Se leggiamo il concetto di democrazia in connessione con il processo di globalizzazione estremo in atto dalla fine dell'impero sovietico, sorge legittimo il dubbio che la democrazia, come l'abbiamo conosciuta dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, stia volgendo al tramonto.
Il ragionamento è il seguente: la democrazia ha bisogno della massima diffusione di una parte di popolazione critica, competente, capace di vedere i problemi della modernità nella loro complessità, senza farsi soggiogare dalla demagogia o farsi sottomettere da una situazione di bisogno economico. Per circa 50 anni questo obiettivo è stato perseguito nel mondo occidentale, donandoci forse uno dei periodi più fiorenti della storia dell'Europa. Mi ricordo negli anni '70, quando ero bambino, che la Rai trasmetteva trasmissioni fin troppo culturali, per una missione di "pedagogia" universale, che rifletteva gli umori di quel tempo e che in qualche modo doveva rispondere all'opposizione culturale al sistema del "socialismo reale".
Ad un certo punto questo modello di emancipazione, che ha prodotto conquiste importanti in tutto il mondo e in Italia basti ricordare il divorzio, il diritto all'interruzione di gravidanza, la chiusura dei manicomi, lo statuto dei lavoratori (ora emblematicamente soppresso), la riforma sanitaria universale, dicevo questo modello si è spento o più probabilmente è stato spento, quando si è percepito che il sistema sovietico era entrato nella sua fase agonizzante.
La cultura e la visione critica degli eventi è diventata nuovamente appannaggio di una minoranza, di una élite. Impossibile però tornare al vecchio mondo liberale della bella époque e pertanto è stato diffuso un modello culturale "alto", adatto alla élite ed un modello culturale basso, dove gli stessi fruitori possano in qualche modo sentirsi parte attiva di quella cultura e in qualche modo antagonisti della cultura "alta", fatta dai buonisti, dai banchieri, dalla cricca internazionale ebraica e così via.
Contemporaneamente assistiamo alle migrazioni di massa di questi ultimi anni. Migliaia di persone, spesso prive degli strumenti intellettuali necessari per interpretare il mondo moderno vengono scaraventate al centro di quel mondo, che faticano a comprendere e che non li integra o li integra solo parzialmente, non per cattiva volontà (qualche volta c'è anche quella) ma semplicemente perchè è impossibile farlo in modo decente con questi numeri e in questo poco tempo.
Una volta che queste masse in qualche modo raggiungono il diritto di voto, spesso si schierano con il pensiero semplificato dei cosiddetti "populisti" perché appunto non hanno gli strumenti per pensare in modo più complesso e perché leggono quel tipo di messaggi come adatti al loro sentimento di rivolta e di rifiuto delle regole vigenti. Si crea così una "strana alleanza" fra nuovi e vecchi emarginati.
La democrazia moderna non ha incluso, non ha incluso abbastanza ed ora dobbiamo solo attenderci nuovi tipi di potere politico, basati su "slogan semplici", "messaggi emotivamente pieni e intellettualmente vuoti", "creazione ad arte di nemici a cui contrapporre amici". Una sorta di democrazia "plebiscitaria", dove il processo democratico inizia e finisce con l'esercizio del voto.
Dulcis in fundo, la democrazia sempre più svuotata dal materialismo del potere economico, quantificabile e apparentemente razionale. Poter pagare un esercito rende possibile una guerra non una giusta causa.
Ora siamo giunti ad una ulteriore fase di questo processo: gli ignoranti governati di altri ignoranti, in modo che gli ignoranti elettori non debbano vergognarsi della loro ignoranza perchè sono governati da ignoranti come loro. La funzione migliorativa e pedagogica della democrazia è finita.
La democrazia moderna di fronte a questo doppio attacco, dall'interno, come modifica dei processi di diffusione della cultura, e dall'esterno come ingresso dei migranti, portatori di culture semplici e profondamente condizionate dal colonialismo e dal neo-colonialismo, sta diventando un semplice simulacro? O lo è già diventato?
Ciao Jacopus, secondo me hai una visione parzialmente idealizzata del mondo ante anni 70 riguardo al "controllo critico" che c'era in quegli anni. Io ricordo che la DC, mentre perdeva le battaglie di principio sul divorzio e sull'aborto, continuava comunque a mantenere il controllo di tutte le banche pubbliche, una strana combinazione per un partito fondato su "valori" cattolici.
Quello che è indubbiamente cambiato è che sono cadute le ideologie, e le ideologie si sostituivano in un certo senso al controllo critico, suggerivano alle masse quelle che erano le scelte più opportune.
Oggi le masse votano populista, cioè votano per il progetto politico apparentemente più appetibile perché infarcito di belle parole, ma non hanno gli strumenti per valutare gli effetti di questo progetto. La cosa interessante è che la nuova classe dirigente populista qualche strumento ce l'ha, o comunque lo sta acquisendo, per cui si trova bloccata tra la coerenza con quello che ha detto in campagna elettorale (No al TAP, no alla TAV, no all ILVA, no al Jobs act) e la presa di coscienza che con questa logica condannano l'Italia a un brutto destino. Qualcosa di analogo successe con Tsipras in Grecia, dopo 5 mesi di discorsi illusori e populisti ha messo la testa a posto imponendo ai greci quello che neanche i governi di solidarietà nazionale avevano potuto fare prima.
Quello che è interessante è che Tsipras, pur dopo questo rivolgimento, ha comunque vinto le elezioni, ed anche in Italia M5s si mantiene comunque alto nei sondaggi, nonostante sia evidente che di quello che ha promesso non farà neanche il 5%.
Comunque è la democrazia, il popolo ha sempre ragione.
Un saluto
Il grado di istruzione dei nativi digitali è due volte se non oltre quello dei babyboomers, che in confronto sono degli emeriti ignoranti, al di la di tutte le programmazioni RAI possibili che non sono minimamente comparabili con l'accesso a wikipedia da ogni angolo del globo. Continuare a insistere con l'equazione populismo = ignoranza significa spingere verso la guerra civile, la frattura insanabile, come già succede in USA. Buona parte della scorsa generazione ha creduto ai comunisti italiani fino agli anni 90, quando l'URSS era fallita già ventanni prima, se questi sono i modelli di intelligenza antipopulist stiamo freschi.. Davvero rendiamoci conto che certa gente a pancia vuota non ci vuol stare, è inutile chiamarli ignoranti capre idioti, busseranno alla porta prima o poi.
Secondo me l'involuzione della capacità critica della democrazia è dovuta per paradosso al tramonto dell'individualismo. Per individualismo non intendo il badare al proprio interesse o il cinismo, questo genere di individualusmo è senz'altro in voga. Intendo la capacità di pensare in proprio, di avere dei gusti personali, di rivendicare un proprio senso morale. La globalizzazione spinge sempre più alla coscienza di massa, e secondo me sarebbe molto di attualità il visionario Le Bon. La massa ha sostituito l'individuo come soggetto della democrazia, e la capacità critica della massa è ben stata descritta nella Psicologia Delle Folle.
Citazione di: cvc il 25 Luglio 2018, 00:31:36 AM
Secondo me l'involuzione della capacità critica della democrazia è dovuta per paradosso al tramonto dell'individualismo. Per individualismo non intendo il badare al proprio interesse o il cinismo, questo genere di individualusmo è senz'altro in voga. Intendo la capacità di pensare in proprio, di avere dei gusti personali, di rivendicare un proprio senso morale. La globalizzazione spinge sempre più alla coscienza di massa, e secondo me sarebbe molto di attualità il visionario Le Bon. La massa ha sostituito l'individuo come soggetto della democrazia, e la capacità critica della massa è ben stata descritta nella Psicologia Delle Folle.
E' vero ma se ci pensi bene e' proprio nella "democrazia" stessa a contenere in se tutte le premesse implicite per quello che ne sarebbe inevitabilmente sfociato.1) che siamo tutti uguali, il che e' semplicemente irrealistico,oltreche la fonte stessa di tutti gli errori2) l'egualitarismo che ne consegue non può che portare all'eliminazione delle identità (come credo dici anche tu) e delle sane, quanto ovvie differenze3) eliminate le identita (ancora pensanti) viene fuori la massa uniforme e omologata (non pensante) e dunque estremamente manipolabile ed eterodiretta...e qui si ha proprio il risultato rovesciato4) altra tendenza dell'uniformità e dell'omologazione sarà la "discesa"...intesa come livellamento verso il basso..in tutti i sensi possibili
La democrazia è una forma di rappresentanza e di governo.
