Da tempo mi sono convinto che la cosiddetta democrazia rappresentativa che impera nelle nazioni più avanzate non sia altro che una forma di oligarchia, nata dall'impossibilità di creare dei veri regimi democratici in nazioni che contano un alto numero di abitanti.
Da qualche anno però si è affacciata la possibilità di implementare una forma di reale democrazia diretta: la democrazia digitale diretta, che diversi partiti in Europa hanno inserito nel loro programma. In questo modello il Parlamento non sarebbe più necessario, in quanto i cittadini potrebbero rappresentarsi da soli, proponendo, discutendo e votando leggi su una apposita piattaforma statale sul web. Certamente non tutti i cittadini avrebbero l'interesse o la cultura necessaria per farlo; ma anche se lo facesse una piccola parte dei cittadini italiani, sarebbe comunque un numero molto più grande rispetto a qualche centinaia di parlamentari.
La mia domanda dunque è questa: può funzionare un modello del genere in un grande paese come l'Italia, con un potenziale di decine di milioni di persone che dovrebbero discutere le leggi? Oppure ciò porterebbe semplicemente al caos? La democrazia diretta è possibile solo nelle piccole comunità?
Buongiorno Santos e bentrovato. Dico la mia. La democrazia non è, come talvolta viene creduto, il diritto di voto per dei candidati che ci rappresentano. Questa è una trovata per ridurre il peso della democrazia. La democrazia, come dice la stessa parola, è potere al popolo. E quel potere solo in minima parte viene esercitato con il diritto di voto. Prima e dopo di quel momento, comunque importante, vi sono tutta una serie imponente di attività che servono alla manutenzione e allo sviluppo della democrazia.
Attualmente invece passa il messaggio che democrazia significa diritto di voto e libertà di dire qualsiasi minchiata ci frulla per la testa.
Cari miei, la democrazia significa invece anche altre cose. Ad esempio dare a tutti la possibilità di gareggiare alle stesse condizioni iniziali, quindi aiutando chi non si può permettere di andare a scuola, aiutando chi non può avere una abitazione privata, aiutando chi non ha lavoro. Queste sono indicazioni "liberali" della democrazia, non comuniste, notate bene. Democrazia significa anche una tassazione progressiva sulla ricchezza ed una tassazione "pesante" sui passaggi ereditari. Quando la democrazia era una cosa più seria, cioè ai tempi del primo dopoguerra, in USA, con una riforma varata dal presidente Eisenhower (quello prima di Kennedy), la tassazione sui redditi dei più ricchi arrivava al 92 per cento. Ora ufficialmente pagano proporzionalmente più tasse i poveri dei ricchi in USA, tutto legalizzato. Qui da noi invece non è legalizzato, ma è lo stesso a causa della economia sommersa (lavoro nero...eccetera).
Inoltre è anche e soprattutto un fatto di cultura. In Svizzera calendarizzano, all'inizio di ogni anno, 5 domeniche nel corso di quello stesso anno, dove si potrà andare a votare per un referendum. Quindi è già previsto che 5 volte all'anno si andrà a votare o si voterà attraverso internet, probabilmente. Nessuno si scandalizza, in Svizzera, anzi sono soddisfatti di questa norma. Quest'anno probabilmente vi saranno 16 referendum.
Immagina le polemiche in Italia, se un partito proponesse una roba del genere. Questione di cultura, di unità degli svizzeri in quanto popolo, di fiducia in sè stessi e nelle istituzioni, di capacità di gestire strumenti tecnologici. In Svizzera è laureata la metà della popolazione, contro il nostro misero 4 per cento (il 19 per cento se consideriamo la classe di età 23-64 anni).
La realtà è che siamo talmente indietro rispetto a tanti indici di democrazia (vogliamo parlare della libertà di stampa, siamo al 44 posto, dietro quasi tutti gli altri paesi europei), che parlare di votazioni telematiche è come volersi appigliare all'ultimo ramo di un bellissimo albero, che però ha tutti gli altri rami in condizioni di salute gravissima.
La mia risposta è che la democrazia diretta non è affatto auspicabile, desiderabile e possibile per ovvie, banali ragioni economiche attinenti sia l'organizzazione che l'informazione. La gestione, l'amministrazione è una attività ordinariamente specializzata e centralizzata. L'informazione è anch'essa specializzata.
Prova ne sia che coloro che sostengono la democrazia diretta non sono nemmeno capaci di applicarla alla loro organizzazione.
Nemmeno una piccola associazione riesce a gestirsi sulla base della democrazia diretta.
Gli strumenti informatici e telematici, sebbene riducano i costi dell'informazione, non cambiano affatto la sostanza del problema.
Salve Santos, e benvenuto anche da me. Circa il "solido" della tua domanda io trovo ti abbia risposto del tutto appropriatamente il buon jacopus.
Io mi limito solamente ad azzardare il fatto che tu - avendo posto una domanda del genere - abbia una età certamente inferiore ai - diciamo - quarant'anni.
Infatti mentre uno degli effetti positivi della globalizzazione comunicativa (la diffusione di informatica e di internet) è la stupefacente moltiplicazione della diffusione delle notizie e della possibilità di interconnettere le informazioni, l'effetto negativo è la impossibilità - per chiunque singolarmente - di trarne una sintesi utile alla comprensione della realtà.
In pratica si viene talmente "presi" dalla possibilità di "conoscere" potenzialmente tutto che, senza potersene accorgere, finiamo col non poterci accorgere delle realtà locali che ci circondano. Chi ha la (fortuna o sfortuna ?) di avere una esperienza "preglobalizzata" può fare certi confronti, i giovani no.
Purtroppo il problema di ogni "democrazia diretta" su grande scala è semplicissimo. Il singolo elettore sa benissimo cosa vuole : lavoro sicuro, abitazione confortevole, informazione imparziale, cibo genuino, assistenza sanitaria gratuita, inquinamento zero.................................................
