiamo tenere conto delle interazioni con il mare ribollente dei suddetti molteplici enti microscopici, ed ecco perché i processi subatomici, atomici, ecc. rallentano all'aumentare della velocità.
Se invece classifichiamo astrattamente come "virtuali" quegli enti che costantemente si configurano e deconfigurano in ogni angolo di spazio; se ci accontentiamo di constatare la "costanza" della velocità della luce, accettando che essa sia un onda di... nulla; se intromettiamo il concetto di "dimensione temporale", per quanto utile di per sé, in quello che è semplicemente il rallentamento di processi sottoposti ad un maggior attrito; se facciamo tutto questo, portiamo le utili astrattezze mentali e la possibile non concretezza del noumeno a mescolarsi con le apparenti concretezze dei fenomeni. Il fatto che i fenomeni possano essere intrinsecamente apparenti, non significa che li si debba trattare come se avessero le caratteristiche dell'astratto e l'essenzialità intangibile del noumeno.
Non ho scalfito di un millimetro le tue convinzioni, e in fondo ne sono contento, anche perché ciò che espongo non sono convinzioni mie solide, ma pensieri in corso.
Il quadro mentale da cui partono i miei ragionamenti però mi è chiaro, ed è semplice da esporre.
Comprendere il mondo, in senso letterale, significa portarlo dentro se'.
Questo , per ovvi limiti , è possibile farlo solo semplificando.
La scienza , pur senza poter addurre giustificazioni univoche, adotta il rasoio di Occam, in armonia col mio quadro mentale.
Che la velocità della luce sia costante e' un fatto, e prima di essere stata tale costanza verificata sperimentalmente , la sua costanza poteva essere dedotta dalle equazioni di Maxwell.
A partire da questo fatto la teoria della relatività là si può raccontare in tanti modi, ed alcuni di questi sembrano complicazioni utili solo a soccorrere la nostra intuizione , ma del tutto inutili per il resto.
Un altro fatto dimostrato e' l'assenza di ogni etere, alla cui mancanza Einstein, che non digeriva le azioni a distanza di Newton, sopperì con il suo spazio tempo.
Non c'era più bisogno di azioni a distanza, perché non c'erano più azioni.
Le masse si limitavano a percorrere la geometria dello spazio tempo.
Ma ciò non vuol dire che lo spazio tempo sia reale,e per quel che mi riguarda non lo sono neanche le masse che quello spazio disegnano.
Sono solo espedienti percettivi di livello superiore a quelli della percezione sensoriale, attuate grazie al metodo ed scientifico, la cui natura sostanziale, almeno fino a prova contraria, conviene considerare come la stessa.
L'unica differenza lampante , ma che non incide a io parere sulla sostanza, è che le prime non sappiamo come si sono costruite, mentre le seconde lo sappiamo , perché le abbiamo costruite in piena coscienza.
Questi nuovi "mezzi percettivi" hanno potenzialità ancora non del tutto espresse a io parere, e uno dei motivi non è la mancanza di mezzi tecnologici, ma la zavorra psicologica che ci portiamo dietro, di cui forse è arrivato il momento di liberarci. Per,far ciò dobbiamo ricostruire il nostro concetto di "comprensione del mondo".
Tutti ammettiamo di avere dei limiti, ma poi non traiamo con sistematicità le conseguenze di questi limiti.
Non è che dobbiamo abbandonare il paradigma della percezione sensoriale, ma dobbiamo fare in modo che esso continui a fare la sua insostituibile parte senza che diventi un bastone fra le ruote.
Non è facile, Ma così è.
Quello che ho deliziato è un quadro semplicistico , ma la semplicità è la strada della comprensione, nei limiti che ci sono possibili, i quali non sono comunque fissi, ma si spostano, seppur con fatica.
Fatica dovuta a una resistenza psicologica, che però ha anche la sua funzione positiva, perché essa ci garantisce che quando finalmente decidiamo con sicurezza di fare un passo avanti , questo sia fermo e sicuro.
Le resistenze al progresso non sono solo un intoppo , ma hanno la loro funzione .
Si presentano sistematicamente è quasi sistematicamente vengono superate.
E questo è un ulteriore fatto semplice da rilevare.
Che le azioni avvengano a distanza oppure no non ha a che vedere con la vera sostanza del mondo, la quale ci resterà sempre inaccessibile ( lei è il mare e noi un secchiello) , ma solo col modo di raccontare il mondo, e non c'è un solo modo di farlo, e diversi sono i termini che si possono usare.
