Perchè Nietzche è il mio maestro?
Perchè non lo raggiungo mai, perchè nonostante mi sforzi poi non riesco ad agire, e non agendo, non posso capirlo fino in fondo, posso solo pretendere di capirlo, ma chi non agisce poi non capisce.
Detto di questa trave nell'occhio possiamo procedere, ogni aforisma è un macigno, e ogni macigno forma una montagna da dover sollevare.
Non è facile perchè richiede una forza intellettuale impari.
Sinceramente a parte me, non vedo nessuno che abbia anche solo cominciato a capire di che cavolo parla il nostro.
Tanto vale lasciarne un segno. Una traccia.
Bene rileggiamolo insieme!!! forse lo capisco, forse lo capisco. >:(
Con queste premesse è assai improbabile che una discussione abbia seguito.
FN è una figura affascinante, un profeta. Ma resta umano, fatalmente umano. Con grandi intuizioni e grandi pre-giudizi. Come da tutti i grandi, prendo quello che mi serve per nutrire la mia anima e lascio i cibi scaduti. Poi ci lavoro sopra.
Ciò che non uccide, rafforza. E ciò che uccide, uccide. Poi non ci pensi più. La vita è così semplice da decifrare; pure l'essere recupera la sua leggerezza una volta liberato dagli insostenibili macigni delle nostre paure.
Da ignorante provo a dire la mia, siccome nel mio piccolo mi sento di confermare che abbiamo a che fare con un profeta.
Potrebbe essere FN uno che precorrendo i tempi, metteva nero su bianco non il suo pensiero filosofico , ma i suoi pensieri?
Faceva cioè ciò che è facile fare oggi su un forum come questo, ma a farlo con carta e penna allora c'era letteralmente da impazzire.
Ognuno di noi potrebbe dirsi profetico quando lascia correre libero il pensiero.
Poi naturalmente ci sono profeti e profeti.
Diversamente come potrebbe definirsi un profeta?
Continuando con le mie impressioni che traggo da episodiche letture del nostro, se si tratta di pensieri a ruota libera però non appaiono propriamente tali, sostenuti da una insostenibile cultura per chi con quella ponga a confronto la propria, motivo di inevitabile frustrazione per chiunque affronti di petto il nostro autore; e l'accorta leggerezza con cui Ipazia lo affronta mi pare confermi la mia impressione. Diversamente ci si condanna a dover rinunciare a tanta ricchezza di pensiero.
Non pochi se ne dichiarano cultori, ma quando provi con loro a scendere nel dettaglio ti rispondono che è inutile, perché tu non potresti capire, e questo è pure vero.
I più furbi rispondono ancora, ma solo per dare autorevolezza a un pensiero che è solo il loro.
Ci troviamo quindi di fronte ad un autorevole profeta dei giorni nostri, nato quindi in un epoca sbagliata, fuori tempo massimo?
Troppo distante da quelli che lo hanno preceduto ? Una anomalo profeta laico?
Salve iano. I profeti sono coloro che prevedono, poi quindi mettendo a parte il "popolo" (inclusi quello "bue") usando messaggi e parole comprensibii, non usando "alla cazzo" gerghi e linguaggi incomprensibili.Diversamente essi non saranno profeti, ma solo cialtroni od invasati i quali si riservano di reinterpretare a modo loro quello che hanno scritto o detto.
Hai mai sentito di quelli che affermano di "sentire" ( o udire ) le "voci" ?
Le riflessioni di un Nietzsche (ricordo che costui finì per "dar fuori di matto") sono profonde e dotte considerazione della visione del mondo e delle personali ossessioni di Nietzsche stesso.
Che la cultura occidentale ne abbia fatto un mito...............si tratta solo dell'ennesimo aspetto autocelebratorio della umanità quale specie e quale comunità culturale.
Lo stesso mito è stato eretto anche a proposito di Maometto, Gesù Cristo e tanti altri.................vuoi che per questo costoro avessero-abbiano ragione per forza ?. Saluti.
Casualmente ,Umano troppo umano , sto finendo di studiarlo(insieme a Metafisica di Aristotele). Viene scritto da Nietzsche fra il 1874-77, nel periodo in cui romperà l'amicizia con Wagner. Viene scritto soprattutto a Sorrento.
E' un momento di solitudine dove viene evocato in alcuni aforismi lo "spirito libero".
Nella prima parte, intitolata "Delle prime ed ultime cose", l'argomento è la filosofia metafisica di cui Nietzsche è contrario. Sono aforismi, a mio dire, poco esplicativi, anche perché una filosofia soprattutto come la metafisica non può essere argomentata per aforismi, per "battute", manca l'articolazione logica argomentativa per poter fare filosofia.
Nietzsche è convinto che la modernità porterà allo scetticismo , poiché ritine irrazionale l'intellettualismo del pensiero umano. Dal momento in cui l'uomo interpreta, rappresenta la natura, il mondo, le cose, la realtà , la verità non può essere il modello interpretativo rappresentato ,è solo una somma di errori dell'intelletto. Scrive: " Ad un mondo che non è nostra rappresentazione, le leggi dei numeri sono completamente inapplicabili: esse hanno soltanto valore nel mondo degli uomini.
Scrive: "Non il mondo come cosa in sé, ma il mondo come rappresentazione (cioè come errore) è così ricco di significato ,profondo, meraviglioso, e porta nel suo grembo la felicità e l'infelicità. Questo risultato conduce ad una filosofia di negazione logica del mondo: la quale del resto può tanto bene unirsi ad una affermazione pratica del mondo quanto al suo contrario."
Scrive: " Non esiste nell'uomo un impulso verso qualche cosa o contro qualche cosa senza un sentimento di volere ciò che ci avvantaggia e di ripugnanza da ciò che ci danneggia, un impulso che non si accompagni ad una specie di valutazione, fatta per mezzo della conoscenza , sul valore della meta. Noi siamo a priori illogici e quindi creature ingiuste e possiamo riconoscere ciò: è questa una delle maggiori e più insolubili disarmonie dell'esistenza.
Scrive: " Nessuno è responsabile dei suoi atti , nessuno della sua natura; giudicare equivale ad essere ingiusti. Ciò vale anche quando l'individuo giudica se stesso. Questa proposizione è chiara come la luce del sole e tuttavia ognuno preferisce qui indietreggiare nell'ombra e nella contro verità: per paura delle conseguenze."
E scrive ancora: " La bestia che c'è in noi vuole essere ingannata: la morale è una menzogna necessaria ad impedire che noi veniamo sbranati dalla bestia. Senza gli errori che consistono nelle ammissioni della morale, l'uomo sarebbe rimasto bestia."
Altri aforismi a mio parere interessanti delle prime parti:
"La ragione per cui il potente è riconoscente è questa. Il suo benefattore ha, per così dire, col suo beneficio violata la sfera del potente e si è introdotta in essa: ora, in compenso, il potente viola la sfera del benefattore mediante l'atto della riconoscenza. E' questa una più mite forma della vendetta."
"L'infelice prova una specie di piacere in questo sentimento di superiorità, che apporta alla sua coscienza l'attestato di compassione."
"Molti uomini hanno tanto desiderio della società: essa dà loro il sentimento della loro forza."
"La cattiveria e la benevolenza sono un potente mezzo di eccitazione della vita."
"Non esiste un'eterna giustizia."
"Si sbaglierà di rado se si ricondurranno le azioni estreme alla vanità, le mediocri all'abitudine e le meschine alla paura."
Il mio parere è che Nietzsche sia contraddittorio come pensatore. Bene. bene nel senso che forse è propria questa la verità della condizione umana nel mondo . Il suo modo di scrivere è un miscuglio fra ragione e sentimento, non è un argomentatore logico ,poichè ha rifiutato la ragione umana, l'intellezione, come strumento di verità, è più un esteta.
Salve Green. Citandoti : "Sinceramente a parte me, non vedo nessuno che abbia anche solo cominciato a capire di che cavolo parla il nostro".
Azzardo una diagnosi : è perchè tra geni (tu e lui) ci si intende...........mentre noialtri siamo solo dei poverini che fanno e capiscono solo il "quasi nulla" che possono. Saluti.
Continuo a scrivere degli aforismi a mio parere più interessanti in Umano troppo umano.
"Prima c'era l'impersonalità come il vero segno dell'azione morale (....) oggi si vede meglio che nelle considerazioni personali è massima l'utilità per la generalità degli uomini: così che l'agire strettamente personale risponde all'idea odierna di moralità ,intesa come utilità generale (....) meglio della precedente compassionevole emozioni ed azioni a favore di altri (...)Solo importa sapere che cosa s'intenda per proprio vantaggio; l'individuo immaturo, rozzo, lo intenderà nel modo più rozzo".
Tipico esempio di ambiguità in Nietzsche mista a brillante intelligenza. E' vero che la morale è impersonale, è altrettanto vero che Nietzsche è contro la morale e quindi ciò che storicamente è avvenuto è proprio ciò che Nietzsche si proponeva. Era ovvio che finita la morale che fondamentalmente è impersonale se vuole essere universale, ne fuoiuscisse nella modernità fra soggettivismi e oggettivismi , fra scienza e conoscenza , una a-moralità in cui l'etica fosse fondata sull'utilità e quindi suffragasse poi il principio edonistico di Adam Smith e intanto la psicologia empirista picconasse l'anima facendo della psiche freudiana un luogo di IO- Super-io, di pulsioni soprattutto sessuali.
Ciò che oggi siamo, amorali edonistici e individualisti con crisi di identità sicuramente collettiva e anche individuale e che rispondono al concetto di fare cose utilitaristiche comportasse comunque ad un umano che decade nella rozzezza. Nietzsche sei sprovveduto se pensavi che il futuro fosse migliore.
Ma c' è di più e quasi nessuno di questo tempo vi arriva. Una collettività, una nazione uno Stato esistono solo se la sovranità è fondata su una morale premessa della legislazione del sovrano. Questa fu la regola fondativa degli Stati e dei sovrani. Senza la morale collettiva, manca il parametro sulla giustizia che inchioda alle responsabilità e alle coerenti azioni etiche dal sovrano all'ultimo dei popolani, senza il parametro di giudizio sulla giustizia, premessa alle legislazioni e che pone il giudizio se a sua volta una legge è giusta o ingiusta. Le impunità dei potenti, il togliersi, lo smarcarsi dal giudizio è tipico della modernità decadente dove tutti ormai cercano di non essere asserviti alle leggi degli Stati, di aggirarle legalmente o illegalmente. Perché non vi è più il parametro morale del giudizio collettivo che identificava il popolo-nazione- Stato.
Non sono d'accordo sul giudizio di Paul secondo cui N. sarebbe più uno scrittore brillante e un po' contraddittorio che un filosofo.
Prendiamo per esempio la critica alla metafisica nella parte prima di UTU.
Fin dal primo aforisma si capisce che tale critica non sarà impostata sullo stesso livello della metafisica, non verrà fatto cioè il lavoro di entrare in un sistema filosofico per mostrarne logicamente l'arbitrarietà dei fondamenti assunti, perché questo lavoro per N. è già stato compiuto (dallo scetticismo, dall'Illuminismo, da Montaigne etc.). La sua critica invece si basa sul mostrare che le origini di queste concezioni sono le stesse di tutte le forme che la vita assume: bisogni, sentimenti, inganni etc.
[1] "... non esiste, a rigor di termine, né un agire altruistico né un contemplare pienamente disinteressato, entrambe le cose sono soltanto sublimazioni, in cui l'elemento base appare quasi volatilizzato e solo alla più sottile osservazione si rivela ancora esistente".
E ancora, in conclusione del primo aforisma:
[1] "L'umanità ama scacciare dalla mente i dubbi sull'origine e i principi: non si deve forse essere quasi disumanizzati per sentire in sé l'inclinazione opposta?"
Da una parte gli inganni delle visioni sublimi di metafisica e religione, risultato di uno sforzo per abitare il mondo affinché sia sopportabile la vita, dall'altra lo spirito veritiero che ha sviluppato nella propria solitudine una certa sensibilità per lo smascheramento di questi inganni necessari, tolti i quali però sembra che rimanga solo qualcosa di disumano. Da qui anche quel riferimento nella prefazione alle sue illusioni giovanili (per Wagner e Schopenhauer): ma di quanti altri inganni, si chiede, lui stesso si dovrà nutrire per poter essere ancora così veritiero? Per sopportare cioè il paesaggio umano desolante che rimane.
In [2] afferma che non ci sono fatti eterni come non ci sono verità assolute, e questo appare chiaro secondo N. se si prende coscienza che il filosofo è abituato a riflettere su periodi storici brevissimi, con la conseguenze tendenza ad assolutizzare forme culturali che in verità hanno dietro di sé altre forme e trasformazioni.
Avere senso storico significa vedere l'uomo emergere da epoche arcaiche completamente diverse, relativizzare la nostra antichità prediletta.
[2] "Non vogliamo capire che l'uomo è divenuto e che anche la facoltà di conoscere è divenuto".
[2] "...tutto è divenuto; non ci sono fatti eterni: così come non ci sono verità assolute".
E ancora sulla riduzione delle idee ai bisogni dell'evoluzione:
[16] "...ciò che noi ora chiamiamo il mondo, è il risultato di una quantità di errori e di fantasie che sono sorti a poco a poco nell'evoluzione complessiva degli essere organici, e che sono cresciuti intrecciandosi gli uni alle altre e ci vengono ora trasmessi in eredità come tesoro accumulato in tutto il passato".
Mi sembra insomma abbastanza chiaro ciò che intende fare in queste prime pagine: un lavoro che poi chiamerà genealogia, che per ora definisce chimica delle idee, che consiste appunto nella ricostruzione o riduzione psicologica (o in generale attinente i bisogni antropologici) delle idee metafisiche, religiose e morali, tradizionalmente assunte come separate dalla materia umana quasi fossero cadute dal cielo e invece provenienti, secondo N., dalle battaglie del livello più basso dei bisogni umani.
In questo progetto filosofico insomma non mi sembra ci sia nulla di contraddittorio o confuso. Anzi, vedo molto rigore.
Come introduzione alla lettura del testo alcune osservazioni tratte da "Ecce homo" e dalla prefazione a "Umano troppo umano" scritta dieci anni dopo la prima edizione.
"Umano troppo umano" è un libro per spiriti liberi, spiriti cioè che sono riusciti a liberarsi da ciò che non apparteneva alla propria natura, e nel caso di N. l'ideale, i buoni sentimenti, i "sublimi imbrogli" della metafisica e della religione. "Il titolo dice: dove voi vedete cose ideali, io vedo – cose umane, ahi troppo umane!".
L'attacco all'ideale avviene però senza pathos, al di fuori dell'invettiva: "Un errore dopo l'altro viene tranquillamente messo sul ghiaccio, l'ideale non viene confutato – congela...".
L'evento decisivo della formazione dello spirito libero è una grande separazione. Da che cosa? Da tutto ciò che prima era ritenuto venerabile.
Segno della buona riuscita di questa liberazione è il manifestarsi della grande salute: "quell'eccesso che dà allo spirito libero la pericolosa prerogativa di poter vivere d'ora innanzi per esperimento e di potersi offrire all'avventura".
Un lungo percorso di apprendistato solitario in cui alla fine si comprende "la necessaria ingiustizia di ogni pro e contro, l'ingiustizia come inseparabile dalla vita, la vita stessa come condizionata dalla prospettiva e dalla sua ingiustizia".
Ma accanto a questa ingiustizia alta, ineludibile, che i viventi devono accettare, c'è un'ingiustizia più grave, un'ingiustizia infetta: "là cioè dove la vita è sviluppata nel modo più piccolo, più ristretto, più meschino e tuttavia non può fare a meno di prendere se stessa come scopo e misura delle cose".
Il pericolo non è tanto l'inganno, ma l'inconsapevolezza di esso e la violenza che ne deriva nel soffocare tutte le altre forme. Il nascere stesso di altre prospettive è combattuto dall'arroganza di uno spirito rudimentale che non vuole prendere coscienza della propria arbitrarietà.
Questo mi sembra un punto importante: vedere il pericolo non nella scelta dell'inganno, cioè del tipo di visione (religiosa o metafisica o artistica etc.) che si decide di abbracciare, ma nella rimozione del fatto che c'è stata scelta, quindi arbitrarietà, quindi alla radice quell'ingiustizia che non può essere separata dal vivere e che va accettata.
A mia volta non sono ovviamente d'accordo con te Kobayashi. Ma adatto che ogni volta che critico Nietzsche accade un incidente diplomatico con Green, mi limiterò....non ho intenzione di creare polemiche.
Nietzsche
Aforisma 1- Chimica delle idee e dei sentimenti.
I problemi filosofici riprendono oggi in quasi tutti i loro elementi la stessa forma di domanda che duemila anni fa: come una cosa può nascere dal suo contrario, per esempio ciò che è ragionevole da ciò che è privo di ragione.......... La filosofia metafisica si aggiustò finora per superare queste difficoltà negando che l'una cosa nascesse dall'altra e ammettendo per le cose più altamente apprezzate un'origine miracolosa, proveniente immediatamente dal nocciolo e dall'essenza della "cosa in sé"...........Tutto ciò di cui noi abbiamo bisogno e che solo con l'altezza presente delle singole scienze ci può venir dato, è una chimica delle rappresentazioni e dei sentimenti morali, religiosi, estetici.............
Mio commento.
In metafisica i contrari generano il divenire della moltitudine delle apparenze, non l'essere che è eterno e che è proprio della metafisica.
L'origine miracolosa....Nietzsche sa forse spiegare il miracolo della vita? Nessuno sa spiegare come i "chimismi" di elementi materiali determinano l' "anima" della vita, il soffio vitale.
Nietzsche crede nel darwinismo evolutivo, nelle moderne scienze e quindi ritiene che il "chimismo" materico darà risposte........siamo in ancora in attesa e intanto un coronavirus sta mettendo sotto scacco l'intera scienza.
