Secondo ricerche 2 italiani su 3 non sono in grado di capire un testo scritto, di decodificare un discorso complesso. Come vedremo può non dipendere dai livelli di studio raggiunti.
Un analfabeta funzionale non comprende, valuta, usa, si fa coinvolgere con scritti per interventi attivi nella società.
Incapace di riassumere e appassionarsi a uno scritto. Non comprende la società complessa. Incapace di decifrare, comprendere un testo anche semplice.
Solo un 20% possiede le competenze minime
Se" di ritorno", pur avendo lauree, attestazioni brillanti, ecc., nel tempo ,se non esercitate, certe capacità vanno perdute. Se legge solo riviste specialistiche inerenti il lavoro, ecc.,eludendo saggistica, letteratura, articoli culturali, ecc.
Don Milani, '65:
"Esiste un larghissimo strato di popolazione(...) che non è in grado di leggere ... non gli analfabeti,magli alfabeti ... non considero che uno che saleggere la "Gazzetta dello sport"sappia leggere: ha un vocabolario di non più di 200 parole e uno può capirne tutti i particolari ... saper leggere significa, a dir poco, intendere la prima pagina del giornale, ecc."
Chi è stato in contatto con il mondo della scuola si accorge che la maggioranza degli studenti non sa leggere un testo, che non sia un elenco di nomi, con la dovuta espressività, corretta accentuazione, ecc.: ulteriore senso del "non saper leggere"
Tocchi un punto interessante Sileno. Tanti anni fa lessi un libro: Metello, di Pratolini. Quello che mi colpi' era il desiderio della famiglia di operai di elevarsi culturalmente, attraverso l'opera, i libri, la casa del popolo. La societa' del secolo scorso era una societa' che credeva nel progresso tecnico e culturale dell'umanita'. L'uno accanto all'altro.
Vi e' stata in seguito una rivoluzione antropologica, direi dagli anni '80 in poi, in cui ha vinto la cultura-pop. Apparire, emozionare, essere in prima fila, rispondere con la frase ad effetto, avere, dimostrare di possedere anche beni immateriali come viaggi o spiritualita'.
Altrove si e' pero continuato a coltivare la conoscenza tecnica dei mestieri necessari alla modernita'. Da noi il processo di abbassamento culturale ha toccato sia l'istruzione tecnica che quella "alta", e pertanto si puo' affermare che i "semplici avvertono meglio la profondita' del reale", che e' un meraviglioso inno all'ignoranza.
Proprio ora che siamo di fronte a sfide della complessita' sempre piu difficili si sta esaurendo la capacita' di interpretare quella complessita'. Direi che siamo pronti a una veloce decadenza del "sapere aude" illuministico a favore di tutti i supporter di un romantico e violentissimo medioevo.
Secondo me manca ormai la motivazione a costruire e mantenere questi strumenti.
Leggere e scrivere sono infatti degli strumenti: non hanno valore in sé.
Il loro valore dipende esclusivamente dallo scopo per il quale sono utilizzati.
E lo scopo ultimo può essere solo uno: la ricerca della Verità.
Anche se non se ne è del tutto consapevoli...
Senza adeguati strumenti è più difficile districarsi nella complessità del reale.
Ma purtroppo cresce la sfiducia che valga davvero la pena impegnarsi a fondo per poterne disporre.
D'altronde, come sono utilizzati questi strumenti, in concreto, da chi dovrebbe avere tutti i titoli per usarli al meglio? Dalla cosiddetta "intellighenzia"?
Tranne qualche rara eccezione, non assistiamo sovente all'esposizione di pensieri banali, sebbene ben articolati, che a mala pena sfiorano la superfice del reale? Non sono questi espressione di un'ignoranza ben più profonda dell'incapacità di leggere e scrivere?
L'analfabeta può essere un saggio, la saggezza prescinde infatti dalla cultura. Ma difficilmente egli riuscirà a diffondere la propria saggezza, influendo positivamente nel mondo: non ha gli strumenti.
L'erudito può diventare sapiente, se acquisisce saggezza. Ma per farlo deve seguire la stessa strada dell'analfabeta, attraverso la propria fede nella Verità.
Sfortunatamente, questa fede latita. E allora l'erudizione diventa valore in sé! Mentre non è che mero strumento.
Tanto per restare in tema: il concetto di verita' e' un concetto estremamente complesso. Se possiamo approssimarci ad esso nelle hard sciences e' davvero arduo farlo nelle scienze umane.
Io penso che la realta' sia molto piu' prosaica: documentarsi, leggere, ascoltare l'altra campana, studiare, sono attivita' faticose che necessitano forza di volonta' e nessuna retribuzione. Questa e' una societa' del "vinco facile" e del penso poco.
