Salve. Questo argomento lo apro in omaggio ad Ipazia, maestra di saggezza in tanti aspetti, la quale spesso ci cita gloriose massime che ancora oggi esaltano i naufraghi dell'egualitarismo ad ogni costo.
Lasciando perdere preamboli, logica ed ideologie..............facciamo finta che a me sfugga il significato CONCRETO (cioè la PRASSI APPLICATIVA) di tale invocazione, per cui chiedo agli amici :
Occorre secondo voi intendere :
I lavoratori dovrebbero accettare di (o venir costretti a-) ridurre l'orario di lavoro per permettere l'nserimento dei disoccupati ?
In tal caso la loro retribuzione dovrebbe risultare proporzionalmente ridotta o dovrebbe restare invariata ?
Ma non sarebbe più semplice (per garantire la piena occupazione ed anche limitare lo sfruttamento delle risorse planetarie) vietare per Legge - quindi bandire ed eliminare - tutti i processi di automazione realizzati almeno nell'ultimo secolo ?. (Forza luddisti !!).
Non oso invece proporre una soluzione del tutto inaccettabile e sconcia ma di effetto identico a quella soprastante : Ridurre l'orario di lavoro (es., del 20%, recuperando un 20% di disoccupazione), ridurre drasticamente le retribuzioni (es., del 40%, facendo così crollare i consumi ma - soprattutto - lo sfruttamento delle risorse del Pianeta).Saluti.
La terza che hai scritto. Quanto meno nelle economie "avanzate". Decrescita = soluzione per molti problemi . E' inutile continuare ad adorare il dio pil quando , vivendo in un "dome" , e' palese che essendo buona parte delle risorse limitate una crescita continua ( intesa come la si intende ora) sara' impossibile.
Ovviamente a ruota ed in misura ben piu' evidente andranno tassate , seppur diminuite , le rendite da capitale.
Dopo tutto cio' .... suona la sveglia e devo alzarmi.
Ciao atomista, c'è una variante rispetto al topic, cioè mandare in pensione prima per dare lavoro ai giovani.
In questi concetti c'è una visione del lavoro come le sedie del cinema, alcuni spettatori escono, altri entrano e si siedono allo stesso posto.
Peccato che le cose non stiano così, perché il lavoro non è omogeneo, se un imprenditore assume qualcuno è perché conosce le sue capacità e si fida, un altro estraneo non lo vuole.
L'idea poi di una riduzione dell'orario imposta per legge, e di una forzosa assunzione di disoccupati puzza di economia pianificata ed illiberale, direi che con la Russia è l'est Europa per una settantina d'anni abbiamo già dato, e abbiamo visto i risultati, la disoccupazione sicuramente viene eliminata, e senza neanche il bisogno di lavorare meno, si lavora, eccome, solo che si rimane tutti poveri, almeno a confronto con le economie liberali.
Per cui io proporrei una variazione al titolo del topic:
"lavorare meno, lavorare tutti, rimanere tutti poveri".
Beh "lavorare meno, lavorare tutti" nel senso comunista dello slogan significa principalmente due cose:
1 Lavorare meno per inserire i disoccupati, ovviamente a parità di salario per tutti, che dovrebbe aumentare affinché anche poche ore di lavoro corrispondano a un buon reddito, quindi chi si vede ridotto l'orario di lavoro al fine di inserire i disoccupati non dovrebbe perderci niente, e anzi guadagnare tempo libero per se, gli unici a perderci essendo uno slogan comunista, dovrebbero essere i padroni.
Inoltre (significato numero 2) tra gli "attualmente disoccupati" in senso lato, che in altri modelli possibili di società potrebbero anche loro lavorare un numero dignitoso di ore con la chiave inglese in mano e a maggior gloria del tempo libero della collettività, il vero comunista calcola nel novero naturalmente i padroni stessi, e tutti i loro lecchini, ideologi, burattini e sorveglianti.
Anthony , lo so bene che le dinamiche del "lavoro" sono diverse. Era una provocazione in risposta ad una provocazione , la societa' perfetta da questo punto di vista (lavoro) evidentemente non esiste . Lavorare meno , lavorare tutti richiederebbe troppa "onesta'" da parte dei "tutti" , onesta' che non e' di questo mondo. Rinunciare ai privilegi IN PRIMIS ( cosa che nessuno spontaneamente fa , le teste in Francia le han dovute mozzare)inoltre sarebbe necessario probabilmente anche rinunciare a parte di cio' che onestamente si e' costruito ( voglio credere che ci siano anche padroni onesti ) carriere ed attivita'. Ho usato il termine desueto in quanto "imprenditore" e' un po' vago , il lavoro non lo crea per "tutti" certamente il fornaio che fattosi da sé magari adesso ha 3 forni di paese. Insomma servirebbe un meccanismo morale condiviso e non imposto di redistribuzione ( imposto lo si puo' eludere ed in questo la ns patria e' maestra) tenendo conto che allo start non tutti hanno avuto le stesse opportunita'.
La conclusione comunque e' la stessa.
Suona la sveglia e mi alzo.
Citazione di: anthonyi il 06 Ottobre 2021, 11:28:27 AM
... direi che con la Russia è l'est Europa per una settantina d'anni abbiamo già dato, e abbiamo visto i risultati, la disoccupazione sicuramente viene eliminata, e senza neanche il bisogno di lavorare meno, si lavora, eccome, solo che si rimane tutti poveri, almeno a confronto con le economie liberali.
Per cui io proporrei una variazione al titolo del topic:
"lavorare meno, lavorare tutti, rimanere tutti poveri".
In effetti le "economie liberali" offrono molte più occasioni di arricchimento ed hanno abolito la povertà:
https://www.youtube.com/watch?v=zueGjkfjdMo
Citazione di: Ipazia il 06 Ottobre 2021, 21:27:04 PM
Citazione di: anthonyi il 06 Ottobre 2021, 11:28:27 AM
... direi che con la Russia è l'est Europa per una settantina d'anni abbiamo già dato, e abbiamo visto i risultati, la disoccupazione sicuramente viene eliminata, e senza neanche il bisogno di lavorare meno, si lavora, eccome, solo che si rimane tutti poveri, almeno a confronto con le economie liberali.
Per cui io proporrei una variazione al titolo del topic:
"lavorare meno, lavorare tutti, rimanere tutti poveri".
In effetti le "economie liberali" offrono molte più occasioni di arricchimento ed hanno abolito la povertà: https://www.youtube.com/watch?v=zueGjkfjdMo
Prendere come esempio di cultura ed economia liberale un paese sottosviluppato non è un confronto corretto, ipazia.
Se parliamo di economia, cultura ed etica liberale direi che gli esempi più caratterizzanti possono essere la Svizzera, l'Austria, gli USA, il regno unito. Beninteso, anche li potrai trovare qualche povero, ma ci saranno anche tanti non poveri.
Citazione di: anthonyi il 06 Ottobre 2021, 21:41:34 PM
Prendere come esempio di cultura ed economia liberale un paese sottosviluppato non è un confronto corretto, ipazia.
Se parliamo di economia, cultura ed etica liberale direi che gli esempi più caratterizzanti possono essere la Svizzera, l'Austria, gli USA, il regno unito. Beninteso, anche li potrai trovare qualche povero, ma ci saranno anche tanti non poveri.
Prendere come esempio di economia, cultura ed etica liberale solo i paesi che hanno sempre sfruttato e continuano a sfruttare i paesi sottosviluppati (offrendo inoltre ai ricchi predoni di quei paesi cassaforti taxfree) non è un confronto corretto, anthonyi.
Citazione di: Ipazia il 06 Ottobre 2021, 22:28:52 PM
Citazione di: anthonyi il 06 Ottobre 2021, 21:41:34 PM
Prendere come esempio di cultura ed economia liberale un paese sottosviluppato non è un confronto corretto, ipazia.
Se parliamo di economia, cultura ed etica liberale direi che gli esempi più caratterizzanti possono essere la Svizzera, l'Austria, gli USA, il regno unito. Beninteso, anche li potrai trovare qualche povero, ma ci saranno anche tanti non poveri.
Prendere come esempio di economia, cultura ed etica liberale solo i paesi che hanno sempre sfruttato e continuano a sfruttare i paesi sottosviluppati (offrendo inoltre ai ricchi predoni di quei paesi cassaforti taxfree) non è un confronto corretto, anthonyi.
Ammesso e non concesso che vi siano paesi sfruttanti e paesi sfruttati, il principio del lavorare meno, lavorare tutti e riferibile in questo topic a presunti paesi sfruttanti, cioè dotati di una cultura diffusa che permette sia all'etica liberale di sviluppare le sue potenzialità, sia all'ideologia del lavorare meno, lavorare tutti, di esprimersi, e quindi permette di ipotizzare un confronto.
La correttezza a cui mi riferisco è di tipo metodologico.
La metodologia è corretta se tiene conto dell'interezza del processo sociopoliticoeconomico, non solo del cherry picking di comodo. Processo costituito da risorse planetarie finite in cui non si dà terzo tra equità e sperequazione. Lavorare meno, lavorare tutti è equo, il capitalismo, no. Anzi, si regge proprio sulla possibilità che vi siano umani e popoli da sfruttare, accaparrandosi con la violenza militare o, più in time, economica, le loro risorse e libertà.
Dal 1989, finito il comunismo storicamente reale, tale processo di esproprio ed infeudamento globale ha subito un'accelerazione enorme. Anche in Cina, quella di Deng, che ha messo reti alle finestre delle fabbriche dei suicidi (risorse da trattenere) mentre la culla occidentale del capitalismo si riempiva di suicidi esodati, delocalizzati, proletarizzati (piccoli imprenditori rovinati dalla globalizzazione). Risorse ormai senza valore di cui si poteva, al contrario, fare a meno.
Anche nel nostro piccolo l'etica liberal-liberista ha fatto progressi in questi trent'anni. Ce lo dice a chiare lettere un vampiro confindustriale genovese, Giovanni Paglia: "I lavoratori ricordino che oggi il lavoro è un privilegio". Cancellando in un attimo, anche formalmente, l'articolo 1 della nostra Costituzione. A ulteriore dimostrazione di che buffonata sia il regime democratico liberal-liberista. Questo "privilegio" riecheggia sinistramente l' "Arbeit macht frei" del cancello di Auschwitz. La continuità "etica" mi pare evidente.
Dare una risposta al quesito iniziale restando all'interno delle "potenzialità" del capitalismo è un po' come mettersi a discutere di diritti umani e libertà degli ebrei all'interno di Auschwitz. Risposta non c'è.
Lavorare meno, lavorare tutti è inefficiente, ipazia.
Se nel sistema lavorano solo coloro che rispondono alle necessità di mercato allora c'è l'efficienza, che non implica necessariamente iniquità se si definisce una equa redistribuzione compensativa a favore di coloro che sono rimasti senza il "privilegio" del lavoro.
La più o meno limitata disponibilità di risorse naturali non c'entra nulla, i sistemi di mercato sono fatti per gestire risorse limitate in maniera efficiente, e per adattarsi a una certa idea di equità sulla quale tu, e tutti gli altri umani, vi troverete d'accordo.
Non è mica colpa del mercato se poi tra voi umani ci sono differenti idee di equità.
Risposta non c'è nel Mercato capitalistico, il cui concetto di efficienza ha più a che fare con leggende transilvaniche che con scienze economiche. Glissando sul "voi umani" che è già tutto un manifesto di coerente inumanità del Mercato capitalistico.
Anthony , vedere efficienza e soprattutto equita' nel mondo che c'e' oltre la finestra mi pare una forzatura bella e buona , ma forse non ho capito io.
Sarebbe come dire che se ho un languorino e per strada vedo un bimbo con un panino e' legittimo che glielo freghi. Di conseguenza sara' legittimo che suo padre mi riempia di botte o mi spari.
Evviva !
Ecco , mi sono svegliato
Citazione di: atomista non pentito il 07 Ottobre 2021, 11:33:57 AM
Anthony , vedere efficienza e soprattutto equita' nel mondo che c'e' oltre la finestra mi pare una forzatura bella e buona , ma forse non ho capito io.
Sarebbe come dire che se ho un languorino e per strada vedo un bimbo con un panino e' legittimo che glielo freghi. Di conseguenza sara' legittimo che suo padre mi riempia di botte o mi spari.
Evviva !
Ecco , mi sono svegliato
Ciao atomista, efficienza ed equità sono concetti astratti, non è che li vedi nella realtà, li interpreti sulla base di valutazioni teoriche e di dati empirici, anch'essi teoricamente valutati.
Si tratta di concetti problematici, soprattutto l'equità, per cui io e te potremmo avere un'idea differente riguardo al suo significato, e relativi, per cui non ha senso dire che il mondo è o non è equo, ma che una cosa è più o meno equa, secondo un dato concetto di equità, di un'altra.
