Ciao a tutti,
avrei voluto affrontare questo argomento nella sezione "viaggi", ma non l'ho fatto per una ragione precisa: perché non voglio parlare dell'atto del viaggiare, quanto della sua rappresentazione nella società odierna.
Personalmente, credo che sia in atto una vera e propria mistificazione del viaggio, che ormai ha assurto a ruolo di oggetto di culto dai poteri straordinari, un totem in effetti. Grazie al viaggio diventeremmo più saggi, migliori e più felici. Sempre e comunque.
Ma è davvero così? Non è questo legato alla nostra indole ed alla nostra volontà di cambiare?
Ho provato a parlare del viaggio in questi termini sul mio blog, prendendo spunto da un'intervista ad un professore dell'ETH, il quale, finalmente, rompe questo tabù del viaggio e lo affronta in chiave critica. Non ha attecchito. Pare davvero che ci sia una sorta di mono-pensiero sull'argomento: vietato criticare il viaggio perché il viaggio rende sempre più saggi, migliori e più felici. Poco importa se esso consiste in una notte brava ad Ibiza e qualche ballo in spiaggia, pare proprio che i viaggiatori frequenti siano necessariamente persone che abbiano attraversato una profonda metamorfosi, più aperti di mente e più coscienti del mondo circostante.
Complice anche un certo marketing che alimenta tale credenza, è però un fatto che per molti il viaggio sia divenuto un vero e proprio totem, uno status symbol, una scusa per migliorare la propria immagine. Chi tenta di riportare il viaggio ad una dimensione più relativa (più umana, difatti) è snobbato o criticato duramente (fine fatta da un autore che aveva provato come me a sollevare la sua perplessità sull'idolatria del viaggio).
Che ne pensate?
Hybris
"Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie."
Tao te ching, 47
;)
Rimando a ventottesima epistola a Lucilio, By Seneca.
Certamente si possono percorrere migliaia di chilometri senza che questo significhi "viaggio".
Il solo vero viaggio è quello che ci porta almeno un poco oltre il limite della nostra prospettiva quotidiana. Può capitare anche sotto casa nostra, o anche solo guardando dalla finestra, persino con le finestre chiuse. Se il viaggio davvero accade si rivela certamente entusiasmante, anche se per partire ci vuole sempre un po' di coraggio e poi bisogna sempre anche saper tornare. Altrimenti non è stato un viaggio, ma ... una migrazione. ;)
A quanto pare, è in un forum di filosofia che ho trovato quello che cercavo :)
PS. Si, Seneca mi è venuto subito in mente. Ricordo che a tal proposito citava una frase di Quinto Orazio Flacco, che ho naturalmente inserito nel mio post: "Caelum, non animum mutant qui trans mare currunt (Cambiano cielo, non animo, quelli che attraversano il mare)"
Dipende come viene vissuto e concepito il viaggio.
Oramai anche viaggiare rientra come tutto il resto nell'ambito del marketing e del consumo.
Ci sono quelli che magari fanno migliaia di km per rifare le stesse identiche (stupide) cose che avrebbero potuto fare dove sono partiti...tipo andare nei soliti centri commerciali, mangiare le schifezze in un mc Donald eccetera, dove tra l'altro questo mette pure in evidenza come il mondo da un capo all'altro sia stato ridotto ad un supermercato e l'umanità a idiota consumatore.
Oppure sempre in considerazione di quanto sopra penso a quanti turisti che li vedi girare per i soliti itinerari già rigidamente programmati in anticipo,magari da un agenzia di viaggio con l'apparecchio fotografico al posto degli occhi!...cosi che il loro interesse e' solo quello di trasferire, al loro ritorno,le foto sul computer, da inserire sui social cosi che qualcuno possa cliccarci sopra e metterci un "mi piace"
sono d'accordo con molto di ciò che è stato scritto;il Tao di Phil in particolare. Si dice che Salgari abbia scritto di Sandokan non conoscendo affatto fisicamente l'India:una sublimazione quindi.
E' altrettanto vero che per troppi viaggiare è fuggire fisicamente dai propri stress e si portano dietro le immagini stereotipe dei propri srtess, per cui c'è "Rimini" a Ibiza o sulla spiaggia dorata del tutto compreso con servizi a cinque stelle. Quindi spiaggia- camera- cena- nigt,. il consueto con altro fondale proprio come il fondale alla parete dell'agenzia di viaggio.
Per me il viaggio, che viaggio poco, è curiosità del bambino, è la saggezza di sedersi e vedere con serenità i in assenza di stato temporale che dà stress(senza impegno lasciare che il tempo passi addosso e vada...) persone, abitudini diverse, architetture consuetudini mai viste, conoscere altre affabilità e usi e pensare che se "ogni luogo è paese" ogni umanità è cultura e dignità, sempre si impara e nel ritorno nel bagaglio che non è valigia,qualcosa rimane ed è quello che importa
Citazione di: Hybris il 21 Luglio 2017, 09:05:17 AM
A quanto pare, è in un forum di filosofia che ho trovato quello che cercavo :)
PS. Si, Seneca mi è venuto subito in mente. Ricordo che a tal proposito citava una frase di Quinto Orazio Flacco, che ho naturalmente inserito nel mio post: "Caelum, non animum mutant qui trans mare currunt (Cambiano cielo, non animo, quelli che attraversano il mare)"
^^
In merito alla tua disanima sulla rappresentazione del viaggio nella società odierna, oltre a quanto tu e altri avete già sottolineato, aggiungo che trovo da un lato, come sia svilito il fascino del viaggio stesso e, dall'altro, come sia privato, a mio parere, di una tra le componenti essenziali che fanno di un viaggio, un viaggio: il senso della scoperta e la disposizione a formarsi nuovi occhi per guardare.
