Apro questo topic per discutere di un tema difficile, spinoso, cioè se di fronte a reati di enorme gravità (serial killers, pedofili assassini, mafiosi stragisti, ecc.) la pena di morte possa essere ammissibile. Io credo di sì, spesso la cronaca nera ci mostra sempre più spesso reati commesse da gente che secondo me non possono purtroppo essere più definite persone, ma semmai belve o addirittura demoni, mostri, per la lucidità, la crudeltà e il cinismo con cui delinquono.
E' di qualche settimana fa il caso del patrigno che ha massacrato di botte un bambino (aveva l'intestino spappolato!..), oppure casi gravissimi di pedofili assassini.
Ora, il problema in questi casi è stabilire se la funzione rieducatrice della pena può avere un senso per questi "soggetti" (uso un termine neutro.....): io credo che se un individuo si sia così incancrenito del male, non sia rieducabile, e comunque niente, anche la migliore rieducazione, può ripagare il male enorme che in passato ha fatto, le vite innocenti (o anche forse non così innocenti, ma sempre vite......) che ha distrutto, quindi meglio estirparlo dalla vita, perché lui per primo non la merita avendola calpestata, se calpesti in maniera così crudele un bene importantissimo come la vita non devi averlo nemmeno tu.
Spero di non avervi fatto iniziare la giornata con un thread forse per alcuni molto pesante, voi che cosa ne pensate?
Contraria per una questione di coerenza filosofica: chi esercita la giustizia non può macchiarsi dello stesso crimine che punisce. Lascerei però al condannato, con supporto psicologico, la scelta dell'eutanasia. Eccezioni: legittima difesa. Scorciatoie: durante scontri armati con criminali; con moderazione e cognizione di causa.
Secondo me, ci sono due argomenti principali contro la pena di morte da applicare agli assassinii più efferati, a seconda del profilo sotto il quale si vuole affrontare la questione.
1)
PROFILO ETICO
Come giustamente osserva IPAZIA, chi esercita la giustizia non può macchiarsi dello stesso crimine che punisce; sarebbe come sodomizzare per punizione uno stupratore anale.
Il che costituirebbe un po' un "controsenso", sebbene indubbiamente molto "poetico": come, appunto, il "contrappasso" dantesco, in base al quale la pena deve colpire i rei mediante il contrario "speculare" della loro colpa, ovvero per analogia a essa.
Inoltre, la sanzione, oltre che a punire (come deve indubbiamente fare), in teoria dovrebbe mirare anche a "recuperare" socialmente il reo; il che, con i cadaveri, è un po' difficile (ammesso che sia facile con i vivi)!
2)
PROFILO PRATICO
Dal punto di vista pratico, e, cioè, della DETERRENZA, sembra proprio che la pena di morte sortisca l'effetto esattamente opposto di quello che si prefigge: ed infatti, come per una perfida ETEROGENESI DEI FINI, con essa GLI OMICIDI AUMENTANO, INVECE DI DIMINUIRE.
Ed invero, un'analisi statistica delle percentuali di omicidi in paesi abolizionisti e mantenitori della pena di morte, ha dimostrato che i paesi mantenitori hanno in genere una percentuale maggiore di omicidi; confrontando i dati, l'analisi conferma che nei cinque paesi abolizionisti esaminati, il tasso più alto di omicidi era 11.6 per 100.000 persone, mentre nei paesi mantenitori il tasso più elevato era 41.6 per 100.000 persone.
In particolare, in Canada il tasso di omicidi per 100.000 persone scese da un massimo di 3.09 nel 1975, anno precedente l'abolizione, a 2.41 nel 1980; e da allora è rimasto relativamente stabile.
Un recente studio condotto in California, infine, ha dimostrato che nei 15 anni in cui la California eseguiva condanne a morte molto frequentemente (circa una ogni due mesi, dal 1952 al 1967) il numero di omicidi è aumentato di circa il 10% ogni anno; invece, tra il 1967 ed il 1991, periodo in cui non hanno avuto luogo esecuzioni, l'aumento medio annuale era del 4.8%, come dalla seguente tabella:
(http://i68.tinypic.com/157evma.jpg)
***
Per quale ragione si verifichi tale fenomeno, che è indubbiamente "contro-intuitivo", non è ancora ben chiaro, sebbene le spiegazioni prevalenti siano due:
- quando il criminale sa che se lo beccano rischia una esecuzione capitale, è più propenso ad uccidere, piuttosto che a farsi catturare (molti decessi sono dovuti, infatti, in tal caso, a poliziotti uccisi mentre inseguivano il delinquente);
- quanto più una legislazione è spietata e brutale, tanto più la cosa influenza negativamente la socio-psicologia dei cittadini, soprattutto se criminali.
È un discorso già affrontato altrove. Eutidemo ha fatto una sintesi sufficiente. Parlare in modo semplice o semplicistico di questo tema conduce a giustificare i peggiori istinti dell'essere umano.
La criminologia da Lombroso ad oggi spiega sotto molti aspetti le dinamiche comportamentali del criminale. Ciò che invece io non riesco davvero a spiegarmi è come una persona che si professa cattolica possa invocare la pena di morte, a meno che non rinneghi Cristo e si rifaccia al solo antico testamento. Solo in questo caso sarebbe coerente con sé stesso.
E' possibilissimo invece che io che mi professo cattolico ( e continuerò a farlo) invochi anche questo tipo di punizione e ti spiego anche il motivo, sebbene ammetto sia un po' complicato e non immediato da capire, ma non pensa ci sia davvero contraddizione, anzi. Proprio perché io, in quanto cristiano/cattolico (ma anche in modica parte rifacendosi alla visione veterotestamentaria....) ritengo che la vita umana abbia un valore assoluto e sia sacra, di conseguenza è alla fine naturale che io resti particolarmente indignato di fronte ai crimini orrendi esposti sopra (negazione del valore/vita=male gravissimo), la percezione del valore di qualcosa (la vita umana in questo caso) porta anche come immediata conseguenza il sentimento di indignazione verso il male e la forte percezione (più della media) della gravità di esso. Da qui quindi deriva il desiderio che venga fatta appunto giustizia in maniera anche estrema se l'estremità del crimine lo ravvisa, proprio perché il reo calpestando un valore importantissimo è come se avesse negato il valore della sua stessa vita.
Per Socrate: quello che scrivi non ha nessuna corrispondenza con l'insegnamento di Cristo. Almeno che io sappia. Vorrei che fossero citati i passi del Vangelo che supportano la tua tesi. Altrimenti la tua interpretazione evangelica e nello stesso tempo mortifera, resta una tua interpretazione, priva di valore ad un livello del discorso un po' più ampio. Ad ogni modo, rallegrati, sei in buona compagnia. Va di moda essere katholikos senza conoscerne il significato. La cosa buffa è che spesso lo devono ricordare i non credenti a credenti.
Scusa Jacopus, ma non ti dice niente già il : "Guai a chi scandalizza uno di questi miei piccoli (in senso generale, gente innocente, ma anche per antonomasia bambini): sarebbe bene che si caricasse una macina al collo e si gettasse nel più profondo dei mari!". E non si applica tanto più al caso di un pedofilo assassino? Altroché "scandalizzare" in quel caso! E' Cristo a dire chiaramente che alcuni peccati gravissimi (leggi poi crimini gravissimi per il codice penale) non saranno mai perdonati e chi li mette in atto nega in maniera irrimediabile il valore della sua stessa vita, al punto che è invitato addirittura al suicidio!!
A parte il fatto che ci sono innumerevoli esempi contrari. Ma proprio l'esempio che fai è chiaro. Gesù non dice che sarà ucciso da Dio o dagli uomini ma che la pena divina sarà così terribile che sarebbe meglio che si eliminasse da solo.
In ogni caso non dobbiamo giustificare la pena di morte sulla base delle sacre scritture. Il mio era solo un tentativo per far scorgere le aporie del pensiero (bispensiero) di molti credenti.
Posso dimostrarti facilmente per altre vie la inopportunità della pena di morte, alcune delle quali sono già state mostrate da Eutidemo.
Posso solo aggiungere che gli stati che ammettono la pena di morte sono, e questo è facilmente dimostrabile, sono, o paesi arretrati o autoritari, con l'unica eccezione di alcuni stati federali degli Usa.
Io personalmente sono orgoglioso di essere italiano perché fu uno stato italiano che per primo, nel 1700, abolì la pena di morte, il Granducato di Toscana.
a Socrate :
Le parole di Gesù... a sostegno della pena di morte?