In questo topic stiamo ragionando di un'ipotesi teorica: lavorare meno, per lavorare tutti.
Io affermo che questa ipotesi teorica è inefficiente, cioè produce meno ricchezza di quanta se ne produce assegnando il lavoro secondo logiche di mercato.
Questo vuol dire che comunque definisci una redistribuzione, se applichi questa ipotesi ci sarà qualcuno che dovrà avere di meno rispetto alla situazione di mercato.
Detto in altri termini, la somma delle perdite sarà sempre maggiore della somma dei guadagni, tanto vale allora che quelli che perderebbero dal cambio compensino quelli che guadagnerebbero(cioè quelli che non hanno lavoro) e si tengano la differenza.
Re distribuzione per me significa destinare l'esistente diversamente , non c'e' meno non c'e' piu'. E' logico che la cosa va "governata". Non dovesse essere "governata" (quindi una forzatura ) esisterebbe di per se grazie a questo dio di nome mercato.
Certo che l'equita' e' un concetto astratto , hai ragione , ma fra il morire di fame e spendere milioni di dollari per un passaggio spaziale , di strada ce ne passa. Sara' anche un concetto astratto ma cio' che al momento non e' astratto non e' neanche equo.
Salve. La bieca realtà è che l'egualitarismo non potrà mei venir raggiunto poichè economia e finanza altro non sono che la veste umansociale dell'entropia:
Come per la diffusione cosmica (od anche solo locale !) dell'energia, entropia e denaro funzionano alternando cicli (spaziali o temporali o complessivi, non importa) di accumulazione, poi di dispersione, poi ancora di concentrazione, diffusione, altri e solo relativamente diversi episodi di concentrazione, dispersione................e via per l'eternità.
Quelli che fanno il viaggetto da due milioni di dollari.........che hanno fatto e che fanno ? Loro (o i loro nonni) hanno accumulato........poi i nipoti hanno deciso di disperdere, favorendo colui che ha organizzato il viaggio, il quale a sua volta è costretto a frazionare (disperdere almeno parzialmente) in migliaia di rivoletti che non arricchiranno nessuno ma..........come si fa a governare il destino delle gocce d'acqua quando ci sono i temporali ??.
L'unica utopia non scervellata, in proposito, sarebbe il riuscire ad imporre un limite ragionevole ai guadagni ed alle rendite e patrimoni che - per Legge - debbano venir considerate quali "affronto ai bisogni minimi".
D'altra parte, se l'energia (il denaro) fosse egualitariamente diffuso tra tutti e dappertutto.............il suo flusso cesserebbe. Solo degli ingenui possono scambiare la realtà del funzionamento del mondo con degli assurdi ed illogici (benchè nobilissimi) sogni della specie umana. Saluti.
Grazie Viator , perfettamente d'accordo con la Tua visione , tuttavia , come fra morire di fame e sperperare ci potrebbe ( dovrebbe) essere una via di mezzo , anche fra il turbinare deregolato del flusso e lo stare immobile ci potrebbe essere una via di mezzo. Se l'homo ( e' omo e ha da puzza') non e' in grado di addivenire almeno a questo ed essere un po' meno "lupus homini", e'del tutto ridicolo ammantarsi di presunte superiorita' di fronte anche solo ad un virus.
Mi pare che praticamente tutti stiano andando in direzione di una giornata dalle 4/6 ore lavorative, persino i privati per cui la disoccupazione è un vantaggio e non certo un problema, si sono accorti che se riescono a gestire il cambiamento organizzativo, hanno meno assenze, meno consumi, più produttività. Rimangono solo dei demagoghi che vorrebbero risolvere il 30+% di disoccupazione giovanile promettendo creazione di posti di lavoro completamente fantascientifici, nel frattempo sfruttando questo elevata disoccupazione per far vivere nel letame i salariati, grazie al fatto che sono altamente sostituibili. Il "rider" è l'emblema della "ricchezza" delle otto ore con il 30% di disoccupazione.Certe argomentazioni si ricorrono dall'istituzione della giornata di otto ore, l'introduzione del part time, sempre le stesse..
Citazione di: InVerno il 08 Ottobre 2021, 10:30:30 AM
Mi pare che praticamente tutti stiano andando in direzione di una giornata dalle 4/6 ore lavorative, persino i privati per cui la disoccupazione è un vantaggio e non certo un problema, si sono accorti che se riescono a gestire il cambiamento organizzativo, hanno meno assenze, meno consumi, più produttività. Rimangono solo dei demagoghi che vorrebbero risolvere il 30+% di disoccupazione giovanile promettendo creazione di posti di lavoro completamente fantascientifici, nel frattempo sfruttando questo elevata disoccupazione per far vivere nel letame i salariati, grazie al fatto che sono altamente sostituibili. Il "rider" è l'emblema della "ricchezza" delle otto ore con il 30% di disoccupazione.Certe argomentazioni si ricorrono dall'istituzione della giornata di otto ore, l'introduzione del part time, sempre le stesse..
Ciao inverno, c'è una profonda differenza tra la visione coattiva del lavorare meno, lavorare tutti, che implica una gestione forzosa sia degli orari di lavoro, sia delle scelte di assunzione delle imprese, e la scelta libera di riorganizzare il funzionamento del lavoro nell'impresa.
Queste libere scelte non influiscono più di tanto sulla disoccupazione che dipende molto poco dalla disponibilità di sedie e poltrone da occupare nelle sedi d'impresa, e molto dalla capacità produttiva dei singoli disoccupati e dalla capacità degli imprenditori di valorizzarla.
I rider non sono pagati in funzione del livello di disoccupazione che c'è nella società, ma in funzione della produttività del loro lavoro.
Se fosse vero il contrario non si capirebbe perché nella stessa società ci sono tanti lavoratori dipendenti che guadagnano salari più alti pur in presenza della stessa disoccupazione.
Chi ha parlato di coercizione o coaptazione? Un agevolazione fiscale per chi adotta un orario di lavoro ridotto, non nè coercizione nè l'arrivo dei comunisti. Seguendo il tuo ragionamento non si capisce perchè dovremmo salvaguardare il limite di otto ore, che non ha niente di intrinsecamente diverso rispetto a quello di sei o di quattro. Il mercato di allora attraverso le libere scelte degli imprenditori del tempo demandava molte più ore, tu sei a favore di un abolizione del limite di otto nella speranza che tutti ci arrivino "in libertà" attraverso i meccanismi di mercato? Buona fortuna..!
Salve. Finora nessuno che - pur vaghegggiando od avversando la riduzione delle ore lavorative (8-6-4-2-0 : da piccolo, me lo diceva la mia maestra che in un futuro ormai prossimo le macchine avrebbero "liberato" l'uomo dala "schiavitù" del lavoro !).................NESSUNO che dica se tale riduzione debba accadere a parità di salario attuale, oppure riducendo più o meno proporzionalmente i salari !!.In mancanza di tale precisazione, su questo argomento continueranno a correre solo chiacchere a sfondo idealistico od ideologico. La gente avrebbe bisogno di praticare maggiormente logica ed aritmetica. Saluti.
Se non c'è coercizione, inverno, allora anch'io sono perfettamente d'accordo, ma non c'entra nulla con la cultura e le intenzioni di quelli che, dagli anni 70 in poi propaganda vano il lavorare meno, lavorare tutti, come se il fatto che uno lavora a tempo pieno sia la causa della disoccupazione dell'altro.
In Islanda sembra stiano facendo un esperimento del genere nel settore pubblico, e sembra siano tutti contenti, sfido, c'è pantalone che paga, o meglio gli da lo stesso stipendio di prima, ma gli lascia più tempo libero, sembra che la funzionalità dei servizi non ne risenta, evidentemente, come capita spesso nel settore pubblico, il numero degli assunti era in sovrannumero.
Il tuo riferimento, poi, alle 40 ore settimanali, che hanno anche valore ideologico perché ne parla anche Marx nel Capitale, é il riferimento a una norma di valore coercitivo, generica, e che non tiene conto delle profonde differenze che ci sono tra lavoro e lavoro.
Ci sono molte situazioni nelle quali questo limite non viene rispettato, li chiamano straordinari, mi sembra.
In altri casi, poi, di particolari lavori, il numero di ore è più basso, naturalmente perché la particolarità del lavoro lo rende opportuno. Si tratta, chiaramente, di accordi presi tra imprese e sindacati, così come nei contratti di solidarietà, non ho nulla da dire al riguardo, se la cosa va bene sia alle imprese, sia ai lavoratori.
Sul l'incentivo alla riduzione dell'orario, che tu paventi, io avrei una riflessione: ma se realmente la riduzione dell'orario è meglio sia per i lavoratori che per l'impresa lasciamoli decidere da soli, senza condizionarli!
Non ha senso discutere l'argomento all'interno del modello capitalistico di produzione e dominio. È totalmente estraneo alla koinè capitalistica non poter sfruttare al massimo un fattore della produzione, sia pure esso di razza umana.
Altrettanto gli è estranea la prospettiva del pieno impiego, che ridurrebbe il suo potere sul valore della merce forza lavoro. Un esercito di riserva di disoccupati è questione vitale affinché il capitalista abbia sempre il coltello dalla parte del manico. (La sponsorizzazione "filantropica" delle flotte negriere e delle migrazioni clandestine allunga la lama del coltello. Il reddito di cittadinanza la accorcia, fatto salvo che a pagarlo non sono certo i padroni del vapore globale esentasse. Per cui alla fine cascano sempre in piedi.)
La discussione a me dedicata deriva da un'altra in cui contrapponevo questo modello di libertà a quella sostenuta da anthonyi che consiste nella libertà capitalistica di sfruttare i non detentori di capitale attraverso un medium per nulla neutrale e di totale emanazione capitalistica come il Mercato.
È chiaro che la mia declinazione di libertà non può trovare applicazione in un modello di produzione e dominio capitalistico.
Citazione di: viator il 08 Ottobre 2021, 12:58:05 PM
Salve. Finora nessuno che - pur vaghegggiando od avversando la riduzione delle ore lavorative (8-6-4-2-0 : da piccolo, me lo diceva la mia maestra che in un futuro ormai prossimo le macchine avrebbero "liberato" l'uomo dala "schiavitù" del lavoro !).................NESSUNO che dica se tale riduzione debba accadere a parità di salario attuale, oppure riducendo più o meno proporzionalmente i salari !!.In mancanza di tale precisazione, su questo argomento continueranno a correre solo chiacchere a sfondo idealistico od ideologico. La gente avrebbe bisogno di praticare maggiormente logica ed aritmetica. Saluti.
Io te l'ho scritto prima e te lo ripeto, nel significato originale dello slogan si
intende -ovviamente- lavorare meno lavorare tutti a parita' di salario: a rimetterci devono essere solo e soltanto i padroni.
Citazione di: anthonyi il 08 Ottobre 2021, 13:04:50 PM
Se non c'è coercizione, inverno, allora anch'io sono perfettamente d'accordo, ma non c'entra nulla con la cultura e le intenzioni di quelli che, dagli anni 70 in poi propaganda vano il lavorare meno, lavorare tutti, come se il fatto che uno lavora a tempo pieno sia la causa della disoccupazione dell'altro.
In Islanda sembra stiano facendo un esperimento del genere nel settore pubblico, e sembra siano tutti contenti, sfido, c'è pantalone che paga, o meglio gli da lo stesso stipendio di prima, ma gli lascia più tempo libero, sembra che la funzionalità dei servizi non ne risenta, evidentemente, come capita spesso nel settore pubblico, il numero degli assunti era in sovrannumero.
Il tuo riferimento, poi, alle 40 ore settimanali, che hanno anche valore ideologico perché ne parla anche Marx nel Capitale, é il riferimento a una norma di valore coercitivo, generica, e che non tiene conto delle profonde differenze che ci sono tra lavoro e lavoro.
Ci sono molte situazioni nelle quali questo limite non viene rispettato, li chiamano straordinari, mi sembra.
In altri casi, poi, di particolari lavori, il numero di ore è più basso, naturalmente perché la particolarità del lavoro lo rende opportuno. Si tratta, chiaramente, di accordi presi tra imprese e sindacati, così come nei contratti di solidarietà, non ho nulla da dire al riguardo, se la cosa va bene sia alle imprese, sia ai lavoratori.
Sul l'incentivo alla riduzione dell'orario, che tu paventi, io avrei una riflessione: ma se realmente la riduzione dell'orario è meglio sia per i lavoratori che per l'impresa lasciamoli decidere da soli, senza condizionarli!
Non è che la differenza sia granchè, se uno agevola a sufficienza è come se avesse coercito, è più una differenza di principio che di fatto.
