Fatti e spiegazione dei fatti sono cose ben distinte, infatti è possibile trovare spiegazioni diverse per gli stessi fatti e anche se possiamo dare un diverso valore alle diverse spiegazioni in base a criteri arbitrari, fatti e spiegazioni rimangono distinti.
Quindi in base a quale criterio diciamo che una spiegazione sia vera oppure falsa?
In base appunto ad un criterio arbitrariamente stabilito col quale assegniamo un valore alle spiegazioni.
Possiamo anche giustificare perchè abbiamo scelto un dato criterio e non altro, ma ciò non dà valore assoluto al criterio se le nostre scelte non hanno quel valore.
Fin qui la discussione poteva stare nella sezione filosofica, ma potrebbero seguire, come spero, esempi tratti dalla scienza, e per questo ho scelto questa sezione.
Prima però ho bisogno delle vostre critiche per vedere se il discorso secondo voi fila, se è da rigettare o da correggere.
I criteri sono arbitrari fino ad un certo punto. L'episteme è il lodevole tentativo di raccontare i fatti ("cose in divenire" secondo la definizione di L.Wittg.) in maniera rigorosa, attraverso un percorso logico ed ermeneutico che si avvale di testimonianze, prove e dimostrazioni.
Come fai iano a dire arbitrarie? Ha ragione sicuramente Ipazia, anche se bisogna dire che sembra che la ragione di fatto se la prenda un po' chi vuole, ma soprattutto chi può. Un saluto
Citazione di: daniele22 il 12 Ottobre 2023, 09:11:45 AMCome fai iano a dire arbitrarie? Ha ragione sicuramente Ipazia, anche se bisogna dire che sembra che la ragione di fatto se la prenda un po' chi vuole, ma soprattutto chi può. Un saluto
Il termine ''arbitrario'' non sta simpatico a molti, come ho ho potuto constatare.
Comunque l'idea della discussione in parte deriva dalla tua seguente affermazione:
''Vero è il fenomeno. Ad essere potenzialmente fallaci sono le spiegazioni volte a giustificarlo. ''
Allora ti chiedo, quali sono le spiegazioni non fallaci, e in che senso non lo sono?
Qual'è il criterio che ti fà distinguere una spiegazione fallace da una non fallace, e che carattere deve avere questo criterio?
Citazione di: Ipazia il 12 Ottobre 2023, 08:03:52 AMI criteri sono arbitrari fino ad un certo punto. L'episteme è il lodevole tentativo di raccontare i fatti ("cose in divenire" secondo la definizione di L.Wittg.) in maniera rigorosa, attraverso un percorso logico ed ermeneutico che si avvale di testimonianze, prove e dimostrazioni.
In che senso ''fino a un certo punto'' ?
Il discorso così rimane a metà.
L'episteme ( mi sono documento :) , è il contrario di doxa, cioè non è un opinione).
Ma cos'è che fà fare un salto di qualità all'opinione promuovendola ad episteme?
Secondo quale criterio che non sia arbitrario l'opinione viene promossa ad episteme?
Per me esistono solo opinioni, più o meno condivise.
Per quanto per il criterio scelto si possano portare ragionevoli giustificazioni di scelta, l'essere giustificato a me sembra non ne muti il carattere arbitrario, perchè anche quando parliamo di arbitrarietà condivise, sempre di arbitrarietà si tratta.
Una giustificazione può essere data, ma questa non deve distogliere l'attenzione dall'avere a che fare con una scelta arbitraria, dove ''arbitrario'' non è una brutta parola.
Arbitrario non significa casuale, ma derivante da una libera scelta che può essere condivisa da altri.
A volte mi sento rispondere ''questa è una tua opinione'', e io ribatto ''perchè, esiste qualcosa di diverso dalle opinioni?''
Se si, in che senso?
E quanti sensi diversi possono darsi?
Una spiegazione di fatti deve dare necessariamente un senso
ai fatti, o può restare una spiegazione e basta?
Spiegazione e senso possono avere ruoli diversi e distinti, oppure sono sempre strettamente legati?
Cioè una spiegazione che non conduca un senso è ancora una spiegazione?