Purtroppo il sapere ciò che si vuole non aiuta molto nel poterlo ottenere democraticamente.................e figurati poi che sono esistiti moltissimi casi in cui alcuni che sapevano esattamente cosa volevano, una volta riusciti ad ottenerlo si accorsero che non si trattava di ciò che serviva loro ! (vedi matrimoni sbagliati, elezioni di candidati ladri, sistemi elettorali apparentemente perfetti etc. etc.). Saluti.
Ciao santos, benvenuto in logos, la democrazia tramite internet ha un grosso problema, quello del controllo. Nelle elezioni o referendum di tipo tradizionale ci sono meccanismi che possono essere controllati da tutti, perché tutti li capiscono e possono osservare i processi di voto e di conteggio. Se ci metti la tecnologia ottieni un risultato che può essere alterato da chi ha competenze tecnologiche, dalla società che gestisce il servizio, e chi controllerà che sia tutto in regola ?
Ciao Santos.
Mi pare che da poco ci stiamo occupando ,investendo risorse , della sicurezza della rete per proteggere lo stato da attacchi informatici.
Quindi mi pare quantomeno prematuro parlare di governo diretto del popolo attraverso la rete.
La democrazia diretta elimina quei filtri che oggi ci sono , non essendo più necessari. Ma chi ci dice che non dovremo poi rimpiangerli , accorgendoci , che seppur nati da necessità , svolgevano funzione virtuosa e insostituibile ?
Dovremmo prima capire chi è il popolo digitale , in alternativa a quello analogico , perché è fin troppo facile cadere nell'inganno che si tratti dello stesso popolo, dato che si tratta delle stesse persone.
Iniziamo solo da poco a capire chi è questo popolo.
In questo popolo digitale sono tutti scienziati.
Sarà un caso che la scienza oggi ha raggiunto un picco negativo nella considerazione del popolo stesso?
Se eliminiamo il confronto politico analogico , siamo sicuri di non perdere qualcosa di insostituibile ?
Il confronto digitale sembra tenda ad accentuare le polarizzazioni ,perché ti permette di evitare confronti diretti problematici ,di cui volentieri facciamo a meno potendo.
Però proprio nel confronto conflittuale fra diversi ,quando non puoi evitarlo ,temo risieda ciò che fa' della democrazia un sistema di successo.
È di successo nella misura in cui sei costretto , tuo malgrado , a confrontarti con altri.
Se potessimo evitarlo , rinchiudendoci in bunker digitali , isolandoci dai diversi da noi , lo faremmo volentieri.
Comprendere le ragioni degli altri è faticoso.
La democrazia diretta , fin troppo diretta, ci evita questa fatica cliccando altrove con un dito.
Appena si superano le dimensioni di una tribù di nativi nordamericani diventa difficile una democrazia diretta del decidere (politica) e del fare (amministrazione). L'uguaglianza politica può essere estesa più facilmente, attraverso gli strumenti amministrativi della partecipazione. Lo sviluppo della tecnoscienza li rende teoricamente gestibili a livello planetario.
Diverso è il discorso del fare, dell'amministrare. La divisione del lavoro è connaturata ad ogni specie sociale, compresa quella umana. Il superamento della fase naturalistica ha livellato le differenze date dalla natura, ma la complessità sociale ha ampliato a dismisura le differenze di funzioni sociali imponendo la specializzazione delle diverse competenze gestionali.
Questo fenomeno, puramente etologico, viene dalle ideologie negriere convertito ideologicamente da amministrativo a politico. Ma è un errore che si può facilmente correggere, se non si hanno troppi interessi di classe da difendere.
Rispondo collettivamente. Temo di non essere stato ben compreso dalla maggior parte di chi ha risposto. Io ho parlato di Internet e di votazioni telematiche soltanto come mezzo per la democrazia diretta, non come obiettivo. Magari in un futuro lontano verrà escogitato qualcos'altro di superiore che sarà ancora più efficiente per instaurare una democrazia diretta. La discussione che voleva fare io è un'altra. Provo a riformularla in questo modo. Tralasciando la questione della desiderabilità della democrazia diretta (anche se capisco sia incidentale a questo discorso), è possibile implementarla in una grande nazione, oppure ciò porterebbe al caos? Può esistere solo in piccole comunità autonome? E se sì, preferireste vivere in una grande nazione ma non avere voce in capitolo sulle sue leggi, oppure in una piccola comunità dove potreste partecipare al processo legislativo?
Salve Santos. OK. Ora ti trovo più chiaro......
Dal mio punto di vista la preferenza non è per il grande Paese che non dà voce in capitolo o la piccola comunità ultrarappresentativa.
Il problema delle comunità troppo grandi (diciamo, da 100.000 individui in su) è che al loro interno diventa difficile fare in modo che il singolo possa rendersi conto di come veramente vengono condotti gli affari comuni. Non si ha più la possibilità di - non dico conoscere - ma almeno di farsi un'impressione circa le persone alle quali delegare le decisioni, le scelte, gli atti responsabili.
Quando le cose stanno così il votare una persona sulla base di quello che dice (promette) di voler fare finisce per avere la stessa efficacia di tirare a sorte un nome sconosciuto da un elenco telefonico.
Io sarei per un sistema in cui il Potere (legislativo ed esecutivo) stia nelle mani di soggetti eletti in modi IMPERSONALI (es.:sono vietate le campagne elettorali personalistiche etc. etc. etc.) ed APOLITICI (aspetti questi che ho affrontato in modo sommario all'interno di alcuni miei interventi del presente Forum, dei quali ti fornisco i sottostanti collegamenti : )
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-culturali-e-sociali/deliri-onirici-(r7p)/ https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-culturali-e-sociali/deliri-onirici-2-di-2-(r7p)/ https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-culturali-e-sociali/voto-segreto/http:// In sostanza, al di là della utopicità delle mie idee, la mia preferenza riguarderebbe forme democratiche le quali non possono e non devono consistere nel realizzare una INESISTENTE, ALEATORIA, CONTRADDITORIA E DEMAGOGICA VOLONTA' POPOLARE, MA PIUTTOSTO CHE PERMETTANO DI ALLONTANARE CHI - secondo l'impressione popolare chiamata periodicamente ad esprimersi - FACCIA CIO' CHE IL POPOLO NON APPROVA. Saluti.
