Viviamo in un'epoca sempre più dominata dalla visione tecnico scientifica, ultimo grande prodotto del pensiero occidentale prima greco e poi cristiano. Non poteva quindi mancare su Logos una sezione dedicata specificatamente alle riflessioni su tematiche scientifiche e tecnologiche.
Se è vero che l'uomo si riconosce in ciò che viene via via facendo e quindi negli stessi mezzi materiali che usa con le sue mani e la sua mente, si tratta in fondo di riflettere sul significato che viene conferito oggi alle nostre esistenze dagli enormi progressi scientifici e tecnologici di cui siamo stati capaci e, proprio a partire da questi, tentare di ricomporre un quadro che non sia quello di una tecnica separata e chiusa in una disumanizzata autoreferenzialità, celata dall'effetto facilitante che essa illude di realizzare senza limiti, in ragione del suo saper trasformare secondo progetto.
La fisica ci presenta ormai da tempo un mondo ben diverso da quello che umanamente possiamo percepire e, con il suo sempre meno accessibile linguaggio matematico, ci apre orizzonti cosmologici che un tempo erano di pertinenza di una semantica filosofica, metafisica, mitica e religiosa; l'elettronica ha cambiato radicalmente il nostro modo di interagire e comunicare e dunque di sentirci in relazione; la biotecnologia mostra di poter produrre a partire dall'unità di base del codice genetico, funzionalità che modificano radicalmente le concezioni di esistenza individuale e sociale, la nostra stessa psicologia, il nostro modo di curare; l'economia, anche e soprattutto nelle sue forme più astratte, è ormai diventata l'unico orizzonte di riferimento politico, regolatrice, nelle pretese funzionali del pensiero che calcola, dei destini di sopravvivenza di intere popolazioni.
In questo contesto noi ci troviamo, da esso siamo espressi e l'umanità non può permettersi che tutto questo poter fare sia affidato a semplici operatori sia pure di grande competenza che solo si preoccupano di rispettare meccanicisticamente le corrette procedure di controllo e verifica; occorre oggi più che mai recuperare, per quanto possibile, il significato e la dimensione etica di ciò che si è giunti a poter fare. Occorre poterci riflettere insieme.
Certo, il discorso tecnico scientifico, proprio per il grande rigore che ne ha determinato il successo e la potenza, pare prestarsi poco alle speculazioni interpretative di chi non lo ha appreso e a lungo praticato da specialista; in un forum aperto a tutti rischia di disperdersi nella confusione di futili polemiche, ma è un rischio che credo sia importante accettare, poiché in questo momento questo discorso ci riguarda tutti e non è il caso di demandare all'esperto le risposte, dato che non c'è nessuno così esperto da poterle fornire anche se tanti, come sempre, pretendono di avere la capacità di dettare le proprie chiare e indubitabili visioni prospettiche, dimenticando di essere essi stessi espressione di quel medesimo fluire che vogliono definire.
Dopotutto il mondo tecnologico, che in esso ci ritroviamo o meno, lo viviamo ormai da tempo nella nostra esperienza quotidiana. Il mezzo tecnologico che usiamo come una sorta di bacchetta magica, senza averne alcuna effettiva competenza o cognizione (non essendo queste determinanti per l'uso), ci condiziona nel modo di essere più di quanto sospettiamo e forse si tratta allora di partire proprio dalla nostra esperienza quotidiana per recuperare un senso in perenne mutamento, per riuscire a coesistere con questo mutamento senza sentirci da esso rigettati.
La tecnica è da sempre nell'essenza fenomenologica umana, è fatta dei mezzi che usiamo, dei lavori e delle aspettative che essi dispiegano e anche delle facilitanti prospettive di potenza con cui ci illudono. Per questo ogni tecnologia ha pretese sull'uomo e cambia l'uomo, determina la sua scienza, la sua coscienza e il suo modo di essere senza che questi nemmeno se ne accorga, forse è dal tenerne conto che si può qui cominciare la riflessione.
Sono molti gli argomenti che possono accompagnarsi alla scienza e tecnologia.
Una determinata storia che ci viene insegnata è caratterizzata dalla tecnologia, l'età del ferro, de l bronzo soprattutto che
porta con sè i segni delle civiltà conosciute.
Scienza e tecnologia sono potere poichè si detiene l'informazione della conoscenza del fare.
La sua acquisizione storicamente come importanza determinante è legata al potere, perchè equivale alla forza economica e militare.
E' più potente della filosofia perchè in un mondo che ha una visione materiale riveste importanza nella prassi.
E' legata al fenomenico, in un tempo storico lontano quindi era il sensibile, inteso come percezione dei sensi, poi agli strumenti umani e alle metodiche, infine è ridiventata "metafisica" (oserei dire meta-metafisica) nel momento in cui i sensi umani non erano più in grado di verificare il fenomeno fino a diventare contro-intuitiva con le teorie della relatività e dei quanti.
Noi vediamo, percepiamo solo una parte dello spettro elettromagnetico, ora siamo oltre, siamo al microscopico della bioingegneria e siamo macroscopico dell'astrofisica.