Citazione di: iano il 12 Ottobre 2023, 11:49:44 AMIl termine ''arbitrario'' non sta simpatico a molti, come ho ho potuto constatare.
Comunque l'idea della discussione in parte deriva dalla tua seguente affermazione:
''Vero è il fenomeno. Ad essere potenzialmente fallaci sono le spiegazioni volte a giustificarlo. ''
Allora ti chiedo, quali sono le spiegazioni non fallaci, e in che senso non lo sono?
Qual'è il criterio che ti fà distinguere una spiegazione fallace da una non fallace, e che carattere deve avere questo criterio?
Sai bene iano che non esistono le spiegazioni vere, bastando già quelle verosimili secondo criteri intersoggettivi, oppure anche oggettivi all'interno di una preesistente intersoggettivitá mai criticata: comunque, se dissi che "vero è il fenomeno" in esordio di pensiero era naturale (non logico) aspettarsi un'opposizione a qualcosa che fosse falsa; la scelta di "spiegazioni " la reputai buona. D'altra parte, nel post numero 6 di "Tematiche filosofiche - Dov'è finita .. la filosofia italiana" parlavo dicendo "Trattandosi quindi di una nuova falsità ...etc" ... cioè, ho ben presente quello che dici. Mica potevo dire che è falso il fenomeno. Un saluto
Ps: calma iano, se ti riesce aspetta le risposte
Non trovo nulla di offensivo nell'aggettivo <arbitrario> , che peraltro è pressochè necessario per distinguere - dinanzi ai fatti - quelle <opinioni> che pretenderebbero di essere <spiegazioni> (e magari pure universali!) .
Quanto alla differenza tra spiegazioni e opinioni...direi che i fondamenti del Metodo Scientifico, a tutti noti, siano e restino criterio eccellente.
Purtroppo questi fondamenti non sono completamente fruibili/applicabili in molte materie squisitamente <umanistiche> , anche solo per limiti conoscitivi dell'opinionista che ambisce a dare spiegazioni (perdipiù universali), perciò condannando il comparto ad essere perenne fucina di opinioni e niente più (malgrado ambizioni all'addirittura universale e magari pure eterno...).
I criteri sono arbitrari fino al punto in cui si tratta di gusto, appunto doxa, ma quando è necessario aggiungere pezze giustificative ad una argomentazione non sono più arbitrari perché devono sottoporsi alla falsificazione. Una volta falsificati l'arbitrio se lo possono ficcare ...
Citazione di: Ipazia il 12 Ottobre 2023, 16:30:18 PMI criteri sono arbitrari fino al punto in cui si tratta di gusto, appunto doxa, ma quando è necessario aggiungere pezze giustificative ad una argomentazione non sono più arbitrari perché devono sottoporsi alla falsificazione. Una volta falsificati l'arbitrio se lo possono ficcare ...
Falsificazione che prima o poi arriva, dimostrando l'arbitrarietà del criterio col quale diamo valore ad una spiegazione, senza togliere con ciò valore al metodo scientifico, che anzi della falsificabilità fà la sua bandiera.
E' arbitrario spiegare un fotone come una particella.
E' arbitrario spiegare il fotone come un onda.
E' arbitrario spiegare il fotone come un onda/particella.
Però ognuna di queste spiegazioni a suo modo funziona, e continua a funzionare a suo modo anche dopo eventuale falsificazione, per cui il termine falsificazione non sembra propriamente azzeccato.
(Ciò che mostra la sua falsità viene definitivamente ripudiato.)
Funziona, anche se il fotone non è propriamente nessuna di quelle cose, ma può stare per ognuna di quelle cose.
E' un pò come se un ente fisico fosse la funzione di una variabile che varia nel dominio delle sue spiegazioni.
L'ente matematico quindi prende il posto dell'ente fisico.
Questo effettivamente è quello che succede in meccanica quantistica, e io mi chiedo col senno di poi, non avremmo dovuto aspettarcelo invece di restarne sorpresi?
Non dico che era facile arrivarci (infatti non ci siamo arrivati), ma possiamo davvero dire che era impossibile arrivarci col ragionamento, prima che i fatti ci costringessero a farlo?
I fatti quindi a me sembra ci spingano a ricomporre l'iperuranio con ''questo'' mondo. Sono un mondo solo.
