Ieri sera, sul TG3, ho visto un servizio che mi ha scioccato profondamente. C'era uno scienziato (scienziato?) che esponeva i risultati della sua ricerca (ancora in corso).
Ha applicato elettrodi e ogni sorta di marchingegno per analizzare le emozioni di consumatori che facevano acquisti dentro vari supermercati. Ha rilevato, per esempio, che nel reparto ortofrutta ci sono i maggiori problemi (stati d'animo negativi). E che, se si mette la foto del contadino sulla confezione, anche se il consumatore non la vede, le vendite triplicano.
Insomma in buona sostanza ha monitorato, su diversi campioni umani, le emozioni provate nei vari reparti e nei diversi acquisti di prodotti. Naturalmente il fine è quello di "dirigere" nel senso di stimolare gli acquisti. Quindi se rileverà che i clienti acquistano in presenza di tre scimmie che ballano il supermarket impianterà tre scimmie che ballano.
Quello che mi ha sconvolto non è l'assurgere del "CONSUMO" a idolo massimo di questa civiltà (cosa già avvenuta da diverso tempo) e nemmeno vedere come la ricerca scientifica si prostituisca così vergognosamente al modello marcio di questo mondo.
Quello che mi ha sconvolto, dicevo, è che purtroppo, essendo io dotato di un briciolo di immaginazione, ho visto, come in un lampo, il supermercato del futuro: poveri cadaveri ambulanti che, completamente lobotomizzati, vengono diretti, attraverso sapienti stimoli sensoriali, ad acquistare i prodotti decisi dalla Grande Distribuzione.
L'ho visto, solo per un attimo, ma l'ho visto. E ne ho avuto paura e ribrezzo allo stesso tempo.
Caro Freedom, c'è un libro scritto da Vance Packard intitolato "I persuasori occulti" che parla precisamente di questo tema. Ma la cosa più sconvolgente è che è stato scritto negli anni 50! Lo scopo dei persuasori (imbonitori vengono chiamati nel testo) è quello di scatenare l'acquisto compulsivo. Il supermercato (io ci lavoro fra l'altro) è come una sorta di ipnotista che quando entri cerca di metterti in un ambiente rilassante, così che tu possa indebolire le tue inibizioni, poi arriva l'impulso forte come un colore vivo di una confezione o l'annuncio roboante di un'offerta a darti il colpo di grazia (al portafoglio).
Pensa che hanno addirittura studiato che la gente che mangia gli assaggini che vengono offerti poi alla fine spende di più.
E' evidente che in un contesto in cui la funzione dell'individuo è fondamentalmente quella di smaltire quanto più rapidamente possibile il prodotto onde generare scarsità pur in condizioni di sovrapproduzione, compito primario della tecnologia non può che essere l'ottimizzazione continua di questo modo di funzionare. E questo determina una "psicologizzazione" tecnologica sempre più evidente, rivolta a ridurre il soggetto da essere vivente a unità consumatrice standard del tutto oggettivabile, dunque misurabile e perfettamente controllabile.
La visione degli zombie che si muovono nel cosiddetto "tempo libero" tra ipermercati e supermercati, eterodiretti nelle loro emozioni come cani di Pavlov appare certamente corretta, più difficile rendersi conto che quei "cani di Pavlov" siamo proprio noi, nel momento in cui perdiamo consapevolezza del continuo e portentoso sforzo tecnologico che ci condiziona continuamente, mentre rende questa condizione sempre più inavvertita e la situazione che determina quanto di più desiderabile e irrinunciabile.
Le feste natalizie, come tutte le feste ormai, sono diventate da tempo uno dei momenti di grande impegno tecnico in tale direzione, un'occasione quanto mai favorevole per l'impegno e lo sviluppo tecnologico.
Condizionare un proprio simile per ottenere un vantaggio personale è il secondo mestiere più antico del mondo (e anche il primo si basa in fondo sullo stesso principio ;D ), per cui la scienza e la tecnologia non fanno altro che contestualizzare nella loro cultura quello che un tempo erano soltanto retorica e abilità nel mercanteggiare...
Tuttavia non bisogna confondere l'influenzare il prossimo (e solitamente dall'"influenza" si può guarire ;) ) con una forma di "burattinaggio" coercitivo lobotomizzante. Pensiamo a quando ci prepariamo ad incontrare una donzella di cui vorremmo ottenere il consenso: ci "confezioniamo" con il miglior "packaging" a disposizione nel nostro guardaroba, prepariamo "slogan" e frasi ad effetto per attirare l' attenzione, "esponiamo" tutta la "convenienza" delle nostre peculiarità che ci differenziano dalla "concorrenza", scegliamo una "setting" in cui poter mettere in risalto la nostra qualità (neanche fossimo esperti di "visual merchandasing"), magari cerchiamo di offrire, se non la cena, almeno qualche "assaggio gratuito" di degustazione ( ;) ), eppure... non è certo che alla fine non si rimanga soli soletti sullo scaffale della propria speranza, con la nostra "avventrice" che non si avventa su di noi per metterci nel carrello della sua vita amorosa (in cui magari non siamo esattamente l'unico prodotto), ma invece ritrae la sua mano (anzichè concedercela) per poi indirizzarla altrove, verso altri "reparti"... insomma, "condizionare" non significa "ipnotizzare", e mi pare una lecita regola del gioco, sia in amore che al supermercato.
D'altronde, il fare la spesa è un'arte pratica che va imparata, proprio come il guidare la macchina, il cucinare, l'abbinare la camicia e il pantalone, etc. e per quanto si possa studiare una strategia di marketing per farci comprare qualcosa, è sempre possibile non comprarla semplicemente perchè non ci serve, non abbiamo abbastanza soldi, preferiamo un'altra marca... se poi la maggioranza cede a un bisogno indotto o a una moda, non dimentichiamoci comunque che finchè c'è gente che compra, c'è gente che può vivere grazie al commercio: se tutti comprassimo solo il minimo indispensabile, probabilmente la disoccupazione crescerebbe vertiginosamente... e se per vendere si ricorre alle conoscenze della tecnologia (tracciamento degli acquisti tramite cards), la psicologia del colore, studi di "targeting", o persino a "tre scimmiette che ballano" (cit.), in fondo è solo un modo più sofisticato ("evoluto" se volete) rispetto all'imperituro "avvicinatevi donne, è arrivato l'arrotino!" ;D
P.s. Dopo questa apologia del marketing, forse è bene precisare che non sono un commerciante, quindi non sto difendendo la mia causa :)
Citazione di: maral il 30 Novembre 2016, 12:31:09 PM
La visione degli zombie che si muovono nel cosiddetto "tempo libero" tra ipermercati e supermercati, eterodiretti nelle loro emozioni come cani di Pavlov appare certamente corretta, più difficile rendersi conto che quei "cani di Pavlov" siamo proprio noi, nel momento in cui perdiamo consapevolezza del continuo e portentoso sforzo tecnologico che ci condiziona continuamente, mentre rende questa condizione sempre più inavvertita e la situazione che determina quanto di più desiderabile e irrinunciabile.