Nella quotidianità ci ha mutato il modo di vivere, pensiamo solo all'energia elettrica, a come le strade e le case fossero illuminate prima del suo avvento.Prima era la natura a dettare i tempi del cilco della vita quotidiana, del buio e della luce l'artificialità ha mutato totalmente i tempi economici del produrre e con esso i modelli di vita.
Oggi io vedo addirittura mutata nella quotidianità il tempo e lo spazio; si accorciano i tempi fino a stressarli ,oggi tutto è velocità, e lo spazio sono i luoghi che si sono avvicinati.
Quindi sì, la scienza, la tecnologia e la tecnica ci hanno mutato e si sta compiendo in modo così veloce ed esponenzialmente che una generazione si sente obsoleta, sorpassata tecnologicamente se non si forma e informa continuamente.
Molto ci è stato dato da tutto questo, ma molto ci ha preso.
secondo me non possono esserci mezze misure o compromessi di nessun genere la tecnologia andrebbe eliminata completamente altrimenti sarà lei ad eliminarci (e questo credo sia sempre più palese che lo stia già facendo)
in questo senso la mia e' una posizione estrema al riguardo ma diversamente quali sarebbero le possibili alternative?
ad esempio,sento dire sempre più spesso (a mio giudizio più come una sorta di auto convincimento) che non e' la tecnologia in se a provocare certi effetti ma soltanto l'uso che se ne fa..ma davvero basterebbe soltanto questo per rimettere a posto le cose? e non sarebbe piuttosto l'assunto di partenza ad essere completamente sbagliato e che la tecnologia in se stessa possa essere davvero neutrale?
sembra pure che siamo immersi in un processo che sembra inarrestabile,ma e' ovvio secondo me,che lo diventerà inevitabilmente per le sue stesse ragioni intrinseche.
a parte l'evidenza del fatto che la tecnologia tende ad inglobare tutto e a sostituire ogni significato fine a se stesso ma se proviamo anche solo ad immaginare che un giorno quando saranno esaurite tutte le risorse energetiche di cui mi sembra non puo farne a meno,si dovra per forza maggiore tornare ad uno stile di vita che ne escluderebbe la sua stessa esistenza.
a meno che non si creda alla bufala delle energie rinnovabili,salvo poi come spiegare (ad esempio) che per costruire pannelli solari o eolici servirebbe un indotto altrettanto tecnologico..
(e che se andiamo a vedere meglio anche questo e' il risultato di un antropocentrismo radicato,che pone la natura come fattore subordinato all'uomo,quando e' vero esattamente il contrario)
allora sarà la tecnica che tornerà ad avere la funzione che ha da sempre avuto prima che questa si trasformasse in tecnologia (da tecnica come essenza qualitativa umana a tecnologia quantitativa,puramente meccanica e non più umana)
mi e' capitato di leggere un articolo in cui si raccontava di un esperienza vissuta da due ragazzi;
Aledin ha raccontato la storia di un ragazzo e una ragazza che partono per una gita tanto attesa e affidano tutte le loro informazioni (mappe, orari, rifugi, tracce di animali e altro ancora) a un iPhone. A loro, dice, sembra naturale. Non fosse che, d'improvviso, quando i due si trovano in un luogo che non conoscono, il marchingegno, ovviamente senza avvisare, va in black-out lasciandoli senza alcun aiuto e costringendoli a doversela cavare da soli e ritrovare la strada grazie al "rumore di un ruscello".
Il problema credo sia nella mitizzazione del fenomeno tecnico-scientifico cui stiamo assistendo. La filosofia nacque proprio per demitizzare l'antica cultura greca con la forza del logos. In questo caso il discorso è più difficile (cito Reale), in quanto il mito della tecnica è figlio di quello stesso logos che rappresenta lo spirito demitizzante filosofico. Non è tanto importante quanto la scienza progredisca ma piuttosto l'idea che essa sia il fine ultimo dell'umanità. La scienza messa al centro della nostra vita diventa un meccanismo che si autoalimenta e nel quale il ruolo dell'uomo aspira ad essere sempre più marginale. Dovremmo domandarci perché stiamo permettendo questo, cosa ci spinge a mettere la tecnica al centro del nostro mondo al posto dell'uomo. Gli antichi greci disprezzavano la tecnica a scapito dell'attività speculativa disinteressata. A forza di inseguire l'utile abbiamo disimparato a ragionare per il puro piacere di ragionare. Il mito dell'utile, incarnato alla perfezione dalla scienza e dalla tecnica, si è impossessato del nostro inconscio e ci guida sempre di più. Demitizzarlo dovrebbe essere la nuova sfida della filosofia.
Possiamo intendere la tecnica, come nel mito che Platone fa raccontare a Protagora, una sorta di protesi indispensabile all'uomo che lo potenzia e gli consente di vivere rimuovendo quegli impedimenti che si presentano alla sua natura incompleta. Oppure possiamo intenderla come definente essa stessa la natura umana: attraverso le tecnologie che usa l'uomo continuamente definisce il suo significato nel lavoro che svolge e sono le prassi del fare che determinano i suoi fini, i suoi progetti, la sua stessa scienza. In questo senso le tecnologie assumono un vero e proprio valore ontologico sull'uomo: la lavorazione della pietra, del bronzo e del ferro e gli strumenti utilizzati per lavorarli determinano l'uomo della pietra, del bronzo e del ferro, l'orizzonte in cui potersi concepire, misurarsi e pensare; proprio come l'invenzione della stampa, della macchina a vapore, dell'elettricità, fino ad arrivare ai computer, ai linguaggi informatici, alle biotecnologie. Quello che siamo è dato da quello che facciamo per come lo facciamo e in questo senso ciò che era concepito come artificiale appare in realtà del tutto naturale, poiché è esso stesso a conferirci la nostra natura e l'esplorazione tecnologica diventa esplorazione indiretta della nostra stessa natura.