Si tratta di capire se è in crisi per
1) natura del concetto astorico, quindi concettualmente superato a prescindere dal tempo storico, quindi come teoria dello Stato.
2) il popolo, (che cosa è cambiato nel popolo dal punto di vista sociologico?) e la forma indiretta parlamentare è in crisi(chi e come viene eletta la rappresentanza e il governo?)
3) è in crisi la politica(come e cosa si intende oggi per politica, il semplicistico"luogo delle mediazioni e pacificazioni dei conflitti", in quanto rappresentanza di interessi ,più che di cultura?) come capacità di rappresentare nell'agone politico le aspettative del popolo.
L'argomento è vasto poichè fra individuo e rappresentanza vi è la mediazione dell'associazione partitica.
E' in crisi anche il partito , inteso come libera associazione con caratteristiche di pensiero/azione?
Il rischio di una cattiva analisi è ,come al solito, di buttare via il bambino con l'acqua sporca.
In epoche di crisi del rapporto individuo/popolo forma politica di rappresentanza e governo, il rischio
è cadere nella ricerca dell "uomo forte"
Un evidenza della crisi, possono essere i livelli di astensionismo.adatto che il sottoscritto è decenni che non vota più "per dovere civico,
ritengo che la forma democratica indiretta sia in crisi.
Dipenderà dallo sviluppo della discussione, il grado di approfondimento
Citazione di: paul11 il 25 Luglio 2018, 09:00:46 AM
La democrazia è una forma di rappresentanza e di governo.
Si tratta di capire se è in crisi per
1) natura del concetto astorico, quindi concettualmente superato a prescindere dal tempo storico, quindi come teoria dello Stato.
2) il popolo, (che cosa è cambiato nel popolo dal punto di vista sociologico?) e la forma indiretta parlamentare è in crisi(chi e come viene eletta la rappresentanza e il governo?)
3) è in crisi la politica(come e cosa si intende oggi per politica, il semplicistico"luogo delle mediazioni e pacificazioni dei conflitti", in quanto rappresentanza di interessi ,più che di cultura?) come capacità di rappresentare nell'agone politico le aspettative del popolo.
L'argomento è vasto poichè fra individuo e rappresentanza vi è la mediazione dell'associazione partitica.
E' in crisi anche il partito , inteso come libera associazione con caratteristiche di pensiero/azione?
Il rischio di una cattiva analisi è ,come al solito, di buttare via il bambino con l'acqua sporca.
In epoche di crisi del rapporto individuo/popolo forma politica di rappresentanza e governo, il rischio
è cadere nella ricerca dell "uomo forte"
Un evidenza della crisi, possono essere i livelli di astensionismo.adatto che il sottoscritto è decenni che non vota più "per dovere civico,
ritengo che la forma democratica indiretta sia in crisi.
Dipenderà dallo sviluppo della discussione, il grado di approfondimento
La democrazia rappresentativa e' una farsa..ma lo e' stata da sempre!l'unica possibile sarebbe quella diretta, possibile solo all'interno di piccole comunità, anche perché sarebbe quella che in maniera più o meno spontanea ne rispetterebbe naturalmente i principi e cioè che si darebbe il governo ai migliori,ai saggi,ai responsabili, ognuno con le sue competenze specifiche...(esattamente il contrario di cio che avviene in conseguenza a quella rappresentativa) poiché tutti conoscerebbero tutti e sopratutto ognuno ne avrebbe coscenza.
Le democrazie moderne si fondano sulle costituzioni moderne, che hanno una qualità particolare : possono essere lette e capite anche dagli ignoranti. La tecnocrazia è una cosa diversa dalle democrazia costituzionale, è l'elogio della supercazzola, e soprattutto una lingua elitaria che scardina ampie fette di popolazione della vita politica. Parlare "burocratese" è un modo molto gentile per escludere gli schiavi dal processo politico, come era il latino una volta.
Ma tu populista di che ti impicci? Non sai che il montante carpiato rovesciato ambivalente della leva finanziaria ci impone di aumentarti le tasse?
Il problema allora non sono gli "ignoranti" ma i sistemi politici che non ne tengono conto, e vanno aumentando esponenzialmente la complessità del processo decisionale escludendo via via sempre più persone che "non capiscono". La differenza nella sensibilità delle persone sta se "ancora capiscono" ciò che gli viene detto, o se il lessico si è "elevato" ulteriormente e ne sono fuori. Chi capisce la lingua del potere vuole conservare il potere e chiama ignoranti gli altri, per chi non la capisce rimane la "pancia". Il problema è che questa cerchia si sta restringendo sempre di più, e gli esclusi non hanno alcuna intenzione di farsi scardinare cosi e votano chi parla la loro lingua.
Citazione di: InVerno il 25 Luglio 2018, 12:36:47 PM
e gli esclusi non hanno alcuna intenzione di farsi scardinare cosi e votano chi parla la loro lingua.
Non c'è alcun dubbio, le chiacchiere sono belle da ascoltare, soprattutto quando sono piene di promesse allettanti, bisogna capire alle parole quali fatti seguono.
Un post davvero molto interessante...
Dunque, l'argomento è di grande complessità e vastità, per cui già un primo approccio diventa problematico...
La prima cosa da chiedersi ritengo sia questa: "che cos'è la democrazia?". Da questo punto di vista la democrazia è
l'opposto della "autocrazia", cioè del potere che si auto-nomina tale (in genere sulla base della forza delle armi o/e
della ricchezza). Quindi la democrazia è, o sarebbe, un potere per così dire "spalmato"; un potere che è tale in virtù
di forme egualitarie fra i membri che compongono lo "stato" (la cosiddetta "res-publica")
Sulla base di questa definizione la prima cosa che personalmente noto è che, nella storia, si sono avute molte forme
di potere "spalmato", pur non potendo in senso stretto parlare sempre di "democrazia". La seconda è che queste forme di
governo si danno allorquando i membri dello stato, il "popolo", presenta delle qualità guerriere.
I casi sono stati molti; ne cito solo alcuni: Sparta, la Roma repubblicana, le comunità barbariche, il primo medioevo,
la società vichinga etc.
Allorquando le suddette qualità guerriere sono venute meno (la tarda grecità, la Roma imperiale, il Rinascimento etc.)
si è in genere assistito ad un oblio delle forme di potere "spalmato" ed all'avvento di oligarchie o principati.
Una caratteristica (singolare) del potere "spalmato" che mi sento di evidenziare mi viene suggerita dal contemporaneo
verificarsi di due eventi: sembra quasi che la democrazia si instauri in quelle società che presentano la forma d'arte
della "tragedia" (persino banale citare la Grecia classica e l'Inghilterra).
Che rapporto può esservi, se c'è?
Forse in certi momenti e in certe società si avverte la necessità di affidarsi al popolo proprio per superare lo stallo
dovuto all'indecisione (celebre da questo punto di vista il processo a Cristo). Forse, bah, un sentimento di "debolezza
decisionale" che pervade società in cui vi è una consapevolezza appunto "tragica". Non so, si tratta di un mio pensiero
liberamente espresso...
Sicuramente, e qualcuno già l'ha osservato, la democrazia "necessita" di un corpo sociale pienamente consapevole e
critico (questo argomento era stato espresso da Kant); di un corpo sociale che, insomma: "sa cos'è bene per lui e sa
come perseguire questo bene" (come disse in senso negativo quel tale di cui non ricordo mai il nome).
Mah, mi sembra che le cose da dire siano davvero tantissime...
saluti
Be' Ox. Anche tu ne dici di cose da sottoporre a seria riflessione. Tragedia e democrazia e' un binomio interessante. La tragedia e' l'impossibilita' di decidere univocamente. La consapevolezza che ogni scelta nasconde un veleno. Avere questa consapevolezza e' pero' gia' un antidoto contro le forme piu' violente di potere, che non si riconoscono nella tragedia ma nella rassicurante netta distinzione paranoica amico/nemico. La tragedia contrapposta al film a lieto fine.
Oggi c'e' stato un intervento molto bello e toccante di Emma Bonino in parlamento. Ha concluso, di fronte agli insulti barbarici di altri deputati dicendo "voi dovete dare l'esempio".