Condivisibile.
Ricordo che nei lontani anni '70, quando a scuola (con una professoressa di una grandezza intellettuale ineguagliabile) discutevamo di queste problematiche io affermavo solennemente che su di me.......su di me la pubblicità sortiva un effetto pari a 0. E lei ribatteva che, probabilmente, anche i soggetti che ritenevano di sfuggire a quella sorta di lavaggio del cervello......ne erano vittima. Perché nessuno sfugge a quella perfetta e diabolica macchina.
Aveva ragione oh come aveva ragione.
E dunque oggi, nonostante a me sembri di provare una repulsione assoluta verso certe cose e di comportarmi di conseguenza, stracciando con profonda soddisfazione qualsiasi raccolta a punti, cestinando buoni sconto e rinunciando con perverso e masochistico godimento a qualsiasi offerta, anche la più vantaggiosa; dunque oggi dicevo, sono, verosimilmente, in qualche modo, vittima di questa orribile e disgustosa macchinazione.
Non so come e non so perché ma è del tutto ragionevole pensare che, mentre sorrido sardonico alla cassiera che mi domanda: "vuole i punti" rispondendole: "no grazie non faccio la raccolta", io stia lo stesso facendo qualcosa di utile al sistema.
E nemmeno è sufficiente argomentare che io sono uno che non compra praticamente nulla, solo quello che mi serve. E ti prego di credermi: a me serve pochissimo. Quasi niente. Tutto quello che ho lo utilizzo sino a fine corsa e ho poco, pochissimo. Dal punto di vista materiale sono un eremita urbano.
Eppure il sistema ha previsto anche me. E anch'io, inconsapevolmente, faccio gioco al perpetrarsi della grande produzione.
Abbiamo qualcosa in comune, il bisogno di poco... la differenza è che io partecipo consapevolmente (talora divertendomi) al perpetarsi della grande produzione... sin che dura, perché no..?
Freedom ha scritto:
CitazioneE dunque oggi, nonostante a me sembri di provare una repulsione assoluta verso certe cose e di comportarmi di conseguenza, stracciando con profonda soddisfazione qualsiasi raccolta a punti, cestinando buoni sconto e rinunciando con perverso e masochistico godimento a qualsiasi offerta, anche la più vantaggiosa; dunque oggi dicevo, sono, verosimilmente, in qualche modo, vittima di questa orribile e disgustosa macchinazione.
Il problema è antico. E' un problema spinoso e importante, ma non una buona ragione per assumere atteggiamenti paranoici. Ognuno di noi, per dissenziente che sia, deve venire a patti con una società modellata da una visione del mondo di stampo capitalistico (ma più genericamente egoico, di origini ben più antiche del capitalismo).
Detto questo, dovremmo anche renderci conto che capitalismo ed etica non vanno d'accordo, e neppure capitalismo e progresso sociale. Un sistema di idee che assume come valore prioritario la proprietà privata, che accetta il meschino interesse personale come motore principale dell'agire sociale, che ammette tranquillamente lo sfruttamento, che ha una visione positiva del profitto, non può che dare simili frutti. Ma il superamento di tutto questo implica una trasformazione radicale delle coscienze che per ora può essere considerato solo un obiettivo remoto, anche se non per questo meno importante ed attuale, nel senso che ce ne dobbiamo occupare qui e ora (piantando semi qua e là), se vogliamo in qualche modo contribuire ad uscire da questo pantano.
Citazione di: Donalduck il 30 Novembre 2016, 23:43:22 PM
Freedom ha scritto:
CitazioneE dunque oggi, nonostante a me sembri di provare una repulsione assoluta verso certe cose e di comportarmi di conseguenza, stracciando con profonda soddisfazione qualsiasi raccolta a punti, cestinando buoni sconto e rinunciando con perverso e masochistico godimento a qualsiasi offerta, anche la più vantaggiosa; dunque oggi dicevo, sono, verosimilmente, in qualche modo, vittima di questa orribile e disgustosa macchinazione.
Il problema è antico. E' un problema spinoso e importante, ma non una buona ragione per assumere atteggiamenti paranoici. Ognuno di noi, per dissenziente che sia, deve venire a patti con una società modellata da una visione del mondo di stampo capitalistico (ma più genericamente egoico, di origini ben più antiche del capitalismo).
Atteggiamenti paranoici? Oh no amico mio, comportamenti autenticamente liberatori! Ti invito caldissimamente a provare l'immenso godimento che deriva dal rinunciare, a sfregio, a tutta una serie di proposte che, al di là dell'apparente vantaggio economico, nascondono una solenne fregatura. Ed una delicata, ma robusta al tempo stesso, catena da mettersi intorno al collo.
Oh quale gioiosa sensazione rinunciare alle meravigliose tazzine da tè in regalo (regalo tzè!) in cambio di un miliardo di punti derivanti dalla raccolta di merendine del mulino bianco......quale senso di libertà pensare che la carta Conad/Coop/Esselunga/Auchan/etc. se la possono mettere dove sai.....
Più mille altre dolcissime sensazioni di libertà che non ti sto a dire per non rovinarti la sorpresa quando ti incamminerai su questa strada.......
OK, ho voluto fare un post scherzoso e, naturalmente, anch'io faccio i conti con questa civiltà poiché ci vivo. Ci vivo a tutto tondo: come cittadino, come padre, come figlio, come lavoratore, etc.
Voglio solo dire che la convenienza economica non è tutto. Uno un pelo più importante di me l'ha detto: "non di solo pane vive l'uomo."
Bisogna considerare l'influenza del mondo del marketing, non solo sul soggetto senziente e formato, ma anche sull'individuo nascente, che si sta formando ed ha bisogno di modelli di riferimento. Perché poi c'è anche da riflettere sulla potenza del mezzo mediatico attraverso cui il mondo del marketing veicola il suo messaggio. Potenza del mezzo che moltiplica l'effetto di influenza che il messaggio ha sulle individualità sui generis, e non solo su quelle già formate e scaltre che sono in ogni caso in grado di decidere consapevolmente e liberamente, e possono anche trovare divertente lo spettacolo del marketing. Ricordo di una professoressa che diceva di guardare la tv solo per vedere la pubblicità, tanto la trovava divertente. Però i soggetti acerbi, che hanno bisogno di modelli di riferimento, si trovano di fronte ad uno sdoppiamento della realtà. Da una parte la realtà nuda e cruda, difficile e spietata; dall'altra l'ovattato mondo del marketing, dove basta schioccare le dita come Fonzie per ottenere tutto ciò che si vuole. C'era una vecchia canzone di Califano che diceva di un genitore che preferiva non raccontare al figlio la favola di Pinocchio... Ora pare che padre e figlio siano entrambi nel mondo delle favole, dove c'è sempre qualcuno pronto a soddisfare i tuoi desideri. Basta accendere la tv o il pc o lo Smartphone. A parte che del resto, quando mai sono spenti? A volte mi chiedo cosa accadrebbe se avvenisse un lungo blackout generale. Tutto il nostro fantastico mondo virtuale sbigottito al chiar di luna.