Non possiamo quindi abbandonare le tecnologie, come non potremmo abbandonare la nostra natura, ma interrogarle nei loro significati specifici per tentare di capire in che cosa questa natura, pur venendo a determinarci, ci aliena, ci impedisce di riconoscerci.
Io penso che questa alienazione stia oggi nella produttività e conseguente consumo che le nuove tecnologie impongono a ritmi sempre più rapidi. Questa richiesta inderogabile di produttività annulla la dimensione temporale, la sola in cui l'essere umano può trovare dimora incontrando se stesso, nel darsi e nel riconoscersi un tempo per ricordare. Ma riconosco anche che questa cancellazione del tempo tra il prodotto e il consumato, questa riduzione all'attimo è un'esigenza imprescindibile delle nuove tecnologie (internet ad esempio che apre la possibilità di una informazione di massa già pronta per il suo rapidissimo consumo con la prospettiva di un immediato godimento) in cui l'uomo, da esse definito, non può che sentirsi inadeguato, costretto a quel godimento istantaneo di ciò che gli è dato che mai davvero lo soddisfa, anzi gli ripropone sempre la mancanza.
Forse siamo di fronte a una trasformazione epocale che può portare a un definitivo superamento dell'essere umano, tale da travolgerlo definitivamente. Questa sezione non dovrebbe a mio avviso esprimere allora un semplice e contraddittorio rifiuto tecnologico, né un'esaltazione di quanto le tecnologie vengono a proporci con tutta la potenza che mostrano di realizzare, ma una sorta di riflessione sul loro significare l'uomo, un rallentamento rispetto all'esigenza di azzeramento di quella dimensione temporale in cui possiamo trovare senso. Si tratta di tentare di esplorarle per vedere se in esse stesse sussiste questa possibilità.
E' una proposta, che andrebbe meglio definita o controbattutta su cui invito a discutere.
Citazione di: cvc il 08 Maggio 2016, 08:45:09 AM
Il problema credo sia nella mitizzazione del fenomeno tecnico-scientifico cui stiamo assistendo. La filosofia nacque proprio per demitizzare l'antica cultura greca con la forza del logos. In questo caso il discorso è più difficile (cito Reale), in quanto il mito della tecnica è figlio di quello stesso logos che rappresenta lo spirito demitizzante filosofico. Non è tanto importante quanto la scienza progredisca ma piuttosto l'idea che essa sia il fine ultimo dell'umanità. La scienza messa al centro della nostra vita diventa un meccanismo che si autoalimenta e nel quale il ruolo dell'uomo aspira ad essere sempre più marginale. Dovremmo domandarci perché stiamo permettendo questo, cosa ci spinge a mettere la tecnica al centro del nostro mondo al posto dell'uomo. Gli antichi greci disprezzavano la tecnica a scapito dell'attività speculativa disinteressata. A forza di inseguire l'utile abbiamo disimparato a ragionare per il puro piacere di ragionare. Il mito dell'utile, incarnato alla perfezione dalla scienza e dalla tecnica, si è impossessato del nostro inconscio e ci guida sempre di più. Demitizzarlo dovrebbe essere la nuova sfida della filosofia.
La tecnica sta sostituendo le forme di rimedio tradizionali. Il terrore dell'ignoto del futuro umano (di ogni uomo ma anche dell'umanità) viene mitigato oggi meglio e più convintamente dalla scienza (medicina, tecnologia) che non dalla religione. L'uomo intravede la possibilità di vincere la vecchiaia e la morte grazie al potente sviluppo del controllo degli accadimenti basato sui modelli positivi della scienza. Le mitologie su ciò che avverrebbe dopo la morte (rinascita, giorno del giudizio, nuova vita) vengono piano piano sostituite dall'idea che la vita possa proseguire per molti e molti anni, magari sostituendo parti del corpo. Si intravede l'idea che in un futuro non lontano si possa comprendere e invertire il processo di invecchiamento delle cellule. Si insinua persino l'idea che si possa, in qualche futuro a venire, 'salvare' la nostra mente sul silicio.
@HollyFabius
Il rimedio per il male dello spirito può essere solo nello spirito e non nella materia. Ogni tanto si sente di qualche scienziato che ha fatto progressi nella ricerca delle pillole della felicità. Per quando l'umanità sarà diventata un ammasso di ebeti sorridenti spero di essere già morto da un pezzo.
Potrebbe però anche essere che il male dello spirito consistesse in un modo errato di partecipare al significare della materia. Dopotutto cosa sono materia e spirito?