C'è di più: avevo letto un articolo a riguardo che esponeva un punto di vista simile al mio, con la differenza che il sito in questione è molto più importante del mio blog ;D Ebbene, lì ho avuto modo di verificare le reazione dei lettori: letteralmente, sono andati su tutte le furie! E' praticamente impossibile provare a sostenere che un viaggio a Parigi tra selfie e Torre Eiffel non ti rende più arricchito, ma solo più vanitoso. E' un vero e proprio tabù insomma: chi non viaggia tanto quanto questi "cittadini del mondo" e che non mostri attacchi di dromomania è automaticamente chiuso di mente, infelice e provinciale.
Tutti guardano agli i-Phone come emblema dello status symbol. Io ci metterei tranquillamente anche (un certo tipo di) viaggio.
Citazione di: Hybris il 22 Luglio 2017, 10:26:20 AMC'è di più: avevo letto un articolo a riguardo che esponeva un punto di vista simile al mio, con la differenza che il sito in questione è molto più importante del mio blog ;D Ebbene, lì ho avuto modo di verificare le reazione dei lettori: letteralmente, sono andati su tutte le furie! E' praticamente impossibile provare a sostenere che un viaggio a Parigi tra selfie e Torre Eiffel non ti rende più arricchito, ma solo più vanitoso. E' un vero e proprio tabù insomma: chi non viaggia tanto quanto questi "cittadini del mondo" e che non mostri attacchi di dromomania è automaticamente chiuso di mente, infelice e provinciale. Tutti guardano agli i-Phone come emblema dello status symbol. Io ci metterei tranquillamente anche (un certo tipo di) viaggio.
Caro Hybris, che l'uomo sia un essere fondamentalmente
ridiculus è una constatazione ampiamente condivisa già nell'antichità. Chiaro poi che, in un'epoca in cui tutto diviene "di massa" ( come i viaggi) anche la ridicolaggine è di massa, ahimè!...
L'unica cosa certa del viaggiare è che...si ritorna più stanchi di prima di partire! E' vero che si ha la sensazione di essere più "leggeri" ma questo è dovuto principalmente al salasso economico... ;D ( cinque euro per una bottiglietta di minerale, vi rendete conto?...Cinque euro! Non basta questo per traformarci tutti in babbei?)... :o
Il viaggio deve essere formativo per la persona, devi partire con la volontà di donare te stesso(anche alla gente del luogo dove vai) e ricevere il dono che la gente autoctona è pronta a darti (e questo dono non deve essere solo a livello "consapevole", anzi più che altro non te ne accorgi nemmeno di donare e di ricevere il dono: ti accorgi però di essere più "aperto", "libero" ecc).
Purtroppo oggi sembra quasi con la pubblicazione continua di foto sui social sembra quasi che il viaggio serva a pompare l'ego anzichè toglierne le pretese e i pregiudizi. Quasi che il viaggiatore dica: "guardatemi amici quante esperienze faccio 8) quanto sono "cool", figo, che cose interessanti faccio, quanto è movimentata la mia vita ecc". Ma anche di questa tendenza non è facile accorgersi...
Chiaramente il viaggio in sè non ha poteri magici, nè conseguenze inevitabili (tranne l'impoverimento a cui alludeva Sariputra ;D ), dipende tutto dal come lo si vive e dal perché si viaggia.
Il viaggio in quanto spostamento spaziale è ormai sublimato in un percorrere rapidissimamente spazi enormi, spesso in modo quasi asettico (salvo ciò che si intravvede dal finestrino), per cui si è quasi "teletrasportati" alla destinazione (e non importa che questa sia a 10 km o 1000 km dalla partenza, il primo passo fuori dal mezzo di trasporto sarà comunque direttamente su un suolo "già lontano", senza aver fatto passi intermedi di... viaggio! Il viaggiare non è più, ormai da secoli, un "attraversare", ma piuttosto direttamente un "arrivare"...).
Non credo sia da biasimare chi valica montagne, solca mari, o sorvola continenti solo per farsi una foto con un monumento famoso o per il gusto di poter dire "ci sono stato!" (con lo spirito da "giro del mondo in 80 giorni" ;D ): la narrazione (auto)biografica del viaggio (che c'era anche prima dei social), sia essa di massa oppure di elite (vedi nobile tardo-ottocentesco con il vezzo del viaggio nelle colonie) non deve necessariamente avere per presupposto il tornare "migliori" di quanto si sia partiti, l'aver arricchito il proprio spirito (proporzionalmente alla crescita dei timbri sul passaporto) e l'aver da raccontare "cose che voi umani...". Questi sono certamente effetti auspicabili possibili, ma non oggettivamente migliori di altri... d'altronde, se il prossimo week end voglio andarmi a fare un caffè in Brasile, per poi postarlo su instagram e tornarmene contento in Italia, sono per questo una "brutta persona"? Se non usassi i soldi in quel modo, siamo sicuri che li devolverei in beneficenza, meritando plauso e lodi dalla comunità?
Il dandy, l'esteta, l'"economicamente irresponsabile" (così allarghiamo il cerchio ;D ), non sono necessariamente teste vuote; se non erro, molti letterati-filosofi lo sono stati... certo, c'è poi anche la massa che segue mode che sono per lei più nocive che sensate (indebitarsi per vacanze con "obbligatoriamente" annesso viaggio e conforts da raccontare al rientro), tuttavia il funzionamento culturale delle società (occidentali e non solo) nell'epoca della comunicazione di massa rende inevitabile fenomeni di questo tipo, che in fondo non sono pericolosi né sintomo di "decadenza etica" (semmai tale espressione abbia senso compiuto ;) ), ma sono piuttosto, secondo me, ataviche dinamiche sociali aggiornate all'attuale situazione tecnologica (che consente viaggi lunghi e relativamente economici, esposizione in "vetrine globali", etc.).