@ Cvc
Basta accendere la tv o il pc o lo Smartphone. A parte che del resto, quando mai sono spenti? A volte mi chiedo cosa accadrebbe se avvenisse un lungo blackout generale. Tutto il nostro fantastico mondo virtuale sbigottito al chiar di luna.
Sarebbe fantastico! Magari una gigantesca tempesta solare che mandasse in tilt tutto il sistema satellitare e di telecomunicazioni; o un popolo alieno che , con perfidia, ci "staccasse la spina" , solo per farsi quattro risate, con improponibili bocche, a vederci correre come formiche impazzite, quando si rompe il formicaio...
Citazione di: Sariputra il 01 Dicembre 2016, 09:35:29 AM
@ Cvc
Basta accendere la tv o il pc o lo Smartphone. A parte che del resto, quando mai sono spenti? A volte mi chiedo cosa accadrebbe se avvenisse un lungo blackout generale. Tutto il nostro fantastico mondo virtuale sbigottito al chiar di luna.
Sarebbe fantastico! Magari una gigantesca tempesta solare che mandasse in tilt tutto il sistema satellitare e di telecomunicazioni; o un popolo alieno che , con perfidia, ci "staccasse la spina" , solo per farsi quattro risate, con improponibili bocche, a vederci correre come formiche impazzite, quando si rompe il formicaio...
Non è un idea peregrina, gestendo io un agriturismo in un luogo sperduto (senza connessione) ospito spesso persone che non hanno voglia di leggere tutte le righe\non pensano sia possibile e poi si trovano in trappola. La reazione segue le tipiche fasi del dramma personale, rifiuto, ribellione, accettazione etc. Il primo giorno è panico, l'ultimo giorno mi ringraziano, se non altro perchè han dormito meglio non avendo schermi da toccare fino a notte tarda, alcuni, anche per motivi più profondi. C'è oltretutto un trend crescente chiamato "detox" che significa proprio disintossicazione da tecnologia, e alcuni lo fanno volontariamente. Inutile dire che per quanto possa sembrare un idea romantica, si ci trova poi davanti a impedimenti seri (sopratutto se il detox comincia prima di arrivare alla camera da letto) e alcuni passano delle vere e prorie disavventure epiche che gli fanno dilapidare i risparmi degli ultimi anni solo per arrivare a destinazione :)
I prodotti pubblicizzati o su cui si sono fatte operazioni di marketing mirate sono più cari perché i venditori devono rientrare dai costi del marketing e non possono fare altro che scaricarli sui prodotti.
Tutto il settore marketing scomparirebbe se i consumatori si comportassero con un minimo di razionalità, evitando di comperare i prodotti pubblicizzati.
Vale qui la pena di citare queste parole di un famoso pubblicitario e scrittore, Federic Beigbeder che in "26900 lire", in un impeto di provocatoria sincerità, scrive:
"Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l'universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda. Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai. Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova. C'è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma."
Citazione di: maral il 04 Dicembre 2016, 13:13:55 PM
Vale qui la pena di citare queste parole di un famoso pubblicitario e scrittore, Federic Beigbeder che in "26900 lire", in un impeto di provocatoria sincerità, scrive:
"Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l'universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda. Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai. Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova. C'è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma."
Motivo in più per consumare solo ciò che ci serve ... non è difficile, secondo me basta un po' di consapevolezza e di attenzione. Nessuno ci obbliga a comprare quello che non ci serve
Citazione di: albert il 04 Dicembre 2016, 13:25:07 PM
Motivo in più per consumare solo ciò che ci serve ... non è difficile, secondo me basta un po' di consapevolezza e di attenzione. Nessuno ci obbliga a comprare quello che non ci serve
si ma così si rimane sempre all'interno dello stesso paradigma e della stessa concezione
allucinante di vita che invece andrebbe rifiutato ed eliminato completamente (anche se allo stato attuale sembrerebbe un utopia)...del resto io credo che o saremo noi ad eliminare "lui" o sarà sempre "lui" ad eliminare noi :o
qui sotto ce un video interessante,dal titolo del libro omonimo "l'allucinazione della modernità"
https://www.youtube.com/watch?v=HI6RXSy7Wbk
Citazione di: albert il 04 Dicembre 2016, 13:25:07 PM
Motivo in più per consumare solo ciò che ci serve ... non è difficile, secondo me basta un po' di consapevolezza e di attenzione. Nessuno ci obbliga a comprare quello che non ci serve
Purtroppo non è così facile. Quando compriamo un oggetto, ad esempio un'auto nuova, compriamo, spesso senza rendercene conto, tutta una catena di cose ad esso connesse che si rendono necessarie al suo utilizzo ottimale e di cui diventa impossibile farne a meno, proprio in virtù dell'investimento iniziale. Poi c'è sempre il condizionamento sociale che, per quanto ci si possa considerare da esso immuni, si rivela prima o poi determinante (un esempio è proprio internet con i suoi social network). Non vogliamo e non possiamo sentirci esclusi dalle modalità in cui l'ambito sociale si esprime ed è espresso dai suoi oggetti condivisi. E' in questo modo che finiamo con il divenire proprietà degli oggetti che riteniamo essere di nostra proprietà, essi determinano la nostre aspirazioni e il nostro modo di essere. Tutto questo è stato magistralmente descritto da Anders, ma i pubblicitari lo hanno sempre saputo, non si scappa alla rete che imbastiscono (e di cui sono ovviamente essi stessi vittime, come quei ragni che finiscono prigionieri della loro stessa ragnatela).
Al massimo si può godere di rifugi temporanei, del tutto aleatori, eremi in cui passare al massimo e ben che vada una decina di giorni, ma che rientrano anch'essi perfettamente nella panoramica consumistica dell'
homo consumens.
Citazione di: maral il 04 Dicembre 2016, 14:07:01 PMPurtroppo non è così facile. Quando compriamo un oggetto, ad esempio un'auto nuova, compriamo, spesso senza rendercene conto, tutta una catena di cose ad esso connesse che si rendono necessarie al suo utilizzo ottimale e di cui diventa impossibile farne a meno, proprio in virtù dell'investimento iniziale. Poi c'è sempre il condizionamento sociale che, per quanto ci si possa considerare da esso immuni, si rivela prima o poi determinante (un esempio è proprio internet con i suoi social network). Non vogliamo e non possiamo sentirci esclusi dalle modalità in cui l'ambito sociale si esprime ed è espresso dai suoi oggetti condivisi. E' in questo modo che finiamo con il divenire proprietà degli oggetti che riteniamo essere di nostra proprietà, essi determinano la nostre aspirazioni e il nostro modo di essere. Tutto questo è stato magistralmente descritto da Anders, ma i pubblicitari lo hanno sempre saputo, non si scappa alla rete che imbastiscono (e di cui sono ovviamente essi stessi vittime, come quei ragni che finiscono prigionieri della loro stessa ragnatela).