Citazione di: maral il 09 Maggio 2016, 14:37:52 PM
Potrebbe però anche essere che il male dello spirito consistesse in un modo errato di partecipare al significare della materia. Dopotutto cosa sono materia e spirito?
Infatti uno studio di Pierre Hadot su Marco Aurelio ha mostrato come per quest'ultimo la fisica fosse un esercizio spirituale, un purificare la percezione dai pregiudizi considerando le cose da un punto di vista prettamente materiale. "I cibi sono animali morti, il coito è sfregamento di pelle e un po' di muco..." Ma resta il fatto che tale esercizio è svolto in funzione del riconoscimento dell'anima. L'attuale scienza pare invece tentare di dedurre il mentale dal corporeo, ridurre l'anima ad una propaggine della materia. Un modo errato di partecipare al significare della materia può essere corretto solo a partire dal punto di vista della psiche. Se uno argomenta male gli consigliamo di studiare la retorica o il funzionamento dei neuroni?
Materia e spirito sono concetti che servono per distinguere diversi punti di vista sulla realtà.
Citazione di: cvc il 09 Maggio 2016, 11:28:32 AM
@HollyFabius
Il rimedio per il male dello spirito può essere solo nello spirito e non nella materia. Ogni tanto si sente di qualche scienziato che ha fatto progressi nella ricerca delle pillole della felicità. Per quando l'umanità sarà diventata un ammasso di ebeti sorridenti spero di essere già morto da un pezzo.
Il "mondo della tecnica" non è materia ma è ideologia. Esso stesso è mitologia, la mitologia, sottostante all'idea che si possa razionalizzare e controllare il divenire. Non ho parlato di male bensì di terrore dell'ignoto, cosa estremamente diversa.
Dalla notte dei tempi l'uomo guarda gli accadimenti e si chiede come controllare ciò che lo circonda, le inondazioni, le tempeste, i terremoti, gli animali feroci, le malattie, il dolore fisico, la morte.
I rimedi tradizionali hanno proposto forme mitizzanti la realtà per cercare di farsi amiche le forze oscure. Si è passati dalla venerazione dei vari dei, alle forme complesse di mitologia religiosa basate su rinascite, su vita dopo la morte.
Via via sono state abbandonate forme di adulazione della realtà incapaci di modificarla e renderla amica.
La mitologia della scienza oggi è la forma più potente di trasformazione della realtà, è la forma più forte di controllo e previsione degli accadimenti e piano piano sostituisce le forme tradizionali mitologiche che mostrano sempre più chiaramente la loro minore forza di trasformazione, previsione e controllo della nostra realtà.
Questo non significa che le promesse del "mondo della tecnica" siano vere, che gli obiettivi vagheggiati raggiungibili, significa soltanto che l'apparato fondato sugli stregoni della scienza è più potente dell'apparato fondato sugli stregoni delle varie religioni.
Sempre meno persone sono disposte a credere che esista una vita dopo la morte, o che esista un reincarnazione che offra la possibilità di vivere nuovamente, sempre più persone sono disposte a credere che la scienza riuscirà ad aumentare indiscriminatamente la lunghezza della vita, a vincere le forze avverse della natura sottoponendola a pieno controllo.
Questa è una evidente illusione, ma è una illusione che sempre più condiziona le società moderne.
Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 13:53:17 PMIl "mondo della tecnica" non è materia ma è ideologia. Esso stesso è mitologia, [...] La mitologia della scienza oggi è la forma più potente di trasformazione della realtà, è la forma più forte di controllo e previsione degli accadimenti
Se è una mitologia, è una mitologia decisamente
performativa, tangente il reale (e tangibile), che non solo condiziona l'interpretazione del mondo, ma modifica e
produce realtà (quale altra mitologia può farlo?). Produce strumenti operativi oltre che idee, ad esempio
ristruttura il corpo umano (baluardo della materialità indubitabile) con la medicina applicata (protesi, operazioni, etc.), oltre che spiegarlo (neuroscienze e affini...).
Direi che il mondo della tecnica
è materia (solo il suo lato della ricerca può essere semmai
anche "mitologia"), e se la tecnologia si è estesa fino a "sfumarsi" nel virtuale, va ricordato che questo ha comunque una imprescindibile radice materiale: internet è fatto di antenne, database, cavi, etc. tutta materia (talvolta ci dimentichiamo che la scienza non è solo la fisica quantistca, con le sue ipotesi di corpi che viaggiano alla velocità della luce e lo spazio-tempo...)
Citazione di: maral il 09 Maggio 2016, 14:37:52 PMPotrebbe però anche essere che il male dello spirito consistesse in un modo errato di partecipare al significare della materia
Più che in modo "errato" (che suona come un impegnativo giudizio di valore) direi in modo "
maldestro", per cui "ci si fa male" (e il riflessivo è eloquente...).
Psicologia e buddismo hanno (di)mostrato che spesso il fantomatico malessere spirituale ha profonde radici nella materia, non è un virus che attacca lo spirito (e qui ci sarebbe da chiedersi cosa si intende, oggi, per "spirito"...).