In sintesi nell'aforisma [1] viene detto:
- nella storia della filosofia si è posto il problema degli opposti, di come possa nascere qualcosa dal suo opposto. Come può emergere il razionale dall'irrazionale? La contemplazione disinteressata dal volere bramoso?
- la metafisica risponde che ciò non può avvenire, che i poli superiori di questi opposti hanno un'altra origine, un'origine miracolosa;
- secondo N. la "filosofia storica" insieme alle scienze naturali (presumo qui si debba intendere un approccio positivistico o illuministico in generale) ha accertato che quelle cose non sono opposte. Per spiegare quindi i poli superiori che di primo acchito sembrerebbero così lontani dalle cose umane ci basta una chimica delle idee, ovvero è possibile mostrare (come poi farà programmaticamente in "Genealogia della morale") che questi poli nobili potrebbero venire dagli ingredienti più bassi.
Ma se così fosse, si chiede N., quanti avranno voglia di perseverare in queste indagini?
Venendo ai tuoi commenti.
Sul primo direi che esprimi una posizione inconciliabile con la filosofia di N., ma non è un'obiezione al testo.
Sul secondo e terzo: mi sembra chiaro che N. non sta dicendo che la vita si possa dedurre dalle azioni e reazioni della chimica. Non sta facendo un discorso sull'origine della materia vivente. Lui parla di chimica delle idee e dei sentimenti morali, religiosi ed estetici per porre l'ipotesi che alla base delle cose più nobili, elevate, spirituali, ci potrebbero essere gli stessi ingredienti di tutto il materiale umano più rozzo, come il desiderio di dominio, l'istinto di sopravvivenza etc.
Per esempio: il cammino della santità e dell'ascetismo come una strategia quasi inconscia per ribaltare la propria debolezza fisica e di casta in dominio spirituale sui potenti e sui popoli.
Non mi risulta che la metafisica si sia posto il problema di una nascita fra opposti e per giunta dove una parte appartenete a "poli superiori": ma di cosa e di chi parla Nietzsche? Socrate e quindi Platone l'ho studiato tutto e di Arisitotele sto riprendendo proprio "Metafisica".
Gli opposti, o contrati, o antagonisti, o mancanza e assenza, o pieno o vuoto, ecc. sono evidenze che tutti i filosofi greci, non solo metafisici discussero. Direi che era filosofia della natura e fisica di quel tempo. Ma non c'è un concetto di "miracoloso" in un "polo superiore".
Certo che l'approccio di Nietzsche è positivistico. Che cosa mai avrebbe accertato la scienza moderna in fisica: che non esistono opposti? E tutti i legami polari chimico-fisici, l'elettrolisi, il catodo e l'anodo delle batterie? Tutto l'elettromagnetismo è fondato su polarità.
E cosa c'entra l'elettromagnetismo con la razionalità e irrazionalità, con i sentimenti?
La posizione di Nietzsche è di psicologismo empirico appoggiato all'evoluzione darwinista, appunto tipicamente positivista.
La filosofia poggiata sullo psicologismo è foriera di forti sbandamenti e ambiguità, poiché si può dire di tutto e il contrario di tutto, essendo fondata su niente .Che cosa è la psiche ontologicamente, se non un luogo inventato a sua volta per togliere all'antica psichè( L'anima) la condizione di esistenza? Tant'è che semmai la filosofia si è spostata sulla cognizione come ha cercato a sua volta di fare Husserl nella fenomenologia. La filosofia si interrogò sul processo conoscitivo, la gnoseologia.
Nietzsche è contraddittorio e irrazionalista, ma non sono da prendere come "brutte parole" contro Nietzsche, è la sua posizione estetica (contraddittoria poiché è imbevuta di positivismo del mainstream culturale di allora e ambigua poiché in fondo si schiera contro la cultura di allora, si direbbe un pensatore(non un filosofo) critico con due piedi in due scarpe diverse. Ma forse è proprio questo che lo caratterizza. Desidererei che si capisse che la mia non è una posizione "contro" Nietzsche ( sarebbe da parte mia stupido aver perso tempo a studiarlo).
Se per esempio nella tradizione platonica si può parlare di distinzione di natura tra anima e corpo è perché, evidentemente, si riconosce nell'anima un'attività di qualità così superiore rispetto ai processi legati al corpo da considerare tale attività come divina.
Teorie come quella di origine pitagorica della trasmigrazione delle anime forniscono spiegazioni "miracolose" sull'origine e sulla natura dell'elemento nobile, immortale, del vivente.
A queste concezioni (metafisiche, nell'accezione di N.) che in generale deducono le attività superiori dell'uomo ponendo una dimensione trascendente, N. contrappone la sua spiegazione immanentistica e le sue genealogie inquietanti (perché rivelano l'origine rimossa, in quanto bassa, volgare, di ciò che si venera).
Sui riferimenti che fai ai poli opposti nella chimica, nell'elettromagnetismo etc. sei fuori strada: è chiaro che il senso del brano [1] anche nell'accenno alla scienza moderna non è fare considerazioni scientifiche di quel tipo, ma porre la questione della genesi delle idee considerate nobili, divine.
Ci sono spiegazioni psicologiche così come altre sbilanciate sul versante dell'evoluzionismo, certo, ma ridurre tutto a psicologismo e darwinismo mi sembra una grave semplificazione.
Ma affinché tu possa rafforzare il tuo giudizio (di darwinismo, questa volta) leggiamo il brano [18], "Problemi fondamentali della metafisica".
La questione dell'identità, cioè il fatto di poter riconoscere degli oggetti identici, da cui i vari problemi legati alla permanenza e alla differenza, trattati per esempio nel Sofista di Platone, viene considerato da N. un errore (in quanto ogni cosa solo superficialmente può essere considerata uguale ad un'altra). Un errore che ha avuto un lungo percorso evolutivo.
Più si arretra a fasi remote dello sviluppo della conoscenza e maggiore è la propensione a vedere unità e identità.
Lo stesso si può dire della convinzione di vivere stati isolati, incondizionati, da cui si trae l'illusione della libertà, quando in realtà si è sempre condizionati da catene causali.
Concetti come Uno, identità, libero arbitrio, vengono da errori antichi, e la metafisica, occupandosi di preferenza di "sostanza e di libertà del volere" la si può vedere come la scienza che tratta degli errori fondamentali dell'uomo, però come se fossero verità fondamentali.
Citazione di: Ipazia il 01 Dicembre 2021, 22:04:35 PM
Con queste premesse è assai improbabile che una discussione abbia seguito.
FN è una figura affascinante, un profeta. Ma resta umano, fatalmente umano. Con grandi intuizioni e grandi pre-giudizi. Come da tutti i grandi, prendo quello che mi serve per nutrire la mia anima e lascio i cibi scaduti. Poi ci lavoro sopra.
Ciò che non uccide, rafforza. E ciò che uccide, uccide. Poi non ci pensi più. La vita è così semplice da decifrare; pure l'essere recupera la sua leggerezza una volta liberato dagli insostenibili macigni delle nostre paure.
Ma il fatto che io abbia una lettura, non vuol dire che altri non possano aggiungere la loro, inoltre c'è sempre spazio per i dettagli, uno può benissimo non intendere il tutto come opera magna, ma soffermarsi come anche tu dici sulle parti singole del discorso completo.
Citazione di: iano il 02 Dicembre 2021, 01:00:56 AM
I più furbi rispondono ancora, ma solo per dare autorevolezza a un pensiero che è solo il loro.
Ci troviamo quindi di fronte ad un autorevole profeta dei giorni nostri, nato quindi in un epoca sbagliata, fuori tempo massimo?
Troppo distante da quelli che lo hanno preceduto ? Una anomalo profeta laico?
I più affermano che il pensiero nicciano è di tipo aforistico, e cioè senza una sua compattezza interna.
E affermano che dunque è un pensatore acritico.
Chi dice di capirlo, ma poi non argomenta, è perchè come Ipazia ne prendono delle parti, ma mentre poi Ipazia costruisce un suo discorso, questi ultimi pretendono che il loro sapere frammentato sia la verità. Probabilmente è la verità per loro. Io non me ne preoccupo.
A mio modo di vedere invece c'è una strettissima relazione fra gli aforismi, lo dimostra d'altronde l'intero opus che è stato lasciato fuori dal nostro autore (e che oggi costituisce l'opera postuma, ugualmente gigantesca per intuizioni e collegamenti di pensiero), a testimonianza di un lavoro di selezione verso un pensiero che visto la dimensione dell'opera postuma era grande almeno il doppio, e dunque c'è un lavoro dietro un lavoro di prima stesura, che richiede una strategia ed un architettamento diversi. Questo devo dire che l'ho capito.
Che fosse un profeta laico possiamo ben dirlo.
Ma non è poi così difficile vedere il suo lavoro sulla scia di tanti altri lavori.
La sua biblioteca era immensa.
La maggior parte dei ricercatori spreca il suo tempo a rintracciare queste fonti.
Un peccato visto che l'ambizione di Nietzche era proprio fare delle fonti una sintesi e
poi procedere avanti.
Se noi intendiamo la profezia di Nietzche come esito, sbaglieremmo, perchè Nietzche pone la profezia solo per sorpassarla.
Pone il nichilismo come critica, ma lo sorpassa subito quando fa una critica del soggetto.
E' chiaro che pochi lo possono seguire, chi mai rinuncia a se stesso ogni giorno?
Fortunatamente Nietzche può anche essere letto, e forse deve essere letto , come moralista francese, ossia alla pari di un Montaigne. Di cui altro non era che l'erede.
In uno dei suoi ultimi lavori Nietzche infatti dice: "finalmente posso dirmi francese, e non più tedesco".
Ossia la fine del suo lento e progressivo spostamento dalle posizioni ereditate della metafisica greco-tedesca, fino all'insegnamento dei moralisti francesi del 1600.
Il tutto in una sintesi vertiginosa dei motivi dell'una popolazione, verso l'altra.
Quindi si profeta, ma quello per quanto possa oggi sembrare strano, quello è solo la parte più semplice di un discorso con un ambizione più alta e morale.
(non la morale del popolino, non ci si illuda, direi proprio l'opposto)
Citazione di: paul11 il 02 Dicembre 2021, 14:22:09 PM
Il mio parere è che Nietzsche sia contraddittorio come pensatore. Bene. bene nel senso che forse è propria questa la verità della condizione umana nel mondo . Il suo modo di scrivere è un miscuglio fra ragione e sentimento, non è un argomentatore logico ,poichè ha rifiutato la ragione umana, l'intellezione, come strumento di verità, è più un esteta.
Dipende dalla lettura che ne fai.
Ogni aforisma si tiene solo per via dell'aforisma precedente.
Per intendere lucidamente cosa sta parlando, bisogna leggerlo dall'inizio.
Non si può prendere a caso degli aforismi e cercarne il valore critico o peggio ancora analitico.
Nietzche non è un esteta, è un moralista capace di alta letteratura, le sue immagine, le sue allegorie hanno conquistato il pubblico giovanile fin dal giorno della loro uscita e continuano a farlo.
Ma un conto è la letteratura, e un conto la filosofia che vi è dietro.
E certo che è un miscuglio di sentimento e ragione.
Ma proprio nell'ordine che tu stesso hai ammesso.
Ossia la ragione è al servizio del sentimento, non dell'intelletto.
Lo sforzo iniziale di Nietzche è illustrare anzitutto l'impossibilità di una critica razionale all'intelletto escludendo il sentimento.
Esiste critica intellettuale solo se vi è sentimento.
Ma non è forse quello che dicevano anche Platone Aristotele ed Hegel per esempio?
Se vogliamo possiamo imputargli la mancanza di una dottrina del sensibile.
Ma il punto è proprio il fatto che nella critica sentimentale al giudizio critico, si dà per scontato che noi abbiamo letto Kant ed Hegel.
E viene pure detto. ??? Basta con la fretta, andiamo passo passino.
Leggiamolo insieme con pazienza Paul! ;) 8)
nb insomma qui non è in ballo la critica del giudizio puro, ma quello del giudizio pratico.
(per questo il nostro si sbarazza velocemente di Kant, ad esempio).
Lo stesso Kant spiegava l'impossibilità di un giudizo puro pratico. Spero tu riesca a capire cosa intendeva Kant. Se hai tempo (e voglia) è scritto nella introduzione alla ragion pratica, mi sembra fosse proprio la prima argomentazione.
Citazione di: viator il 02 Dicembre 2021, 17:17:05 PM
Salve Green. Citandoti : "Sinceramente a parte me, non vedo nessuno che abbia anche solo cominciato a capire di che cavolo parla il nostro".
Azzardo una diagnosi : è perchè tra geni (tu e lui) ci si intende...........mentre noialtri siamo solo dei poverini che fanno e capiscono solo il "quasi nulla" che possono. Saluti.
:D Spesso da giovane i professori credevano fossi un genio, e invece ero solo uno scansafatiche.
No, non ho mai avuto la fermezza, la costanza che necessita il lavoro etico.
Quello che posso portare di notevole (a loro avviso) è la lettura, a partire da un punto di vista geniale (boh a me pare normale).
Ma mi par di capire che per te Nietzche era un pazzo, e dunque non vi sia stato un lavoro.
Dunque sorrido alla provocazione.
E invece spero tu trovi il tempo per qualche considerazione a latere, che non sia mera denigrazione del nostro.
Citazione di: paul11 il 04 Dicembre 2021, 00:23:44 AM
Continuo a scrivere degli aforismi a mio parere più interessanti in Umano troppo umano.
"Prima c'era l'impersonalità come il vero segno dell'azione morale (....) oggi si vede meglio che nelle considerazioni personali è massima l'utilità per la generalità degli uomini: così che l'agire strettamente personale risponde all'idea odierna di moralità ,intesa come utilità generale (....) meglio della precedente compassionevole emozioni ed azioni a favore di altri (...)Solo importa sapere che cosa s'intenda per proprio vantaggio; l'individuo immaturo, rozzo, lo intenderà nel modo più rozzo".
Tipico esempio di ambiguità in Nietzsche mista a brillante intelligenza. E' vero che la morale è impersonale, è altrettanto vero che Nietzsche è contro la morale e quindi ciò che storicamente è avvenuto è proprio ciò che Nietzsche si proponeva. Era ovvio che finita la morale che fondamentalmente è impersonale se vuole essere universale, ne fuoiuscisse nella modernità fra soggettivismi e oggettivismi , fra scienza e conoscenza , una a-moralità in cui l'etica fosse fondata sull'utilità e quindi suffragasse poi il principio edonistico di Adam Smith e intanto la psicologia empirista picconasse l'anima facendo della psiche freudiana un luogo di IO- Super-io, di pulsioni soprattutto sessuali.
Ciò che oggi siamo, amorali edonistici e individualisti con crisi di identità sicuramente collettiva e anche individuale e che rispondono al concetto di fare cose utilitaristiche comportasse comunque ad un umano che decade nella rozzezza. Nietzsche sei sprovveduto se pensavi che il futuro fosse migliore.
Ma c' è di più e quasi nessuno di questo tempo vi arriva. Una collettività, una nazione uno Stato esistono solo se la sovranità è fondata su una morale premessa della legislazione del sovrano. Questa fu la regola fondativa degli Stati e dei sovrani. Senza la morale collettiva, manca il parametro sulla giustizia che inchioda alle responsabilità e alle coerenti azioni etiche dal sovrano all'ultimo dei popolani, senza il parametro di giudizio sulla giustizia, premessa alle legislazioni e che pone il giudizio se a sua volta una legge è giusta o ingiusta. Le impunità dei potenti, il togliersi, lo smarcarsi dal giudizio è tipico della modernità decadente dove tutti ormai cercano di non essere asserviti alle leggi degli Stati, di aggirarle legalmente o illegalmente. Perché non vi è più il parametro morale del giudizio collettivo che identificava il popolo-nazione- Stato.
No la lettura che fai è di tipo politico.
Se vogliamo ti rifai al pensiero democratico, e l'affannosa ricerca di una etica che vinca sulla morale.
Ma Nietzche parte prima dal soggetto.
E vi scopre sulla scia dei moralisti del 1600, che la morale è anzitutto un principio generale.
Quindi a monte del problema etico di una politica democratica, che incida sulla morale del popolo, ossia sui suoi costumi, vi è il problema generale della morale che non è un costume, ma una ricerca del soggetto che noi siamo.
Ossia dell'edonismo che noi siamo.
La morale dei filosofi etici come te, o qualsiasi altro marxista, si confonde con la pretesa di annullare quella morale prima che generalmente colpisce tutti gli individui come costume.
Ossia l'edonismo crea delle regole che poi vengono dimenticate, si forma il costume, il costume genera a sua volta una morale generalista, volta a che quel costume non sia cambiato, piuttosto che capito e ricordato.
A questo punto subentra il male assoluto ossia l'etica dello stato, che pretende di ordinare la generalità dei costumi, ossia che impone una morale, senza più alcun senso e motivo. rispetto all'edonismo iniziale, e ai costumi di un popolo, che magari un senso iniziale l'avevano pure.
Esattamente come i moralisti francesi, Nietzche non si scompone rispetto al soggetto che noi siamo, ossia all'individuazione del nostro tornaconto personale.
Invece la politica si scandalizza e con esso i popoli e le genti.
E' per questo che il filosofo è l'unico in grado di capire.
Ma non è questa la meta di Nietzche. Bisogna leggerlo dall'inzio.
Altrimenti è più utile Aristotele o Platone.
Peccato che nel frattempo c'è stato il pensiero moralista francese che rompe con Dio e orpelli simili.
(infatti la morale imposta è sempre la morale di Dio, allora meglio i totem e tabù del popolo).
Per Aristotele e Platone esiste infatti il bene, e il bene è Dio.
Ma ciò è mera follia, e su questo Nietzche martella come un pazzo.
NB dai passi da te citati si possono trovare alcuni indizi di quello che dico, ma il punto che ho notato con dolore, è che non si può saltare alcun pezzo, compresi quelli che riguardano la bestia.
E che sono i più controversi. E di cui io ho trovato soluzione proprio nell'ouverture nicciana,
Citazione di: Kobayashi il 04 Dicembre 2021, 07:23:55 AM
Non sono d'accordo sul giudizio di Paul secondo cui N. sarebbe più uno scrittore brillante e un po' contraddittorio che un filosofo.