La mia risposta non cambia, perché credo che non siano i meccanismi di ingegneria elettorale a permettere più o meno democrazia o più o meno caos.
La democrazia è esercizio della virtù come ricordano in tanti, da Socrate a Montesquieu. E la virtù, seppure può essere supportata dal sistema elettorale, è un requisito che sta a monte. È un patrimonio di quella nazione, forgiato spesso nel corso di secoli. Pensare che, cambiando un sistema elettorale si possa cambiare la vita politica di un paese è irrealistico, al di là delle innovazioni tecnologiche e delle ovvie differenze fra grande e piccola nazione.
La democrazia rappresentativa credo sia un modo di rendere fittiziamente meno popolata ,attraverso il parlamento ,una nazione molto popolata.
Citazione di: Santos il 01 Maggio 2020, 23:23:34 PM
Tralasciando la questione della desiderabilità della democrazia diretta (anche se capisco sia incidentale a questo discorso), è possibile implementarla in una grande nazione, oppure ciò porterebbe al caos? Può esistere solo in piccole comunità autonome? E se sì, preferireste vivere in una grande nazione ma non avere voce in capitolo sulle sue leggi, oppure in una piccola comunità dove potreste partecipare al processo legislativo? [/color][/font]
Credo ci siano due livelli politici da tenere ben distinti:
Il livello
politico propriamente detto che la tecnica moderna permette di gestire anche
direttamente da parte tutti i cittadini (elezioni e referendum su questioni "politiche" generali).
E un livello
amministrativo che richiede competenze e procedure specifiche: non si possono fare referendum su argomenti di carattere strettamente tecnico-scientifico. Nè tutti possono improvvisarsi vigili del fuoco.
Non confonderei la democrazia con i sistema repubblicano liberale, così come non confonderei i criteri dei cosiddetti valori. di giustizia di libertà e uguaglianza.
La demos-crazia è volontà del popolo. Perché anche un tiranno potrebbe essere "giusto" e "saggio" a soppesare i valori fra loro nella fattualità della vita sociale.
Il problema fondamentale è che la democrazia rappresentativa parlamentare contemporanea ha chiuso da tempo, ha fatto capire che si finge di scegliere ciò che il partitismo ha già deciso nelle liste elettorali e che si sceglie e soprattutto non si può cambiare il sistema che è stato ingessato astutamente e scaltramente. Si vota per non cambiare mai nulla.
I grandi numeri delle quantità delle persone che votano dimostrano conservatorismo e non progressismo, perché questa è la consuetudine la motivazione vera del popolo, salvo alcuni momenti storici.
Il problema è se la volontà popolare è davvero l'anima di una società da seguire , e dall'altra se il voto a suffragio universale ha davvero senso nella forma dei partirti politici che hanno boicottato anche , nel caso italiano, la Costituzione. La malattia democratica è onnicomprensiva, dalla volontà del popolo alla formazione dei governi in un parlamentarismo che non ha più senso e viene infatti boicottato, da decreti del governo perché l'urgenza dei tempi di risposta non permette inutili dibattiti parlamentari decisi dalle segreterie di partito.
Quindi sì e da subito alla democrazia diretta, togliere di mezzo comuni, province che non ci sono ma ci sono, regioni, enti autonomi periferici, enti autarchici e tutta la ridondanza incapace nemmeno di gestire un coronavirus, creare comprensori territoriali a sistema federale, per cui rimarrebbe la dialettica fra centralità e periferia, fra governo centrale e quello periferico. Utillizzo di una firma certificata elettronica, niente matite e carta ridicole, manca solo il calamaio e il pennino per l'inchiostro, tanto falsano le schede elettorali quando lo vogliono fare..........costi ridotti e velocità sulla risposta di domande sociali importanti.
O è potere al popolo o non lo è. Questo già lo diceva Rousseau nel "Contratto sociale" quando faceva l'esempio dei tribuni nelle assemblee dell'antica Roma.
Trovo che sia il passaggio inesorabile per responsabilizzare il popolo a partire dal proprio territorio e chiaramente deve essere accompagnato da una riforma totale degli organismi attivi, consultivi e di controllo e i giudici del potere giudiziario devono essere anch'essi votati dal popolo direttamente senza liste di partito, con il solo pre requisito della conoscenza delle scienze giuridiche, così come il politico deve conoscere le basi delle scienze politiche e giuridiche della formazione dello Stato, appunto gli istituti giuridici.
Citazione di: paul11 il 03 Maggio 2020, 01:46:10 AM
Non confonderei la democrazia con i sistema repubblicano liberale, così come non confonderei i criteri dei cosiddetti valori. di giustizia di libertà e uguaglianza.La demos-crazia è volontà del popolo.