E a proposito di Vangelo, alcuni obiettano che sembrerebbe sussistere un appiglio esegetico per giustificare la pena di morte partendo dalle parole di Gesù. Si tratterebbe del passo matteano della "macina da mulino":
cf. Mt 18, 6-7
Una sorta di "lodo pedofilia", dunque? Esisterebbe una colpa passibile di morte nell'umano consesso, stando a Gesù? E quella colpa sarebbe la pedofilia? Sembra un'interpretazione isterica, viziata da un clima (anche comprensibilmente) elettrizzato, sull'argomento: in realtà nulla lascia pensare che parlasse dei bambini (almeno in via esclusiva), e se il contesto rende più che plausibile che i bambini c'entrino basta avere un minimo di attenzione critica, su quel medesimo contesto, per cogliere anche la distinzione. Il contesto infatti si estende dal v. 1 al v. 10 del cap. 18 di Matteo: l'ultimo versetto riprende i termini del v. 6 e dell'1 per chiudere la pericope. All'interno dei dieci versetti si evidenzia, per quanto ci interessa, una significativa distinzione: in 18,1-5 si pone la domanda sulla grandezza (usando la parola greca μείζων [mèizon], letteralmente "più grande"), ma la risposta di Gesù si compie col gesto di chiamare e additare un bambino (l'evangelista usa la parola παιδίον [paidíon], che significa "fanciullo" e che non si contrappone dialetticamente, di per sé, a "grande" o a "più grande"): il discorso diretto di Gesù, poi, spiega che bisogna "diventare come i bambini" [παιδία] per entrare nel regno; che chi diventa come quel bambino [παιδίον] è "il più grande" [μείζων] nel regno; e che chi accoglie anche un solo bambino [παιδίον] come quello nel suo nome sta accogliendo Gesù stesso. Dunque la parola "bambino" torna tre volte sulle labbra di Gesù e una sulla penna dell'Evangelista. Quattro volte in quattro versetti. E nessuna in tutti gli altri sei. al versetto 6, infatti, Gesù continua a parlare di quelli di cui ha detto fino a quel momento (usa il dimostrativo "questi"), ma non usa più la parola "bambino" [παιδίον], bensì quella "piccolo" [μικρός] (mikròs, che si contrappone, dialetticamente e di per sé, a "grande" e a "più grande"). La parola non tornerà più fino al versetto 10, dove appunto ricompare nel medesimo sintagma del v. 5 riprendendo il tema dei cieli, che era stato posto nel v. 1.
Quello che accade nei vv. 7-9 spiega dunque chi sono i "piccoli" e in che senso si distinguano (se si distinguono) dai "bambini": Gesù si mette a parlare in seconda persona, impiegando il "tu generico", e spiega cosa vuol dire evitare gli scandali e come fuggirli. "Tagliati la mano o il piede" e "cavati l'occhio": in ballo c'è sempre il regno del v. 1. Il "piccolo" è l'uomo che ascolta Gesù e «torna e diventa bambino» (perché l'infanzia spirituale non è conseguibile tramite un "regresso" psicologico o un'impensabile inversione dei processi biologici – cf. Gv 3, 1-8), e quel piccolo – che è in ciascun discepolo – deve essere difeso dallo scandalo e al contempo ha il dovere di preservarsene.
Dunque i bambini non c'entrano e quindi possono essere scandalizzati? Ma figuriamoci! Gesù invita gli uomini a diventare come i bambini per permettere poi di scandalizzarli? Non ha senso. Il fatto è che chiunque si conosca un minimo sa bene – e la sua grandezza sta solo in questo – di essere piccolissimo e fragilissimo davanti a qualunque alito di vento. Ormai diversi anni fa Georges Cottier, teologo della casa pontificia, commentava così il passo:
È dopo aver invitato i discepoli a farsi piccoli e ad accogliere i bambini, che Gesù parla, con grande severità dello scandalo arrecato ad altri: «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!» (cf. Mt. 18, 6-7).
Necessità non vuol dire evidentemente fatalità. Significa che lo scandalo è inevitabile essendo il mondo segnato dal peccato. Ma questo non deve portare alla passività e alla rassegnazione. L'animazione evangelica della vita sociale è un dovere dei cristiani. Quindi devono alzare la voce ed impegnarsi in favore dei «piccoli» senza difesa e prendere delle iniziative per correggere i costumi il cui degrado offende la dignità dell'essere umano creato ad immagine di Dio.
www.aleteia.org
................E non a caso caro Jacopus l'Italia è il paese del garantismo, degli avvocati della difesa che dimezzano le condanne con ogni appiglio (non per nulla si dice avvocato del diavolo, eh sì...) anche per crimini gravissimi, delle sentenze sempre troppo miti anche di fronte ad una colpevolezza di una certa evidenza. E' uno schifo Jacopus, e mi dispiace che tu non lo riconosca come me! Un serial killer che tortura si vede riconosciuta spesso la seminfermità mentale , hanno liberato tempo fa (me ne ricordo molto bene....) un certo signor Angelo Izzo massacratore del Circeo che aveva ingannato tutti con il suo pentimento ed approfittò della libertà vigilata per compiere gli stessi orrori se non peggio, tra i casi di cui si parla ancora adesso c'è quello di Marco Vannini (se n'è parlato a "Un giorno in pretura") in cui un ragazzo fu lasciato morire dissanguato per ore colpito da un colpo di pistola mentre si poteva salvare e l'hanno consapevolmente fatto morire tra atroci dolori, e gli hanno dato in Appello solo 5 ANNI!
No, è il paese del garantismo che ha troppe garanzie per i colpevoli.
Socrate. Parlare di casi eclatanti da "prima pagina" non serve. Tra l'altro è necessario distinguere. Il garantismo è una parola che racchiude tutte quelle norme che discendono dall'habeas corpus del diritto anglo-sassone. Ovvero la necessità che l'imputato giunga vivo davanti al giudice. Angelo Izzo invece godeva di una misura alternativa al carcere, cosa molto diversa dal garantismo.
Il fatto è che il diritto penale assolve ad un compito importantissimo: ripristinare la giustizia laddove è stata spezzata dell'atto del criminale, che si pone così fuori dalla società.
Ma gli studi criminologici ormai ci hanno detto talmente tanto in merito e non voglio tediarti. Ti basti sapere che contro la pena di morte ci sono i seguenti argomenti:
1) possibilità di errore giudiziario;
2) i paesi che prevedono la pena di morte non sempre sono meno violenti. Anzi spesso è vero il contrario.
3) uno stato che prevede la pena di morte si pone allo stesso livello del criminale, poiché diventa padrone della vita, non più dei cittadini, ma dei sudditi.
4) Molti studi hanno ormai confermato che la legge non è uguale per tutti e pertanto a parità di condizioni, la probabilità di salire sul patibolo è maggiore per un povero, immigrato, senza cultura, emarginato, rispetto ad un ricco, autoctono, colto, integrato.
Il tema è certamente controverso ma non gioverà addentrarsi negli arzigogoli mentali più appropriati ad un azzeccagarbugli che ad un serio ricercatore della verità.
Da un punto di vista umano, al di là delle pur condivisibili argomentazioni proposte da Jacopus e, nonostante la pancia possa negarlo (il classico esempio di chi viene ferito "mortalmente" dall'assassinio, magari efferato, di una persona cara), uccidere è inaccettabile per una questione intuitiva: togliere la vita è semplicemente disumano. A volte comprensibile ma inumano. Chi lo fa, quale che sia la ragione che lo spinge a farlo, perde, per sempre! la sua umanità. Non mi sento, in tutta franchezza, di spendere altre parole per un concetto così naturale, così profondamente iscritto nei cuori e nelle coscienze di ognuno di noi. Chi non lo comprende, spero di non apparire superbo, se ne assume la responsabilità.
Da un punto di vista cattolico ed ebraico uccidere è semplicemente disobbedire ad un comandamento mosaico. Forse il più importante dopo il primo. Con buona pace del catechismo cattolico che, con piroette dialettiche degne di miglior causa, arriva, in casi particolarissimi e rarissimi (sic!) a giustificarlo. Una roba che grida vendetta al cielo e di cui, temo, qualcuno dovrà rendere conto.
Citazione di: Socrate78 il 04 Maggio 2019, 19:48:56 PM
E' uno schifo Jacopus, e mi dispiace che tu non lo riconosca come me! Un serial killer che tortura si vede riconosciuta spesso la seminfermità mentale , hanno liberato tempo fa (me ne ricordo molto bene....) un certo signor Angelo Izzo massacratore del Circeo che aveva ingannato tutti con il suo pentimento ed approfittò della libertà vigilata per compiere gli stessi orrori se non peggio, tra i casi di cui si parla ancora adesso c'è quello di Marco Vannini (se n'è parlato a "Un giorno in pretura") in cui un ragazzo fu lasciato morire dissanguato per ore colpito da un colpo di pistola mentre si poteva salvare e l'hanno consapevolmente fatto morire tra atroci dolori, e gli hanno dato in Appello solo 5 ANNI!
No, è il paese del garantismo che ha troppe garanzie per i colpevoli.
Puoi aggiungere qualche altro caso? Si riciclano all'infinito pochi casi di recidiva, una infima minoranza, ma non si considerano i moltissimi casi di non recidiva, la stragrande maggioranza. Molti telegiornali, soprattutto locali, sono specializzati nel riciclo continuo di omicidi efferati, per esempio il TG4 di mezzogiorno.
Inoltre farei le necessarie distinzioni sui moventi dei delitti per valutare la pena.