Prendiamo per esempio la critica alla metafisica nella parte prima di UTU.
Fin dal primo aforisma si capisce che tale critica non sarà impostata sullo stesso livello della metafisica, non verrà fatto cioè il lavoro di entrare in un sistema filosofico per mostrarne logicamente l'arbitrarietà dei fondamenti assunti, perché questo lavoro per N. è già stato compiuto (dallo scetticismo, dall'Illuminismo, da Montaigne etc.). La sua critica invece si basa sul mostrare che le origini di queste concezioni sono le stesse di tutte le forme che la vita assume: bisogni, sentimenti, inganni etc.
[1] "... non esiste, a rigor di termine, né un agire altruistico né un contemplare pienamente disinteressato, entrambe le cose sono soltanto sublimazioni, in cui l'elemento base appare quasi volatilizzato e solo alla più sottile osservazione si rivela ancora esistente".
E ancora, in conclusione del primo aforisma:
[1] "L'umanità ama scacciare dalla mente i dubbi sull'origine e i principi: non si deve forse essere quasi disumanizzati per sentire in sé l'inclinazione opposta?"
Da una parte gli inganni delle visioni sublimi di metafisica e religione, risultato di uno sforzo per abitare il mondo affinché sia sopportabile la vita, dall'altra lo spirito veritiero che ha sviluppato nella propria solitudine una certa sensibilità per lo smascheramento di questi inganni necessari, tolti i quali però sembra che rimanga solo qualcosa di disumano. Da qui anche quel riferimento nella prefazione alle sue illusioni giovanili (per Wagner e Schopenhauer): ma di quanti altri inganni, si chiede, lui stesso si dovrà nutrire per poter essere ancora così veritiero? Per sopportare cioè il paesaggio umano desolante che rimane.
In [2] afferma che non ci sono fatti eterni come non ci sono verità assolute, e questo appare chiaro secondo N. se si prende coscienza che il filosofo è abituato a riflettere su periodi storici brevissimi, con la conseguenze tendenza ad assolutizzare forme culturali che in verità hanno dietro di sé altre forme e trasformazioni.
Avere senso storico significa vedere l'uomo emergere da epoche arcaiche completamente diverse, relativizzare la nostra antichità prediletta.
[2] "Non vogliamo capire che l'uomo è divenuto e che anche la facoltà di conoscere è divenuto".
[2] "...tutto è divenuto; non ci sono fatti eterni: così come non ci sono verità assolute".
E ancora sulla riduzione delle idee ai bisogni dell'evoluzione:
[16] "...ciò che noi ora chiamiamo il mondo, è il risultato di una quantità di errori e di fantasie che sono sorti a poco a poco nell'evoluzione complessiva degli essere organici, e che sono cresciuti intrecciandosi gli uni alle altre e ci vengono ora trasmessi in eredità come tesoro accumulato in tutto il passato".
Mi sembra insomma abbastanza chiaro ciò che intende fare in queste prime pagine: un lavoro che poi chiamerà genealogia, che per ora definisce chimica delle idee, che consiste appunto nella ricostruzione o riduzione psicologica (o in generale attinente i bisogni antropologici) delle idee metafisiche, religiose e morali, tradizionalmente assunte come separate dalla materia umana quasi fossero cadute dal cielo e invece provenienti, secondo N., dalle battaglie del livello più basso dei bisogni umani.
In questo progetto filosofico insomma non mi sembra ci sia nulla di contraddittorio o confuso. Anzi, vedo molto rigore.
Yes sir!
Esattamente.
Ecco per anticipare qualcosa a riguardo della bestia, Nietzche afferma: che ne sapete voi dei raggiri che devo fare per placare la mia inquietudine, a quali fantasie mi devo attaccare per poter procedere? (in sostanza non alla lettera).
E' proprio così! "la bestia" è la proiezione fantasmatica della volontà di potenza di Nietzche! (e non solo, quanti sognano di avere poteri eccezionali?)
La grandezza nicciana è quella di sapersi metter dentro al discorso che lui stesso porta avanti.
Ossia di auto-criticare il soggetto che lui è, e di contro noi che leggiamo del soggetto che noi siamo, E NON DOVREMMO ESSERE.
Citazione di: Kobayashi il 05 Dicembre 2021, 10:31:52 AM
Il pericolo non è tanto l'inganno, ma l'inconsapevolezza di esso e la violenza che ne deriva nel soffocare tutte le altre forme. Il nascere stesso di altre prospettive è combattuto dall'arroganza di uno spirito rudimentale che non vuole prendere coscienza della propria arbitrarietà.
Questo mi sembra un punto importante: vedere il pericolo non nella scelta dell'inganno, cioè del tipo di visione (religiosa o metafisica o artistica etc.) che si decide di abbracciare, ma nella rimozione del fatto che c'è stata scelta, quindi arbitrarietà, quindi alla radice quell'ingiustizia che non può essere separata dal vivere e che va accettata.
Yes sir. 8)
Tranne nel fatto che l'inganno non è importante ai fini della critica politica alla nascita della morale.
Ma è invece il problema principale nella metafisica, non lo sottovaluterei Koba.
E infatti sempre in ouverture sta scritto perchè la filosofia si interroga sulla verità (Platone e Aristotele e giù di lì fino alle ontologie moderne).
E non si interroga sulla menzogna?
In realtà mi ricordo che per esempio Agostino se ne è occupato.
E infatti il problema metafisico che si trascina alla corte del giudizio critico sulla politica arcaica, e quindi odierna, perchè non ancora pensata (come ben dici, ignoriamo completamente il problema), è di fatto la filosofia di Nietzche nella sua quint'essenza
Certo noi tapini, facciamo fatica anche solo a metterci in quel punto di vista, dove addirittura lo stesso giudizio è messo alla prova di un pensiero superiore alla sua mera accettazione supina.
Nietzche è un rivoluzionario totale, ma non a livello morale, perchè di fatto accoglie il moralismo francese e dunque la sua soluzione è il gargantua e pantagruele, è l'orlando furioso.
Ossia la vita letteraria. La vita intellettuale.
No io non lo seguo quando va oltre. Mi affido letteralmente alle sue allegorie.
Non riesco a vedermi come un deserto, eppure io sono esattamente quel deserto, da dove si sentono gli angeli, e gli angeli diventano una maledizione come fanciulle.
La prima elegia di Rilke, è da riflettere.
Certo perchè Rilke insieme a Kafka sono quelli che si pongono all'altezza di Nietzche.
E vista la loro forza letteraria direi molto più in su.
Citazione di: paul11 il 06 Dicembre 2021, 17:15:26 PM
Non mi risulta che la metafisica si sia posto il problema di una nascita fra opposti e per giunta dove una parte appartenete a "poli superiori": ma di cosa e di chi parla Nietzsche? Socrate e quindi Platone l'ho studiato tutto e di Arisitotele sto riprendendo proprio "Metafisica".
Gli opposti, o contrati, o antagonisti, o mancanza e assenza, o pieno o vuoto, ecc. sono evidenze che tutti i filosofi greci, non solo metafisici discussero. Direi che era filosofia della natura e fisica di quel tempo. Ma non c'è un concetto di "miracoloso" in un "polo superiore".
Certo che l'approccio di Nietzsche è positivistico. Che cosa mai avrebbe accertato la scienza moderna in fisica: che non esistono opposti? E tutti i legami polari chimico-fisici, l'elettrolisi, il catodo e l'anodo delle batterie? Tutto l'elettromagnetismo è fondato su polarità.
E cosa c'entra l'elettromagnetismo con la razionalità e irrazionalità, con i sentimenti?
La posizione di Nietzsche è di psicologismo empirico appoggiato all'evoluzione darwinista, appunto tipicamente positivista.
La filosofia poggiata sullo psicologismo è foriera di forti sbandamenti e ambiguità, poiché si può dire di tutto e il contrario di tutto, essendo fondata su niente .Che cosa è la psiche ontologicamente, se non un luogo inventato a sua volta per togliere all'antica psichè( L'anima) la condizione di esistenza? Tant'è che semmai la filosofia si è spostata sulla cognizione come ha cercato a sua volta di fare Husserl nella fenomenologia. La filosofia si interrogò sul processo conoscitivo, la gnoseologia.
Nietzsche è contraddittorio e irrazionalista, ma non sono da prendere come "brutte parole" contro Nietzsche, è la sua posizione estetica (contraddittoria poiché è imbevuta di positivismo del mainstream culturale di allora e ambigua poiché in fondo si schiera contro la cultura di allora, si direbbe un pensatore(non un filosofo) critico con due piedi in due scarpe diverse. Ma forse è proprio questo che lo caratterizza. Desidererei che si capisse che la mia non è una posizione "contro" Nietzsche ( sarebbe da parte mia stupido aver perso tempo a studiarlo).
Si è vero la posizione psicologista Nicciana è di matrice evidentemente positivista.
Forse la contraddizione che tu vedi è tra il soggetto che Nietzche è, e invece la sua filosofia che con il suo autore entra in polemos.
Come già detto in altre parti a me non interessa questa posizione fisicista, e certo, priva lo stesso suo autore, degli orizzonti da cui altri, noi moderni, abbiamo imparato ad indagare e conoscere le nefaste conseguenze di tale pensiero (Husserl etc..)
D'altronde lo stesso concetto di eterno ritorno mi pare una conseguenza di questo mal avviso.
La grandezza di Nietzche è la capacità di mettersi in moto contro questa stessa presunzione.
La filosofia di Nietzche è un continuo scontro con lo psicologismo di Nietzche, che sia una volontà di potenza, o una presunzione della scienza positivista, non ha alcun effetto sulla sua dialettica del sentimento.
Infatti come Nietzche si illude di credere di essere un fisicalista, così ci fa notare ad ogni nota e piè sospinto che non è quello il punto! Infatti essa è una illusione.
Nietzche si assume il peso schiacciante del positivismo e diventa il profeta del futuro, ossia del nichilismo.
Ossia Nietzche raggiunge il nichilismo proprio a partire dal suo tempo, ma lo fa ben oltre, a partire da ogni tempo.
Quindi si è ben accetto e argomentato il tuo dissapore verso il nostro.
Mi stupisce solo che non vedi questa lotta interna allo stesso Nietzche.
D'altronde egli sta insegnandoci a fare guerra a noi stessi, come poteva non fare guerra a se stesso?
La sua sottile arte letteraria è piena di trabocchetti.
Per esempio solo Cacciari si è accorto che l'eterno ritorno è il discorso della scimmia e non del suo autore ossia della sua filosofia.
Il suo autore è criticabile, e lo criticheremo, ma non la sua filosofia.
@ Kobayashi
Adesso ti sei spiegato decisamente meglio, e infatti mi ci trovo.
Veniamo al focus su Nietzsche.
Crede in un mondo anti-morale e adatto che la morale è costituita dalla metafisica filosofica e soprattutto dalle religioni, ritiene che la contrapposizione fra anima (idea) e corpo(fisica) sia l'origine della morale.
Prima di tutto in filosofia metafisica greca non c'è la contrapposizione fra anima e corpo seppur venga accettata la differenza soprattutto in Socrate-Platone, meno in Aristotele.
Il dualismo non è una necessaria, semmai è possibile, contrapposizione, l'anima è immortale poiché è l'anima che anima(gioco di parole) il corpo. Quindi è miracoloso che Nietzsche sia nato se lui non sa spiegare ( e nessuno scientificamente lo sa spiegare) cosa sia la vita. Questo fa della vita il "miracolo" creazionista.
La trasmigrazione delle anime che viene da Pitagora ed è a sua volta originata dall'ermetismo egizio è precedente alla nascita della filosofia greca , tant'è che in un dialogo socratico di Platone se ne parla, ma senza quel dualismo estremistico imputato da Nietzsche. E' vero che l'immortalità dell'anima pone una proprietà fondamentale, ma non significa affatto per i metafisici di allora che il corpo fosse "non nobile": tutt'altro. La demolizione della morale per Nietzsche presuppone la demolizione dell'anima e del "mondo delle idee" tipico della metafisica intesa come oltre la fisica (Nietzsche cade in contraddizione allora se pensa ad un Oltre-uomo ),
quindi ritiene che il pensiero deduttivo seppur logico che vada oltre l'evidenza sensibile sia "miracoloso". Io direi a Nietzsche che allora è "miracoloso" il fatto che lui stesso pensi e non sappia dire da dove venga esercitato ,l'atto del pensare. Pensare oltre la morale, oltre la religione e oltre l'uomo è ancora pensarli e questo è contraddittorio poiché il suo pensiero poggia sulla negazione non sulla positività , come molto del pensiero attuale e moderno: è privo di ontologia.
Il trascendente, il trascendentale e l'immanentistico sono dentro il "mito della caverna" di Platone, se abbiamo davvero capito quel mito, cioè la relazione del vedere farsi un'idea sul veduto decidere se è vero-verosimile-falso. Il trascendente è un termine più teologico che metafisico, il trascendentale è l'uso modernista di Kant per spiegare il pensiero e la conoscenza dichiarando il noumeno, l'immanentismo è spiegato nella metafisica con il divenire. Ma sono tre termini molto più usati ,se non solo usati, dalla modernità a noi, o al massimo nel pensiero latino tardo medievale.
Platone che ritiene il mondo delle idee superiore a quello delle apparenze, non ha una contrapposizione così forte come ad esempio in alcuni patristi cristiani; nella cultura greca ,le polarità ,le dualità e contrari e contrasti erano accettati e la morale poggia sulla natura non su una rivelazione divina, in questo è deviante o comunque molto poco chiaro Nietzsche.
C'è una Bibbia, di cui fa parte il Vangelo cristiano, c'è un pensiero filosofico soprattutto metafisico greco, c'è una ellenizzazione del pensiero sotto Alessandro Magno e il ponte con il mondo latino romano, ma non si fa di tutto il pensiero un fascio ,vi sono diversità interne e anche profonde che purtroppo essendo invise ai Nietzsche e ai moderni, sono ancora in attesa di essere svelati, approfonditi, ripresi.
Senza morale, piaccia o non piaccia, non esiste una narrazione collettiva storica di nessun popolo poiché dentro i miti, sono dentro le morali . Togliere la morale significa collassare l'identità individuale e collettiva di popolo , senza morale non esiste idea e non esiste partito politico. Per questo in Platone/Socrate è forte la relazione fra sovrano-popolo-morale- polis.
E' chiaro che scrivere succintamente in un forum si rischia la superficialità, ma Nietzsche crede tutto sommato nelle scienze moderne, nel kantismo, nel darwinismo: ma è ovvio. O si crede nella metafisica o si cade nello scientismo e Nietzsche ha compiuto la sua scelta.
E da dove deduci che 18-"Problemi fondamentali della metafisica" , abbia a che fare con il dialogo socratico di Platone il Sofista? In questo aforisma continua ad attaccare la metafisica, ma non è solo la metafisica è il pensiero soprattutto logico che non gli va, in quanto per Nietzsche, stimoli organici, sensazioni non sono riconducibili a spiegazioni e narrazioni tali da relazionarli a qualcosa ,come appunto fa il pensiero ( ma Anche Nietzsche contraddicendosi lo fa....).
Ma è importante quello che scrive nella parte finale di questo aforisma Nietzsche che rafforzerà poi in altri aforismi dicendo che l'uomo è totalmente deresponsabilizzato e quindi ingiudicabile.
Scrive nel brano 18 ....." Noi abbiamo fame, ma in origine non pensiamo che l'organismo deve essere conservato: a noi sembra che quella sensazione ci si manifesti senza causa e senza scopo, essa si isola e si considera come arbitraria. Dunque, la credenza nella libertà della volontà è un errore primordiale di tutto ciò che è organico, così antico come il tempo da cui esistono in lui le emozioni logiche, la credenza in sostanze incondizionate ed in cose eguali è pure un errore originario, ed altrettanto antico, di tutto ciò che è organico. Ma in quanto ogni metafisica si occupò di preferenza della sostanza e della libertà del volere, la si può definire come la scienza che tratta degli errori fondamentali degli uomini,- ma li tratta come se fossero fondamentali virtù.
Quì Nietzsche scende ad un basso livello intellettuale, per lui la volontà libera è quindi la sua mente è un suppellettile inutile. Poi si contraddice, cosa mai sarebbe allora il Super-uomo se non utilizzasse la libera volontà? Sempre per motivi anti-morale Nietzsche tenta di destrutturare il pensiero metafisico. Ma poi se il pensiero metafisico fosse in errore, quale sarebbe mai il parametro di giudizio ? Quale è il "giusto"?
@Green,
Nietzsche o è venerato o odiato, vie di mezzo sono difficili e ognuno ha una sua lettura, perché Nietzsche non scrive filosofia in maniera organica e strutturata. Confrontarsi sul testo è l'unico modo per dirimere interpretazioni differenti , o comunque per chiarirsi,anche se poi ognuno rimanesse del proprio parere.
Nietzsche è un esteta perché ama l'arte e questa è costruita sulle intuizioni non sui concetti.
Per questo Nietzsche segue istinti-impulsi-intuizioni e si scontra con ragione-concetto-logica.
Cosa intendi che Nietzsche sia un moralista? Se si scaglia contro la morale religiosa e metafisica , quale morale allora dichiarerebbe e fondata su cosa?
Se tu stesso infatti ammetti che Socrate/Platone e Aristotele direi molto meno e Gesù nei Vangeli sa legare i sentimenti e i concetti dentro la morale, tant'è che uno costituisce una maieutica costruita sul pensiero dialettico, l'altro costruisce le parabole che sono narrazioni di esempi morali. Adatto che Nietzsche si scaglia proprio contro entrambi? O è in contraddizione o non si capisce, o non ha capito lui niente.
Nietzsche sposa la dottrina del sensibile intesa come natura fisica scientifica, non gli va la metafisica, l'oltre il sensibile.