C'è un movimento filosofico che porti avanti questa istanza?
Non confondiamo la necessità di ricorrere a calcoli probabilistici (onda-particella) e a grandezze estensive (come la temperatura) laddove non è possibile, e talvolta neppure "economico", essere più rigorosi, con dimostrazioni che il sapere funziona arbitrariamente.
Anche le falsificazioni di modelli teorici che funzionavano è sovente più un'estensione che una negazione della teoria precedente.
Gli esempi di falsificazione radicale sono rari e colpiscono sacche di ignoranza nascoste a lungo sotto il tappeto, o millantamenti economici, come il recente nobel per la medicina.
Citazione di: Ipazia il 12 Ottobre 2023, 18:22:56 PMNon confondiamo la necessità di ricorrere a calcoli probabilistici (onda-particella) e a grandezze estensive (come la temperatura) laddove non è possibile, e talvolta neppure "economico", essere più rigorosi, con dimostrazioni che il sapere funziona arbitrariamente.
Non è propriamente che il sapere funziona in modo arbitrario, supponendosi non sia arbitraria la realtà, interagendo con la quale si origina il sapere, ma è che di questa interazione l'arbitrio si fà strumento.
Si potrebbe dire che il sapere è un felice connubio fra arbitrio e non arbitrario, variabile, in quanto variabile è l'arbitrio.
Ricorrere a calcoli probabilistici e grandezze estensive più che essere una necessità, è vissuta come una necessità, così come la matematica è stata considerata a lungo l'ancella della fisica, cioè come quel personaggio che si sopporta perchè non si riesce a farne a meno.
Un atteggiamento snobistico che deriva dalle origini nobili dell'essere per discendenza da solida realtà.
Ma secondo me l'essere è oggi un nobile decaduto, ponendosi come interfaccia solida fra due elementi sfuggenti, l'osservatore e la realtà, ed è il prodotto della loro interazione.
La novità è che oggi non ci troviamo più direttamente davanti al prodotto finito, che si presenta quindi come evidenza, in quanto ignari del processo produttivo.
Oggi il processo di produzione appare sempre più in modo esplicito, e quanto più appare tanto dissappare l'evidenza, e con essa la solidità dell'essere.
Le cose sembrano farsi sempre più astratte, ma in effetti lo sono sempre state e oggi appaiono anche per quel che sono, e questa è la novità.
Una volta esplicitato il processo di produzione lo si indirizza facendo scelte, come da libero arbitrio, e questa è la scienza.
Direi che da Galileo in poi la mathesis universalis abbia goduto di grande prestigio, fino a diventare l'olio consacrato della cresima dell'aspirante scienziato.
Cosi pervasiva da avere, in cosmologia e fisica quantistica, occupato gran parte dell'assiomatica che spetterebbe alla fisica e agli strumenti di laboratorio.
Compensandone, assai arbitrariamente, le tecnologiche deficienze.
i dati strumentali sono dati, non sono fatti.
Una congettura li può vedere come fatti e, ragionando sui fatti se ne può trarre una ipotesi.
Ad esempio, in astronomia, vedendo che un certo numero di galassie ruotano su sè stesse come non potrebbero farlo vista la massa e la gravitazione insufficiente di materia visibile(dato) , lo si vede come un fatto da spiegare e non come una coincidenza dovuta a motivi diversi e quindi si congettura una spiegazione: materia oscura.
Poi si cerca di "provare" se la congettura può diventare una ipotesi seria ma, fino ad ora, la congettura resta tale.
I dati strumentali quando sono riproducibili in correlazione ad uno specifico fenomeno acquistano un carattere fattuale così marcato da essere alla base della buona diagnostica medica.
Se uno al microscopio vede bolle per batteri sono fatti suoi, e non inficiano la bontà intrinseca del dato strumentale, utilizzato da uno specialista esperto.
Citazione di: Pensarbene il 13 Ottobre 2023, 14:43:20 PMAd esempio, in astronomia, vedendo che un certo numero di galassie ruotano su sè stesse
Ma non credi che ''vedere un certo numero di galassie che ruotano su se stesse'' sia una conclusione cui si giunge interpretando dati strumentali, oppure tu le hai proprio viste ruotare?