Quello che non condivido assolutamente è che ci sia una volontà omicida, una crudeltà genetica, isolata dal contesto, sistema sociale, di cui solo alcuni individui sono portatori.Gli omicidi non saranno ridotti dalla pena di morte, semmai aumentati, sono inevitabili. La giustizia non esiste, nulla può riparare la morte della vittima, la pena di morte è solo vendetta altrettanto crudele. La pena di morte è sullo stesso piano dell'omicidio criminale, la differenza è che è collettivamente istituzionalizzata e approvata.Le garanzie giuridiche sono una necessità di ogni sistema penale, sono necessarie per giungere alla verità processuale dei fatti e per difendere l'innocente.
Può esistere anche la crudeltà genetica, non è dimostrato, ma se ad esempio una persona ha dei geni che fanno sì che ci sia (ipotizzo....) insufficiente secrezione cerebrale di neurotrasmettitori o squilibrio ecco che proprio quella configurazione particolare del suo cervello potrebbe corrispondere ad una tendenza di base alla crudeltà,magari non sempre manifesta, ma che si manifesterà quando l'ambiente avrà la sua influenza. Ti posso aggiungere molti altri casi peggiori ancora, ma non voglio influenzarti, tu tieni le tue opinioni come le mie. Amen.
a Socrate :
Può esistere anche la crudeltà genetica, non è dimostrato, ma se ad esempio una persona ha dei geni che fanno sì che ci sia (ipotizzo....) insufficiente secrezione cerebrale di neurotrasmettitori o squilibrio ecco che proprio quella configurazione particolare del suo cervello potrebbe corrispondere ad una tendenza di base alla crudeltà,magari non sempre manifesta, ma che si manifesterà quando l'ambiente avrà la sua influenza. Ti posso aggiungere molti altri casi peggiori ancora, ma non voglio influenzarti, tu tieni le tue opinioni come le mie.
Quindi questa persona non sarebbe responsabile delle sue azioni.
Quindi questa persona dovrebbe essere o curata od internata e non certo uccisa.
Sarebbe eccome responsabile, e tantissimo, del male obiettivo e reale che fa indipendentemente dalle cause, di cui onestamente me ne faccio un bel baffo e credo sia giusto. Le cause del crimine sono infatti materia di giurisprudenza che serve agli avvocati per far assolvere i peggiori criminali perché "tanto, poverini, sono malati" e via discorrendo e in questo modo le loro vittime sono in un loculo e loro al massimo si fanno tre-quattro anni. Non voglio comprendere il delinquente e non lo farò, mai.
Ai 4 argomenti citati da Jacopus ne aggiungerei un quinto:
In un contesto violento ed egocentrico come quello della società liberal-liberista, con punte di legittimazione delle attività criminali come il caso italiano da almeno un quarto di secolo, la pena di morte per qualche mostro sbattuto in prima pagina sarebbe nient'altro che la retorica imbiancatura del sepolcro in cui è stata seppellita la giustizia italiana.
E visto che siamo in ambito evangelico mi pare che il problema italiano, ipocritamente retorico, sia colpire il peccatore invece del peccato, su cui, a partire dai delinquenti e dai loro avvocati e commessi politici, tutti gozzovigliano.
Per quale ragione in un contesto non liberista ma socialista i crimini sarebbero però molto minori Ipazia? Non riesco a vedere molto il nesso.....
Perché è meno affetto dalle mostruosità sociodarwiniane e individualistiche che, mediate urbi et orbi dalla merce, finiscono col legittimare qualsiasi crimine e assolverlo come arbitraria interpretazione soggettiva della responsabilità etica. Quando la vita umana, un bambino, gli organi umani e un seggio politico diventano merce anche la giustizia lo diventa.
citazione:
Sarebbe eccome responsabile, e tantissimo, del male obiettivo e reale che fa indipendentemente dalle cause, di cui onestamente me ne faccio un bel baffo e credo sia giusto.
quindi una persona è responsabile indipendentemente dalle cause. Quindi il boia che uccide è colpevole di omicidio.
Che tu ti faccia un baffo delle cause è assolutamente evidente, che sia giusto fa mucchio con il resto delle tue considerazioni.
citazione:
Le cause del crimine sono infatti materia di giurisprudenza che serve agli avvocati per far assolvere i peggiori criminali perché "tanto, poverini, sono malati" e via discorrendo
le cause del crimine sono oggetto di giurisprudenza nella tua concezione.
Oggetto di giurisprudenza è altro.
Le cause del crimine son oggetto della ricerca sociale e non della giurisprudenza.
Da quel che "dici" la giurisprudenza servirebbe ad assolvere i criminali, e sicuramente per te è così ,ma tieni a mente (parole tue) che sei una persona che si fa un baffo delle cause e delle ragioni, quindi a che ti serve la giurisprudenza, a te servono solo plotoni di esecuzione o un branco di facinorosi con le pietre in mano.
citazione:
Non voglio comprendere il delinquente e non lo farò, mai.
Nessuno ti chiede di farlo, ma non pretendere che la tua "concezione" possa essere coindivisa da persone intelligenti.
uno stato che presume di giudicare i casi in cui un criminale meriterebbe di continuare a vivere oppure di morire è uno stato che si arrogherebbe un'autorità morale, che, sulla base delle motivazioni essenziali del suo sorgere, non potrebbe avere. L'autorità morale di decidere quando una vita è degna di essere vissuta o meno. Lo stato di diritto esiste come mezzo, strumento di tutela della vita, non come fine a se stesso, ed è chiaro che eliminando una vita umana, senza che il male commesso possa essere cancellato e dando arbitrariamente per scontato l'impossibilità di un pentimento e di una rieducazione del reo, agirebbe in contraddizione con il senso del suo esistere, compiendo un abuso di potere: presumendo di essere depositario di parametri di giudizio sulla dignità della vita, si atteggia a soggetto etico (cosa impossibile, in quanto non essendo soggetto individuale, è privo di una propria autonoma sensibilità e coscienza morale, come tale), in una posizione di superiorità assiologica rispetto alle vite dei cittadini, che soggiacerebbe al suo giudizio. Assurdamente, ciò che è nato per essere mezzo diventa superiore al fine a cui doveva essere subordinato. La coerenza con il proprio compito impone allo stato di legiferare non sulla base di un meramente soggettivo ideale di giustizia moralistico, ma solo sulla base di un calcolo teso alla massimizzazione del livello di benessere della comunità, frutto della possibilità per gli individui di esprimere nelle loro scelte la loro personalità in modo libero. Non si incarcera un ladro o un assassino perché uccidere o rubare sarebbe "immorale" (giudizio soggettivo),ma solo sulla base di una valutazione per la quale la misura della libertà che verrebbe tolta ad essi, resterebbe pur sempre inferiore alla misura di benessere/libertà di tutti quei cittadini che verrebbe messa a repentaglio lasciando i criminali a piede libero. Somministrare la pena di morte vorrebbe dire operare un danno inutile, non considerando la possibilità di controllare un criminale anche lasciandolo in vita, o, ancora meglio, di poterlo rieducare. Da questo punto di vista personalmente potrei (ma anche in questo caso penso resterebbero comunque certe perplessità) considerare accettabile la pena di morte, solo nel caso in cui uccidendo un assassino si avrebbe magicamente il potere di resuscitare le sue vittime, ma siccome ciò non è possibile, resta qualcosa di assolutamente sproporzionato rispetto alle necessità di tutela delle esigenze che lo stato è chiamato a svolgere
La pena nei secoli ha avuto una evoluzione non indifferente. Davintro ha scelto una posizione virata fortemente verso la posizione "utilitaristica". La pena deve assolvere ad un compito economico, di restituzione e di gestione della società nel suo complesso. Va bene, per carità, ma è solo una forma un po' raffinata della lex talionis. Un'altra grande tradizione è quella "retributiva". Hai fatto del male, ti restituisco del male, possibilmente in un modo talmente geometrico da essere inattaccabile. Poi c'è la tradizione "social-preventiva": punisco il reo come esempio, per impaurire e controllare tutti i possibili rei. Accanto a queste tradizioni che accettano la pena, vi sono quelle critiche nei confronti della pena, a partire da quella marxista, per cui il diritto penale non è altro che il cane da guardia dei rapporti di classe. Per passare ad altre interpretazioni più sofisticate per le quali ad esempio la pena serve per distinguere "paranoicamente" i buoni dai cattivi.
Penso che non potremmo, sul breve-medio termine fare a meno del diritto penale, per motivi difficili da sintetizzare ma che chiamano in causa anche la trasmissione genetica, ma occorrerebbe sentirci, di fronte ad un reato sempre come co-responsabili, e in quanto tali promotori di un mondo meno violento e più giusto e questo mondo non si può cercare né voltandoci dall'altra parte, né condannando persone fragili ad un ruolo che finisce per diventare identità e perpetuare il male e i reati. Contemporaneamente dobbiamo interrogarci sui nostri comportamenti, spesso altrettanto illegali come quelli della delinquenza comune, ma coperti dalla patina della rispettabilità da "colletto bianco".
Nulla di nuovo in fondo. È già stato tutto detto da Gesù Cristo in termini magari più semplici ma che colpiscono il cuore della questione, con buona pace di tutti i cristiani-crociati.