Nietzsche accetta Kant poiché quest'ultimo inventandosi il noumeno non andò oltre il trascendentale del pensiero che significa attenersi all'empirico , Hegel è completamente diverso e quindi inviso da Nietzsche, è la presenza dello Spirito nel mondo in Hegel che aleggia.
L'imperativo categorico kantiano è una motilità intestinale dove la morale è fondata sul nulla. Senza metafisica non si è mai riusciti a costruire una morale "alternativa": questo è un punto determinante nella costruzione dell'identità individuale e collettiva dei popoli e del decadimento attuale .
La morale è la narrazione storica di un popolo nella tragedia e nell'amore, senza questo ricordo nella tradizione un popolo unito si frantuma in individui che non sanno condividere.
Nietzsche è soggettivista, come tutti i moderni.
I moralisti francesi non hanno una morale....trovo ridicolo secondo cui Montaigne sarebbe un moralista quando è un precursore di Nietzsche. Allora i mistici cosa sarebbero ?
La morale non va cercata solo nell'uomo, questo è l'errrore dei moderni che non lo hanno trovata nemmeno nello psicologismo.
Questi antropologhi e psicologi da due soldi non sanno capire la morale di un cannibale o tagliatore di teste, da un sacerdote caldeo o dall'ermetismo egizio. La morale non è il costume di un popolo, semmai i costumi che vediamo per il mondo indicano il loro modo di vivere ,di essere e stare nel mondo che implica la morale. L'etica è ciò che vediamo, i comportamenti, mentre la morale è ciò che sottende all'etica e persino alle legislazioni ed è generalmente raccontata nelle tradizioni dei popoli, è un vero e proprio arche-tipo. La morale non è la tavola delle leggi di Mosè, è il "patto", la relazione fra Dio e uomo che costruisce l'universale-naturale-umano. Il nomos di Pindaro da cui deriva la sovranità nasce dalla morale.La morale quindi precede la formazione di un popolo, di una polis è la sua narrazione, la sua tradizione storica, la sua identità. Questo Nietzsche o non lo ha capito, e per questo politicamente capisce "na mazza", o non afferra le relazioni fra uomo naturale e uomo culturale e la sua storia. Se ogni popolo della terra ha una morale, ha una religione, significa che non è l'intellettualismo filosofico il problema, non era questa l'analisi da fare per arrivare a distruggere la morale.
La morale è il pensiero costruito su relazioni fondamentali , su come pensiamo che funziona il mondo nella sua essenza, mentre l'etica è la pratica, il comportamento che prendiamo come consono all'idea di mondo che ci siamo costruiti. Ecco perché c'è differenza fra giustizia come idea morale e la legge come concetto politico e il motivo per cui la morale dichiara le virtù e i vizi, il bene e il male. La legge politica condizionando i comportamenti quindi l'etica ,può entrare in collisione con la morale che a sua volta può essere una costruzione individuale, di popolo, religiosa o spirituale.
Il Bene per Platone non è affatto Dio, il demiurgo, anzi il Bene precede il demiurgo, quindi anche su queste relazioni si fanno confusioni. Il Bene è quello che è per Platone; è l'universo, la vita, la natura-Platone è stato molto travisato .
L'uomo non è solo natura, Nietzsche deve farsene una "ragione", essendo appunto l'uomo anche cultura, ragione. La morale non è una invenzione intellettuale e neppure naturale. È entrambe.
Non essendovi una natura morale, animali morali, gli umani essendo istinto e ragione hanno costruito relazioni particolari. La morale è necessaria nell'uomo ,non nei vegetali e negli animali, poiché è la relazione dell'armonia ed equilibrio che decide fra la volontà di potenza umana e il rapporto con la natura e gli altri umani come società. Essendo l'uomo potente, poiché con la ragione costrusce armi, tattiche e strategie superiori ai viventi, o quell'istinto edonista viene in qualche modo temperato, armonizzato modualto, limitato, oppure non poterebbe esistere l'uomo sociale.
Il "guerriero" nitzscheano deve sapere quando essere spietato e quando misericordioso.
Non regge uno "spontaneismo" individuale dentro un sistema organizzato sociale umano, la relazione fra individuo e sociale ha una zona di rispetto e di libertà,in cui l'individuo può vivere in sicurezza.
Quindi sì, la morale è un principio generale, ma non è individuale. Oggi è molto individuale e sta collassando la relazione sociale. La ricerca può essere individuale e soggettiva, ma la narrazione non può essere individuale. La Bibbia e il Corano sono racconti di tribù nomadi che una unica narrazione ha unificato come nazione di popolo e poi come Stato. Per questo la religione è potente, è direttamente morale, poiché la scrittura rivelata ha all'interno la morale. Per certi versi anche il marxismo quando storicizza lo sfruttamento compie una morale.
Lo Stato non impone una morale, perché esso stesso come Stato è nato da una morale, di tragedie storiche, di territorio. Lo Stato impone la Legge che non è la morale.
I totem e tabù sono morali quanto Dio.
Citaz Green
Mi stupisce solo che non vedi questa lotta interna allo stesso Nietzche.
Io le ho chiamate contraddizioni, dicendo che non è questa una "brutta" parola ,perchè in fondo la vita e noi stessi siamo un contraddittorio. Nietzsche è quindi da un certo punto di vista l"uomo".
Citazione di: green demetr il 07 Dicembre 2021, 15:58:00 PM
Per esempio solo Cacciari si è accorto che l'eterno ritorno è il discorso della scimmia e non del suo autore ossia della sua filosofia.
In che senso? Perché dell'eterno ritorno N. ne parla sempre come del suo pensiero più grande.
Viene dalla scimmia nel senso di un inganno necessario?
Veniamo alla morale, quindi alla seconda parte di "Umano, troppo umano", "Per la storia dei sentimenti morali".
N. si pone nei confronti della morale non come chi progetta di distruggerla (in una delle sue forme, per esempio quella cristiana), o almeno non solo come chi progetta di distruggerla, ma anche come chi è certo che la morale non possa essere altro che un inganno che storia dell'uomo e psicologia dimostrano in modo incontrovertibile.
N. sembra cioè che si disponga semplicemente ad accogliere questa verità, i risultati di un lungo percorso critico. Sembra si assuma il ruolo di mostrarne l'ineludibilità.
La cosa interessante però è che qua e là, tra gli aforismi critici, spunta anche qualche frammento che si potrebbe intitolare "verso una nuova etica", come il brano [49] sulla benevolenza, cui segue non a caso quello critico-negativo sulla compassione.
Se cioè da una parte accoglie e approfondisce e chiarisce la distruzione della morale tradizionale, dall'altra inizia a lasciare anche qualche riflessione sugli effetti positivi che la liberazione da essa porterà.
Per esempio il brano [56] in cui descrive un uomo liberato dai tormenti della religione e della morale, calmo, consapevole che non esiste il bene e il male assoluti, e che proprio per questo non finirà per essere soggiogato dalla forza dei desideri (si presume che le passioni vengano alimentate da verità assolute, che l'ossessione del peccato produca forme morbose sia sul versante del desiderio di purezza e che di quello della tentazione).
Ogni meta risulterà depotenziata dalla conoscenza. Lo potremmo definire l'abbozzo di un relativismo salutare.
Anche in conclusione della prima parte, "Delle prime e ultime cose", nel brano [34], fa delle riflessioni in linea con questo abbozzo di ethos.
Il tema in quel caso era: se la filosofia, tornando ad essere "scientifica" dopo la lunga fase della metafisica (fase iniziata, secondo N., con la scelta di Socrate di porre come criterio della conoscenza la felicità umana) non finisca così per essere contro la vita. Cioè la questione dell'effetto della conoscenza.
Ecco che accanto agli effetti di distruzione della conoscenza appare questo uomo nuovo che sente "come lo stato più desiderabile, quel libero, impavido librarsi al di sopra degli uomini, dei costumi, delle leggi e delle tradizionali valutazioni delle cose". Una creatura pacificata. Una versione amabile dell'oltre-uomo...
C'è comunque anche un'esplicita confutazione della morale. Si trova nel brano [39]. Una confutazione storico-evolutiva, diciamo così. Il ragionamento è il seguente:
- inizialmente (si presume nei tempi remoti) si assegna "buono" o "cattivo" agli effetti di un'azione;
- poi si passa a definire buona o cattiva l'azioni in se', indipendentemente dagli effetti;
- quindi ci si interessa alle sole intenzioni: sono queste ad essere valutabili moralmente;
- poi si prosegue e si valuta l'uomo nel suo complesso, il suo essere, non il singolo motivo;
- infine si prende atto che, essendo ciascuno così com'è non per propria scelta, ma per effetto di natura e ambiente, non può esserci responsabilità.
E così, dice N., si è giunti a riconoscere che l'evoluzione dei sentimenti morali è la storia di un errore. Perché tutto il processo è basato sull'errore di credere alla libertà del volere.
E qui veniamo in effetti a quella contraddizione fatta notare da Paul: che senso avrebbe tutta la filosofia di N. in un sistema che non ammette il libero arbitrio?
La contraddizione descritta sopra è forse solo apparente:
- abbiamo visto che per N. non c'è responsabilità morale perché la scelta di una certa azione non è presa liberamente, ma è il risultato di un conflitto interiore che si risolve con il prevalere di quella motivazione che, per cause organiche o ambientali, ha raggiunto, rispetto a tutte le altre, l'intensità maggiore;
- nello stesso modo va giudicato l'uomo della conoscenza: non ha meriti per la scelta di perseguire le sue ricerche, esattamente come il ladro non va condannato moralmente per i suoi furti;
- ma la conoscenza, essendo rivelazione di questi stessi meccanismi, rompe questo ciclo di necessità: la consapevolezza della realtà delle cose, svelando l'inganno, toglie forza alle motivazioni interne, scioglie dalla lotta (Schopenhauer?);
- la civiltà è destinata a crescere in conoscenza, anche in conoscenza di questi fattori su cui hanno prosperato morale e religione, e un giorno, nella sua parte più evoluta, potrà produrre l'uomo saggio e innocente;
In conclusione della seconda parte nel brano [107] si legge:
"L'abitudine ereditaria di valutare, amare e odiare erroneamente può ben continuare a regnare in noi; sotto l'influsso della crescente conoscenza diventerà tuttavia più debole: una nuova abitudine, quella di comprendere, di non amare, di non odiare, di guardare dall'alto, si radica a poco a poco in noi sullo stesso terreno, e tra migliaia di anni sarà forse abbastanza potente da dare all'umanità la forza di produrre l'uomo saggio e innocente".
Buongiorno a tutti
Ma perché poi l'"Uomo saggio e innocente" dovrebbe essere preferibile all'attuale o all'uomo del passato? Non c'è alcuna motivazione. Infatti non è dimostrabile che saggezza e innocenza aumentino la piacevolezza della vita, che in sostanza è ciò che cercava N. L'uomo attuale comprende infinitamente più dell'uomo del passato, ma è più felice? Non troviamo in N. la stessa non-accettazione dell'esistenza "così com'è" quando si sogna una trasformazione che renda "più uomo" l'uomo? Il concetto di evoluzione come continuo miglioramento è tipicamente tardo ottocentesca, ma l'attualità sembra dirci altro al riguardo.
Citazione di: Alexander il 09 Dicembre 2021, 10:23:22 AM
Ma perché poi l'"Uomo saggio e innocente" dovrebbe essere preferibile all'attuale o all'uomo del passato? Non c'è alcuna motivazione. Infatti non è dimostrabile che saggezza e innocenza aumentino la piacevolezza della vita, che in sostanza è ciò che cercava N. L'uomo attuale comprende infinitamente più dell'uomo del passato, ma è più felice? Non troviamo in N. la stessa non-accettazione dell'esistenza "così com'è" quando si sogna una trasformazione che renda "più uomo" l'uomo? Il concetto di evoluzione come continuo miglioramento è tipicamente tardo ottocentesca, ma l'attualità sembra dirci altro al riguardo.
Per N. il processo della conoscenza non può essere interrotto. Anche se ci si rende conto che la filosofia è contro la vita, non si può fare un passo indietro.
Allora si può solo cercare di scovare, in questo avanzamento, qualcosa di meno desolante del presente.
In effetti ci si potrebbe chiedere se questa non sia un'ultima forma di ottimismo. Un'ultima illusione. Pensare cioè che dalla conoscenza possa saltare fuori un uomo saggio e innocente.
Perché, secondo me, che uomini saggi e innocenti siano meglio degli uomini-iene del nostro tempo, è sicuro.
Che dagli uomini-iene però possano nascere uomini saggi e innocenti, beh, in effetti questo è tutto un altro discorso...
Ed è un discorso che contraddice l'invito del brano [71] di vivere senza speranza...
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2021, 11:36:46 AM
Sinceramente a parte me, non vedo nessuno che abbia anche solo cominciato a capire di che cavolo parla il nostro.
Bene rileggiamolo insieme!!! forse lo capisco, forse lo capisco. >:(
C'è da chiedersi se sia il caso di continuare con questo atteggiamento per cui fare filosofia è capire i testi e la massima beatitudine è padroneggiarne la tradizione.
A conclusione del secondo volume di "Umano, troppo umano", nel "Viandante e la sua ombra", N. fa dire all'ombra, compagna del pensatore solitario in presenza della luce (=di una conoscenza che vuole fare chiarezza tra le oscurità romantiche, religiose, metafisiche):
"Di tutto ciò che hai detto, nulla mi è piaciuto più di quella promessa: diventerete di nuovo buoni vicini delle cose prossime".Si riferisce al fatto che finora si è ignorato ciò che conta di più per i singoli (saper impostare la propria condotta di vita: il rapporto con gli amici, il lavoro, l'alimentazione, il sonno, le condizioni più propizie per il proprio pensiero etc.) a causa di una tradizione idealista che valorizza l'opposto: la salvezza dell'anima, il rispetto dello Stato, la fede nel progresso della scienza, in generale cose che una cultura che si pone come universale dichiara essere utili all'umanità.
Si può dare questa interpretazione: la traiettoria dello spirito libero tratteggiato in "Umano, troppo umano" si chiude al di là della tradizione filosofica (della metafisica), nell'abbozzo di un sapere (un nuovo Rinascimento?) che sembra voler andare al di là dell'alternativa tra cultura e vita concreta, nell'abbozzo della costruzione di una nuova spiritualità.
Invita a non farsi irretire da vecchie nostalgie, a dirigere la propria ragione verso ciò che conta di più per la vita di ciascuno, il che significa preparare e realizzare trasformazioni reali nell'ambiente in cui si vive.
Più che "nuovo" è un Rinascimento rinnovato, già maturo nella
Lettera a Meneceo di Epicuro, rappresentante emblematico di quella filosofia della prassi sconfitta da millenni di platonismo ultramondano. L'ultima opera nicciana, che spiega e rinnova questa filosofia antimetafisica, "buona vicina delle cose prossime", è l'abbraccio ad un povero cavallo frustato dal padrone in quel di Torino. Poi passerà il testimone a noi postumi, rifugiandosi nel silenzio della sua mente divenuta, per noi, immortale.
Abbracciare un cavallo per le strade di Torino, sotto gli occhi della gente, può significare essere andati fuori di testa oppure voler indicare, con un gesto pubblico eclatante, che mi riconosco più nell'animalità che nei calcoli dell'utile umano, del profitto economico da estrarre da una bestia o da quello esistenziale dell'approvazione che si ottiene conformandosi ai costumi (che non prevedono lacrime versate in pubblico per un cavallo).
Ma appunto qui, di questo incredibile percorso umano e filosofico, siamo alla fine.
L'inizio è invece il tema del divenire ciò che si è: ovvero realizzare in opere e tracce se stessi.
Tema che si lega subito al problema di come un processo del genere possa svincolarsi dalla produzione automatica che viene dal corpo.
Infatti come dice Zarathustra: "Dietro i tuoi sentimenti e pensieri, fratello, sta un possente sovrano, un saggio ignoto – che si chiama Sé. Abita nel tuo corpo, è il tuo corpo".
Si può allora diventare ciò che si è evitando che questo divenire non sia altro che il risultato di un programma biologico?
La teoria viene dal corpo, ma una volta prodotta questa prima forma filosofica, questo primo sistema di pensiero involontario, si sviluppa come una forma organica, in modo indipendente, costringendo l'autore a inseguirla, nell'ossessione di chiarire se stesso nel rapporto con essa.
È l'oscillazione che si trova in tutta l'opera di N. tra l'esigenza di definirsi, di circoscrivere la propria identità in modo veritiero e il gioco della dissimulazione, delle maschere.
"Ascoltatemi! Perché sono questo e questo. E soprattutto non scambiatemi per altro!", si legge all'inizio di "Ecce homo".
Tuttavia questa tensione non è solo il sintomo della parziale consapevolezza di un certo automatismo nella produzione di se stessi nell'opera filosofica, ma anche il segno rivelatore dell'esigenza di sottoporre a critica questo automatismo.
Si può vedere in ciò lo sforzo per introdurre gradi di libertà in un automatismo che dobbiamo accettare, ma appunto anche criticare.
L'indicazione allora è: allenarsi ad abitare il paradosso di automatismo e critica per affrontare il blocco capitalistico-metafisico del presente con strumenti adatti alla realizzazione di sovvertimenti (grandi o piccoli, anzi, forse solo piccoli) e la sicurezza in se stessi sufficiente ad evitare scappatoie nelle costruzioni consolatorie dell'interiorità o nella morte.
E' una cruna d'ago sottilissima tra conformismo sociale e nichilismo il passaggio obbligato dopo la caduta degli dei e l'avvento dei truffatori. Nelle ultime opere FN insiste sul ritorno alla terra, sulla razionalità del corpo contrapposto all'infondatezza della speculazione metafisica, al lavoro velenoso della tarantola.
Poichè l'automatismo biologico lascia ben poco spazio all'illusione idealistica, non resta che trarre lo spirito dalla materia bruta, redimendola con l'amor fati ("Ogni "così fu" è un frammento, un enigma, una casualità orrida fin quando la volontà che crea non dica anche: "ma così volli che fosse!"). Solo da quel caos materico immodificabile può nascere una stella danzante.