Sei afflitto da un patologia del pensiero molto comune, la sindrome da "homo oeconomicus", dove l'uomo lasciato in libertà prenderà le decisioni più razionali possibili per il proprio profitto. A volte pare (ma solo a volte, e solo pare) che gli uomini non siano così bravi a capire dove stia il proprio vantaggio economico, anzi che spesso siano molto bravi a darsi la zappa sui piedi da soli. Non so perchè mi citi il caso Islandese, ci sono casi del tutto privati (a valanga in Germania, Microsoft, Toyota etc etc etc) dove drastici tagli all'orario sono stati sperimentati, e le conclusioni sono pressochè simili. Certo non tutti hanno la possibilità di prendere una sede e fare esperimenti sociali e di lavoro.. Per esempio un piccolo ristorantino che già ha difficoltà a fornire ai propri camerieri una paga attraente rispetto al RDC magari potrebbe aver bisogno di un "suggerimento", e tale lo stato può dare tramite agevolazioni..aumenterà l'occupazione con due camerieri part time anzichè uno full? Ai posteri l'ardua sentenza..
Citazione di: niko il 08 Ottobre 2021, 16:56:06 PM
Citazione di: viator il 08 Ottobre 2021, 12:58:05 PM
Salve. Finora nessuno che - pur vaghegggiando od avversando la riduzione delle ore lavorative (8-6-4-2-0 : da piccolo, me lo diceva la mia maestra che in un futuro ormai prossimo le macchine avrebbero "liberato" l'uomo dala "schiavitù" del lavoro !).................NESSUNO che dica se tale riduzione debba accadere a parità di salario attuale, oppure riducendo più o meno proporzionalmente i salari !!.In mancanza di tale precisazione, su questo argomento continueranno a correre solo chiacchere a sfondo idealistico od ideologico. La gente avrebbe bisogno di praticare maggiormente logica ed aritmetica. Saluti.
Io te l'ho scritto prima e te lo ripeto, nel significato originale dello slogan si
intende -ovviamente- lavorare meno lavorare tutti a parita' di salario: a rimetterci devono essere solo e soltanto i padroni.
Imporre salari costanti per norma di legge é possibile. Fare in modo che dopo tutte le reazioni del caos organizzativo generato, e i probabili effetti sulla disponibilità di merci, e quindi sui loro prezzi, i lavoratori non ci rimettano non lo è.
Oltretutto gli imprenditori sono abituati ad adattarsi alle differenti situazioni e anche in un tale frangente si fanno gli affari loro e alla fine il danno maggiore lo riceve la parte meno dinamica dell'economia, non certo loro.
Citazione di: InVerno il 08 Ottobre 2021, 18:39:33 PM
Citazione di: anthonyi il 08 Ottobre 2021, 13:04:50 PM
Se non c'è coercizione, inverno, allora anch'io sono perfettamente d'accordo, ma non c'entra nulla con la cultura e le intenzioni di quelli che, dagli anni 70 in poi propaganda vano il lavorare meno, lavorare tutti, come se il fatto che uno lavora a tempo pieno sia la causa della disoccupazione dell'altro.
In Islanda sembra stiano facendo un esperimento del genere nel settore pubblico, e sembra siano tutti contenti, sfido, c'è pantalone che paga, o meglio gli da lo stesso stipendio di prima, ma gli lascia più tempo libero, sembra che la funzionalità dei servizi non ne risenta, evidentemente, come capita spesso nel settore pubblico, il numero degli assunti era in sovrannumero.
Il tuo riferimento, poi, alle 40 ore settimanali, che hanno anche valore ideologico perché ne parla anche Marx nel Capitale, é il riferimento a una norma di valore coercitivo, generica, e che non tiene conto delle profonde differenze che ci sono tra lavoro e lavoro.
Ci sono molte situazioni nelle quali questo limite non viene rispettato, li chiamano straordinari, mi sembra.
In altri casi, poi, di particolari lavori, il numero di ore è più basso, naturalmente perché la particolarità del lavoro lo rende opportuno. Si tratta, chiaramente, di accordi presi tra imprese e sindacati, così come nei contratti di solidarietà, non ho nulla da dire al riguardo, se la cosa va bene sia alle imprese, sia ai lavoratori.
Sul l'incentivo alla riduzione dell'orario, che tu paventi, io avrei una riflessione: ma se realmente la riduzione dell'orario è meglio sia per i lavoratori che per l'impresa lasciamoli decidere da soli, senza condizionarli!
Non è che la differenza sia granchè, se uno agevola a sufficienza è come se avesse coercito, è più una differenza di principio che di fatto.
Sei afflitto da un patologia del pensiero molto comune, la sindrome da "homo oeconomicus", dove l'uomo lasciato in libertà prenderà le decisioni più razionali possibili per il proprio profitto. A volte pare (ma solo a volte, e solo pare) che gli uomini non siano così bravi a capire dove stia il proprio vantaggio economico, anzi che spesso siano molto bravi a darsi la zappa sui piedi da soli. Non so perchè mi citi il caso Islandese, ci sono casi del tutto privati (a valanga in Germania, Microsoft, Toyota etc etc etc) dove drastici tagli all'orario sono stati sperimentati, e le conclusioni sono pressochè simili. Certo non tutti hanno la possibilità di prendere una sede e fare esperimenti sociali e di lavoro.. Per esempio un piccolo ristorantino che già ha difficoltà a fornire ai propri camerieri una paga attraente rispetto al RDC magari potrebbe aver bisogno di un "suggerimento", e tale lo stato può dare tramite agevolazioni..aumenterà l'occupazione con due camerieri part time anzichè uno full? Ai posteri l'ardua sentenza..
Inverno, ti ho citato quel caso proprio perché è pubblico, rappresentativo di una scelta politica. I casi privati non fanno testo perché il privato è libero di fare quello che gli pare.
Quando ci sarà un caso di una impresa alla quale è stato imposta/condizionata, una riduzione dell'orario di lavoro allora sarà interessante vedere quello che succede.
Comunque, come tutti quelli che hanno studiato l'economia main stream ad alti livelli, la sindrome dell'homo oeconomicus c'è l'ho (non sto scherzando, autorevoli ricerche suffragano la tesi che lo studio dei modelli razionali economici spinge a credere che effettivamente la realtà umana funzioni secondo quei modelli, e ad agire secondo quei modelli), il problema, però, è che anche se non fosse così dove sta scritto che una certa decisione, imposta o incentivata dall'alto produca un risultato migliore secondo un certo criterio, dove sta scritto che l'ideologo che l'ha teorizzata sia più razionale degli altri?
Citazione di: niko il 08 Ottobre 2021, 16:56:06 PM
Citazione di: viator il 08 Ottobre 2021, 12:58:05 PM
Salve. Finora nessuno che - pur vaghegggiando od avversando la riduzione delle ore lavorative (8-6-4-2-0 : da piccolo, me lo diceva la mia maestra che in un futuro ormai prossimo le macchine avrebbero "liberato" l'uomo dala "schiavitù" del lavoro !).................NESSUNO che dica se tale riduzione debba accadere a parità di salario attuale, oppure riducendo più o meno proporzionalmente i salari !!.In mancanza di tale precisazione, su questo argomento continueranno a correre solo chiacchere a sfondo idealistico od ideologico. La gente avrebbe bisogno di praticare maggiormente logica ed aritmetica. Saluti.
Io te l'ho scritto prima e te lo ripeto, nel significato originale dello slogan si
intende -ovviamente- lavorare meno lavorare tutti a parita' di salario: a rimetterci devono essere solo e soltanto i padroni.
Perdonami niko. Hai ragione. Tu - unico - ti eri già espresso chiaramente in proposito.........anche se la tua credo sia l'opinione di molti altri, i quali - chissà perchè - credo trovino impudico il pronunciarsi in modo cosi "smaccato".Quindi i capitalisti (speculatori, parassiti, datori di lavoro, schiavisti, sanguisughe o come altro vogliamo smaccatamente qualificarli) dovrebbero farsi carico di realizzare la piena occupazione, eventualmente anche a spese del proprio lucro.Naturalmente la classe capitalista - a tal punto - si squaglierebbe come neve al sole (solo dei pazzi terrebbero aperte delle attività al cui interno non possono decidere quanti dipendenti assumere (sarebbero in balia degli umori demografici della popolazione) ed addirittura non possono decidere quanto pagarli.La palla passerebbe quindi alla società nel suo complesso. Ma in quale forma ? Preferisci il modello cinese, quello ex-sovietico o quello cubano ?Io personalmente sono per il modello svedese. Purtroppo - in Italia - al limite sarebbe sperimentabile solo il modello cubano. Tu che ne diresti ? Saluti.
Citazione di: anthonyi il 08 Ottobre 2021, 19:20:56 PM
Inverno, ti ho citato quel caso proprio perché è pubblico, rappresentativo di una scelta politica. I casi privati non fanno testo perché il privato è libero di fare quello che gli pare.
Quando ci sarà un caso di una impresa alla quale è stato imposta/condizionata, una riduzione dell'orario di lavoro allora sarà interessante vedere quello che succede.
Comunque, come tutti quelli che hanno studiato l'economia main stream ad alti livelli, la sindrome dell'homo oeconomicus c'è l'ho (non sto scherzando, autorevoli ricerche suffragano la tesi che lo studio dei modelli razionali economici spinge a credere che effettivamente la realtà umana funzioni secondo quei modelli, e ad agire secondo quei modelli), il problema, però, è che anche se non fosse così dove sta scritto che una certa decisione, imposta o incentivata dall'alto produca un risultato migliore secondo un certo criterio, dove sta scritto che l'ideologo che l'ha teorizzata sia più razionale degli altri?
Mi pare fosse Friendman (?) a dire che gli uomini giocano a biliardo
come se conoscessero tutte le leggi della fisica newtoniana, in quel
come se sta la differenza tra gli uomini di carta dell'economia e gli uomini di carne della realtà, e anche il motivo per cui tu e i tuoi colleghi eccellete nel senno di poi, ma fate schifo a fare previsioni persino nell'arco di ventiquattro ore. In ogni caso, pur sia l'individuo razionalissimo e capacissimo di guardare con efficacia ai propri interessi, nel caso di specie, è pur sempre un mercante, un fabbricante, un costruttore... alcuni problemi sono completamente fuori dal suo spettro, come la disoccupazione, mai se ne interesserà e mai capirà quanto danno potrà fare alla sua attività, giustamente, che mai potrebbe fare senza che tutti gli altri lo seguano? Per questo interviene lo stato, non è questione di "ideologhi" ma di interessi collettivi anzichè individuali, pubblici anzichè privati.
Citazione di: InVerno il 09 Ottobre 2021, 07:53:40 AM
Citazione di: anthonyi il 08 Ottobre 2021, 19:20:56 PM
Inverno, ti ho citato quel caso proprio perché è pubblico, rappresentativo di una scelta politica. I casi privati non fanno testo perché il privato è libero di fare quello che gli pare.
Quando ci sarà un caso di una impresa alla quale è stato imposta/condizionata, una riduzione dell'orario di lavoro allora sarà interessante vedere quello che succede.
Comunque, come tutti quelli che hanno studiato l'economia main stream ad alti livelli, la sindrome dell'homo oeconomicus c'è l'ho (non sto scherzando, autorevoli ricerche suffragano la tesi che lo studio dei modelli razionali economici spinge a credere che effettivamente la realtà umana funzioni secondo quei modelli, e ad agire secondo quei modelli), il problema, però, è che anche se non fosse così dove sta scritto che una certa decisione, imposta o incentivata dall'alto produca un risultato migliore secondo un certo criterio, dove sta scritto che l'ideologo che l'ha teorizzata sia più razionale degli altri?
Mi pare fosse Friendman (?) a dire che gli uomini giocano a biliardo come se conoscessero tutte le leggi della fisica newtoniana, in quel come se sta la differenza tra gli uomini di carta dell'economia e gli uomini di carne della realtà, e anche il motivo per cui tu e i tuoi colleghi eccellete nel senno di poi, ma fate schifo a fare previsioni persino nell'arco di ventiquattro ore. In ogni caso, pur sia l'individuo razionalissimo e capacissimo di guardare con efficacia ai propri interessi, nel caso di specie, è pur sempre un mercante, un fabbricante, un costruttore... alcuni problemi sono completamente fuori dal suo spettro, come la disoccupazione, mai se ne interesserà e mai capirà quanto danno potrà fare alla sua attività, giustamente, che mai potrebbe fare senza che tutti gli altri lo seguano? Per questo interviene lo stato, non è questione di "ideologhi" ma di interessi collettivi anzichè individuali, pubblici anzichè privati.
