I vari tipi di "omicidio", con particolare riguardo al "femminicidio".
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Per comprendere con la migliore correttezza possibile che cosa debba intendersi per "femminicidio", a mio parere, occorre "previamente" tenere presente quanto segue:
I)
Il "femminicidio" è un tipo particolare di "omicidio", così come si desume dalla identica "desinenza" in "cidio", la quale indica che la derivazione è dal latino "homicidium", composto di "homo" (essere umano) e "cidium" (uccisione); ed infatti, in latino, "homo" significa "essere umano", sia esso "maschio" o "femmina", mentre il termine latino specifico per "maschio" è "vir" (o "masculus"), e per "femmina" è "mulier" (o "foemina").
II)
Che le varie varie tipologie di "omicidio", possono distinguersi sotto diversi profili; che li qualificano in modi diversi a seconda dei differenti aspetti considerati.
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Cercherò ora di esporli nel modo più breve, sintetico e chiaro possibile, anche a prezzo di qualche sommarietà e semplificazione espositiva.
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1)
Innanzitutto, gli omicidi possono e devono essere classificati, giuridicamente e psico-sociologicamente, in base al cosiddetto "coefficiente psichico della condotta"; ed infatti un "omicidio" può essere:
a)
"Colposo" (cioè, contro l'intenzione), quando la morte di un'altro essere umano è avvenuta "contro l'intenzione" dell'agente, e, cioè quando l'evento, anche se astrattamente "prevedibile", non era però minimamente voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia; ad esempio, quando la vittima muore perchè il suo datore di lavoro non ha adottato le necessarie misure di sicurezza, o quando la vittima muore perchè un automobilista non l'ha visto attaversare la strada.
Non parlo qui della "colpa cosciente" per non complicare troppo la mia esposizione.
b)
"Preterintenzionale" (cioè oltre l'intenzione), quando dall'azione o dalla omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente; ad esempio quando la vittima, essendo particolarmente fragile per una patologia cardiaca ignota al suo aggressore, muore per un semplice cazzotto o per uno schiaffo.
c)
"Doloso" (cioè, secondo l'intenzione), quando la morte di un'altro essere umano è cagionata dall'aggressore con la precisa intenzione di ucciderlo:
- a volte senza premeditazione;
- altre volte con premeditazione.
Non parlo del "dolo eventuale" per non complicare troppo la mia esposizione.
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Tali categorie "logico-giuridiche" e "psico-sociologiche", come vedremo, sono necessarie per comprendere meglio cosa debba, più propriamente, intendersi per "femminicidio".
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2)
In secondo luogo, soprattutto per quanto concerne il calcolo delle attenuanti e delle aggravanti, gli omicidi possono e devono essere classificati in base al "rapporto" intercorrente tra l'assassino e la sua vittima.
Ad esempio:
a)
"Parricidio".
Sebbene, etimologicamente e linguisticamente, tale termine si riferisca all'"uccisione del proprio padre", con tale termine, giuridicamente e sociologicamente, come aggravante, si intende il "caso in cui l'omicidio sia commesso contro un qualsiasi ascendente o discendente", anche adottivo, ed a prescindere dal suo sesso (vedi art.577 C.P.comma 1 n.1)
Cioè:
- un figlio o una figlia che uccidono il padre o la madre;
- un padre o una madre che uccidono il proprio figlio o la propria figlia.
(vedi art.577 C.P.comma 1 n.1).
b)
"Fratricidio"
Sebbene, etimologicamente e linguisticamente, tale termine si riferisca all'"uccisione del proprio fratello", con tale termine, giuridicamente e sociologicamente, come aggravante, si intende il "caso in cui l'omicidio sia commesso sia contro un fratello che contro una sorella" (vedi art.577 C.P.comma 3).
c)
"Uxoricidio"
Sebbene, etimologicamente e linguisticamente, tale termine si riferisca esclusivamente all'"uccisione della propria moglie", con tale termine, giuridicamente e sociologicamente, come aggravante, si intende in generale "l'omicidio commesso contro il proprio coniuge" (maschio o femmina che esso sia); ciò, anche in seguito alla separazione legale, o contro chi sia legato all'agente da un'unione civile o da una stabile convivenza o anche da una semplice "relazione affettiva e/o sentimentale" (vedi art.577 C.P.comma 1 n.1).
