Non credo nel fatalismo, tantomeno nel determinismo. Credo, invece, che sussistano entrambi, e che ciascuno dei due si compenetri nell'altro, in un rapporto dialettico che si mantiene in un equilibrio instabile, che genera incertezze e sovente non poco caos.La Storia è materia umana, e dell'uomo è terreno d'azione preminente. I fatti della Storia non si generano per partenogenesi, per motu proprio, quasi si trattasse di elementi estranei ed indipendenti dalla relazione che si instaura fra l'uomo e il mondo. La Storia è relazione.Gli accadimenti di cui la Storia si interessa e di cui è intessuta credo siano determinati da due fattori: il caso e l'agire umano. Quest'ultimo è generato dalle nostre scelte, dai dibattiti e dal confronto, anche introspettivo. Il nostro agire, l'insieme delle azioni che compiamo ogni giorno, s'inserisce fattivamente nella casualità degli accadimenti. I due elementi non sono scindibili, e, in questo connubio, l'agire umano opera affinché la congiuntura imbocchi una determinata direttrice anziché un'altra. Quella, presumibilmente, più consona ai vantaggi, ai desiderata e ai benefici di chi quell'agire in massima parte produce. Il caso, a sua volta, interagisce con l'opera dell'uomo, e i due elementi interagiscono in un rapporto dialettico, dinamico e sempre precario.L'attività di analisi critica degli eventi succedutisi e che si succedono nel tempo condiziona le scelte umane, le quali, a loro volta, condizionano e sono condizionate dalla casualità.Ora, va da sé che l'azione umana non sempre è il risultato di scelte totalmente razionali - quasi mai –, e non sempre è la migliore risposta possibile fra le tante disponibili. Le nostre scelte sono condizionate, oltreché dal caso, come già visto, anche da una serie di fattori endogeni, fattori che la psicoanalisi ha più volte reso palesi.Il quadro complessivo che si ricava da tutte queste interferenze interne ed esterne è quanto di più variegato si possa immaginare. Non riconducibile ad un paradigma ottimale o preordinato cui fare riferimento per l'analisi e lo studio. Non si tratta, infatti, di un modello inscatolato in un marmoreo ed immutabile processo fissato per sempre. Tale condizione rassegna uno scenario alquanto precario, ove l'incertezza, l'opinione e l'interpretazione imperano. Se gli eventi puntuali, per esempio nascita o morte riguardanti un determinato personaggio, possono essere accertati con certezza o buona approssimazione, è l'azione che l'ha coinvolto ad essere esposta al chiacchiericcio soggettivo teso a chiarirne - più spesso a confonderne - cause ed effetti: basti pensare alla diatriba che ruota attorno alla persona di Gesù. Per effetto di ciò, viene a costituirsi un vero e proprio catalogo delle diverse possibili soluzioni e spiegazioni fornite su quell'unico evento. E' proprio questo composito catalogo delle opzioni possibili, più o meno razionali, più o meno corrette, più o meno istintive che rappresenta il campo dell'indagine storica, all'interno del quale si sviluppa l'analisi e il dibattito fra uomini. E il dibattito, inteso come confronto delle diverse posizioni emerse dall'indagine testé accennata, che forgia il pensiero da cui emergono le idee, è un altro elemento che concorre, in una qualche misura, a comporre l'intero mosaico della Storia, sintetizzato in resoconti scritti che narrano ciascuno la propria verità, inducendo in chi li legge o ascolta la necessità di operare una scelta, la più convincente o verosimile o più congeniale alle proprie attese. Tale scelta è poi causa efficiente di ulteriori eventi che, per segmento, s'innestano in quel flusso perpetuo che noi sintetizziamo in un unico sostantivo: la Storia.Da quanto precede, appare subito evidente quanto sia importante comprendere ed aver piena coscienza che la Storia, che è il contenitore di un'eterogenea gamma di scelte umane e di eventi casuali e causali che si intrecciano in maniera indistricabile, è assolutamente priva di certezze, perché queste non possono essere ancorate ad alcuna ostentata evidenza che possa giustificare inconfutabilmente gli eventi trascorsi, tantomeno predire quelli futuri. È così una costruzione difficile e faticosa che comporta, sempre, un elevato livello di attenzione e discernimento, affinché il caso, privo di alcuna azione che lo incanali, o la pancia, non razionale, non siano gli unici suoi elementi costitutivi.Le caratteristiche peculiari dell'uomo, quelle che lo hanno allontanato dallo status di primigenia animalità irrazionale, si esaltano quando è lui (l'Uomo) a governare la Storia, viceversa, si mortificano allorquando la subisce, perché in questo secondo contesto sarebbero l'animalità e il caso a costringere il suo agire, che, così, avrebbe un ruolo conseguente, non causante. In poche parole, se è vero che non è l'uomo a fare la Storia, è ancor più vero che la sua azione concorre fattivamente a costruirla, pertanto, per dirla con Gramsci, che si acquisisca almeno quello scampolo di volontà e consapevolezza per costruire quella frazione di Storia che ci compete. Odio gli indifferenti.
Mille papaveri rossi.
Citazione di: Visechi il 05 Settembre 2024, 21:59:00 PMNon credo nel fatalismo, tantomeno nel determinismo. Credo, invece, che sussistano entrambi, e che ciascuno dei due si compenetri nell'altro, in un rapporto dialettico che si mantiene in un equilibrio instabile, che genera incertezze e sovente non poco caos.
La Storia è materia umana, e dell'uomo è terreno d'azione preminente. I fatti della Storia non si generano per partenogenesi, per motu proprio, quasi si trattasse di elementi estranei ed indipendenti dalla relazione che si instaura fra l'uomo e il mondo.
Condivido salvo quello che dici sulla partenogenesi, sempre che con partenogenesi si intenda un processo autogenerativo. A mio vedere tale fenomeno sarebbe pregnante e ben visibile nella realtà umana, preceduto come sempre da uno stadio incubativo più o meno durevole. Non mi è noto se un cancro o una malattia infettiva possano ricondursi a un fenomeno di partenogenesi, ma sinteticamente ed esemplarmente tale partenogenesi appunto si produrrebbe attraverso la fase incubativa nell'organizzare un'azione collettiva sorta in modo spontaneo per esigenze individuali quale potrebbe essere la costruzione di un edificio, oppure un'azione di assistenza generica. Si passerebbe quindi dalla fase incubativa a quella manifesta nel momento in cui tale azione concertata nell'incubazione produce uno scorporamento dalla spontaneità individuale-collettiva (organizzata, ma non normata) normando il nuovo nato che diverrebbe da quel momento autoreferenziale. Sarebbe quindi il nuovo nato, autoreferenziale, oggetto di eventuale copiatura e, conseguentemente, destinato a riproduzione
Fatalismo e determinismo sono comunque interpretazioni della necessità. In che senso dovrebbero compenetrarsi?
La questione non è invece tra necessità e caso?
E il caso esiste davvero?
Perché sì diciamo che un evento è capitato per caso, ma soltanto in quanto imprevedibile, non perché sia davvero dovuto al caso.
Sei a conoscenza di un fatto avvenuto davvero casualmente?
E poi l'agire umano non si confronta con la necessità naturale?
E la natura non è forse incompatibile con la libertà?
Esiste in natura qualcosa che sia anche solo un poco davvero libero?
E l'uomo perché mai invece lo sarebbe?
Citazione di: Visechi il 05 Settembre 2024, 21:59:00 PMNon credo nel fatalismo, tantomeno nel determinismo
Fatalista è colui che crede che tutto sia stato già predeterminato, nel qual caso le due cose si compenetrano bene, senza doverle forzare.
Se invece con fatalismo intendevi casualità non si compenetrano, a meno che non attengano alla realtà, ma alle descrizioni che ne facciamo, e in quanto descrizioni non hanno difficoltà a convivere, finché non assimiliamo di fatto le descrizioni alla realtà.
Della storia umana le parti più interessanti sono quelle che ripetendosi possiamo astrarre, quelle per cui si dice ad esempio che non impariamo nulla dalla storia, ma che ci dicono molto sulla nostra natura profonda, alla quale possiamo eventualmente rimediare se c'è la volontà di prenderne coscienza, e se a ciò non ostasse il fatto che tendiamo a considerare centrale il tempo che viviamo, per cui ciò che accade a noi profuma sempre di novità.
Ciò è vero solo in parte, nel senso che nuovo è l'uomo a cui le solite cose accadono, motivo per cui col susseguirsi delle generazioni diviene più difficile immedesimarsi nelle ragioni che motivano gli avvenimenti passati, e forse a questo sforzo di immedesimazione più si prestano i filosofi, e anzi a volte ci riescono così bene che sembra per contro abbiano difficoltà a immedesimarsi col tempo che vivono.
In effetti certi filosofi mi sembrano repliche credibili di uomini che più non ci sono, probabilmente perchè nello sforzo di immedesimarsi nel loro pensiero, finiscono per aderirvi, perchè se anche il loro pensiero non è più attuale, nel senso di poco aderente alle nuove descrizioni della realtà, intatto è rimasto il loro carisma.
IL CASO E LA NECESSITÀ
Il concetti di caso e di necessità, comunemente considerati come antitetici, sono alla base della nostra idea di libertà. L'uomo è libero nel suo agire, oppure è talmente determinato dalla necessità che ogni sua scelta ed azione sono conseguenza di fattori esterni tutti cogenti ed indotti dalla particolarissima relazione che s'instaura con il mondo in cui è immerso?
La risposta non è neutra e coinvolge, qualunque essa sia, la responsabilità etica delle nostre azioni. L'uomo può trovare assoluzione per le sue scelte sbagliate, poiché, essendo determinato dalla necessità, nulla può essere imputato alla sua libera volontà; oppure essere condannato in forza della sua libertà indotta dalla casualità degli eventi.
È un dato scientifico, appannaggio della biologia, che l'evoluzione biologica che ha determinato nei millenni la comparsa delle specie viventi sia frutto di un progressivo adattamento alle condizioni esterne. Parrebbe che un thelos informi il cosmo; una forza che imprime alla materia vivente la necessità d'imboccare determinate strade e non altre. Così potrebbe essere se la scienza non ci avvertisse che l'evoluzione, insieme alla comparsa di mille diverse forme di vita, ha comportato anche la scomparsa di tante altre. Ciò che impedisce la facile risposta che tutto è preordinato da una Mente Superiore è la consapevolezza che i mutamenti che hanno indotto la diversificazione e la mutazione biologica delle specie viventi sono avvenuti con estrema gradualità e, soprattutto, si è trattato di "eventi casuali". Al contrario di quanto immaginato poc'anzi, parrebbe dunque che la casualità, il caso libero da ogni regola, abbia 'indicato' alla materia vivente quale direzione imboccare: la più favorevole e vantaggiosa ai fini della preservazione della vita (bios) sul pianeta. Ma ancora una volta è la stessa biologia che, stravolgendo ogni possibile certezza, ci informa che quegli eventi casuali, vantaggiosi dal punto di vista adattivo, s'inscrivono nel patrimonio genetico delle nuove o innovate forme di vita per essere necessariamente trasmessi alle generazioni successive.
È il caso che diventa necessità.