Intanto piano con le offese, le previsioni economiche normalmente funzionano, altrimenti sarebbe difficile far funzionare i sistemi finanziari che devono comunque costruire quotidianamente complicati equilibri, di carta quanto vuoi, anzi oggi di bit, ma in funzione dei quali tante merci si muovono e ci permettono di fare colazione ogni mattina.
E' evidente che esistono problemi di livello superiore al di là della percezione e della motivazione dell'individuo. Ma qui molto banalmente, e in fondo anche queste sono previsioni, dobbiamo domandarci quanto sia vera la causazione del lavorare meno, lavorare tutti.
Te lo ricordi Salvini che prevedeva che per ogni pensionato anticipato sarebbe stato assunto un giovane disoccupato.
Le cose non sono andate esattamente così, perché l'economia è un po' più complicata di una sala del cinema.
A tutt'oggi l'unica previsione sulla disoccupazione che si è realizzata è quella che la deregolamentazione del lavoro incrementa il numero di occupati, e favorisce l'emersione del lavoro nero.
Ettecredo che la deregolamentazione del lavoro ha permesso l'emersione del lavoro nero e del supersfruttamento che tali non sono più per un miracolo ope legis. La stessa cosa avrebbe funzionato anche ai tempi di Marx e nelle latomie greche. Se poi ci mettiamo anche le navate di clandestini la pacchia per negrieri e schiavisti non può che aumentare: lavorare di più per una miseria e ai disoccupati ci pensi lo stato, i "filantropi", e chi paga le tasse. L'importante è che si scannino tra schiavi occupati e disoccupati e non abbiano nemmeno le risorse e il tempo per pensare alla liberazione.
La causazione del "lavorare meno lavorare tutti" è di tipo umanistico. Del tutto incomprensibile, nel merito e nel metodo, al tipo capitalistico che dell'inumanità del fixing e dell'economia ridotta a casinò ha fatto il suo credo. Argomentando il tutto, come fa ogni imbonitore, venditore di soli ingannatori (e sòle ingannatrici), col fatto che "esistono problemi di livello superiore al di là della percezione e della motivazione dell'individuo".
Citazione di: anthonyi il 09 Ottobre 2021, 09:54:45 AM
Intanto piano con le offese, le previsioni economiche normalmente funzionano, altrimenti sarebbe difficile far funzionare i sistemi finanziari che devono comunque costruire quotidianamente complicati equilibri, di carta quanto vuoi, anzi oggi di bit, ma in funzione dei quali tante merci si muovono e ci permettono di fare colazione ogni mattina.
E' evidente che esistono problemi di livello superiore al di là della percezione e della motivazione dell'individuo. Ma qui molto banalmente, e in fondo anche queste sono previsioni, dobbiamo domandarci quanto sia vera la causazione del lavorare meno, lavorare tutti.
Te lo ricordi Salvini che prevedeva che per ogni pensionato anticipato sarebbe stato assunto un giovane disoccupato.
Le cose non sono andate esattamente così, perché l'economia è un po' più complicata di una sala del cinema.
A tutt'oggi l'unica previsione sulla disoccupazione che si è realizzata è quella che la deregolamentazione del lavoro incrementa il numero di occupati, e favorisce l'emersione del lavoro nero.
Non sono offese, al massimo sono io che parlo brutalmente, al mio solito, ma se gli economisti fossero capaci di prevedere l'economia, innanzitutto sarebbero le persone più ricche sul pianeta...Almeno io ho sempre pensato che se conoscessi i numeri del lotto me li giocherei da solo, anzichè darli ad altri. Tanto di cappello comunque a chi cerca di razionalizzare l'irrazionale, magari però un pizzico di disincantamento in più rispetto ai propri diagrammi non farebbe male. Certamente un lavoro totalmente deregolarizzato fornisce piena occupazione, basta andare in paese africano per rendersene conto, lavorano tutti, anche sedici ore al giorno sette giorni su sette, ovviamente se tieni conto del lavoro in nero, che è lavoro deregolarizzato al massimo. Qui abbiamo tutte ste cianfrusaglie marxiste come i contributi, l'assistenza sanitaria, etc tutte spese che se sparissero sicuramente agevolerebbero l'occupazione. Qui veramente perdo l'occasione di notare la differenza tra le semplificazione Salviniane e quelle di fini economisti di fama internazionale, l'acqua in fondo ai pozzi è sempre la scoperta più inaspettata a quanto pare. Per rispondere comunque al punto centrale del topic comunque, e probabilmente anche l'ultima risposta: no, non è un equazione diretta e la correlazione potrebbe anche essere piuttosto debole, se non si coadiuva con politiche mirate a far si che questo travaso avvenga, non esistono soluzioni magiche, esistono stati che hanno una classe dirigente capace di visione, prospettive e principi economici... tutti gli altri "lasciano fare al mercato", che non vuol dire nulla, perchè il mercato è sorretto dalle regole che quelle stesse classe dirigenti hanno deciso (il tavolo da biliardo), ma perlomeno si tolgono la responsabilità politica di essere incapaci di risolvere la situazione, ammantando i propri fallimenti con un alone di ineluttabilità e fatalismo.
Citazione di: Ipazia il 09 Ottobre 2021, 10:25:51 AM
Ettecredo che la deregolamentazione del lavoro ha permesso l'emersione del lavoro nero e del supersfruttamento che tali non sono più per un miracolo ope legis. La stessa cosa avrebbe funzionato anche ai tempi di Marx e nelle latomie greche. Se poi ci mettiamo anche le navate di clandestini la pacchia per negrieri e schiavisti non può che aumentare: lavorare di più per una miseria e ai disoccupati ci pensi lo stato, i "filantropi", e chi paga le tasse. L'importante è che si scannino tra schiavi occupati e disoccupati e non abbiano nemmeno le risorse e il tempo per pensare alla liberazione.
La causazione del "lavorare meno lavorare tutti" è di tipo umanistico. Del tutto incomprensibile, nel merito e nel metodo, al tipo capitalistico che dell'inumanità del fixing e dell'economia ridotta a casinò ha fatto il suo credo. Argomentando il tutto, come fa ogni imbonitore, venditore di soli ingannatori (e sòle ingannatrici), col fatto che "esistono problemi di livello superiore al di là della percezione e della motivazione dell'individuo".
La causazione, inverno, é un fenomeno reale, o è vera, o é falsa, io credo che sia falsa. E lo credo sulla base di argomenti razionali. Se tu riduci l'orario di lavoro l'imprenditore si riorganizza e, probabilmente, sceglierà di produrre e vendere di meno e a prezzi più alti tenuto conto che i suoi costi si sono innalzati, e che l'offerta delle merci si ridurrà per effetto della riduzione d'orario.
Nell' immediato lucrera sulle merci che sono in magazzino, che aumentano di valore e che sono state prodotte ai costi prima della riduzione dell'orario.
In periodi più lunghi lucrera a livello internazionale, sia importando merci dall'estero, sia trasferendo la produzione su altri lidi.
I lavoratori soffriranno inflazione, impoverimento e disoccupazione.
Gli unici modi per impedire tutti questi effetti nocivi comportano la limitazione delle libere scelte degli imprenditori, e quindi, di fatto, un'economia collettivista con gli annessi effetti, abbondantemente osservati, di caduta della produttività del sistema, da cui la correzione del topic che avevo già accennato: lavorare meno, lavorare tutti, diventare tutti poveri. Se è questo il tuo umanesimo, ti faccio i miei auguri!
Per ora è assodato che il capitalismo produce ricchezza per pochi e immensa miseria per moltitudini di dannati della terra. Con tendenza ad una proletarizzazione di strati crescenti della popolazione mondiale associati a livelli di sfruttamento feroce che si allargano a macchia d'olio. Già le prossime generazioni saranno più povere, sfruttate di più e più a lungo, delle generazioni precedenti, garantite dall'ombrello welfare di tutela anticomunista. Tutta cianfrusaglia che l'89 ha rottamato, permettendo al padronato globale livelli di sfruttamento e degrado sociale inediti da almeno un secolo e mezzo nell'ex primo mondo, al netto delle guerre.
Gran parte degli umani oggi possono solo sognarsi livelli di assistenza, istruzione e previdenza del defunto blocco sovietico. Ma possono consolarsi perchè qualcuno sfreccia accanto a loro con auto che non potrebbero permettersi nemmeno col reddito di una vita. Ma che coprono col profumo della ricchezza il tanfo sempre più asfissiante della miseria delle baraccopoli capitalistiche.
Ipazia nell'ultimo intervento mi pare abbia messo una pietra tombale sulle fantasie di chi vive in un mondo tutto suo fatto di teorie ( per quanto apprezzabili) e che non ha (al momento) la necessita' ( possibilità) di prendere una musata diretta nella realta'
Mai dire mai pero'.
Ritengo che la chiave dello slogan lavorare meno per lavorare tutti sia nel termine produttività.
La storia umana e quindi anche delle civiltà, è spesso, se non sempre, accompagnata da incrementi di produttività. Spesso il fattore determinante è l'applicazione di nuove tecniche date da scoperte e innovazioni scientifiche che hanno migliorato il modo di lavorare, quindi di trasformare e produrre.
In poche parole se da un ettaro di terreno si ha una produzione di risone di 30q.li che diventa con migliorie tecniche nelle diversi fasi biologiche di accrescimento del riso, si passa a 50-60 qli per ettaro, si ha un incremento produttivo. Quindi maggiore produzione significa aumento di fatturato potenzialmente (potenzialmente perché il prezzo unitario di prodotto finito è a sua volta determinato dalla domanda e offerta del mercato). Leontief, premio Nobel di economia, descrisse il motivo della sostituzione del cavallo da parte del trattore: semplicemente perché l'incremento di produttività della "macchina" è tale non solo per incremento della produzione, ma anche per abbassamento di costi fissi e variabili appiccati all'incrementano marginale della produttività.
Per cui è altrettanto chiaro che in un determinata produzione industriale se vi sono 10 lavoratori che producono 10 automobili all'ora ( spesso l'indicatore del costo del lavoro è orario/ numero addetti)
si può incrementare la produttività , o abbassando il costo del lavoro e quindi diminuendo i lavoratori, o aumentando la produzione oraria, o ,come di fatto è avvenuto intervenendo su entrambi.
Dove sono finiti gli incrementi di produttività, che poi di fatto è la creazione della ricchezza economica? Quì il problema diventa politico. Il COME si produce ricchezza e il COME si distribuisce la ricchezza prodotta è la diaspora, la diatriba sociale dell'eguaglianza.
L'imprenditore che ha più incrementi produttivi decide se quel fatturato in più , che è accumulazione, vada distribuito in dividendo e quindi in tasca propria, in diversificazioni di investimenti, in strategie di prezzo , perché potrebbe abbassare i prezzi in quanto la sua produttività lo fa diventare più competitivo sui costi, almeno in teoria, poiché sempre in teoria se si produce di più un determinato prodotto si aumenta l'offerta di quel prodotto che non è detto sia compensato da un maggiore domanda, quindi il prezzo unitario sul mercato è decisivo nella strategia di diversificazione delle scelte imprenditoriali. In realtà ormai da decenni non si fa più così. Se il cardine è il prezzo unitario ed è il mercato che lo decide, le strategie produttive sono finalizzate a non creare superproduzioni che genererebbero stock di prodotti invenduti , si produce quindi solo in funzione della domanda di mercato del prodotto e ciò genera una insaturazione produttiva, nel senso che si attiva la produzione in funzione della domanda che è variabile, stagionalizzata. Da ciò nascono i siistemi della fabbrica flessibile attuale.
E il lavoratore?Se non conosce il processo produttivo, sarà in balia dell'imprenditore che può bluffare, prenderlo in giro, perché non conosce né la contabilità aziendale, se non il bilancio, e non conosce il piano industriale strategico imprenditoriale, che sono parole. Quindi all'imprenditore conviene sempre stare in un eterno stato di crisi e intanto portarsi a casa a fine anno profitti.
Quindi ,come spesso avviene, il lavoratore non rivendica sugli incrementi di produttività, se non meno o parecchio meno di quelli reali.
In teoria invece si dovrebbe conoscere l'incremento di produttività e decidere come deve esser gestito, in quanto il lavoratore vi concorre. Spesso si rivendica maggiore retribuzione e quasi niente di abbassamento della riduzione di orario di lavoro.
Perché avere più denaro in retribuzione per il lavoratore gli fa credere un'immediata conquista, ma sarà l'inflazione e magari una svalutazione(una volta...) a riaumentare i prezzi di mercato e quindi il costo della vita. I prezzi aumentati riassorbono gli incrementi delle retribuzioni, questa è una fesseria economicamente, perché il lavoratore è sempre un passo indietro nel rapporto prezzo prodotti/retribuzioni. Se invece abbassasse l'orario di orario , abbasserebbe la produttività, sarebbe lui che ha riassorbito la maggiore produttività, inducendo l'imprenditore, a costi del lavoro maggiore a trovare migliorie e soluzioni tecniche (come ad esempio una macchina più veloce e potente che sostituisce e integra il lavoro umano).