Che la saggezza sia appannaggio dell'uomo semplice e' un giochino che serve a sottomettere gli uomini. Saggezza e cultura di solito vanno di pari passo, tranne le ovvie eccezioni sempre possibili. L'uomo semplice resta semplice e basta. Sarebbe compito delle istituzioni renderlo piu' istruito, riflessivo, colto e saggio ma allora potrebbe iniziare anche a diventare fastidioso e pericoloso. Il venite parvolus e' molto piu' accomodante e permette ai manovratori di proseguire la loro attivita' senza noie o pianti che "fanno male al re, al ricco e al cardinale".
Penso che tra le maggiori fortune nella vita, vi sia quella di incrociare un uomo saggio e riconoscerlo come tale.
Ho avuto più volte questa fortuna, anche se solo dopo ne ho compreso l'autentico profondo valore.
La saggezza proviene dall'Origine, e prescinde da qualsiasi cultura.
Al punto, che ho avuto pure la fortuna di conoscere animali saggi, che ancora adesso ricordo con nostalgia.
Ma tutto questo, così come tutto il resto d'altronde, ha significato solo attraverso la fede nella Verità...
Per il pensiero scientifico moderno "fede nella verita'" e' un ossimoro mentre per il pensiero tradizionale e' la ripetizione dello stesso concetto, traducendosi la fede nella verita'.
Citazione di: Jacopus il 21 Agosto 2018, 15:24:41 PM
Tocchi un punto interessante Sileno. Tanti anni fa lessi un libro: Metello, di Pratolini. Quello che mi colpi' era il desiderio della famiglia di operai di elevarsi culturalmente, attraverso l'opera, i libri, la casa del popolo. La societa' del secolo scorso era una societa' che credeva nel progresso tecnico e culturale dell'umanita'. L'uno accanto all'altro.
Vi e' stata in seguito una rivoluzione antropologica, direi dagli anni '80 in poi, in cui ha vinto la cultura-pop. Apparire, emozionare, essere in prima fila, rispondere con la frase ad effetto, avere, dimostrare di possedere anche beni immateriali come viaggi o spiritualita'.
Altrove si e' pero continuato a coltivare la conoscenza tecnica dei mestieri necessari alla modernita'. Da noi il processo di abbassamento culturale ha toccato sia l'istruzione tecnica che quella "alta", e pertanto si puo' affermare che i "semplici avvertono meglio la profondita' del reale", che e' un meraviglioso inno all'ignoranza.
Proprio ora che siamo di fronte a sfide della complessita' sempre piu difficili si sta esaurendo la capacita' di interpretare quella complessita'. Direi che siamo pronti a una veloce decadenza del "sapere aude" illuministico a favore di tutti i supporter di un romantico e violentissimo medioevo.
Mi pare improbabile, "romanzesco"che operai si elevino da autodidatti , con il supporto di centri sociali, libri, a caso, nelle capacità linguistiche da usare nei vari contesti che la vita propone: saper leggere, scrivere, ascoltare,parlare, che sono abilità interconnesse. Il trivio medioevale, grammatica, retorica, dialettica sarebbe, in qualche forma da riammettere nelle scuole attuali.
La cultura attuale è pop e persistono influssi della new age.
Intuizioni, sesto senso e buon senso ( saggezza), istinto per scelte opportune, agire per il meglio, sono qualità utili e augurabili, ma non fanno parte delle capacità proposte.
Tra l'altro sarebbe assurdo indurre adulti a leggere classici, se non l'hanno mai fatto, argomenti culturali da saggistica e articoli nei quotidiani e - questo è il punto - imparare a riassumerli nel modo più sintetico e efficace. E chi dovrebbe giudicare? Per gli analfabeti di ritorno non c'è rimedio al di là della consapevolezza del loro stato: è già abbastanza.
Citazione di: bobmax il 21 Agosto 2018, 16:55:20 PM
Secondo me manca ormai la motivazione a costruire e mantenere questi strumenti.
Leggere e scrivere sono infatti degli strumenti: non hanno valore in sé.
Il loro valore dipende esclusivamente dallo scopo per il quale sono utilizzati.
E lo scopo ultimo può essere solo uno: la ricerca della Verità.
Anche se non se ne è del tutto consapevoli...
Senza adeguati strumenti è più difficile districarsi nella complessità del reale.
Ma purtroppo cresce la sfiducia che valga davvero la pena impegnarsi a fondo per poterne disporre.
D'altronde, come sono utilizzati questi strumenti, in concreto, da chi dovrebbe avere tutti i titoli per usarli al meglio? Dalla cosiddetta "intellighenzia"?
Tranne qualche rara eccezione, non assistiamo sovente all'esposizione di pensieri banali, sebbene ben articolati, che a mala pena sfiorano la superfice del reale? Non sono questi espressione di un'ignoranza ben più profonda dell'incapacità di leggere e scrivere?