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Anche tali categorie "parentali", "affettive", "logico-giuridiche" e "psico-sociologiche", come vedremo, sono necessarie per comprendere meglio cosa debba più propriamente intendersi per "femminicidio".
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3)
In terzo luogo gli omicidi possono e devono essere considerati anche in ragione del loro "movente"; il quale, generalizzando al massimo, di solito è:
- o "economico" (ad esempio, per rapina);
- ovvero "passionale" (ad esempio, per gelosia).
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Però si tratta di una generalizzazione estrema, in quanto alcuni "omicidi" possono essere perpetrati anche per motivi "politici", "ideologici", "culturali" e persino "religiosi"; alcuni dei quali sono senz'altro dei "femminicidi", come, ad esempio, il caso di Saman Abbas, uccisa perchè rifiutava il matrimonio ordinatogli dal padre.
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Ciò premesso, alla stregua delle (sia pur generiche) precisazioni di cui sopra, veniamo ora ad esaminare in particolare gli "omicidi di genere"; i, quali vengono commessi, "in specifica ragione del sesso della vittima", e della relazione con essa.
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IL "FEMMINICIDIO"
Al riguardo, in primo luogo, occorre stare ben attenti a non confondere il "femminicidio" in senso "letterale", con il grave fenomeno definito "femminicidio" in senso "psico-sociologico" e "culturale" che si sta ora verificando un po' dappertutto nel mondo (ove più ove meno).
Ed infatti il "femminicidio", in senso "letterale", non è altro che un comune "omicidio" commesso nei confronti di un "essere umano di sesso femminile"; ma non sempre tale condotta criminosa configura un "femminicidio" nel senso "psico-sociologico" e "culturale" di cui attualmente si parla.
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Ad esempio, almeno secondo me:
a)
Sarebbe errato definire "femminicidio" l'omicidio di una donna da parte di un'altra donna; salvo casi molto particolari, come quello di una madre che uccide la figlia perchè non vuole sposare l'uomo prescelto dal padre della famiglia.
b)
Sarebbe errato definire "femminicidio", se non in modo molto improprio, l'omicidio di una donna da parte di un uomo che la investa involontariamente con un'automobile; ed infatti, secondo me, l'omicidio del tutto "colposo", non costituisce mai un "femminicidio" nel senso "psico-sociologico" e "culturale" di cui attualmente si parla.
c)
Sarebbe errato definire definire "femminicidio" l'omicidio di una donna da parte di un uomo nel corso di una sparatoria tra fuorilegge (maschi e femmine) e poliziotti (maschi e femmine); oppure nel corso di una guerra sulla linea del fronte, durante una battaglia a cui partecipano anche delle donne.
E così via.
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Al riguardo, invece, trovo in parte molto "azzeccate", ma non del tutto "corrette", due "autorevolissime" definizioni di "femminicidio":
a)
Quella della TRECCANI, la quale considera la parola "femminicidio": "Il termine con il quale si indicano tutte le forme di violenza contro la donna in quanto donna, praticate attraverso diverse condotte misogine (maltrattamenti, abusi sessuali, violenza fisica o psicologica), che possono culminare nell'omicidio. Questo tipo di violenza affonda le sue radici nel maschilismo e nella cultura della discriminazione e della sottomissione femminile: le donne che si ribellano al ruolo sociale loro imposto dal marito, dal padre, dal fidanzato vengono maltrattate o uccise."
b)
Quella della CRUSCA, la quale recita: "Recentemente si parla molto di femminicidio, intendendo non solo l'"uccisione di una donna o di una ragazza", ma anche "qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte".
c)
Definizione simile a quella del Devoto-Oli 2009, attestato anche in ZINGARELLI a partire dal 2010.