Credo che qui sia un punto saliente della trasformazione della democrazia. I rappresentanti non devono piu' dare l'esempio. Anzi sono adirittura definiti "stipendiati degli elettori". Come se la democrazia del XXI secolo sia una corsa verso il basso, come giustamente fa notare Acquario. E questa discesa tocca in primo luogo le istituzioni culturali. Su questo punto non sono affatto d'accordo con Inverno. I miei figli sanno smanettare sul computer, hanno visto il mondo piu' di me, ma in quanto a capacita' critiche, quella che i tedeschi chiamano weltaschaungen sono dei novellini rispetto alla generazione dei baby boomers. Proprio in un momento storico che necessita di forti capacita' critiche.
Anche il discorso su popoli guerrieri e democrazia e' molto interessante. Ho sempre collegato la coscienza democratica dell'Italia al movimento partigiano e prima ancora al risorgimento. Questo e' un paese dove vige l'arte di arrangiarsi, dove la morale e' di matrice ambigua e pronta al perdono. "De Franza o de Spagna purche' se magna" e' il detto del popolino seicentesco.
Riconoscere i governanti in coloro che hanno rischiato la vita e' un valore straordinario, che crea un circolo virtuoso. Ora tutto cio' si e' perso dietro il vil danaro. Ma come si puo' sostenere il conflitto? Dovrebbero esserci strade alternative per mantenere e gestire una nuova "res publica".
Ogni forma di potere ha delle controindicazioni.
Se si ritiene che la democrazia sia la migliore, la rappresentanza non può permettersi di avere un habitus sociale e un linguaggio troppo diverso dal popolo che dovrebbe rappresentare.
Il Parlamento non può essere formato soprattutto da professori scolastici ed avvocati, non può rinchiudersi nella gergalicità del
politichese.
Queste forme elitarie, divenute caste, non vogliono bene al popolo, non cercano il bene del popolo, non hanno interesse e volontà
che il popolo maturi politicamente.
Quali virtù deve praticare il rappresentante del popolo. Una è il "buon esempio", e poi?
Per quanto il popolo possa essere ignorante o ritenuto tale, sa riconoscere la virtù in chi governa
Uno dei fallimenti dell'attuale democrazia è il prendere il popolo come " procuratore di interessi economici e sociali".
Significa accettare il tessuto socio economico e culturale, nemmeno lontanamente pensare a forme virtuose di rappresentanze o di governo.
Il Parlamento è l'agone del mercato politico di interessi economico sociali corporativi.
Quando la politica solo prende atto dello status quo esistente, smette di avere un progetto di trasformazione.
La fine delle ideologie, ha praticamente appiattito se non azzerato le dottrine sociali.
Da anni ormai la legge più importante dei governi è "la finanziaria", ma riforme serie e complessive ,sulla giustizia, sulla scuola, sulla sanità? Oggi il problema politico è quanto denaro distribuire a giustizia, scuola, sanità, e così via.
Quando la politica è spesa dello Stato anche solo per mantenerlo, per "tenerlo in piedi" e si tratta di quali strati di popolazione debbano soprattutto compierlo, il problema si sposta non solo alla crisi della democrazia, ma anche al concetto di
Stato. Cosa è questo "ente mistico" che succhia soldi? Lo stato può essere ritenuto una sovrastruttura come concetto cultural politico, ma è una vera e propria macchina mangia soldi e a sua volta distributrice di prebende o bastonate.
Se in più aggiungiamo la crisi delle sovranità degli Stati nella fase della globalizzazione economica..........
Ho l'impressione che è la politica, intesa come filosofia e scienza ad essere in crisi.
Vale a dire che è la cultura che permea come una coltre l'intera società contemporanea ad essere in crisi: èuna crisi originaria e non contingente o congiunturale
Molte cose che scrivi sono ampiamente condivisibili Paul, soprattutto la conclusione finale, ma in quanto uomini, pragmatici, razionali, dobbiamo schierarci. La democrazia è fallita, è in crisi? Bene. Individualmente consideriamo la democrazia un bene? Oppure un male? Se la consideriamo un male, ben venga la crisi.
Ma se la consideriamo un bene, allora dobbiamo attivarci, o perlomeno cercare una strada teorica, fra noi frequentatori di questo forum per capire le ragioni di questa crisi (e lo stiamo già facendo) e le possibili vie di uscite.
Personalmente mi schiero fra i difensori di questa imperfetta, casinista democrazia moderna. La libertà che ci permette di esprimerci non ha prezzo. L'altra sera imprecavo un pò sopra le righe contro l'attuale ministro dell'interno. Mio suocero, che da bambino ben si ricorda del fascismo, mi ha detto a mezza voce, che forse adesso non è il momento di parlare in questo modo, che "non si sa mai come potrebbero andare a finire le cose".
Di questo dobbiamo avere consapevolezza, che la democrazia moderna è un immenso serbatoio di libertà oltre che di altre 3000 inefficienze ma non è data una volta per tutte.
Eppure essa ci sembra scontata, come se si librasse fuori dall'atmosfera terrestre. Ed è forse questa stessa sensazione di intangibilità, come se facesse parte del sistema naturale, a far sì che il senso dello stato sia diventato così vacuo: "posso farmi corrompere, posso non fare il mio dovere, tanto tutto continuerà a scorrere tranquillamente, come sempre".
Su una cosa non sono però d'accordo Paul. Sulla fine delle ideologie. Le ideologie continuano ad esserci e ce n'è una particolarmente fiorente da noi che si chiama ultracapitalismo, ovvero la ricerca esasperante di ogni tipo di profitto, tutto piegato a questa (perversa) logica. Una logica che è stata altrove collegata con la modernità tout-court, dando luogo ad una diversa ideologia, l'integralismo islamico. Non tutti i capitalismi sono uguali o forse mi illudo io in questo senso, ma l'ho già detto altre volte, si è creata da 30 anni a questa parte una situazione paradossale, il capitalismo che fa della concorrenza la sua bandiera, non ha più concorrenti contro i quali gareggiare. Sconfitta l'aristocrazia, sconfitto il potere clericale, sconfitto il potere del socialismo reale. Era ovvio assistere ad un processo di hybris, che tuttora continua.
Su un altro argomento non sono ancora d'accordo Paul. Sul concetto di casta, che come lo descrivi tu sembra quasi un percorso inevitabile. Ricordo che nella mia gioventù lessi un libro davvero formativo, di j.p. Labatut sulle nobiltà europee. Ebbene quella che era davvero una casta, aveva però dei doveri nei confronti dei deboli e doveva sempre dimostrare il proprio valore, la propria cortesia, il proprio coraggio, la propria erudizione. Si nasceva nobili ma occorreva in vita saper dimostrare quella condizione. Altri esempi di élite virtuose nella storia ci sono e riaffiorano sempre nel corso di cicli positivi di una nazione. Personalmente non credo alle democrazie dirette. Almeno allo stato attuale delle cose. Viviamo in una società estremamente complessa. Sfido chiunque a informarsi in modo continuativo e completo su tutti gli argomenti del vivere civile nelle società attuali. Chi vi dice questo mente spudoratamente, probabilmente cercando di ottenere l'appoggio delle masse per i soliti giochini demagogici.
Grazie per la lettura.
Citazione di: Jacopus il 27 Luglio 2018, 00:27:01 AM
Personalmente non credo alle democrazie dirette. Almeno allo stato attuale delle cose. Viviamo in una società estremamente complessa.
Hai ragione, infatti allo stato attuale delle cose e' praticamente impossibile...il punto secondo me non e' tanto quello di provare a modificare un modello già esistente,foss'anche nell'ipotesi pressoché vana di migliorarlo o di illudersi che possano esistere per questo strumenti idonei di adeguamento. (come se la correzione di un errore possa cambiare la sua intrinseca natura..l'errore rimane errore ed e' al quanto dannoso oltreché inutile rimanerci al suo interno, oppure, che e' piu o meno la stessa cosa, come se dovessimo assurdamente adeguarci all'errore stesso,anziche eliminarlo di sana pianta)Il punto dicevo sarebbe proprio quello della sua completa eliminazione e per questo vi sarebbe innanzitutto la necessita di una "nuova" visione del mondo e che perciò riguarda in primo luogo le nostre stesse coscienze...era forse...l'oltre uomo cui faceva riferimento Nietsche?..Citazione
Sfido chiunque a informarsi in modo continuativo e completo su tutti gli argomenti del vivere civile nelle società attuali.