Al massimo si può godere di rifugi temporanei, del tutto aleatori, eremi in cui passare al massimo e ben che vada una decina di giorni, ma che rientrano anch'essi perfettamente nella panoramica consumistica dell' homo consumens.
E' vero, mi correggo, non è facile, ci vuole consapevolezza, che è difficile da raggiungere. Mi pare però ci sia qualche segnale incoraggiante, ad esempio nel campo dei prodotti identici a quelli pubblicizzati ma che costano meno perché non scontano le spese di marketing. (se posso citarmi, http://www.riflessioni.it/scienze/piange-consumatore.htm). Guardate anche cosa succede nel campo della assicurazioni RC auto, in cui ormai tutti cercano su Internet quella più conveniente senza tenere conto di tutta la prosopopea che tendeva a farci credere che alcune assicurazioni avessero del valore aggiunto.
Per quanto riguarda la ricerca del 'prestigio sociale' dato dal fare certe scelte pilotate dal marketing personalmente - posso sbagliarmi - penso di esserne immune, come credo siano molti dei frequentatori del forum.
Più che di una ricerca di prestigio sociale (quindi di emersione e invidiabile differenziazione dal contesto sociale, su cui certamente la pubblicità punta enormemente per piazzare il prodotto appunto come prodotto differenziante e invidiabile), mi sembra piuttosto una necessità di sentirsi parte sociale, che più o meno inconsciamente, condivide con il mondo un certo contenuto di modi di essere da cui non si può prescindere per considerarsi non solo accettati in mezzo agli altri, ma anche per sopravvivere. Il consumismo stimola continuamente il desiderio di prestigio e dunque di differenziazione dell'ego, ma di fatto, mi pare che ciò che veramente premia il consumo è il bisogno di ciascuno di sentirsi come tutti gli altri, ossia non escluso ed è di questo che non si può fare a meno.
A questo si aggiunge che in particolare il prodotto tecnologico determina e condiziona inevitabilmente gli stili di vita e i modi per soddisfare i propri bisogni, per i quali rinunciare alla tecnologia che si impone sul mercato con le sue novità diventa praticamente impossibile e la resistenza o il ritorno a una tecnologia precedente risulta assai problematico, estremamente faticoso e, nell'arco di pochi lustri, impossibile. Lo sviluppo tecnologico è irrinunciabile e irreversibile. Noi oggi saremmo incapaci di vivere senza elettricità (se non per tempi brevissimi, come per gioco), i nostri trisnonni vivevano tutta la loro vita normalmente solo con torce e candele per rischiarare il buio. Le nostre nonne e bisnonne per lavare i panni scendevano al canale che attraversava la città, oggi quale canale un folle che volesse ripetere quella tecnica di lavaggio, potrebbe mai trovare in città? Lo stesso è successo con la televisione, i telefoni cellulari, l'automobile, i condizionatori negli appartamenti e nei luoghi di lavoro, i personal computer, i cellulari, internet, e via dicendo. Sono tutte cose che all'inizio sembrano curiose stravaganze per pochi che intendono distinguersi, offrono delle possibilità di cui tutto sommato sappiamo benissimo anche farne a meno, ma poi diventano necessarie per tutti e diventa sempre meno concepibile l'idea di poter vivere senza di esse. E' come se il mondo intero e noi stessi, i nostri modi di pensare e agire, si modellassero letteralmente intorno a questi prodotti tecnologici, ai loro modi di fare che diventano nostri modi di essere. Probabilmente è sempre stato così: l'uomo dell'età del ferro non era più quello dell'età della pietra, l'agricoltore sedentario non era più il cacciatore raccoglitore, ma il problema è che mentre per passare dall'età della pietra a quella del ferro ci sono voluti 100 mila anni, oggi le tecnologie si affermano e tramontano al massimo nel giro di pochi decenni e io, rispetto ai miei figli mi ritrovo come un uomo dell'età della pietra rispetto a un uomo dell'età del ferro, non solo per quello che so usare o meno, ma soprattutto per quello che posso pensare, desiderare e sentire.
Citazione di: maral il 05 Dicembre 2016, 14:15:00 PM
Più che di una ricerca di prestigio sociale (quindi di emersione e invidiabile differenziazione dal contesto sociale, su cui certamente la pubblicità punta enormemente per piazzare il prodotto appunto come prodotto differenziante e invidiabile), mi sembra piuttosto una necessità di sentirsi parte sociale, che più o meno inconsciamente, condivide con il mondo un certo contenuto di modi di essere da cui non si può prescindere per considerarsi non solo accettati in mezzo agli altri, ma anche per sopravvivere. Il consumismo stimola continuamente il desiderio di prestigio e dunque di differenziazione dell'ego, ma di fatto, mi pare che ciò che veramente premia il consumo è il bisogno di ciascuno di sentirsi come tutti gli altri, ossia non escluso ed è di questo che non si può fare a meno.
A questo si aggiunge che in particolare il prodotto tecnologico determina e condiziona inevitabilmente gli stili di vita e i modi per soddisfare i propri bisogni, per i quali rinunciare alla tecnologia che si impone sul mercato con le sue novità diventa praticamente impossibile e la resistenza o il ritorno a una tecnologia precedente risulta assai problematico, estremamente faticoso e, nell'arco di pochi lustri, impossibile. Lo sviluppo tecnologico è irrinunciabile e irreversibile. Noi oggi saremmo incapaci di vivere senza elettricità (se non per tempi brevissimi, come per gioco), i nostri trisnonni vivevano tutta la loro vita normalmente solo con torce e candele per rischiarare il buio. Le nostre nonne e bisnonne per lavare i panni scendevano al canale che attraversava la città, oggi quale canale un folle che volesse ripetere quella tecnica di lavaggio, potrebbe mai trovare in città? Lo stesso è successo con la televisione, i telefoni cellulari, l'automobile, i condizionatori negli appartamenti e nei luoghi di lavoro, i personal computer, i cellulari, internet, e via dicendo. Sono tutte cose che all'inizio sembrano curiose stravaganze per pochi che intendono distinguersi, offrono delle possibilità di cui tutto sommato sappiamo benissimo anche farne a meno, ma poi diventano necessarie per tutti e diventa sempre meno concepibile l'idea di poter vivere senza di esse. E' come se il mondo intero e noi stessi, i nostri modi di pensare e agire, si modellassero letteralmente intorno a questi prodotti tecnologici, ai loro modi di fare che diventano nostri modi di essere. Probabilmente è sempre stato così: l'uomo dell'età del ferro non era più quello dell'età della pietra, l'agricoltore sedentario non era più il cacciatore raccoglitore, ma il problema è che mentre per passare dall'età della pietra a quella del ferro ci sono voluti 100 mila anni, oggi le tecnologie si affermano e tramontano al massimo nel giro di pochi decenni e io, rispetto ai miei figli mi ritrovo come un uomo dell'età della pietra rispetto a un uomo dell'età del ferro, non solo per quello che so usare o meno, ma soprattutto per quello che posso pensare, desiderare e sentire.