I due concetti, caso e necessità, pare quasi colloquino fra loro in maniera osmotica, compenetrandosi l'uno nell'altra. Non son dunque antitetici. Non è più vero che ove sta l'uno non può esservi l'altra.
La sintesi fra queste due forze è già nelle cose, nella Natura che agisce come una sorta di enorme imbuto, il cui vertice sia rivolto verso il basso.
Il caso agisce e dispiega la propria azione entro l'area delimitata dalle pareti dell'imbuto. Si muove disordinatamente, senza alcuna regola interna prefissata e senza che sia possibile opporgli una resistenza tale da incanalarlo compiutamente entro un binario pre-determinato da forze esterne e da chi in esso si trova coinvolto. Entro tale area si dispiega interamente la piena libertà. Tutto l'intero processo che si osserva, pur nella sua intima indeterminatezza, rotola pian piano verso la strozzatura dell'imbuto. Le sue pareti, convogliandone il percorso, lo determinano nel suo complesso, facendo in modo che in quella strettoia si dirigano e da essa passino solo le cose volute, utili e vantaggiose per la necessità che in definitiva lo informa, riempiendolo così di sue qualificazioni e caratteristiche: quelle e non altre. Ciò che non è coerente con detta necessità (determinata a priori?) si disperde, evapora o addirittura mai si compie, non divenendo mai realtà... è ciò che io chiamerei 'ridondanze'.
L'area compresa fra le due pareti dell'imbuto è l'area d'azione piena del caso; le pareti che delimitano e danno forma all'imbuto contenitore e la strozzatura che lo incanala, sono la necessità. Così il caso agisce liberamente e senza alcuna regola interna solo nell'ambito della propria area d'azione, ma sottostà alle regole esogene stabilite dalla necessità, perché dalla strozzatura passano solo gli elementi determinati e voluti da questa.
Questo particolarissimo paradigma, credo abbastanza razionale, lo si potrebbe adattare sia alla metafisica o trascendenza, oppure adattarlo per una visione della vita che prescinda da Dio.
Ora volendo provare a sospendere per un solo attimo qualsiasi connotazione metafisica, e attenerci esclusivamente a ciò che è riscontrabile in Natura, si potrebbero ravvisare delle consonanze fra il concetto di libertà condizionata, libertà vigilata e questo paradigma.
Le pareti dell'imbuto sarebbero rappresentate dal profondo di ciascuno di noi, dall'inconscio o anima, sarebbero quindi la necessità che coarta il caso; lo spazio entrostante e delimitato da dette pareti, sarebbe l'area d'azione nel cui ambito il caso, il nostro agire e le forze della Natura che interferiscono la nostra attività cosciente operano con indeterminatezza ed in assenza di regole interne pre-determinate, entro cui si dipana la grande matassa chiamata vita.
Noi agiamo mossi dalla nostra volontà cosciente. Quando lo facciamo operiamo delle scelte che vanno ad intersecare e sono intersecate dalle scelte altrui, di chi ci vive affianco. Non solo. Le nostre scelte sono fortemente interferite dalla casualità (un masso che cade all'improvviso determina una reazione), ed influenzate fortissimamente dall'azione della Natura. La nostra volontà cosciente è fortemente suggestionata ed ispirata anche da quanto staziona nel profondo di ciascuno di noi: dal nostro inconscio, dalla nostra anima. Il tutto, come un coagulo di cui non è nota la composizione e il corretto dosaggio, determina l'esperienza e la nostra vita. Per quello noi non viviamo la vita, ma è essa che vive noi, e la nostra libertà si concreta in quell'eterno oscillare o bordeggiare fra un limite e l'altro, fra un confine e l'altro, producendo questo nostro eterno vagolare fra forre e gore ove l'ombra sovrasta la luce. L'abnorme che è in ciascuno di noi è ciò che, in ultima analisi, determina il nostro moto oscillatorio. Che sia privo di senso, impregnato di casualità, o denso di significato, quindi necessario, non so, credo che rispondere a questo eterno quesito spetti un po' a ciascuno di noi.
Io, per il momento, rinuncio e, dopo tutto questo mio parlare, mi piego alla ma libera necessità: inforco le cuffie, chiudo caso e necessità fuori dalla porta e mi godo in pace Koln Concert di Keith Jarrett... Arrivederci.
Siamo determinati, ad illuderci, di essere liberi.
Se uno accetta la necessita', accetta anche la Maschera della Liberta'. Come potrebbe essere altrimenti?
La vita e' un caso, ma e' l'unico caso in cui noi possiamo vivere, o al peggio sopravvivere, quindi quel caso, non e' un caso per noi. Ma un oggetto di desiderio, un caso desiderabile, un caso buono.
Un caso, che genera una volonta', che si auto vuole.
La possibilita'/virtualita' di una coscienza nel contesto di uno spazio o di una storia e' identica alla coscienza stessa: la vita, puo' essere solo col corpo anche quando il corpo non c'e', (una assenza di corpo) o non ce ne' solo uno (una molteplicita' di corpi) o ce n'e' meno di uno (una frazione, un brandello di corpo). Non c'e' nessuna possibilita' di vita disincarnata: Il corpo, l'avere un corpo, il "formarsi" del corpo a partire da altri elementi piu' semplici, esprime tanto la possibilita', il mero poter essere, quanto la realta', o il "successo", evolutivo e competitivo, della vita.
La coscienza, e' sempre somatica, ed e' sempre il limite massimo della conoscenza: siamo circondati dalla morte, da materia inerte in cui la vita non si e' generata e quindi da materia inerte che ha preso strade alternative a quella che e' la "strada", il percorso evolutivo "stretto e ben direzionato" della vita, ma della morte, noi nulla sappiamo.
Sappiamo del lutto, cioe' che se contempliamo l'assenza della vita di una persona cara, la desideriamo, e vieppiu' se facciamo lo sforzo di contemplare dall'esterno l'assenza possibile e plausibile della nostra stessa vita in un mondo che continui uguale a se stesso ceteris paribus, la desideriamo.
Nel caso che genera' una volonta', c'e' annidata, sul fondo, luminosa e tangibile quella stessa volonta'. Che quel caso si "verifichi" o no, cioe' che quel caso esprima o no la sua possibile analogia con l'arbitrio, con l'umana liberta': la volonta' "descrive" anche come strumento logico operativo quel caso. Tanto, che non lo possiamo pensare sensa.
Una vita "a caso", e' una vita che non si vuole.
E se non si vuole, non sopravvive fino al punto, dello spazio e del tempo, in cui noi possiamo individuarla come vita.
Muore molto prima, lasciando spazio ad altre vite o a deserti privi di vita. Infondo pure i dinosauri, hanno lottato a loro tempo per la loro sopravvivenza, pure i primi batteri oceanici, pure le prime piante, tutti. Tutti hanno un programma autoreplicante che usa l'organismo per replicarsi.
Il caso, e' il caos contro cui lotta la vita; se c'e' l'una, sempre osserviamo intorno che c'e' una quantomeno relativa assenza dell'altro, e se c'e' l'altro in tutta la sua completezza, non ce' l'una.
Più che sottostare a categorie metafisiche, penso che gli elementi costitutivi della Storia siano ancora e sempre quelli, di natura antropologica, individuati da uno che la visse in prima persona, da una plancia di comando: virtù e fortuna.
Virtù delle avanguardie e classi che sanno interpretare abilmente una contingenza storica e fortuna nell'eterogenesi di cause e fini che tale interpretazione assecondano o meno.
Tali fattori devono essere proporzionati alla difficoltà dell'impresa e chi ha il potere lo sa, per cui impiegherà tutta la sua virtù dominante e la fortuna acquisita per neutralizzare, meglio preventivamente, ogni possibile assalto.
Direi che mai come oggi il potere imperiale occidentale si è trovato in una condizione di così marcato vantaggio nei confronti della plebe, al punto che solo altri poteri esterni potranno eroderne la fortuna.
Quando ciò accade, inutile interrogarsi su quale sarà l'esito. A meno che la fortuna non inventi l'Impossibile.
Citazione di: Visechi il 06 Settembre 2024, 11:26:14 AMCosì il caso agisce liberamente e senza alcuna regola
Hai delle teorie predeterminate oppure sono solo un motivo come un altro per dialogare?
Se vogliamo usare razionalità, come dici, del puro caso non dovremmo neanche parlare, se non intendendo ciò che pur essendo soggetto a regole non possiamo determinare, non facendo dei nostri limiti ''un caso''.
Per contro, una realtà che obbedisca a regole, obbedisce a qualcosa che essendo fuori di sè la governa, il che equivale ad un Dio che fatte le regole non sia più intervenuto, ma che un Dio rimane.
Se necessario questo Dio lo assumeremo pure, ma è davvero necessario, o è sufficiente appellarsi ad una coerenza tutta interna alla realtà, che perciò si presta ad essere determinata?
Se le cose stanno così diremo la realtà determinata solo nella misura in cui riusciamo a determinarla, e diversamente casuale?
Ovviamente no.
C'è una determinabilità potenziale, la cui possibilità riposa sull'intrinseca coerenza della realtà , e che non si esplica in una sola forma.
Nella misura in cui ne conosciamo una sola forma siamo scusati se abbiamo scambiato la coerenza della realtà, da cui deriva la sua determinabilità, con l'essere determinata.
La realtà appare determinata a chi la indaghi, ma la forma di determinismo che se ne ricava dipende da chi la interroga, nei limiti delle domande che è in grado di porre.
La realtà cioè risponde a tono a chi la interroga, anche se siamo portati a credere che la natura risponda anche quando non venga interrogata, come quando aprendo gli occhi essa ci appare.
La scienza ci suggerisce però che questa sia solo una delle possibili apparenze, proponendocene di alternative,c he però non appaiono più aprendo gli occhi, non riuscendo in pochi secoli ad eguagliare i risultati di miliardi di anni di evoluzione quanto meno nella forma, mentre per quanto riguarda la sostanza è messa molto meglio, per quanto abbia ancora tanto di imparare.
Citazione di: iano il 06 Settembre 2024, 17:27:52 PMHai delle teorie predeterminate oppure sono solo un motivo come un altro per dialogare?
Cioè?
Se vogliamo usare razionalità, come dici, del puro caso non dovremmo neanche parlare.Imbocco per 'caso' una strada sconosciuta di una città sconosciuta, in un'ora insolita e in quel momento un pezzo di cornicione mi cade in testa... per caso o razionalmente?
Tutto qui!
La scienza può spiegare tutto e, in effetti, tutto spiega, ma non sa il perché delle cose, men che meno racconta le emozioni o la coscienza... ma la scienza tutto sa.
Citazione di: Visechi il 06 Settembre 2024, 20:20:32 PMImbocco per 'caso' una strada sconosciuta di una città sconosciuta, in un'ora insolita e in quel momento un pezzo di cornicione mi cade in testa... per caso o razionalmente?
Quindi non chiedi il risarcimento al proprietario del palazzo per mancata manutenzione?