Citazione di: Ipazia il 17 Dicembre 2021, 18:06:09 PM
"Ogni "così fu" è un frammento, un enigma, una casualità orrida fin quando la volontà che crea non dica anche: "ma così volli che fosse!"
Un buon esempio di inganno, illusione idealistica.
Citazione di: baylham il 17 Dicembre 2021, 18:21:36 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Dicembre 2021, 18:06:09 PM
"Ogni "così fu" è un frammento, un enigma, una casualità orrida fin quando la volontà che crea non dica anche: "ma così volli che fosse!"
Un buon esempio di inganno, illusione idealistica.
Direi di no perche è la semplice presa d'atto del nostro destino evolutivo al netto di ogni illusione iperuranica caratteristica del mondo delle idee da Platone in poi. Far seguire alla presa d'atto il farsene carico è la replica di Nietzsche-Zarathustra al crudo responso di Sileno, oltrepassando la passività tanto delle risposte nichiliste che di quelle conformiste.
Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2021, 00:59:08 AM
E da dove deduci che 18-"Problemi fondamentali della metafisica" , abbia a che fare con il dialogo socratico di Platone il Sofista? In questo aforisma continua ad attaccare la metafisica, ma non è solo la metafisica è il pensiero soprattutto logico che non gli va, in quanto per Nietzsche, stimoli organici, sensazioni non sono riconducibili a spiegazioni e narrazioni tali da relazionarli a qualcosa ,come appunto fa il pensiero ( ma Anche Nietzsche contraddicendosi lo fa....).
Ma è importante quello che scrive nella parte finale di questo aforisma Nietzsche che rafforzerà poi in altri aforismi dicendo che l'uomo è totalmente deresponsabilizzato e quindi ingiudicabile.
Scrive nel brano 18 ....." Noi abbiamo fame, ma in origine non pensiamo che l'organismo deve essere conservato: a noi sembra che quella sensazione ci si manifesti senza causa e senza scopo, essa si isola e si considera come arbitraria. Dunque, la credenza nella libertà della volontà è un errore primordiale di tutto ciò che è organico, così antico come il tempo da cui esistono in lui le emozioni logiche, la credenza in sostanze incondizionate ed in cose eguali è pure un errore originario, ed altrettanto antico, di tutto ciò che è organico. Ma in quanto ogni metafisica si occupò di preferenza della sostanza e della libertà del volere, la si può definire come la scienza che tratta degli errori fondamentali degli uomini,- ma li tratta come se fossero fondamentali virtù.
Quì Nietzsche scende ad un basso livello intellettuale, per lui la volontà libera è quindi la sua mente è un suppellettile inutile. Poi si contraddice, cosa mai sarebbe allora il Super-uomo se non utilizzasse la libera volontà? Sempre per motivi anti-morale Nietzsche tenta di destrutturare il pensiero metafisico. Ma poi se il pensiero metafisico fosse in errore, quale sarebbe mai il parametro di giudizio ? Quale è il "giusto"?
Non sono pratico di Platone, faccio fatica a leggerlo. Ma sicuramente non condivido la secca bocciatura che ne fa Ipazia.
Sebbene sia indirizzato a Koba, provo però a riprendere questo punto finale.
Nella concezione scientista nicciana, l'organicità contiene delle leggi meccaniche, ma al netto di questa credenza, il risultato da cui poi dipana la sua filosofia è esattamente il contrario di quanto affermi.
Infatti da queste leggi meccaniche Nietzche fa originare il pensiero politico umano.
Ma è evidente che per lui questo è esattamente il problema, non la conclusione logica, come mi pare tu abbia interpretato.
Infatti come per Platone, come per Kant anche per Nietzche il pensiero è piuttosto un agone dello scientismo che diventa erroneamente morale.
Il punto dunque si sposta su cosa sia il pensiero. Ed siamo dunque al cuore della filosofia idealista, che ragiona del pensiero a partire dal nuovo punto di vista del soggetto.
Nietzche è semplicemente il suo esponente più alto, perchè non è così illuso da porsi fuori dal punto di vista stesso, è per questo che come dice Sini, Nietzche arriverà allo sguardo dell'aquila, al terzo occhio, che è poi l'occhio del pensiero, oltre il soggetto, oltre la cultura, a guida del soggetto, a guida della cultura.
Il Nietzche scientista che tanto ci da fastidio, è semplicemente il Nietzche soggetto, non il Nietzche filosofo.
E' all'interno della sua filosofia, della filosofia del terzo occhio, del volo d'aquila, che non vi è alcuna contraddizione.
Penso che il forum invece dovrebbe essere proprio il luogo principale di qualsiasi filosofia.
Dove è chiaro da che parte sta un filosofo.
Dove il polemos si scatena subito. E chissà perchè Nietzche scatena sempre polemos.
Invece nei fogli accademici, all'interno delle loro 20 o 50 pagine di pensieri ridicoli, i ricercatori non si confrontano con esseri umani pensanti, ma con le istituzioni che dicono quali siano i punti da discutere e quali no (obbrobrio del piegarsi alla filosofia americana).
Tu che stai leggendo Platone dovresti sapere quanto il forum di Atene fosse un luogo importante.
Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2021, 12:02:32 PM
@Green,
Nietzsche o è venerato o odiato, vie di mezzo sono difficili e ognuno ha una sua lettura, perché Nietzsche non scrive filosofia in maniera organica e strutturata. Confrontarsi sul testo è l'unico modo per dirimere interpretazioni differenti , o comunque per chiarirsi,anche se poi ognuno rimanesse del proprio parere.
Nietzsche è un esteta perché ama l'arte e questa è costruita sulle intuizioni non sui concetti.
Per questo Nietzsche segue istinti-impulsi-intuizioni e si scontra con ragione-concetto-logica.
Cosa intendi che Nietzsche sia un moralista? Se si scaglia contro la morale religiosa e metafisica , quale morale allora dichiarerebbe e fondata su cosa?
Se tu stesso infatti ammetti che Socrate/Platone e Aristotele direi molto meno e Gesù nei Vangeli sa legare i sentimenti e i concetti dentro la morale, tant'è che uno costituisce una maieutica costruita sul pensiero dialettico, l'altro costruisce le parabole che sono narrazioni di esempi morali. Adatto che Nietzsche si scaglia proprio contro entrambi? O è in contraddizione o non si capisce, o non ha capito lui niente.
Nietzsche sposa la dottrina del sensibile intesa come natura fisica scientifica, non gli va la metafisica, l'oltre il sensibile.
Nietzsche accetta Kant poiché quest'ultimo inventandosi il noumeno non andò oltre il trascendentale del pensiero che significa attenersi all'empirico , Hegel è completamente diverso e quindi inviso da Nietzsche, è la presenza dello Spirito nel mondo in Hegel che aleggia.
L'imperativo categorico kantiano è una motilità intestinale dove la morale è fondata sul nulla. Senza metafisica non si è mai riusciti a costruire una morale "alternativa": questo è un punto determinante nella costruzione dell'identità individuale e collettiva dei popoli e del decadimento attuale .
La morale è la narrazione storica di un popolo nella tragedia e nell'amore, senza questo ricordo nella tradizione un popolo unito si frantuma in individui che non sanno condividere.
Nietzsche è soggettivista, come tutti i moderni.
I moralisti francesi non hanno una morale....trovo ridicolo secondo cui Montaigne sarebbe un moralista quando è un precursore di Nietzsche. Allora i mistici cosa sarebbero ?
La morale non va cercata solo nell'uomo, questo è l'errrore dei moderni che non lo hanno trovata nemmeno nello psicologismo.
Questi antropologhi e psicologi da due soldi non sanno capire la morale di un cannibale o tagliatore di teste, da un sacerdote caldeo o dall'ermetismo egizio. La morale non è il costume di un popolo, semmai i costumi che vediamo per il mondo indicano il loro modo di vivere ,di essere e stare nel mondo che implica la morale. L'etica è ciò che vediamo, i comportamenti, mentre la morale è ciò che sottende all'etica e persino alle legislazioni ed è generalmente raccontata nelle tradizioni dei popoli, è un vero e proprio arche-tipo. La morale non è la tavola delle leggi di Mosè, è il "patto", la relazione fra Dio e uomo che costruisce l'universale-naturale-umano. Il nomos di Pindaro da cui deriva la sovranità nasce dalla morale.La morale quindi precede la formazione di un popolo, di una polis è la sua narrazione, la sua tradizione storica, la sua identità. Questo Nietzsche o non lo ha capito, e per questo politicamente capisce "na mazza", o non afferra le relazioni fra uomo naturale e uomo culturale e la sua storia. Se ogni popolo della terra ha una morale, ha una religione, significa che non è l'intellettualismo filosofico il problema, non era questa l'analisi da fare per arrivare a distruggere la morale.
La morale è il pensiero costruito su relazioni fondamentali , su come pensiamo che funziona il mondo nella sua essenza, mentre l'etica è la pratica, il comportamento che prendiamo come consono all'idea di mondo che ci siamo costruiti. Ecco perché c'è differenza fra giustizia come idea morale e la legge come concetto politico e il motivo per cui la morale dichiara le virtù e i vizi, il bene e il male. La legge politica condizionando i comportamenti quindi l'etica ,può entrare in collisione con la morale che a sua volta può essere una costruzione individuale, di popolo, religiosa o spirituale.
Il Bene per Platone non è affatto Dio, il demiurgo, anzi il Bene precede il demiurgo, quindi anche su queste relazioni si fanno confusioni. Il Bene è quello che è per Platone; è l'universo, la vita, la natura-Platone è stato molto travisato .
Troppe castagne sul fuoco ???
Mi sembra che sei entrato in una sorta di spirale di odio contro Nietzche, e quello che rappresente certo.
Anzitutto le critiche che fa Nietzche a Kant, Hegel e implicitamente Platone, vanno lette con molta attenzione fra le righe, infatti sono giudizi troppo rapidi per poterli prendere così sottogamba.
Anch'io quando li lessi ne rimasi sopreso, ci ho impiegato un pò per capire che Nietzche ha fatto quello che già Hegel fece prima.
Come Hegel rifiuta gli analitica, e non ha tempo da perdere con loro, così Nietzche non ha tempo da perdere con le teorie del sensibile di Kant ed Hegel, le dà per assodate, e va avanti, evidentemente non avendo trovato in quegli autori il nocciolo del discorso che loro stessi (kant ed hegel) si erano ripromessi di fare.
Su questo sono ingnorante, e ti saprò dire alla fine del mio lavoro su hegel (anche se mi sembra di aver capito, che il discorso finale di hegel sia quello della scienza della logica. e quindi forse la cosa slitterà più avanti, rimango comunque convinto che i confronti va bene farli, ma di fatto, non siano così importanti da fare).
Rimango sorpreso invece sul fatto che per te i moralisti francesi non avessero una etica.
(Stiamo scherzando spero ??? )
Ancor più sorpreso della definizione che fai di etica (ciò che vediamo fare ad un popolo) e di morale (la parte legislativa), infatti è vero il contrario, che la morale sono i costumi, e l'etica sono le leggi.
O non riusciamo più a leggere alcun filosofo.
Probabilmente perchè continui a pensare che la Natura sia la base delle Leggi morali.
Come sai su questo dissentiamo profondamente ( e se stai leggendo Hegel, anche Hegel dissente).
Dunque ci troviamo ad un miscuglio di scambio di significati (e va bene basta capirsi), di dissapori (e su questo non possiamo farci niente), che forse portano a fraintenderci su quello che invece è più importante ossia il Pensiero.
Cosa è il pensiero caro Paul, è questa la domanda di sempre dei filosofi, e penso che sia te che io ce la stiamo ponendo da tanto tempo.
E dunque Nietzche non critica la metafisica, infatti ne crea una nuova, o meglio porta avanti il discorso di kant ed hegel.
Nietzche è un metafisico, che critica la metafisica.
Se rimaniamo fermi ai dogmi della metafisica, non è più metafisica.
La metafisica come la scienza, è in continua evoluzione. Infatti viene definita da Hegel, scienza dello spirito.
E credo che al di là dei scientismi, sia così.
Come preferisco dire, la saggezza è un continuo divenire.
All'interno della saggezza i conflitti vengono assorbiti con grande facilità, e così ogni breve affondo che Nietzche fa alla Metafisica, riconverge poi Dentro alla stessa Metafisica.
Questa è la mia profonda convinzione, questo è la mia chiave di lettura.
Nietzche è nemico a se stesso, esattamente come noi dovremmo diffidare di noi stessi: se no, niente voli d'Aquila.
Se no rimaniamo vittime della vecchia metafisica, e allora gli strali di Ipazia, e dei materialisti storici con essa, avrebbero ragione d'essere.
Citazione di: paul11 il 08 Dicembre 2021, 13:58:47 PM
L'uomo non è solo natura, Nietzsche deve farsene una "ragione", essendo appunto l'uomo anche cultura, ragione. La morale non è una invenzione intellettuale e neppure naturale. È entrambe.
Non essendovi una natura morale, animali morali, gli umani essendo istinto e ragione hanno costruito relazioni particolari. La morale è necessaria nell'uomo ,non nei vegetali e negli animali, poiché è la relazione dell'armonia ed equilibrio che decide fra la volontà di potenza umana e il rapporto con la natura e gli altri umani come società. Essendo l'uomo potente, poiché con la ragione costrusce armi, tattiche e strategie superiori ai viventi, o quell'istinto edonista viene in qualche modo temperato, armonizzato modualto, limitato, oppure non poterebbe esistere l'uomo sociale.
Il "guerriero" nitzscheano deve sapere quando essere spietato e quando misericordioso.
Non regge uno "spontaneismo" individuale dentro un sistema organizzato sociale umano, la relazione fra individuo e sociale ha una zona di rispetto e di libertà,in cui l'individuo può vivere in sicurezza.
Quindi sì, la morale è un principio generale, ma non è individuale. Oggi è molto individuale e sta collassando la relazione sociale. La ricerca può essere individuale e soggettiva, ma la narrazione non può essere individuale. La Bibbia e il Corano sono racconti di tribù nomadi che una unica narrazione ha unificato come nazione di popolo e poi come Stato. Per questo la religione è potente, è direttamente morale, poiché la scrittura rivelata ha all'interno la morale. Per certi versi anche il marxismo quando storicizza lo sfruttamento compie una morale.
Lo Stato non impone una morale, perché esso stesso come Stato è nato da una morale, di tragedie storiche, di territorio. Lo Stato impone la Legge che non è la morale.
I totem e tabù sono morali quanto Dio.
Citaz Green
Mi stupisce solo che non vedi questa lotta interna allo stesso Nietzche.
Io le ho chiamate contraddizioni, dicendo che non è questa una "brutta" parola ,perchè in fondo la vita e noi stessi siamo un contraddittorio. Nietzsche è quindi da un certo punto di vista l"uomo".
Ma appunto! Nietzche impatta direttamente con la contraddizione che l'uomo è.
Infatti anche se fosse un materialista (come molti pensano che sia, poniamo un Cacciari), cosa conterebbe rispetto al pensiero che si ripensa giammai come sola Natura!
Anzi l'uomo va oltre la natura (oltre-uomo), in quanto va oltre se stesso.
Nel fare questo la sua filosofia è dunque una metafisica senza contraddizioni.
Infatti se io ripenso l'automa che io sono, automaticamente non sono più l'automa che io penso di essere, e mi scopro fuori da ogni automatismo e nel caos cosmico.
Caos del pensiero non dell'entropia.
Citazione di: Kobayashi il 08 Dicembre 2021, 16:18:37 PM
Citazione di: green demetr il 07 Dicembre 2021, 15:58:00 PM
Per esempio solo Cacciari si è accorto che l'eterno ritorno è il discorso della scimmia e non del suo autore ossia della sua filosofia.
In che senso? Perché dell'eterno ritorno N. ne parla sempre come del suo pensiero più grande.
Viene dalla scimmia nel senso di un inganno necessario?
No l'eterno ritorno è quello che pensa la scimmia, invece il pensiero più grande è quello che Severino ha spiegato nel suo libro, io lo so per via di una sua intervista, ossia che l'oltre uomo VUOLE sovvertire anche l'ultimo dei lacci dell'automa, ossia il tempo.
Dunque non il tempo come eterno ritorno dell'uguale, ma il tempo rifiutato dalla volontà di potenza.
Io vado oltre il tempo, oltre la storia, naturalmente questo io, è l'io che sempre si inganna.
Cacciari fa notare come sarebbe una contraddizione senza senso che Nietzche il pensatore dell'impermanenza, credesse proprio in un pensiero immobile, e quindi permanente.
In questo senso l'amor fati, non è da intendere come un accettare il tempo che fu, ma uno scardinare il tempo che fu, in quanto siamo noi che ci limitiamo al tempo che fu, e invece il pensiero va oltre il tempo. Ovvero pensa fuori dal tempo, come già molti teologi dicono di Dio.
La vicinanza del pensiero di Nietzche alla matrice ebraica è evidente. I grandi pensatori arrivano tutti alla stessa conclusione.
Con la differenza che essendo filosofia si esplicita in un pensiero dialettico, e non letterale.
Citazione di: Kobayashi il 09 Dicembre 2021, 09:45:08 AM
La contraddizione descritta sopra è forse solo apparente:
- abbiamo visto che per N. non c'è responsabilità morale perché la scelta di una certa azione non è presa liberamente, ma è il risultato di un conflitto interiore che si risolve con il prevalere di quella motivazione che, per cause organiche o ambientali, ha raggiunto, rispetto a tutte le altre, l'intensità maggiore;
- nello stesso modo va giudicato l'uomo della conoscenza: non ha meriti per la scelta di perseguire le sue ricerche, esattamente come il ladro non va condannato moralmente per i suoi furti;
- ma la conoscenza, essendo rivelazione di questi stessi meccanismi, rompe questo ciclo di necessità: la consapevolezza della realtà delle cose, svelando l'inganno, toglie forza alle motivazioni interne, scioglie dalla lotta (Schopenhauer?);
- la civiltà è destinata a crescere in conoscenza, anche in conoscenza di questi fattori su cui hanno prosperato morale e religione, e un giorno, nella sua parte più evoluta, potrà produrre l'uomo saggio e innocente;
In conclusione della seconda parte nel brano [107] si legge:
"L'abitudine ereditaria di valutare, amare e odiare erroneamente può ben continuare a regnare in noi; sotto l'influsso della crescente conoscenza diventerà tuttavia più debole: una nuova abitudine, quella di comprendere, di non amare, di non odiare, di guardare dall'alto, si radica a poco a poco in noi sullo stesso terreno, e tra migliaia di anni sarà forse abbastanza potente da dare all'umanità la forza di produrre l'uomo saggio e innocente".