Io distinguerei tra progresso tecnologico, che in linea di massima è una cosa positiva, ed il circo del marketing che cerca di manipolarci. La possibilità, ad esempio, di usare un cellulare è una cosa positiva, e lo userei anche in assenza di sollecitazioni del marketing. Personalmente non vorrei tornare al tempo dei nostri trisnonni.
Il marketing si paga con lo pseudo-valore, cioè la differenza tra il valore commerciale di un prodotto (quanto lo si paga) ed il suo valore reale (quanto lo si pagherebbe in assenza di sollecitazioni). Se i consumatori non fossero disponibili a pagare più del valore reale la pubblicità cesserebbe di tormentarci
Il problema è che cosa determina la percezione del valore. La pubblicità opera sul desiderio, che non è il desiderio di quel prodotto, ma il desiderio di una situazione emotiva (tutte le pubblicità propongono situazioni emotive e ce le raccontano modulandole in ragione dei segmenti di mercato) e lo spot ha successo quando riesce a collegare quella situazione emotiva altamente desiderabile con quel prodotto che intende vendere. E' evidente che nessuno vuole pagare qualcosa più del suo valore, ma la pubblicità è proprio sulla percezione del valore che gioca.
Ma soprattutto, dal punto di vista pubblicitario, è assolutamente indispensabile che quel prodotto che si è riusciti a far comprare, non soddisfi mai il desiderio che va quindi continuamente risollecitato e nei modi più assurdi, di modo che il valore della nuova merce proposta sia percepito comunque ben al di sopra del suo prezzo: è sempre un regalo, un'occasione irripetibile da non lasciarsi sfuggire.
Citazione di: albert il 06 Dicembre 2016, 08:15:20 AMIl marketing si paga con lo pseudo-valore, cioè la differenza tra il valore commerciale di un prodotto (quanto lo si paga) ed il suo valore reale (quanto lo si pagherebbe in assenza di sollecitazioni). Se i consumatori non fossero disponibili a pagare più del valore reale la pubblicità cesserebbe di tormentarci
La difficoltà (capitalizzata dalla pubblicità) è che il valore è tanto più difficile da quantificare quanto più il bene che si decide di acquistare è complesso: se due cellulari hanno le stesse caratteristiche generali (dimensioni, processore, fotocamera, memoria, etc.), ma quello più costoso viene reclamizzato anche come più resistente agli urti e ai graffi, più comodo da usare e più elegante, come quantificare rigorosamente questi elementi in rapporto al prezzo (così da decidere se è adeguato)? Quanto valgono in euro resistenza, comodità ed eleganza? Possono essere elementi che spingono il consumatore fiducioso a comprarlo, pagandolo più dell'altro, anche se tali pregi sono tutti da verificare (il che non significa che siano fittizi), e tale verifica è davvero opinabile e soggettiva, quindi non monetizzabile...
Citazione di: maral il 07 Dicembre 2016, 00:13:21 AMMa soprattutto, dal punto di vista pubblicitario, è assolutamente indispensabile che quel prodotto che si è riusciti a far comprare, non soddisfi mai il desiderio che va quindi continuamente risollecitato e nei modi più assurdi
Forse quel prodotto invece deve soddisfare appieno
quel desiderio (che magari esso stesso ha suscitato nel potenziale consumatore), ma tale realizzazione deve, come un cavallo di Troia, contenere in sè un ulteriore desiderio: "vorresti un cellulare (ormai li ho presi di mira! ;D ) che sappia fare x, y e z? il nostro cellulare lo fà!" ed ecco che il desiderio del cellulare che fa x, y e z viene indotto e poi soddisfatto al momento dell'acquisto; il compratore inizia quindi a
fidarsi di quella specifica marca che ha soddisfatto il suo desiderio. Il passaggio successivo è implicitamente automatico: "vorresti un cellulare che fa x, y e z, dura il doppio ed è più ergonomico? il nostro nuovo cellulare è così!" ed ecco che, dando per scontati (in tutti i sensi ;) ) x, y e z si può far leva sulla possibilità di migliorare (per durata e praticità) x, y e z, diventati ormai una pseudo-necessità per l'acquirente, che probabilmente si riaffiderà alla marca che lo ha soddisfatto ("fidelizzato")... poi a x, y e z aggiungeremo "k", poi un "k migliorato" e così via, realizzando "desideri matrioska", che ne contengono sempre altri...
Il marketing si è evoluto in funzione degli stili di vita dei consumatori.Hanno analisi sociologiche, analisi del mercato geograficamente, suddiviso, analisi sulle disponibilità finanziarie., analis dei nostri gusti attraverso i cookie alla faccia della privacy. di chi naviga in internet.
Se la strategia è decisa dall'amministratore delegato è questo che lega i settori commerciale e vendite.La prima logica è quindi da parte dei vari product manager che hanno in mano i vari settori aziendali, il punto di pareggio, il margine di proffittabilità di ogni singola unità di vendita., l'analisi dei competitor,
Ora se il target è il consumatore ci sono varie possiblità di gestire la veicolazione del consumo con strategie di marchio o logo e di prodotti inerenti. Cominciamo con il dire che il cliente delle aziende è la distribuzione ed è quest'ultima che intermedia fra produttore e onsumatore, E' im portante perchè società come Amazon e vaire che si avvalgono della multimidialità tagliano i processi intermedi della filiera abbassando i costi finali e quindi arrivando al consumatore con prezzi competitivi.
Il secondo aspetto che ha incorporato il concetto di marketing attuale è che non si vende un semplice oggetto, ma un'immagine, un servizio, uno status symbol.
Ma veniamo ad alcuni esempi concreti: le promozioni. Oggi si vende fingendo promozioni facendo credere al consumatore la convenienza del prezzo. Tutto oggi è promozionato attraverso la pubblicità si "megafona"
l'opportunità. Così nel largo consumo il 3x2 è il classico esempio di acquistare quantità che spesso non servono per prezzi covenienti in rapporto alle singole unità.Razionalmente bisognerebbe chiedersi se le aziende vendono sottocosto, vale a dire se non hanno margine di profitto e devono liberare i loro magazzini da invenduto che satura le produzioni, una sovrapproduzione appunto oppure fingono costantemente una convenienza di prezzo sapendo che il prezzo unitario è gonfiato; o ancora si fanno saldi opportunamente alzando prima i prezzi e quindi poi scontando.