L'analfabeta può essere un saggio, la saggezza prescinde infatti dalla cultura. Ma difficilmente egli riuscirà a diffondere la propria saggezza, influendo positivamente nel mondo: non ha gli strumenti.
L'erudito può diventare sapiente, se acquisisce saggezza. Ma per farlo deve seguire la stessa strada dell'analfabeta, attraverso la propria fede nella Verità.
Sfortunatamente, questa fede latita. E allora l'erudizione diventa valore in sé! Mentre non è che mero strumento.
Le abilità linguistiche sono certamente strumenti ma non da lasciare nella "cassetta degli attrezzi", ma da usare nelle varie opportunità di vita.
Per una ricerca di Verità? Per meglio comprendere le Sacre Scritture?
L'erudizione è una sia pure utile conoscenza di nozioni,ma non serve per un efficace interagire sociale ( uso della parola in vari modi e contesti) tramite i citati strumenti.
Citazione di: bobmax il 21 Agosto 2018, 16:55:20 PM
Secondo me manca ormai la motivazione a costruire e mantenere questi strumenti.
Leggere e scrivere sono infatti degli strumenti: non hanno valore in sé.
Il loro valore dipende esclusivamente dallo scopo per il quale sono utilizzati.
E lo scopo ultimo può essere solo uno: la ricerca della Verità.
Anche se non se ne è del tutto consapevoli...
Senza adeguati strumenti è più difficile districarsi nella complessità del reale.
Ma purtroppo cresce la sfiducia che valga davvero la pena impegnarsi a fondo per poterne disporre.
D'altronde, come sono utilizzati questi strumenti, in concreto, da chi dovrebbe avere tutti i titoli per usarli al meglio? Dalla cosiddetta "intellighenzia"?
Tranne qualche rara eccezione, non assistiamo sovente all'esposizione di pensieri banali, sebbene ben articolati, che a mala pena sfiorano la superfice del reale? Non sono questi espressione di un'ignoranza ben più profonda dell'incapacità di leggere e scrivere?
L'analfabeta può essere un saggio, la saggezza prescinde infatti dalla cultura. Ma difficilmente egli riuscirà a diffondere la propria saggezza, influendo positivamente nel mondo: non ha gli strumenti.
L'erudito può diventare sapiente, se acquisisce saggezza. Ma per farlo deve seguire la stessa strada dell'analfabeta, attraverso la propria fede nella Verità.
Sfortunatamente, questa fede latita. E allora l'erudizione diventa valore in sé! Mentre non è che mero strumento.
per completare aggiungo qualcosa qui sotto"Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà" (Luca XVIII 17)Un maestro giapponese riceve la visita di un professore universitario, che gli ha reso visita per interrogarlo sullo Zen, e gli offre una tazza di tè.
"Nan-in servì il tè. colmò la tazza del suo ospite e poi continuò a versare.Il professore continuò a guardare stupito e poi non riuscì più a contenersi:- E? ricolma, non ce ne entra più!"- Come questa tazza - disse Nan-in -tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?".
Ma pensate davvero che i vostri occhiali hi-tech', le rotte intercontinentali, le stupide automobili, fino al frigorifero funzionino grazie alla saggezza semplice dei maestri zen e dei bambini? Non credete che bisognerebbe scindere il discorso?
Leggo prese di posizione contro i poteri forti, contro le varie big-pharma e come si pensa di contrastarle? Con la riedizione della crociata dei bambini? Se vogliamo gestire questo mondo ipercomplesso dobbiamo farcene carico invece di continuare a camminare con la testa rivolta verso il passato.
A proposito di alcune obiezioni di Sileno. L'erudizione giustamente non e' sinonimo di cultura come capacita' di interpretare e gestire il mondo. Metello e' effettivamente un romanzo, ma volevo sottolineare come, nell'arco di una/due generazioni, sono cambiati i valori di riferimento ai quali idealmente tendere. Se vogliamo cambiare il mondo dobbiamo sforzarci di comprenderlo.
Se invece aspiriamo al regno dei cieli e dobbiamo attraversare la valle di lacrime ben vengano le scie chimiche, le tazze di te', i saggi bambini, la sacra ignoranza e cosi via.
Del resto non credo neppure che questi nuovi fasti dell'ignoranza siano dovuti allo spirito religioso quanto a meccanismi interni all'attuale societa' occidentale.
Infine si consideri che essere "semplici" ma infusi di saggezza e' facile. Basta mettersi un medaglione al collo e iniziare a parlare in modo oscuro. Chi cerca la conoscenza invece deve faticosamente studiare, verificare le sue idee, confrontarle, valutare come incidono sulla realta', fare riferimento agli altri che hanno studiato la stessa materia. Una vitaccia.