La cotraddizione è solo apparente, lo vado dicendo dal giorno numero 1.
Direi anzi che la contraddizione è il modo di sbarazzarsi dei lettori più superficiali, per questo pensa che nessuno potrà leggerlo o che forse un giorno qualcuno potrà.
Penso che l'uomo del 21 sec, ossia noi, possiamo cominciare a intenderlo sul serio, sia per via del fatto che le sue profezie cominciano ad avverarsi, sia perchè la reazione al positivismo ha portato una grande libertà nella costruzione del soggetto.
In Nietzche come nell'ebraismo, il soggetto non viene creato ex-cathedra, ma diventa saggio per via degli errori commessi. Ma questo era già Hegel, o i moralisti francesi.
La comprensione di ciò che noi siamo poi sfocia nella vera etica della liberazione, appunto la comunutà degli amici, e si è amici solo in virtù del riconoscimento dell'erranza, esattamente come l'ebro errante sa da giorno numero 1.
In questo senso la tematica della violenza, il cavallo stamazzato della poesia di Montale, ossia il cavallo di Nietzche, il nostro non riesce a cavarsela e implode.
In questo senso sto apprezzando meglio il pensiero severiniano o ebraico, che invece accetta la violenza come traccia del Dio.
Mancherebbe dunque il ripensamento dell'uomo come agone politico, forse in Nietzche non c'è, e questo forse a chi è in cerca di risposte facili da fastidio.
(in realtà c'è è appunto "la goccia pesante che cade", ossia l'uomo che ragiona su stesso, in attesa di arrivare all'uomo più vicino al pensiero pensantesi, che al pensiero che diviene collezione di oggetti, ossia soggetto (il nucleo fondante sia del moralismo francese che di Nietzche).
C'è una anelazione, una forza portante del bene.
Della benevolenza, del benedire.
Citazione di: Alexander il 09 Dicembre 2021, 10:23:22 AM
Buongiorno a tutti
Ma perché poi l'"Uomo saggio e innocente" dovrebbe essere preferibile all'attuale o all'uomo del passato? Non c'è alcuna motivazione. Infatti non è dimostrabile che saggezza e innocenza aumentino la piacevolezza della vita, che in sostanza è ciò che cercava N. L'uomo attuale comprende infinitamente più dell'uomo del passato, ma è più felice? Non troviamo in N. la stessa non-accettazione dell'esistenza "così com'è" quando si sogna una trasformazione che renda "più uomo" l'uomo? Il concetto di evoluzione come continuo miglioramento è tipicamente tardo ottocentesca, ma l'attualità sembra dirci altro al riguardo.
Per dirla con Marx, perchè siamo completamente alienati.
Alienati a cosa? Ovviamente a noi stessi.
Ma chi siamo noi?
Etc..etc..
La filosofia nasce da esigenze interiori, che tu non senti.
O meglio ti hanno educato a non sentirle.
Infatti i sentimenti sono cose da imparare, leggendo molta letteratura da giovanni, almeno questo è quello che feci all'epoca.
Poi ci sono esigenze interiori che comunque emergono in maniera sintomatica, come la depressione che caratterizza il nostro tempo.
Siamo drug-addicted, fino a poco tempo fa si diceva.
Come dicec Byoung-Chul, questa è la società che non vuole sentire dolore.
Ma la filosofia di Nietzche parte e finisce esattamente nel dolore.
L'individuo che non sente dolore nel proprio cuore, difficilmente arriverà mai a capire Nietzche fino in fondo.
SI può comunque leggerlo analiticamente.
Se poi non vogliamo sentire dolore, e il solo pensare arreca dolore, come è nella mia esperienza, il sentire di centinaia di gente, bè forse per sfogarsi questo non è il posto migliore. Di certo non questa discussione ;)
Scambiare la felicità per mancanza di dolore, ahimè.
Citazione di: Kobayashi il 09 Dicembre 2021, 17:10:14 PM
Citazione di: Alexander il 09 Dicembre 2021, 10:23:22 AM
Ma perché poi l'"Uomo saggio e innocente" dovrebbe essere preferibile all'attuale o all'uomo del passato? Non c'è alcuna motivazione. Infatti non è dimostrabile che saggezza e innocenza aumentino la piacevolezza della vita, che in sostanza è ciò che cercava N. L'uomo attuale comprende infinitamente più dell'uomo del passato, ma è più felice? Non troviamo in N. la stessa non-accettazione dell'esistenza "così com'è" quando si sogna una trasformazione che renda "più uomo" l'uomo? Il concetto di evoluzione come continuo miglioramento è tipicamente tardo ottocentesca, ma l'attualità sembra dirci altro al riguardo.
Per N. il processo della conoscenza non può essere interrotto. Anche se ci si rende conto che la filosofia è contro la vita, non si può fare un passo indietro.
Allora si può solo cercare di scovare, in questo avanzamento, qualcosa di meno desolante del presente.
In effetti ci si potrebbe chiedere se questa non sia un'ultima forma di ottimismo. Un'ultima illusione. Pensare cioè che dalla conoscenza possa saltare fuori un uomo saggio e innocente.
Perché, secondo me, che uomini saggi e innocenti siano meglio degli uomini-iene del nostro tempo, è sicuro.
Che dagli uomini-iene però possano nascere uomini saggi e innocenti, beh, in effetti questo è tutto un altro discorso...
Ed è un discorso che contraddice l'invito del brano [71] di vivere senza speranza...
Nietzche rifiuta lo storicismo, nelle sue tesi contro strauss, fa una critica al pensiero progressista.
In questo senso la speranza (le sorti progressive etc..con cui anche leopardi ironizzava) va negata.
Ma non è che per Nietzche non esista un progetto, così come nella ginestra anche leopardi non manca di fare notare.
Il punto è legato al dolore. Leopardi come l'ultimo Nietzche cadono di fronte all'inanità del mondo.
Figuriamoci se avessero visto in che razza di incubo stiamo per sprofondare.
Ma in fin dei conti che si sia sotto le macchine o sotto il tiranno, o tutti e 2, non cambia perchè ciò che conta è l'inanità dell'altro, ossia del poveraccio che sta davanti a noi.
"di che reggimento siete fratelli?"
sono voci del dolore che si spengono nella poesia.
Citazione di: Kobayashi il 16 Dicembre 2021, 09:02:28 AM
Citazione di: green demetr il 30 Novembre 2021, 11:36:46 AM
Sinceramente a parte me, non vedo nessuno che abbia anche solo cominciato a capire di che cavolo parla il nostro.
Bene rileggiamolo insieme!!! forse lo capisco, forse lo capisco. >:(
C'è da chiedersi se sia il caso di continuare con questo atteggiamento per cui fare filosofia è capire i testi e la massima beatitudine è padroneggiarne la tradizione.
A conclusione del secondo volume di "Umano, troppo umano", nel "Viandante e la sua ombra", N. fa dire all'ombra, compagna del pensatore solitario in presenza della luce (=di una conoscenza che vuole fare chiarezza tra le oscurità romantiche, religiose, metafisiche):
"Di tutto ciò che hai detto, nulla mi è piaciuto più di quella promessa: diventerete di nuovo buoni vicini delle cose prossime".
Si riferisce al fatto che finora si è ignorato ciò che conta di più per i singoli (saper impostare la propria condotta di vita: il rapporto con gli amici, il lavoro, l'alimentazione, il sonno, le condizioni più propizie per il proprio pensiero etc.) a causa di una tradizione idealista che valorizza l'opposto: la salvezza dell'anima, il rispetto dello Stato, la fede nel progresso della scienza, in generale cose che una cultura che si pone come universale dichiara essere utili all'umanità.
Si può dare questa interpretazione: la traiettoria dello spirito libero tratteggiato in "Umano, troppo umano" si chiude al di là della tradizione filosofica (della metafisica), nell'abbozzo di un sapere (un nuovo Rinascimento?) che sembra voler andare al di là dell'alternativa tra cultura e vita concreta, nell'abbozzo della costruzione di una nuova spiritualità.
Invita a non farsi irretire da vecchie nostalgie, a dirigere la propria ragione verso ciò che conta di più per la vita di ciascuno, il che significa preparare e realizzare trasformazioni reali nell'ambiente in cui si vive.
Forse ti stai riferendo alle pratiche spirituali.
Ma questo "voler comprendere la tradizione" è la rinascenza! non che la visione politica "della futura comunità degli amici" sia la rinascenza, come anche tu intuisci, che senso avrebbe senza una pratica del quotidiano?
Tutto bene, ma il mio allontanamento dagli amici, anche quelli di Milano, è per via del fatto che non vedo come queste pratiche siano possibili.
Non basta vedere come hanno tradito tutti? A partire dai rabbini.
Direi che la pratica spirituale che coincide proprio con la separazione degli amici, sia sinceramente marcia alla sua base.
No! ci vuole una comprensione infinitamente maggiore per poter parlare di stili di vita in ordine al discorso filosofico o spirituale che si voglia.
Ma questa comprensione da dove nasce se non dalla lettura?
Senza lettura, e con lettura si intenda lettura critica, anche con gli amici, e forse sopratutto con quelli, come ci possono essere i prodromi per qualsiasi futura politica?
Sinceramente la lettura solitaria potevo farla in giovinezza, da adulto ho smesso.
Questo che vedi scritto è solo una traccia.
Una traccia, un tentativo di ripresa di lettura, che si inabissa nelle incomprensioni, a partire da questo forum, in forma ovviamente, in quanto virtuale, leggera, e in maniera dura, con la fuga degli amici, nei loro problemi, nella realtà vissuta.
Questa è una spirale che non ha via di fuga, saremo tutti inabissati o morti.
E' proprio di fronte a questo orrore che sto tornando a leggere.
Addirittura ne sto facendo una cosa etica, perchè la sento all'improvviso come una cosa etica, senza più nè ma, nè però.
La trovi una cosa comoda? certamente lo è.
Ma in condizioni di stress non si riesce a lavorare.
E dunque il muro etico consiste proprio nell'erigere una barriera fra se e i problemi degli altri.
Anche perchè i problemi degli altri sono sempre di origine etica, sono stufo di dire alla gente cosa dovrebbero fare per se stessi, e successivamente cosa dovremmo fare insieme.
Non si riesce MAi ad andare oltre l'anticamera del pensiero.
Anzi vi si soggiorna nei casi migliori, e nei peggiori si va al bar a far baldoria.
Tutto ciò potevo farlo al prezzo di un lacerante dolore interiore, perchè comunque amo gli esseri umani, anche nelle loro debolezze.
Ma oggi amico, sinceramente qualcosa è cambiato dentro di me.
E' esattamente quello che vuole il sistema?
Certo che è così, e funziona.
La tecnica non ammette repliche.
Ma la tecnica non conosce, non sa niente.
E dunque non mi scompongo alle solite critiche sulla inutilità della filosofia.
La filosofia segue la sua strada da sola o con gli amici.(da socrate in poi).
Citazione di: green demetr il 22 Dicembre 2021, 18:42:46 PM
Forse ti stai riferendo alle pratiche spirituali.
Ma questo "voler comprendere la tradizione" è la rinascenza! non che la visione politica "della futura comunità degli amici" sia la rinascenza, come anche tu intuisci, che senso avrebbe senza una pratica del quotidiano?
Tutto bene, ma il mio allontanamento dagli amici, anche quelli di Milano, è per via del fatto che non vedo come queste pratiche siano possibili.
Non basta vedere come hanno tradito tutti? A partire dai rabbini.
Direi che la pratica spirituale che coincide proprio con la separazione degli amici, sia sinceramente marcia alla sua base.
No! ci vuole una comprensione infinitamente maggiore per poter parlare di stili di vita in ordine al discorso filosofico o spirituale che si voglia.
Ma questa comprensione da dove nasce se non dalla lettura?
Senza lettura, e con lettura si intenda lettura critica, anche con gli amici, e forse sopratutto con quelli, come ci possono essere i prodromi per qualsiasi futura politica?
Sinceramente la lettura solitaria potevo farla in giovinezza, da adulto ho smesso.
Questo che vedi scritto è solo una traccia.
Una traccia, un tentativo di ripresa di lettura, che si inabissa nelle incomprensioni, a partire da questo forum, in forma ovviamente, in quanto virtuale, leggera, e in maniera dura, con la fuga degli amici, nei loro problemi, nella realtà vissuta.
Questa è una spirale che non ha via di fuga, saremo tutti inabissati o morti.
E' proprio di fronte a questo orrore che sto tornando a leggere.
Addirittura ne sto facendo una cosa etica, perchè la sento all'improvviso come una cosa etica, senza più nè ma, nè però.
La trovi una cosa comoda? certamente lo è.
Ma in condizioni di stress non si riesce a lavorare.
E dunque il muro etico consiste proprio nell'erigere una barriera fra se e i problemi degli altri.
Anche perchè i problemi degli altri sono sempre di origine etica, sono stufo di dire alla gente cosa dovrebbero fare per se stessi, e successivamente cosa dovremmo fare insieme.
Non si riesce MAi ad andare oltre l'anticamera del pensiero.
Anzi vi si soggiorna nei casi migliori, e nei peggiori si va al bar a far baldoria.
Tutto ciò potevo farlo al prezzo di un lacerante dolore interiore, perchè comunque amo gli esseri umani, anche nelle loro debolezze.
Ma oggi amico, sinceramente qualcosa è cambiato dentro di me.
E' esattamente quello che vuole il sistema?
Certo che è così, e funziona.
La tecnica non ammette repliche.
Ma la tecnica non conosce, non sa niente.
E dunque non mi scompongo alle solite critiche sulla inutilità della filosofia.
La filosofia segue la sua strada da sola o con gli amici.(da socrate in poi).
Mi sono espresso male (o forse non mi sono affatto espresso...).
Volevo dire che non sono d'accordo sui seguenti modi di intendere la filosofia:
- la filosofia come uno dei modi possibili di descrivere la realtà;
- la filosofia come circoscritta al lavoro critico sulla cultura;
- e tantomeno la filosofia che vorrebbe ancora, come ai vecchi tempi, disporre del monopolio della verità.
Per me la pratica filosofica (che certo è fatta imprescindibilmente di lettura e scrittura) deve mostrare
reali conseguenze etico-politiche.
Per questo motivo tra gli interpreti di N. io sono dalla parte di Foucault.
La genealogia non deve solo servire a capire aspetti della tradizione, ma a smantellare concretamente i valori che ci inchiodano a questa condizione storica che tutti (o almeno tanti) vivono come soffocante, come prigione.
E questi valori non sono quelli della religione (come ripetono invece certi discepoli nicciani), ma quelli che legittimano questa realtà. Il pericolo della trascendenza non è più la fuga dal mondo verso Dio, ma la fuga da quelle zone di se stessi che rendono possibile questo mondo, e che invece andrebbero perlustrate senza pietà, così come N. ha analizzato e attraversato, per esempio, l'ideale ascetico. Smontandolo di fatto, liberandolo dalle proprie presunte origini nobili, mostrandolo per quello che è (e può anche essere desiderio elevato di liberazione in senso di pace, di tregua, ma senza poter più far finta che non abbia a che fare con il nulla, con la preferenza del nulla alla vita).
Chiediamoci per esempio: tutta questa sacrosanta filosofia contro il soggetto, contro la tirannia dell'Io e poi si ritorna sempre alle stesse cazzate, al consumismo, all'autostima, all'isolamento perché meno problematico rispetto al dialogo etc.
Al di là delle scelte esistenziali di ciascuno, al di là del cercare in qualche modo di tirare a campare con tutto il suo necessario gioco di equilibrio con forze avverse, la pratica filosofica (che può anche in parte rispondere appunto a strategie di sopravvivenza e quindi risultare sfigurata da queste necessarie manipolazioni), deve rigorosamente rispondere alle esigenze del presente, e il mondo attuale non è il deserto (magari!) ma qualcosa di simile alla prigione di ferro nero di Valis, un mondo parallelo che si mostra appena si abbandoni l'illusione di essere liberi, di avere il controllo della propria vita, di non essere organismi chiamati a simulare l'efficienza della macchina ma persone vere.
Quando nella terza dissertazione di Genealogia della morale, "Che significano gli ideali ascetici?", N. parla del prete asceta come di un malriuscito alla testa di una schiera di malriusciti, bisogna capire due cose:
- primo, dimentichiamoci le assurdità naziste: il malriuscito è colui che si sente estraneo al mondo in cui vive; nelle epoche arcaiche era un soggetto che o per mancanza di coraggio o per mancanza di forza fisica o per semplice disgusto, non sopportava il proprio mondo, fatto di guerre, aggressioni, crudeltà varie; e a questo punto il lettore anziché identificarsi un po' ingenuamente nell'opposto dell'asceta, ovvero nel guerriero aristocratico, sano e robusto, dovrebbe invece chiedersi se nei confronti del proprio mondo non sente la stessa estraneità provata dal malriuscito arcaico;
- secondo, la cosa più interessante è la potenza, la determinazione, la creatività di questi asceti che inventano un nuovo mondo, ribaltando completamente quello naturale; con la sola forza di volontà, assoggettando i propri istinti attraverso un'implacabile opera di violenza verso se stessi, creano qualcosa di nuovo, qualcosa che non c'era e impongono questo nuovo mondo come il vero e unico mondo, mentre del mondo naturale parlano come di un'illusione; e di fronte a questa opera di ribaltamento radicale e creazione si vede come N. sia ammirato; sbalordito e ammirato.