L'attuale crisi economica ha affinato il consumatore ad essere più scaltro, ma provate a vedere in quale stabilimento viene prodotto e vi accorgerete che le marche private si avvalgono del contoterzismo (copecker).
Cos' un prodotto di una marca privata pur essendo stato prodotto nello stesso stabilimento , una parte dello stesso prodotto è stata data per contoterzi ad un'altra azienda.Risultato stesso prodotto, stesso processo produttivo, prezzo finale diverso.
Ad esempio la Samsung, come molte aziende nate negli ultimi venti anni circa, lavorava per conto terzi inizialmente per la Sony.Il Know*how, il saper fare, avere le conoscenze tecniche produttive e tecnologiche del prodotto si sono trasmigrate da aziende ad altre che sono divenute competitor.
La razionalità del consumatore è limitata dalll'incapacità di capire a monte l'informazione.
Quanti conoscono il tag e il taeg di un finanziamento per il consumo?
Il mondo sommerso, nel senso di sconosciuto al consumatore, è la vera chiave per capire se un prezzo finale è esagerato o meno rispetto alla composizione dei costi.
Le aziende si sono evolute, costruendo mission e codici etici regolandosi al diritto dei consumatori e alle responsabilità aziendali che sono cresciute in termine di diritto.E' quindi cresciuta la consapevolezza del consumatore e le aziende hanno dovuto affinare le strategie in un contesto di stasi economica internazionale, ma che ha comportato un abbassamento dei costi delle materie prime e finanziari.I prezzi quindi hanno addirittura portato a momenti di deflazione economica proprio perchè compensati da anche superiori abbassamenti di costi.
Ma ad esempio un taeg dell'8% ha senso in un BCE o USA che dichiara formalmente che il prestito interbancario ovvero il costo del denaro è praticamente zero?
Infine il potere dei massmedia che fingono di aiutare il consumatore: sono i più falsi perchè spesso sono gli avvocati "venduti". Ho seguito ad esempio le campagne pubblicistiche nutrizionale sui grassi saturi e insaturi, sulla dieta mediterranea. sui vegetariani fino ai vegani.Il mio personale parere è spesso bufale inventate.
La manipolazione oggi è a monte dell'acquisto.Se il consumatore è più razionale che irrazionale è proprio sulla falsa razionalità che devo fregarlo pubblicizzando pseudoscienza., con tanto di medici e organismi potenti come i commissari europei che spinti dai poteri forti economici costruiscono false conocenze spacciandole per verità E' lo stesso problema dell'enorme quantità dìnformazione a cominciare da internet che ci sommerge.Chi è credibile, di chi abbiamo fiducia?
La fiducia è una parola chiave nel rapporto marca-consumatore, perchè è lo stesso cosuamtore che diventa suo "megafono" pubblizzando la convenienza è la bontà del prodotto.
Citazione di: maral il 07 Dicembre 2016, 00:13:21 AM
Il problema è che cosa determina la percezione del valore. La pubblicità opera sul desiderio, che non è il desiderio di quel prodotto, ma il desiderio di una situazione emotiva (tutte le pubblicità propongono situazioni emotive e ce le raccontano modulandole in ragione dei segmenti di mercato) e lo spot ha successo quando riesce a collegare quella situazione emotiva altamente desiderabile con quel prodotto che intende vendere. E' evidente che nessuno vuole pagare qualcosa più del suo valore, ma la pubblicità è proprio sulla percezione del valore che gioca.
Ma soprattutto, dal punto di vista pubblicitario, è assolutamente indispensabile che quel prodotto che si è riusciti a far comprare, non soddisfi mai il desiderio che va quindi continuamente risollecitato e nei modi più assurdi, di modo che il valore della nuova merce proposta sia percepito comunque ben al di sopra del suo prezzo: è sempre un regalo, un'occasione irripetibile da non lasciarsi sfuggire.
Sono d'accordo, la pubblicità cerca di aumentare la percezione del valore di determinati oggetti, e per farlo gioca su alcune nostre esigenze di base. L'insoddisfazione per una cosa dopo averla ottenuta è una caratteristica generale - nulla, se non una battaglia persa, è più triste di una battaglia vinta. Proprio il fatto che la pubblicità gioca su esigenze moltro forti rende difficile - ma non impossibile - non farsi ingannare nella valutazione dei prodotti
Citazione di: Phil il 07 Dicembre 2016, 22:59:11 PM
Forse quel prodotto invece deve soddisfare appieno quel desiderio (che magari esso stesso ha suscitato nel potenziale consumatore), ma tale realizzazione deve, come un cavallo di Troia, contenere in sè un ulteriore desiderio ...
In realtà le cose non sono così semplici e dirette, perché ciò che il messaggio pubblicitario suscita non è il desiderio razionale, ma è sempre accompagnato da un bisogno molto più profondo a livello emotivo che per lo più è solo alluso, ma è proprio questo che agisce e resta insoddisfatto, sempre quindi disponibile a essere abbinato a un nuovo prodotto. Si tratta di un desiderio di considerazione sociale, oppure di potenza, oppure di soddisfazione sessuale e affettiva. Il motivo principale per cui il potenziale cliente è portato a comprare un cellulare nuovo non sono mai le strette caratteristiche tecniche di quel cellulare, ma i significati emotivi che quelle caratteristiche promettono di garantire, ma che peraltro non garantiscono affatto, anzi. Basta guardare la pubblicità di qualsiasi auto o anche dei più banali prodotti alimentari o per la casa, sono tutte inserite sistematicamente in un contesto emotivo che palesemente non potranno mai soddisfare, ma nello stesso tempo presentate in modo che risulti evidente che non potranno non soddisfare. Questo contesto emotivo che resta sempre insoddisfatto e sempre promesso è il punto imprescindibile per la pubblicità. In questo la pubblicità non inventa i bisogni, ma li utilizza per abbinarli a delle merci creando dei feticci irrinunciabili che falliscono sempre, ma che sempre possono essere riproposti in forma diversa e nuova, esattamente ciò che è necessario per l'economia di mercato.
Citazione di: albert il 08 Dicembre 2016, 09:49:07 AM
Proprio il fatto che la pubblicità gioca su esigenze molto forti rende difficile - ma non impossibile - non farsi ingannare nella valutazione dei prodotti
Dipende, può capitare di capire il trucco e l'inganno, soprattutto se lo spot è costruito male, in modo troppo palese, ma certamente anche il consumatore più accorto prima o poi ci cade, proprio perché il messaggio è confezionato per agire sulla sua parte emotiva più profonda che inconsciamente è sempre presente, anche quando la si vorrebbe rimuovere. A volte capita di accorgersene quando l'acquisto è già stato fatto, allora scatta un sistema autodifensivo, ci si autoconvince che in realtà il messaggio emotivo non aveva fatto alcuna presa o, se si riconosce di aver ceduto, di sicuro non capiterà più in futuro, ma purtroppo non è così, perché quanto più ci si illude di mantenere il controllo sul desiderio, tanto più esso agisce in modo irresistibile. In questo senso letteralmente ciò che acquistiamo parla di noi, svela ciò che siamo al di sotto dell'immagine che di noi stessi costruiamo e che pensiamo di saper controllare perfettamente. E le soprese non mancano mai.