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Al riguardo, personalmente, nonostante l'autorevolezza delle fonti citate, ritengo assolutamente "scorretto" parlare di "femminicidio" qualora la donna non venga fisicamente soppressa con la violenza; ciò in quanto, in ipotesi diverse dall'"assassinio", si può e si deve parlare di "altri" "diversi", deprecabili, vergognosi, riprovevoli ed inqualificabile crimini ed abusi ai danni delle donne, i quali, però, non hanno niente a che vedere con il loro '"assassinio" (implicito nella desinenza "cidio").
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Ad esempio:
- lo "stupro" (domestico e non);
- i "maltrattamenti" (psicologici e fisici);
- le "lesioni" (lievi, gravi o gravissime)
ecc. ecc.
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Secondo me, invece, non bisogna "confondere le pere con le mele", definendo tali altri deprecabili, vergognosi, riprovevoli ed inqualificabile crimini e abusi contro le donne, come se si trattasse in ogni caso di "femminicidi"; a mio avviso, infatti, ciò costituisce un grave errore "semantico", "linguistico", "giuridico", "sociologico", "psicologico", "culturale" e "concettuale", perchè si assimilano tra di loro "fenomeni criminali" e "comportamenti abusivi" completamente diversi tra di loro.
Sebbene, effettivamente, essi abbiano quasi tutti, in genere, la stessa "matrice maschilista"!
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Ed infatti condivido in pieno la "seconda parte" delle autorevoli definizioni di cui sopra, e, cioè, che il "femminicidio" in senso vero e proprio (nè "letterale" nè "controletterale"), deve essere inteso come l'omicidio commesso allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientarne l'identità della donna attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino a provocarne la "morte"; ed invero, come purtroppo la recente cronaca ci ricorda continuamente, le donne che si ribellano al ruolo sociale loro imposto dal marito, dal padre, dal fidanzato ecc., in molti casi vengono "maltrattate" in vari modi, mentre, nel peggiore dei casi, invece, vengono addirittura "uccise" (verificandosi così un vero e proprio "femminicidio").
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Ciò chiarito, almeno per come la vedo io, il "femminicidio", giuridicamente e sociologicamente, dovrebbe essere delineato, in base alle mie classificazioni da 1 a 3, con una definizione -più o meno-, del seguente tenore:
<<Il "femminicidio" è l'"omicidio" perpetrato nei confronti di una donna in modo "preterintenzionale" (1b) o "doloso" (1c), commesso "precipuamente" con riguardo alla moglie, alla sorella, alla figlia, alla fidanzata o a "qualunque altra donna" con la quale l'agente intratteneva una qualsiasi "relazione affettiva e/o sentimentale" in ordine alla quale è identificabile il movente dell'"omicidio di genere" (2a, 2b, 2c); diversamente non si considera "femminicidio", l'"omicidio" perpetrato nei confronti di una donna diversa da quelle sopra indicate, se viene commesso non in ragione del suo sesso, bensì, casualmente, per motivi criminosi di carattere comune, le cui vittime sarebbero potute essere anche dei soggetti di genere maschile.>>
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Naturalmente la mia definizione è del tutto opinabile; e, "melius re perpensa" ritengo che sarà senz'altro suscettibile di rettifiche e/o di perfezionamenti.
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Poi, però, ci sono alcuni casi dubbi, che mi lasciano alquanto perplesso; ma qui accennerò solo ad uno di essi, che è il più frequente.
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L'OMICIDIO PER GELOSIA
Ad esempio, per quanto concerne il cosiddetto "omicidio per gelosia", che, tra l'altro è il più comune, esso può essere commesso (sia da parte di un uomo nei confronti di una donna, sia da parte di una donna nei confronti di un uomo), con "motivazioni psicologiche" e "condotte concrete" molto diverse tra di loro.