Citazione di: Jacopus il 06 Maggio 2019, 23:49:35 PMLa pena nei secoli ha avuto una evoluzione non indifferente. Davintro ha scelto una posizione virata fortemente verso la posizione "utilitaristica". La pena deve assolvere ad un compito economico, di restituzione e di gestione della società nel suo complesso. Va bene, per carità, ma è solo una forma un po' raffinata della lex talionis. Un'altra grande tradizione è quella "retributiva". Hai fatto del male, ti restituisco del male, possibilmente in un modo talmente geometrico da essere inattaccabile. Poi c'è la tradizione "social-preventiva": punisco il reo come esempio, per impaurire e controllare tutti i possibili rei. Accanto a queste tradizioni che accettano la pena, vi sono quelle critiche nei confronti della pena, a partire da quella marxista, per cui il diritto penale non è altro che il cane da guardia dei rapporti di classe. Per passare ad altre interpretazioni più sofisticate per le quali ad esempio la pena serve per distinguere "paranoicamente" i buoni dai cattivi. Penso che non potremmo, sul breve-medio termine fare a meno del diritto penale, per motivi difficili da sintetizzare ma che chiamano in causa anche la trasmissione genetica, ma occorrerebbe sentirci, di fronte ad un reato sempre come co-responsabili, e in quanto tali promotori di un mondo meno violento e più giusto e questo mondo non si può cercare né voltandoci dall'altra parte, né condannando persone fragili ad un ruolo che finisce per diventare identità e perpetuare il male e i reati. Contemporaneamente dobbiamo interrogarci sui nostri comportamenti, spesso altrettanto illegali come quelli della delinquenza comune, ma coperti dalla patina della rispettabilità da "colletto bianco". Nulla di nuovo in fondo. È già stato tutto detto da Gesù Cristo in termini magari più semplici ma che colpiscono il cuore della questione, con buona pace di tutti i cristiani-crociati.
solo per un chiarimento... a quanto ne so la legge del taglione è appunto basata sulla restituzione in termini "vendicativi" di una pena proporzionata all'offesa ricevuta, quindi dovrebbe ricadere pienamente nella tradizione "retributiva", che però è lontanissima da quella che ho provato a esporre... Nella mia posizione il fine della pena non è ristabilire alla "occhio per occhio, dente per dente" una sorta di equilibrio cosmico turbato dal reato che si intende sanzionare (che presupporrebbe l'idea dello stato come soggetto giudicante etico, in opposizione all'idea di stato liberale che ho espresso), ma solo un ruolo di prevenzione nei confronti di reati futuri. Danneggiare una persona, anche se criminale, privandolo della sua libertà va a mio avviso accettato solo come un male minore, entro i limiti in cui è necessario a evitare che i reati commessi possano perpetuarsi, mentre, estremizzando, nel caso che un autore di crimini, anche particolarmente efferati, subisse dopo averli commessi danni invalidanti che ne annullino del tutto la pericolosità sociale, non dovrebbe nella mia prospettiva subire la minima pena, perché in quel caso sarebbe solo un accanimento e una vendetta gratuita da parte dello stato che non fa altro che aumentare la sofferenza nel complesso della società, senza cancellare alcun danno in precedenza provocato. Cioè dal mio punto di vista la pena ha senso solo da un punto di vista pratico, un male minore funzionale a evitarne di peggiori, nulla di più lontano dal carattere moralistico di risarcimento vendicativo sottinteso alla legge del taglione. Tra le due posizioni non vedo davvero alcuna possibilità di confusione o identificazione, tale dal far considerare una la "forma un po' raffinata" dell'altra
Giusto per precisare. La legge del taglione, oggi superata e ritenuta, e a ragione, molto dura, quasi barbara; quando fu costituita, rappresentò un grande salto in avanti della giurisprudenza primitiva. Prima, la pena era sproporzionata e, per un furto per esempio, si poteva invocare la pena di morte.
Il rapporto è fra Sovranità è il bios e zoè del singolo cittadino, in quanto componente del corpo sociale politico
La sovranità ha il potere di condizionare, per autorità riconosciuta e istituita, la vita del singolo componente sociale e lo compie con la sanzione che deriva dalla legislazione. Una sovranità priva del potere sanzionatorio non ha più forza pe poter nemmeno legiferare.
Il rapporto è quindi fra sovrano e reo , come uomo sacrificabile, dove il boia nella pena di morta era incappucciato, anonimo rappresentante esecutore della pena comminata della sovranità ,della comunità.
Lo Stato inteso come sovranità della polis ha il poter sul bios dei singoli componenti della comunità e in quanto tale il potere di condizionare le vite appunto all'interno della propria configurazione ambientale dettata dalla legislazione e utilizza la forza armata per pacificare gli interni conflitti fra i singoli cittadini o le parti associative..
Il corpo politico può uccidere il corpo umano del singolo cittadino.
Solo la sovranità può decidere se graziare il condannato a morte.
I termini, "grazia", "pena", vengono dall'antichità, rimangono tutt'ora come concetti giuridici istituzionali.
C'è chi potrebbe pensare che siano vestigie antiche di cui non riusciamo nel progresso, ancora a eliminare.
In realtà l'uomo ha necessità per costruire una comunità di un "corpus" politico e di un"codex" che sta al di sopra di qualunque ragionamento empirico., psicosociale moderno.
Se proprio nella società più liberal e pragmatica, tecnologicamente avanzata,come gli USA, ,sussiste sia la possibilità del singolo cittadino di armarsi, che nasce dal concetto del potersi ribellare all'ingiustizia dello stato, e in alcuni stati federati di aver ancora la pena di morte, significa che le istituzioni giuridiche non possono privarsi di concetti che sono a-priori sul bios, sulla volontà del sovrano di poter decidere del corpus fisico e sociale.
La nuda vita, la zoè o viene ritenuta "sacra" e inviolabile, oppure l'uomo, nel momento in cui appartiene
ad una comunità, di fatto consegna il suo bios, che non è la nuda vita come principio del venire al mondo, bensì le condizioni di sottomissione alla volontà sovrana, rappresentante dell' ordine della comunità.
Nasce quindi il contrasto fra zoè e bios e storicamente la biopolitica che è estremizzata nei lager, diventa il possesso assoluto del bios umano, tanto da disumanizzare l'uomo e non chiamarlo più con un nome, come persona, ma come un codice, un numero, una matricola, magari stampigliata sul braccio.
Ho esteso volutamente la discussione del concetto di pena di morte, in quanto nasce dalla rappresentazione formale e istituzionale della volontà sovrana che commina la pena o grazia il reo(può compierlo nel braccio della morte o su un ergastolano) e in quanto tale è l'evidenza suprema del potere sul singolo bios umano.
La pena di morte è quindi la soppressione non solo del bios, ma anche della zoè, come corpo individuale sociale e come corpo fisico nell' esistenza.
Le derivazioni storiche, o se si viole, il dispositivo culturale di mimesi, nasce dall'homo sacer, dal sacrifico, dal capro espiatorio, da figure storiche. Tant'è che era pubblica la pena di morte, il popolo vi partecipava come rito, come lo è, magari in diversa misura ,ancora attualmente. Il rito è ancora il gesto del potere sovrano
Il bios appartiene alla comunità, è la condizione di appartenenza ad un sociale che può difendere come può uccidere
Mah, guarda, rispetto la tua opinione, io ho letto e ho straletto quello che hai scritto, ma non ho capito una parola ti giuro, bios, zoè, boh, e non ti sto prendendo in giro nel dirtelo, per me è così. Mi piace la filosofia (particolarmente quella antica e dell'era moderna/prima contemporanea, molto ma meno quella del novecento), certo, ma credo che i filosofi abbiano un terribile difetto, quello di non farsi capire dagli altri per conservare un alone di sacralità elitaria del linguaggio che li allontana però gravemente dalla "plebe", disprezzando troppo il popolo ignorante che invece anche lui può avere qualcosa da dire. E poi non c'è niente di più falso dal mio punto di vista nel pensare che una persona tanto più istruita è migliore è, anzi è vero sovente il contrario, è una verità che fa malissimo ma io voglio guardare in faccia anche le verità più terribili, il marchese De Sade era colto, Pasolini era coltissimo (ma secondo me perverso dentro al massimo grado, vi dice qualcosa il titolo "Salò o le 120 giornate di Sodoma?), D'Annunzio aveva perversioni sessuali, quindi questo fatto ripetuto sino alla nausea che la cultura migliori è solo una pia illusione che ha zero valore, buona per gli stupidi e gli ingenui. E la fallacia logica del nesso cultura/moralità dimostra ciò che io credo, cioè che l'uomo sia cattivo e molto difficile da curare dentro, nell'inconscio soprattutto.