Insomma, tutto il ragionamento di N. sul risentimento, sugli schiavi, sui preti, può regalarci interessanti sorprese se interpretato in modo opposto rispetto alla lettura in linea con la parola dell'autore che valorizza, come sappiamo, l'aristocrazia, la vitalità, gli istinti etc., tutta roba di cui però, francamente, non sappiamo proprio che fare... e non per il fatto di avere ormai una moralità troppo sofisticata ma semplicemente per mancanza di spazio e di libertà.
Dunque vale la pena provare a studiare attentamente l'uomo del risentimento.
Sbalordito, forse; ammirato direi di no, visto che equipara la volontà di potenza dell'inventore del mondo dietro il mondo alla tarantola velenosa. Contro questo veleno metafisico FN scriverà per tutto il resto della sua vita.
Concordo che tale tarantola non sia solo di tipo religioso, ma investa pure gli idola della modernità (scienza, mercato, politica, razzismo). Lungo l'intera opera FN non fa sconti e non ne sposa nessuno. Esclusi i suoi.
Salve Ipazia. Citandoti : "Contro questo veleno metafisico FN scriverà per tutto il resto della sua vita".
Certo, è la riprova di quanto fosse convinto di star parlando della realtà mentre se ne trovava completamente al di fuori.
Infatti i veleni hanno base anzitutto fisica, poi quindi chimica, poi quindi (eventualmente) biologica. E fanno quindi parte della realtà...............mentre F.Nietzsche cercava disperatamente di star loro lontano.
Metafisici non sono i veleni.................bensì il loro effetto (rappresentando la morte il definitivo portone di ingresso nella metafisica). Saluti.
Se uno non vede la virulenza del veleno metafisico in un momento in cui vi siamo totalmente sommersi, nemmeno un dio ci potrà salvare. E tanto meno la bellezza, data per dispersa in quel di Pietroburgo oltre un secolo fa.
Citazione di: Kobayashi il 23 Dicembre 2021, 08:32:26 AM
Mi sono espresso male (o forse non mi sono affatto espresso...).
Volevo dire che non sono d'accordo sui seguenti modi di intendere la filosofia:
- la filosofia come uno dei modi possibili di descrivere la realtà;
- la filosofia come circoscritta al lavoro critico sulla cultura;
- e tantomeno la filosofia che vorrebbe ancora, come ai vecchi tempi, disporre del monopolio della verità.
Per me la pratica filosofica (che certo è fatta imprescindibilmente di lettura e scrittura) deve mostrare reali conseguenze etico-politiche.
Per questo motivo tra gli interpreti di N. io sono dalla parte di Foucault.
La genealogia non deve solo servire a capire aspetti della tradizione, ma a smantellare concretamente i valori che ci inchiodano a questa condizione storica che tutti (o almeno tanti) vivono come soffocante, come prigione.
Buone feste a tutti.
La filosofia nasce dalla democrazia, se si è in prigione, e lo stiamo per entrare, non esiste filosofia o spiritualità pratica.
Il discorso che fa Focault è certamente di una filosofia che deve teleologicamente rimontare (dopo averla decostruita) la sua reale politica.
Nel momento che rimonta diventa la vecchia metafisica che pretende di avere il monopolio delle verità (e oggi si chiama analitica, neuroscienza, neuro-linguistica).
Ogni politica pretende la sua verità.
Da metafisico l'unico contro-argomento che posso dare è che la verità coincide con l'essere, e che l'essenza è semplicemente (e mi aggiorno alla dialettica hegeliana che sto studiando) la forma finale di quell'Essere, dunque la realtà così detta è il progetto di Dio.
In questo senso mi allineo a Severino o a Heidegger: siamo destinati all'auto-distruzione, poichè la politica che cerca la tecnica per avere il potere, se ne frega dell'unica verità possibile, ossia quella dell'essere, quella di Dio.
La tecnica distrugge Dio, e distruggendo Dio, distrugge la fonte della verità, su cui meditando si può immaginare una nuova realtà.
Ma la realtà viene fatta prigioniera della scienza (solo per distruggerla, perchè quello è il compito della scienza). Spinta da forze di volontà di potenza, la tecnica è destinata ad ingoiare gli uomini.
Poichè gli uomini non sanno di essere soggetti, la tecnica li distrugge, rendendoli soggetti, ossia uomini-automa, dimostrando la necessità o la bellezza di questa transumanazione.
Dunque dall'ignoranza scaturisce la prigione (e per ciò Platone insisteva con i suoi insopportabili moralismi, giustamente oserei dire).
Detto ciò, è inammissibile che 3 sec di filosofia non si siano mai interrogati sul luogo utopico, che scaturisce dalla meditazione su Dio.
Essendo questo luogo la comunità degli amici.
Zizek al netto delle sue gravissime carenze, ha ragione a spronare le molti correnti politiche che a lui si sono rivolte, in cerca di guida politica, dando per scontato che esista una politica alternativa alle tirannie del contemporaneo.
Ma esiste davvero? Qualcuno l'ha mai pensata?
No nessuno l'ha mai pensata.
Questo è il compito della filosofia, ed Hegel lo scrive subito: non del fare genealogia oggi è chiesto all'uomo, ma della religione.
Ma la religione non è nè dei capi religiosi, nè tanto più, degli asceti.
La religione è quella del popolo. Un popolo che si muove alla ricerca di Dio.
Ossia alla comunità degli amici.
In questo ogni moralismo, e dico tutti, anche quelli che fondano la nostra società, dovrebbe essere messo al bando.
Questo è il radicalismo di Nietzche, il cui immaginario (e quindi paranoico in molti sensi) guerriero, è semplicemente la figura con cui si nutre, per attingere a quelle forze del pesiero, alle forze portanti del bene, ossia del pensiero (su d-o) in vista della comunità degli amici.
La comunità degli amici essendo un luogo metafisico, come forse riesci a convenire con me.
Ma non è che nel metafisico, non esite la pratica filosofia o spirituale, che a quel punto è la medesima cosa: ossia la ricerca di sè stessi tramite l'altro, ossia l'amico.
Di tutto questo chi ce ne lascia traccia? solo Nietzche, appunto.
Sono curioso di leggere Hegel per vedere se lui visto che se lo è appena messo come obiettivo, abbia lasciato qualche traccia di ciò.
E dunque per questo la filosofia descrive la realtà, ma non certo perchè questo sia il suo compito.
E con questo ho risposto alla tua prima considerazione, sulla quale dunque siamo d'accordo.
Stessa cosa per la seconda critica, è ovvio che la filosofia non coincide affatto con la cultura (direi anzi che se ne distanzia immediatamente).
Sul terzo dissento, la filosofia ha il monopolio della verità! infatti la verità è l'essere, e tutti quanti dicono che l'essere sia altra cosa che se stessa (la scienza) mentono, o hanno solo opinioni.
Come ci ha spiegato bene Severino a proposito del poema della natura di Parmenide.
Detto questo siamo di nuovo punto e a capo: non abbiamo ancora detto nulla.
In realtà ho capito benissimo cosa vuoi dire, è che mi pare non hai esplicitato bene il progetto di Focault , come sai, ho letto solo le prime 50 pagine del corso sull'epistemologia, e mi ero fatto una idea tutta mia, ma rileggendolo, effettivamente le cose andavano meglio con la tua chiave interpretativa.
La mia domanda a Focault, sarebbe però stata: ma non vedi come le tue teorie sulla pratica del sè non portano a niente? ma non vedi che il tuo amico Sartre è un sessuofobo esattamente come la "sciura" Maria?
Ma quale pratica del sè può anche essere pratica politica, se prima non c'è una politica di cosa sia quel sè?
Ma possibile che tutti leggano Hegel (e mi viene il dubbio che non l'hanno letto) e non hanno capito che la base è quella?
Possibile che anche oggi si riparta da Kant? tutti alla ricerca di una via della chiarezza, di una razionalità che sia comunitaria?
Ma non vi sarà mai niente del genere, e infatti non c'è mai stata, da Kant in poi.
E possibile che quella ridda di pensieri tra anni 60 e 70 abbia partorito il topolino della filosofia critica dagli anni 80 ad oggi, che non dice assolutamente niente, che si è dimenticata di tutto quanto fatto in quegli anni.
E quegli anni erano kantiani! Quindi pieni di contraddizioni, omissis, deragliamenti massivi rispetto persino a Platone (che non è certo il filosofo che seguo).
Amico mio non capisco, o sono io un genio, o qua c'è qualcosa che non va, nel portare avanti le istanze della filosofia.
Stavo riflettendo su
https://www.youtube.com/watch?v=fc2px-4_2NA da un pò di tempo.
La critica che Althusser fa del reale, ossia che il reale è il reale e non un effetto della sovrastruttura, non elimina affatto il problema del soggetto.
Sono d'accordo che sia gli storicisti e i sovrastrutturalisti pensino ad una realtà molto ingenua, che non sa niente delle sovradeterminazioni e delle sottodeterminazioni.
Ma è proprio per questo, che come anche egli sottolinea, la politica, se deve essere politica, deve pensare prima filosoficamente.
Ma è prorio per questo che la politica deve prima pensare il soggetto.
Ossia deve farsi prima filosofia.
Invece mi pare che per Althusser siano da dividere i compiti strategici e quelli filosofici.
Il che però caro amico non ha alcun senso.
Per questo anche la tua richiesta di una strategia, se deve essere strategia, non può essere pratica, ma prima del soggetto.
Ossia la comprensione dell'acronistoria che noi siamo.
Io sono d'accordo con quanti pensando sulla scia del pensiero di Ernst Bloch.
Rimarrebbe il lavoro da fare.
Ma come affrontare Bloch, senza Hegel?
E' impossibile farlo. Perciò è necessario leggere Hegel.
Tu mi rimproveri il fatto che tutto questo sia legato al pensiero religioso, e vi sia una sorta di contraddizione enorme in termini razionali, e che questo sia molto lontano dalle pratiche filosofico o spirituali.
Può essere ma il concetto di Dio, o di D-o, o di inconscio, devono coincidere.
La religione non è la religione del comando come Althusser stesso raccontava (in un tempo dove le domande erano intelligenti e le persone lo erano).
Mi chiedo se ti rendi conto della differenza clamorosa e fragorosa tra quella RAI, e questa RAI.
Naturalmente non sto parlando del semplice apparato di dominino, parlo proprio della capacità di discussione.
Ma non vedi come le posizioni di tutti, sono arrocate, in costante difesa di cosa?
Del loro soggetto!!!
Vedi io capisco che la tua critica sia quella di spostare il discorso filosofico sulle pratiche del sè. Ma quale sè sposta il discorso verso le patiche filosofiche, e ancora più evidente quale sè fa una pratica del sè?
Se non riusciamo ancora a capire l'abc che gli anni 70 hanno lasciato come eredità, siamo veramente messi male.
Sul fatto che il discorso per pensatori liberi, è impossibile, perchè non vi è più spazio di libertà: ma amico mio, è proprio quello il punto!!
Non vi è più spazio per le pratiche!!
La libertà rimane nella testimonianza, nella traccia.
Noi siamo le tracce di quel dolore insopportabile.
Evidentemente Marx e Althusser, non conoscevano ancora le pratiche della sevizia, della tortura, che per esempio vediamo illustrate nel film la battaglia di algeri del regista pontecorvo.
Ancor di meno Pontecorvo non conosceva l'uso che quelle pratiche avrebbe condotto a creare, ossia la PIL, la programmazione neuro-linguistica, sfrutta proprio questi media, per bloccare qualsiasi iniziativa strategia, per bloccare il pensiero.
Ancor più la psico-farmacia, capace di bloccare tutti i recettori dell'adrenalina.
Questo mondo si sta inabbissando, non è solo una questione culturale (e chi se ne frega di quella, la gente è ignorante, ma felice) ma è proprio una questione del dominio dei corpi.
L'accettazione dell'inoculazione, ragionevole o meno che sia, è di fatto il pass-partout per ogni futura disposizione del corpo umano.
Il pensiero non muore mai, ma il corpo muore.
E' questo l'obiettivo della scienza.
E mi pare che mentre noi stiamo parlando di UTU, non ci rendiamo conto che la Gaia Scienza, il vero testamento spirituale di Nietzche è una sinfonia contro la scienza.
Prima di Heidegger, prima di Severino.
E sono i soli autori. Non ne esistono altri. Non esistono epigoni, nè allievi.
In questo ottenebramento, che inizia proprio come voleva il romantico Pasolini, con la nascita della tv, appunto con gli anni 80, il processo verso la distruzione psichica dell'essere umana era iniziata, ed oggi è direi completata.
Ma questa è solo la prima parte della profezia Nicciana, l'unica che sia andata oltre, oltre la stessa Bibbia.
Perchè verrà il tempo, e certo non lo vedremo, in cui il potente, il tiranno, sarà talmente svuotato, talmente sazio dei cadaveri che seppellirà, che sarà assalito da un insopportabile senso di vuoto.
Sarà allora che esso cadrà nella disperazione, e da quella disperazione, in comunanza con le disperazioni che frattanto saranno dilagate nell'umanità a venire, non certo questa, che invece cerca la disperazione, disperatamente , e da quella disperazione l'umanità sarà pronta a spostare il peso dalla dialettica scientifica a quella sentimentale o morale.
Sarà allora che la gente leggerà finalmente la bibbia e di seguito l'etica di ogni tempo.
Per imparare da essa.
La visione Nicciana è piena di speranza, e vuole lasciare traccia per quel futuro che verrà, del pensiero della comunità.
Il pensiero del coraggio, il pensiero dell'altro.
Certo Nietzche non conosceva il male, come lo conoscono gli ebrei.
E pure gli ebrei non potevano prevedere che il destino dell'uomo, sarebbe stato spazzato via dall'atomica, o da un virus di laboratorio (e non sto parlando dell'oggi).
La scienza vuole prevenire la disperazione umana, perciò sta cercando di creare l'uomo cyborg, l'uomo robot.
E fallirà, in quanto l'uomo è dominato da istinti di distruzione, e la scienza è solo una creatura del mostro che noi siamo.
Come non vedere tutto ciò?
Ma veramente la storia non ci insegna MAI niente.
E' chiaro che il destino umano si è piegato alla sua annichilazione.
Ma poichè il futuro è nelle mani della storia, non rimane che superare il futuro.
E diventare noi, qui, oggi, ora quel filosofo del futuro, quel pensiero che diventa coraggio di pensare le nuove vie dell'essere uomo, e non del suo doppelganger malvagio.
E tu pensi che si possa fare per via delle pratiche?
Amico mio mi sembra che di carne al fuoco, per dissuaderti che quella sia la via giusta te le ho messe.
No amico solo le tracce, resteranno, molte spariranno, certamente tutte quelle dell'internet che diventerà un inferno molto presto.
Il desiderio di dominare l'altro e di non rispettarlo, santo cielo, ripartiamo dalle considerazioni finali di Althusser e andiamo avanti, amare l'altro, lasciandolo fare quello che lui vuole, è quella la base!
Citazione di: green demetr il 24 Dicembre 2021, 18:47:22 PM
La filosofia nasce dalla democrazia, se si è in prigione, e lo stiamo per entrare, non esiste filosofia o spiritualità pratica.
Il discorso che fa Focault è certamente di una filosofia che deve teleologicamente rimontare (dopo averla decostruita) la sua reale politica.
Nel momento che rimonta diventa la vecchia metafisica che pretende di avere il monopolio delle verità (e oggi si chiama analitica, neuroscienza, neuro-linguistica).
[...]
Il desiderio di dominare l'altro e di non rispettarlo, santo cielo, ripartiamo dalle considerazioni finali di Althusser e andiamo avanti, amare l'altro, lasciandolo fare quello che lui vuole, è quella la base!
Il discorso di Foucault sulla verità, secondo me, ruota attorno a due fuochi:
- il concetto di verità come qualcosa connesso al potere, quindi la verità cui le persone sono assoggettate tramite dispositivi di potere; e da questo punto di vista la filosofia ha il ruolo di critica, di genealogia, di smascheramento di queste pratiche di dominio;
- il concetto di verità da leggere in relazione alla parresia cinica, ovvero alla possibilità di estraniarsi dall'assoggettamento esercitato dal potere tramite varie pratiche più o meno radicali o paradossali; in sostanza come un'ipotesi di resistenza e di costruzione di un'altra possibile soggettività.
Che ciò sia realmente possibile è naturalmente un dubbio che non si può non avere. Ma già tentare è per me provare a declinare quell'elemento etico-politico di cui parlavo e a cui la filosofia, a mio giudizio, non può rinunciare, pena la sua irrilevanza per chi la pratica.
Non sto parlando di pratiche spirituali etc., ma qualcosa terra terra: interrogare Nietzsche, per esempio, cercando di arrivare a scovare dentro noi stessi ciò che acconsente all'attuale realtà, ciò che realmente adoriamo.
E sì, sicuramente si parte dalla constatazione del "desiderio di dominare l'altro e di non rispettarlo", e delle altre forme di assoggettamento e di distruzione.
Ma di fronte a queste verità nere la reazione apocalittica così come la messa in scena di un discorso su Dio non mi sembrano adeguate, a meno che tali approcci teorici sappiano produrre nuove soggettività capaci di quella comunità di amici di cui parli, o comunque capaci di nuovi cammini (ma veri cammini! cammini fisici, chilometri veri, pellegrinaggi, esperimenti etc.).
Continuo a credere, a distanza di anni, che la religione abbia senso solo come vita religiosa, vita consacrata. Certo, ciò significa assoggettamento ad una regola, ma libertà da altre forme di dominio sicuramente più depersonalizzanti, come il lavoro nella società liberista, nelle sue due forme, il lavoratore-macchina vittima dell'ossessione produttiva e il lavoratore imprenditore di se stesso. E poi tutta l'oscenità del culto del lusso che ci viene quotidianamente sbattuta in faccia. E il terrore della noia, e questa falsità che ci potrà essere un mondo senza più noia dove tutti saranno continuamente stimolati-narcotizzati tramite contenuti digitali...