Allora che si fa? E' lotta politica, è dialettica delle parti sociali.
Perché, ribadisco, andrebbe già prima di aumento di produttività stabilito come dovrà essere suddiviso: una parte all'imprenditore, una parte al lavoratore.
La stessa cosa dovrebbe avvenire con lo Stato, dove il PIL; il prodotto interno lordo, dovrebbe stabilirsi come lo Stato agirà sulle tasse, sui servizi sociali, sui capitoli di spesa pubblica e sugli investimenti pubblici e di mantenimento.
Ricorderei, riprendendo la storia della produttività delle civiltà , che quando un settore, come l'agricoltura incrementa e sviluppa accumulazione, questa libera risorse per altri settori.
Quindi i passaggi dal settore primario, al secondario industria, al terziario commerciale e bancario fino al terziario avanzato è grazie agli incrementi di produttività che generano accumulazione del capitale e liberano quindi risorse d ricchezza per investimenti in altri settori.
Infine: è fattibile il lavorare meno per lavorar tutti, almeno in teoria, ma in un sistema capitalistico temo che sia solo applicabile da azienda ad azienda, difficilmente generalizzabile, se non a livello globale.
Se fosse generalizzabile ,le aziende marginali di un dato settore, che fanno già fatica chiuder un bilancio in pareggio , andrebbero fuori mercato:chiudono. Questo è il motivo per cui le rivendicazioni sono settoriali e anche aziendale, perché gli andamenti variano da settori a settori a da azienda ad azienda.
Il part-time orizzontale o verticale, a seconda della tipologia di quantità di ore di lavoro distribuite settimanalmente, conviene o non conviene anche in funzione dei costi indiretti determinati dai contributi richiesti dallo Stato. Faccio un esempio: due part-time da 4 ore ciascuno costano di più, generalmente di un lavoratore tempo pieno di 8 ore, perché il peso dei costi indiretti sommati dei due part-time è maggiore di quello a tempo pieno. Così come conviene per l'imprenditore far fare straordinari che assumere, ma proprio per i costi indiretti che versa l'imprenditore per i contributi allo Stato. Quindi sono le politiche dello Stato sui costi del lavoro e i livelli id contributi e tassazione che concorrono e spesso in maniera decisiva ,alle scelte imprenditoriali.
Buona serata ... "Lavorare meno, lavorare tutti" ... mi suona come slogan mosso, e andrebbe bene così, più dal sentimento che dalla ragione. Come detto in altri termini anche da Ipazia troverei quindi fuorviante il parlarne in termini di "ragionevoli calcoli", prò o contro, anche perché chi è contrario parte avvantaggiato grazie allo stato in cui funzionano oggi le cose, bella roba tra l'altro. Lo stile di vita dev'essere guidato dalla ragione o dal sentimento?
Ciao Daniele, si tratta di una scelta collettiva, per cui il problema sarebbe capire il sentimento di chi, tra i tanti chiamati in causa, dovrebbe guidare queste scelte?
La ragione, invece, è più oggettiva, un criterio ragionevole dovrebbe essere tale per tutti coloro che accettano la ragione stessa.
Citazione di: daniele22 il 12 Ottobre 2021, 21:43:58 PM
Buona serata ... "Lavorare meno, lavorare tutti" ... mi suona come slogan mosso, e andrebbe bene così, più dal sentimento che dalla ragione. Come detto in altri termini anche da Ipazia troverei quindi fuorviante il parlarne in termini di "ragionevoli calcoli", prò o contro, anche perché chi è contrario parte avvantaggiato grazie allo stato in cui funzionano oggi le cose, bella roba tra l'altro. Lo stile di vita dev'essere guidato dalla ragione o dal sentimento?
Più che di sentimento si tratta di
giustizia sociale, soprattutto in uno stato che - art. 1 della Costituzione - proclama solennemente di essere "fondato sul lavoro".
Citazione di: anthonyi il 12 Ottobre 2021, 21:56:34 PM
Ciao Daniele, si tratta di una scelta collettiva, per cui il problema sarebbe capire il sentimento di chi, tra i tanti chiamati in causa, dovrebbe guidare queste scelte?
La ragione, invece, è più oggettiva, un criterio ragionevole dovrebbe essere tale per tutti coloro che accettano la ragione stessa.
Salve anthonyi.
Ma come ? Non capisci ? Ovvio che per daniele22 - il quale è ormai notoriamente un idealista buonista - lo "stile di vita" (in realtà si dovrebbe chiamare "tenore socioeconomico di vita")............dovrebbe venir regolato solamente dal sentimento, dal'etica e dalla virtù (di daniele22 medesimo, credo)!.
Concetti come produttività, efficienza, lucro, investimenti, reddito, aritmetica, finanza, economia politica........ovvero tutto ciò che implichi l'uso (non importa a qual fine) della ragione...........secondo te hanno una qualche importanza nell'onirico mondo degli idealisti buonisti ?. Saluti.
Citazione di: paul11 il 12 Ottobre 2021, 11:26:19 AM
Ritengo che la chiave dello slogan lavorare meno per lavorare tutti sia nel termine produttività.
La storia umana e quindi anche delle civiltà, è spesso, se non sempre, accompagnata da incrementi di produttività. Spesso il fattore determinante è l'applicazione di nuove tecniche date da scoperte e innovazioni scientifiche che hanno migliorato il modo di lavorare, quindi di trasformare e produrre.
In poche parole se da un ettaro di terreno si ha una produzione di risone di 30q.li che diventa con migliorie tecniche nelle diversi fasi biologiche di accrescimento del riso, si passa a 50-60 qli per ettaro, si ha un incremento produttivo. Quindi maggiore produzione significa aumento di fatturato potenzialmente (potenzialmente perché il prezzo unitario di prodotto finito è a sua volta determinato dalla domanda e offerta del mercato). Leontief, premio Nobel di economia, descrisse il motivo della sostituzione del cavallo da parte del trattore: semplicemente perché l'incremento di produttività della "macchina" è tale non solo per incremento della produzione, ma anche per abbassamento di costi fissi e variabili appiccati all'incrementano marginale della produttività.
Per cui è altrettanto chiaro che in un determinata produzione industriale se vi sono 10 lavoratori che producono 10 automobili all'ora ( spesso l'indicatore del costo del lavoro è orario/ numero addetti)
si può incrementare la produttività , o abbassando il costo del lavoro e quindi diminuendo i lavoratori, o aumentando la produzione oraria, o ,come di fatto è avvenuto intervenendo su entrambi.
Dove sono finiti gli incrementi di produttività, che poi di fatto è la creazione della ricchezza economica? Quì il problema diventa politico. Il COME si produce ricchezza e il COME si distribuisce la ricchezza prodotta è la diaspora, la diatriba sociale dell'eguaglianza.
L'imprenditore che ha più incrementi produttivi decide se quel fatturato in più , che è accumulazione, vada distribuito in dividendo e quindi in tasca propria, in diversificazioni di investimenti, in strategie di prezzo , perché potrebbe abbassare i prezzi in quanto la sua produttività lo fa diventare più competitivo sui costi, almeno in teoria, poiché sempre in teoria se si produce di più un determinato prodotto si aumenta l'offerta di quel prodotto che non è detto sia compensato da un maggiore domanda, quindi il prezzo unitario sul mercato è decisivo nella strategia di diversificazione delle scelte imprenditoriali. In realtà ormai da decenni non si fa più così. Se il cardine è il prezzo unitario ed è il mercato che lo decide, le strategie produttive sono finalizzate a non creare superproduzioni che genererebbero stock di prodotti invenduti , si produce quindi solo in funzione della domanda di mercato del prodotto e ciò genera una insaturazione produttiva, nel senso che si attiva la produzione in funzione della domanda che è variabile, stagionalizzata. Da ciò nascono i siistemi della fabbrica flessibile attuale.
E il lavoratore?Se non conosce il processo produttivo, sarà in balia dell'imprenditore che può bluffare, prenderlo in giro, perché non conosce né la contabilità aziendale, se non il bilancio, e non conosce il piano industriale strategico imprenditoriale, che sono parole. Quindi all'imprenditore conviene sempre stare in un eterno stato di crisi e intanto portarsi a casa a fine anno profitti.
Quindi ,come spesso avviene, il lavoratore non rivendica sugli incrementi di produttività, se non meno o parecchio meno di quelli reali.
In teoria invece si dovrebbe conoscere l'incremento di produttività e decidere come deve esser gestito, in quanto il lavoratore vi concorre. Spesso si rivendica maggiore retribuzione e quasi niente di abbassamento della riduzione di orario di lavoro.
Perché avere più denaro in retribuzione per il lavoratore gli fa credere un'immediata conquista, ma sarà l'inflazione e magari una svalutazione(una volta...) a riaumentare i prezzi di mercato e quindi il costo della vita. I prezzi aumentati riassorbono gli incrementi delle retribuzioni, questa è una fesseria economicamente, perché il lavoratore è sempre un passo indietro nel rapporto prezzo prodotti/retribuzioni. Se invece abbassasse l'orario di orario , abbasserebbe la produttività, sarebbe lui che ha riassorbito la maggiore produttività, inducendo l'imprenditore, a costi del lavoro maggiore a trovare migliorie e soluzioni tecniche (come ad esempio una macchina più veloce e potente che sostituisce e integra il lavoro umano).
Allora che si fa? E' lotta politica, è dialettica delle parti sociali.
Perché, ribadisco, andrebbe già prima di aumento di produttività stabilito come dovrà essere suddiviso: una parte all'imprenditore, una parte al lavoratore.
La stessa cosa dovrebbe avvenire con lo Stato, dove il PIL; il prodotto interno lordo, dovrebbe stabilirsi come lo Stato agirà sulle tasse, sui servizi sociali, sui capitoli di spesa pubblica e sugli investimenti pubblici e di mantenimento.
Ricorderei, riprendendo la storia della produttività delle civiltà , che quando un settore, come l'agricoltura incrementa e sviluppa accumulazione, questa libera risorse per altri settori.
Quindi i passaggi dal settore primario, al secondario industria, al terziario commerciale e bancario fino al terziario avanzato è grazie agli incrementi di produttività che generano accumulazione del capitale e liberano quindi risorse d ricchezza per investimenti in altri settori.
Infine: è fattibile il lavorare meno per lavorar tutti, almeno in teoria, ma in un sistema capitalistico temo che sia solo applicabile da azienda ad azienda, difficilmente generalizzabile, se non a livello globale.
Se fosse generalizzabile ,le aziende marginali di un dato settore, che fanno già fatica chiuder un bilancio in pareggio , andrebbero fuori mercato:chiudono. Questo è il motivo per cui le rivendicazioni sono settoriali e anche aziendale, perché gli andamenti variano da settori a settori a da azienda ad azienda.
Il part-time orizzontale o verticale, a seconda della tipologia di quantità di ore di lavoro distribuite settimanalmente, conviene o non conviene anche in funzione dei costi indiretti determinati dai contributi richiesti dallo Stato. Faccio un esempio: due part-time da 4 ore ciascuno costano di più, generalmente di un lavoratore tempo pieno di 8 ore, perché il peso dei costi indiretti sommati dei due part-time è maggiore di quello a tempo pieno. Così come conviene per l'imprenditore far fare straordinari che assumere, ma proprio per i costi indiretti che versa l'imprenditore per i contributi allo Stato. Quindi sono le politiche dello Stato sui costi del lavoro e i livelli id contributi e tassazione che concorrono e spesso in maniera decisiva ,alle scelte imprenditoriali.
Salve phil. Ti considero un amico-utente da me troppo trascurato. Chiarezza di linguaggio, solidità di basi culturali, toni pacati, carriolate di buonsenso. Tra l'altro i tuoi interventi non prestano il fianco a nessuna delle mie frecciate..............aspetto quest'ultimo che vorrei proprio ti suonasse come mio elogio incondizionato. Ti considero uno degli utenti più riflessivi del forum. Grazie ed avanti così. Salutoni.
Salve,
colgo l'occasione per un primo messaggio. Sono un vecchio utente del vecchio forum, bazzicolavo da queste parti una decina di anni fa circa.
Mi fa piacere vedere che esiste tuttora. Chiusa la premessa.
Dal mio punto di vista, la logica comunitaria prevede omogeneità sociale e culturale. Impossibile nell'ambiente odierno.