Tornando al discorso iniziale, io farei un paragone molto più realistico e secondo me calzante rispetto al tuo, quello della giurisprudenza con la MEDICINA: il reato è la malattia, il male, e questo può essere molto lieve come un furto di mele al supermercato (raffreddori, faringiti, ecc.), può essere di media entità (spaccio di droga, molestie sessuali, omissione di soccorso con esiti non letali della vittima, falsificazioni di documenti, corruzione), grave (riduzione in schiavitù, stupro aggravato, omicidi colposi ,preterintenziali o d'impeto,ecc.) oppure può essere gravissimo ( omicidi premeditati, serial killer, i mafiosi di tutte le mafie, ecc.). E' chiaro che la pena è la TERAPIA e quindi per un raffreddore basta molto poco ( pochi mesi di detenzione) mentre per il male gravissimo che corrisponderebbe metaforicamente ad un cancro in metastasi o ad un aneurisma irreparabile l'unico provvedimento sarebbe appunto l'eutanasia, che corrisponde alla pena capitale. O non ti sembra un paragone quantomeno contestabile ma più chiaro e comprensibile del tuo? Forse non vi piace ciò che io dico, ma rifletteteci comunque.
ciatazione :
quindi questo fatto ripetuto sino alla nausea che la cultura migliori è solo una pia illusione che ha zero valore, buona per gli stupidi e gli ingenui.
quindi questo fatto ripetuto alla nausea che la cultura non migliori è solo un pia illusione buona per gli stupidi e gli ignoranti che con questo si consolano della loro ignoranza.
Forse non ti piace quel che dico, ma riflettici comunque.
Ma dai, ma tu sei un troll, anzi il migliore dei comici, ma te me fai ridere, forse ti preferisco a tutti qui dentro!! Forse c'è del vero anzi in quel che dici, cioè che ogni cosa ha le sue contraddizioni e quindi si possono trovare infinite verità, filosoficamente sei un ottimo SOFISTA quindi, ma la sofistica non fa progredire la conoscenza per definizione perché porta a relativismo gnoseologico ed etico.
Tornando al tema del topic, dovete comunque vedere come la giustizia non sia uguale per tutti anche per crimini estremi, è evidentissimo a tutti che Bossetti (indifendibile eh, lo dico.....) si farà però i lsuo bravo ergastolo come giusto sia perché era un operaio (nemmeno l'ignoranza migliora, ti do ragione.....), ma i Ciontoli se hanno fatto quello che sembrerebbe in base a molte prove non ammesse al processo (non mi stupisco minimamente....) al massimo al massimo potranno forse prendersi 8 anni in Cassazione ( compromesso tra sentenza a 14 e quella attuale scandalosa a 5). E per loro ci sono programmi mediatici, si pagano avvocati di grido, e si sentiranno ONNIPOTENTI dentro, sicuro. Ora dimmi: ma non senti salire dentro di te l'indignazione e in fondo anche un giusto odio verso queste porcherie? Quindi il mio ideale di giustizia piuttosto "primitivo" alla fine ha un aggancio fortissimo con l'evidenza del reale, con ciò che accade, e se si applica il metodo scientifico sperimentale (eh sì, alla fine sono razionale al massimo io, non te ne sei accorto?...) secondo cui se l'idea ha agganci con il reale è giusta allora io ho RAGIONE. O no?......
Socrate. Gli argomenta ad hominem sono solo irritanti. Odradek non faceva sofismo: ti ripagava con la tua stessa moneta. Prova a rileggere gli interventi precedenti. Grazie.
Penso che le persone che si macchiano di delitti mostruosi, gravissimi, dovrebbero avere la forza di chiedere loro per primi la pena di morte per se stessi.
Questo per poter riacquistare la propria dignità di esseri umani e anche, meno poeticamente, per semplice buon gusto, per poter così dimostrare di aver superato la volgarità del gesto inumano e violento compiuto che li ha profondamente degradati.
Anche karmicamente , la scelta di essere abbattuti è estremamente positiva in vista della futura esistenza che, data la situazione estremamente compromessa , non potrebbe essere altrimenti che nefasta... :(
Naturalmente questi esseri non lo fanno mai. Anzi, protestano duramente, perché vogliono continuare a vivere...mah! Si autogiustificano avocando a se stessi l'infermità mentale, l'aver "perso la testa", il "non sapere cosa si stava facendo", l'"aver sentito voci nella testa che li costringevano", e amenità varie molto furbesche...
Spesso, nonostante l'enormità dei delitti commessi, ambiscono pure ad uno "sconto" della pena. Chiedono una grazia...
Io non credo ai pentimenti "pelosi". Un vero pentimento lo si dimostra chiedendo per se stessi il massimo della pena...
Citazione di: Sariputra il 08 Maggio 2019, 08:55:10 AM
Penso che le persone che si macchiano di delitti mostruosi, gravissimi, dovrebbero avere la forza di chiedere loro per primi la pena di morte per se stessi.
Questo per poter riacquistare la propria dignità di esseri umani e anche, meno poeticamente, per semplice buon gusto, per poter così dimostrare di aver superato la volgarità del gesto inumano e violento compiuto che li ha profondamente degradati.
Su questo sono perfettamente d'accordo e l'avevo pure ventilato nel mio post. Mi pare che in alcuni stati USA abolizionisti questa opportunità sia rimasta in alternativa all'ergastolo. Nella cultura orientale il valore dell'autopunizione estrema è riconosciuto, anche se a livello di diritto non so. La cultura cristiana del minus habens "pecorella smarrita", del buon ladrone, mi pare più lontana. Tale opzione è altamente maieutica perchè pone il reo di fronte alla sua responsabilità morale e fa emergere la vigliaccheria in maniera lampante. Questa ultima considerazione però ha una coda avvelenata: sarebbero solo i meno ignobili tra i colpevoli a scegliere l'autopunizione mortale. E ci terremo in vita la feccia della feccia. Ma raddoppiando la loro vergogna, raddoppierebbe anche la punizione. E forse anche la spinta alla redenzione e ad un pentimento reale. Insomma le prospettive etiche, come sempre, sono molteplici. Benchè poco relative in questo caso.
Io davvero non so come fate ad avere queste certezze. Vi consiglio di leggere il lato oscuro di Vittorino Andreoli. Andreoli è stato il consultente tecnico d'Ufficio del processo a Donato Bilancia e Donato Bilancia si è fidato talmente tanto di lui da avergli dato la possibilità di raccontare la sua biografia che ci fa comprendere cosa talvolta muove l'azione delittuosa e di come sia complessa questa problematica, mentre la visione del colpevole che si da la pena da solo, somiglia alla storia semimitologica del "nodo di Gordio".
Ebbene Donato Bilancia rientrerebbe sicuramente, per i vostri canoni, nell'omicida che si deve uccidere da sè, tra l'altro facendo risparmiare un sacco di soldi allo stato (visione economicista da parte di coloro che, attraverso il bispensiero, proclamano una cosa e il suo contrario). Fatto sta che Donato Bilancia fu sottoposto ad una serie di traumi profondi nella sua infanzia. Figlio unico, i genitori lo umiliavano pubblicamente continuamente, fin dalla più tenera età. La madre aveva l'abitudine di stendere le sue lenzuola sporche di urine, per mostrare a tutto il vicinato che soffriva di enuresi notturna. Il padre lo spogliò di fronte alle cuginette e indicando il suo pene, lo derise dicendo che lo aveva piccolo. Questi due episodi che mi vengono in mente, ma ce ne sono altri. In queste condizioni un uomo non sarà mai sicuro di sè e si sentirà tradito se accadono altre cose nella sua vita che lo mettono sotto stress.
Infatti gli omicidi iniziarono quando si sentì tradito da due suoi amici che ascoltò di sottecchi, di come volevano truffarlo. Questa cosa lo fece agire come in corrispondenza ad un tradimento, che questa volta, a differenza di quello perpetrato dai genitori, non poteva perdonare.
A questo punto chi si dovrebbe autoirrogare la pena di morte? Donato Bilancia, i suoi genitori, i vicini che facevano finta di niente, i genitori delle cuginette che voltarono lo sguardo, la scuola che non si accorse di nulla? Lo stato italiano che non finanzia i servizi consultoriali come sarebbe necessario?
Tutto ciò ha provocato una decina di morti.
Scusa Jacopus ma il fatto che Bilancia venisse deriso davanti alle cuginette non è granchè indicativo, altrimenti Allan Poe che cosa doveva fare, un genocidio? La cosa "divertente" del mettere al mondo esseri umani è che essendo che sono umani, rispondono ai contesti in maniera personale, e tanto spesso da "pessime" infazie nascono geni, quanto dei disadattati. La responsabilità è comunque la loro.
Un problema riguardo l'esecuzione capitale che non è stato citato ed è ancora più pratico di quello economico è : come? La ghigliottina e la fucilazione in passato hanno fatto il loro sporco lavoro, a mio avviso meglio di quanto modernamente si sia fatto con sedie elettriche e iniezioni letali. Se si vanno a leggere le cronache di queste esecuzioni, si ci imbatte nella descrizione di vere e proprie torture disumane. Peraltro va detto anche che i medici, per ovvi motivi deontologici, non possono operare esecuzioni, perciò quello che succede spesso è che degli sprovveduti vadano a fare questo tipo di operazioni.
Inoltre vorrei far notare che l'opinione di Socrate è probabilmente fuori dall'alveo cattolico, ma non quello cristiano. Almeno in america, la maggior parte dei sostenitore della pena capitale sono anche cristiani. Come riescano a conciliare teologicamente le due cose non è una cosa che è data sapere, ma recentemente per esempio la sen. Lynn Hutchings ha dichiarato: (traduzione a braccio mia)"Il più grande uomo vissuto sul pianeta è morto con la pena di morte, per me e per voi. Sono grata a lui per la speranza di un futuro che ci ha dato. Se Gesù non fosse morto per pena capitale, noi tutti non avremmo speranza".