Chi vi dice questo mente spudoratamente, probabilmente cercando di ottenere l'appoggio delle masse per i soliti giochini demagogici.
non so a cosa - o a chi - fai riferimento (Casaleggio e i 5stelle?)In effetti qui si cela a mio avviso il pericolo più grande...la versione di una democrazia (pseudo) diretta in chiave iper-tecnologica e post-umana (!)...qui si tira in ballo il controllo piu totale e totalizzante che possa mai esistere...(probabilmente il punto più basso di quella discesa che dicevo nel post precedente)..e In questo caso sarebbe invece l'ultimo uomo
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Luglio 2018, 19:36:02 PM
sembra quasi che la democrazia si instauri in quelle società che presentano la forma d'arte
della "tragedia" (persino banale citare la Grecia classica e l'Inghilterra).
Ciao 0xdeadbeef, appunto interessante, degno di un 3D apposito, e assolutamente vera perché la democrazia vuol dire che i cittadini hanno una visione oggettiva della realtà che appunto è tragica.
Quando invece che si imbottiscono la mente dei sogni della demagogia e del populismo le opzioni sono due, commedia o farsa.
Un saluto.
Citazione di: paul11 il 26 Luglio 2018, 23:30:01 PM
Ogni forma di potere ha delle controindicazioni.
Se si ritiene che la democrazia sia la migliore, la rappresentanza non può permettersi di avere un habitus sociale e un linguaggio troppo diverso dal popolo che dovrebbe rappresentare.
Il Parlamento non può essere formato soprattutto da professori scolastici ed avvocati, non può rinchiudersi nella gergalicità del
politichese.
Queste forme elitarie, divenute caste, non vogliono bene al popolo, non cercano il bene del popolo, non hanno interesse e volontà
che il popolo maturi politicamente.
Quali virtù deve praticare il rappresentante del popolo. Una è il "buon esempio", e poi? (1)
Per quanto il popolo possa essere ignorante o ritenuto tale, sa riconoscere la virtù in chi governa
(2)Uno dei fallimenti dell'attuale democrazia è il prendere il popolo come " procuratore di interessi economici e sociali" .
Significa accettare il tessuto socio economico e culturale, nemmeno lontanamente pensare a forme virtuose di rappresentanze o di governo.
Il Parlamento è l'agone del mercato politico di interessi economico sociali corporativi.
Quando la politica solo prende atto dello status quo esistente, smette di avere un progetto di trasformazione.
La fine delle ideologie, ha praticamente appiattito se non azzerato le dottrine sociali.
Da anni ormai la legge più importante dei governi è "la finanziaria", ma riforme serie e complessive ,sulla giustizia, sulla scuola, sulla sanità? Oggi il problema politico è quanto denaro distribuire a giustizia, scuola, sanità, e così via.
Quando la politica è spesa dello Stato anche solo per mantenerlo, per "tenerlo in piedi" e si tratta di quali strati di popolazione debbano soprattutto compierlo, il problema si sposta non solo alla crisi della democrazia, ma anche al concetto di
Stato. (3)Cosa è questo "ente mistico" che succhia soldi? Lo stato può essere ritenuto una sovrastruttura come concetto cultural politico, ma è una vera e propria macchina mangia soldi e a sua volta distributrice di prebende o bastonate.
Se in più aggiungiamo la crisi delle sovranità degli Stati nella fase della globalizzazione economica..........
Ho l'impressione che è la politica, intesa come filosofia e scienza ad essere in crisi.(4)
Vale a dire che è la cultura che permea come una coltre l'intera società contemporanea ad essere in crisi: èuna crisi originaria e non contingente o congiunturale
Ciao Paul,
ciò che stupisce di più è che queste analisi possono differire nei dettagli ma la patologia (il fallimento implicherebbe una rivoluzione) a grandi linee è chiara a tutti (da decenni?), eppur nulla si muove. L'individualismo ha certamente una grossa responsabilità in ciò, invero che cosa può realmente muovere un individuo solo? L'unico che ha mai riusciuto a consolarmi di questo stato è T.Paine, che a riguardo scriveva "i
l Tempo converte più persone di quante ne converta la Ragione" Vorrei rispondere ad alcuni tuoi quesiti proprio con Paine, sperando di fare cosa gradita essendo autore poco conosciuto in europa, purtroppo avendo solo il testo inglese mi si perdoni una traduzione a braccio (corsivo).
(1) Gli uomini che vedono se stessi come nati per regnare, e gli altri ad obbedirgli, presto diventano insolenti. Selezionati dal resto dell'umanità le loro menti sono avvelenate immediatamente. E il mondo in cui agiscono differisce cosi materialmente dal mondo intero, che hanno pochissime opportunità di conoscerne il vero interesse. Quando questi arrivano al governo, frequentemente sono i più ignoranti e incapaci di un dominio razionale. Le "culle delle leadership" tanto amate, atenei e clubs..
(2) C'è qualcosa di eccessivamente ridicolo nella composizione della monarchia. Prima esclude l'uomo dai significati dell'informazione, poi gli da il potere di agire dove il massimo grado di giudizio è necessario. E lui non aveva mai sentito parlare di "ignoranti" che dovessero vorare come far scendere il differenziale tra btp e bund.
(3) La società in ogni sua forma è una benedizione, il governo nella migliore delle sue forme è un male necessario, nel peggiore dei casi un male intollerabile [...] la società è composta dai nostri desideri, lo stato dalla nostra malvagità. Qui la common law risplende, la società al centro della società anzichè lo stato al centro della società.
(4)Più vicina arriva una patologia alla sua crisi, più vicina è la sua cura. Pericolo e liberazione avanzano insieme, ed è solo all'ultimo momento, che uno dei due prende il sopravvento. Dobbiamo stare attenti a quando sarà questo "ultimo momento" per essere sicuri di spingere nel verso giusto.
Ciao.
Secondo me, si potrebbe anche pensare alla democrazia senza considerare inscindibili la libertà d'opinione/espressione e la partecipazione attiva alla vita politica, ovvero il voto: per quanto suoni impopolare, una scelta basata sulla quantità, non è sempre sinonimo di qualità; se riteniamo giusto tener buona la maggioranza popolare, facendola sentire importante e decisiva, allora non ha senso restare poi sconsolati se il suo atteggiamento manca di lungimiranza, capacità d'analisi e saggezza decisionale. Il dazio da pagare per il quieto vivere nazionale, è accettare che la maggioranza decida chi ne possa meglio rappresentare ambizioni, ansie e speranze (e la classe politica lo ha capito da tempo...).
Il rapporto fra guerre e democrazia, mi ha fatto venire in mente l'Europa, e il perché l'identità europea risulti talvolta forzata, quasi artificiosa o percepita solo formalmente: manca una narrativa classica unificante (la storia recente europea è antiunitaria, e ripensare ai tempi del medioevo non giova abbastanza); la comunità europea non è nata da uno sforzo umano di sangue (conflitti, vittime, etc,), ma da un accordo economico a tavolino. Per questo l'Europa viene percepita da alcuni dei suoi abitanti, più che come una identità storico-culturale, come l'organizzazione economica dei fondi comunitari da spartire, del libero mercato, dei viaggi low cost senza passaporto... è come stare in un campus universitario: convivono differenti culture, differenti nazionalità, differenti orientamenti, magari ci si trova bene e ci sono dei vantaggi, ma non tutti ci si sentono "a casa".
Citazione di: Phil il 27 Luglio 2018, 12:27:11 PM
Secondo me, si potrebbe anche pensare alla democrazia senza considerare inscindibili la libertà d'opinione/espressione e la partecipazione attiva alla vita politica, ovvero il voto: per quanto suoni impopolare, una scelta basata sulla quantità, non è sempre sinonimo di qualità; se riteniamo giusto tener buona la maggioranza popolare, facendola sentire importante e decisiva, allora non ha senso restare poi sconsolati se il suo atteggiamento manca di lungimiranza, capacità d'analisi e saggezza decisionale. Il dazio da pagare per il quieto vivere nazionale, è accettare che la maggioranza decida chi ne possa meglio rappresentare ambizioni, ansie e speranze (e la classe politica lo ha capito da tempo...).
Il rapporto fra guerre e democrazia, mi ha fatto venire in mente l'Europa, e il perché l'identità europea risulti talvolta forzata, quasi artificiosa o percepita solo formalmente: manca una narrativa classica unificante (la storia recente europea è antiunitaria, e ripensare ai tempi del medioevo non giova abbastanza); la comunità europea non è nata da uno sforzo umano di sangue (conflitti, vittime, etc,), ma da un accordo economico a tavolino. Per questo l'Europa viene percepita da alcuni dei suoi abitanti, più che come una identità storico-culturale, come l'organizzazione economica dei fondi comunitari da spartire, del libero mercato, dei viaggi low cost senza passaporto... è come stare in un campus universitario: convivono differenti culture, differenti nazionalità, differenti orientamenti, magari ci si trova bene e ci sono dei vantaggi, ma non tutti ci si sentono "a casa".