Il problema della casualità è che possiamo affermarla ma non falsificarla, cioè è a tutti gli effetti una assunzione metafisica e neanche necessaria. Basta dire infatti che non conoscendo le cause non possiamo prevedere gli effetti, restando dentro al determinismo, e non è che io ci tenga particolarmente a restarci dentro, ma per uscirne fuori non basta il tuo esempio.
Non sto dicendo che fare assunzioni metafisiche sia cosa del tutto aliena al processo razionale, ma che non è razionale fare assunzioni metafisiche non necessarie.
Citazione di: iano il 06 Settembre 2024, 23:48:51 PMQuindi non chiedi il risarcimento al proprietario del palazzo per mancata manutenzione?
Appunto l'abbiamo falsificata. Com'è facile falsificare tante "fatalità" infortunistiche. E prevenirle, in barba al prezzemolino "caso".
Gli aerei non cadono per caso, per quanto casuale sia il fatto che io ci fossi in quell'aereo, o non ci fossi perché il taxi arrivò in ritardo all'aeroporto. Quindi per caso ? No, perché c'era un ingorgo. Casuale ? No, perché le città fanno schifo ...
A guardarlo bene anche il caso è una cosa. Quindi qual-cosa di determinabile. Come insegna Bacone enumerando i "casi" possibili attraverso il metodo induttivo, fino a renderli non più casuali, ma deterministici.
Direi che il concetto machiavelliano di
(s)fortuna è più epistemico e meno metafisico della "casualità". E pertanto più "scientificamente" gestibile.
L'imponderabile e l'imponderato, l'imprevedibile e l'imprevisto non sottostanno ad alcuna episteme, son più affini, entrambi, alla doxa. Ad essa si piegano come canne al vento.
L'imponderabile è l'imponderato, l'imprevedibile è l'imprevisto. Più questione di ignoranza che di sfiga o fato, e pertanto non resta che la doxa. Ma si può sempre fare meglio, epistemicamente parlando.
Il caso è ignoranza. Nessuno conosce tutto il possibile. Più conosciamo più ignoriamo. Più conosciamo, più si amplia lo spazio che il caso permea.
"Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell'anima: così profondo è il suo lògos"
Citazione di: Visechi il 07 Settembre 2024, 22:13:03 PMIl caso è ignoranza.
Quindi sostituendo nella tua seguente frase
''l concetti di caso e di necessità, comunemente considerati come antitetici, sono alla base della nostra idea di libertà''
otteniamo la nuova frase
'' I concetti di ignoranza e di necessità, comunemente considerati antitetici......''
Che però è falsa.
Ho detto che quello che si spaccia per caso è spesso incuria e ignoranza. Poiché sul caso realmente imprevedibile non possiamo fare nulla (fenomeni eccezionali, rischi residui) vediamo almeno di metterci la coscienza a posto su ciò che è prevedibile e prevenibile.
Questione più fisica che metafisica. E più illuminante, a livello antropologico, la coppia machiavellica: virtù e fortuna. Intese in senso classico come valore e fato.
Caso e necessità puzza di poco approfondita veterometafisica.
Caso e necessità funzionano benissimo in certe sfere della conoscenza come l'evoluzionismo, mentre a livello storico subentra quella parte strettamente umana che è già stata illustrata nel primo post e che può essere anche riassunta con virtù e fortuna. A me piace più la sintesi di Sartre quando scrive che noi umani siamo ció che facciamo di quello che ci è stato fatto. In una breve frase entra la necessità (della storia già avvenuta) ma anche la virtù di ciò che dobbiamo e possiamo fare di noi, senza alcun determinismo.
La Storia è relazione.
Gli accadimenti di cui la Storia si interessa e di cui è intessuta credo siano determinati da due fattori: il caso l'imponderabile/imprevedibile/ignoranzae l'agire umano.
Citazione di: Visechi il 08 Settembre 2024, 17:37:28 PMLa Storia è relazione.
Gli accadimenti di cui la Storia si interessa e di cui è intessuta credo siano determinati da due fattori: il caso l'imponderabile/imprevedibile/ignoranzae l'agire umano.
Quindi il ponderabile/prevedibile/comprensibile se non riguarda l'agire umano non determina gli accadimenti che interessano la Storia...
Come mai?
No! Se gli eventi, gli accadimenti, i fatti non intersecano l'umano, non sono storia, lo divengono e lo sono quando e se intersecano l'umano.
Un albero che cade senza che nessuno possa essere testimone della sua caduta, produce rumore?
Cosa c'entra l'agire umano con il testimoniare un evento?
E l'evento che si testimonia non poteva essere comunque prevedibile?
Che senso ha distinguere gli eventi storici tra imprevedibili e dovuti all'agire umano? E tutto il resto?
Non fa rumore un albero che cade senza che nessuno ne sia testimone?
Come si fa ad affermarlo?
Se vi è qualcuno presente, allora fa rumore, in caso contrario no?
Che abbia fatto comunque rumore non può essere dedotto? È proprio necessario testimoniarlo?
Purtroppo gli umani sono specialisti nel fare storia anche con i disastri naturali che producono. E assai poco abili a gestire quelli che si producono da soli (terremoti, alluvioni, siccità, frane, valanghe,...) che finiscono per fare storia per l'incuria umana. Sullo sfondo c'è sempre physis ad intrecciarsi con la storia umana. Se l'Armada Invencible non fosse incappata in una tempesta, o Colombo e Magellano vi fossero incappati di brutto, anche la storia sarebbe cambiata. La neve benedetta e le temperature polari hanno cambiato la storia di chi voleva stanare l'orso russo, augurandogli ogni bene.
Citazione di: bobmax il 09 Settembre 2024, 13:54:56 PMCosa c'entra l'agire umano con il testimoniare un evento?
E l'evento che si testimonia non poteva essere comunque prevedibile?
Che senso ha distinguere gli eventi storici tra imprevedibili e dovuti all'agire umano? E tutto il resto?
Non fa rumore un albero che cade senza che nessuno ne sia testimone?
Come si fa ad affermarlo?
Se vi è qualcuno presente, allora fa rumore, in caso contrario no?
Che abbia fatto comunque rumore non può essere dedotto? È proprio necessario testimoniarlo?
Già, non vi è narrazione, men che meno storia se non vi è testimonianza di quell'evento... manca ed è assente addirittura l'evento stesso, che si rende concreto e si storicizza solo quando una narrazione lo rende storia.
Hai tu per caso contezza di qualcosa che non sia mai accaduto?
Allo stesso modo tu (intendi nessuno) puoi aver contezza di un qualcosa privo di narrazione. Ciò perché la storia è relazione. E non può esservi rumore se non vi è chi possa testimoniare la caduta di un albero. Come non vi era evento cosmico prodotto da qualche supernova fintanto che le sue conseguenze non hanno intercettato l'esistenza umana. Quando un umano deduce qualcosa, entra in relazione con quel qualcosa che deduce, con l'evento, producendo così la storia.
Citazione di: Visechi il 09 Settembre 2024, 14:29:08 PMGià, non vi è narrazione, men che meno storia se non vi è testimonianza di quell'evento... manca ed è assente addirittura l'evento stesso, che si rende concreto e si storicizza solo quando una narrazione lo rende storia.
Hai tu per caso contezza di qualcosa che non sia mai accaduto?
Allo stesso modo tu (intendi nessuno) puoi aver contezza di un qualcosa privo di narrazione. Ciò perché la storia è relazione. E non può esservi rumore se non vi è chi possa testimoniare la caduta di un albero. Come non vi era evento cosmico prodotto da qualche supernova fintanto che le sue conseguenze non hanno intercettato l'esistenza umana. Quando un umano deduce qualcosa, entra in relazione con quel qualcosa che deduce, con l'evento, producendo così la storia.
Ho senz'altro contezza di eventi che non sono mai avvenuti.
Perché la narrazione può benissimo essere falsata.
Se un evento intercetta te, allora esiste, se no non esiste...
Ma se intercetta te e non me?
Allora esiste e non esiste?
Citazione di: bobmax il 09 Settembre 2024, 14:47:33 PMHo senz'altro contezza di eventi che non sono mai avvenuti.
Perché la narrazione può benissimo essere falsata.
Se un evento intercetta te, allora esiste, se no non esiste...
Ma se intercetta te e non me?
Allora esiste e non esiste?
Certo, la storia è relazione ed è storia proprio in virtù di questo evento. Se hai contezza di una narrazione falsata, è la narrazione che diventa storia.
L'esperienza di Gesù, in questo ambito, è esantematica.
@ Visechi.
Tu scrivi:
''Allo stesso modo tu (intendi nessuno) puoi aver contezza di un qualcosa privo di narrazione. Ciò perché la storia è relazione. ''
Sono d'accordo, e mi sembra sia un paradigma che tu applichi alla storia, ma che possieda una potenziale validità generale.
In effetti già la percezione di un evento è una narrazione ''istantanea'' della realtà che si produce nella nostra relazione con essa.
La narrazione storica è poi di livello superiore, in quanto mette in relazione fra loro gli eventi, prendendoci nel farlo il tempo che ci vuole, non dipendendo da ciò relativamente la nostra sopravvivenza.
In un caso o nell'altro si tratta di ridurre la complessità del reale al fine di governarlo, per potervi agire, laddove la semplificazione, necessariamente introdotta, genera una ''falsità'' funzionale a vari livelli, che meglio appare man mano che si sale di livello.
Man mano che si scende invece di livello, venendo meno la coscienza della relazione , si prova perciò la sensazione di un rapporto diretto con la realtà, senza un racconto che vi medi, laddove la realtà ci appare per quel che è, senza che ci stiamo a ''raccontare storie''.
In altri termini la storia è una fase che si pone a un livello superiore nel processo di percezione della realtà, espandendone la durata.
L'esistenza è relazione, nient'altro che relazione.
Tutto quello che c'è, c'è in quanto relazione.
Perciò pure la Storia e tutto il resto.
Relazione, comunicazione, nient'altro che questo è la esistenza.
Comunicazione pura, senza neppure nessuno che comunichi.
È l'esistere che, in quanto comunicazione, cerca di tornare a Essere
È l'esistere che, in quanto comunicazione, cerca di tornare a Essere
Con me sii semplice, sono un ignorante e certe sottigliezze non le capisco.
Citazione di: Visechi il 09 Settembre 2024, 15:56:26 PMÈ l'esistere che, in quanto comunicazione, cerca di tornare a Essere
Con me sii semplice, sono un ignorante e certe sottigliezze non le capisco.
L'esistere è lo stare.
Io sto qua, tu stai là, qualsiasi cosa esiste in quanto sta da qualche parte.
L'esistere è perciò una scissione.
Che in ultima analisi è scissione soggetto/ oggetto.
Questa separazione si manifesta attraverso la relazione. Cioè vi è una comunicazione che mette in relazione ciò che è scisso, separato.
Questa è l'esistenza.
Ma l'esistenza non soddisfa mai del tutto... Perché vi è il male, la ingiustizia, la sofferenza.
La scissione permette l'esistenza, ma allo stesso tempo implica il male.
Tuttavia la comunicazione mostra la scissione, ma è pure lo sforzo continuo di superarla
È l'amore che muove ogni cosa per tornare all'unità.
Puoi rendertene conto davanti all'amato che non c'è più.
Prima esisteva, ora non più.