Ci sono state divagazioni fuori tema: spiritual cristiane, zen, ricerca della Verità in senso di fede religiosa, saggezza : lodevole ma non sostituisce quelle capacità carenti.
Ognuno affronta un argomento a sua misura, con gli strumenti che possiede, che non sono sempre i previsti, opportuni, inerenti all'argomento proposto.
Ritengo di avere una certa dimestichezza con la tecnica. Non come utilizzatore, proprio in quanto sviluppatore di soluzioni tecniche all'avanguardia. È stato il mio lavoro di ingegnere per un'intera vita.
Per diretta esperienza, penso perciò di comprendere la differenza tra le accademiche elucubrazioni logiche e la logica applicata alla vita reale, dove le cose devono funzionare davvero.
Le prime possono servire come preparazione, per inquadrare il problema da affrontare. Poi occorre aprirsi al mondo che riserva sempre nuove sorprese con la sua profondità.
La complessità del reale può essere affrontata solo da una mente che aspira alla semplicità.
E perciò bandisce ogni certezza, perché ciò che conta è la propria fede nella Verità. Sì, come un bambino!
Credere nelle scie chimiche è invece superstizione, non molto dissimile dal considerare la propria erudizione verità assoluta.
Per Sileno.
Ma il degrado che denunci è proprio dovuto all'emergere del nichilismo!
Ed è solo combattendo il nichilismo, o meglio... attraversandolo, che si può sperare di rimediare.
A mio giudizio va tenuto presente il carattere particolare della cultura digitale in cui siamo immersi, la quale "prevede" un impasto di immagine e parola, con il risultato di una tendenza alla semplificazione della parte verbale e una costante "contaminazione" emozionale (l'immagine ha sempre sul soggetto un impatto emotivo forte, immediato).
Da qui viene il paradosso di questi anni in cui da una parte ciascuno può accedere a strumenti di conoscenza impensabili fino a 20-30 anni fa (per esempio la ricerca da casa di testi in reti provinciali bibliotecarie, e quindi la possibilità di poter accedere facilmente a tantissimi libri), e dall'altra la propensione a non leggere più testi estremamente complessi.
Dunque si aprono parecchie questioni. Se non si vuole perdere, accanto a tanti saperi tecnico-artigianali, anche la cultura tradizionale da cui veniamo, bisogna iniziare a capire come trasmettere questa cultura senza grezze semplificazioni.
Citazione di: bobmax il 22 Agosto 2018, 08:54:17 AM
Per Sileno.
Ma il degrado che denunci è proprio dovuto all'emergere del nichilismo!
Ed è solo combattendo il nichilismo, o meglio... attraversandolo, che si può sperare di rimediare.
La nuova svolta scettica della filosofia ha rinunciato a porsi come sapere assoluto. Il nichilismo dei saperi ha origini lontane, da Gorgia a Popper.
Capire un testo un po' complesso, rintracciandone i punti salienti, discuterlo dialetticamente, non è in contrasto con un nichilismo che nega il sapere assoluto.
Si richiede,come dicevano i latini di essere padroni di un argomento, poi le parole vengono da sole
Citazione di: Kobayashi il 22 Agosto 2018, 10:08:25 AM
A mio giudizio va tenuto presente il carattere particolare della cultura digitale in cui siamo immersi, la quale "prevede" un impasto di immagine e parola, con il risultato di una tendenza alla semplificazione della parte verbale e una costante "contaminazione" emozionale (l'immagine ha sempre sul soggetto un impatto emotivo forte, immediato).
Da qui viene il paradosso di questi anni in cui da una parte ciascuno può accedere a strumenti di conoscenza impensabili fino a 20-30 anni fa (per esempio la ricerca da casa di testi in reti provinciali bibliotecarie, e quindi la possibilità di poter accedere facilmente a tantissimi libri), e dall'altra la propensione a non leggere più testi estremamente complessi.
Dunque si aprono parecchie questioni. Se non si vuole perdere, accanto a tanti saperi tecnico-artigianali, anche la cultura tradizionale da cui veniamo, bisogna iniziare a capire come trasmettere questa cultura senza grezze semplificazioni.
Si aggiunge che l'homo videns insipiens, negli ultimi vent'anni circa, si allontana sempre di più dall'homo sapiens loquens. Il tema è stato già affrontato da diversi saggi.
Io stesso mi accorgo che il tempo passato in internet lo sottraggo dalla lettura, dal consultare vari quotidiani, ecc.
Salve. Siamo in campo comunicativo. Ed il problema è l'eccesso, la frenesia, l'ossessione comunicativa.
I padroni della comunicazione hanno sempre saputo che più essi comunicano e permettono di comunicare, più la gente si convincerà che la comunicazione rende liberi ed avvicina alla "verità".