Storicamente l'etere è quel termine inventato, come tutti gli altri, che ci preserva le azioni a distanza ,e che ci è venuto in soccorso psicologico quando Newton , con coraggio intellettuale che ammiro, ha deciso che le azioni potessero avvenire a distanza.
Le onde non hanno nessun bisogno di mezzi in cui propagarsi ,perché sono solo una delle tante nostre invenzioni.
La meccanica quantistica , come la relatività là si può raccontare in tanti modi coi quali si cerca a volte di soccorrere la nostra intuizione in difficoltà.
La cosa meno peggiore che si racconta a tale scopo è che esiste una natura duplice.
C'è qualcosa che è al contempo onda e particella.
Lo scoop non detto, a mio parere ,di questo,racconto, è di salvare la realtà delle onde e delle particelle, a costo di rendere contraddittoria questa esistenza.
Un modo più traumatico, ma più semplice da dire , e quindi per me più "vero", è che quel qualcosa non è ne' un onda ne' una particella.
Per questo motivo lo si può raccontare come un onda, come una particella, o come le due cose insieme.
Come diceva quel campione di onestà intellettuale che era Einstein :
l'unica cosa che rimane incomprensibile è che il mondo sia comprensibile.
Frase meravigliosa nella sua stringatezza.
Tutto sta a mettersi d'accordo su cosa intendiamo per comprendere.
Io nel mio piccolo ho provetto a dire la mia.
Inmeffetti ammetterai che se togliamo al comprendere tutte le sue implicazioni metafisiche, non è difficile " comprendere come si comprende".
È tutto un artificio che si sposa con la realtà, senza esserlo, se non per quella piccola parte di realtà che la comprensione stessa, e noi con essa , occupiamo.
Riassumendo, se vogliamo fare un passo avanti nel mondo, dobbiamo prima fare un passo indietro su quel che pensiamo di essere e che possiamo.
Citazione di: Ipazia il 05 Novembre 2020, 22:03:32 PM
Tutti gli enti della fisica per passare dall'ipotesi alla scienza necessitano di conferme sperimentali. Il bosone di Higgs, teorizzato nel 1964 è stato confermato quasi mezzo secolo dopo con un esperimento molto complesso. Quando l'etere sarà rilevato sperimentalmente sarò la prima a complimentarmi.
In subordine io mi accontenterei, senza avere le prove della sua esistenza , che l'etere entrasse in un racconto della realtà che fosse più digeribile, perché in fondo la funzione dell'etere , finché è stato di moda e' stata quella.
Ma oggi raccontare una storia del mondo usando l'etere come termine , è come cucinare un piatto elaboratissimo, forse più appetitoso, se piace, ma non certo più digeribile.
CitazioneIano: Che la velocità della luce sia costante e' un fatto, e prima di essere stata tale costanza verificata sperimentalmente , la sua costanza poteva essere dedotta dalle equazioni di Maxwell.A partire da questo fatto la teoria della relatività là si può raccontare in tanti modi, ed alcuni di questi sembrano complicazioni utili solo a soccorrere la nostra intuizione , ma del tutto inutili per il resto.
Non è che non mi hai scalfito, è che quello che dici mi sembra che parli di astrazioni utilissime, e su questo siamo già d'accordo. Siamo d'accordo che anche quelle apparentemente più "concrete", persino antiquate, come l'etere (concetto da non riprendere di certo nello stesso modo in cui era concepito in passato), siano altrettante interiorizzazioni, altrettanti costrutti che non saranno mai perfettamente aderenti alle "cose".
Quello che "propongo" è soltanto di non perdere pezzi per strada. Visto che la scienza non "perde tutto sempre più fino a trovare il Tao", ma anzi colleziona sempre più schemi mentali, almeno lo faccia partendo sempre dal presupposto di non servirsi solo dei pezzi più utili.
Nonostante "l'utilitarismo" sia un po' il suo fine (tecnologico, tecnico, sociale, economico...), che sia un po' più di ampie vedute, un po' più onesta, almeno quando formula e teorizza (presupposti non da poco, visto che determinano quello che "scopre" ancor di più di quanto lo facciano i dati sperimentali, che sono altrettanto manipolati in vista di teorie e tendenze mentali preconcette). Potrebbe scoprire quello che essa stessa dice di base: che certe dimostrazioni già ottenute (come l'assenza di ogni etere) sono provvisorie, come sempre saranno quelle della scienza (l'etere ad esempio è dimostrato come assente solo secondo i parametri con cui lo si concepiva). Per quanto sia utile prendere solo alcuni pezzi, per semplificare, poi si deve guardare l'insieme, affinché essi non prendano il sopravvento.