Chi, cosa amavo e amo?
Se tieni fermo il tuo amore, potrai constatare come l'oggetto del tuo amore non sia in realtà mai esistito. Era un nulla allora, così come lo è adesso che non esiste più.
Amavi e ami Nulla.
Eppure quel Nulla è Essere!
Cioè è ciò che davvero conta, ciò che vale, ciò che dà senso all'esistenza.
Essere = Nulla
E tu chi sei allora?
Non sei forse Essere?
Cosa ti dice questo tuo amore per l'amato se non che siete Uno?
Ah! Interessante.
Hai notato quanto è invalsa l'abitudine di ragionar degli elefanti disquisendo senza requie della conformazione dei pori della sua pelle? Accade! Alla fine si sa tutto sui pori e sulla pelle, ma non si riesce a distinguere un elegante da un topolino.
Citazione di: Ipazia il 09 Settembre 2024, 13:55:34 PMLa neve benedetta e le temperature polari hanno cambiato la storia di chi voleva stanare l'orso russo, augurandogli ogni bene.
Interessante il breve saggio in calce al romanzo che racconta l'evento da te citato. (Rettifico, non l'evento da te citato, ma quello precedente è abbastanza analogo)
La storia non la costruisce il singolo eroe, è costruzione umana intesa come massa, folla... non troppo distante da quanto asserisce il Manzoni.
Entrambi non attribuiscono un'identità ed un carattere ben definito a questo 'coagulo' umano da cui si genera la storia. Non ci sono Stalin, Napoleone, Hitler o Mussolini o Churchill. La storia, in mano a Tolstoj, assume i connotati di un Fato ineludibile
Citazione di: Visechi il 09 Settembre 2024, 19:32:00 PMEntrambi non attribuiscono un'identità ed un carattere ben definito a questo 'coagulo' umano da cui si genera la storia. Non ci sono Stalin, Napoleone, Hitler o Mussolini o Churchill. La storia, in mano a Tolstoj, assume i connotati di un Fato ineludibile
Direi pure che "qualcuno se l'è andata a cercare". Col sangue degli altri, as usual. Il gelo russo ha fatto il resto.
Citazione di: Visechi il 09 Settembre 2024, 19:32:00 PMLa storia non la costruisce il singolo eroe, è costruzione umana intesa come massa
L'eroe è una necessità narrativa. Una semplificazione.
Diversamente come è possibile raccontare la storia di una massa ?
Il rischio è che poi qualcuno creda davvero che a fare la storia siano gli eroi, assimilando la narrazione a ciò che viene narrato.
Citazione di: Visechi il 05 Settembre 2024, 21:59:00 PMGli accadimenti di cui la Storia si interessa e di cui è intessuta credo siano determinati da due fattori: il caso e l'agire umano. Quest'ultimo è generato dalle nostre scelte, dai dibattiti e dal confronto, anche introspettivo. Il nostro agire, l'insieme delle azioni che compiamo ogni giorno, s'inserisce fattivamente nella casualità degli accadimenti. I due elementi non sono scindibili, e, in questo connubio, l'agire umano opera affinché la congiuntura imbocchi una determinata direttrice anziché un'altra. Quella, presumibilmente, più consona ai vantaggi, ai desiderata e ai benefici di chi quell'agire in massima parte produce. Il caso, a sua volta, interagisce con l'opera dell'uomo, e i due elementi interagiscono in un rapporto dialettico, dinamico e sempre precario.
Si trascura il fatto che la stessa azione dell'uomo è determinata dalla casualità.
Citazione di: Visechi il 05 Settembre 2024, 21:59:00 PMLe caratteristiche peculiari dell'uomo, quelle che lo hanno allontanato dallo status di primigenia animalità irrazionale, si esaltano quando è lui (l'Uomo) a governare la Storia, viceversa, si mortificano allorquando la subisce, perché in questo secondo contesto sarebbero l'animalità e il caso a costringere il suo agire, che, così, avrebbe un ruolo conseguente, non causante. In poche parole, se è vero che non è l'uomo a fare la Storia, è ancor più vero che la sua azione concorre fattivamente a costruirla, pertanto, per dirla con Gramsci, che si acquisisca almeno quello scampolo di volontà e consapevolezza per costruire quella frazione di Storia che ci compete. Odio gli indifferenti.
Ma la storia non è governabile dall'uomo perchè lo trascende, l'uomo può governare pezzetti, parti di storia, non la storia.
Citazione di: baylham il 10 Settembre 2024, 11:52:49 AMSi trascura il fatto che la stessa azione dell'uomo è determinata dalla casualità.
Non mi pare sia stai trascurato questo fatto, ma semmai abbiamo pignolescamente precisato la natura del caso, il cui effetto però secondo me è trascurabile.
Non è trascurabile solo se si pensa davvero che la storia sia fatta essenzialmente da pochi significativi individui , perchè in tal caso diventa essenziale alla storia il loro libero arbitrio.
Diversamente interessando il libero arbitrio una massa esso non spinge mediamente in una direzione particolare, e se una tendenza invece viene rilevata essa è da attribuire alla cultura della massa, al contingente comune sentire degli individui che la costituiscono.
Le scelte dell'individuo sono condizionate dall'aria culturale che respira.
La storia di un popolo è già scritta nel suo comune sentire.
Citazione di: iano il 10 Settembre 2024, 10:23:18 AML'eroe è una necessità narrativa. Una semplificazione.
Diversamente come è possibile raccontare la storia di una massa ?
Il rischio è che poi qualcuno creda davvero che a fare la storia siano gli eroi, assimilando la narrazione a ciò che viene narrato.
Senza un Garibaldi che sarebbe stato "dell'unità d'Italia"?
È possibile immaginare un esito diverso o un percorso più rocambolesco?
La massa spersonalizzata e priva di identità è davvero l'unica protagonista della storia?
O forse 'l'eroe' è colui che riesce ad incanalare l'energia che la massa è capace di produrre se opportunamente stimolata.
Citazione di: Visechi il 10 Settembre 2024, 15:47:15 PMSenza un Garibaldi che sarebbe stato "dell'unità d'Italia"?
È possibile immaginare un esito diverso o un percorso più rocambolesco?
La massa spersonalizzata e priva di identità è davvero l'unica protagonista della storia?
O forse 'l'eroe' è colui che riesce ad incanalare l'energia che la massa è capace di produrre se opportunamente stimolata.
Certo Garibaldi sembra davvero un eccezione.
In generale credo comunque che un Garibaldi, un Napoleone, o un Hitler, lo si trovi sempre, pronto a cogliere l'occasione, nel bene e nel male, quando il momento storico matura.
Citazione di: iano il 10 Settembre 2024, 17:57:18 PMCerto Garibaldi sembra davvero un eccezione.
In generale credo comunque che un Garibaldi, un Napoleone, o un Hitler, lo si trovi sempre, pronto a cogliere l'occasione, nel bene e nel male, quando il momento storico matura.
Di contro: che si direbbe di Garibaldi oggi senza le masse che lo hanno seguito?
La storia che lo ha coinvolto e che lui ha contribuito a costruire sta in piedi solo se si tiene conto di entrambi i fattori: l'uomo e la massa, il popolo. In assenza di uno non ci sarebbe l'altro.
Ma son questi gli unici veri ingredienti dell'evento, i soli protagonisti?
Citazione di: Visechi il 10 Settembre 2024, 18:13:13 PMDi contro: che si direbbe di Garibaldi oggi senza le masse che lo hanno seguito?
La storia che lo ha coinvolto e che lui ha contribuito a costruire sta in piedi solo se si tiene conto di entrambi i fattori: l'uomo e la massa, il popolo. In assenza di uno non ci sarebbe l'altro.
Ma son questi gli unici veri ingredienti dell'evento, i soli protagonisti?
No, come abbiamo detto intervengono fattori imprevedibili di fatto, o prevedibili ma ignorati, come il cambiamento climatico, che farà la storia dei secoli a venire.
Bisogna tenere conto anche di una ''inerzia della massa'' a prendere coscienza, se è vero che è da almeno da 50 anni che il processo di presa di coscienza ecologica si è messo in moto senza essere giunto ancora a compimento.
Citazione di: iano il 10 Settembre 2024, 12:26:37 PMNon mi pare sia stai trascurato questo fatto, ma semmai abbiamo pignolescamente precisato la natura del caso, il cui effetto però secondo me è trascurabile.
Non è trascurabile solo se si pensa davvero che la storia sia fatta essenzialmente da pochi significativi individui , perchè in tal caso diventa essenziale alla storia il loro libero arbitrio.
Diversamente interessando il libero arbitrio una massa esso non spinge mediamente in una direzione particolare, e se una tendenza invece viene rilevata essa è da attribuire alla cultura della massa, al contingente comune sentire degli individui che la costituiscono.
Le scelte dell'individuo sono condizionate dall'aria culturale che respira.
La storia di un popolo è già scritta nel suo comune sentire.
Intendo che la volontà, il cosiddetto libero arbitrio, è un processo con una componente casuale fondamentale. Il caso è sostanzialmente l'assenza di un progetto, per cui non condivido alcuna interpretazione volontaristica, idealistica, storicistica deterministica della storia.
I pezzi di storia umana dipendono da gruppi di individui, ma l'individuo li rende imprevedibili.
Per quanto sopra la storia di un popolo non è scritta.
È una visione molto semplicistica della storia Baylham. Che ci sia una componente di caso è ovvio ma qualunque individuo è a sua volta fatto della sua storia precedente, che è sempre una storia collettiva. La storia ha un respiro lungo come teorizzato dalla scuola storica francese classica (Braudel, le goff), per cui noi siamo ancora per molti aspetti il risultato della civilizzazione greco-romana,che condiziona tutta la direzione della nostra storia. I grandi cambiamenti storici avvengono infatti quando grandi strati della popolazione sono ricettivi rispetto ai possibili cambiamenti. La storia non si muove attraverso minoranze aristocratiche, neppure quando l'aristocrazia era al suo massimo apogeo.
Citazione di: iano il 10 Settembre 2024, 20:17:59 PMNo, come abbiamo detto intervengono fattori imprevedibili di fatto, o prevedibili ma ignorati, come il cambiamento climatico, che farà la storia dei secoli a venire.
Bisogna tenere conto anche di una ''inerzia della massa'' a prendere coscienza, se è vero che è da almeno da 50 anni che il processo di presa di coscienza ecologica si è messo in moto senza essere giunto ancora a compimento.
Bene! Le cose si complicano. In effetti, la storia non è altro che un costituente complesso di quel segmento che si interpone fra due nulla.
Oltre alle masse (che è un epiteto dispregiativo per definire la volontà del popolo), abbiamo enucleato l'azione del singolo, che, per comodità espressiva, abbiamo identificato con l'eroe (quanta storia hanno costruito gli eroi classici). Ora, però, rileviamo anche l'interazione, indispensabile - direi io -, di un altro attore, quello che io, sempre per comodità, definirei 'maturazione dei tempi', senza la quale le masse non giungerebbero alla giusta coscienza per attivarsi ed andare a costituire quell'indispensabile tassello di cui la narrazione storica non può fare a meno.