Idealmente sarebbe... Ideale. Per me l'unica maniera di attuare un piano comunitario al momento é trovare un manipolo di persone con idee ed origini compatibili, comprare una proprietà isolata e fertile, e mettere su un sistema agricolo di aquaponica/permacultura. Costicchia per cominciare, sia in termini di lavoro, studio e soldi, ma dopo basta fare manutenzione e si ha cibo buono tutto l'anno. (ho fatto questa parentesi per chi fosse seriamente interessato a idee del genere).
Credo che nella logica moderna della vita, la "retromarcia" non sia ammissibile. Sarebbe dire "abbiamo sbagliato direzione" e questo non se lo può permettere nessun politico o amministratore statale.
Il sistema in cui viviamo non verrà mai fermato se non che da un crash frontale contro il muro della realtà, realtà per cui "soldi" e "pil" sono 2 ventate di aria fritta.
La mia opinione é che tutta la situazione 2020-2021 sia un losco affare per assicurarsi la realizzazione incontrastata di un crash controllato economico e sociale che risparmierà gente di potere a costo dell'ignorante politico medio (cioè chiunque altro).
La struttura per contenere il fallout sociale derivante é stata messa in piedi alla velocità della luce.
Quello che voglio dire con ciò é che la natura non fa salti. E chi guadagna dal lavoro e vita altrui, "l'affarista di vite" non fa sconti.
Penso che chi veda nel futuro un roseo "reddito di cittadinanza" e "macchine che fanno tutto il lavoro" non abbia ben chiaro che questo riduce l'uomo ad un cane di servizio... Cane la cui vita "appartiene" come "strumento", e che sarà concessa solo agli utili.
Credo che l'unica via verso il futuro sia di mettersi in salvo attuando piani agricoli slegati dal tessuto socioeconomico "globalizzato". Sicuro, ci saranno problemi, ma almeno chi li crea sarebbe costretto a mostrare la faccia per quel che é, invece di nascondersi dietro a "politiche per la salvaguardia del benessere comune".
L'unica maniera per uno stato lavorativo equo e condiviso é di essere in ambiente di fiducia. Le leggi non possono compensare un ambiente non di fiducia.
Il capitalismo non funziona con poca gente, il comunismo non funziona con troppa.
Dato che il capitalismo oggigiorno é notoriamente un gioco cannibalistico, credo che il ritiro in comunità omogenea alla propria cultura sia l'unica alternativa decente.
Citazione di: Ipazia il 12 Ottobre 2021, 22:13:42 PM
Citazione di: daniele22 il 12 Ottobre 2021, 21:43:58 PM
Buona serata ... "Lavorare meno, lavorare tutti" ... mi suona come slogan mosso, e andrebbe bene così, più dal sentimento che dalla ragione. Come detto in altri termini anche da Ipazia troverei quindi fuorviante il parlarne in termini di "ragionevoli calcoli", prò o contro, anche perché chi è contrario parte avvantaggiato grazie allo stato in cui funzionano oggi le cose, bella roba tra l'altro. Lo stile di vita dev'essere guidato dalla ragione o dal sentimento?
Più che di sentimento si tratta di giustizia sociale, soprattutto in uno stato che - art. 1 della Costituzione - proclama solennemente di essere "fondato sul lavoro".
Scusa ipazia, ma se la repubblica è fondata sul lavoro, perché dovrebbe sostenere il lavorare meno?
Citazione di: JE il 13 Ottobre 2021, 02:55:23 AM
Salve,
colgo l'occasione per un primo messaggio. Sono un vecchio utente del vecchio forum, bazzicolavo da queste parti una decina di anni fa circa.
Mi fa piacere vedere che esiste tuttora. Chiusa la premessa.
Dal mio punto di vista, la logica comunitaria prevede omogeneità sociale e culturale. Impossibile nell'ambiente odierno.
Idealmente sarebbe... Ideale. Per me l'unica maniera di attuare un piano comunitario al momento é trovare un manipolo di persone con idee ed origini compatibili, comprare una proprietà isolata e fertile, e mettere su un sistema agricolo di aquaponica/permacultura. Costicchia per cominciare, sia in termini di lavoro, studio e soldi, ma dopo basta fare manutenzione e si ha cibo buono tutto l'anno. (ho fatto questa parentesi per chi fosse seriamente interessato a idee del genere).
Credo che nella logica moderna della vita, la "retromarcia" non sia ammissibile. Sarebbe dire "abbiamo sbagliato direzione" e questo non se lo può permettere nessun politico o amministratore statale.
Il sistema in cui viviamo non verrà mai fermato se non che da un crash frontale contro il muro della realtà, realtà per cui "soldi" e "pil" sono 2 ventate di aria fritta.
La mia opinione é che tutta la situazione 2020-2021 sia un losco affare per assicurarsi la realizzazione incontrastata di un crash controllato economico e sociale che risparmierà gente di potere a costo dell'ignorante politico medio (cioè chiunque altro).
La struttura per contenere il fallout sociale derivante é stata messa in piedi alla velocità della luce.
Quello che voglio dire con ciò é che la natura non fa salti. E chi guadagna dal lavoro e vita altrui, "l'affarista di vite" non fa sconti.
Penso che chi veda nel futuro un roseo "reddito di cittadinanza" e "macchine che fanno tutto il lavoro" non abbia ben chiaro che questo riduce l'uomo ad un cane di servizio... Cane la cui vita "appartiene" come "strumento", e che sarà concessa solo agli utili.
Credo che l'unica via verso il futuro sia di mettersi in salvo attuando piani agricoli slegati dal tessuto socioeconomico "globalizzato". Sicuro, ci saranno problemi, ma almeno chi li crea sarebbe costretto a mostrare la faccia per quel che é, invece di nascondersi dietro a "politiche per la salvaguardia del benessere comune".
L'unica maniera per uno stato lavorativo equo e condiviso é di essere in ambiente di fiducia. Le leggi non possono compensare un ambiente non di fiducia.
Il capitalismo non funziona con poca gente, il comunismo non funziona con troppa.
Dato che il capitalismo oggigiorno é notoriamente un gioco cannibalistico, credo che il ritiro in comunità omogenea alla propria cultura sia l'unica alternativa decente.
Ciao je, bentornato nel forum, chi sostiene il lavorare meno, si presume che voglia lavorare meno, e tu gli proponi di mettersi a zappare la terra?
Perché lavorare meno se la vita sociale è fondata sul lavoro ? Perché c'è una massa enorme di parassiti appartenenti alle classi dominanti e ai loro sottoservizi più o meno lerci che se facesse lavori utili sgraverebbe gli altri.
Mettiamo inoltre in conto lo "abbiamo sbagliato tutto" già ventilato da JE (benvenuto): il capitalismo non è fondato sull'utilità sociale ma sull'accumulazione di ricchezza individuale che porta a uno spreco ed espropriazione di risorse irrazionali. Tutto il pianeta è vittima di questo gioco al massacro per la felicità di pochi e l'infelicità, drogata dalla demenza consumistica, degli esclusi dalla macchina decisionale. Che non sono gli stati, bensì il Mercato. Sempre più casinò piuttosto che dispensa. Finanza piuttosto che benessere.
Un mondo sempre più fondato non sul lavoro, ma sullo sfruttamento del lavoro, nullificato a velocità luminale a fini di speculazione finanziaria.
Citazione di: anthonyi il 12 Ottobre 2021, 21:56:34 PM
Ciao Daniele, si tratta di una scelta collettiva, per cui il problema sarebbe capire il sentimento di chi, tra i tanti chiamati in causa, dovrebbe guidare queste scelte?
La ragione, invece, è più oggettiva, un criterio ragionevole dovrebbe essere tale per tutti coloro che accettano la ragione stessa.
Ciao Anthonyi, certo non esiste un 100% di persone che accetterebbero di buon grado lo slogan che titola questo topic. Per quel che mi riguarda, nel mio solipsismo anarcoide penso che l'altruismo sia qualcosa che contribuisca attivamente pure al mio benessere, oltre che a quello dell'altro. Non sono affatto convinto che "lavorare meno, lavorare tutti" possa essere una scelta sostenibile nel periodo culturale che stiamo vivendo. Forse, come hai già detto, e come lascia intendere pure JE, si finirebbe solo coll'essere tutti poveri.
Chi dovrebbe guidare chiedi dunque. La sinistra dovrebbe promuovere se non il "lavorare meno, lavorare tutti", politiche più cooperativistiche che guardino ad una cultura che risulti essere trasparentemente inclusiva. Dovrebbe però scuotere le coscienze, non scomodare la ragione, per vedere se siano strade percorribili. Non mi sembra però che i rappresentanti attuali della sx si muovano in tal senso. Da ultimo, ribadisco il concetto che nell'etica, la ragione debba essere a disposizione del sentimento ... nel senso che se uno vuole, desidera qualcosa, la ragione gli sarà d'aiuto a trovare la via (con i suoi limiti). Sarebbero di conseguenza i contrastanti sentimenti a fornire materia di discussione per scelte che in seguito dovrebbero essere ragionevolmente pianificate. Ma forse c'è gente che si vergogna a manifestare i propri sentimenti. Ed è proprio per questo che io non sono un antifascista (come la costituzione si aspetterebbe), e se qualcuno si sente fascista lo esprima tranquillamente ché non sarò certo io a censurarlo, almeno nelle sue idee.
Carissimo viator, oltre che cosparso di candore mi dipingi pure buonista e tiranno. No comment. Quando diventerò imperatore del mondo ti investirò sicuramente di qualche ruolo adeguato. Veramente spassosa, tra l'altro, la battuta sugli esclusi e i reclusi, quasi viatorica direi
CitazioneCiao je, bentornato nel forum, chi sostiene il lavorare meno, si presume che voglia lavorare meno, e tu gli proponi di mettersi a zappare la terra?
Meglio zappare la terra 4 orette al giorno, senza doversi sbattere di leggi nuove impattanti la vita lavorativa, dilemmi etici e tumulti sociali dilaganti intorno a se.
Che significa "lavorare"?
come si quantifica il lavoro? se potessi cagare pagnotte d'oro, potrei chiamare la mia produzione "lavoro"?
Lavoro é sforzo, fatica, nella vita moderna anche soprattutto stress che ultimamente ha preso il volo. Anche riempiere e svuotare una buca é "lavoro".
Penso che finito il circo del covid la quantità di gente a cui zappare la terra mezza giornata e vivere frugalmente sembrerà una passeggiata ed ambizione degna sarà parecchia.
Salve anthonyi : Citandoti : "Scusa ipazia, ma se la repubblica è fondata sul lavoro, perché dovrebbe sostenere il lavorare meno?
Vedo che lavori poco sulla psicologia dei altri utenti. Pur conoscendo Ipazia non hai capito che lei non è affatto una fautrice delle Repubbliche fondate sul lavoro, bensi una accesa sostenitrice della Dittatura del Proletariato ! Saluti.
Che dittatura vuoi fare, viator, su un proletariato virtualizzato che ha grosse difficoltà pure a riprodursi e, dove lo fa inconsultamente, è già tanto se riesce a rimediare un passaggio scafista e un cellulare ?
La repubblica fondata sul lavoro era una pia illusione da "costituzione comunista" di una repubblica fondata sugli accordi di Yalta. Che tale rimane pure oggi, aggiungendo un secondo capestro UE.
As usual, le repubbliche liberal-liberiste sono fondate sullo sfruttamento del lavoro. Ma non lo si scrive nelle costituzioni.
Citazione di: daniele22 il 13 Ottobre 2021, 10:11:41 AM
Citazione di: anthonyi il 12 Ottobre 2021, 21:56:34 PM
Ciao Daniele, si tratta di una scelta collettiva, per cui il problema sarebbe capire il sentimento di chi, tra i tanti chiamati in causa, dovrebbe guidare queste scelte?
La ragione, invece, è più oggettiva, un criterio ragionevole dovrebbe essere tale per tutti coloro che accettano la ragione stessa.
Ciao Anthonyi, certo non esiste un 100% di persone che accetterebbero di buon grado lo slogan che titola questo topic. Per quel che mi riguarda, nel mio solipsismo anarcoide penso che l'altruismo sia qualcosa che contribuisca attivamente pure al mio benessere, oltre che a quello dell'altro. Non sono affatto convinto che "lavorare meno, lavorare tutti" possa essere una scelta sostenibile nel periodo culturale che stiamo vivendo. Forse, come hai già detto, e come lascia intendere pure JE, si finirebbe solo coll'essere tutti poveri.