Ecco appunto, io non confonderei la democrazia per un sostantivo anzichè un aggettivo, esistono forme di governo più o meno democratiche, non una democrazia monolitica dalla quale si è o fuori o dentro. La venezia dei doge, dove una parte del popolo eleggeva degli ottimati, che a loro volta ne eleggevano degli altri, e così via per una quindicina di elezioni indirette a formare un governo, era una democrazia? In Cina, dove c'è un solo partito ma il popolo decide i propri rappresentanti territoriali, che andranno all'interno del partito a far valere le posizioni di quel territorio, è una democrazia? Quando una tribù africana a gran voce e a larga maggioranza urla il nome di un nuovo leader per il consiglio degli anziani, è una democrazia? Di quasi tutti gli stati del mondo solo una decina, le teocrazie islamiche e il vaticano, non dicono di se stesse di essere democrazie, anche la Korea del Nord, formalmente si chiama "Repubblica Popolare democratica di Corea" e probabilmente i suoi cittadini sono particolarmente contenti di vivere in una democrazia. Chi dispensa perciò le patenti di democrazia? La democrazia è un incantensimo, se tutti sono convinti di vivere in una democrazia, vivranno in una democrazia. Internet ha rotto questo incantesimo, sempre più persone non sono più convinte di essere rappresentate e la percentuale di persone che partecipano alla democrazia repubblicana nelle sue forme, che siano la politica attiva o il voto, sono crollate ovunque nel mondo occidentale. Pare chiaro che, democrazia diretta o meno, Internet è la terza grande rivoluzione dell'informazione dopo la scrittura e la stampa, e l'idea che l'informazione circoli in maniera totalmente differente ma le forme di organizzazione politica rimangano uguali è semplicemente ridicolo, i nostri nipoti ci guarderanno ridendo di questo tentativo di conservare ciò che ha le ore contate. Che poi la risposta sia clicckare un quesito su internet mi sembra una terribile semplificazione del problema, seppur perlomeno in un senso riformista anzichè conservativo.
Per Paul. Sai che ti stimo ma sarò franco. La tua impostazione è, a mio parere, riduttiva, del significato di democrazia.
È vero che la tecnologia facilita la possibilità di votare e di ascoltare la voce di tutti sulle decisioni importanti, rendendo concreta la democrazia diretta.
Ma proprio Rousseau, che hai giustamente citato, era anche un pedagogista, ed aveva ben presente un altro problema, che andava affrontato per rendere effettiva la democrazia diretta, anzi due.
Il primo, già patrimonio della riflessione politica, sanciva che una buona repubblica, per essere tale , non deve avere né persone tanto ricche da poterne comprare altre, né persone tanto povere da poter essere comprate. Le votazioni possono essere anche telematiche ma questa precondizione è fondamentale, almeno come tipo-ideale.
È chiaro come già il perseguimento di questa precondizione invece necessaria assuma in Italia una fisionomia "pericolosamente bolscevica".
Il secondo è relativo all'educazione dei cittadini, che debbono sentirsi partecipi del potere collettivo, riuscendo a concepirsi "talvolta" come sudditi o servitori e "talvolta" come sovrani
Ed inoltre, affinché le decisioni siano le più giuste possibili, gli stessi cittadini devono avere le competenze per decidere bene.
La Svizzera, a suo modo, è stata coerente agli insegnamenti del suo ginevrino. Infatti è laureata quasi la metà della popolazione (e ciò significa che nella classe lavorativa è laureata una percentuale ancora più alta). E fanno referendum ad ogni piè sospinto. Quest'anno erano programmati 16 referendum, non se se ora li hanno bloccati causa covid, ma in ogni caso, anche precedentemente alla rivoluzione digitale, utilizzavano molte forme di democrazia diretta, favoriti anche dalle loro piccole dimensioni.
Una terza precondizione, che immodestamente aggiungo a quelle di Rousseau è il patrimonio di "reciproca fiducia sociale". Se non vi è fiducia nelle relazioni sociali, nel rapporto governati-governanti, qualsiasi sistema democratico è fragile.
E qui in Italia vi sono molti livelli di fragilità che minano questa reciprocità fiduciaria, a partire dalla assenza di miti fondatori davvero unitari e, anzi, dalla presenza di miti fondatori potenzialmente conflittuali fra di loro.
E bisogna anche ricordare che la costruzione della reciproca fiducia è faticosa non solo a causa del necessario rimodellamento della cultura italiana, ma anche perché vasti e potenti strati della società italiana fondano la loro ricchezza proprio sulla mancanza di fiducia reciproca: basti pensare alla mafia.
Prima di pensare alle modifiche di meccanismi elettorali, che lasceranno il tempo che trovano, ma che illudono, perché facili da costituire, bisognerebbe intervenire in queste tre direzioni, la cui modifica è tanto più complessa e faticosa di una (delle tante) riforma elettorale.
Ciao Inverno,
taglio corto e chiedo semplicemnte:
c'è mai stata una forma democratica che esprimesse la volontà popolare?
L'attuale forma di democrazia nei sistemi politici formali degli Stati soprattutto occidentali esprimono una "vera" democrazia intesa come volontà del popolo?
A chi trae fortuna da questo sistema pseudo democratico attuale e a chi invece ne trae malessere?
Il partitismo, una libera associazione, nato nella modernità è l'unica forma intermedia fra popolo e Stato?
Ricorderei che le due forme di democrazia diretta e rappresentativa hanno una sostanziale differenza. Nella diretta il delegato ha il potere i delega, ma non di rappresentanza, non è "un procuratore" che negozia i diritti dei rappresentanti, in quanto sarà l'assemblea del popolo a decidere; quindi il delegato non ha potere decisionale.
Nella democrazia rappresentativa l'eletto nelle liste elettorali che sono compilate in ordine gerarchico dai partiti e non dal popolo , quest'ultimo sceglie chi è già stato scelto, si fa la sua crocetta sulla scheda elettorale e non partecipa affatto alla vita politica, la subisce.
Questa è democrazia della volontà popolare?
Il partitismo ha letteralmente annientato persino i canoni del Parlamento italiano.
Quando ,tempo fa, i cinque stelle chiedevano che vi fosse una legge che vincolasse il deputato o senatore al partito e non trasmigrasse, nello stesso periodo del mandato, in altri partiti, dissero una fesseria costituzionale. Perchè il Parlamento nelle intenzioni dei padri costituenti è il luogo in cui si formano i gruppi che hanno idee politiche simili, e non prima ancora di entrare in Parlamento.