Il mondo è pieno di bispensiero. L'importante è farlo notare. Rispetto a quello che dici di Poe è corretto. Per semplificare siamo sempre un mix di fattori ambientali e fattori genetici, ma se diminuiamo il peso dei fattori ambientali ti sembra più giusto condannare a morte per una casuale combinazione genomica per la quale non abbiamo sicuramente alcuna responsabilità?
Io non sto dicendo che le persone non vadano punite (il rischio è sempre quello di estremizzare le posizioni: in questo caso forcaioli vs buonisti), ma la violenza, ovvero quel fatti eclatanti che nel comune sentire ci indignano, è quasi sempre la conseguenza di un apprendimento della violenza o come martire o come carrnefice. Ed ovviamente sono presenti anche aspetti genetici, i quali non escludono la libera volontà ma che vanno considerati alla luce delle scoperte scientifiche.
Ad ogni modo, se vi capita, leggete il libro di Andreoli. Non vi farà cambiare idea ma vi darà almeno una nuova prospettiva per guardare il problema. È un libro economico e scritto in modo non specialistico.
Citazione di: InVerno il 08 Maggio 2019, 13:37:02 PM
Un problema riguardo l'esecuzione capitale che non è stato citato ed è ancora più pratico di quello economico è : come? La ghigliottina e la fucilazione in passato hanno fatto il loro sporco lavoro, a mio avviso meglio di quanto modernamente si sia fatto con sedie elettriche e iniezioni letali. Se si vanno a leggere le cronache di queste esecuzioni, si ci imbatte nella descrizione di vere e proprie torture disumane. Peraltro va detto anche che i medici, per ovvi motivi deontologici, non possono operare esecuzioni, perciò quello che succede spesso è che degli sprovveduti vadano a fare questo tipo di operazioni.
Evidentemente nel Mondo-Mercato anche la buona morte ha un prezzo. Non si capisce perchè nelle cliniche Svizzere a pagamento ce ne sia una di buona qualità e nelle patrie galere americane di qualità così scadente. In ogni caso non serve Ippocrate in persona per somministrare una buona morte di buona qualità.
@Jacopus
Condivido l'obiezione di InVerno su Bilancia. Però non ho alcuna certezza su questa materia ed infatti nel mio primo post avevo previsto anche il supporto psicologico per una decisione così fatale come l'eutanasia.
Restiamo umani, vale sempre.
Avrei da obiettare anche sulla questione economica. Al di là di ogni bispensiero, anche l'aspetto economico ha un suo peso sulla via della prevenzione e della redenzione. Pensando agli infami di Manduria, non sarebbe forse il danno economico di simili comportamenti il primo deterrente per la loro eliminazione: a carico dei genitori, per i minorenni e dei criminali per i maggiorenni. Certo non ridarà la vita al povero disgraziato, ma risarcirà la collettività con denaro utile ad educare famiglie e individui alla civiltà. Oltre ad una sacrosanta rovina economica di contrappasso contro chi ha rovinato la vita di una persona fino al suicidio.
Sono davvero certa, visto il mondo valoriale in cui siamo immersi, che il danno economico (non multe bagatellari) per i delinquenti e le famiglie che - secondo le risultanze dell'indagine - li hanno allevati tali, siano deterrente e mezzo preventivo più efficace della reclusione e della condanna a morte. Senza arrivare alla messa in conto della pallottola, ma avviandosi in quella direzione socialmente assai educativa.
Concordo infine sul richiamo alla bonifica ambientale. Partendo dall'alto. Laddove
l'unica competenza acclarata è la corruzione. Premiando, in un paese a corruzione emergenziale politicamente autogenetica, gli "incompetenti", nella speranza che tali restino a lungo.
a Inverno
citazione :
altrimenti Allan Poe che cosa doveva fare, un genocidio? La cosa "divertente" del mettere al mondo esseri umani è che essendo che sono umani, rispondono ai contesti in maniera personale, e tanto spesso da "pessime" infazie nascono geni, quanto dei disadattati. La responsabilità è comunque la loro.
E.A.P. in effetti ha compiuto un genocidio solo che ha traslato il campo di azione dal concreto al letterario.
Bilancia non aveva le doti di Poe e si è arrangiato per conto suo, da cui ergastoli vari.
Da pessime infanzie nascono sempre dei disadattati.
Agli estremi di questo continuo ci stanno appunto Poe e Bilancia ed in mezzo tutti gli altri, che più o meno son riusciti a sfangarla con poche o nessuna conseguenza penale.
La responsabilità appartiene certamente a loro di fronte alla giustizia e di questo rispondono; tu hai compiuto l'atto e tu ne rispondi, non fosse così saremmo in guai seri, ma la responsabilità di fronte alla giustizia non esaurisce tutto il discorso sul "colpevole" e la "colpa".
Una volta chiuso il discorso giuridico ( attribuzione della pena ) si apre il discorso "filosofico".
I soggetti alla "Bilancia" vanno ovviamente rinchiusi a doppia mandata o anche uccisi -non è che dia gran valore alla vita umana -siamo sei miliardi, e ne sparisse la metà adesso, per magia, sarebbe solo un bene- se il sistema giuridico lo consente, ma questo non risolve nulla, ne da conto o rende giustizia alle vittime.
Non sostengo impunità o buonismo, sostengo che qualsiasi sistema giuridico è parziale, insoddisfacente, "difettoso" e pure non ne possiamo fare a meno perchè, lo sappiamo tutti, l'esercizio della "giustizia" è compito e dovere dello stato.
La "critica" allo stato, ed allo stato delle cose, passa anche e necessariamente dalla analisi di come lo stato gestisca la devianza, in questo caso, la devianza criminale.
Da cui, ammazzalo, castralo, liberalo, perdonalo, dallo ai parenti, curalo, tra il gesto e l'atto, il pensiero e l'azione etc..etc..
Tutte cose che ai giudici non devono interessare ma a noi si.
@ Odradek. Perché ai giudici non dovrebbero interessare? Pensi ancora al giudice come "matematico esecutore di un diritto penale Algebrico"? Oppure?
a Jacopus
I giudici basano le sentenze sul codice. Non proprio algebricamente ma qualcosa di simile. E' la loro funzione, più di una volta si son sentiti giudici dichiarare "devo fare così".
Possono spingersi solo entro i limiti dell'interpretazione, ma questo lo fanno quando il codice lo permette. Un giudice non può far considerazioni (influenti il suo giudizio) al di fuori del codice.
Se può invece di trenta te ne da venti di anni ,-o vivecersa...- ma solo se il codice glielo consente
E.A.P. non ha commesso nessun genocidio letterario, ha scritto opere per renderci coscienti dell'oscurità dell'animo umano, cioè aiutandoci ad essere maggiormente abili nel capire le nostre pulsioni oscure e in caso a prevenire genocidi, non a farli. Lo stesso si può dire di una sfilza di giganti del pensiero in ogni materia e categoria.. Una vasta maggioranza degli uomini (non rammento la percentuale precisa) ha fantasie omicide ricorrenti per tutta la sua vita, il fatto che divertano queste energie in "altro" (anche non-arte) per te non fa differenza? La differenza la fa il boia quando alza la scure della sua azione "purificante" verso gli empi. Non è un caso bizzarro di bispensiero se gli ex puritani oggi tifano per la pena di morte. Non commento il tuo argomento del "siamo troppi uno più uno in meno" perchè non faccio questo ragionamento nemmeno coi polli.
a Inverno
citazione :
Non commento il tuo argomento del "siamo troppi uno più uno in meno" perchè non faccio questo ragionamento nemmeno coi polli.
Fai benissimo perchè come lo hai inteso (colpa mia che son sempre troppo sbrigativo nel discorso) è un affermazione disgustosa ed incommentabile.
Io parlavo di specie umana non del singolo essere umano.
Dire sparisse metà o tre quarti del genere umano dalla faccia della terra equivale a dire dovremmo essere un quarto di quel che siamo per andare avanti "bene", o equivale a dire meno siamo (sul pianeta) e meglio è (per il pianeta, e magari anche per noi).
Parlavo di specie umana non di essere umano.
Io manco uccido le mosche, figurati se posso avanzare un argomento del genere "uno più uno meno", non riuscirei nemmeno a pensarlo, e sopratutto riferito alla pena di morte.
"Uno più uno in meno " (e sopratutto uno in meno) fa tutta la differenza del mondo in campo etico e sociale, ed è verissimo che non do gran valore alla vita umana sulla faccia della terra, come è verissimo che ne ho il massimo rispetto e considerazione (ed amore pure) quando si parla di essere umano, non di specie umana.
Ho infilato una frase "ecologista" all'interno di un discorso in cui la "ecologia" poco c'azzeccava.