Chi dovrebbe guidare chiedi dunque. La sinistra dovrebbe promuovere se non il "lavorare meno, lavorare tutti", politiche più cooperativistiche che guardino ad una cultura che risulti essere trasparentemente inclusiva. Dovrebbe però scuotere le coscienze, non scomodare la ragione, per vedere se siano strade percorribili. Non mi sembra però che i rappresentanti attuali della sx si muovano in tal senso. Da ultimo, ribadisco il concetto che nell'etica, la ragione debba essere a disposizione del sentimento ... nel senso che se uno vuole, desidera qualcosa, la ragione gli sarà d'aiuto a trovare la via (con i suoi limiti). Sarebbero di conseguenza i contrastanti sentimenti a fornire materia di discussione per scelte che in seguito dovrebbero essere ragionevolmente pianificate. Ma forse c'è gente che si vergogna a manifestare i propri sentimenti. Ed è proprio per questo che io non sono un antifascista (come la costituzione si aspetterebbe), e se qualcuno si sente fascista lo esprima tranquillamente ché non sarò certo io a censurarlo, almeno nelle sue idee.
Carissimo viator, oltre che cosparso di candore mi dipingi pure buonista e tiranno. No comment. Quando diventerò imperatore del mondo ti investirò sicuramente di qualche ruolo adeguato. Veramente spassosa, tra l'altro, la battuta sugli esclusi e i reclusi, quasi viatorica direi
Ciao Daniele, hai detto bene, si tratta di uno slogan, cioè di un'affermazione che ha uno scarso rapporto con la realtà.
Un qualcosa che cattura emozionalmente, e che spinge l'emozione contro la ragione. Il fondamento di tutte le truffe, a partire dall'albero dei soldi che il gatto e la volpe fanno credere possibile a Pinocchio.
Sulla cooperazione io sono sempre stato d'accordo, si tratta di una forma con la quale si può realizzare il socialismo all'interno di un sistema di mercato.
Sai chi sono i campioni di questo tipo di socialismo? Gli ebrei, con i kibbutz. Ed è significativo che un popolo che è campione nel capitalismo, riuscendo assai spesso ad acquisire ruoli di alto livello nella società, è anche campione nel socialismo.
L'alta moralità, che è caratteristica della cultura ebrea, fa funzionare sia il mercato, sia il sociale.
Citazione di: Ipazia il 13 Ottobre 2021, 11:36:18 AM
As usual, le repubbliche liberal-liberiste sono fondate sullo sfruttamento del lavoro. Ma non lo si scrive nelle costituzioni.
No che non lo si scrive, ipazia, perché non è vero. Nei sistemi liberali gli individui non possono essere costretti a lavorare, per cui non possono essere sfruttati. Nelle costituzioni liberali si scrive la verità, mica è come nelle repubbliche del patto di Varsavia che si dichiaravano tutte democratiche, ma che di democratico non avevano neanche l'odore.
Lasciando perdere i riccastri che vivono di rendita ( per loro il problema non si pone per fortuna loro) e' vero che nei sistemi liberali ( ma forse anche in quelli illiberali) nessuno e' obbligato a lavorare e conseguentemente quindi eventualmente essere sfruttato , puo' sempre vivere delinquendo ! Se un individuo e' dotato di questo tipo di skill (il termine inglese va molto di moda nel mondo del lavoro) a questo punto fa bene ad usare le proprie capacita'.
La differenza fra i due sistemi forse e' che , in caso si venga "beccati", da noi potresti con buone probabilita' farla franca , in altri sistemi ....meno. In ogni caso e' evidente che c'e' anche la soluzione di aderire all'accattonaggio ( per i piu' miti e sfortunati). Entrambe ottime alternative proposte dal sistema liberale ( ma sara' poi questo il sistema liberale?). Bah , sebbene pare che mariaantonietta non l'abbia mai detto , l'ultimo intervento mi sa tanto di ...... pane e brioches
Pane e brioches gratis. Con qualche paranoico che preferisce averli lavorando, pur non essendoci nessuno che nel paradiso liberal-liberista lo costringe a lavorare. Te credo che poi ti ritrovi il green pass: vuoi proprio lavorare? Vaccinati! Tiè!
Citazione da antonhyi: "Ciao Daniele, hai detto bene, si tratta di uno slogan, cioè di un'affermazione che ha uno scarso rapporto con la realtà.
Un qualcosa che cattura emozionalmente, e che spinge l'emozione contro la ragione. Il fondamento di tutte le truffe, a partire dall'albero dei soldi che il gatto e la volpe fanno credere possibile a Pinocchio.
Sulla cooperazione io sono sempre stato d'accordo, si tratta di una forma con la quale si può realizzare il socialismo all'interno di un sistema di mercato.
Sai chi sono i campioni di questo tipo di socialismo? Gli ebrei, con i kibbutz. Ed è significativo che un popolo che è campione nel capitalismo, riuscendo assai spesso ad acquisire ruoli di alto livello nella società, è anche campione nel socialismo.
L'alta moralità, che è caratteristica della cultura ebrea, fa funzionare sia il mercato, sia il sociale."
Ciao a tutti e ad antonhyi ... Il tuo discorso Anthonyi mi sembra fino ad un certo punto quello di un parroco di paese o di città ... Certo che ho detto che è uno slogan, ma non dico che uno slogan corrisponda ad un'affermazione con scarso rapporto con la realtà. Inoltre, l'emozione, il sentimento può essere la fonte per truffe altamente razionali escogitate da altri ai miei danni ... vedi campagne elettorali, mediatiche e via dicendo. Quindi, tornando al punto, se io percepisco un sentimento, un'affinità, debbo o dovrei abbandonare la visione robotizzata del mio benessere ... vedi tutti gli specchietti per le allodole di cui è cosparso il pianeta ... e perseguire ciò che dovrebbe essere predisposto per assecondare i sentimenti.
Sai ben anthonyi che la mia visione è la destinazione anarchica, quindi altre forme di Stato possono rappresentare dei gradini intermedi.
Per quel che riguarda gli ebrei, non ne conosco al punto di dialogare con essi e non sono mai stato in Israele. Non mi piacciono molto gli ebrei, non mi piace il loro sentirsi popolo eletto, non mi piace tutta la faccenda della Palestina, ma dopo sai, se ne conosci uno i metri di misura si ampliano.
Buona serata
Ciao Daniele, purtroppo lo slogan in questione ha poco rapporto con la realtà. Io rispetto quel sentimento solidaristico che c'è dietro l'idea di una socializzazione del lavoro, ma devo rappresentare il pericolo che questo venga lacerato dall'opportunismo di chi, molto semplicemente, vuole o pensa di avere qualcosa facendo poco sforzo, oppure semplicemente si disperda nell'inconcludenza di un sentimento puramente utopistico.
Troppo spesso i discorsi ideologici parlano di distribuzione della ricchezza senza porsi il problema della produzione di quella stessa ricchezza. Le ideologie non di mercato, in particolare, tendono sempre a sottovalutare l'enorme complessità dell'organizzazione dei processi economici, organizzazione per la quale ci vuole tanta razionalità.
Citazione di: anthonyi il 14 Ottobre 2021, 17:08:12 PM
Ciao Daniele, purtroppo lo slogan in questione ha poco rapporto con la realtà. Io rispetto quel sentimento solidaristico che c'è dietro l'idea di una socializzazione del lavoro, ma devo rappresentare il pericolo che questo venga lacerato dall'opportunismo di chi, molto semplicemente, vuole o pensa di avere qualcosa facendo poco sforzo, oppure semplicemente si disperda nell'inconcludenza di un sentimento puramente utopistico.
Troppo spesso i discorsi ideologici parlano di distribuzione della ricchezza senza porsi il problema della produzione di quella stessa ricchezza. Le ideologie non di mercato, in particolare, tendono sempre a sottovalutare l'enorme complessità dell'organizzazione dei processi economici, organizzazione per la quale ci vuole tanta razionalità.
Ma è proprio il senso di solidarietà di cui parli anthonyi il legame con la realtà sottesa dallo slogan. Si tratta di empatia e non di buonismo. Non mi parlare poi di opportunisti, perché di quelli ne trovi ovunque e delle peggiori specie. Molti tra questi si nascondono tra il mercato. Ecché vuoi farci? Dico semplicemente che non ha per me grande importanza l'esistenza del cosiddetto mercato. Nel senso che non vorrei subordinare la mia vita al mercato, anzi che la mia vita sia così già così subordinata al mercato, e quindi sono solidale con i disoccupati che cercano lavoro. Non so se sia lo slogan nudo e crudo la via, ma se si volesse perseguire una linea in tal senso la si trova. Semmai il mercato si adatterà. Tutto il resto sono chiacchiere. Il dialogo sembra arenatosi ormai, altri temi son già sulla graticola. Buona serata Anthonyi
Salve daniele22. Citandoti : "ma se si volesse perseguire una linea in tal senso la si trova. Semmai il mercato si adatterà".
Certo, il mercato è a disposizione di chi, mettendosi alla testa del popolo (cioè di un dittatore che per forza di cosa abbia il potere e la capacità di far "applicare" la "linea in tal senso")..........costringerà il mercato stesso ad adattarsi ai voleri del popolo interpretati dal suo Dittatore. Oppure pensi che il Mercato "naserà" gli umori democraticamente compatti del popolo e deciderà di adeguarvisi spontaneamente ?.
Certo la tua è una idea molto chiara, efficiente e coerente di ANARCHIA !!. Saluti.
Citazione di: viator il 15 Ottobre 2021, 11:49:12 AM
Salve daniele22. Citandoti : "ma se si volesse perseguire una linea in tal senso la si trova. Semmai il mercato si adatterà".
Certo, il mercato è a disposizione di chi, mettendosi alla testa del popolo (cioè di un dittatore che per forza di cosa abbia il potere e la capacità di far "applicare" la "linea in tal senso")..........costringerà il mercato stesso ad adattarsi ai voleri del popolo interpretati dal suo Dittatore. Oppure pensi che il Mercato "naserà" gli umori democraticamente compatti del popolo e deciderà di adeguarvisi spontaneamente ?.
Certo la tua è una idea molto chiara, efficiente e coerente di ANARCHIA !!. Saluti.
Ciao viator, non posso che condividere quello che dici, d'altronde questa è la contraddizione ordinaria di chi si dichiara anarchico, cioè contro lo stato, e poi, sotto sotto, porta avanti lo stato etico, naturalmente fondato sulla sua personale visione dell'etica.
A Daniele volevo dire che, certamente, il mercato si adatta sempre alle situazioni, ma non sta scritto da nessuna parte che l'adattamento sia in linea con gli obiettivi di chi ha tracciato la linea.
L'anarchia a mio parere é solo un "punto zero" o una tabula rasa del sistema precedente.
Nessuno andrebbe avanti per molto da solo, nuovi gruppi di sussistenza si formano, ognuno con le sue regole, la storia si ripete.
Il problema comunque rimarrebbe il concetto di proprietà che di base naturale rimane sempre fumoso, in senso naturale la proprietà é quello che sei in grado di costruire e poi difendere (dunque richiede primo di esserci nel territorio, non esisterebbe il concetto di "casa vacanza" ad esempio).
La sua cristallizzazione poi non risolve il problema, se oggi i ricconi comprassero tutta la terra tecnicamente il nostro diritto alla vita verrebbe meno in maniera indiretta. Dovremmo essere scortati con uno shuttle nello spazio? ragionamento per assurdo, ma affine alla logica presente.
Non credo che nessuno troverà mai una risposta in alcuna "ideologia" politica (che sono più simili a modus operandi che veri e propri insiemi di principii), solo in un'etica dal principio naturale (cioè se trovi liberi il posto è tuo, se sloggi diventa vacante - logica che poi sussiste nel tempo attraverso la creazione di gruppi e famiglie, non solo dagli spostamenti individuali).
Francamente la situazione covid mi fa riflettere ampiamente che qualsiasi sistema di governance top-down cercherà sempre di erodere le basi del diritto universale. Basta guardare quello che sta succedendo in Australia, una versione più stringente delle vicende italiane (e forse anticipatrice delle future).
Pare che i governi gira e rigira finiscano sempre per staccarsi dalle spalle che li elevano e finiscono a comandare dal trono del cielo - e dimenticano di buon grado che "i diritti naturali/universali non sono concessioni dello stato, ma esattamente ciò che lo stato non può toccare (a rischio di diventare illegittimo sine qua non)".
Se dopo essere stati eletto un ufficiale sovverte il diritto, l'elezione democratica aggrava soltanto il suo crimine, poiché spostandone la responsabilità sul popolo, gli affida quella di linciarlo (metaforicamente, politicamente, o se non ci fossero altre strade, fisicamente).
Salve Je. Citandoti : "Il problema comunque rimarrebbe il concetto di proprietà che di base naturale rimane sempre fumoso, in senso naturale la proprietà é quello che sei in grado di costruire e poi difendere (dunque richiede primo di esserci nel territorio, non esisterebbe il concetto di "casa vacanza" ad esempio)".