Citazione di: Phil il 06 Giugno 2016, 15:11:54 PM
Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 13:53:17 PMIl "mondo della tecnica" non è materia ma è ideologia. Esso stesso è mitologia, [...] La mitologia della scienza oggi è la forma più potente di trasformazione della realtà, è la forma più forte di controllo e previsione degli accadimenti
Se è una mitologia, è una mitologia decisamente performativa, tangente il reale (e tangibile), che non solo condiziona l'interpretazione del mondo, ma modifica e produce realtà (quale altra mitologia può farlo?). Produce strumenti operativi oltre che idee, ad esempio ristruttura il corpo umano (baluardo della materialità indubitabile) con la medicina applicata (protesi, operazioni, etc.), oltre che spiegarlo (neuroscienze e affini...).
E' mitologia quando 'promette' il superamento di tutte le malattie, l'incremento indefinito della lunghezza della vita, in pratica l'immortalità. E' ideologia quando crea un paradigma di creazione dell'universo basato su una esplosione iniziale (il big bang). La sua potenza di trasformazione è la maggiore oggi creata dall'uomo, questo non deve far dimenticare il suo forte idealismo, o no?
Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 16:36:32 PME' mitologia quando 'promette' il superamento di tutte le malattie, l'incremento indefinito della lunghezza della vita, in pratica l'immortalità
Non sono sicuro che la scienza, o meglio, gli scienziati contemporanei abbiano mai davvero fatto
seriamente promesse così audaci e quasi propagandistiche... non so se è solo la "caricatura della scienza" o un suo "programma asintotico", ma la ricerca scientifica, per quel che ne so, procede in realtà su problemi
concreti e parziali (ad esempio, curare
quella malattia...). Forse siamo noi "profani" (ma qui non voglio parlare anche per te!) a renderla idealista più di quanto essa, in pratica, nel suo agire, si dimostri...
Citazione di: HollyFabius il 06 Giugno 2016, 16:36:32 PME' ideologia quando crea un paradigma di creazione dell'universo basato su una esplosione iniziale (il big bang). La sua potenza di trasformazione è la maggiore oggi creata dall'uomo, questo non deve far dimenticare il suo forte idealismo, o no?
Il
big bang è un'"ipotesi di lavoro" (credo si chiami così in gergo) per la scienza, non un dogma o un assunto di principio su cui basare implicazioni, e il paradigma che ne consegue è continuo oggetto di ricerche per valutarne la
plausibilità. Direi che più che "idealista", la scienza contemporanea è "possibilista": non si basa su ideali forti, ma su ipotesi possibili e da indagare epistemologicamente... tuttavia, se per "idealista" intendi, riduttivamente, "teorica", allora, almeno una parte di essa lo è sicuramente (ad esempio l'omonima "fisica teorica").
Citazione di: Phil il 06 Giugno 2016, 19:41:00 PM
Non sono sicuro che la scienza, o meglio, gli scienziati contemporanei abbiano mai davvero fatto seriamente promesse così audaci e quasi propagandistiche... non so se è solo la "caricatura della scienza" o un suo "programma asintotico", ma la ricerca scientifica, per quel che ne so, procede in realtà su problemi concreti e parziali (ad esempio, curare quella malattia...). Forse siamo noi "profani" (ma qui non voglio parlare anche per te!) a renderla idealista più di quanto essa, in pratica, nel suo agire, si dimostri...
Le biotecnologie sembrano giè promettere molto: le cellule staminali ad esempio, in virtù della loro totipotenza, possono sanare malattie degenerative che si credevano irreversibili che colpiscono i tessuti cerebrali (Alzheimer, Parkinson), ed è proprio di questi giorni il caso di pazienti dalle funzioni motorie compromesse da ictus che le hanno potute recuperare grazie all'uso di cellule staminali iniettate attraverso l'orecchio.
Persino la vita eterna non è più un problema in linea di principio, se si identifica l'individuo con il suo codice genetico. Il codice genetico si può rendere eterno.
I miracoli, un tempo eventi eccezionali oggetto di fede, stanno ormai diventando normale questione di bio ingegneria.
CitazioneIl big bang è un'"ipotesi di lavoro" (credo si chiami così in gergo) per la scienza, non un dogma o un assunto di principio su cui basare implicazioni, e il paradigma che ne consegue è continuo oggetto di ricerche per valutarne la plausibilità. Direi che più che "idealista", la scienza contemporanea è "possibilista": non si basa su ideali forti, ma su ipotesi possibili e da indagare epistemologicamente... tuttavia, se per "idealista" intendi, riduttivamente, "teorica", allora, almeno una parte di essa lo è sicuramente (ad esempio l'omonima "fisica teorica").
Certamente il Big Bang non è un dogma (la scienza non ha dogmi, al massimo dogmatici metodi di oggettivazione e verifica), ma è da tempo che non è più, a quanto mi risulta, una semplice ipotesi di lavoro.
Citazione di: maral il 07 Giugno 2016, 00:05:40 AMI miracoli, un tempo eventi eccezionali oggetto di fede, stanno ormai diventando normale questione di bio ingegneria.
Sono il tipo di esempi a cui alludevo quando ricordavo che la scienza non fa "
promesse idealistiche", ma ipotizza, sperimenta ed "esegue" (opera con la materia...).