Si usi pure il concetto di spazio-tempo, ma se poi lo si cerca tra le cose percepite come se esso fosse la spiegazione delle interazioni, saremo costretti ad ignorare aspetti che non sono in linea con tale ricerca, ad esempio l'interazione tra le particelle degli oggetti con quelle "virtuali" (altra astrazione pericolosa, se fatta solo su quest'ultime) presenti nel ribollente mare intorno a loro.
Si consideri pure costante la velocità della luce, ma se non si indaga ulteriormente sulle cause di ciò, la si trasforma in un dogma che spazza via ogni altro dato, tra cui la somma di velocità, che guarda caso è sempre valida in ogni altro ambito.
Astrarre e semplificare, poi applicare e sperimentare. Tra queste due fasi, e dopo queste due fasi, fare un passo indietro e guardare l'insieme reinserendo quello che si era tralasciato per semplificare.
Citazione di: iano il 18 Gennaio 2021, 03:20:46 AM
Citazione di: Ipazia il 05 Novembre 2020, 22:03:32 PM
Tutti gli enti della fisica per passare dall'ipotesi alla scienza necessitano di conferme sperimentali. Il bosone di Higgs, teorizzato nel 1964 è stato confermato quasi mezzo secolo dopo con un esperimento molto complesso. Quando l'etere sarà rilevato sperimentalmente sarò la prima a complimentarmi.
In subordine io mi accontenterei, senza avere le prove della sua esistenza , che l'etere entrasse in un racconto della realtà che fosse più digeribile, perché in fondo la funzione dell'etere , finché è stato di moda e' stata quella.
Ma oggi raccontare una storia del mondo usando l'etere come termine , è come cucinare un piatto elaboratissimo, forse più appetitoso, se piace, ma non certo più digeribile.
L'etere era digeribile per spiegare la trasmissione delle onde "hertziane" nelle radiocomunicazioni. Non lo è stato più quando si è scoperto che le onde elettromagnetiche non avevano bisogno di nessun vettore ma si diffondevano allegramente nel vuoto. Che esista un vettore più "sottile" del vuoto è possibile.
Ma va dimostrato.
Dai miei lunghi post , dei quali mi scuso , vorrei estrarre un punto, per sottolinearlo.
Si può raccontare la storia della duplice natura onda-particella ,o , con pari diritto dire, nessuna onda e nessuna particella.
Dal punto di vista filosofico le implicazioni non sono da poco.
Non condivido la sfiducia di aumkaara verso chi fa' ricerca pratica e teorica.
Non lo fanno per arricchirsi, e questo restituisce un po' di fiducia nell'uomo.
Qualcuno ogni tanto magheggia, ma il tempo alla fine fa' sempre giustizia.
C'è però una cosa che la scienza non potrà mai darci.
Quella sensazione di vivere dentro le storie che ci inventiamo, come è riuscita a fare la percezione sensoriale nella sua evoluzione .
Questo vivere dentro alle storie ha vantaggi e svantaggi .
È un fattore evidente di conservazione che rallenta il progresso.
Noi vorremmo che la scienza ripetesse questa magia di farci sentire protagonisti delle storie.
Ma ha ancora un senso chiedere ciò?
Fra i tanti termini che ci inventiamo c'è n'è uno di moda , forse significativo in tal senso.
Quello di realtà aumentata., il quale ci suggerisce che ciò che noi chiamiamo realtà è una costruzione .
Se ciò da un lato ci rende orfani del "senso di realtà", dall'altro dovrebbe entusiasmarci e invogliarci nel partecipare a questo gioco, perché è questo l'unico modo per continuare a sentirsi parte della storia.
Ma se continuiamo a parlare degli scienziati come altro da noi, sia per denigrarli che per glorificarli,significa che nel gioco non siamo ancora entrati.
La scienza non è un gioco umano. È il gioco umano.
Finché noi non entriamo pienamente in questa nuova storia per viverla pienamente nel nuovo senso nuovo che decideremo, ci possiamo scordare il sostegno del governo alla ricerca con tutte le conseguenze che gia' iniziamo a vivere, relegandoci ai margini della storia.
Mi sento talmente vicino agli scienziati, che mi arrogo il diritto di parlare di argomenti scientifici. Figuriamoci se li disprezzo e se li considero "altro da me". Li considero talmente "me" che il loro gioco, la scienza, lo considero appunto solo come uno dei tanti, non certo come "il" gioco, rendendomi così conto che i risultati ottenuti con esso non sono dimostrazioni definitive, sono solo adattamenti fatti tra osservazioni vissute ma parziali e preconcetti utili ma altrettanto parziali.