La gente ignora o trascura il fatto che la comunicazione, a seconda di come viene usata od incentivata da chi ne possiede i mezzi, può in egual misura diffondere il vero od il falso, il reale o l'irreale......puo egualmente chiarire o confondere, insegnare o far dimenticare.
Per acquistare e mantenere il potere occorre fornire alle masse la maggior quantità possibile di comunicazione.
Occorre però farlo in modo appetibile, superficiale, disorganico, affinchè la massa venga continuamente confusa e distratta.
Occorre dargli pochi e sintetici testi (parole scritte) che siano accompagnati da immagini interessantissime e squillanti (non importa se la definizione è quella di YouTube) e possibilmente enfatizzati da un sonoro (dai rutti alla musica trash) che costringa la massa ad utilizzare il massimo numero di sensi ma anche la minor quantità di giudizio possibile.
Internet è dappertutto ed in esso c'è tutto. Unico problema, appunto, la sua completa mancanza di organicità formativa.
Perchè mai imparare la geografia o la storia quando trovo tutto e subito in rete?
Perchè mai conservare l'abilità dello scrivere a penna e far di conto quando esistono i correttori automatici, i traduttori automatici e le calcolatrici ?.
In realtà è in atto un processo per il quale le "abilità essenziali" diventeranno superflue e verranno delegate agli strumenti di comunicazione, mentre le "abilità specifiche e superiori" verranno negate alle masse e diventeranno appannaggio della casta rappresentata da chi crea e gestisce la comunicazione ed i suoi strumenti. Naturalmente resterà la casta intermedia dei tecnici specialisti per tutte le tecnologie generalistiche, ma essi non daranno alcun fastidio perchè saranno appunto degli specialisti che non potranno mettere becco al di là della propria specializzazione.
Per come la vedo, l'alfabetizzazione si basa su capacità/abilità (leggere, capire, esporre, etc.), la conoscenza si basa su nozioni (più o meno specialistiche), la saggezza è sia un sapere che un fare, è un saper fare sul piano umano (anche quando si sceglie di non fare nulla).
Credo che questi tre ambiti, per quanto affini e "confinanti" l'un l'altro, vadano tenuti ben distinti: essere alfabetizzati, nel senso a cui alludeva Sileno (essere in grado di capire e utilizzare informazioni anche complesse), non significa essere eruditi (avere molte nozioni in testa) e nessuno dei due significa essere saggi (fare la "scelta giusta" in un'ottica complessiva).
Sileno, se non fraintendo, ha proposto di tematizzare l'alfabetizzazione (o il suo impoverimento), come capacità di gestire informazioni complesse e articolate, capirle adeguatamente, saperle "manipolare" e eventualmente usarle per (ri)produrne il senso. Questa capacità può avere come campi d'applicazione la ricerca della (presupposta) verità, l'analisi della contemporaneità sociale, la fruizione estetica di opere artistiche o altro, ma si tratta di un'unica abilità basilare che può avere mille utilizzi e declinazioni: l'abilità di rintracciare un senso attraverso un medium che ce lo porge e diventarne "padroni".
In fondo, i saggi del passato, quante credenze ingenue avevano in campo cognitivo? La loro "alfabetizzazione" non è nozionisticamente paragonabile a quella di un qualsiasi buono studente delle superiori, che si giostra con disinvoltura fra trigonometria, due lingue straniere, secoli di storia della filosofia, padroneggia le ultime tecnologie informatiche e magari sa anche suonare uno strumento. Eppure, quanti antichi sciocchi, illiberali schiavisti e pedofili che credevano in bizzarre divinità e pianeti maldisposti, che non sarebbero pronti per prendere nemmeno la licenza media, hanno molto da insegnarci della nostra vita, pur avendo vissuto un'altra epoca? Ricambieremmo degnamente il favore spiegandogli la meccanica quantistica e come usare Whatsapp? Non saprei...
Inseguire titoli e diplomi, attribuendo all'erudizione un valore culturale sbilanciato (l'ignorante che si sente inferiore all'erudito solo per i titoli che non ha) ha portato all'epoca dei laureati 30enni disoccupati e del nozionismo rapido di Wikipedia e Google;, tuttavia, ciò che nessun motore di ricerca e nessuna laurea ci garantisce è la capacità di saper gestire proficuamente tutte le informazioni che ci circondano.
L'alfabetizzazione più spendibile oggi, secondo me, non è quella che ci fa citare a memoria frasi in latino, o ci fa conoscere le province italiane in ordine alfabetico o ci rende capaci di spiegare ai bambini formule di fisica astronomica, piuttosto è quell'alfabetizzazione che ci rende in grado di analizzare, creare collegamenti e cogliere i sensi possibili delle informazioni che ci "arrivano" (similmente a come fanno le nostre "brutte copie", incapaci di filosofare e provare godimento estetico: i computer).