..e le nuove generazioni dei millenians non lo avvertono manco più...a loro ci pensa l'europa "democratica"http://www.ilnodogordiano.it/?p=16118
Citazione di: Jacopus il 26 Luglio 2018, 21:50:36 PM
Be' Ox. Anche tu ne dici di cose da sottoporre a seria riflessione. Tragedia e democrazia e' un binomio interessante. La tragedia e' l'impossibilita' di decidere univocamente. La consapevolezza che ogni scelta nasconde un veleno. Avere questa consapevolezza e' pero' gia' un antidoto contro le forme piu' violente di potere, che non si riconoscono nella tragedia ma nella rassicurante netta distinzione paranoica amico/nemico. La tragedia contrapposta al film a lieto fine.
Sì, in effetti volevo indicare un paragone con l'attuale crisi della democrazia nel senso che il, chiamiamolo, "debolismo
decisionale" che a parer mio contraddistingue la democrazia male o nulla si concilia con l'attuale pensiero "forte" di
cui è espressione la tecnocrazia.
Che bisogno c'è di consultare il popolo quando già si sa qual'è la decisione da prendere?
Questo, tra l'altro, è uno degli esiti cui conduce lo "scientismo", cioè l'indebita estensione ad ogni ambito del vivere
dei principi della scienza (a riprova che la scienza non è in grado di riflettere su se stessa).
E', ad esempio, sotto gli occhi di tutti come la serie di riforme denominata "Decreto Dignità", seppur sacrosanta (e benchè
all'acqua di rose...) trovi numerosissimi oppositori fra i sostenitori della "scienza economica" (che per essi coincide con
il Mercato). Alla fine, vedrete, poco o nulla si farà, perchè fra "spread" e paletti vari che costoro metteranno fra le
ruote del decreto, ne risulterà una tal paura di contraddire la "scienza" che una retromarcia è quasi inevitabile.
Ora, è chiaro (chiaro a chi ha occhi per vedere, naturalmente) che la suddetta "scienza" è per così dire agli ordini di
qualcuno (e non è ad una tesi complottista che mi sto riferendo); ma ancora manca del tutto la consapevolezza che scienza
e tecnica sono "in ultima istanza" (...) solo dei mezzi, per cui c'è necessariamente qualcuno che questi mezzi adopra (a
proprio vantaggio, ovviamente).
In un simile quadro (di cui ho giusto accennato qualcosa), risulta evidente che la democrazia come sistema politico è
semplicemente superflua...
Sui popoli guerrieri sì, mi sembra che anche questo ci sia da dire. Nel senso che non è semplicemente della "democrazia"
come sistema "tecnico" che sto parlando. Dicevo del potere politico "spalmato", e questo lo ritroviamo ad esempio a Sparta,
che pur certamente non fu una democrazia.
C'è un bellissimo aneddoto che riguarda il mercenario anglo John Hawkwood, generale dell'esercito mediceo (fra
l'altro raffigurato in un affresco all'interno del Duomo di Firenze).
Dopo la conquista di una città, si dice che un soldato anglo (chiaramente i fiorentini non combattevano...) catturò
una bellissima donna, Il generale la vide e disse al soldato: "quella donna è mia". Ed egli rispose: "la donna l'ho
catturata io, quindi è mia". Il generale pensò a lungo poi disse: "per l'antica legge del popolo degli Angli tu hai
ragione, mio prode soldato. Ma io sono il tuo generale, quindi è anche mia". Dopodichè, si dice, tagliò la donna in due
e la divise col soldato...
Emerege chiaramente la figura di un uomo (John Hawkwood) a cavallo fra due culture. Il condottiero anglo rispetta la
tradizione, che vuole che la preda sia di chi la conquista; mentre il generale fiorentino la vuole tutta per se, ed
unicamente in virtù (p vizio...) del suo potere.
Mi sembrerebbe significativo...
saluti
Ciao Jacopus,
la democrazia ha di fatto stabilito storicamente che sia la forma di potere più stabile.
Il paradosso è che l'ultracapitalismo necessita quindi della forma di potere politico più stabile, per abbassare il livello di rischio sugli investimenti.
Un altro problema è che l'individuo, in un sistema in cui un voto= una testa(indipendentmente dal livello culturale, consapevolezza, coscienza sociale ) vale sempre meno tanto più la popolazione
di una giurisdizione di uno Stato aumenta. E' la perdita di signifcato politio della democrazia, ma è il guadagno individualistico in termini capitalistici.
Quindi per forza c'è necessità di associazionismo, quindi di partitti politici, che coalizzino in un insieme gli individui, facendo acquisire più potere negoziale.
Le similitudini fra democrazia e capitalismo vanno a braccetto.
Specifico che non sono un antidemocratico tout court, anzi.
Le statistiche quindi hanno senso anche sul piano politico, poiché ognuno di noi vale una goccia di un colore scelto che entra in una vasca.il risultato di tutte le gocce di colore sarà sempre un colore mediano, per questo in politica gli estremismi non pagano.In politica ormai i partiti ne hanno preso atto, per cui quelli che durano nel tempo sono sempre centralisti, mai estremisti.
Questo costituisce la base della stabilità e del conformismo. E' molto difficile un' innovazione
che nasca dai partiti; il caso 5stelle è da studiare come nuova forma di associazionismo politico.
Penso anch'io che le ideologia non siano finite intese come fondamento di un pensiero che ha una cultura alle spalle , ma di fatto nel sistema politico democratico, per quanto ho appena scritto non appaiono più.
Temo che la struttura economica e la globalizzazione non permettano fasi di ritorno al passato.
Vedo, in un prossimo futuro, la dissolvenza degli Stati nazionali le forme democratiche si sono evolute.
Non è detto che sia tutto "male".Così come l'individuo conta meno ,tanto più il numero dei votanti aumenta, gli stati nazionali e sovrani dovranno necessariamente coalizzarsi, come sta avvenendo con trattati commerciali,di diritti.Avremo in un futuro blocchi confederati di Stati.
ciao Inverno,
non si muove perchè contiamo poco più di nulla individualmente,per quanto ho scritto anche a Jacopus.
Non è mai cambiato il rapporto di forza nei passaggi monarchia, aristocrazia, democrazia.
la politica pu gestire economia e armi e questo era temuto dai monarchici e dai nobili aristocratici.
Ma in realtà se è vero che sono spariti come forma politica, si sono trasformati adattandosi in grande borghesia, come dimostrano le storie di dinastie e casate..Anzi oggi sono invisibili ,allora erano visibili.
Il fallimento della democrazia è il potere di poco o niente del singolo appartenente agli "ultimi" che necessariamente devono coalizzarsi per avere potere e forza.Il potere teme da sempre la coalizzazione solidale degli "ultimi".In democrazia significa scegliere un partito. I rappresentanti degli ultimi sono i più corruttibili, perchè vengono da antica fame.Al limite si ricattano.
Finisce sempre che il partito più rappresentativo del popolo, per strane riformulazioni interne, perda identità e si trasformi in "borghese" fiancheggiatore capitalistico.
La democrazia non è esente ,anzi, dal virus del trasformismo.
Sai che Thoreau, statunitense, è il teorizzatore dell'individuo contro lo Stato? Se negli Usa il cittadino è armato è perchè viene accettato dallo Stato stesso che il potere può deragliare dalla costituzione originaria, per cui è l'individuo il vero sorvegliante della costituzione e delle volontà dello Stato conformi a ciò che statuì la costituzione.Quindi l'individuo è armato e non come da noi in cui lo Stato ha il monopolio della violenza, come viene studiato nella teoria dello Stato.
la libertà cozza con la coercizione, è da sempre il problema di qualunqe forma sociale organizzata .
Quindi il voto può essere una scelta da liste già scelte, ma non abbiamo il potere di cambiare, tanto meno le regole statuarie..
Eco perchè credo in comunità a controllo sociale individuale.Un imprenditore può controllare fisicamente i suoi affari, ma più diventa grande l'azienda e più ha necessità di delegare ad altri, i dirigenti, quei suoi affari,affidandogli delle procure legali.
Ma se l'imprenditore può licenziare i suoi dirigenti, essendo un'organizzazione geracofunzionale in cui l'imprenditore è anche proprietario, in politica, nella democrazia, quali reali poteri ha l'individuo? Nulla.