Ad esempio, anche l'auto è da tempo uno status symbol, ma non sono incline a pensar male di chi ha un'auto senza averne bisogno per andare a lavorare o chi compra auto che costano più di quanto io possa mai guadagnare in vita mia... sono comunque forme di mercato (innocuo) di cui l'economia attuale ha bisogno: i famigerati status symbol fanno "girare" l'economia (e il viaggiare non è certo fra i peggiori... ;)).
P.s.
Bisogna ormai dare per scontato che non tutti quelli che scrivono sono scrittori, non tutti quelli che fotografano sono fotografi, non tutti quelli che viaggiano sono pellegrini spirituali o antropologi o commercianti di spezie alla Marco Polo ;D
Il fatto che generalmente per viaggio si intenda "voyeurismo organizzato" e che oggi grazie all'abbondare di fotocamere questo è sempre più frequentemente, non significa che questa sia l'unica forma di viaggio (sicuramente non quella di cui parlava Socrate). Goethe nel suo Grand Tour Italiano annota molta della delusione provata davanti alla "immortale bellezza", salvo poi capire il "vero senso" del viaggio, passando un mese a letto con la bella Faustina. Questo non significa che il "vero senso" sia sessuale, ma che il vero senso si capisca solamente tirando fuori se stessi al di la di tutte le obbligazioni che il clichè moderno vuole sia il "viaggio". Ho dovuto correre, dopo 3 settimane a Londra, 2 ore prima del volo, a fare una foto del BigBen che altrimenti non avevo "ancora fatto". Serve tempo per scoprire il senso del viaggio, perchè serve riscoprire se stessi in un nuovo contesto e agire di conseguenza. Può accadere il colpo di fulmine il primo giorno, possono volerci settimane prima che si riesca davvero a trovare se stessi nella nuova dimora ed essere l'ultimo giorno, costretti a partire; o può non accadere mai per indole personale o perchè qualcosa nel viaggio non è "scattato" e concludere poi su un forum che "viaggiare è inutile". Ciò che possono notare con facilità è che le persone che viaggiano spesso, mediamente hanno un indole più gentile e aperta verso il prossimo, dalla mia esperienza direi che è una conseguenza quasi diretta.
Non volevo dire che tutti quelli che postano le foto sui social dei loro viaggi sono "brutte persone". A volte è capitato anche a me (anche se nella maggio parte dei casi l'idea non era mia). Però secondo me tutto questo meccanismo ci allontana dal vivere il viaggio stesso e anche dall'umiltà (nel senso che anche senza saperlo finiamo per "gonfiarci" ritenendo che tutto quello che facciamo è "importante". Il meccanismo è a livello inconscio, l'ho osservato anche in me stesso, quindi la mia intenzione non era di condannare ma mostrare il problema). Inoltre il viaggio può essere una dipendenza, un risultato dal non essere capaci di vivere nella propria casa (anche questo non viene ammesso).
Citazione di: Apeiron il 23 Luglio 2017, 13:45:48 PM
Non volevo dire che tutti quelli che postano le foto sui social dei loro viaggi sono "brutte persone" [...] la mia intenzione non era di condannare ma mostrare il problema
Certo, non mi riferivo a te in particolare, infatti non hai mai parlato di "brutte persone", piuttosto hai messo in guardia dall'impantanarsi nel narcisismo; volevo solo spezzare una lancia in favore dei "
millennials" (o comunque si chiamino ;D ) che, come tutti, non hanno potuto scegliere in quale epoca vivere...
Citazione di: Apeiron il 23 Luglio 2017, 13:45:48 PMInoltre il viaggio può essere una dipendenza, un risultato dal non essere capaci di vivere nella propria casa (anche questo non viene ammesso).
Questa è già una questione più rilevante (a cui alludevo con la citazione dal
Tao te ching): una cosa è stare bene a casa propria e voler
anche viaggiare, tutt'altra è viaggiare pur di non stare a casa propria (o per non doverci stare per troppo tempo, essendo in pausa da impegni esterni). Anche se questa "fuga" andrebbe poi interpretata contestualizzandola caso per caso, o meglio, "casa per casa" ;D
Sì il Tao Te Ching è una miniera di saggezza anche se su certe cose non sono per niente d'accordo (come si fa a dire di abbandonare lo studio se per capire la wu-wei ecc serve studiare? ;D poi mi sembra troppo utopico.). In ogni caso torno In Topic ma in modo un po' particolare, ossia indagando la causa psicologica che ci fa "viaggiare".
C'è secondo me da considerare la componente mentale in tutto questo. La dissociazione in psicologia la si può vedere come un "viaggio" dovuto a (1) una situazione che crea forte ansia o depressione, (2) quando la vita "non basta più" la dissociazione crea la fantasia ecc. Chiaramente il tipo (2) può essere dovuto a una situazione brutta come (1) ma non è necessario: uno può essere "dissociato" e felice allo stesso tempo, come d'altronde ritengo che siano gli scrittori. Ora non credo che ci sia vera differenza tra un "viaggio fisico" e uno "mentale": d'altronde se vado in vacanza perchè non ne posso più di stare a casa certamente non c'è molta differenza con l'essere dissociato.
La prospettiva del Tao Te Ching è in verità interessante perchè contrasta anche il tipo "2": infatti questo tipo di "dissociazione-viaggio" è causato dal desiderio quando il saggio "desidera di non desiderare" (capitolo 64), sa che "l'ecessivo desiderio è il più grande crimine" (cap 46), "senza desideri possiamo vedere il Mistero" (cap 1) ecc. Ancora peggio per il buddismo e l'induismo. Quando da noi l'eroe è quello che fa tanti viaggi, tante avventure ecc per il Tao Te Ching (e simili) "vive chi ha coraggio di non osare". Quello che sembra suggerire la sapienza "rinunciante" è che il viaggio inteso come "cercare esperienze nuove" (anche solo vagare con la fantasia...) non è MAI utile, anzi bisogna imparare a perdere il desiderio di "fare esperienze nuove".