Tale alfabetizzazione può costituire un'emancipazione dell'individuo da una visione ingenua del mondo, lo rende più padrone della sua vita e lo aiuta ad orientarsi nel turbinio semantico della società contemporanea? Non necessariamente (sono già stati citati nichilismo e scetticismo), dipende sempre da qual'è la cornice di senso in cui ci si pone... vuotare la tazza zen, trovare e servire la Verità oppure combattere le oligarchie multinazionali? "Fate il vostro gioco" ;)
Si dice che un ospite a casa del filosofo Kant, fosse meravigliato di non vedere una grande biblioteca.
Fino a pochi anni fa, prima di internet, si esibivano salotti con biblioteche.
Mi limito a dire che chi ha un vocabolario di 10 parole, pensa anche con 10 parole.
Nella mia esperienza di vita ho avuto a che fare con dottori e ingegneri specializzati in varie discipline.
La loro conoscenza è pre-impostata, sono spesso incapaci di pensare fuori dalla loro impostazione mentale.
Il filosofo, il creativo, è colui che esce dagli schemi pre impostati e per far questo a volte deve addirittura andare oltre al proprio vocabolario, inventa nuove sintassi e semantiche.
Il tema di fondo, perchè il problema dell'alfabetizzazione funzionale esce fuori a giorni alterni ormai, è l'analfebetizzazione digitale, ovvero che queste persone hanno ora un "microfono" e l'appiattimento della società internettesca mette a rischio la posizione di ciò che si autoritiene o è ritenuto "intellighenzia". C'è una parte della lingua che si è allontanata dai semplici(non dispregiativo) , non solo sono i semplici a essere "ritornati" ad uno stato di semplicità, la divulgazione è scarsissima nella società moderna e i due estremi si toccano sempre meno. In fin dei conti queste statistiche saranno tragiche nelle proporzioni che disvelano, ma il vero problema è democratico, ovvero che esse partecipino ora alla processo decisionale della polis, anche solo come "opinioni". Mentre prima la democrazia riusciva ad emarginarle con il latinorum e la burocrazia, oggi è importante che tutti abbiano preso parte ad un processo educativo che perlomeno prepari alle basi della logica. Su questo filone di ragionamento si arriva presto ai "fari digitali", i carismatici collezionatori di interviste dietrologiche che pattugliano internet e foraggiano di piccole grandi verità. Credo di aver già scritto 4 post sulla differenza tra educazione e istruzione, quindi non voglio annoiare ulteriormente, ma non c'è alcuna sorpresa che un titolo di istruzione non provi assolutamente nulla sull'educazione di un soggetto.
Citazione di: Phil il 22 Agosto 2018, 16:11:00 PM
Per come la vedo, l'alfabetizzazione si basa su capacità/abilità (leggere, capire, esporre, etc.), la conoscenza si basa su nozioni (più o meno specialistiche), la saggezza è sia un sapere che un fare, è un saper fare sul piano umano (anche quando si sceglie di non fare nulla).
Credo che questi tre ambiti, per quanto affini e "confinanti" l'un l'altro, vadano tenuti ben distinti: essere alfabetizzati, nel senso a cui alludeva Sileno (essere in grado di capire e utilizzare informazioni anche complesse), non significa essere eruditi (avere molte nozioni in testa) e nessuno dei due significa essere saggi (fare la "scelta giusta" in un'ottica complessiva).
Sileno, se non fraintendo, ha proposto di tematizzare l'alfabetizzazione (o il suo impoverimento), come capacità di gestire informazioni complesse e articolate, capirle adeguatamente, saperle "manipolare" e eventualmente usarle per (ri)produrne il senso. Questa capacità può avere come campi d'applicazione la ricerca della (presupposta) verità, l'analisi della contemporaneità sociale, la fruizione estetica di opere artistiche o altro, ma si tratta di un'unica abilità basilare che può avere mille utilizzi e declinazioni: l'abilità di rintracciare un senso attraverso un medium che ce lo porge e diventarne "padroni".
In fondo, i saggi del passato, quante credenze ingenue avevano in campo cognitivo? La loro "alfabetizzazione" non è nozionisticamente paragonabile a quella di un qualsiasi buono studente delle superiori, che si giostra con disinvoltura fra trigonometria, due lingue straniere, secoli di storia della filosofia, padroneggia le ultime tecnologie informatiche e magari sa anche suonare uno strumento. Eppure, quanti antichi sciocchi, illiberali schiavisti e pedofili che credevano in bizzarre divinità e pianeti maldisposti, che non sarebbero pronti per prendere nemmeno la licenza media, hanno molto da insegnarci della nostra vita, pur avendo vissuto un'altra epoca? Ricambieremmo degnamente il favore spiegandogli la meccanica quantistica e come usare Whatsapp? Non saprei...