Citazione di: maral il 07 Giugno 2016, 00:05:40 AMCertamente il Big Bang non è un dogma (la scienza non ha dogmi, al massimo dogmatici metodi di oggettivazione e verifica), ma è da tempo che non è più, a quanto mi risulta, una semplice ipotesi di lavoro.
Vado a memoria (solitamente pessima!), ma alcuni astronomi dell'antica Grecia, postulando orbite planetarie con deferenti ed epicicli, supponendo la terra immobile, riuscivano a predire eclissi con precisione elevata (pur essendo la loro spiegazione basata su una descrizione non corrispondente alla realtà...). Quindi, anche se un modello esplicativo "funziona", non è detto che sia in realtà più di un'ipotesi di lavoro (dico in generale, nella fattispecie del
big bang sinceramente non lo so...).
P.s. Da premesse false possono derivare conclusioni vere, è l'ironia del destino (e della logica).
Citazione di: Phil il 06 Giugno 2016, 19:41:00 PM
Non sono sicuro che la scienza, o meglio, gli scienziati contemporanei abbiano mai davvero fatto seriamente promesse così audaci e quasi propagandistiche... non so se è solo la "caricatura della scienza" o un suo "programma asintotico", ma la ricerca scientifica, per quel che ne so, procede in realtà su problemi concreti e parziali (ad esempio, curare quella malattia...). Forse siamo noi "profani" (ma qui non voglio parlare anche per te!) a renderla idealista più di quanto essa, in pratica, nel suo agire, si dimostri...
La forza della scienza non si basa solo sulle dichiarazioni scientifiche accademiche e regolate dai formalismi di principio. Tutto ciò è solo il nucleo della tradizione scientifica. La forza della scienza è però nella diffusione sempre più ampia del paradigma in formazione legato alla forza del controllo della natura possibile in prospettiva dall'approccio scientifico. Questa forza viene percepita dai più attraverso dinamiche disparate, legate quasi a processi di affermazione irrazionale, umorali, psicologici, assorbiti in un processo quasi fideistico.
La letteratura, il cinema, il sentire popolare parlano di un mondo trasformato, dove sono possibili viaggi interstellari, dove il viaggiare nel tempo è una possibilità, dove l'innesco di arti artificiali può diventare totale e rendere un corpo esente dal logorio della vecchiaia. Tutto ciò non viene affermato dalla scienza che con attenzione separa la scienza dalla fantascienza, dalla pseudo-scienza, dalla para-scienza. Ma queste mitologie crescono sotto alla pelle delle persone che vedono trasformarsi il mondo sempre più velocemente e che vedono la tecnologia dominare la realtà con sempre maggiore successo. E' chiaramente in atto un processo di formazione di nuove forme di mitologia.
Le riviste scientifiche di divulgazione di massa sono piene di ipotesi campate in aria su temi fantascientifici, i docenti universitari si trovano a discutere di viaggi nel tempo, di mondi paralleli, di salti nell'iperspazio sfruttando nuove forme di energia iperluminari, insieme alle più pertinenti tematiche affrontate dalle loro discipline.
Citazione di: Phil il 06 Giugno 2016, 19:41:00 PM
Il big bang è un'"ipotesi di lavoro" (credo si chiami così in gergo) per la scienza, non un dogma o un assunto di principio su cui basare implicazioni, e il paradigma che ne consegue è continuo oggetto di ricerche per valutarne la plausibilità. Direi che più che "idealista", la scienza contemporanea è "possibilista": non si basa su ideali forti, ma su ipotesi possibili e da indagare epistemologicamente... tuttavia, se per "idealista" intendi, riduttivamente, "teorica", allora, almeno una parte di essa lo è sicuramente (ad esempio l'omonima "fisica teorica").
Il punto è che questa ipotesi di lavoro è accettabile anche dalle religioni tradizionali occidentali perché non affronta il tema del prima dell'inizio ma è compatibile con l'idea fondante delle loro mitologie. Chiediamoci se esistono delle alternative razionali ma che non vengono neppure poste come "ipotesi di lavoro". Io credo ne esistano ma che non possano trovare spazio adeguato per il loro scarso collegamento con le mitologie tradizionali.
Il punto è che la scienza contemporanea è certamente "possibilista" ma gli uomini e le istituzioni che la rappresentano sono ancorati e legati mani e piedi ad interessi a volte neppure percepiti come tali.
Citazione di: HollyFabius il 07 Giugno 2016, 10:50:58 AMQuesta forza viene percepita dai più attraverso dinamiche disparate, legate quasi a processi di affermazione irrazionale, umorali, psicologici, assorbiti in un processo quasi fideistico. La letteratura, il cinema, il sentire popolare parlano di un mondo trasformato [...] Ma queste mitologie crescono sotto alla pelle delle persone che vedono trasformarsi il mondo sempre più velocemente e che vedono la tecnologia dominare la realtà con sempre maggiore successo. E' chiaramente in atto un processo di formazione di nuove forme di mitologia
... tuttavia, va considerato che la caricatura hollywoodiana della scienza suggestiona e condiziona il versante dei profani, ma non ha nessun effetto di ritorno sull'operare scientifico e, in generale, su ciò che è davvero scienza. La mitologia della narrativa scientista non è scritta e divulgata dalla scienza, non è nemmeno parte della scienza, per cui quella mitologia va decisamente distinta dalla scienza autentica (a cui si ispira con tutte le sue "licenze poetiche"); ne è ulteriore prova che talvolta, come accennavi, tocca proprio allo scienziato ricordare che Star Trek non è una storia vera...