Questo contrasta la nostra tradizione nella quale il viaggio di tipo "2" è necessario per la creatività e l'originalità.Secondo me la prospettiva "rinunciante" è TROPPO estrema, ma noi siamo immersi nell'estremo OPPOSTO. A mio giudizio quindi dovremo solo viaggiare per imparare "qualcosa di importante", o per "stare meglio", magari meditando cosa non va nella nostra vita. Quindi secondo me prima di metterci in viaggio dobbiamo stabilire il nostro scopo (quindi stabilire anche se vale la pena mettersi in viaggio) e impegnarci a raggiungerlo.
Citazione di: Apeiron il 24 Luglio 2017, 12:43:11 PMSì il Tao Te Ching è una miniera di saggezza anche se su certe cose non sono per niente d'accordo (come si fa a dire di abbandonare lo studio se per capire la wu-wei ecc serve studiare? ;D poi mi sembra troppo utopico.). In ogni caso torno In Topic ma in modo un po' particolare, ossia indagando la causa psicologica che ci fa "viaggiare". C'è secondo me da considerare la componente mentale in tutto questo. La dissociazione in psicologia la si può vedere come un "viaggio" dovuto a (1) una situazione che crea forte ansia o depressione, (2) quando la vita "non basta più" la dissociazione crea la fantasia ecc. Chiaramente il tipo (2) può essere dovuto a una situazione brutta come (1) ma non è necessario: uno può essere "dissociato" e felice allo stesso tempo, come d'altronde ritengo che siano gli scrittori. Ora non credo che ci sia vera differenza tra un "viaggio fisico" e uno "mentale": d'altronde se vado in vacanza perchè non ne posso più di stare a casa certamente non c'è molta differenza con l'essere dissociato. La prospettiva del Tao Te Ching è in verità interessante perchè contrasta anche il tipo "2": infatti questo tipo di "dissociazione-viaggio" è causato dal desiderio quando il saggio "desidera di non desiderare" (capitolo 64), sa che "l'ecessivo desiderio è il più grande crimine" (cap 46), "senza desideri possiamo vedere il Mistero" (cap 1) ecc. Ancora peggio per il buddismo e l'induismo. Quando da noi l'eroe è quello che fa tanti viaggi, tante avventure ecc per il Tao Te Ching (e simili) "vive chi ha coraggio di non osare". Quello che sembra suggerire la sapienza "rinunciante" è che il viaggio inteso come "cercare esperienze nuove" (anche solo vagare con la fantasia...) non è MAI utile, anzi bisogna imparare a perdere il desiderio di "fare esperienze nuove". Questo contrasta la nostra tradizione nella quale il viaggio di tipo "2" è necessario per la creatività e l'originalità.Secondo me la prospettiva "rinunciante" è TROPPO estrema, ma noi siamo immersi nell'estremo OPPOSTO. A mio giudizio quindi dovremo solo viaggiare per imparare "qualcosa di importante", o per "stare meglio", magari meditando cosa non va nella nostra vita. Quindi secondo me prima di metterci in viaggio dobbiamo stabilire il nostro scopo (quindi stabilire anche se vale la pena mettersi in viaggio) e impegnarci a raggiungerlo.
Sono d'accordo con quello che scrivi e soprattutto sul fatto che il viaggio ha significato se stabiliamo uno scopo al nostro viaggiare ( che non sia ovviamente solo quello di non sentirsi "inadeguati" rispetto a colleghi e amici, ossia al conformismo). Per es. , dopo il lutto che ha colpito la nostra famiglia, ho sentito l'esigenza di viaggiare verso le montagne, ma non un posto nuovo da visitare , per fare del turismo e scattare qualche foto, ma montagne che conoscevo bene per quello che potevano darmi in quel momento e in quello stato d'animo. Il mio scopo era di "ricaricarmi" dopo un periodo particolarmente difficile e doloroso. Ovviamente per far ciò dovevo isolarmi dal mondo e dalle persone. Quindi niente internet, niente cellulare, sms, foto, ecc.
Il risultato non è stato del tutto soddisfacente in quanto questo tipo di viaggio, per funzionare realmente, ha bisogno di un tempo più dilatato di quello che potevo permettermi economicamente. Il vero viaggiare ha bisogno del fattore "tempo" per produrre qualche risonanza , qualche ispirazione spirituale o beneficio fisico in noi. Trovo assurdo il viaggio "mordi e fuggi" tipico dei nostri giorni. "Londra nel weekend", "Una giornata a Parigi", e roba simile che riempie le agenzie di viaggio e la pubblicità online, che è un pò lo specchio del nostro tempo frenetico, in cui si procede a "singhiozzo", lascia veramente poco o nulla in noi...giusto delle foto da inviare agli amici e conoscenti per dire:" Ecco, anch'io sono come gli altri, anch'io sono adeguato al mondo e ai tempi"...
Io amo le montagne , ma capisco perfettamente che, per poterle vivere appieno, ho bisogno di passare su di esse delle stagioni, vedere il mutare dell'estate nei colori dell'autunno e poi l'arrivo della neve. In questo posso sentire anche il mio mutare, il mio approfondire il senso di appartenenza a quei luoghi.
Andare tre giorni in un luogo per me non ha alcun significato. Ed infatti evito... :)
Citazione di: Apeiron il 24 Luglio 2017, 12:43:11 PM
Sì il Tao Te Ching è una miniera di saggezza anche se su certe cose non sono per niente d'accordo (come si fa a dire di abbandonare lo studio se per capire la wu-wei ecc serve studiare? ;D poi mi sembra troppo utopico.).