Ma parliamo dei casi reali invece delle astrazioni filosofiche, ma io ve lo DIIICO E Mi INCAVOLO ADESSO (sono onorato dell'eventuale ban che avrò con quello che dirò dopo, aspettate....), ma avete visto come hanno manipolato le prove nel caso Vannini, come hanno preso in giro l'opinione pubblica spacciando una versione a cui nemmeno il più misero degli idioti avrebbe creduto, è una vergogna appunto. Quindi che cosa meriterebbero? Beh, io non so se avete mai letto "Quella strana morte di Delacroix" di Stephen King nel Miglio verde, lì si descrive la punizione perfetta per loro!!!! Me ne vado dal forum per sempre ormai.
Chiedere la morte per il male che si è fatto può dimostrare un reale pentimento ed è umanamente....come dire....onorevole. Penso al Bushido giapponese.
Resta tuttavia il fatto che, anche in questa prospettiva, la morte non è appropriata. Non solo per quanto ho affermato prima e ribadisco e cioè che non è nelle prerogative/facoltà umane dare la morte come punizione. Esula, ripeto, dal senso di umanità. Ma anche volendo accettare questa cosa e volerla vedere da altri punti di vista; perchè non dare al reo la possibilità di soffrire per tutto il resto della sua vita? Senza ratio vendicativa ma affinchè egli mediti in profondità sul male che ha fatto. Magari, chissà, nel futuro potrebbe anche fare qualcosa di buono: che so, aiutare i compagni di cella a rivedere in questa luce di pentimento le cose sbagliate che hanno fatto. Essere di esempio, insomma, di ciò che non si deve fare. Mi pare più giusto, saggio ed equo per tutte le parti in causa.
In una prospettiva cristiana, poi, l'ho già detto ma vorrei, senza essere pedante, invitare a riflettere nuovamente su alcuni aspetti. Per esempio mi pare importante la storia di Giuda Iscariota che, pentitosi amarissimamente del tradimento fatto a Gesù, si impicca. Non è forse, cattolicamente parlando, il peccato più grande disperare del perdono di Dio? E rinunciare ad un faticosissimo percorso di redenzione?
Per non parlare del semplice comandamento mosaico: "non uccidere". E' semplice, chiaro, immediato.
Citazione di: Freedom il 08 Maggio 2019, 20:08:33 PM
Chiedere la morte per il male che si è fatto può dimostrare un reale pentimento ed è umanamente....come dire....onorevole. Penso al Bushido giapponese.
Resta tuttavia il fatto che, anche in questa prospettiva, la morte non è appropriata. Non solo per quanto ho affermato prima e ribadisco e cioè che non è nelle prerogative/facoltà umane dare la morte come punizione. Esula, ripeto, dal senso di umanità. Ma anche volendo accettare questa cosa e volerla vedere da altri punti di vista; perchè non dare al reo la possibilità di soffrire per tutto il resto della sua vita? ...
Perchè forse è più umano permettergli di scegliere tra la morte e quel che gli rimane da vivere dentro una gabbia. Non gli si dà la morte per punizione, bensì la possibilità di scegliere. Come nella clinica svizzera. Se è cristiano sceglierà la vita, se non lo è ha tutto il diritto di scegliere lui di che morte morire. Con tutti i supporti psicologici (e religiosi se lo desidera) del caso. Mi pare arrivato il momento di superare il tabù della morte e guardarla in faccia per quel che è.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 21:26:54 PM
Perchè forse è più umano permettergli di scegliere tra la morte e quel che gli rimane da vivere dentro una gabbia.
Questo discorso, a mio giudizio, vale per un malato terminale non per un omicida.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 21:26:54 PM
Non gli si dà la morte per punizione, bensì la possibilità di scegliere. Come nella clinica svizzera. Se è cristiano sceglierà la vita, se non lo è ha tutto il diritto di scegliere lui di che morte morire. Con tutti i supporti psicologici (e religiosi se lo desidera) del caso.
Questo è un altro caso ancora e mi dà una gran tristezza. Penso a Lucio Magri, vicenda che ho seguito e che mi ha turbato molto. E' dunque questo il degno finale di un uomo che ha dedicato la vita alla rivoluzione? Può darsi. Non sta a me giudicare ma, ripeto, mi intristisce tantissimo. Pur tuttavia non è di questo che stiamo parlando. Stiamo trattando l'argomento pena di morte che è tutta un'altra cosa.
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 21:26:54 PM
Mi pare arrivato il momento di superare il tabù della morte e guardarla in faccia per quel che è.
Non so esattamente cosa vuoi trasmettermi però ti esprimo che, per quanto mi riguarda, non lo so cos'è la morte.
Citazione di: Freedom il 08 Maggio 2019, 22:21:07 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 21:26:54 PM
Perchè forse è più umano permettergli di scegliere tra la morte e quel che gli rimane da vivere dentro una gabbia.
Questo discorso, a mio giudizio, vale per un malato terminale non per un omicida.
Questo discorso vale per tutto. Anche per chi sia arrivato al punto di ritenere la vita stessa una gabbia insopportabile. Vorremo mica espropriare un umano anche dell'unica sua incontrovertibile e inalienabile
proprietà: la sua vita ?!
Citazione di: Freedom il 08 Maggio 2019, 22:21:07 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 21:26:54 PM
Non gli si dà la morte per punizione, bensì la possibilità di scegliere. Come nella clinica svizzera. Se è cristiano sceglierà la vita, se non lo è ha tutto il diritto di scegliere lui di che morte morire. Con tutti i supporti psicologici (e religiosi se lo desidera) del caso.
Questo è un altro caso ancora e mi dà una gran tristezza. Penso a Lucio Magri, vicenda che ho seguito e che mi ha turbato molto. E' dunque questo il degno finale di un uomo che ha dedicato la vita alla rivoluzione? Può darsi. Non sta a me giudicare ma, ripeto, mi intristisce tantissimo. Pur tuttavia non è di questo che stiamo parlando. Stiamo trattando l'argomento pena di morte che è tutta un'altra cosa.
Mica tanto. L'ergastolo è stato giustamente definito "morte civile": una condanna a morte a bassa intensità, un'agonia che dura anni, decenni. Capitasse a me gradirei avere un'alternativa che accorci tale agonia. Che è difficilmente contestabile nel caso di vicende efferate contro altre vite umane, tenuto conto anche del contesto sociale criminogeno in cui viviamo che sottovaluta fin troppo la pericolosità dei comportamenti criminali lasciando Abele in balia del caso.
Lucio Magri ha deciso lui della sua vita e della sua morte: rivoluzionario fino in fondo. Non c'è nulla da giudicare: il giudizio l'ha emesso l'unico soggetto che ne aveva diritto.
Citazione di: Freedom il 08 Maggio 2019, 22:21:07 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 21:26:54 PM
Mi pare arrivato il momento di superare il tabù della morte e guardarla in faccia per quel che è.
Non so esattamente cosa vuoi trasmettermi però ti esprimo che, per quanto mi riguarda, non lo so cos'è la morte.
La morte è la conclusione naturale della vita. E' certa come la madre: ogni alternativa è illusoria. Quindi tanto vale farsene una ragione fin dalla giovinezza. La natura stessa aiuta: il decadere della prestanza fisica e delle aspettative psicologiche la rendono meno insopportabile. E quando il decadimento raggiunge la dimensione della sofferenza, perfino bene accetta. Lasciando spazio alle nuove generazioni di umani.
Citazione di: Freedom il 08 Maggio 2019, 20:08:33 PMResta tuttavia il fatto che, anche in questa prospettiva, la morte non è appropriata. Non solo per quanto ho affermato prima e ribadisco e cioè che non è nelle prerogative/facoltà umane dare la morte come punizione. Esula, ripeto, dal senso di umanità. Ma anche volendo accettare questa cosa e volerla vedere da altri punti di vista; perchè non dare al reo la possibilità di soffrire per tutto il resto della sua vita? Senza ratio vendicativa ma affinchè egli mediti in profondità sul male che ha fatto. Magari, chissà, nel futuro potrebbe anche fare qualcosa di buono: che so, aiutare i compagni di cella a rivedere in questa luce di pentimento le cose sbagliate che hanno fatto. Essere di esempio, insomma, di ciò che non si deve fare. Mi pare più giusto, saggio ed equo per tutte le parti in causa.
Per conto mio il desiderio di dare la morte ad un essere umano (che ci ha arrecato un torto grave) non solo è umano, è "troppo umano" (come diceva un altro "disadattato") per essere competenza dello stato e della società, che dovrebbe seguire tutt'altre logiche. Quando si parla della pena di morte in america, si parla di quella operata dallo stato, non dai privati cittadini. Eppure quella possibilità esiste anche in Italia, ti compri una pistola, spari, e il giorno dopo ti costituisci in totale serenità perchè sei convinto che quella persona meritasse la morte, e sei cosciente del prezzo che la società ti chiederà di pagare per averlo fatto. Non sarà possibile in tutti i casi certamente, ma se uno è fermamente convinto delle proprie considerazioni personali, può andare fino in fondo. Perchè invece chiedere allo stato la macabra celebrazione delle proprie fantasie? Il fatto che questo desiderio sia "troppo umano" a mio avviso è ben mostrato nel duello finale del film "Seven" dove il serial killer vede la propria esecuzione come "la ciliegina sulla torta" e l'uomo che ha davanti non sa quale sia il modo più doloroso di punirlo, se mandarlo in galera o ucciderlo. Un film tralaltro che, essendo incentrato sui sette peccati, ha molto da dire anche ai cristiani a favore della pena di morte.