Così il passaggio dalle liste elettorali al Governo, che alcuni partiti politici ormai vorrebbero già eletto dal popolo, di fatto esautorano il ruolo del Parlamento come sede istituzionale del dibattimento politico, del voto non sancito apriori dalle segreterie di partito, ma dalla libera associazione su idee, riforme, decreti, leggi, ecc.
Non confondiamo quindi il consenso partitico elettorale e il suo ruolo ormai abnorme con la democrazia.
Se poi internet è un problema, vi chiederei come mai i politici tutti utilizzano social addirittura privati come Facebook, Istagram, e quant'altro per comunicare? Vi sembra sensato?
Se prima non vi+ una disamina corretta dei problemi e mali delle attuali forme repubblicane social-liberali dentro una democrazia a elezione per suffragio universale, continueremo a criticare senza cavare un ragno da un buco.
Perchè la prossima fase della storia politica istituzionale sarà abolire o ridurre il Parlamento, così avremo finalmente chiaro che le aristocrazie e oligarchie da sempre e sotto la mentita spoglia democratica, governano e "menano il gregge" per i pascoli che vogliono loro.
Il secondo aspetto è la territorialità giurisdizionale, del campo applicativo degli istituti giuridici,
Senza controllo sociale da parte della volontà popolare, chiunque può fare le leggi ai suoi desiderata e per un certo numero di anni che le leggi stabiliscono.
Comincerei dal basso a formulare la democrazia diretta tramite la telematica: dai comprensori che per me dovrebbero abolire comuni province e regioni, ovvero l'amministrazione indiretta dello Stato, florilegi di ridondanze di miriadi di persone accomunate da "servitori di partito" non cert odel popolo. L'italia verrebbe suddivisa in comprensori, dove ad esempio vi sarebbe un solo delegato per una intera valle, così come un'area metropolitana è già un comprensorio di una grande città con le sue innumerevoli frazioni. La federazioni di comprensori è la periferia dell'ordinamento al centro vi è un Governo su tutto il territorio italiano.
Si tratterebbe di riformulare l'intero ordinamento senza toccare i principi di diritto della Costituzione italiana.
Ma il tutto voluto e controllato dal popolo, in quanto sarà lui che decide per via diretta se un disegno di legge, un dibattimento, dovrà diventare legiferazione nell'ordinamento legislativo giuridico.
Ciao Jacopus, la stima è reciproca.
Se vuoi, se volete, prendila per provocazione, ma è quel che penso.
Lo conosci il celebre discorso di Calamandrei ad un'assemblea di studenti in giurisprudenza/legge?
Calamandrei è un padre fondatore nella Costituente. Disse che non può esserci libertà senza eguaglianza, per cui i politici debbono salvaguardare gli "ultimi" affinchè la differenza fra ricchi e poveri si colmi. Quindi sfondi una porta aperta.
E quindi? Avrei la soluzione, ma è troppo "radicale", semplicemente si sancisce il limite quantitativo d ricchezza patrimoniale oltre il quale il singolo individuo e/o gruppo famigliare non può andare. Quell'oltre viene confiscato dallo Stato e ridato all comunità. Lo sai che nella tradizione ebraica, e c'è nella Bibbia veterotestamentale, il Giubileo, esisteva l'azzeramento del debito e gli schiavi e prigionieri venivano liberati ? Erano più stupidi gli antichi o noi tecnologici moderni?
Lo so benissimo che il salto ad una democrazia diretta presenterebbe delle difficoltà, soprattutto iniziali.Ricorderei che la Comune di Parigi, i soviet, i kibbutz ebrei furono o avrebbero dovuto essere autogestione diretta dei partecipanti.
Ricorderei anche che partecipante, astante, osservante hanno significati diversi.
Se la democrazia è partecipazione attiva del popolo, ebbene lo sia.
Anche la democrazia rappresentativa attuale secoli fa la ritenevano impossibile e impensabile dap rte dei nobili aristocratici.
Ti ricorderei che proprio i Governi tutti, non solo italiano, hanno interesse a rincoglionire il popolo a mantenerlo gregge, a dargli mediaticamente fesserie per bambini scemi, a non coltivare nessuna
cultura perché è inutile e non porta soldi. E'come dire che il pastore dice che il suo gregge è stolto, certo se lo tratta da pecora e intanto lo mena per i tratturi che vuole il pastore.
I post di paul hanno centrato il punto. Vorrei a questo proposito ampliare la discussione, magari col rischio di mettere troppa carne al fuoco; ma devo porre un altro punto che reputo fondamentale in questa questione. Voler curare la democrazia rappresentativa trasformandola in democrazia diretta, non è come passare dalla padella alla brace? Se la massa già a un livello rappresentavo fa così tanti danni, come potrà gestire da sé una società complessa? La massa sragiona per definizione. Nel 1932 i tedeschi hanno dato a Hitler la loro fiducia, facendogli vincere quelle libere elezioni che così tanto oggi la destra italiana invoca. Nel 1979 gli iraniani hanno votato affinché l'Iran diventasse una teocrazia islamica. Di esempi di questo tipo se ne potrebbero fare a bizzeffe, anche più recenti, come le elezioni di Bolsonaro e Orbán. Allora io mi chiedo: è saggio dare il potere di fare leggi e di decidere la politica dell'Italia ad una massa che per il 28% (secondo altri studi anche di più) è composta da analfabeti funzionali, che credono alle fake news e alle teorie complottiste più varie, che ragionano con la pancia invece che con la testa? È davvero auspicabile una democrazia diretta, o è meglio una forma di meritocrazia (Jason Brennan la chiama "epistocrazia"), dove a governare sono i migliori (magari scelti per concorso)?
Citazione di: Santos il 03 Maggio 2020, 15:59:41 PM
Allora io mi chiedo: è saggio dare il potere di fare leggi e di decidere la politica dell'Italia ad una massa che per il 28% (secondo altri studi anche di più) è composta da analfabeti funzionali, che credono alle fake news e alle teorie complottiste più varie, che ragionano con la pancia invece che con la testa? È davvero auspicabile una democrazia diretta, o è meglio una forma di meritocrazia (Jason Brennan la chiama "epistocrazia"), dove a governare sono i migliori (magari scelti per concorso)?