Non ce niente di utopico, semmai l'utopia risiede proprio in quello che hai male inteso.Non centra un bel niente lo "studio" cosi come lo interpreti tu e come generalmente viene concepito di stile nozionistico tipico della nostra "istruzione" Non si tratta infatti di uno "sforzo" o di un "agire" di tipo mentale, per arrivare a capire qualcosa...non ce' una "meta" da raggiungere (o visto che siamo anche in tema "un viaggio da fare", perché non ce ne bisogno)Per comprendere (com-prendere/prendere con se,essere Uno senza dualità,) bisogna proprio evitare l'interferenza della mente e dell'ego,ed e' quello che bisogna abbandonare, esattamente come viene indicato dal wu-wei e la dottrina Taoista in generale
:) - Dissento sulla collocazione del topic, la sezione viaggi del forum lo poteva ben accogliere.
L'appropriata collocazione delle discussioni se non rende sempre e comunque migliore la comprensione almeno ne agevola i fruitori.
(a mio modesto parere).
J4Y
Citazione di: Phil il 22 Luglio 2017, 18:00:19 PM
Chiaramente il viaggio in sè non ha poteri magici, nè conseguenze inevitabili (tranne l'impoverimento a cui alludeva Sariputra ;D ), dipende tutto dal come lo si vive e dal perché si viaggia.
Il viaggio in quanto spostamento spaziale è ormai sublimato in un percorrere rapidissimamente spazi enormi, spesso in modo quasi asettico (salvo ciò che si intravvede dal finestrino), per cui si è quasi "teletrasportati" alla destinazione (e non importa che questa sia a 10 km o 1000 km dalla partenza, il primo passo fuori dal mezzo di trasporto sarà comunque direttamente su un suolo "già lontano", senza aver fatto passi intermedi di... viaggio! Il viaggiare non è più, ormai da secoli, un "attraversare", ma piuttosto direttamente un "arrivare"...).
Non credo sia da biasimare chi valica montagne, solca mari, o sorvola continenti solo per farsi una foto con un monumento famoso o per il gusto di poter dire "ci sono stato!" (con lo spirito da "giro del mondo in 80 giorni" ;D ): la narrazione (auto)biografica del viaggio (che c'era anche prima dei social), sia essa di massa oppure di elite (vedi nobile tardo-ottocentesco con il vezzo del viaggio nelle colonie) non deve necessariamente avere per presupposto il tornare "migliori" di quanto si sia partiti, l'aver arricchito il proprio spirito (proporzionalmente alla crescita dei timbri sul passaporto) e l'aver da raccontare "cose che voi umani...". Questi sono certamente effetti auspicabili possibili, ma non oggettivamente migliori di altri... d'altronde, se il prossimo week end voglio andarmi a fare un caffè in Brasile, per poi postarlo su instagram e tornarmene contento in Italia, sono per questo una "brutta persona"? Se non usassi i soldi in quel modo, siamo sicuri che li devolverei in beneficenza, meritando plauso e lodi dalla comunità?
Il dandy, l'esteta, l'"economicamente irresponsabile" (così allarghiamo il cerchio ;D ), non sono necessariamente teste vuote; se non erro, molti letterati-filosofi lo sono stati... certo, c'è poi anche la massa che segue mode che sono per lei più nocive che sensate (indebitarsi per vacanze con "obbligatoriamente" annesso viaggio e conforts da raccontare al rientro), tuttavia il funzionamento culturale delle società (occidentali e non solo) nell'epoca della comunicazione di massa rende inevitabile fenomeni di questo tipo, che in fondo non sono pericolosi né sintomo di "decadenza etica" (semmai tale espressione abbia senso compiuto ;) ), ma sono piuttosto, secondo me, ataviche dinamiche sociali aggiornate all'attuale situazione tecnologica (che consente viaggi lunghi e relativamente economici, esposizione in "vetrine globali", etc.).
Ad esempio, anche l'auto è da tempo uno status symbol, ma non sono incline a pensar male di chi ha un'auto senza averne bisogno per andare a lavorare o chi compra auto che costano più di quanto io possa mai guadagnare in vita mia... sono comunque forme di mercato (innocuo) di cui l'economia attuale ha bisogno: i famigerati status symbol fanno "girare" l'economia (e il viaggiare non è certo fra i peggiori... ;)).
P.s.
Bisogna ormai dare per scontato che non tutti quelli che scrivono sono scrittori, non tutti quelli che fotografano sono fotografi, non tutti quelli che viaggiano sono pellegrini spirituali o antropologi o commercianti di spezie alla Marco Polo ;D
Ok, avevo commentato con un "bello" questo post, senza motivarlo: l'analisi portata avanti che ritiene quali "ataviche dinamiche sociali aggiornate all'attuale situazione tecnologica", trovo renda giustizia al fenomeno di cui si sta parlando, con una verve a tratti irridente.
Poi che dire, si può navigare/attraversare un ghiacciaio con le infradito da Maldive edition appropriate all'occasione e selfarsi al mondo, complice la tecnologia odierna e pure con il biasimo delle guide alpine, che, ataviche, mantengono il timore rispettoso e reverenziale alla potenza selvaggia della natura- natura che in tanti viaggiamo sprovveduti e ignari e sorridenti.