Inseguire titoli e diplomi, attribuendo all'erudizione un valore culturale sbilanciato (l'ignorante che si sente inferiore all'erudito solo per i titoli che non ha) ha portato all'epoca dei laureati 30enni disoccupati e del nozionismo rapido di Wikipedia e Google;, tuttavia, ciò che nessun motore di ricerca e nessuna laurea ci garantisce è la capacità di saper gestire proficuamente tutte le informazioni che ci circondano.
L'alfabetizzazione più spendibile oggi, secondo me, non è quella che ci fa citare a memoria frasi in latino, o ci fa conoscere le province italiane in ordine alfabetico o ci rende capaci di spiegare ai bambini formule di fisica astronomica, piuttosto è quell'alfabetizzazione che ci rende in grado di analizzare, creare collegamenti e cogliere i sensi possibili delle informazioni che ci "arrivano" (similmente a come fanno le nostre "brutte copie", incapaci di filosofare e provare godimento estetico: i computer).
Tale alfabetizzazione può costituire un'emancipazione dell'individuo da una visione ingenua del mondo, lo rende più padrone della sua vita e lo aiuta ad orientarsi nel turbinio semantico della società contemporanea? Non necessariamente (sono già stati citati nichilismo e scetticismo), dipende sempre da qual'è la cornice di senso in cui ci si pone... vuotare la tazza zen, trovare e servire la Verità oppure combattere le oligarchie multinazionali? "Fate il vostro gioco" ;)
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E' così: il tema proposto è l'alfabetizzazione nelle varie manifestazioni e usi: leggere, scrivere, parlare, ascoltare.Altro sarebbe off topic.
D'accordo se per saggi del passato s'intendono filosofi come Socrate,Seneca,Epicuro, ecc. S'impara sempre dalle loro parole, sempre attualizzabili, Se poi fossero illiberali, schiavisti, pedofili per questo tema è irrilevante; la tecnica era quella del tempo,la religione pure: credo che oggi sarebbero stupiti di vedere nelle chiese un uomo messo in croce.
Oggi un laureato, specie in certe discipline con il massimo dei voti, nei tempi previsti, in università non di fama scadente, non dovrebbe rimanere disoccupato a lungo
Zen, spiritualità, metersi contro le multinazionali non porta a nulla, meno che meno c'è qulache contatto con il nostro discorso.
Citazione di: viator il 22 Agosto 2018, 15:10:00 PM
Salve. Siamo in campo comunicativo. Ed il problema è l'eccesso, la frenesia, l'ossessione comunicativa.
I padroni della comunicazione hanno sempre saputo che più essi comunicano e permettono di comunicare, più la gente si convincerà che la comunicazione rende liberi ed avvicina alla "verità".
La gente ignora o trascura il fatto che la comunicazione, a seconda di come viene usata od incentivata da chi ne possiede i mezzi, può in egual misura diffondere il vero od il falso, il reale o l'irreale......puo egualmente chiarire o confondere, insegnare o far dimenticare.
Per acquistare e mantenere il potere occorre fornire alle masse la maggior quantità possibile di comunicazione.
Occorre però farlo in modo appetibile, superficiale, disorganico, affinchè la massa venga continuamente confusa e distratta.
Occorre dargli pochi e sintetici testi (parole scritte) che siano accompagnati da immagini interessantissime e squillanti (non importa se la definizione è quella di YouTube) e possibilmente enfatizzati da un sonoro (dai rutti alla musica trash) che costringa la massa ad utilizzare il massimo numero di sensi ma anche la minor quantità di giudizio possibile.
Internet è dappertutto ed in esso c'è tutto. Unico problema, appunto, la sua completa mancanza di organicità formativa.
Perchè mai imparare la geografia o la storia quando trovo tutto e subito in rete?
Perchè mai conservare l'abilità dello scrivere a penna e far di conto quando esistono i correttori automatici, i traduttori automatici e le calcolatrici ?.
In realtà è in atto un processo per il quale le "abilità essenziali" diventeranno superflue e verranno delegate agli strumenti di comunicazione, mentre le "abilità specifiche e superiori" verranno negate alle masse e diventeranno appannaggio della casta rappresentata da chi crea e gestisce la comunicazione ed i suoi strumenti. Naturalmente resterà la casta intermedia dei tecnici specialisti per tutte le tecnologie generalistiche, ma essi non daranno alcun fastidio perchè saranno appunto degli specialisti che non potranno mettere becco al di là della propria specializzazione.
L'oggetto del tema è la comunicazione dialogica faccia a faccia o scritta, che esigecompetenze linguistiche espresse nelle varie forme.