Pur trovando, da un lato, ovvia la ragionevolezza insita nell'epistocrazia, e dall'altro, altrettanto ovvia la non facilità della sua proceduralizzazione, sono anche consapevole che, per motivi storici e culturali, è un tabù che suscita le più disparate reazioni avverse, nemico comune di molte (tutte?) le fazioni politiche. Nondimeno, riprendendo la differenza fra
episteme e
doxa, per me si pone come
male minore valutabile alternativa alla "dossocrazia", all'oclocrazia, etc.
Senza volermi addentrare nel discorso politico, leggendo
en passant la considerazione di
Ipazia che «(non) tutti possono improvvisarsi vigili del fuoco»(cit.), mi sono chiesto se "tutti possono improvvisarsi pensatori politici" (sia come votanti che come votati), dove con «pensatore politico» non intendo aulicamente ammiccare alla sofocrazia utopica, ma semplicemente l'esser in grado di pensare politicamente (a prescindere da
quale si ritenga sia il Bene della
polis) con (minima?) cognizione di causa, ovvero, appunto, con
episteme.
Salve Santos. Citandoti : "una forma di meritocrazia (Jason Brennan la chiama "epistocrazia"), dove a governare sono i migliori (magari scelti per concorso)".
No, non è possibile. Migliori ? Di chi? Forse intendevi dire "i più capaci per abilità ed esperienza", cioè chi risulti in possesso di requisiti non soggettivi. Ma chi sceglie i criteri per giudicare chi sia "più capace" dovrebbe essere egli stesso ancora ed ancora "più capace" dei "più capaci" che che deve "esaminare".
Purtroppo saremmo all'oligarchia elevata all'ennesima potenza. La quale ovviamente dovrebbe riconoscere di voler governare PER NULLA DEMOCRATICAMENTE una massa di "meno capaci", i quali si mostrerebbero di assai pessimo umore nel constatarlo.
Quindi, anche se ci ritrovassimo - per iperutopistico incanto - una classe dirigente composta da supercapaci, il problema di fondo sarebbe : CHI GARANTISCE LA STABILITA' DI UN SIMILE ORDINAMENTO ? Ovviamente nessuno. Per mantenerlo esisterebbe solo lo strumento della forza od il supporto di poteri esterni (ad esempio perdere la nostra cosiddetta indipendendenza cosiddetta nazionale). Saluti.
Citazione di: viator il 03 Maggio 2020, 17:16:19 PM
Ma chi sceglie i criteri per giudicare chi sia "più capace" dovrebbe essere egli stesso ancora ed ancora "più capace" dei "più capaci" che che deve "esaminare".
Tralasciando l'epistocrazia, tale regresso all'infinito è nella prassi evitato nel momento in cui un consesso specialistico stabilisce
per consenso interno prima i criteri e poi, tramite essi, chi fra loro è più idoneo ad un certo ruolo; poiché, almeno fra "pari", il riconoscere chi è meglio di me in qualcosa, non prevede il paradosso che io debba essere meglio di lui per constatare il suo esser meglio (in caso di dubbio, entrano inevitabilmente in gioco altri fattori meno oggettivi).
Questo accade solitamente in tutti i settori, ad esempio, se non erro, nella scuola: chi giudica i docenti adeguati ad essere tali? Altri docenti. E chi giudica tali "altri docenti" in grado di decidere chi può essere docente? Ulteriori docenti... e sembrerebbe di poter proseguire a oltranza, fino a rendere pressoché impossibile la presenza di un docente in aula. Per fortuna, si arriva convenzionalmente ad un punto in cui (semplificando) un gruppo di docenti decide chi fra loro è più adatto a decidere chi giudicherà altri futuri neo-docenti (tramite concorso o simili), e qui la catena si interrompe.
D'altronde, meglio una decisione fra i (più o meno) pari di ruolo, fra i competenti (o meno incompetenti), oppure meglio sia la massa degli alunni a decidere democraticamente chi può essere loro insegnante?
Se la priorità è rendere soddisfatta la
quantità maggiore di alunni possibile, avrebbe (quasi) senso far votare tutti gli alunni, semplicemente in quanto tali, per eleggere i professori (e in caso di proteste studentesche avere l'alibi dell'«li avete votati voi»); se la priorità è la
qualità dell'insegnamento, mi pare ragionevole abbiano voce in capitolo solo coloro che sanno (ri)conoscere i parametri di tale qualità (sapere che potrebbe forse appartenere anche ad alcuni alunni, ma che esula dal semplice "essere alunno in quanto tale").
C'è un possibile compromesso fra qualità e quantità? Un compromesso efficace solitamente prevede criteri e metodo, in una parola, di nuovo,
episteme.
Salve phil. Citandoti : "................oppure meglio sia la massa degli alunni a decidere democraticamente chi può essere loro insegnante?".
A livello extrascolastico è ciò che già succede - in nome appunto della sacralità pseudodemocratica. Poi occorre avere un poco di pazienza per vedere dilatarsi tale criterio verso una scuola che giunga a veder nominati i docenti dai genitori (già qualche segnale lo si vede attraverso episodi nei quali i docenti vengono sporadicamente nominati menati da parenti ed affini della popolazione studentesca), poi quindi giungeremo alla fase della democrazia perfetta in cui saranno gli scolari delle elementari a nominare gli attuali baroni dell'istruzione superiore. I relativi esami si svolgeranno sulla base degli esiti di appositi tornei di videogioco. Saluti.