Citazione di: Sariputra il 24 Luglio 2017, 15:45:35 PMSono d'accordo con quello che scrivi e soprattutto sul fatto che il viaggio ha significato se stabiliamo uno scopo al nostro viaggiare ( che non sia ovviamente solo quello di non sentirsi "inadeguati" rispetto a colleghi e amici, ossia al conformismo). Per es. , dopo il lutto che ha colpito la nostra famiglia, ho sentito l'esigenza di viaggiare verso le montagne, ma non un posto nuovo da visitare , per fare del turismo e scattare qualche foto, ma montagne che conoscevo bene per quello che potevano darmi in quel momento e in quello stato d'animo. Il mio scopo era di "ricaricarmi" dopo un periodo particolarmente difficile e doloroso. Ovviamente per far ciò dovevo isolarmi dal mondo e dalle persone. Quindi niente internet, niente cellulare, sms, foto, ecc. Il risultato non è stato del tutto soddisfacente in quanto questo tipo di viaggio, per funzionare realmente, ha bisogno di un tempo più dilatato di quello che potevo permettermi economicamente. Il vero viaggiare ha bisogno del fattore "tempo" per produrre qualche risonanza , qualche ispirazione spirituale o beneficio fisico in noi. Trovo assurdo il viaggio "mordi e fuggi" tipico dei nostri giorni. "Londra nel weekend", "Una giornata a Parigi", e roba simile che riempie le agenzie di viaggio e la pubblicità online, che è un pò lo specchio del nostro tempo frenetico, in cui si procede a "singhiozzo", lascia veramente poco o nulla in noi...giusto delle foto da inviare agli amici e conoscenti per dire:" Ecco, anch'io sono come gli altri, anch'io sono adeguato al mondo e ai tempi"... Io amo le montagne , ma capisco perfettamente che, per poterle vivere appieno, ho bisogno di passare su di esse delle stagioni, vedere il mutare dell'estate nei colori dell'autunno e poi l'arrivo della neve. In questo posso sentire anche il mio mutare, il mio approfondire il senso di appartenenza a quei luoghi. Andare tre giorni in un luogo per me non ha alcun significato. Ed infatti evito... :)
Sì esatto Sari: il problema è che il viaggio oggi viene fatto per il motivo
opposto, ossia come "continuazione" della "vita di tutti i giorni". Tant'è che per esempio se posti su Facebook le tue foto le vedono gli amici, ossia o gente che già ti conosce oppure gente che è quasi sconosciuta e che quindi non è davvero interessata a ciò che fai. Se il viaggio ti serve per ricaricare, per riflettere ecc (o per imparare
davvero cose nuove e conoscere davvero nuove culture... ossia "lasciarsi trasportare dalla corrente del viaggio" ;D "wu-wei" 8) ) mi sembra del tutto insensato volerlo far "sapere a tutti" in quel modo. Semmai ne
parli con l'amico, gli dici l'esperienza che hai avuto, gli racconti cosa hai fatto (o non fatto), cosa hai visto, che effetti ha avuto sul tuo benessere ecc. Il viaggio "mordi e fuggi" lo trovo estremamente stressante e controproducente e me lo spiego solamente col fatto che la logica del consumismo ormai ha consumato anche quel piccolissimo periodo di vacanze che un po' ci dovrebbe far ricaricare dalla stressante (ma anche talvolta deprimente) vita di tutti i giorni.
Citazione di: acquario69 il 24 Luglio 2017, 17:15:34 PM
Citazione di: Apeiron il 24 Luglio 2017, 12:43:11 PMSì il Tao Te Ching è una miniera di saggezza anche se su certe cose non sono per niente d'accordo (come si fa a dire di abbandonare lo studio se per capire la wu-wei ecc serve studiare? ;D poi mi sembra troppo utopico.).
Non ce niente di utopico, semmai l'utopia risiede proprio in quello che hai male inteso. Non centra un bel niente lo "studio" cosi come lo interpreti tu e come generalmente viene concepito di stile nozionistico tipico della nostra "istruzione" Non si tratta infatti di uno "sforzo" o di un "agire" di tipo mentale, per arrivare a capire qualcosa...non ce' una "meta" da raggiungere (o visto che siamo anche in tema "un viaggio da fare", perché non ce ne bisogno) Per comprendere (com-prendere/prendere con se,essere Uno senza dualità,) bisogna proprio evitare l'interferenza della mente e dell'ego,ed e' quello che bisogna abbandonare, esattamente come viene indicato dal wu-wei e la dottrina Taoista in generale
Allora devo dire che (1) quella frase che hai citato l'ho effettivamente scritta da cani (2) con la parola "studio" non intendevo nozionismo, ma qui è la mia interpretazione della parola "studio" scritta nel tao-te ching (3) non ho specificato cosa è "troppo utopico". Provo a riscrivere: "come si fa a dire di abbandonare la ricerca della conoscenza se prima devo comunque capire almeno a livello intuitivo i benefici che avrò seguendo una certa pratica?". Perchè è vero che l'attività di ricerca della conoscenza ti allontana dallo "stato naturale" dal wu-wei (d'altronde "io" cerco di capire le cose, "io" studio il Tao-Te-Ching... ossia faccio uno sforzo personale). Ma è anche vero che è necessaria per la "liberazione", la "wu-wei" ecc. Quindi sì la ricerca della conoscenza è pericolosa perchè rischia di gonfiare le persone (far credere di sapere ciò che non sanno), rischia di creare ossessioni, rischia di creare dubbi ossessivi, rischia di creare ansietà e INFATTI questo rischio è ben evidenziato anche dal buddismo, da gente come Socrate... Tuttavia inizialmente una ricerca della verità è necessaria. Ossia un po' (o meglio un sacco) di viaggio formativo è necessario prima di "liberarsi".