Citazione di: Phil il 07 Dicembre 2016, 22:59:11 PMLa difficoltà (capitalizzata dalla pubblicità) è che il valore è tanto più difficile da quantificare quanto più il bene che si decide di acquistare è complesso: se due cellulari hanno le stesse caratteristiche generali (dimensioni, processore, fotocamera, memoria, etc.), ma quello più costoso viene reclamizzato anche come più resistente agli urti e ai graffi, più comodo da usare e più elegante, come quantificare rigorosamente questi elementi in rapporto al prezzo (così da decidere se è adeguato)? Quanto valgono in euro resistenza, comodità ed eleganza? Possono essere elementi che spingono il consumatore fiducioso a comprarlo, pagandolo più dell'altro, anche se tali pregi sono tutti da verificare (il che non significa che siano fittizi), e tale verifica è davvero opinabile e soggettiva, quindi non monetizzabile...
Per certi beni, in particolare quelli tecnologici, non solo è difficile quantificare il valore, ma c'è un continuo slittamento tecnologico (quanto costava 1GB di RAM dieci anni fa? e quanto adesso?), Anche per loro però si applicherebbe la legge della domanda e dell'offerta che, se non alterata dal marketing, farebbe emergere i prodotti migliori e farebbe convergere il prezzo ad un valore vantaggioso sia per i consumatori che per i produttori
Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2016, 00:03:37 AM
Ma veniamo ad alcuni esempi concreti: le promozioni. Oggi si vende fingendo promozioni facendo credere al consumatore la convenienza del prezzo. Tutto oggi è promozionato attraverso la pubblicità si "megafona"
l'opportunità. Così nel largo consumo il 3x2 è il classico esempio di acquistare quantità che spesso non servono per prezzi covenienti in rapporto alle singole unità.Razionalmente bisognerebbe chiedersi se le aziende vendono sottocosto, vale a dire se non hanno margine di profitto e devono liberare i loro magazzini da invenduto che satura le produzioni, una sovrapproduzione appunto oppure fingono costantemente una convenienza di prezzo sapendo che il prezzo unitario è gonfiato; o ancora si fanno saldi opportunamente alzando prima i prezzi e quindi poi scontando.
Per un venditore non c'è niente di più indolore di uno sconto - basta alzare i prezzi prima. Ormai le offerte sono istituzionalizzate, di ogni prodotto c'è sempre una marca in offerta, è un aspetto della eterna lotta tra venditore e cliente che cesserebbe con soddisfazione di entrambi se si abbandonassero le furbizie e si lasciasse lavorare il meccanismo di domanda-offerta
Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2016, 00:03:37 AM
La razionalità del consumatore è limitata dalll'incapacità di capire a monte l'informazione.
Quanti conoscono il tag e il taeg di un finanziamento per il consumo?
A parte che non ci si dovrebbe MAI indebitare per beni di consumo, ed uno Stato non dovrebbe lasciare che i suoi cittadini si indebitassero spendendo soldi 'creati' dalle banche - allora perché non stamparli?
TAG e TAEG non sono 'rocket science' non è che ci voglia una laurea per capirli
Citazione di: albert il 08 Dicembre 2016, 20:33:40 PM
Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2016, 00:03:37 AM
Ma veniamo ad alcuni esempi concreti: le promozioni. Oggi si vende fingendo promozioni facendo credere al consumatore la convenienza del prezzo. Tutto oggi è promozionato attraverso la pubblicità si "megafona"
l'opportunità. Così nel largo consumo il 3x2 è il classico esempio di acquistare quantità che spesso non servono per prezzi covenienti in rapporto alle singole unità.Razionalmente bisognerebbe chiedersi se le aziende vendono sottocosto, vale a dire se non hanno margine di profitto e devono liberare i loro magazzini da invenduto che satura le produzioni, una sovrapproduzione appunto oppure fingono costantemente una convenienza di prezzo sapendo che il prezzo unitario è gonfiato; o ancora si fanno saldi opportunamente alzando prima i prezzi e quindi poi scontando.
Per un venditore non c'è niente di più indolore di uno sconto - basta alzare i prezzi prima. Ormai le offerte sono istituzionalizzate, di ogni prodotto c'è sempre una marca in offerta, è un aspetto della eterna lotta tra venditore e cliente che cesserebbe con soddisfazione di entrambi se si abbandonassero le furbizie e si lasciasse lavorare il meccanismo di domanda-offerta
Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2016, 00:03:37 AM
La razionalità del consumatore è limitata dalll'incapacità di capire a monte l'informazione.
Quanti conoscono il tag e il taeg di un finanziamento per il consumo?
A parte che non ci si dovrebbe MAI indebitare per beni di consumo, ed uno Stato non dovrebbe lasciare che i suoi cittadini si indebitassero spendendo soldi 'creati' dalle banche - allora perché non stamparli?
TAG e TAEG non sono 'rocket science' non è che ci voglia una laurea per capirli
non so quanti siano in grado a calcolare l'interesse composto e di fare la differenza dal prezzo base di un'automobile pubblicizzata e quello che effettivamente ha pagato compreso costi "nascosti".La pubblicità riferita agli smartphone , altro esempio, parla di 10 euro per e gigabyte 50 sms e 200 minuti di conversazione.
Ovviamente ci sono svariate offerte di competitor.Il primo problema è che difficilmente si scende di prezzo, ma semmai offrono di più anche se non serve, cose inutili. Il secondo è che non è il mese di calendario, perchè la ricarica viene scaricata settimanalmente, per cui in realtà scaricano su 28 giorni(4 settimane) guadagnando in un anno quasi un mese. secondo aspetto il ciclo di vita dei prodotti, tanto più il loro valore aggiunto è tecnologico, è alquanto basso sia come hardware che come aggiornamento del software.
Quanto dura uno smarpthone prima che salti la scheda madre? Quanto dura il sitema operativo che si autoaggiorna prima che le app decidano di non autoaggiornare un sistema operativo reso obsoleto? ma chi l oha deciso se non le marche che detengono il prodtto di consumo, chi costruisce il sistema operativo, chi costruisce le app
Allora la domanda e l'offerta è funzionale al prendi e getta e non ad un efficientismo economico generale, ma ad un consumismo inutile che non è sostenibile ambientalmente come economia.intendo dire che è insito nel capitalismo (ma non voglio fare discorsi ideologici) che l'usura de ltempo di un bene sia calcolato in fase di progettazione affinchè il prodotto "durevole" non duri
C'è un irrazionalità del desiderio compulsivo del consumatore che viene veicolato dalla pubblicità e dagli stili di vita.