NEl prosieguo rileveremo, finalmente, l'azione del 'caso', a cui dovremo, piaccia o no, tributare i giusti onori.
Non può esistere alcun evento davvero casuale. Perché anche soltanto uno di questi eventi ci getterebbe nell'assurdo, saremmo preda del Caos, vana sarebbe ogni velleità di comprendere.
Perciò deve essere esclusa la possibilità del caso nella esistenza.
Tuttavia, essendo il caso negazione della necessità (ed ogni negazione trae la sua forza in ciò che nega...), il caso non può mai essere escluso del tutto.
Sia perché siamo qui, ora, per caso. E sia perché seppur lo espelliamo dal presente c'è lo ritroviamo all'origine del tutto.
Se poi ci appelliamo alla libertà, possiamo constatare come non vi possa essere alcun libero arbitrio individuale.
Eppure ci sentiamo liberi... come mai?
Chi siamo noi, se davvero siamo liberi, se non in quanto Essere?
Non è forse libero soltanto l'Essere?
Ma la libertà non può che comparire nel caso, e quindi nel Caos...
E non è l'amore puro Caos?
Essere = Caos
Citazione di: baylham il 11 Settembre 2024, 11:46:01 AMIntendo che la volontà, il cosiddetto libero arbitrio, è un processo con una componente casuale fondamentale. Il caso è sostanzialmente l'assenza di un progetto, per cui non condivido alcuna interpretazione volontaristica, idealistica, storicistica deterministica della storia.
I pezzi di storia umana dipendono da gruppi di individui, ma l'individuo li rende imprevedibili.
Per quanto sopra la storia di un popolo non è scritta.
Il libero arbitrio è in effetti un buon esempio di caso, per cui possiamo assimilare gli individui alle molecole di gas dentro un contenitore, le quali per quanto si agitino , sono mediamente ferme. Se perciò rivelassimo invece una tendenza a muoversi in una direzione, guardando in quella direzione troveremmo che si è aperta una falla nel recipiente, dalla quale le molecole defluiscono per differenza di pressione.
la componente casuale non è fondamentale quindi, non producendo alcun movimento medio, in una situazione in cui tutto cambia perchè nulla mediamente cambi.
La falla apertasi assume invece rilevanza storica.
Non credo che il protagonismo di alcuni individui possa risultare decisivo alla storia, perchè sono semmai come surfisti che attendono l'onda da cavalcare.
Bene! Non avevo dubbi: il ricusato 'caso' s'impone sempre.
Citazione di: iano il 11 Settembre 2024, 15:31:31 PMLa falla apertasi assume invece rilevanza storica.
Non credo che il protagonismo di alcuni individui possa risultare decisivo alla storia, perchè sono semmai come surfisti che attendono l'onda da cavalcare.
Laddove l'abilità del surfista non è casuale, ma sagacemente costruita. E la virtù s'impone sempre.
Citazione di: Ipazia il 11 Settembre 2024, 20:05:52 PMLaddove l'abilità del surfista non è casuale, ma sagacemente costruita. E la virtù s'impone sempre.
Laddove il caso è corso in soccorso della virtù del surfista offrendogli l'opportunità di cavalcare l'onda giusta per esaltare proprio le di lui virtù. E la virtù ringrazia.
Poiché il libero arbitrio individuale non esiste, tutte le opere non sono che nulla.
Non nel senso che valgano poco, ma che sono puro nulla.
Così come nulla sono le creature che le originano.
Il figlio unigenito è stato gettato nel mondo. E il mondo è Dio.
Vi è infatti solo il figlio e il Padre.
Finché il figlio esiste.
Quando non esisterà più, tornerà a essere ciò che è sempre stato: il Padre.
Sempre più criptico.
La cripticità svanisce nel momento in cui si cambia prospettiva.
Cioè quando si usa come sistema di riferimento non più il mondo fisico, ma l'etica.
Se ciò che importa per davvero è solo il Bene, allora tutto vi si deve adeguare.
Cioè ogni "verità" del mondo deve essere intesa subalterna a ciò che davvero conta.
Persino la legge di causa-effetto deve essere messa in discussione. Perché non assoluta ed eterna ma semplice dono temporaneo del Caos.
Un dono che può essere negato in ogni istante.
Il mondo risulta perciò soltanto funzionale allo sviluppo dell'etica.
L'esistenza non ha una realtà in se stessa. Ma è l'occasione per sperimentare la metamorfosi dal non essere all'Essere.
Che il libero arbitrio individuale sia una illusione è infatti soprattutto un requisito etico.
Se fosse reale, saremmo perduti.
Citazione di: Visechi il 11 Settembre 2024, 20:56:21 PMLaddove il caso è corso in soccorso della virtù del surfista offrendogli l'opportunità di cavalcare l'onda giusta per esaltare proprio le di lui virtù. E la virtù ringrazia.
Le pecore della covidemia non possono citare il caso e neppure quelle che votano partiti guerrafondai e corrotti. Il caso antropologico serve solo ad evidenziare dove c'è o non c'è virtù. Troppo comodo farsene scudo della propria ignavia e incapacità di governare virtuosamente la propria tavola individuale.
Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2024, 06:32:28 AMLe pecore della covidemia non possono citare il caso e neppure quelle che votano partiti guerrafondai e corrotti. Il caso antropologico serve solo ad evidenziare dove c'è o non c'è virtù. Troppo comodo farsene scudo della propria ignavia e incapacità di governare virtuosamente la propria tavola individuale.
Infatti il caso non giustifica l'accaduto secondo me.
Prima però bisogna mettersi d'accordo di quale accaduto parliamo.
L' accaduto secondo me è che prima tutti si fidavano dei vaccini, e adesso non tutti si fidano.
Qual'è la causa che oggi agisce e che non agiva ieri, posto che non si possa additare il caso?
Citazione di: Jacopus il 11 Settembre 2024, 12:40:08 PMÈ una visione molto semplicistica della storia Baylham. Che ci sia una componente di caso è ovvio ma qualunque individuo è a sua volta fatto della sua storia precedente, che è sempre una storia collettiva. La storia ha un respiro lungo come teorizzato dalla scuola storica francese classica (Braudel, le goff), per cui noi siamo ancora per molti aspetti il risultato della civilizzazione greco-romana,che condiziona tutta la direzione della nostra storia. I grandi cambiamenti storici avvengono infatti quando grandi strati della popolazione sono ricettivi rispetto ai possibili cambiamenti. La storia non si muove attraverso minoranze aristocratiche, neppure quando l'aristocrazia era al suo massimo apogeo.
Non considero affatto semplicistica la mia concezione della storia, semmai complessa, visto che la considero inconoscibile ed incontrollabile da chiunque.
La dinamica dei processi storici è simile a quella biologica: l'innovazione, i cambiamenti sono individuali, casuali, la loro diffusione di gruppo, collettiva è selettiva. La velocità e profondità dei processi dipende ovviamente dal tempo della prospettiva, sguardo storico.
Considero importante l'influenza di singoli individui sui processi storici. La mia non è affatto una concezione aristocratica, l'influenza individuale spesso è negativa, non positiva: moltissimi leader politici influenti erano e sono stupidi.
In realtà è proprio una concezione aristocratica, superata da circa un secolo e più specificamente dagli studi storici francesi e prima ancora dalla visione marxista della storia.
Citazione di: baylham il 12 Settembre 2024, 10:11:53 AMl'innovazione, i cambiamenti sono individuali, casuali, la loro diffusione di gruppo, collettiva è selettiva.
La situazione non è complessa, ma semplice , come tu stesso l'hai esposta.
La natura risponde all'imprevedibile caso, cercando di disporre in modo preventivo di tutte le possibili soluzioni a qualunque caso si dovesse presentare, e maggiore è il numero di soluzioni, cioè maggiore è il numero di individui di una popolazione, maggiore è la probabilità che almeno uno di essi sia la soluzione al problema che si presenta di volta in volta.
La natura è come un generale incompetente, che disponendo però di un gran numero di soldati, anche mandandoli tutti allo sbaraglio senza una precisa strategia, riesce comunque a vincere la guerra.
Egli non ha bisogno di studiare il terreno di battaglia per decidere una strategia fidando sulla moltitudine dei suoi soldati.
Il generale più che essere incompetente non c'è proprio, stante l'impersonalità della natura.
Vero è che c'è stato un tempo in cui la natura era permeata di demoniache personificazioni, i cui capricci potevano considerarsi causa di ogni accadimento, il cui libero arbitrio aveva quindi ben altro effetto di quello degli uomini, e perciò gli uomini si riferivano al loro , considerando l'inconsistenza del proprio.
Citazione di: iano il 11 Settembre 2024, 15:31:31 PMIl libero arbitrio è in effetti un buon esempio di caso, per cui possiamo assimilare gli individui alle molecole di gas dentro un contenitore, le quali per quanto si agitino , sono mediamente ferme. Se perciò rivelassimo invece una tendenza a muoversi in una direzione, guardando in quella direzione troveremmo che si è aperta una falla nel recipiente, dalla quale le molecole defluiscono per differenza di pressione.
la componente casuale non è fondamentale quindi, non producendo alcun movimento medio, in una situazione in cui tutto cambia perchè nulla mediamente cambi.
La falla apertasi assume invece rilevanza storica.
Non credo che il protagonismo di alcuni individui possa risultare decisivo alla storia, perchè sono semmai come surfisti che attendono l'onda da cavalcare.
Le due allegorie, il processo fisico e il surf, non mi appaiono pertinenti, applicabili ai processi storici, umani.
Gli individui umani sono distinguibili l'uno dall'altro non soltanto per la loro posizione o aspetto fisico.
Nelle storie ci sono attori, protagonisti, che a differenza dei surfisti, creano e indirizzano l'onda.
Citazione di: baylham il 12 Settembre 2024, 11:02:08 AMLe due allegorie, il processo fisico e il surf, non mi appaiono pertinenti, applicabili ai processi storici, umani.
Gli individui umani sono distinguibili l'uno dall'altro non soltanto per la loro posizione o aspetto fisico.
Nelle storie ci sono attori, protagonisti, che a differenza dei surfisti, creano e indirizzano l'onda.
Credo che nelle storie ci siano necessariamente attori protagonisti non potendosi prevedere nel loro copione una parte per ogni uomo.
Ci sono quindi realmente protagonisti solo se confondiamo la realtà con la sua rappresentazione, essendo una rappresentazione del passato il racconto storico.
Al di là di alcune divagazioni poco attinenti, se non addirittura strampalate, mi pare fossimo giunti ad individuare alcuni elementi che, in concorso o in conflitto fra loro, partecipano fattivamente alla costruzione del processo storico:
Le masse, denominate così in modo spregiativo, meglio i popoli, le comunità umane. L'energia che la moltitudine umana è in grado di esprimere deve però sempre essere incanalata. A questo punto intervengono altri fattori che piegano gli eventi affinché prendano quella direzione anziché un'altra. L'individuo che riesce a coagulare intorno a sé la potenza espressa dalla moltitudine, se non addirittura a far esplodere questa energia. Per comodità l'abbiamo definito l'eroe. Ma né quest'ultimo né l'energia espressa dal popolo possono essere attivate se non intervenisse anche un fattore esogeno: la maturazione dei tempi... sempre per comodità: il climax. Come ultimo elemento abbiamo anche - finalmente - concesso cittadinanza al caso, all'imponderabile.