Una volta dimostrato che il telescopio non mente, l'osservazione telescopica e i calcoli connessi, assumono lo stesso livello di veridicità dell'occhio nudo. La velocità è un dato calcolato, ma gli effetti infortunistici di impatti a velocità calcolate diverse non lasciano dubbi sulla veridicità di quei calcoli: l'adaequatio viene soddisfatta pienamente.
L'essere è un "nobile decaduto" perché la "cosa in sé" è sempre stata un'astrazione, che rivelava la sua contraddittorietà quanto più ci si rendeva conto della complessità della realtà fenomenica tanto nel micro che nel macrocosmo.
L'ontologia costruita su ipotesi è stata dismessa fin dall'affermazione newtoniana ("hypotheses non fingo") che ha un carattere non solo epistemologico ma pure etico.
Oggi l'ontologia pretende dimostrazioni, l'affinamento delle quali rende più improbabile una falsificazione radicale. E la parte di storia "onesta" del Nobel lo dimostra: si premiano sempre più applicazioni piuttosto che nuove rivoluzionarie teorie.
Con eccezione della cialtroneria economica spacciata per scienza in violazione dell'etica stessa dell'episteme. Che tale atteggiamento coinvolga una fetta maggioritaria della comunità scientifica non aggiunge uno iota di conoscenza, ma semmai montagne di disonestà intellettuale, che i fatti, tornando a loro, sbufalano a velocità superluminale, malgrado la dovizia di mezzi fumogeni.
Citazione di: iano il 12 Ottobre 2023, 18:29:24 PMUna volta esplicitato il processo di produzione lo si indirizza facendo scelte, come da libero arbitrio, e questa è la scienza.
No, questa è economia, politica, etica, ma non è scienza, episteme, conoscenza ontologica.
Una volta esplicitati i dati ontologici si possono realizzare le più svariate applicazioni, ma la scienza sta a monte e viene prima delle sue applicazioni.
La connessione è stretta fino alla produzione di scienza attraverso le applicazioni tecnologiche, ma la distinzione è sostanziale e riguarda il dato ontologico: scoperta non è applicazione.
dal punto di vista semantico la verità scientifica è un eufemismo
Dal punto di vista metafisico, non da quello di un'episteme che ha decostruito il concetto di verità, contestualizzandolo.
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2023, 09:24:34 AMNo, questa è economia, politica, etica, ma non è scienza, episteme, conoscenza ontologica.
Una volta esplicitati i dati ontologici si possono realizzare le più svariate applicazioni, ma la scienza sta a monte e viene prima delle sue applicazioni.
La connessione è stretta fino alla produzione di scienza attraverso le applicazioni tecnologiche, ma la distinzione è sostanziale e riguarda il dato ontologico: scoperta non è applicazione.
Scoperta non è applicazione, ma scoperta e applicazione non si capiscono più se ci dimentichiamo che fanno parte dello stesso processo.
Sono tutte fasi, modalità, termini, attraverso i quali descriviamo, analizzandolo, il nostro agire, e in generale quello degli esseri viventi, e il fatto che lo descriviamo dimostra un alto tasso di coscienza coinvolta.
Però l'essenza rimane quella di azioni che producono azioni, azioni che diventano cause di altre azioni, che possono poi essere caratterizzate come azioni politiche, economiche, etiche, scientifiche.
Azioni che producono altre azioni, in quanto ''registrate'' e traslate come memoria nel presente.
Sono non in quanto penso, ma in quanto agisco in un modo distinguibile da quello della materia , e questo richiede memoria dell'azione precedente, coscienza, elaborazione della memoria. e quindi pensiero.
Il pensiero viene dopo l'azione.
Quindi ''sono in quanto agisco'' e contestualmente penso.
La spiegazione dei fatti genera fatti e il processo è caratterizzato in modo sostanziale dal grado di coscienza coinvolto, dove la coscienza non è un bene in sè, ma una rotella del meccanismo.
Nel tempo le caratterizzazione del processo possono prendere il sopravvento sul processo stesso, come potessero vivere di vita propria, per cui serve ogni tanto tornare a fare un bagno di umiltà dentro all'essenza del processo, potendolo cosi ridecsrivere sfrondandolo da terminologie ipertrofizzate.