Concordo quindi con il fatto, innegabile, che tale mitologia esista, ma non la imputerei alla scienza definendola "idealista" o attribuendole una responsabilità "mitologica".
Citazione di: HollyFabius il 07 Giugno 2016, 10:50:58 AMIl punto è che questa ipotesi di lavoro è accettabile anche dalle religioni tradizionali occidentali perché non affronta il tema del prima dell'inizio ma è compatibile con l'idea fondante delle loro mitologie
Anche qui distinguerei il lato scientifico della questione da quello non scientifico: se le religioni cercano di "salire sul carro" della scienza, per assorbirne maggiore credibilità, ponendosi sempre a monte di ogni certezza ("il big bang c'è stato, ma lo ha innescato Odino"), non è una questione che la scienza debba minimamente considerare. La scienza non orienta le proprie indagini in modo da evitare attriti o scontri con la visione popolar-religiosa, non si nasconde dietro l'egida della mitologia, anzi... non ci dimentichiamo che la scienza è stata la disciplina che più ha minato le basi di ogni mitologia (se poi la mitologia corteggia la scienza per farsi bella con le masse, non bisogna concludere che sia la scienza a fare la dissoluta meretrice per imbonirsi l'opinione pubblica...).Citazione di: HollyFabius il 07 Giugno 2016, 10:50:58 AMIl punto è che la scienza contemporanea è certamente "possibilista" ma gli uomini e le istituzioni che la rappresentano sono ancorati e legati mani e piedi ad interessi a volte neppure percepiti come tali.
Forse interessi (inevitabilmente) economici, ma nulla a che fare con connivenze e ingerenze di matrice mitologica (se poi i ministri dei culti remano contro corrente, questo dimostra ulteriormente come la scienza sia in sé anti-mitologica...).
Il progresso tecnico e scientifico e' inarrestabile, ma una sana scienza non può autoreferenziarsi.
Io ritengo necessario combattere l'ignoranza e, con il supporto della scienza, approfondire il significato del nostro essere che sempre più ( da un punto di vista pratico) viene modificato dalle applicazioni tecnologiche, tutte positive se utilizzate con intelligenza.
Realtà e fantasia devono coesistere, ma non confondersi.
Diciamo che comunque la letteratura fantascientifica prepara il terreno per la scienza e a volte pure la ispira. Inoltre pone delle aspettative popolari verso il progresso scientifico.
Ciao Maral,
immaginavo che ti avrei ritrovato un giorno,
sono contento di vedere che hai aperto una bella sezione utile in cui discutere di scienza e tecnologia e per questo ti sono molto grato!
A risciverci ! Saluto
Citazione di: maral il 07 Maggio 2016, 17:13:28 PM
La fisica ci presenta ormai da tempo un mondo ben diverso da quello che umanamente possiamo percepire [............]
Certo, il discorso tecnico scientifico, proprio per il grande rigore che ne ha determinato il successo e la potenza, pare prestarsi poco alle speculazioni interpretative di chi non lo ha appreso e a lungo praticato da specialista; in un forum aperto a tutti rischia di disperdersi nella confusione di futili polemiche, ma è un rischio che credo sia importante accettare, poiché in questo momento questo discorso ci riguarda tutti e non è il caso di demandare all'esperto le risposte, dato che non c'è nessuno così esperto da poterle fornire anche se tanti, come sempre, pretendono di avere la capacità di dettare le proprie chiare e indubitabili visioni prospettiche, dimenticando di essere essi stessi espressione di quel medesimo fluire che vogliono definire.
Io credo si possa dividere le posizioni il due parti parallele. Chi segue il funzionamento e chi si chiede perchè funziona.
La tecnologia penso ci insegni che se funziona allora va benissimo. Gli uomini comuni, cioè io e parecchi altri, abbiamo infatti bisogno di cose che funzionano.
Non so a cosa sia dedicato questo forum. Penso, dalle tue parole, a chi invece si chieda perchè funzionino.
La mia esperienza mi dice che se non sei esperto puoi al limite costruire un percorso ridotto (una specie di bignami) per seguire il meccanismo di funzionamento.
Seguire il meccanismo (anche se succinto) è molto difficile se non sei esperto. Però alle volte potresti incappare in qualche strana situazione. Seguendo il funzionamento infatti potresti accorgerti che in realtà alcuni passaggi siano privi di meccanismi...però funzionano. Quindi anche se segui il meccanismo alla fine potresti doverti fermare all'evidenza che pur non essendoci altri meccanismi, tutto funziona. E' da qui che è nata l'idea, abbastanza orginale, secondo la quale la scienza in realtà non deve farsi troppe domande su come funziona la natura. Se dovessero mancare dei meccanismi, che spiegherebbero il perchè di un certo nemero di fenomeni, evidentemente (per questa fetta di scienza) la natura è fatta cosi e non come noi la immaginiamo. Alla fine il solo funzionamento conta. Diciamo che questa è l'idea "pragmatica" della scienza; probabilmente nata quando effettivamente la natura che si andava a studiare o era troppo complessa per essere inseguita dalla nostra voglia di inglobarla in forme meccanicistiche, o troppo semplice per cercare ancora meccanismi che la spiegassero.