Il mix di tutti questi elementi determina gli eventi storici che rimarrebbero inauditi e quindi mai accaduti se non subentrasse, in ultima analisi, la narrazione. Ulisse non sarebbe mai esistito (posto che lo sia) se La tradizione omerica non ci avesse donato l'Odissea e l'Iliade. Gesù sarebbe un perfetto sconosciuto, quindi mai esistito, se non ci fossero le narrazioni gesuane.
Citazione di: Jacopus il 12 Settembre 2024, 10:18:06 AMIn realtà è proprio una concezione aristocratica, superata da circa un secolo e più specificamente dagli studi storici francesi e prima ancora dalla visione marxista della storia.
Dubito che sia superata visto che tu stesso hai citato singoli individui (Marx, Le Goff, Baudrel) a tuo sostegno, gli inventori di queste correnti politiche e storiografiche. Ancora oggi, anche in questo forum, molti dipendono strettamente da quello che ha scritto Marx (marxisti) o altri.
La mia concezione non è affatto aristocratica, come non lo è la concezione di Darwin dell'evoluzione biologica a cui mi ispiro.
Citazione di: Visechi il 12 Settembre 2024, 11:14:15 AMAl di là di alcune divagazioni poco attinenti, se non addirittura strampalate, mi pare fossimo giunti ad individuare alcuni elementi che, in concorso o in conflitto fra loro, partecipano fattivamente alla costruzione del processo storico:
Le masse, denominate così in modo spregiativo, meglio i popoli, le comunità umane. L'energia che la moltitudine umana è in grado di esprimere deve però sempre essere incanalata. A questo punto intervengono altri fattori che piegano gli eventi affinché prendano quella direzione anziché un'altra. L'individuo che riesce a coagulare intorno a sé la potenza espressa dalla moltitudine, se non addirittura a far esplodere questa energia. Per comodità l'abbiamo definito l'eroe. Ma né quest'ultimo né l'energia espressa dal popolo possono essere attivate se non intervenisse anche un fattore esogeno: la maturazione dei tempi... sempre per comodità: il climax. Come ultimo elemento abbiamo anche - finalmente - concesso cittadinanza al caso, all'imponderabile.
Il mix di tutti questi elementi determina gli eventi storici che rimarrebbero inauditi e quindi mai accaduti se non subentrasse, in ultima analisi, la narrazione. Ulisse non sarebbe mai esistito (posto che lo sia) se La tradizione omerica non ci avesse donato l'Odissea e l'Iliade. Gesù sarebbe un perfetto sconosciuto, quindi mai esistito, se non ci fossero le narrazioni gesuane.
Resta da dare un peso alle diverse cause, e se questa pesatura sia utile assumere come assioma, o se ogni caso merita una diversa pesatura.
Ma è vero che ciò che è inaudito non esiste, nel senso che non agendo è come se di fatto non fosse mai esistito?
Ciò equivale infatti ad assumere un uomo immutabile nella sua essenza, che non venga cioè modificato dai fatti, e che queste modifiche non si trasmettano per via genetica o culturale.
Certo essendo inaudite non potremmo addurle come cause, ma non perchè le ignoriamo esse non agiscono.
Quindi assumeremo la nostra ignoranza come concausa di quell'imprevedibilità, che convenzionalmente diciamo caso
Citazione di: baylham il 12 Settembre 2024, 11:29:41 AMMarx, Le Goff, Baudrel
Quindi se questi personaggi non fossero esistiti la storia avrebbe preso un altro corso?
Sono convinto che se non fossero esistiti, oggi parleremmo in modo equivaente di Tizio, Caio, e Sempronio.
Non solo si tratta di un onda secondo me, ma sono diversi i surfisti a cavalcarla, però di questi si ricorda solo il vincitore, che per ''sfortuna'' della medaglia d'argento Caio, alla gara ha partecipato.
E' storia poco conosciuta che alle grandi scoperte scientifiche arrivino più d'uno in contemporanea.
Le mele cadono insieme quando sono mature, ma un cadrà sempre appena prima delle altre.
Se Newton non fosse esistito oggi glorificheremmo Leibnitz, la cui notazione matematica si è preferita comunque a quella equivalente inventa da Newton, e se non fosse esistito Darwin oggi glorificheremmo Wallace, le cui notazioni descrittive coincidevano con quelle di Darwin.
A quanto pare anche la nostra memoria storica è soggetta a una necessaria selezione , non potendosi tutto ricordare, cosicché alcune cose sembreranno brillare di più per contrasto con ciò che viene oscurato.
Citazione di: iano il 12 Settembre 2024, 12:15:43 PMQuindi se questi personaggi non fossero esistiti la storia avrebbe preso un altro corso?
Sono convinto che se non fossero esistiti, oggi parleremmo in modo equivaente di Tizio, Caio, e Sempronio.
Non reputo così importanti dal punto di vista storico gli storici, ma sicuramente non è indifferente per la storia che il più influente politico comunista sia stato Marx, nel bene e nel male, invece di altri.
Comunque, ripensando il mio precedente intervento, è proprio l'allegoria del surf che non è pertinente, adatta. Il surfista è una categoria completamente diversa da quella dell'onda.
Citazione di: baylham il 12 Settembre 2024, 15:13:21 PMComunque, ripensando il mio precedente intervento, è proprio l'allegoria del surf che non è pertinente, adatta. Il surfista è una categoria completamente diversa da quella dell'onda.
Infatti è di una categoria diversa, e l'analogia può calzare se l'umanità non è l'uomo, per quanto possa valere un analogia.
Al posto del surfista avrei dovuto metter la goccia d'acqua forse, ma le gocce d'acqua sono gli individui che costituiscono la massa, siamo io e te, non Marx.
Ma fuori dall'analogia non è veramente importante cosa dice Marx o Newton, ma il fatto che le loro teorie siano sufficientemente condivise, secondo me.
E' questa condivisione che fa la storia, e al di là del loro valore intrinseco o della oratoria affascinante dell'autore, le teorie non hanno effetto se non vengono recepite, e per essere recepite di vuole una massa che a quelle teorie sia nel frattempo divenuta ricettiva.
Che effetto avrebbe avuto Marx durante l'impero romano, e che effetto avrebbe Gesù oggi?
Detto in altre parole non credo alla favola del piffero magico, e comunque suonando la stessa musica di allora il pifferaio avrebbe lo stesso successo oggi?
Questo è un post di "filosofia della storia", la cui domanda è: la storia ha una direzione e se ha una direzione, chi o cosa decide quella direzione e non un'altra?
Come premessa occorre dire che la storia è il racconto di "mutamenti culturali". L'uomo di natura, quello che viveva prima di aver assaggiato dall'albero della conoscenza del bene e del male non è un soggetto storico ma un soggetto biologico, vivente in un eterno presente.
La cultura invece ci ha resi avezzi al mutamento, mutamento indirizzato al miglioramento della condizione umana, sia di una minoranza, sia di una maggioranza, sia di tutti, sia di uno.
Una volta che la ruota della storia si è attivata, non è più stato possibile fermarla. E subito (quasi subito) si è inserito il pensiero che la storia era un cammino verso il bene, la gloria, l'immortalità, la conoscenza. È il nostro stesso cervello a costruire narrazioni di senso continuamente e lo fa anche a proposito della storia.
Ora resta da capire qual'è il motore o i motori della storia. Come ho già scritto, la storia avvenuta condiziona il presente e il futuro. Ad esempio, facendo un paragone biologico, noi siamo primati, ma nell'essere primati, abbiamo dovuto adeguarci alla condizione di mammiferi e prima ancora di vertebrati. Nessuna specie di primate è stata in grado di sviluppare delle branchie o di ottenere dei denti velenosi.
Nietzsche ha parlato di questa onda lunga della storia quando affronta il tema dell'eterno ritorno, proprio nel senso che per costruire l'uomo nuovo occorre superare la pesantezza della storia precedente. Per Marx e per il pensiero positivista nelle sue varie scuole, invece non servono scorciatoie da Ubermensch. La storia si definirà da sola, nella dialettica delle classi che sfocerà nella società degli "uomini buoni".
A me sembra più appropriato il messaggio dato da Sartre, che tiene presente il condizionamento storico (determinismo) ma anche la libertà dei singoli (libero arbitrio), scrivendo: l'uomo è ciò che sa fare di ciò che la storia ha fatto di lui. E in questo fattore "libertà" ha il suo peso estremo la capacità auto riflessiva e critica dell'uomo. Che vi sia un fattore libertà è evidente. Se non vi fosse, tutte le società umane sarebbero uguali, mentre sappiamo che sono estremamente differenti nel tempo e nello spazio.
Infine, accanto alla dialettica soggetto (libertà), oggetto (determinismo), è sempre seduto il convitato di pietra, il caso, che a sua volta danza la danza della storia con i due tipi più noti.
Sulla questione eroi, è innegabile che qualcuno abbia inciso più di altri nella storia, ma credo anche che le società più armoniose siano quelle che non hanno bisogno di eroi, come vaticinava Brecht.
Citazione di: Jacopus il 12 Settembre 2024, 17:10:24 PMQuesto è un post di "filosofia della storia", la cui domanda è: la storia ha una direzione e se ha una direzione, chi o cosa decide quella direzione e non un'altra?
Come premessa occorre dire che la storia è il racconto di "mutamenti culturali". L'uomo di natura, quello che viveva prima di aver assaggiato dall'albero della conoscenza del bene e del male non è un soggetto storico ma un soggetto biologico, vivente in un eterno presente.
La cultura invece ci ha resi avezzi al mutamento, mutamento indirizzato al miglioramento della condizione umana, sia di una minoranza, sia di una maggioranza, sia di tutti, sia di uno.
Una volta che la ruota della storia si è attivata, non è più stato possibile fermarla. E subito (quasi subito) si è inserito il pensiero che la storia era un cammino verso il bene, la gloria, l'immortalità, la conoscenza. È il nostro stesso cervello a costruire narrazioni di senso continuamente e lo fa anche a proposito della storia.
...
Sulla questione eroi, è innegabile che qualcuno abbia inciso più di altri nella storia, ma credo anche che le società più armoniose siano quelle che non hanno bisogno di eroi, come vaticinava Brecht.
Quale direzione ha la storia? Io, invece, sosterrei che la storia sia la narrazione di "mutamenti sociali" che si distendono nel tempo, in un continuum senza soluzione di continuità (perciò è più corretto parlare di processi storici, non di eventi storici), e dipende, nel suo esplicarsi, da molteplici fattori, uno dei quali è senza dubbio la progressiva "maturazione culturale.La storia, abbiamo detto, è la narrazione di una serie di eventi che si dispongono nel tempo in maniera cronologica. Per cui gli eventi sono percepiti in sequenza temporale. Ma non sempre è stato così.