C'è un sistema a monte che non è ver oche sia il più efficentista (il capitalismo) perchè ha interesse a fatturare continuamente spremendo il consumatore e quindi sottraendo energia all'intero del sistema.in generale.
C'è una pseudo informazione che passa per scientifica da parte di effettivi scienziati prezzolati ovviamente dalle stesse grandi marche o dagli Stati stessi ( la ricordiamo la vaccinazione di influenza fantasma di qualche anno fa?)
Il risultato è come sempre che ognuno deve costruirsi una propria cultura ed essere critico e vigile con mutande d'acciaio.
CitazioneIl risultato è come sempre che ognuno deve costruirsi una propria cultura ed essere critico e vigile con mutande d'acciaio.
E comunque, per quanto spesse siano le mutande che si indossano, gli succederà di venir fregato. Anche questa consapevolezza va messa nel conto delle cose necessarie.
Citazione di: paul11 il 09 Dicembre 2016, 10:28:19 AM
C'è un irrazionalità del desiderio compulsivo del consumatore che viene veicolato dalla pubblicità e dagli stili di vita.
C'è un sistema a monte che non è ver oche sia il più efficentista (il capitalismo) perchè ha interesse a fatturare continuamente spremendo il consumatore e quindi sottraendo energia all'intero del sistema.in generale.
C'è una pseudo informazione che passa per scientifica da parte di effettivi scienziati prezzolati ovviamente dalle stesse grandi marche o dagli Stati stessi ( la ricordiamo la vaccinazione di influenza fantasma di qualche anno fa?)
Il risultato è come sempre che ognuno deve costruirsi una propria cultura ed essere critico e vigile con mutande d'acciaio.
Il primo elemento di questa cultura è la consapevolezza che i prodotti pubblicizzati comprendono lo pseudo-valore generato dal marketing, e quindi sono da evitare perché più cari del giusto.
Poi, ovviamente, bisogna semplificare ogni offerta, riportandole tutte alla stessa metrica
Citazione di: albert il 09 Dicembre 2016, 17:00:31 PM
Citazione di: paul11 il 09 Dicembre 2016, 10:28:19 AM
C'è un irrazionalità del desiderio compulsivo del consumatore che viene veicolato dalla pubblicità e dagli stili di vita.
C'è un sistema a monte che non è ver oche sia il più efficentista (il capitalismo) perchè ha interesse a fatturare continuamente spremendo il consumatore e quindi sottraendo energia all'intero del sistema.in generale.
C'è una pseudo informazione che passa per scientifica da parte di effettivi scienziati prezzolati ovviamente dalle stesse grandi marche o dagli Stati stessi ( la ricordiamo la vaccinazione di influenza fantasma di qualche anno fa?)
Il risultato è come sempre che ognuno deve costruirsi una propria cultura ed essere critico e vigile con mutande d'acciaio.
Il primo elemento di questa cultura è la consapevolezza che i prodotti pubblicizzati comprendono lo pseudo-valore generato dal marketing, e quindi sono da evitare perché più cari del giusto.
Poi, ovviamente, bisogna semplificare ogni offerta, riportandole tutte alla stessa metrica
Ma la pubblicità nel cosiddetto mercato libero è l'anima del commercio perchè costruisce il connubbio ciò che è conosciuto è affidabile ,la marca sconosciuta è meno affidabile.Se non fosse così finirebbe la pubblicità.
Altro aspetto importante sta nel fatto che è proprio nel marketing la strategia del prodotto .
Il ceo si affida a marketing e vendite, le supply chian sono solo operation per l'industria moderna, ovvero generazione di costo. ma è il marketing che chiede alla ricerca e sviluppo dopo studi comportamentali sociologici, psicologico statistici, di fare tal prodotto a tal costo Il marketing decide cosa fare, le supply chain come fare e la programmazione è il perno informativo fra la domanda del mercato e la quantità di prodotto da costruire in funzione dei magazzini.
Se le industrie si sono evolute in tal senso è proprio perchè si sono focalizzate sul prodotto e sul consumatore e il consumatore non ha tutti i dati d'informazione per poter confrontare se un prodotto meno pubblicizzato ad un prezzo inferiore abbia un rapporto prezzo/qualità competitivo e conveniente.
I mass media non aiutano e spesso le riviste specializzate....mmmmmmmmmhhhh, fanno pensare a strane meccanismi, proprio perchè le aziende sanno ormaii del peso di riviste che confrontano prodotti di uno stesso segmento di mercato.
In via di massima sono ovviamente d'accordo con te, ma ritengo che la poca trasparenza, la poca informazione, veicoli purtroppo il consumatore dove il marketing vuole con il suo peso pubblicitario e le strategie di vendita.
Citazione di: paul11 il 10 Dicembre 2016, 01:07:29 AM
Ma la pubblicità nel cosiddetto mercato libero è l'anima del commercio perchè costruisce il connubbio ciò che è conosciuto è affidabile ,la marca sconosciuta è meno affidabile.Se non fosse così finirebbe la pubblicità.
Se la pubblicità è manipolazione delle menti dei consumatori, meglio che sparisca, non produce nessuna ricchezza. Secondo me le informazioni sui prodotti al giorno d'oggi sono facilmente accessibili, non c'è più un ruolo della pubblicità come fonte di informazione
Citazione di: paul11 il 10 Dicembre 2016, 01:07:29 AM
Altro aspetto importante sta nel fatto che è proprio nel marketing la strategia del prodotto .
Il ceo si affida a marketing e vendite, le supply chian sono solo operation per l'industria moderna, ovvero generazione di costo. ma è il marketing che chiede alla ricerca e sviluppo dopo studi comportamentali sociologici, psicologico statistici, di fare tal prodotto a tal costo Il marketing decide cosa fare, le supply chain come fare e la programmazione è il perno informativo fra la domanda del mercato e la quantità di prodotto da costruire in funzione dei magazzini.
Cercare di capire che cosa vuole il consumatore - le ricerche di mercato - è una attività indispensabile per capire che cosa serve produrre. Cercare di modificare le scelte del consumatore, invece, è proprio ciò che non genera ricchezza e andrebbe scoraggiato
Citazione di: paul11 il 10 Dicembre 2016, 01:07:29 AM
In via di massima sono ovviamente d'accordo con te, ma ritengo che la poca trasparenza, la poca informazione, veicoli purtroppo il consumatore dove il marketing vuole con il suo peso pubblicitario e le strategie di vendita.
Secondo me se il consumatore è attento, e conscio dello pseudovalore compreso nel prezzo dei prodotti pubblicizzati, è in grado di farsi un'idea sufficientemente precisa di cosa comprare