Non c'è niente di nuovo in questo: la parzialità di visione ci caratterizza da sempre, anche se non è per forza l'unica nostra possibilità. E la scienza stessa è solo un margine della storia, poco importa quanto grandioso sia ciò che ci fornisce: per sua natura non va all'essenziale, ed inoltre attualmente è generalmente condotta su presupposti particolarmente poco equilibrati, e non mi riferisco solo ai più evidenti aspetti economici (e bellici, altra fetta importante della scienza), ma mi riferisco soprattutto a quelle parzialità più intrinseche (utili ma fuorvianti) dette negli ultimi post.
Tanto per fare un esempio più pratico e sociale, rispetto a quelli fatti finora su spazio-tempo-etere e velocità della luce: molti anni fa sentii uno scienziato, tecnico, o quel che era, inneggiare alla scienza e alla tecnica perché presto (e ora ci siamo più che quasi) le auto "avrebbero potuto portare gli ubriachi a casa da sole senza pericolo". Lo scopo non era andare all'essenziale, togliendo i presupposti per cui ubriachi, superficiali e teste di rapanello sono un pericolo quando guidano (la maggior parte dei guidatori quindi, a quanto vedo), no, lo scopo della scienza era tamponare il problema con un supergiocattolino, la macchinina che si guida da sola. Io mi sento vicino agli scienziati perché sono umano quanto loro, e un po' superficiale e testa di rapanello lo sono anche io in tante cose, così come sono ubriaco per tanti motivi (non per alcol o droghe, ma comunque per tante comodità e distrazioni), ma vedo che a differenza di me la maggior parte di loro non è neanche vagamente orientata verso una sorgente più essenziale di risoluzione dei problemi, rispetto a quella che può risolvere il gioco di scienza e tecnica.
Tanto è sempre così: "la scienza ha stabilito che (ad esempio, in questo caso) l'etere non esiste". Cento anni dopo, e dopo aver preso per il c. tutti quelli che continuavano a parlare di etere e di fluidi: "sì, in effetti l'etere esiste, era ovvio, siamo stati troppo astrattamente matematici, dobbiamo tornare alla fisica concreta, a quella dei fluidi ad esempio". Mavadaviaelc (e ce li mando impropriamente, da toscano)... https://www.reccom.org/einstein-aveva-ragione-ma-non-sapeva-perche-unequazione-gemella-per-lenergia-relativistica-potrebbe-adesso-portarci-a-superare-la-velocita-della-luce/
Buongiorno Aumkaara
"La scienza ha stabilito" che il vaccino AstraZeneca va dato sotto i 60 anni. No aspetta! "La scienza ha stabilito" che va dato sopra i 60 anni. "La scienza ha stabilito" che bisogna evitare di stare anche all'aperto per non contagiarsi. No aspetta! "La scienza ha stabilito" che le possibilità di contagiarsi all'aperto sono lo 0,1%. E via così...E' tutto provvisorio. Penso che ci sia anche un uso politico o di interessi economici spesso dietro la frase:"La scienza ha detto":
Ciao Alexander,
Concordo, sia da "complottista" quale sono, sia da interessato di scienza che però la guarda con tanta, tanta diffidenza per come è concepita e sviluppata.
Nonostante io sappia questo, ogni tanto "esplodo" quando vengono confermati (per quanto sempre relativamente) aspetti che per tanto tempo erano dati quasi per assurdi o ridicolizzati.
L'etere non è stato ridicolizzato da nessuno. Nella scienza ottocentesca era il supporto necessario per spiegare il diffondersi della luce. Un analogon rispetto all'aria indispensabile per trasmettere il suono (esempio del campanello nella campana che non suona più quando si fa il vuoto). La fisica delle onde elettromagnetiche, tra cui la luce, che sperimentalmente dimostrarono di non aborrire il vuoto, resero occamisticamente inutile l'ipotesi etere. Oggi la meccanica quantistica, in una sua corrente teorica, ipotizza una natura discreta, granulare, dello spazio che interagisce con le particelle che lo attraversano. Metafisicamente si tornerebbe ad aborrire il vuoto in natura, ma sono tutte teorie che non si sono consolidate in alcuna sostanza eterea sperimentamente dimostrata. Per cui non resta che attendere gli esiti delle ricerche che, qualunque esse siano, non credo influenzeranno la microfisica e metafisica della nostra vita quotidiana.