Per disporre gli accadimenti umani lungo un segmento intriso di temporalità avente una precisa direzione, è necessario un ingrediente imprescindibile: un telos, un fine - che è anche la sua fine -; la storia d'impregna di soteriologia perché si proietta sul futuro in attesa che si compia una promessa, oppure che si realizzi una speranza. Solo così il tempo storico si riempie di senso e si dispiega nella sua linearità. Diversamente, la storia non esiste, non si percepisce, e gli accadimenti sono narrazioni prive di telos e disposte su un tempo ciclico, ove l'inizio è anche la fine e il suo ricominciare, in un eterno riproporsi sempre uguale (i greci percepivano gli eventi in questo modo, così pure le civiltà primordiali). Non è dunque corretto sostenere che da "...subito si è inserito il pensiero..." storico. Come non è giusto ritenere che l'agire umano sia sempre volto al bene... più spesso al male. Ma questa è un'altra storia che esula dalla presente trattazione.
Se poi non si ha una chiara idea di cosa l'etica sia, allora non resta che cercare la Verità.
Il che vuol dire una lotta continua alla contraddizione, soprattutto la propria.
Senza cioè mai adagiarsi sul proprio pressappochismo.
Pure la lettura dell'Etica di Spinoza può essere d'aiuto.
Così come i dialoghi di Platone o i sermoni di Meister Eckhart. Insomma la filosofia. Poiché la Storia è soprattutto quella del pensiero umano.
Se viceversa proprio non si vede la profonda relazione tra Etica e Storia, nell'attesa che chissà qualcosa cambi... buona chiacchierata.
Grazie Bob. Visechi@. Hai perfettamente ragione. La storia come cerchio ciclico o la storia come freccia. La storia come freccia è una invenzione più recente. C'è chi la intende come freccia ineludibile perché programmata da Dio, l'uomo, il fato, l' algoritmo ecc. e c'è chi la intende come freccia che indirizziamo noi e non sempre nel giusto modo (etico direbbe Bob). Ma già in realtà nel pensiero greco si annidava la storia come freccia. Edipo Re o Antigone o Prometeo incatenato o Ulisse ne sono una chiara prova.
Sarebbe vero che quando i tempi sono maturi avvengono delle cose, ma per un mio conto tutto personale sarebbe già dal tempo di una vita intera, la nostra attuale, che i tempi sarebbero maturi e solo oggi sembra, e rimarco sembra, che si muova finalmente qualcosa. Fermo restando quanto già detto (post nr.1), per quel che riguarda invece la storia così come la raccontiamo, il termine "caso" potrebbe essere assimilato alla volontà. In ogni modo sarebbe per me istintivo e sensato pensare che la nostra volontà di azione sia mossa da una necessità qualunque essa sia. Vale a dire, la volontà, o meglio il momento in cui si esprime, sia essa quella di Tizio, Caio, Napoleone, o addirittura quella del singolo atomo radioattivo che decadrà (giusto per fare un bel mucchio), non sarebbe cosa nota a colui che osserva. Restando ora tra noi forumisti, chiaro sarebbe che se mentre navigo in una nave e faccio un certo gesto conforme al navigare il nesso causale tra il fatto di navigare e il gesto particolare potrebbe essere più che evidente, ma non sarebbe nota la necessità che mi fa navigare, ovvero non sarebbe nota la mia volontà di navigare.
Volontà e necessità producono sempre cause, si tratterebbe in fondo della stessa cosa, proprio così come anche gli effetti sono a loro volta delle cause; ma noi distinguiamo. E così distinguendole non teniamo conto che nelle sequenze del divenire le due opzioni coesistono; una sottende alla volontà di navigare e l'altra alla necessità di operare all'interno della nave. Infatti, il soggetto, il navigante, a chi gli chieda conto di un atto dirà che ha pensato di agire assecondando una necessità o una volontà, ma non si perderà certo a mettere in discussione la sua volontà di navigare. Nel caso di cui sopra ¿a prescindere dal gesto dentro la navigazione, era necessario o era volontario il voler/dover navigare? (Il navigare è l'insieme, il resto sottoinsieme).
- Eheeeeee! Ma allora, come hai detto inizialmente, bisognerebbe proprio chiederlo alla necessità qualunque essa sia, quella cioè che fa muovere l'azione ... e c'è poco da stare allegri ... il tempo di una vita hai detto! -
Eh già, il tempo. Detto questo, secondo me, la storia l'hanno fatta le pietre miliari poste lungo il suo fluire, poste tanto da eroi buoni o cattivi quanto da eventi naturali. Si potrebbe anche sostenere che la prima fu Dio; e per costui non mi è noto se sia trascorso del tempo prima che gli mettessero in bocca delle parole (eventuale pietra miliare successiva). Dopo, ci sono tutte le altre fino all'ultima, forse la bomba atomica ... robe queste, la seconda e l'ultima, che hanno molta attinenza con una morte pressoché certa. Ora c'è il clima, ma permane comunque il nostro navigare, o meglio, dato che la navigazione è ineluttabile, permangono la volontà circa il modo con cui si naviga e la necessità di cui abbisogna la navigazione. Ma il modo in cui si vuole navigare, da quale necessità qualunque essa sia è mosso?, chiedo ... giacché è l'insieme che determina il sottoinsieme
Comunque, essendo che per me la conoscenza, anche individuale, sarebbe eterodiretta, nel senso che noi saremmo in pratica costretti da "altro da me" a conoscere, la varietà delle culture mondiali prodotte sarebbe la testimonianza di come eventi naturali ed eroi buoni o cattivi possano aver impresso una direzione precisa a quella che si narra essere una cultura propria di un determinato gruppo; pura fantasia umana supportata come sempre da buoni indizi che nulla dimostrano; di fatto il fatto è che il gruppo sarebbe uno, quello umano.
Circa le masse infine, che di sicuro non sono sceme, queste, a differenza degli eroi buoni o cattivi seguono pedissequamente tali eroi, alcune benvoglienti, ma altre nolenti!!, e sarà probabilmente da queste ultime che potrà eventualmente nascere il nuovo eroe buono o cattivo ... ma dico io, ce n'è ancora bisogno di questi eroi? Non sarebbe invece che ciascuno di noi è quello che è senza infamia e senza lode, ma comunque responsabile di ciò che fa?
Citazione di: iano il 12 Settembre 2024, 09:46:40 AMInfatti il caso non giustifica l'accaduto secondo me.
Prima però bisogna mettersi d'accordo di quale accaduto parliamo.
L' accaduto secondo me è che prima tutti si fidavano dei vaccini, e adesso non tutti si fidano.
Qual'è la causa che oggi agisce e che non agiva ieri, posto che non si possa additare il caso?
Anche qui giocarono virù e fortuna. La virtù di comprendere che si stava giocando una partita mercantile sulla pelle di umani ridotti a cavie di sperimentazioni potenzialmente pericolose e la fortuna di potersi sottrarre al ricatto covaccinale e di avere avuto accesso a fonti dissuasive affidabili.
Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2024, 17:45:20 PMdi avere avuto accesso a fonti dissuasive affidabili.
Questa appunto è la causa, che io preciserei meglio come l'aver avuto accesso a un dibattito che prima era tutto interno all'ambito scientifico per i limiti tecnici dei mezzi di comunicazione.
Prima di allora avevamo accesso solo al risultato finale di questo dibattito.
Il normale conflitto accademico quindi si è allargato, come avremmo dovuto prevedere.
E' una situazione che storicamente si ripete, la cui causa è l'evoluzione dei media di comunicazione, ma che sistematicamente manchiamo di prevedere.
Direi che l'affidabilità delle fonti però è mediamente scesa, essendosi allargata la platea dei dibattenti, mentre è aumentata la resilienza alle manovre interessate delle industrie farmaceutiche.
Essendo convinto che la scienza sia un impresa umana considero comunque la cosa positivamente, e mi aspetto che tale acceso dibattito spinga molti giovani che vi partecipano ad aumentare la loro competenza in materia, riportando in alto l'affidabilità media delle fonti.
Mi rendo sempre più conto di quanto U.Eco avesse ragione.
Citazione di: Visechi il 17 Settembre 2024, 21:51:59 PMMi rendo sempre più conto di quanto U.Eco avesse ragione.
Cosa diceva l'Umberto?
Citazione di: iano il 17 Settembre 2024, 23:29:27 PMCosa diceva l'Umberto?
Internet ho dato accesso al confronto scientifico anche alle massaie e tanti disturbati.
Citazione di: Visechi il 18 Settembre 2024, 18:52:50 PMInternet ho dato accesso al confronto scientifico anche alle massaie e tanti disturbati.
Si , ma non è una novità, ed è una cosa positiva, per quanto problematica nell'immediato.
L'amore per la conoscenza è cosa diffusamente umana.
Citazione di: iano il 19 Settembre 2024, 10:28:13 AMSi , ma non è una novità, ed è una cosa positiva, per quanto problematica nell'immediato.
L'amore per la conoscenza è cosa diffusamente umana.
Certo che è un bene che l'ultimo disturbato mentale istruitosi su bioblu possa discettare animatamente di scienza e medicina con premi Nobel o ricercatori... tutto bene Madama la marchesa.
Citazione di: Visechi il 19 Settembre 2024, 10:39:04 AMCerto che è un bene che l'ultimo disturbato mentale istruitosi su bioblu possa discettare animatamente di scienza e medicina con premi Nobel o ricercatori... tutto bene Madama la marchesa.
La storia siamo noi, e nessuno si senta escluso, magari perchè qualcuno ha provato a farlo sentire inadeguato.
Citazione di: iano il 19 Settembre 2024, 11:04:22 AMLa storia siamo noi, e nessuno si senta escluso, magari perchè qualcuno ha provato a farlo sentire inadeguato.
La storia siamo noi, ma è la scienza, arcigna tiranna, che rende inadeguata La Sapienza del disturbato mentale, ma anche della massaia o del maestro d'asilo.
A meno che tu per curarti non preferisca rivolgerti ad un mago, una massaia, un maestra d'asilo o un disturbato mentale. Ognuno è libero di rendersi ridicolo come preferisce.
Citazione di: Visechi il 19 Settembre 2024, 11:48:44 AMLa storia siamo noi, ma è la scienza, arcigna tiranna, che rende inadeguata La Sapienza del disturbato mentale, ma anche della massaia o del maestro d'asilo.
A meno che tu per curarti non preferisca rivolgerti ad un mago, una massaia, un maestra d'asilo o un disturbato mentale. Ognuno è libero di rendersi ridicolo come preferisce.
La massaia anela ad un istruzione, ma più realisticamente fa si che i figli non ricadono nella sua condizione, e che diventino quei professionisti ai quali io mi rivolgerò, non mancando di ringraziare la massaia per il suo contributo.
Però tutto ciò deriva dall'aver coinvolto la massaia nel dibattito scientifico.
Come ho scritto questo coinvolgimento può sembrare problematico, però bisogna guardare i risultati sulla lunga distanza, quella storica.
Citazione di: Visechi il 19 Settembre 2024, 10:39:04 AMCerto che è un bene che l'ultimo disturbato mentale istruitosi su bioblu possa discettare animatamente di scienza e medicina con premi Nobel o ricercatori... tutto bene Madama la marchesa.