INIZIO OFF TOPIC
Sul "troppo utopico" volevo dire che NON è vero secondo me che se il sovrano "non agisce" il popolo a sua volta è contento. Il Tao-Te-Ching funziona secondo me bene a livello personale, ma non funziona come "scritto politico" come forse era stato anche ideato visto che ogni due righe c'è il riferimento all'impero. Ovviamente se i sovrani nella storia davvero si fossero per esempio presi sulle spalle le sozzure del regno e i mali del mondo (capitolo 78 - tra l'altro questo capitolo ricorda la "chenosi" cristiana), non avessero avuto desideri per se stessi (capitolo 7), avesse per cuore i sudditi e li trattasse come fanciulli (capitolo 49), si prendessero cura dell'impero senza imporre l'autorità (ossia "imitando il Tao", es capitolo 2) il mondo sarebbe migliore. Ma ciò sarebbe vero se anche i sudditi fossero stati abbastanza liberi dall'ego per non far impazzire il sovrano che cerca di "regnar bene". Vista la storia direi che in questo senso è troppo utopico.
FINE OFF TOPIC
Citazione di: Jean il 24 Luglio 2017, 17:22:54 PM :) - Dissento sulla collocazione del topic, la sezione viaggi del forum lo poteva ben accogliere. L'appropriata collocazione delle discussioni se non rende sempre e comunque migliore la comprensione almeno ne agevola i fruitori. (a mio modesto parere). J4Y
Concordo
anch'io noto una generale sopravvalutazione, un'idolatria del viaggio. Mi viene da interpretare ciò come un effetto di una mentalità materialista che identifica la conoscenza con la conoscenza del mondo esteriore, che vede il sapere come una frenetica accumulazione di dati su dati, informazioni su informazioni, e tende invece a svalutare l'aspetto più importante e decisivo, quella della riflessione, dell' elaborazione soggettiva sui dati, riflessione che presuppone una condizione di calma, di silenzio, nella quale l'Io entra in se stesso, raffronta il mondo oggettivo a dei princìpi, dei criteri di giudizi riscontrabili nell'introspezione. Riflettere, operare collegamenti mentali fra pensieri e concetti diversi è un "viaggio" interiore che nulla ha da invidiare al viaggio esteriore. Ma chi ha una visione meramente materiale e quantitativa del sapere inevitabilmente vedrà la riflessione e l'introspezione come sterili perdite di tempo, che non aggiungono alcun dato alla conoscenza del mondo, perché per loro il sapere è pura collezione, sommatoria di dati ricavabili dall'esperienza esterna, mentre viene squalificato il momento della "forma", dell'analisi, della riflessione soggettiva, in cui la persona non assorbe passivamente i dati ma li interpreta sulla base delle categorie della propria mente, che nell'introspezione diviene l'oggetto a cui si presta attenzione. Ovviamente le due cose non sono sempre in conflitto, anche il viaggio esterno può essere utile e arricchente, fornendo al soggetto sempre nuovi stimoli per pensare, nuove fonti di ispirazioni con cui nutrire la propria vita mentale... d'altra parte uno stile di vita eccessivamente "giramondo" e frenetico priva l'uomo di quella lentezza, di quella quiete necessaria per la riflessione, lentezza difficile da conquistare quando occorre sbrigarsi per fare o disfare le valigie o correre per non perdere l'aereo o il treno
Per soddisfare la necessità di quiete e lentezza e il tempo necessario per soffermarsi in modo adeguato e non frenetico è proposto, per l'appunto lo "Slow Travel" (i cui parenti prossimi sono lo "Slow Food" ad. es. ) Pare che l'industria del turismo sappia rispondere in modo opportuno ai bisogni dei suoi potenziali fruitori.
Citazione di: Lou il 26 Luglio 2017, 18:38:49 PMPer soddisfare la necessità di quiete e lentezza e il tempo necessario per soffermarsi in modo adeguato e non frenetico è proposto, per l'appunto lo "Slow Travel" (i cui parenti prossimi sono lo "Slow Food" ad. es. ) Pare che l'industria del turismo sappia rispondere in modo opportuno ai bisogni dei suoi potenziali fruitori.
Verifica della robustezza delle nostre suola sulle terga dell'industria del turismo. Si va lenti da soli... ;D
La lentezza è una disposizione e susseguente distensione dell'animo.:)
Comunque stavo commentando un dire apeironico:
"il problema è che il viaggio oggi viene fatto per il motivo opposto, ossia come "continuazione" della "vita di tutti i giorni". "
Non sono d'accordo su questa generalizzazione: ritengo che pur ri-trovandosi spesso in una continuazione della vita di tutti i giorni in molti casi, il desiderio di viaggiare nasca e sia mosso da una profonda esigenza di evasione, fuga, avventura, esplorazione, curiosità, nostalgici di una patria nomade e, aggiungo, alienazione - proprio dalla esperienze della quotidianità, per molti.
Citazione di: Lou il 26 Luglio 2017, 18:38:49 PM
Per soddisfare la necessità di quiete e lentezza e il tempo necessario per soffermarsi in modo adeguato e non frenetico è proposto, per l'appunto lo "Slow Travel" (i cui parenti prossimi sono lo "Slow Food" ad. es. ) Pare che l'industria del turismo sappia rispondere in modo opportuno ai bisogni dei suoi potenziali fruitori.
Non lo sapevo che esistesse lo slow travel...questo sistema pensa davvero a tutto per il nostro benessere e per i nostri bisogni..poverini gli uomini di un tempo che di questi continui nuovi bisogni non ne sapevano manco l'esistenza! Certo che dovevano proprio vivere male, nella loro completa ignoranza!ma le vacanze intelligenti ci sono ancora? O forse nel frattempo sono passate di moda, magari sostituite proprio dalle attualissime slow travel?Lo slow travel mi fa venire in mente anche ad un altra espressione, anche questa tanto in voga di questi tempi e cioè lo sviluppo sostenibile..questo sistema risulta davvero cosi premuroso!in fondo e' sempre la stessa gabbia, pero con la differenza che non se ne ha più la consapevolezza di esserci finiti dentro
Lou, perdona la risposta tardiva, ma fai bene a non essere d'accordo con quello che ho scritto. Nella mia mente non doveva essere una generalizzazione ma più che altro una cosa del tipo "in tanti fanno così".