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Ed infatti, innanzitutto, occorre distinguere due ipotesi:
- una delle due parti tradisce di nascosto l'altra, continuando il loro rapporto come se niente fosse;
- una delle due parti intende interrompere il rapporto con l'altra, e glielo glielo dice chiaramente (o perchè si è stufata, o perchè ha incontrato un altro soggetto per lei più congeniale).
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In entrambi i casi, secondo me, una eventuale "reazione omicida" del "tradito" o dell'"abbandonato" costituisce sempre e comunque un atto "scellerato" ed assolutamente "inaccettabile" (oltre che un gravissimo "crimine"); però io esiterei a definirlo "tout court" un "femminicidio", invece che un "omicidio" di carattere ordinario.
A mio parere questo dipende dalle circostanze!
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Ed infatti, per quanto riguarda l'uccisione di una donna che "tradisce" o "abbandona" il suo uomo, almeno secondo me:
a)
Si tratta senz'altro di un "femminicidio", se il movente dell'assassino è costituito, più che dall'"amore infranto dell'ex partner", dall'"amor proprio", e, cioè:
- da un malinteso "senso dell'onore" del "femminicida";
- da un suo presunto "diritto di proprietà" sul corpo della sua compagna;
- dalla "presunta umiliazione della sua superiorità maschile".
b)
Si tratta, invece, di un comune "omicidio", di carattere passionale, se il movente dell'assassino (uomo o donna che esso/a sia) è costituito precipuamente dalla sofferenza e dal dolore provocato dall'"amore infranto".
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Ma non è certo facile stabilire la differenza tra l'uno e l'altro caso; così come nella seguente vecchia canzone.
https://www.youtube.com/watch?v=CJ2lYHxYV-Y
Oppure in quest'altra, molto più nostrana.
https://www.youtube.com/watch?v=wOwoErOBWKw
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Penso che i femminicidi, e in generale le violenze sulle donne, abbiano una motivazione più profonda, che va oltre persino i rapporti tra i sessi.
Cioè non si tratta neppure di amor proprio ferito. Vi è ben di più.
Vi è un male, che erompe magari più esplicitamente quando sollecitato dalla gelosia, ma che può pure manifestarsi in mille altri modi, seppur non così eclatanti, per ora.
Il femminicida reagisce alla angoscia esistenziale, che esplode in lui nel momento in cui il "rimedio" svanisce. Il rapporto sentimentale infatti non era che un rimedio, per tacitare l'angoscia dell'esistenza.
Svanisce il rimedio, scatta la violenza.
Il nichilista, quando messo di fronte al nulla, distruggerebbe il mondo intero.
Vi è chi, vigliaccamente, si sfoga su chi appare più debole.
Ottima disamina. Sulla riserva finale direi che anche il delitto "passionale" ricade in un modello culturale di possesso sessuale, radicato fino alla consistenza psicologica dell'omicida. Esso sarebbe impensabile in una società che non riduce l'affettività a possesso e surrogato (concordo con bobmax). Solo un po' di delusione e via.
Non riesco a capire che cosa c'entri una insensata filosofia come il nichilismo con il femminicidio. Traslando la filosofia in sentimenti, emozioni, l'angoscia è uno stato d'animo tipicamente associato all'esistenzialismo, la depressione al nichilismo. Probabilmente un nichilista nemmeno inizierebbe una relazione amorosa.
Nel caso di omicidio per gelosia secondo me non c'è distinzione tra il caso a e b esposti da Eutidemo.
La scienza suprema del capitale è l'insozzamento di ogni valore ai fini della capitalizzazione. La famiglia Cecchettin è la realizzazione compiuta del processo per quanto riguarda il femminicidio. Ennesimo primato del made in Italy. Visto in opera fin dal funerale con posti a pagamento per giornalisti e kermesse veneta. Luogo votato alle sagre.