Quando il Nobel diventa consacrazione di affaristi stregoni in affari col capitale farmaceutico la questione dibattuta non ha più un carattere scientifico ma cinicamente economico e i primi a denunciarlo sono , anche attraverso internet, con grande scorno degli emuli di Eco, gli stessi ricercatori non corrotti dall'affare del secolo, ovvero la malattia indotta per vendere farmaci e salute a peso d'oro riducendo a cavie da profitto gli esseri umani.
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2024, 21:57:53 PMQuando il Nobel diventa consacrazione di affaristi stregoni in affari col capitale farmaceutico la questione dibattuta non ha più un carattere scientifico ma cinicamente economico e i primi a denunciarlo sono , anche attraverso internet, con grande scorno degli emuli di Eco, gli stessi ricercatori non corrotti dall'affare del secolo, ovvero la malattia indotta per vendere farmaci e salute a peso d'oro riducendo a cavie da profitto gli esseri umani.
Ma secondo me la questione dibattuta ha ancora carattere scientifico se la scienza è un affare umano e se la natura dell'uomo non si può astrarre, per cui bisognerà farci comunque i conti.
Io posso contingentemente non condividere la tua posizione, ma se anche potessi tacitarti non lo farei, perchè ciò renderebbe deboli le conclusioni scientifiche che derivano dal relativo dibattito, qualunque siano.
Si tratta cioè di una conflittualità che va benedetta, da qualunque parte ci schieriamo, e non è neanche una novità, ma come tale può apparire a chi entrando ex novo nel dibattito scientifico se ne era fatto inevitabilmente una idea distorta.
Da questa ''delusione'' immagino derivi l'inusuale attuale diffusa opposizione verso la scienza, che è però l'effetto indesiderato e passeggero di un processo positivo, che è quello di rendere la scienza sempre più un affare umano, grazie ai nuovi media.
Non solo non c'è da sorprendersi che autorevoli scienziati remino contro, ma anzi più sono auteroveli più le conclusioni che dovessero alla fine essere avverse alla loro opinione, avrà in proporzione a quello loro un maggior valore.
La meccanica quantistica anche ai non addetti ai lavori apparirà avere gran valore se un autorevole oppositore come Einstein non è riuscito a smontarla.
Citazione di: Visechi il 07 Settembre 2024, 19:55:49 PML'imponderabile e l'imponderato, l'imprevedibile e l'imprevisto non sottostanno ad alcuna episteme, son più affini, entrambi, alla doxa. Ad essa si piegano come canne al vento.
imponderato e im-previsto sottostanno alla doxa sotto il segno dell'ignoranza. pesando ciò che è ponderabile si elimina l'imponderabile e prevedendo il prevedibile si elimina il caso nella veste sbusata della fatalità imprevedibile. come da esempio della mancata manutenzione del cornicione.
Citazione di: Visechi il 18 Settembre 2024, 18:52:50 PMInternet ho dato accesso al confronto scientifico anche alle massaie e tanti disturbati.
Lo diceva col livore del barone da "comunità scientifica" che sente il pulpito in pericolo. In realtà internet ha permesso di sbufalare le bufale ideologiche e affaristiche del pensiero unico, scientismo incluso, permettendo a voci competenti di superare i muri della censura sponsorizzata mainstream, cosa di cui un ricercatore sociale coi fiocchi doveva tener conto se era intellettualmente onesto prevedendo pure la bieca ondata dei factfucker a libro paga.
Il fatto che proprio su Internet le argomentazioni di Eco (o €co?) siano associate a «livore del barone da "comunità scientifica" che sente il pulpito in pericolo»(cit.) è la miglior (involontaria) dimostrazione di quanto Eco avesse ragione sul lato deleterio di Internet.
Lui ha astutamente gettato l'amo per dimostrare che ci sono "certi pesci" che abboccano e, a quanto pare, tali pesci ci sono davvero.
€co faceva mangiare stufato di melanzane a monaci vissuti prima della scoperta dell'america, all'università non cielo dikono!!
Poco più seriamente, spesso i "democratizzatori" della storia la gente normale non la tocca manco col bastone, €co in questo è almeno meno ipocrita.
Il riconoscere il valore della pluralità non deve venire da un anelito di beneficienza verso il basso, ma da fondate basi filosofiche, di amici del popolino che si lavano le mani quando toccano un povero, già ne abbiamo avuti tanti a sinistra.. è narcisismo intriso di altruismo.
Un osanna ai nostrani Red Ronnie
Con livore ma con tanta vera sincera effettiva fattuale indiscutibile ragione
Citazione di: Visechi il 19 Settembre 2024, 11:48:44 AMLa storia siamo noi, ma è la scienza, arcigna tiranna, che rende inadeguata La Sapienza del disturbato mentale, ma anche della massaia o del maestro d'asilo.
Innanzitutto un grandissimo bentornato!! :D
Come mai tanto tempo lontano da qua? Dove sei stato? 8) ;D
Nel merito: certo le competenze contano, sarebbe singolare, anzi grottesco che un muratore discettasse di meccanica quantistica come lo sarebbe altrettanto se un cardiochirurgo volesse dire la sua sulla costruzione di un muro. Ad ognuno il suo mestiere e le sue competenze.
Pur tuttavia, affinché il parere dell'esperto possa valere qualcosa dobbiamo prima sincerarci che sia scevro da interessi personali di qualunque natura, da eventuali patologie subentrate e delle quali non siamo a conoscenza e da qualsivoglia elemento che possa, in qualche modo, inficiare la ricerca della verità (relativa) perché di assolute non ne vedo traccia su questo pianeta.
Insomma la questione è assai complessa, il classico ginepraio.
Ancora bentornato.
Citazione di: Freedom il 26 Settembre 2024, 14:06:20 PMInnanzitutto un grandissimo bentornato!! :D
Come mai tanto tempo lontano da qua? Dove sei stato? 8) ;D
Nel merito: certo le competenze contano, sarebbe singolare, anzi grottesco che un muratore discettasse di meccanica quantistica come lo sarebbe altrettanto se un cardiochirurgo volesse dire la sua sulla costruzione di un muro. Ad ognuno il suo mestiere e le sue competenze.
Pur tuttavia, affinché il parere dell'esperto possa valere qualcosa dobbiamo prima sincerarci che sia scevro da interessi personali di qualunque natura, da eventuali patologie subentrate e delle quali non siamo a conoscenza e da qualsivoglia elemento che possa, in qualche modo, inficiare la ricerca della verità (relativa) perché di assolute non ne vedo traccia su questo pianeta.
Insomma la questione è assai complessa, il classico ginepraio.
Ancora bentornato.
Grazie per il bentornato. Ero in giro, girando come un giramondo.
Entrando nel merito. Concordo pienamente: la scienza, o meglio la 'sapienza' non è un bene acquisito per sempre che non necessiti di cure e rinforzi.
Fra l'altro, siamo sempre esposti a corto circuiti neuro ali, come accaduto al Nobel Montagnier... quante idiozie può esprimere un cervello obnubilato.
Citazione di: Freedom il 26 Settembre 2024, 14:06:20 PMPur tuttavia, affinché il parere dell'esperto possa valere qualcosa dobbiamo prima sincerarci che sia scevro da interessi personali di qualunque natura, da eventuali patologie subentrate e delle quali non siamo a conoscenza e da qualsivoglia elemento che possa, in qualche modo, inficiare la ricerca della verità (relativa) perché di assolute non ne vedo traccia su questo pianeta.
Ovviamente è soggettivo il modo in cui attribuiamo autorevolezza, ma ciò non esclude l'uso di metodologie oggettive, come ad esempio contare quante volte lo scritto di uno scienziato è stato citato da altri.
Ma se questo criterio ad esempio vogliamo mantenere dovremmo aggiornarlo all'evoluzione dei mezzi di comunicazione, operazione che potrebbe gestire credo soltanto una intelligenza artificiale.
Ma comunque si determini l'autorevolezza di uno scienziato, esso non è autorevole in quanto scienziato.
Noto invece la tendenza sui forum a cercare sostegno alle proprie opinioni appoggiandosi a quelle dello scienziato tal dei tali, garantendo ''personalmente'' sulla sua autorevolezza, quando invece assegnando soggettivamente autorevolezza ad uno scienziato significa che io contribuisco a crearla e il mio contributo peserà a sua volta in base alla autorevolezza di cui io godo.
Cioè in questo processo sicuramente uno non vale uno, però aumentando la platea di coloro che contribuiscono ad assegnare autorevolezza, questa assegnazione, al netto della sua eventuale problematica gestione, aumenta di valore.
Il pesce (lesso) è chi non coglie le potenzialità demistificanti della rete e ne evidenzia solo l'attacco alla palandrana pecoreccia dei tribuni del pensiero unico sponsorizzato dai detentori del potere fino a dare del rincoglionito a chi ebbe l'intuizione del processo retrovirale dell'aids rimanendo lucido fino alla comprensione dei pericoli della tecnologia genica mrna già denunciata dall'inventore Malone, grazie proprio alla rete prima che calasse la mannaia dei factfuckers del regime covidemico.
Scopo del thread non è incentivare un confronto, più o meno ameno, sui meriti o demeriti della stella cadente che orienta i pensieri disconnessi di queruli oppressi, perplessi, depressi, repressi, soppressi, genuflessi e fessi che alle di lui idiozie chinan la fronte. Non mi interessano certe oziose, paciose, scontrose, livorose, leziose e pretenziose discussioni. Cercavo, invece, di enucleare, per quanto possibile, per quel che è concesso alle nostre parvule capacità, quali possano essere i gradienti, ingredienti, alimenti, elementi tutti pertinenti a ciò che noi a torto o ragione ci ostiniamo a definire, chiamare, appellare, distinguere e identificare con il semplice appellativo di Storia. Il resto è opinione, spesso anche risibile, che al momento poco mi intriga.
Citazione di: Visechi il 27 Settembre 2024, 16:04:01 PMScopo del thread non è incentivare un confronto, più o meno ameno, sui meriti o demeriti della stella cadente che orienta i pensieri disconnessi di queruli oppressi, perplessi, depressi, repressi, soppressi, genuflessi e fessi che alle di lui idiozie chinan la fronte. Non mi interessano certe oziose, paciose, scontrose, livorose, leziose e pretenziose discussioni. Cercavo, invece, di enucleare, per quanto possibile, per quel che è concesso alle nostre parvule capacità, quali possano essere i gradienti, ingredienti, alimenti, elementi tutti pertinenti a ciò che noi a torto o ragione ci ostiniamo a definire, chiamare, appellare, distinguere e identificare con il semplice appellativo di Storia. Il resto è opinione, spesso anche risibile, che al momento poco mi intriga.
¿E cosa si dovrebbe enucleare quando l'unica enucleazione plausibile non viene accettata?Posto che a me sembra tutto chiaro, nell'esposizione del tema come l'hai messo giù, secondo me si evince un'ambiguità data in quell'espressione "primigenia animalità" che sembrerebbe contemplare un essere umano odierno in qualche misura differente dal suo avo. Che vi sia una differenza sarebbe evidente, ma per mio conto questa giocò a favore del fatto che sia venuto a prodursi un individuo ancor più stupido e crudele di quello che stava invaso nella sua primigenia animalità. Un saluto