Citazione di: anthonyi il 25 Luglio 2018, 16:22:31 PM
Citazione di: InVerno il 25 Luglio 2018, 12:36:47 PM
e gli esclusi non hanno alcuna intenzione di farsi scardinare cosi e votano chi parla la loro lingua.
Non c'è alcun dubbio, le chiacchiere sono belle da ascoltare, soprattutto quando sono piene di promesse allettanti, bisogna capire alle parole quali fatti seguono.
Mi ero dimenticato di risponderti. Giusto..che fatti seguono..perchè il sotteso sarebbe che i populisti essendo ignoranti verranno puniti dal mercato-Dio-biologia o qualsiasi altra formula alchemica del moto perpetuo, quindi basta sedersi in riva al fiume, pagare al massimo lo scotto di qualche anno, e poi i "giusti raziocinanti" torneranno a risplendere. Hai ragione, considerato che i populisti di noiartri almeno "ce provano", che fine può fare il pupulista maximo, Donald Trump? Gli insider lo raccontano sul letto a ordinare macburger e guardare foxnews, sfiduciatato dal pentagono e dalla casa bianca (!) sicuramente un atteggiamento irresponsabile, e che fatti seguono?... tutti i dati macroeconomici sono in salita, alcuni forse sono scampoli della vecchia amministrazione ma altri proprio no. Non vorrei che succedesse lo stesso anche in altri paesi, che già avevano mostrato dati estremamente incoraggianti durante le crisi di governo (chiedere Spagna, Belgio, Germania etc) .E' possibile che nel mondo di oggi il miglior governo sia il non governo? E che addirittura quest'ultimo venga premiato dal super-ente mercato? Ma allora, quando ce li togliamo più? Quando torneranno i belli e tragici?
Inverno: il mercato divorera' se' stesso. E' solo questione di tempo.
Citazione di: paul11 il 27 Luglio 2018, 18:34:35 PM
Le similitudini fra democrazia e capitalismo vanno a braccetto.
Ciao Paul
Ritengo che questa affermazione vada presa come si suol dire con le molle...
Non ricordo se già te ne parlai, ma c'è un saggio di J.P.Fitoussi di qualche anno fa che analizza proprio il rapporto
che sussiste (e che è beninteso innegabile) fra democrazia e mercato (al tempo questa ricerca era quasi l'unica disponibile,
visto che il tema non era praticamente trattato da nessuno).
Insomma, Fitoussi individua nel Messico di quegli anni il più efficace (da un punto di vista razionalistico) rapporto fra
diritti democratici e libertà economiche.
Quindi sì, senz'altro vi è una connessione fra democrazia e capitalismo, però bisogna pur sempre vedere "quale" democrazia,
visto che la democrazia, come insegna il compianto G.Sartori, non è un traguardo ma un processo (nei miei precedenti
interventi tendevo a mettere il luce come nella storia vi siano stati numerosi esempi di potere "spalmato", pur senza
poter parlare di democrazia).
Dunque "quale" democrazia? Ma forse soprattutto "quanta" democrazia? Negli ultimi decenni a me pare si sia assistito
ad un regresso del, chiamiamolo, "tasso di democraticità". Come dicevo nel mio precedente intervento la "tecnocrazia"
sembra proprio mal digerire questi "fuochi" (di paglia? Ai posteri l'ardua sentenza...) che la possibilità di un voto
ancora e tutto sommato libero appicca.
Vedo ancora come molto lontani i blocchi confederati di stati di cui parli (viceversa la globalizzazione economica è
già realtà in atto). Mi pare anzi che ben pochi li vogliano veramente e perseguano una strada ("come sta avvenendo
con trattati commerciali, di diritti") in tal senso (trattati commerciali senz'altro, ma gli altri molto meno...).
saluti
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Luglio 2018, 14:16:13 PM
Citazione di: paul11 il 27 Luglio 2018, 18:34:35 PM
Le similitudini fra democrazia e capitalismo vanno a braccetto.
Ciao Paul
Ritengo che questa affermazione vada presa come si suol dire con le molle...
Non ricordo se già te ne parlai, ma c'è un saggio di J.P.Fitoussi di qualche anno fa che analizza proprio il rapporto
che sussiste (e che è beninteso innegabile) fra democrazia e mercato (al tempo questa ricerca era quasi l'unica disponibile,
visto che il tema non era praticamente trattato da nessuno).
Insomma, Fitoussi individua nel Messico di quegli anni il più efficace (da un punto di vista razionalistico) rapporto fra
diritti democratici e libertà economiche.
Quindi sì, senz'altro vi è una connessione fra democrazia e capitalismo, però bisogna pur sempre vedere "quale" democrazia,
visto che la democrazia, come insegna il compianto G.Sartori, non è un traguardo ma un processo (nei miei precedenti
interventi tendevo a mettere il luce come nella storia vi siano stati numerosi esempi di potere "spalmato", pur senza
poter parlare di democrazia).
Dunque "quale" democrazia? Ma forse soprattutto "quanta" democrazia? Negli ultimi decenni a me pare si sia assistito
ad un regresso del, chiamiamolo, "tasso di democraticità". Come dicevo nel mio precedente intervento la "tecnocrazia"
sembra proprio mal digerire questi "fuochi" (di paglia? Ai posteri l'ardua sentenza...) che la possibilità di un voto
ancora e tutto sommato libero appicca.
Vedo ancora come molto lontani i blocchi confederati di stati di cui parli (viceversa la globalizzazione economica è
già realtà in atto). Mi pare anzi che ben pochi li vogliano veramente e perseguano una strada ("come sta avvenendo
con trattati commerciali, di diritti") in tal senso (trattati commerciali senz'altro, ma gli altri molto meno...).
saluti
ciao Mauro,
il fallimento della democrazia è soprattutto pratico, prima ancora che teorico.
Studiai a fondo Sartori, Bobbio, nella fase del passaggio alla cosiddetta seconda Repubblica in italia.
Non esiste una formula sul buon funzionamento della democrazia, in quanto sono i soggetti, popolo, rappresentanti parlamentari ,governanti, coloro che fanno dinamicamente svolgere una democrazia.
Quando vediamo che sono in crisi gli stati nazionali, sono in crisi i partiti soprattutto storici, allora il malessere è necessariamente causato in profondità.
Metaforicamente ,se una crisi economica come si è avuta anni fa è paragonabile a una forza ciclonica all'ennesima potenza, paul11 vale niente, e la politica vale poco:questo è un dato di fatto.
Quindi il fallimento della democrazia non può essere analizzato solo in sè e per sè, ma come forma dentro altre dinamiche che lo hanno reso "piccolo" negli ultimi anni.
Ribadisco, dovrebbe essere depotenziato il ciclone economico per renderlo governabile, e quindi limitarne usi e poteri.
Non si riesce perchè la politica è ridotta a governo economico, non governo dell persone, ma anche perchè le persone stesse, i cittadini, pensano ormai alla politica come dispensatori di favori economici, attraverso acquisizioni di rendite di posizioni economiche, cioè privilegi.
Ricapitolando, i cittadini stessi, noi per primi siamo cambiati, siamo diventati homo economicus, e meno "politicus".
Nessuno o pochi credono ancora alla politica, per vari motivi.Il risultato è rendersi imbelli, depotenziare se stessi quando invece il problema era depotenziare i dispositivi culturali che hanno reso il popolo, mi sia consentito."rincoglionito".
Accadrà sicuramente un'altra profonda crisi economica,senza che la politica e la democrazia abbia trovato strumenti idonei per governarla in modo democratico;facendo pagare a chi lo ha prodotta, non a tutti i contribuenti. Perchè la democrazia oggi è ridotta nel paghiamo tutti gli errori di pochi.e allora rifacendomi al post precedente, cosa è davvero cambiato in realtà fra monarchia, aristocrazia, democrazia? Prima il re aveva un volto, gli aristocratici e i nobili pure, o sono assurti al ruolo storico di "magnifici" o di "deficienti" Era chiaro nell'evidenza storica il livello di responsabilità di chi avendo potere produceva benessere o malessere. Ed ora? Ora non si capisce più nulla volutamente.La democrazia è un falsa complessità dietro alla quale si nascondono
i vecchi re, i vecchi nobili, le vecchie aristocrazie a loro volta rincoglionite.nel passaggio di generazioni e con i nuovi arricchiti dell'ultimo secolo, dei barbari incivili e cinici che corrompono i nostri" eletti democraticamente.
In questa finzione questo tipo di democrazia rappresenta il sistema più funzionale al mercato,dietro cui si nascono i veri e potenti poteri.