Vorrei trattare la cosa in modo più analitico e imparziale (cosa che penso di poter fare proprio perché non ho un'opinione precisa in materia, che è il motivo per cui ho aperto il dibattito). Banalmente esistono due modi per implementare una forma di epistocrazia. Uno, più moderato, come quello che propone Jason Brennan in Contro la democrazia, è quello di far fare ai cittadini dei test per ottenere il diritto di voto. I test dovrebbero vertere su questioni molto semplici di diritto (cioè il candidato dovrebbe dimostrare di sapere come funziona lo Stato italiano). È un'idea che spesso si sente e che si può discutere, ma francamente la trovo 1) irrilevante, perché pur responsabilizzando e in parte cambiando l'elettorato, sostanzialmente fa rimanere intatta l'élite politica attuale; 2) possibilmente discriminatoria, perché creerebbe dei cittadini di serie A e di serie B. Inevitabilmente delle fasce di popolazione (per esempio i benestanti, che possono accedere facilmente agli studi universitari) conquisterebbe più diritti di voto che altre fasce di popolazione (per esempio i poveri), il che potrebbe portare a nuove forme di aristocrazia.
L'altro modo, più radicale, è quello di far fare dei concorsi ai candidati aspiranti al governo (un concorso per ogni ministero, basato sulla materia di cui quel ministero si occupa) e al parlamento (un concorso di giurisprudenza). Anche questa idea mi pare avere dei limiti evidenti; e il più evidente di tutti è che cultura e intelligenza non sono sinonimi. Si potrebbero fare tantissimi esempi di persone laureate con 110 e lode in giurisprudenza, o addirittura che hanno insegnato all'università, ma dotate di scarso senno e con idee retrograde, quando non proprio para-fasciste. Purtroppo un test "oggettivo" non garantisce nulla della reale capacità intellettuale dei candidati legislatori; mentre un test "soggettivo", che si basi sulle idee dei candidati, è impossibile da fare per ovvie ragioni. Inoltre, se si realizzasse questa idea, si scioglierebbe completamente il legame tra élite politica e popolo che è presente nella democrazia; i politici non si sentirebbero vincolati al popolo nelle loro scelte e ciò genererebbe o rivolte popolari o una nuova forma di autoritarismo.
Queste sono le mie obiezioni. Rimane un'idea indubbiamente affascinante quella di Platone dei filosofi al potere; ma allo stato attuale penso sia un'idea tanto affascinante quanto utopica.
Citazione di: Santos il 03 Maggio 2020, 15:59:41 PM
... Allora io mi chiedo: è saggio dare il potere di fare leggi e di decidere la politica dell'Italia ad una massa che per il 28% (secondo altri studi anche di più) è composta da analfabeti funzionali, che credono alle fake news e alle teorie complottiste più varie, che ragionano con la pancia invece che con la testa? È davvero auspicabile una democrazia diretta, o è meglio una forma di meritocrazia (Jason Brennan la chiama "epistocrazia"), dove a governare sono i migliori (magari scelti per concorso)?
Bisognerebbe chiedersi come mai un 28% è costituito da "analfabeti funzionali" e rispetto a quale "funzione" essi sono definibili analfabeti. Sospetto sia rispetto ad un assetto sociale che ha tutto l'interesse ad avere un 28% di analfabeti funzionali, oggi come ai tempi di Menenio Agrippa, in cui bastavano pochi cervelli, ma servivano tante braccia, preferibilmente analfabete.
La politikè ha sempre funzionato così: l'arte (techne) di governo della polis ha sempre viaggiato di concerto con l'arte di dominio della polis e per dominarla un 28% di analfabeti funzionali sarebbero ancora pochi e si tede pertanto ad aumentare questa quota con tutti i mezzi di propaganda di cui chi detiene il potere, il quale pur'esso fin dalla notte dei tempi (i gorilla del sistema li dovevano remunerare anche gli imperatori romani) è
potere economico, di cui la politica non può essere che ancella, o meno poeticamente, serva.
Ecco che allora ...
Citazione di: Phil il 03 Maggio 2020, 16:56:29 PM
Senza volermi addentrare nel discorso politico, leggendo en passant la considerazione di Ipazia che «(non) tutti possono improvvisarsi vigili del fuoco»(cit.), mi sono chiesto se "tutti possono improvvisarsi pensatori politici" (sia come votanti che come votati), dove con «pensatore politico» non intendo aulicamente ammiccare alla sofocrazia utopica, ma semplicemente l'esser in grado di pensare politicamente (a prescindere da quale si ritenga sia il Bene della polis) con (minima?) cognizione di causa, ovvero, appunto, con episteme.
... tutte le alate riflessioni sulla democrazia e gli ottimati si riducono a selezionare una categoria di competenti "alfabeti" funzionali ai rapporti di potere, ovvero alla supremazia economica data, e il "pensatore politico" non può che inserirsi in questo percorso di formazione e realizzazione. In tale scenario sociale, il suffragio universale che coinvolge gli "analfabeti" rafforza la messa in scena di una politica autoconservativa che usa sofisticati metodi di omologazione per salvaguardare l'oligarchia, aggiungendo pure una altamente omologativa parvenza di libertà partecipativa.
Da tale condizione politica ormai globalizzata - esclusa qualche tribù amazzonica e similia in via di estinzione - si può disaggregare la
funzione amministrativa che, per quanto subalterna al disegno politico di dominio generale, richiede competenze specialistiche per la migliore gestione possibile degli schiavi. Postulata la tirannide economica, la differenza tra tiranni buoni e/o competenti e tiranni cattivi e/o cialtroni permane e solo in questo ambito si possono elaborare teorie meritocratiche, le quali però non hanno alcuna possibilità di scalfire il potere politico effettivo, ormai, e molto più che in passato, saldamente in mano alle elite economiche transnazionali. Le quali si eternano con procedure di cooptazione ben rodate, distanziando sempre più tra loro i blocchi di partenza rispetto alla plebe e infine occupando, per via "meritocratica", con le loro pedine tutte le caselle della gestione del potere politico.