Citazione di: Ipazia il 09 Maggio 2019, 10:26:08 AM
Citazione di: Freedom il 08 Maggio 2019, 22:21:07 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 21:26:54 PM
Perchè forse è più umano permettergli di scegliere tra la morte e quel che gli rimane da vivere dentro una gabbia.
Questo discorso, a mio giudizio, vale per un malato terminale non per un omicida.
Questo discorso vale per tutto. Anche per chi sia arrivato al punto di ritenere la vita stessa una gabbia insopportabile. Vorremo mica espropriare un umano anche dell'unica sua incontrovertibile e inalienabile proprietà: la sua vita ?!
Citazione di: Freedom il 08 Maggio 2019, 22:21:07 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Maggio 2019, 21:26:54 PM
Non gli si dà la morte per punizione, bensì la possibilità di scegliere. Come nella clinica svizzera. Se è cristiano sceglierà la vita, se non lo è ha tutto il diritto di scegliere lui di che morte morire. Con tutti i supporti psicologici (e religiosi se lo desidera) del caso.
Scusa ma non capisco: stiamo parlando della pena di morte e mi pare tu stia allargando il discorso all'eutanasia o alla possibilità che dovrebbe avere un ergastolano di scegliere tra il fine "pena mai" e una sorta di suicidio assistito. Sono argomenti interessanti ma non riguardano il Topic.
Citazione di: InVerno il 09 Maggio 2019, 10:32:47 AM
Per conto mio il desiderio di dare la morte ad un essere umano (che ci ha arrecato un torto grave) non solo è umano, è "troppo umano"
A mio giudizio quello che affermi riguarda la "pancia" dell'essere umano. Ma sino a che rimane un'immaginazione è comprensibile e certamente un aspetto umano. Non voglio certo fare l'anima bella e non nascondo che, a volte per un motivo nemmeno classificabile nella categoria "torto grave", istinti brutti mi attraversano la mente. Ma poi, come il 99,99% delle persone non li metto in pratica.
Chi invece lo fa perde la sua umanità. Naturalmente è solo la mia opinione.
Non vorrei essere stato male interpretato...
Sono totalmente contrario alla pena di morte.
Riconosco il recupero di dignità del colpevole che arriva ad espiare anche in massimo grado, volontariamente, la propria colpa, senza ipocrisie... :)
Citazione di: Socrate78 il 04 Maggio 2019, 09:40:50 AM
Apro questo topic per discutere di un tema difficile, spinoso, cioè se di fronte a reati di enorme gravità (serial killers, pedofili assassini, mafiosi stragisti, ecc.) la pena di morte possa essere ammissibile. Io credo di sì, spesso la cronaca nera ci mostra sempre più spesso reati commesse da gente che secondo me non possono purtroppo essere più definite persone, ma semmai belve o addirittura demoni, mostri, per la lucidità, la crudeltà e il cinismo con cui delinquono.
E' di qualche settimana fa il caso del patrigno che ha massacrato di botte un bambino (aveva l'intestino spappolato!..), oppure casi gravissimi di pedofili assassini.
Ora, il problema in questi casi è stabilire se la funzione rieducatrice della pena può avere un senso per questi "soggetti" (uso un termine neutro.....): io credo che se un individuo si sia così incancrenito del male, non sia rieducabile, e comunque niente, anche la migliore rieducazione, può ripagare il male enorme che in passato ha fatto, le vite innocenti (o anche forse non così innocenti, ma sempre vite......) che ha distrutto, quindi meglio estirparlo dalla vita, perché lui per primo non la merita avendola calpestata, se calpesti in maniera così crudele un bene importantissimo come la vita non devi averlo nemmeno tu.
Spero di non avervi fatto iniziare la giornata con un thread forse per alcuni molto pesante, voi che cosa ne pensate?
Essere a favore della pena di morte , come eventuale bene per la società, o come minore dei mali , dovrebbe significare accettare serenamente di essere messo a morte a causa di un errore giudiziario.
Se questa consapevolezza diffusa non bastasse come deterrente aggiungerei che il boia venga sorteggiato di volta in volta fra comuni cittadini.
Questi sono argomenti semplici e pratici che metterei avanti a quelli complessi etici ,perché da soli potrebbero bastare a chiudere il discorso.
Ho notato infatti che chi propugna la pena di morte di fronte a questi argomenti fa' un passo indietro , o se non uno almeno mezzo.
Sempre in modo semplice , per non dire rozzo , io uso la pena di morte per discriminare gli stati buoni da quelli cattivi.
Se ci fosse un modo più efficace e certo per distinguerli,potrei forse accettare che la pena di morte sia ammessa solo negli stati buoni , ma non credo che ci sia .
Preferirei quindi tenermi la pena di morte come discrimine fra gli stai buoni e quelli cattivi.
Non voglio dire con ciò che l'etica abbia origine nel senso pratico , ma certo , se lo avesse , non sarebbe un male , perché tutto sarebbe più semplice.
Volendo invece complicare un po' il discorso , ma restando sempre nel pratico : io , messo a confronto con un assassino , come faccio a dire che non avrei potuto essere al posto suo?
Quello che posso dire è che questo confronto mi aiutera' per il futuro a non trovarmi al posto suo , ringraziando il caso per avermi fin qui preservato.
L'assassino come "esempio" quindi da tenere "ben vivo" almeno a mente .Detto ciò....
Infliggere pene atroci a certi criminali è una delle mie fantasie quotidiane ricorrenti , e credo sia più che umana fantasia che è bene rimanga tale , detto in pratici soldoni.
Per Iano. Hai scritto un post esemplare. Aggiungo un altro argomento. Come è stato possibile che un intero stato o larghe fette di esso sia diventato criminale ed assassino ai tempi della Shoah? Siamo esseri sociali che apprendiamo dal nostro prossimo ed ancora più apprendiamo se i formatori sono persone a noi affettivamente vicine. Se ns padre ci insegna ad essere prepotenti perché solo così si ottiene ragione, saremo inclini ad usare la prepotenza ed eventualmente la violenza. Un esempio su tutti: guardate il film "american history x". Lì è spiegato molto bene. La pena di morte non fa altro che saldare ancora più strettamente questo apprendimento. Molto più si potrebbe fare coltivando l'idea che i cosiddetti criminali sono molto meno diversi da noi di quello che pensiamo. Più della pena di morte sarebbe logico e valido perseguire la giustizia sociale e l'elevazione culturale, ma questo significherebbe mettere in questione gli assetti macro della ns società. Meglio allora alimentare gli istinti più arcaici degli uomini, specialmente proprio di quelli più lontani dal potere e dal benessere, che possono così scaricare la loro rabbia su una parte di popolazione ancora più emarginata.
Altra obiezione. Sarò a favore della pena di morte quando sarà applicata anche a chi, per lucro, ha procurato la morte a 43 persone su un ponte crollato a Genova.
@ jacopus.
Grazie.
Per quanto riguarda il ponte di Genova , a meno che non crediamo alle ripetute coincidenze , usando logica scientifica , dovremo ammettere che i ponti in Italia sono stati colpiti da una epidemia , se malori sembrano avvertire ormai tutti i ponti in Italia , dopo quello di Genova , compresi adesso , sempre a Genova i ponti delle ferrovie.
Se invece mettiamo da parte l'ironia , e anche un po' di ipocrisia , allora dobbiamo ammettere che l'Italia è piena di Schettino che sono messi lì e pagati solo per fare la controfigura in galera di chi li paga.
In questo caso si tratta di qualche ingegnere dipendente della società autostrade , ma il discorso non cambia e continuerà a non cambiare finché in galera ci andrà solo lo sfigato Schettino di turno.
Ma quanti Schettino ci sono in Italia e di quanti altri macabri sorteggi dovremo essere testimoni ?
Sembra che la prosperità economica del paese sia ormai basata su un numero sempre crescente di decessi a sorteggio .
Il lavoro da' dignità o la toglie ?
I tecnici coscienziosi e competenti ostacolano il profitto e al comando delle aziende non ci sono più tecnici , messi alla porta uno dopo p'altro dagli economisti con l'eventuale consulenza di supporto dei frustrati psicologi aziendali.
Nell'Italia del dopoguerra maestri e geometri erano delle autorità.
Qual'e' il prestigio in Italia oggi di professori e ingegneri e quanto vale il parere di un primario?
Qualcosa deve essere cambiato dalle parti della cultura qui da noi.
È in atto una nuova versione della shoah dove vittime e carnefici coincidono?
Se è così si capisce perché nessuno ne parla.
Forse quindi la pena di morte c'e' già.
Una pena di morte tacitamente accettata perché con sentenza impersonale , a sorteggio ?
Improbabile tocchi a noi, e quindi accettabile in cambio di uno stipendio certo, per percepire il quale del tecnico basta solo il titolo ?
Vogliamo chiamarlo metodo Schettino ?