O si depotenzia, limitando l'economia o finisce tutto ii farsa. Nessuno più andrà a votare.
i Sartori e i Bobbio e la storia della filosofia politica, ci ha detto di limitare i poteri delle monarchie e bandire le nobiltà per il governo del popolo.
Il liberalismo è la dottrina della divisone dei poteri, quindi del limite del singolo potere. E' mai stato fatto qualcosa nel liberismo, come dottrina economica, dove si dice esattamente il contrario?Quale è il limite alla ricchezza individuale?
Senza questa è inutile da tempo parlare di politica.
Citazione di: paul11 il 28 Luglio 2018, 19:40:00 PM
In questa finzione questo tipo di democrazia rappresenta il sistema più funzionale al mercato,dietro cui si nascono i veri e potenti poteri.
O si depotenzia, limitando l'economia o finisce tutto ii farsa. Nessuno più andrà a votare.
i Sartori e i Bobbio e la storia della filosofia politica, ci ha detto di limitare i poteri delle monarchie e bandire le nobiltà per il governo del popolo.
Il liberalismo è la dottrina della divisone dei poteri, quindi del limite del singolo potere. E' mai stato fatto qualcosa nel liberismo, come dottrina economica, dove si dice esattamente il contrario?Quale è il limite alla ricchezza individuale?
Senza questa è inutile da tempo parlare di politica.
Ciao paul11, secondo me il rapporto mercato-politica-potere non può essere eviscerato adeguatamente se non si considera che il mercato è un sistema, mentre il potere è individuale. Nella tua visione limitare il mercato vuol dire limitare certi poteri, ma se la limitazione del mercato è prodotta dalla politica nella quale il potere è concentrato naturalmente, e magari lo stesso potere può agire al servizio di certe concentrazioni di potere economico credo si tratti di una vittoria di Pirro.
Nel pensiero liberale c'è la lotta ad oligopoli e monopoli, c'è la lotta alla corruzione (Che altro non è che lo strumento con il quale il potere economico condiziona la politica).
D'altronde lo abbiamo visto anche in Italia, Berlusconi, il più grande accentratore di potere in questo paese dal dopoguerra, al di là della retorica, non ha certo realizzato in Italia politiche liberali.
Gli enti di controllo Europei che intervengono nei confronti delle grandi imprese informatiche, come Apple, Microsoft, Facebook, sono invece una dimostrazione positiva di concretizzazioni liberali attuate che hanno l'effetto di ridurre la concentrazione di potere, ma soprattutto di farlo in maniera efficiente, perché non riducono l'incentivo che hanno queste imprese a produrre servizi sempre migliori.
Un saluto.
A parer mio a fondamento di tutte queste dinamiche che stiamo analizzando c'è l'autentica divinizzazione cui è stata
fatta oggetto la scienza ormai da molti decenni a questa parte.
Severino parla, a mio giudizio acutamente, di "ricostituzione dell'inflessibile"; un "inflessibile" originario (le
varie forme con cui si è presentata la divinità) che è stato "flesso" (e, sembrava, definitivamente con la "morte
di Dio"), ma che si ricostituito PERCHE', essenzialmente, l'essere umano non è capace di essere "oltreuomo"; cioè
non è capace di sopportare il peso esistenziale che deriva dalla consapevolezza del tragico divenire delle cose (la
Tecnica, dice Severino, è il rimedio contro l'angoscia suscitata dal divenire delle cose).
Oggi tutto è "scienza". Sono numerosi coloro (a anche in questo forum abbondano) che ritengono la scienza ormai come
il sapere definitivo; un sapere che ha soppiantato tanto la religione quanto la filosofia.
Così non è. con tutta evidenza, ma quel che conta non è il "vero" quanto ciò che viene ritenuto vero...
L'espressione che qui più ci interessa di tutta questa dinamica "scientista" è nell'economia e nella politica, non a
caso (e assurdamente) anch'esse ritenute scienze.
Ah certo, c'è qualcuno che in in rari momenti di consapevolezza (o di pudore...) parla di "metodo" scientifico così
come di scienze per così dire "hard" o "soft", ma nulla cambia nella sostanza: le scienze, e per cui anche l'economia
e la politica, vengono prese per definitive ed infallibili, cioè per divine.
Nasce in questo modo il potere tecnico: la "tecnocrazia".
E allora ripeto la domanda che ho fatto in una precedente risposta: chè bisogno c'è di consultare il popolo quando già
si sa qual'è la decisione da prendere?
Non ce n'è evidentemente nessun bisogno, ed infatti il potere decisionale del popolo è ridotto ad un simulacro vuoto.
Vorrei dire ad Anthomy che qui si è ormai andati ben oltre il pensiero liberale classico (qui la base filosofica è
semmai lo "spontaneismo" di Von Hayek).
Come già J.Schumpeter faceva notare negli anni 40 del 900 il capitalismo moderno semmai tende ad accentrarsi in oligopoli
e monopoli, ed è semmai la politica che può assumere il ruolo di argine contro questa tendenza di fondo.
Questo, certo, avveniva nel pensiero liberale classico (nel quale la politica aveva ancora un ruolo importante), ma
avviene e può ancora avvenire tutt'ora? Io avrei al riguardo molti dubbi...
Certo c'è qualche importante segnale al riguardo (come i casi che Anthony cita), ma a parer mio non basta di certo ad
arginare un fenomeno che appare inarrestabile se fronteggiato con questi scarni e scarsi strumenti di cui disponiamo.
Torna allora su questo punto quanto già dicevamo: occorrerebbe una "sovranità" politica per poter agire in tal senso
in maniera efficace. Ma quale "sovranità" se già il termine stesso (certo riferito a, forse, anacronistiche sovranità
"nazionali") procura alla tecnocrazia dominante una, diciamo, forte reazione allergica?
Perchè il punto torna sempre ed è esattamente questo: la "tecnocrazia" esclude necessariamente ogni potere ad essa
alternativo nel modo speculare in cui lo scientismo esclude ogni sapere che non sia ritenuto "scienza".
saluti
Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Luglio 2018, 08:37:25 AMTorna allora su questo punto quanto già dicevamo: occorrerebbe una "sovranità" politica per poter agire in tal senso
in maniera efficace. Ma quale "sovranità" se già il termine stesso (certo riferito a, forse, anacronistiche sovranità
"nazionali") procura alla tecnocrazia dominante una, diciamo, forte reazione allergica?
Una sovranità che possa interlacciare il controllo locale\territoriale delle cose fisiche (persone, aziende, territorio etc) insieme ai grandi domini metafisici (mercato, diritti, etc) . Ciò che poi era stato condensato nella parola "gl-ocal", un livello globale e un livello locale che lavorano coordinatamente. Le nazioni sono una misura di mezzo che non rappresentano ne la località, ne la globalità, rappresentano se stesse asserragliate dalla necessità di potere che non sanno più esprimere perchè i loro fondamenti sono artificiali, come lo furono la spada di latta dei Savoia o come l'acciaio degli Junker che unificarono Ita e Ger. Si, ci sono le lingue nazionali, il che assicura una continuità culturale di una determinata zona nazionale, ma al di la di questo (che invero è praticamente tutto di una nazione) che cosa rimane? La recente vicenda basca (ma anche scozzese) tuttavia ci insegna come l'autodeterminazione di unità realmente regionali è osteggiata anzichè favorita, come se ci fosse paura che questi una volta autoderminati spostino il loro territorio nel pacifico, non si può "lasciarli andare". Si deve lasciarli andare, a patto che dimostrino sostenibilità primaria del proprio assetto (politico, economico, culturale, ecologico). Tante nazioni non sono sostenibili da questi punti di vista (che è la parola chiave del prossimo secolo) e sopravvivono abusando degli altri o di se stesse. E intanto cosi ci riprenderemmo il controllo della località, per quanto riguarda la globalità invece è un discorso tutto da farsi, ma senza la base, senza sovranità locale reale, che senso ha anche solo parlarne?.
La vicenda locale/globale ha un esimio precedente, da cui scaturirono proprio gli stati nazionali. Sto parlando della contrapposizione medievale fra poteri locali (comuni/signorie/abbazie) e impero. Lo stato laddove si consolido' si affermo' come potere mondiale: Spagna, Francia, Regno Unito, Russia. Laddove resto' allo stato embrionale pago' un prezzo in termini di ritardo culturale e di sviluppo.