Effettuare un reset generale quando la descrizione del processo sembra bloccarlo.
Quando esaltiamo una fase del processo su altre, come la conoscenza, non rendiamo un buon servizio al processo.
Se eliminiamo la conoscenza il processo si arresta, ma si arresta anche se ci dimentichiamo che la conoscenza non è il fine del processo, ma una sua parte, e ridimensionando la conoscenza non solo facciamo un buon servizio al processo, ma anche alla conoscenza stessa, riportandola sulla giusta strada, quando parte per la tangente.
E' l'azione che genera conoscenza e la conoscenza genera azione, quindi occorre ristabilire un equilibrio fra i due.
Se la conoscenza ci rassicura come controllori del processo, diventa poi difficile dare il giusto riconoscimento all'azione demonizzandola di fatto, e indirettamente demonizzando noi stessi e se impropriamente caratterizzeremo l'azione come prettamente economica diventeremo criminali economici.
Tutto molto bello, ma le rivoluzioni scientifiche non sono così automatiche e a buon mercato. Non tutte le azioni si equivalgono e non tutte le mele cadono sulla testa di Newton, anzi molto poche (le teste, non le mele buone). Una volta dissodato il terreno arrivano le applicazioni, alcune geniali come le scoperte, e alcune invenzioni permettono scoperte che in loro assenza non si sarebbero realizzate.
C'è un fitto rapporto interattivo tra scienza e tecnica, ma la distinzione rimane e la matematica, il calcolo, funge da notaio della buona episteme scientifica.
Da un punto di vista pedagogico privilegiare la conoscenza sull'azione, che per i giovani è gioco, significa porli in una condizione che loro percepiscono come innaturale.
Non è innaturale la conoscenza, ma il modo in cui vorremo condurre i giovani ad essa, privilegiando nel processo la conoscenza all'azione.
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2023, 13:55:53 PMTutto molto bello, ma le rivoluzioni scientifiche non sono così automatiche e a buon mercato. Non tutte le azioni si equivalgono e non tutte le mele cadono sulla testa di Newton, anzi molto poche (le teste, non le mele buone). Una volta dissodato il terreno arrivano le applicazioni, alcune geniali come le scoperte, e alcune invenzioni permettono scoperte che in loro assenza non si sarebbero realizzate.
C'è un fitto rapporto interattivo tra scienza e tecnica, ma la distinzione rimane e la matematica, il calcolo, funge da notaio della buona episteme scientifica.
Purtroppo non sembra possibile giudicare le azioni a vuoto, ma dopo averle compiute, e dopo averle giudicate le azioni non saranno più le stesse. Acquisiamo così una responsabilità.
Comportiamoci da responsabili coltivando anzitutto la memoria.
L'azione in sè contiene un peccato originale in quanto figlia della semplificazione della realtà.
La semplificazione è inevitabile, ma anche ritrattabile.
La verità immutabile, che vuole fissare le presunzioni di realtà, confina col male.
Il mondo è un libro scritto in caratteri geometrici, però quel mondo non coincide con la realtà, perchè diversamente quel libro non sarebbe scritto in caratteri geometrici.
Viviamo in una terra di mezzo, che oggi diremmo virtuale, ma che è sempre stata tale.
La differenza è che oggi lo sappiamo, o dovremmo saperlo.
Le spiegazioni dei fatti non sono indifferenti ai fatti, e il sapere che queste spiegazioni creano mondi nuovi dovrebbe responsabilizzarci.
Procediamo a tentoni, ma è questo procedere a tentoni a creare visioni.
La sperimentazione, eticamente guidata, permette di verificare i presupposti delle azioni con la dovuta cautela e sicurezza. E anche questa è buona prassi scientifica, stato dell'arte a prova di consolidati affaristi cialtroni.
Citazione di: Ipazia il 14 Ottobre 2023, 10:13:07 AMDal punto di vista metafisico, non da quello di un'episteme che ha decostruito il concetto di verità, contestualizzandolo
hai inventato anche te la frase?
La frase dice quello che significa e mi pare comprensibile. Nel merito della verità scientifica contestualizzata a prova di eufemismi ?