(La repubblica dei filosofi venne patrocinata da Platone medesimo nella magna grecia italica. Ne risultò un repubblica dei tiranni da cui Platone dovette fuggire in fretta e furia per salvare la pelle, dandosi alla fine alla filosofia pura nel mondo delle Idee. Luogo decisamente meno pericoloso del mondo politico reale.)
...
Salve Ipazia. Da te si può magari dissentire ma - secondo il mio parere - è difficilissimo trovare impertinente (cioè non-pertinente) ciò che scrivi. Ti faccio i miei ennesimi complimenti.
In particolare sono pure d'accordo con quanto hai detto nel tuo post di poco fa. La meccanica è certamente (più o meno) questa.
Ora però perchè non provi a proporre (per carità...... magari in via succinta) tu una qualche soluzione alternativa ? Io personalmente credo che riusciresti ad essere brillante ed originale in proposito. Resto alla tua buona volontà salutandoti carinamente.
Salve Santos. Citandoti : "Si potrebbero fare tantissimi esempi di persone laureate con 110 e lode in giurisprudenza, o addirittura che hanno insegnato all'università, ma dotate di scarso senno e con idee retrograde, quando non proprio para-fasciste. Purtroppo un test "oggettivo" non garantisce nulla della reale capacità intellettuale dei candidati legislatori;...............................".
Non capisco quali - secondo te - dovrebbero essere i requisiti e le capacità utili e necessari per governare EFFICACEMENTE ed ONESTAMENTE.
Secondo te titoli accademici, antifascismo ed intelligenza quale parentela avrebbero con l'efficienza, l'onestà e la democraticità di aspiranti governanti ?. Saluti.
Citazione di: viator il 04 Maggio 2020, 15:18:33 PM
Ora però perchè non provi a proporre (per carità...... magari in via succinta) tu una qualche soluzione alternativa ? Io personalmente credo che riusciresti ad essere brillante ed originale in proposito. Resto alla tua buona volontà salutandoti carinamente.
Dubito ve ne siano. La forbice tra detentori del potere e "analfabeti" si amplia sempre più e anche la forma-stato o equivalenti politici sovranazionali (tipo CE) non riesce a reggere la competizione coi grandi complessi transnazionali dell'infosfera, che hanno autoschedato gioiosamente il pianeta. E della finanza, con le sue fatali pagelle più terrificanti dei responsi degli antichi oracoli. Tutta gente che le tasse le decide lei: dove, quanto e a chi pagarle senza che nessuno possa battere un chiodo contro. Il potere è lì, ma noi possiamo ancora trastullarci con la forma-stato e Montesquieu. In un forum filosofico, ovviamente.
Non resta che sperare in tiranni buoni e competenti. Capaci di sfamare 8 miliardi di schiavi senza generare troppi sfracelli. Ed elargire elemosine a livello ONU quando lo ritengono opportuno.
Salve Ipazia, e grazie della disponibilità, anche se si è concretata nella ennesima descrizione di una condizione di fatto già ben nota. Io in realtà cercavo di estorcerti una qualche visione - non importa se irreale od utopica - che potesse intrattenerci oltre la ferrea meccanica del mondo attuale come ideologicamente da te interpretato.
Comunque va bene cosl e rinuncio al chiederti sforzi che tu forse non ritieni naturali. Saluti.
Salve viator. Vado con ordine.
I titoli accademici, come ho già detto, non sono garanti di un bel nulla. Nell'era dell'università di massa, dove anche cani e porci non solo si laureano con 110 e lode, ma diventano pure docenti universitari, i titoli valgono ben poco. Si potrebbero fare moltissimi esempi di personaggi noti; ma ho notato che questo forum è piuttosto polemico e potrei urtare le preferenze politiche di qualcuno, quindi ognuno si cerchi gli esempi che preferisce: c'è solo l'imbarazzo della scelta.
L'antifascismo dovrebbe essere una pre-condizione o - se si vuole - una condizione necessaria, ma non sufficiente, per fare politica. Forse sarebbe meglio ampliare al concetto di "umanità". Anche Stalin si dichiarava antifascista, ma non era propriamente umano.
Intelligenza infine è un termine che uso nel suo significato più ampio; e in quanto tale, esso comprende anche quei concetti di efficienza nel governare, onestà e democraticità che tu citi. Purtroppo però non esiste un metodo oggettivo di misurare l'intelligenza. I test del quoziente intellettivo, ecco, non dico che andrebbero buttati nella spazzatura; però misurano un solo tipo di intelligenza, quella che potremmo definire logico-meccanica. La teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner, anche se parecchio criticata e criticabile, nasconde secondo me una grande verità; e cioè che "intelligenza" è un termine collettivo per indicare cose abbastanza diverse tra loro. E allo stato attuale, non esiste un modo per misurare l'intelligenza che serve a un politico.
Penso di essermi convinto, forse, che la posizione più sensata è quella di Jacopus, che giustamente si focalizza sulla sostanza invece che sulla forma politica. Ma una discussione del genere riguarderebbe più il tema del socialismo contro il liberalismo, che la democrazia contro la meritocrazia.
Citazione di: viator il 04 Maggio 2020, 21:05:29 PM
Salve Ipazia, e grazie della disponibilità, anche se si è concretata nella ennesima descrizione di una condizione di fatto già ben nota. Io in realtà cercavo di estorcerti una qualche visione - non importa se irreale od utopica - che potesse intrattenerci oltre la ferrea meccanica del mondo attuale come ideologicamente da te interpretato.
Comunque va bene cosl e rinuncio al chiederti sforzi che tu forse non ritieni naturali. Saluti.
Il treno della rivoluzione post capitalistica è passato il secolo scorso e l'abbiamo, malamente, mancato. Oggi pare non esservi spazio per utopie e la pax capitalistica regna sovrana nel deserto che le è connaturato. Domani si vedrà.