Oggi "il giusto mezzo" fra locale e globale non e' piu' lo stato. Specialmente lo staterello europeo di poche centinaia di migliaia di chilometri quadrati. La sfida e' su quantita' dieci volte superiori. Cio' nel ns caso si chiama Europa. Non a caso si sta delineando il conflitto piu' o meno velato fra Europa e le altre grandi potenze limitrofe.
L'Europa pero' dovrebbe rifarsi alla sua grande tradizione democratica, egalitaria e liberale allo stesso tempo. Riconoscersi in questa tradizione e' il nostro dovere di europei in questi tempi incerti. Ma per fare questo dobbiamo rivoluzionare molti principi che abbiamo assimilato dalla svolta reaganiana-tatcheriana in poi.
Servono comunque, nel principio della sussidiarietà, unità che gestiscano il locale efficientemente. Non si può pensare ad un locale governato a livello continentale, ci hanno pensato ed è semplicemente un disastro. Quando una frana intasa una strada aspettare i bandi europei per finanziare i lavori significa avere una frana in mezzo alle palle per 2-4 anni. Il mondo non è tutto mercato e diritti, il livello locale deve avere una propria autonomia, e ciò che dicevo è che le nazioni sono incapaci di gestirlo, sopratutto quelle "grandi" che hanno squilibri interni eccezionali (generalmente nord-sud). Insisto che i cerchi concentrici nel quale è organizzato il potere europeo debbano essere riorganizzati nei loro limiti fisici, e democraticizzati. L'efficienza della democrazia è proporzionale alla grandezza dello stato, più è grande più funziona male o deve essere "fratturata" in mini democrazie. Una megademocrazia europea senza intermediari reali (non parlo di amenità succhia soldi come i parlamenti regionali italiani) è una cosa che non può esistere e se esisterà non funzionerà. Poi sai bene che io avevo parlato di un Leviatano capace di contrastare il capitale, l'esistenza dei "too big to fail" è il più grande paradosso che il capitalismo deve affrontare, c'è bisogno che questi falliscano (e quindi uno stato che possa attutire il colpo), altrimenti si costituiranno (e già lo sono) come una nuova aristocrazia monopolistica, e sia la democrazia che il capitalismo non avranno più senso.
Trovo sia inessenziale parlare di locale, nazionale o sovranazionale senza aver prima "risolto" il problema ad un
livello più profondo di quello.
Perchè il problema è che la sovranità economica non vuole quella politica (...).
Naturalmente quando si parla di "sovranismo" si intende velatamente il sovranismo nazionale, ma siamo sicuri che se,
invece della dimensione nazionale, si proponesse una dimensione sovranazionale (ad esempio quella dell'intera UE)
i sacerdoti dell'ortodossia economica (e certo non occorrono le virgolette, perchè tali sono) lo accetterebbero non
dico con entusiasmo, ma semplicemente lo accetterebbero?
Ora, la sovranità economica non vuole quella politica essenzialmente per due ragioni.
La prima, banalmente, è perchè si metterebbe in discussione il potere DI CHI detiene le redini dell'economia (ma non
è tanto un discorso sul "chi", cioè non è tanto un discorso sui "poteri forti" o complottismi vari).
No, è anche quello, certamente, ma vi è qualcosa di più profondo e determinante.
L'economia si è strutturata ormai da molto tempo come scienza. Ed essendo la scienza ricostituzione dell'inflessibile,
come accennavo precedentemente, essa, l'economia, ha la pretesa di guidare in maniera ottimale la società umana.
Anzi, non tanto ottimale quanto "esatta"; quanto inconfutabilmente scientifica, appunto.
Chiaramente chi da questo stato di cose trae vantaggio ha tutto l'interesse affinchè le cose non cambino: il
"complottismo" non ha ragion d'essere.
Dunque a parer mio agli, chiamiamoli così, "spiriti consapevoli" non resta che prendere atto della grande profondità
del problema, che si situa in una dimensione filosofica molto prima che in quella politica.
Trovo che affrontare il problema da un punto di vista "minimale" come quello politico non porti davvero da nessuna
parte. Il, per così dire, "lavoro di scavo" da fare è tanto; e non può che cominciare con queste domande: "cos'è
l'economia? Cos'è la politica?
saluti
https://www.youtube.com/watch?v=3iccz42Yfxs...e così, quando saremo tutti scemi allo stesso modo, la democrazia sarà perfetta.
Posso comprendere la (del resto) facile ironia; ma nella democrazia, ove autentica, il voto di un
premio Nobel deve valere quanto quello di un lavapiatti (o non si può parlare proprio di democrazia).
Come dicevo precedentemente a proposito della connessione (almeno così sembra) della democrazia e
della tragedia, alla "decisione diffusa e condivisa" si arriva forse allorquando nella società vi
è una consapevolezza "tragica"; una insicurezza diffusa che porta ad un "debolismo decisionale" in
cui il parere dell'umile è tenuto nel medesimo conto di quello del sapiente (proprio in quanto si
rende problematico l'individuare un sapere affidabile).
Dicevo: "che bisogno c'è di consultare il popolo quando già si sa qual'è la decisione da prendere?"
(come oggi avviene nella "tecnocrazia").
In realtà, già da molto tempo si sta preparando il terreno alla "autocrazia" (il potere che si "auto-
nomina", e che è l'opposto speculare della democrazia). E, spiace dirlo, lo si sta preparando anche
con queste "innocue" (del resto brillanti) ed ironiche scenette (una volta erano chiamati
"sketches").
Il problema semmai sorge nel momento in cui ci si rende conto che il potere che si "auto-nomina" non
è quello dei "sapienti" (oggi "competenti"...), ma quello di chi ha soldi e/o armi. Come del resto
toccò scoprire amaramente anche a Platone nei suoi viaggi in Sicilia.
saluti
Citazione di: 0xdeadbeef il 01 Settembre 2018, 14:11:34 PMIn realtà, già da molto tempo si sta preparando il terreno alla "autocrazia" (il potere che si "auto-
nomina", e che è l'opposto speculare della democrazia).
L'altra parte propone come riflesso all'autocrazia una oclocrazia, cioè dalla padella alla brace. Bisorebbe farsi qualche seria domanda sul maggioritario, ancora peggio sul bipolarismo, che cosa ha combinato nella cultura politica dei paesi dove è stato messo in pratica. La polarizzazione sociale, già montante grazie ai nuovi media, è ora pungolata continuamente da un sistema non rappresentativo che ha avuto come conseguenza il ribaltamento tra esecutivo e legislativo, con un parlamento sempre più incosistente e un governo dirigista. E i due estremi si allontanano sempre di più, per effetto della polarizzazione, e per differenziare il prodotto davanti a una selta binaria. Chiamare situazioni del genere "democrazia" mi pare azzardato? Qualcuno dice "non siamo in democrazia!" ma poi viene eletto e ci ripensa, e il vortice continua a spirale verso il basso.. Hai ragione, solo quelli che hanno affrontato con tracotanza la tragedia potevano pensare un po più in la del loro naso, e ora viviamo di rendita.
I regimi politici vanno giudicati dai frutti e quelli delle attuali democrazie non sono proprio esaltanti: disoccupazione di massa, crisi endemica, degrado, corruzione, diffusione allarmante di criminalità, elevatissima conflittualità sociale, stress e depressioni, suicidi...c'è davvero poco ormai da vantarsi per "il migliore dei mondi possibili".
Lasciando fuori la spinosa questione dell'immigrazione di massa.
La sensazione è che la democrazia sia un inganno e che non è possibile che il potere sia messo "in palio" ogni 4-5 anni da chi lo detiene.
A questo si deve aggiungere che le democrazie non fanno più partecipare i cittadini al pubblico dibattito: fino al 1989 i partiti svolgevano il ruolo di cintura di trasmissione tra cittadino e potere. Inoltre il fatto che a ciascun partito corrispondesse una ideologia, dava la sensazione di dibattito e pluralismo.
Anche nei media.
Adesso è tutto appiattito al pensiero unico, non c'è più dibattito. Il potere si è completamente allontanato dai cittadini, vivendo una vita separata, mi verrebbe dire di apartheid.
Un tempo i politici, i magistrati, i medici mandavano i figli nelle stesse scuole del popolo, utilizzavano gli stessi ospedali, frequentavano gli stessi punti di aggregazione. Adesso hanno un mondo tutto loro, privilegiato e di quello che accade alla massa non sono toccati.
Se ne fregano.
La democrazia sta morendo? No, si sta solo svuotando: il contenitore lo terranno integro; all'interno però ci sarà il paradiso di pochi e l'inferno di molti. La sensazione è che non abbiamo ancora visto nulla.