La comunicazione pubblica, mediatica,propagandistica,manipolatoria, pubblicitaria, le fake news che hanno tanto successo, richiedono perlopiù un senso critico, cultura.
Internet è utile a chi sa distinguere, usare la sterminata massa di informazioni, tra bufale e articoli firmati da nomi prestigiosi..
A scuola si è già disimparata la scrittura manuale, sotto certi aspetti, secondo gli esperti, più proficua di quella digitata.
Citazione di: paul11 il 23 Agosto 2018, 00:14:48 AM
Si dice che un ospite a casa del filosofo Kant, fosse meravigliato di non vedere una grande biblioteca.
Fino a pochi anni fa, prima di internet, si esibivano salotti con biblioteche.
Mi limito a dire che chi ha un vocabolario di 10 parole, pensa anche con 10 parole.
Nella mia esperienza di vita ho avuto a che fare con dottori e ingegneri specializzati in varie discipline.
La loro conoscenza è pre-impostata, sono spesso incapaci di pensare fuori dalla loro impostazione mentale.
Il filosofo, il creativo, è colui che esce dagli schemi pre impostati e per far questo a volte deve addirittura andare oltre al proprio vocabolario, inventa nuove sintassi e semantiche.
Sì, fino a pochi anni fa era d'obbligo esibire nel salotto buono varie enciclopedie, per dare un'impressione di cultura anche di chi non ne possedeva molta.
Il bello è che quelle collane di volumi lussuosamente rilegati finirono dai rivendotori di libri usati o nei cassonetti, senza essere mai letti. Qualcuno, si dice, usasse le coste di libri finti usate dai mobilieri.
Curare le parole è curare il pensiero,poi a scrivere si può imparare. Conoscendo bene la cosa,le parole verrano da sole.Linguaggi confusi e fumosi dipendono dalla scarsa conoscenza del tema di cui si tratta.
Oggi è forte l'esigenza diu n'educazione linguistica che arrichisca comprensione e intelligenza, di un autentico rapporto dialogico, dialettico con gli altri, col mondo.
Per sostenere una tesi di deve conoscerne la logica, come quella della teoria dell'argomentazione, conoscere le fallacie( logica non formale) per difendersi dagl'imbrogli dell'interlocutore. Da reimpartire a scuola come in tempi lontani. Poi, chissà? Qualcosa rimmarrà in età adulta, utile per partecipare a discussioni. Questo oltre a non abbandonare alcune letture ,non di banali best sellers
Citazione di: InVerno il 23 Agosto 2018, 10:37:47 AM
Il tema di fondo, perchè il problema dell'alfabetizzazione funzionale esce fuori a giorni alterni ormai, è l'analfebetizzazione digitale, ovvero che queste persone hanno ora un "microfono" e l'appiattimento della società internettesca mette a rischio la posizione di ciò che si autoritiene o è ritenuto "intellighenzia". C'è una parte della lingua che si è allontanata dai semplici(non dispregiativo) , non solo sono i semplici a essere "ritornati" ad uno stato di semplicità, la divulgazione è scarsissima nella società moderna e i due estremi si toccano sempre meno. In fin dei conti queste statistiche saranno tragiche nelle proporzioni che disvelano, ma il vero problema è democratico, ovvero che esse partecipino ora alla processo decisionale della polis, anche solo come "opinioni". Mentre prima la democrazia riusciva ad emarginarle con il latinorum e la burocrazia, oggi è importante che tutti abbiano preso parte ad un processo educativo che perlomeno prepari alle basi della logica. Su questo filone di ragionamento si arriva presto ai "fari digitali", i carismatici collezionatori di interviste dietrologiche che pattugliano internet e foraggiano di piccole grandi verità. Credo di aver già scritto 4 post sulla differenza tra educazione e istruzione, quindi non voglio annoiare ulteriormente, ma non c'è alcuna sorpresa che un titolo di istruzione non provi assolutamente nulla sull'educazione di un soggetto.
L'analfabetizzazione digitale colpisce anche quella piccola percentuale di lettori italiani che leggevano almento 3 o 4 libri al giorno.
C'era un ottimo saggio, tra gli altri, che s'intitolava "I saperi che stiamo perdendo"
Ricordo, ai miei tempi,per la futura elite che arrivava alla laurea, era prevista la scuola media col latino , severa e selettiva.
per gli altri di più modesta estrazione, l'avviamento al lavoro: diventavano apprendisti quattordicenni in vari mestierii.
L'educazione sta all'istruzione come la cultura sta all'erudizione .Sappiamo di molti politici che si sono laureati a 40, 50 anni, in università
non rinomate.
L'educazione sta all'istruzione come la cultura sta all'erudizione. Cose separate da non comfondere.