Molti invece fanno dei viaggi estremi (o sport estremi) proprio perchè non sopportano la noiosa quotidianità e cercano avventure ;D diciamo che Pascal ci aveva visto giusto quando disse: ""Tutta l'infelcità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera da soli". Anche se anche questa è un po' una generalizzazione, visto che alcuni piuttosto di fare altre cose preferiscono proprio solo quello ;D, diciamo che coglie però il problema di molti.
Perdonato.;)
Scherzi a parte, ma in base a quale " idealtipo" di viaggio quale metro e criterio di paragone stiamo giudicando e criticandone altri?
Apro a questa domanda.
Così fan "molti", mi sta bene...ma così come fan molti è "viaggio"? E tanti che scrivono in questo forum rispetto a questi "molti", dove si situano - prendono distanze da certi tipi di viaggio, ma quali viaggi realizzano?
Domande a bizzeffe.
Ma scrivere qui d'altronde è una sorta di viaggio (almeno per me).
Chi viene giudicato? Nessuno (Nietzsche: "non attacco mai persone" - corsivo mio) ;D A cosa mi serve fare questo: a "estirpare" i "difetti" da me in primo luogo, in secondo luogo a fare in modo che un altro che ha questi "difetti" li riconosca e se li "estirpi". La differenza con i moralisti è proprio questa: loro esulano il loro vissuto e criticano l'altrui con un metro astratto, creato ad hoc e inesistente. Nel mio caso uso il mio vissuto (può essere anche inteso come una forte immedesimazione nella situazione che sto criticando)... studio me stesso, guardo ad esempio cosa significherebbe (o ha significato) per me una certa azione e poi "giudico". Quindi quando parlo di "molti" lo faccio per questo motivo: vedo "tanti" fare certe attività, esempio, gli sport estremi e comincio a domandarmi "perchè io farei questo?". Indago me stesso e... trovo una risposta.
Non capisco, quale sarebbe il/i difetto/i da estirpare? In precaria conclusione.
(Di tutti e di nessuno, a sto punto - per pochi)
Citazione di: Lou il 01 Agosto 2017, 20:29:51 PM
Perdonato.;)
Scherzi a parte, ma in base a quale " idealtipo" di viaggio quale metro e criterio di paragone stiamo giudicando e criticandone altri?
Apro a questa domanda.
Così fan "molti", mi sta bene...ma così come fan molti è "viaggio"? E tanti che scrivono in questo forum rispetto a questi "molti", dove si situano - prendono distanze da certi tipi di viaggio, ma quali viaggi realizzano?
Domande a bizzeffe.
Essendo non solo un viaggiatore, non compulsivo ma decentemente armato, ma anche un modestissimo alloggiatore posso suggerirti che la differenza tra un "buon viaggio" e un "cattivo viaggio" può farla anche solo qualche dettaglio "catalitico". Stufo di dare indicazioni per le solite arcinote destinazioni accanto al mio piccolo podere ho provato a sfidare la "legge del coglione". C'era molta diffidenza inizialmente, anche la mia compagna mi diceva che non si trasformano le pere in mele, eppure ho provato a creare un ambiente che il più possibile mettesse a disposizione gli strumenti per addentrarsi nei meandri culturali della mia regione e negli anfratti meno commerciali ma più preziosi, assieme alla possibilità di qualche esperienza umana. I risultati non hanno tardato a farsi vedere, eppure i viandanti non si erano magicamente trasformati in pere, erano sempre le solite mele. Questo per dire che se non si ha tempo per viaggiare e capire il viaggio, trovando un amico o il posto giusto, si può risparmiare parecchio tempo, e quanti per colpa di un turismo impersonale si adagiano senza volere su un idea di viaggio che in realtà non gli appartiene, ma non hanno gli strumenti e il tempo di sviluppare. Basta veramente poco, ma quel poco a volte è davvero lontano.
Lou, semplice il "difetto" da "correggere" è il senso di "oppressione" e di "mancanza di libertà". Se il viaggio lo si fa con la volontà di scappare è perchè ci si sente "oppressi" ma il viaggio in sé non risolve nulla. Deve cambiare la prospettiva con cui uno fa il viaggio. Altrimenti il viaggio finisce per avere il risultato opposto (e non è libero)!
È su questo punto che, riflettendoci, mi trovo combattuta:certamente il desiderio di libertà, essendo desiderio per definizione non è libero, ma è una delle molle che fa intraprendere un viaggio in vista della libertà, quale meta. Io ci vado cauta a definirlo difetto da estirpare, poi mi ritrovo molto in accordo quando affermi che è importante "cambiare sguardo e non paesaggio", ma, forse, anche la disponibilità a cambiare paesaggio e provando a muoversi tra differenti paesaggi, sono esperienze che stimolano il cambiamento dello sguardo, alla faccia di Seneca.
Chiarifico: "difetto da estrirpare" forse è un po' esagerato. Semplicemente rispetto allo stato ideale di assoluta pace e libertà, chi desidera la libertà ha qualcosa di "troppo". In sostanza penso che siamo abbastanza d'accordo su questo punto: è giusto coltivare il desiderio di libertà se non si è liberi ma la libertà non coincide col desiderio di libertà 8) così come il sonno non coincide col desiderio di dormire e il mangiare una torta non coincide con il desiderio di mangiarla. ;D
Ovviamente: per mangiare una torta devo desiderarla, ma una volta davanti alla torta se non mi metto nel'ordine delle idee di mettermi a mangiarla posso scordarmi di sentirne il sapore. Idem se tutta la notte desidero di dormire finisco per passare la notte in bianco (ma è già meglio di chi desidera di non dormire... questi difficilmente prendono sonno)