Io sono d'accordo con te, dopo tutto se anche il percorso è difficile e non c'è mai l'esperto che può seguire le tue curiosità fino all'osso, vale la pena provarci. Provarci fino in fondo può portare a mettere a nudo la scienza. E chi è nudo qualche volta si vergogna alle volte si esalta.
Che goduria gli scambi tra Maral e Phil. Qualcuno ha rimesso in alto questa discussione che spero si sviluppi anche coi nuovi arrivati vista la ponderosità delle questioni sollevate da chi l'ha proposta e, malgrado la brevità, la consistenza dello sviluppo.
Purtroppo la mia speranza è andata delusa e scienza/tecnologia la trovi stiracchiata qua e là senza affrontare l'argomento frontalmente, almeno nella prospettiva epistemo-logica che è centrale nell'evoluzione del pensiero filosofico contemporaneo.
In questa pagina e mezza vi sono abbondanti stimoli per una discussione di spessore, adeguata alle velleità maieutiche del forum.
Conobbi Maral in un altro forum e il suo contributo, insieme alla defaillance dei suoi antagonisti, fu importante perché arrivassi alla comprensione della superstizione dominante che chiamai ateoscientismo. Del cui potere nefasto ho avuto conferma, al di là di ogni ragionevole dubbio, con la covidemia, agente a livelli esistenziali ben più profondi del consueto feticcio scientista economics.
Un altro feticcio, che ben si intreccia con lo scientismo meccanicistico, donandogli un'anima apparente, è la mathesis universalis, degradata a statistica nella infinita volgarità postmoderna. La questione nasce con Pitagora e viene propalata urbi et orbi dalle scuole platoniche ricorrenti nei secoli. La matematica non è nient'altro che il linguaggio con cui l'intelletto umano interpreta la natura e la rende funzionale ai suoi scopi. Mero, o meraviglioso, logos. Senza secondi fini e mondi dietro il mondo.
Ciao Ipazia.
La statistica non è un degrado della matematica, ma è la matematica in una delle sue tante forme, che in un modo ancora tutto da sondare filosoficamente, si applicano alla realtà.
In effetti non esistono la statistica, la geometria, l'aritmetica in sé, se non come le diverse forme in cui suddividiamo convenzionalmente l'arte di combinare sequenze di simboli, cioè il logos, nella sua essenzialità.
Comprensibile che possano esistere preferenze pregiudiziali fra una forma e l'altra di una materia, che però ha dimostrato nel corso della sua storia di saper espellere sempre più da se' il pregiudizio, banalizzandosi, distinguendosi progressivamente in quanto potenziale applicazione, da ciò a cui viene applicata, dando così l'errata impressione di perdere ogni significato, ma dispiegando invece così meglio tutte le sue potenzialità. Non si è in questo modo lavata le mani dalla realtà, ma ha reclamato l'uso della coscienza, al netto dei pregiudizi, nel suo applicarsi.
Immagino che la maggioranza provi più simpatia per la geometria, che si può ''vedere'', e in subordine per l'aritmetica, essendo che i numeri rientrano ancora in parte dentro la sfera della percezione, e che via via, nel prendere le sue diverse forme che sempre più si allontanano dalla percezione questa simpatia vada a sparire.
Ma questa è la strada obbligata per rimettere le mani in pasta , come sempre si è fatto, con miglior cognizione di causa.
E' secondo me propriamente la lunga storia della matematica l'esemplificazione del come si disfa e di come si forma e si riforma la percezione.
In questa trasformazione della percezione dunque noi stessi ci trasformiamo, riguardandoci come alieni a noi stessi in quella fase.
Ma Maral mi pare ci inviti a considerare che quegli alieni siamo sempre noi in diversa forma.
La statistica è la parte puttanesca della matematica, la più fragile nei confronti delle avances della politica più immonda.
Stalin disse: "un morto in casa è una tragedia, un milione di morti un fatto statistico". Dopo Trilussa, aveva capito tutto della statistica. La covidemia è andata a nozze con questo uso della statistica.
Citazione di: Phil il 06 Giugno 2016, 19:41:00 PMNon sono sicuro che la scienza, o meglio, gli scienziati contemporanei abbiano mai davvero fatto seriamente promesse così audaci e quasi propagandistiche... non so se è solo la "caricatura della scienza" o un suo "programma asintotico", ma la ricerca scientifica, per quel che ne so, procede in realtà su problemi concreti e parziali (ad esempio, curare quella malattia...). Forse siamo noi "profani" (ma qui non voglio parlare anche per te!) a renderla idealista più di quanto essa, in pratica, nel suo agire, si dimostri...
Mai dire mai: la covidemia ha mostrato quanto breve sia il passaggio dall'episteme alle promesse sponsorizzate dai "vili affari".
Idealista la scienza non è mai stata, ma nemmeno così puttana.