Il concetto naturale di base della proprietà è stato quello che tu citi (chiarissimo per chiunque, altro che "fumoso!) per miliardi di anni, avendo poi - nei tempi più "recenti" - regolato l'esistenza umana sino alla fine dei suoi comportamenti nomadistici.
Se si vuole ripristinarlo, sarà sufficiente rinunciare a tutti gli stili di vita non nomadi che l'umanità ha adottato nelle ultime migliaia di anni. Penso che sia Ipazia che daniele22 saranno d'accordissimo. Saluti a te, a loro ed a tutti.
Ciao Viator,
ma lo stile non nomade sta bene a me, purché effettivamente l'occupazione del territorio sia a sostegno della vita di chi lo occupa, quindi appunto niente "case vacanza" di proprietà, o comunque concetti di proprietà legale che fuoriescano dall'abitare fisicamente.
Credo che lo slegare l'uomo dal territorio, o per meglio il suo diritto di proprietà (rendendolo regolamentato da leggi) sia a causa di moltissimi mali.
C'é la mentalità del "chemmifrega del territorio, l'importante é fare più risorse possibile, e anche se questo lo degrada posso sempre cambiare aria se si mette male".
Con territorio non intendo solo la terra letterale, ma anche il clima sociale ed economico ovviamente.
Ed ovviamente con questa mentalità operata da tutti i decisori, presto non rimane più nessun posto dove andare che sia sostenibile.
é affine al dilemma del prigioniero forse, in quanto se non lo faccio io lo fanno gli altri e ci rimetto solamente; ma comunque la possibilità deriva dalla macchina finanziaria che slega risorse dal territorio (e rende il territorio una risorsa commerciabile a sua volta, anziché il prerequisito di potere esercitare il diritto alla vita)
Se vi può interessare una risorsa (in inglese) che parla approfonditamente dell'argomento in maniera arguta ed intelligente vi consiglio questa blog
entry: https://slatestarcodex.com/2014/07/30/meditations-on-moloch/
Premetto che sono una grande sostenitrice del diritto naturale che considero base fondativa di ogni etica che meriti rispetto, ma per sua (s)fortuna (dipende dai punti di vista) la nostra specie ha seguito pure un secondo canale evolutivo di tipo culturale che ha investito tutti i fondamenti naturali del (con)vivere: cibo, tana, cooperazione. Tutto ciò è ben spiegato nell'origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato di F.Engels e sviluppato ed approfondito dall'antropologia moderna.
L'agricoltura ha determinato la stanzialità, i conflitti e sopraffazioni sociali hanno generato la storia della proprietà privata e lo stato è il cappello che si mette, con la legge, a questo risultato storico, comprensivo dei suoi vantaggi e delle sue infamie.
Il lavoro, l'homo faber, è l'origine stessa del successo evolutivo umano e la sua regolamentazione non può che essere del secondo tipo, culturale, lasciando al primo, naturale, solo il principio sacrosanto dell'equità che legittima il titolo di questa discussione.
Citazione di: Ipazia il 17 Ottobre 2021, 09:35:56 AM
Il lavoro, l'homo faber, è l'origine stessa del successo evolutivo umano e la sua regolamentazione non può che essere del secondo tipo, culturale, lasciando al primo, naturale, solo il principio sacrosanto dell'equità che legittima il titolo di questa discussione.
Ipazia, mi sa che sei contraddittoria. Se la regolamentazione del lavoro è culturale, perché il principio del lavorare meno dovrebbe essere fondato su un principio naturale?
La domanda sarebbe nella tematica sociale e culturale.
Ma se la cultura e la società sono indicizzazioni del potere top-down, così la domamda suonerà di volta in volta diversa, secondo le mansioni e le produzioni.
Già, ma rimane qualcosa di comune, non di comunitario.
A parere del vostro ma anche di Zizek, si va verso un mondo global-capitalista, ossia comunista secondo il modello cinese.
Questo significa che la coperazione sarà la co-optazione, che il lavoro sarà sinonimo di autorizzazione alla vita.
Ovvero un ridisegno del diritto locale a favore di uno universale.
Non sono sicuro che la vecchia domanda ideologica e che continua a sussitere in questi tempi post-ideologici abbia alcun senso rispetto all'idea originale comunitaria, democratica, di cui è figlia la nostra costituzione.
Un'idea che nasceva dopo uno scontro armato.
E già dopo un guerra (...) si formava una nuova ideologia, che ha prodotto nell'arco di un decennio 50-70, un nuovo status simbolico, dove il lavoro era la base dell'esser riconosciuti.
Eppure il simbolico è sempre una dimensione della morte, in questo caso della morte dell'umano, la vita non puà ridursi al mero lavoro.
Questa dimensione del lavoro coercitivo esploitata facilmente dal capitalismo edonista, continua a permanere nelle menti arrocate dei vecchi comunisti.
Ora ritenere quella domanda valida, quando non lo è già più da almeno un cinquantennio, nel tempo post-umano o trans-umano, in una parola nel tempo del post-apocalittico, fa sorridere.
Quello che Lacan intuì nella sua profezia che il tempo futuro sarà il tempo del lavoro, come libertà, è il tempo del lavoro nel campo di concentramento (la libetà di essere schiavi come già è apparso nei vostri interventi precedenti).
Nel campo di concentramento tutti lavorano, i dottori sono il top e gli intellettuali sono il down (prontamente gassati prima ancora del campo di concentramento).
Ma dobbiamo forse rileggerci "se questo è un uomo" di primo levi nevvero?
L'intellettuale non entra nel campo di concentramento, ma parla del campo di concentramento.
Del lavoro coatto, del comunismo a venire.
Un progetto ambizioso e studiato evidentemente a tavolino, basta tenere la mente accesa.
D'altronde Bill Gates ha avuto l'idea e ne ha parlato cinque anni fa, il futuro sarà il futuro del medium, della cooptazione tramite nicchie informatiche.
Le aziende e le persone diventeranno virtuali, proprio per reggere la bolla finanziaria anch'essa virtuale.
In un processo che ha un orizzonte globale così vasto come la green economy, la possibilità di produzione infinita (in quanto virtuale, santo Dio, non è così difficile da capire popolo della sinistra!!!) diventa pura realtà.
Cosa non cambia rispetto al post-idealismo a cui i vecchi comunisti non si sono MAI arresi (demenza?), non cambia il concetto intellettuale, che la mente viene delocalizzata e facilmente pre-determinata.
Sinceramente non credo affatto che l'ebreo Marx intendesse il lavoro (lavoro intellettuale) un semplice razionalismo, dove centro del discorso sono i concetti di uguaglianza e libertà (dando per scontata la fraternità, per gli ebrei il kibbutz è norma).
E allora problemi come quelli dell'assembramento, verranno debellati definitivamente, perchè la realtà, non è più la realtà, la realtà è solo quella virtuale.
Basta non parlarne come nel caso degli attuali scioperi di Trieste.
La vecchia politica esibizionista e buffonesca, continuerà a parlare di più opportunità e più lavoro per tutti.
E non ci si accorge che simili buffonate non sono più adatte ai tempi ( o pensano veramente di entrare tutti nel grande carro dei vincitori???? o sono scemi semplicemente).
Basta vedere all'america dove la vera battaglia si sta consumando.
Trump non serve più. Quello che poteva essere un sintomo di un cambiamento dei costumi, e che la sinistra poteva usare per metabolizzare il suo immobilismo, non è servito a nulla.
La sinistra non è riuscita a canalizzare un sintomo lento come quello di Trump, figuriamoci come potrà riusciere a canalizzare i nuovi sintomi, che vanno alla velocità della luce: accettazione passiva (quando va bene) e attiva di tutti i dettati del top-down.
Ossia autorizzazione alla sopravvivenza via telematica.
Per quanto voglia bene a questo forum, i miei orizzonti erano altri.
E la mia parola sarà l'ultimo baluardo, esattamente come nella vicenda Agamben-Cacciari.
L'isteria di massa non è più accettabile.
La parola deve tornare a echeggiare come parola di vita.
Costi pure la morte.
Chi non vuole ascoltare non ascolti, e non ci scocci!(ovviamente pia illusione, il pensiero unico ha raggiunto livelli telepatici di contingenza prossima, ne ho avuto modo di constatarne l'esistenza di persona, cristo santo!! è una roba che mi ha ghiacciato le vene).
Lo sapevo che erano tristi tempi, bè sta diventando (è già diventato?) qualcosa di molto peggio.
Per carità amici rimaniamo legati alla terra!!
basta voli pindarici etico-morali!!
Citazione di: anthonyi il 17 Ottobre 2021, 10:45:34 AM
Citazione di: Ipazia il 17 Ottobre 2021, 09:35:56 AM
Il lavoro, l'homo faber, è l'origine stessa del successo evolutivo umano e la sua regolamentazione non può che essere del secondo tipo, culturale, lasciando al primo, naturale, solo il principio sacrosanto dell'equità che legittima il titolo di questa discussione.
Ipazia, mi sa che sei contraddittoria. Se la regolamentazione del lavoro è culturale, perché il principio del lavorare meno dovrebbe essere fondato su un principio naturale?
Salve anthonyi. Puntualissimo nel capire "Roma per Toma".......verò ?. Ipazia intenderà come naturale il lavorare tutti. non il lavorare di meno ! Saluti.
I lavoratori sono afflitti dalla disoccupazione. Sono gli unici attori economici a subire tale condizione?
Viator ed Anthonyi sono entrambi tornitori , bisognosi e propensi al lavoro. Viator lavora, Anthonyi no. Perchè?
Date la modestia intellettiva e culturale che mi caratterizza, ho l'ardire di porgervi una preghiera: niente parole roboanti, concetti elementari, ragionamenti lineari ( non ellittici ), niente divagazioni.
Vi sembrerò pretenzioso, e forse lo sono, ma confermo che si tratta di una preghiera.
Sarò grato di un vostro riscontro. Vi saluto.
Citazione di: paolo il 16 Febbraio 2022, 22:14:35 PM
I lavoratori sono afflitti dalla disoccupazione. Sono gli unici attori economici a subire tale condizione?
Viator ed Anthonyi sono entrambi tornitori , bisognosi e propensi al lavoro. Viator lavora, Anthonyi no. Perchè?
Date la modestia intellettiva e culturale che mi caratterizza, ho l'ardire di porgervi una preghiera: niente parole roboanti, concetti elementari, ragionamenti lineari ( non ellittici ), niente divagazioni.
Vi sembrerò pretenzioso, e forse lo sono, ma confermo che si tratta di una preghiera.
Sarò grato di un vostro riscontro. Vi saluto.
Salve Paolo. La situazione può dipendere dal mercato del lavoro (poca offerta di posti), oppure dal fatto che Anthonyi potrebbe e vorrebbe anch'egli lavorare ma è disposto a farlo solo dietro compensi superiori a quello percepito da Viator, oppure Anthony dispone di credenziali e curruculum scadenti............oppure, oppure, oppure...........
Oppure - per caso - tu non sia quelli che pensano che lavorare rappresenti un diritto che qualcuno è obbligato a soddisfare, nel senso che è costretto a procurarne per chiunque glielo chieda...........
E coloro che invece vogliono vivere di rendita o di delinquenza (e giustamente hanno il diritto di farlo, assumendosene le responsabilità ?
C'è in giro un sacco di gente che non capisce in cosa differiscano tra loro le libertà, i diritti,i doveri, gli obblighi, le facoltà, le costrizioni.Pensare che di questi tempi quasi tutti chedono di avere garantito - da parte dello Stato - il DIRITTO ALLA SALUTE, il quale non esiste in nessuna parte del mondo.Costituzione e Stato non potranno mai garantire che la gente non si ammali (sarà semmai la Chiesa e garantire i miracoli e l'immortalità) dal momento che si impegnano (a parole solamente) a garantire IL DIRITTO ALLE CURE.
Poi però molti - non appena lo Stato propone la cura contro la pandemia - ecco che costoro fuggono con le mani tra i capelli poichè quella che lo Stato propone non è una cura ma uno pseudofarmaco MORTALE.
Vedete quindi che il popolo vuole e rivendica TUTTO ED IL CONTRARIO DI TUTTO ? VUOLE DIRITTI PER TUTTI E DOVERI O RISCHI PER NESSUNO, IL POPOLO, LA MASSA, VUOLE ESSERE SERVITO DALLO STATO IN TUTTI I SUOI DIRITTI MA VUOLE ASSOLUTAMENTE ANCHE CHE TALI DIRITTI SIANO GESTIBILI INDIVIDUALMENTE IN MODO
PERFETTAMENTE FACOLTATIVO.
Visti che su simili argomenti non si può scrivere qualcosa di utile..........passiamo pacificamente a salutarci.