Sale Kobayashi. Citandoti: "E il terrore della noia, e questa falsità che ci potrà essere un mondo senza più noia dove tutti saranno continuamente stimolati-narcotizzati tramite contenuti digitali...".
Come TUTTI ??. Forse una minoranza od una maggioranza.........ma dovrà pur sempre esistere una minoranza che - mantenendo sia potere che coscienza.....provveda a generare e gestire stimoli e narcotici digitali o di altro genere destinati a tutti gli altri.
Tu che dici ? Vedremo riproporsi il Medio Evo in versione immaterialmente informatica ? I Signori del Feudo (scientificamente e non più religiosamente investiti) i quali terranno per sè il sapere e gli strumenti lasciando al volgo la bovina sopravvivenza fatta di umili adempimenti e farmacologiche somministrazioni ?.
Citazione di: viator il 25 Dicembre 2021, 12:46:03 PM
Tu che dici ? Vedremo riproporsi il Medio Evo in versione immaterialmente informatica ? I Signori del Feudo (scientificamente e non più religiosamente investiti) i quali terranno per sè il sapere e gli strumenti lasciando al volgo la bovina sopravvivenza fatta di umili adempimenti e farmacologiche somministrazioni ?.
No, non credo che si porrà mai un limite all'accesso del sapere.
Penso che il vero problema sarà (ed è già presente oggi) quello di mantenere (o ritrovare) la capacità di costruire interpretazioni sovversive.
Per esempio negli anni 30 a Parigi grazie a personaggi come Kojève la Fenomenologia dello spirito di Hegel veniva letta come fosse dinamite.
Oggi nella migliore delle ipotesi ci si accontenta di capirla.
Fra qualche decennio la sua lettura sarà puro esercizio di erudizione per appassionati di antiquariato.
Citazione di: Kobayashi il 25 Dicembre 2021, 15:19:12 PM
Citazione di: viator il 25 Dicembre 2021, 12:46:03 PM
Tu che dici ? Vedremo riproporsi il Medio Evo in versione immaterialmente informatica ? I Signori del Feudo (scientificamente e non più religiosamente investiti) i quali terranno per sè il sapere e gli strumenti lasciando al volgo la bovina sopravvivenza fatta di umili adempimenti e farmacologiche somministrazioni ?.
No, non credo che si porrà mai un limite all'accesso del sapere.
Penso che il vero problema sarà (ed è già presente oggi) quello di mantenere (o ritrovare) la capacità di costruire interpretazioni sovversive.
Per esempio negli anni 30 a Parigi grazie a personaggi come Kojève la Fenomenologia dello spirito di Hegel veniva letta come fosse dinamite.
Oggi nella migliore delle ipotesi ci si accontenta di capirla.
Fra qualche decennio la sua lettura sarà puro esercizio di erudizione per appassionati di antiquariato.
Salve koba. Prendo nota ma........la tua è la posizione/previsione intellettualistica della prospettiva storica da me ipotizzata. Io sto parlando del genere umano, della società, delle sue classi, della "media statistica cerebralsociale"..............so benissimo che èlites intellettuali (e soprattutto gli idealisti!!) esisteranno sempre.
Purtroppo la storia non l'hanno fatta tali categorie marginali, e neppure sarà così in futuro, per la semplice ragione che intellettuali ed idealisti, per poter esistere (non dico per prendere il potere).............hanno bisogno di speculatori e materialisti che li mantengano, a spese ovviamente ai altri ancora che vengono sfruttati per la produzione di certi beni.
La "fantasia al potere" va benissimo e verrà certo celebrata a parole anche in futuro..........del resto anche in passato i potenti erano contenti di mantenere - per ragioni di lustro e divertimento - i propri giullari ed i propri poeti di Corte. Saluti e meravigliosi Auguri a tutti da Viator.
Citazione di: viator il 25 Dicembre 2021, 16:45:53 PM
Salve koba. Prendo nota ma........la tua è la posizione/previsione intellettualistica della prospettiva storica da me ipotizzata. Io sto parlando del genere umano, della società, delle sue classi, della "media statistica cerebralsociale"..............so benissimo che èlites intellettuali (e soprattutto gli idealisti!!) esisteranno sempre.
Purtroppo la storia non l'hanno fatta tali categorie marginali, e neppure sarà così in futuro, per la semplice ragione che intellettuali ed idealisti, per poter esistere (non dico per prendere il potere).............hanno bisogno di speculatori e materialisti che li mantengano, a spese ovviamente ai altri ancora che vengono sfruttati per la produzione di certi beni.
La "fantasia al potere" va benissimo e verrà certo celebrata a parole anche in futuro..........del resto anche in passato i potenti erano contenti di mantenere - per ragioni di lustro e divertimento - i propri giullari ed i propri poeti di Corte. Saluti e meravigliosi Auguri a tutti da Viator.
Certo i cambiamenti politici non li realizzano le élite, lo so anch'io, ma tu chiedevi se il futuro potrebbe essere descritto come una specie di medioevo in cui una casta tiene il sapere per se e relega la massa nell'ignoranza, nel consumo ottuso e nei lavori umili.
E io ti ho risposto che non vedo nessuna restrizione nell'accesso al sapere, la massa già adesso ha a disposizione, volendo, tutti gli strumenti necessari per capire e per rifiutare, ma sembra preferire politicizzare cose come l'aumento del costo della benzina (i gilet gialli francesi) o pratiche sanitarie di evidente e ovvia ragionevolezza.
Citazione di: Kobayashi il 26 Dicembre 2021, 07:13:47 AM
o pratiche sanitarie di evidente e ovvia ragionevolezza.
Evidente? Ovvia? ???
Vedi è quello il punto: è inutile porsi delle pratiche per un pensiero sovversivo (fatto di passegiate in montagna?) senza porsi il problema di quale sia il tuo soggetto, e per quale motivo consideri ovvie ed evidenti pratiche sanitarie, evidentemente di carattere politico (e non il contrario come tu affermi, denotando senza paura di smentita qualsiasi accezione di ragionevolezze, ma una semplice mimesi, la tua, del potere).
E' inutile dirsi contro il potere e poi sostenerlo come anche Focault (o Zizek etc..) faceva (e lo faceva frequentando Sartre e co.)
No prima è necessaria, una pratica della desoggetivazione, la cui etica conseguente, è appunto la genealogia.
Non esiste una genealogia senza una pratica della de-soggetivazione.
Ossia senza una cura emotiva della ragione, ed è questo che si evidenzia come errore fondamentale della filosofia in toto.
Mi chiedo se qualcuno ci abbia mai pensato.(intendo filosofi, essendo la letteratura il tentativo verso quella forma di cura, laddove è grande chiaro, e quindi in pochissimi autori).
Citazione di: green demetr il 31 Dicembre 2021, 19:49:21 PM
Citazione di: Kobayashi il 26 Dicembre 2021, 07:13:47 AM
o pratiche sanitarie di evidente e ovvia ragionevolezza.
Evidente? Ovvia? ???
Vedi è quello il punto: è inutile porsi delle pratiche per un pensiero sovversivo (fatto di passegiate in montagna?) senza porsi il problema di quale sia il tuo soggetto, e per quale motivo consideri ovvie ed evidenti pratiche sanitarie, evidentemente di carattere politico (e non il contrario come tu affermi, denotando senza paura di smentita qualsiasi accezione di ragionevolezze, ma una semplice mimesi, la tua, del potere).
E' inutile dirsi contro il potere e poi sostenerlo come anche Focault (o Zizek etc..) faceva (e lo faceva frequentando Sartre e co.)
No prima è necessaria, una pratica della desoggetivazione, la cui etica conseguente, è appunto la genealogia.
Non esiste una genealogia senza una pratica della de-soggetivazione.
Ossia senza una cura emotiva della ragione, ed è questo che si evidenzia come errore fondamentale della filosofia in toto.
Mi chiedo se qualcuno ci abbia mai pensato.(intendo filosofi, essendo la letteratura il tentativo verso quella forma di cura, laddove è grande chiaro, e quindi in pochissimi autori).
Foucault dal 1979 fino alla morte si è occupato del potere non come forza esercitata dall'esterno ma come dispositivi che agiscono nell'interiorità, come autocontrollo che l'individuo stesso mette in atto sentendo che una verità condivisa pretende da lui l'esercizio di una certa performance.
Dalla pratica cristiana della continua riflessione su di se', della continua confessione, fino alla figura dell'imprenditore di se stesso che cerca di migliorare la propria efficienza, o degli individui che in continuazione cercano di programmare miglioramenti etc.
Analizzare ciò, farne delle genealogia minuziose, serve ad essere poi in grado di prendere distanza da questi dispositivi per essere più liberi.
Nietzsche direbbe: conoscere queste strategie, queste potenze, in modo da rendere possibile lo spirito libero.
Si tratta di un atteggiamento che si può definire politico, o etico, quello che si vuole, l'importante è capire che in questa ermeneutica del soggetto, che appare all'inizio come profondità, come spiritualità, bisogna saper vedere il dispositivo di controllo che ti impone di cambiare, di migliorare.
Nell'antichità greco-romana invece, secondo Foucault, non è presente questa ossessione della riflessione su di se' finalizzata al raggiungimento della propria verità, alla propria autenticità, ma si tratta piuttosto soltanto di addestrarsi per essere più autonomi, più forti, e quindi più liberi.
Una differenza importante tra cristianesimo e antichità pagana dal punto di vista degli esercizi spirituali.
Detto questo, mi sembra talmente insensato quello che dici su una presunta tendenza di Foucault a riappropriarsi di un qualche potere, per non parlare dell'idiozia di averlo messo nella cricca di Sartre (quando alcuni critici hanno valutato la direzione del suo pensiero proprio come una reazione al moralismo di Sartre), che non c'è molto da dire se non che alla lunga una discussione che si basa sui fraintendimenti generati dall'ignoranza di uno che costringono l'altro a continue spiegazioni si rivela essere spiacevole.
Come è spiacevole e meschino mettere insieme un riferimento attinente le possibilità di sovvertimento della filosofia con la normalità o banalità della mia vita privata.
Ma avendoti conosciuto la cosa non mi sorprende.
Citazione di: Kobayashi il 01 Gennaio 2022, 08:57:57 AM
Foucault dal 1979 fino alla morte si è occupato del potere non come forza esercitata dall'esterno ma come dispositivi che agiscono nell'interiorità, come autocontrollo che l'individuo stesso mette in atto sentendo che una verità condivisa pretende da lui l'esercizio di una certa performance.
Dalla pratica cristiana della continua riflessione su di se', della continua confessione, fino alla figura dell'imprenditore di se stesso che cerca di migliorare la propria efficienza, o degli individui che in continuazione cercano di programmare miglioramenti etc.
Analizzare ciò, farne delle genealogia minuziose, serve ad essere poi in grado di prendere distanza da questi dispositivi per essere più liberi.
Nietzsche direbbe: conoscere queste strategie, queste potenze, in modo da rendere possibile lo spirito libero.
Si tratta di un atteggiamento che si può definire politico, o etico, quello che si vuole, l'importante è capire che in questa ermeneutica del soggetto, che appare all'inizio come profondità, come spiritualità, bisogna saper vedere il dispositivo di controllo che ti impone di cambiare, di migliorare.
Nell'antichità greco-romana invece, secondo Foucault, non è presente questa ossessione della riflessione su di se' finalizzata al raggiungimento della propria verità, alla propria autenticità, ma si tratta piuttosto soltanto di addestrarsi per essere più autonomi, più forti, e quindi più liberi.
Una differenza importante tra cristianesimo e antichità pagana dal punto di vista degli esercizi spirituali.
Detto questo, mi sembra talmente insensato quello che dici su una presunta tendenza di Foucault a riappropriarsi di un qualche potere, per non parlare dell'idiozia di averlo messo nella cricca di Sartre (quando alcuni critici hanno valutato la direzione del suo pensiero proprio come una reazione al moralismo di Sartre), che non c'è molto da dire se non che alla lunga una discussione che si basa sui fraintendimenti generati dall'ignoranza di uno che costringono l'altro a continue spiegazioni si rivela essere spiacevole.
Come è spiacevole e meschino mettere insieme un riferimento attinente le possibilità di sovvertimento della filosofia con la normalità o banalità della mia vita privata.
Ma avendoti conosciuto la cosa non mi sorprende.
La comunità degli amici è fatta di persone reali.
Tanto ti da fastidio correggere gli errori degli altri ma non è mai stato un mio problema.
Io ti sto facendo solo notare che la costruzione del soggetto forte, è una mera finzione, in quanto non siamo noi che costruiamo.
E' la comunità che lo fa.
E la comunità ha a che fare con le nostre nude vite, e di come decidiamo di vivere la nostra vita (in una società che lo permetta, non certo questa comunque sia).
La vita è relazione all'altro non a se stessi.
La cura a se stessi è la cura morale etica, alla possibiltà di questa relazione.
Ma la filosofia deve ancora parlare di questa relazione.
Perchè nella vita reale sono tutti dei buffoni grossolani. Nessuno lavora per davvero.
E comunque sia di questa indecenza ora ne cogliamo i suoi frutti maturi, ovvero che non c'è più spazio per alcuna relazione, i corpi nudi sono stati requisiti.
Se ancora vuoi fare filosofia devi stare su questi livelli.
Per il lavoro in questa società di corpi schiavi, bisogna lavorare, acchè il pensiero indaghi i modi con cui questa gente diceva una cosa e ne faceva un altra.
Vedi io a questo lavoro sono pronto, sono pronto a recuperare tutte le clip del nostro eroe Focault e delle cose orribili e tremende che ha detto!!!
Strano da una che teorizzava la cura, poi la politica era qualcosa di sinistro a dire poco.
Ne sono talmente schifato, che faccio fatica anche solo a parlarne.
Le masse non sono al servizio della filosofia, sono il suo nemico più acerrimo.
E la loro ideologia è quella che informa il soggetto, che poi pensa il proprio sè.
C'è tutto un lavoro da fare prima, ma amico tu non hai mai voluto fare questo lavoro con me, quindi smettiamola per favore.
E poi a me di possedere i libri di storia della filosofia non me ne frega niente.
A me interessa quello che poi uno ci fa nella sua vita.
Tutte cose che si vivono sul proprio vissuto non certo sui libri o su un forum.
La nostra chance ce l'abbiamo avuta, e abbiamo fallito miseramente.
A questo punto tutto quel lavoro mai fatto, lo faccio ora.
Dici che Focault è importante? aprirò subito altra discussione.
In sintesi:
Fare minuziose genealogie va bene, ma poi deve corrispondere qualcosa di reale dall'altra parte.
Perchè è inutile fare la genealogia critica sul pensiero altrui, se poi non si è in grado di fare una genealogia di quello che pensiamo noi. E pensando agiamo.
Se Sartre era il mostro che era, perchè gli erano amici? se non per convenienze personali? Se non perchè era il loro cucciolotto amoroso dudù dadà. (i mandarini di Beauvor ne lascia una intelligentissima traccia).
Non mi pare convincente per nulla amico mio.
PS: Nietzche NON costruisce un soggetto politico, tutti quelli che lo pensano e lo pensano in molti, non hanno capito un acca di Nietzche.
Nietzsche scrive:
Noi non accusiamo di immoralità la natura quando ci manda un temporale e ci bagna; perché mai chiamiamo immorale l'uomo che fa del danno? Perchè supponiamo qui una libera volontà che agisce di proposito, e là una necessità. Ma questa distinzione è un errore [......] qualunque cosa l'uomo faccia fa sempre il bene, ossia ciò che gli sembra buono(utile),secondo il grado della sua intelligenza, lo stato attuale della sua ragionevolezza.
La cattiveria non ha in sé come scopo la sofferenza ,ma il nostro godimento,[.....] il sapere che un altro soffre per causa nostra, deve dunque rendere qui immorale la cosa stessa di cui altrove ci sentiamo irresponsabili?[......] la nostra superiorità può soltanto farsi conoscere nella sofferenza degli altri. Donde proverrebbe la nozione che non si deve suscitare il disoiacere di altri per far piacere a se stessi? Unicamente dall'utilità. Ossia dalla considerazione delle conseguenze, di un eventuale dispiacere, se il danneggiato o lo Stato che lo rappresenta lascia temere punizione o vendetta: solo ciò può in origine aver dato motivo di vietare simili azioni.
Chi ha pienamente compresa la dottrina della completa irresponsabilità non può più ricondurre
alla nozione di giustizia premiante o castigante..... e in quanto castigo e ricompensa, biasimo e lode agiscono sulla vanità nel modo più sensibile, la stessa utilità esige anche la conservazione della vanità.
Colui stesso che agisce si illude di possedere il libero arbitrio.
Tra azioni buone cattive non c'è differenza di specie; ma tutt'al più di grado. Le azioni buone sono azioni cattive sublimate: le azioni cattive sono azioni buone rese grossolane e sciocche. Unica l'aspirazione dell'individuo verso il godimento di se stesso ( insieme con la paura di esserne privato)[....] il più alto grado dell'intelligenza umana che ora si possa raggiungere sarà certamente più tardi superato [....] se l'umanità da morale può trasformarsi in saggia [....] Tutto è necessità,-così dice la nuova conoscenza ; e questa stessa conoscenza è necessità. Tutto è innocenza: e la conoscenza è la via per vedere in questa innocenza. Piacere, egoismo, vanità sono necessari alla produzione dei fenomeni morali e del loro più alto fiorire, il senso della verità e l'esattezza della conoscenza; se l'errore e il traviamento della fantasia furono l'unico mezzo in grazia del quale l'umanità potè a poco a poco elevarsi a questo grado d'illuminazione e di liberazione di se stessa, chi potrebbe spregiare quel mezzo? [....] una nuova abitudine, quella del comprendere, del non amare, del non odiare, del guardare dall'alto.... e forse tra migliaia di anni sarà abbastanza potente per dare all'umanità la forza di produrre l'uomo saggio, innocente (consapevole dell'innocenza)....come ora produrre l'uomo non saggio-ossia il gradino necessariamente precedente, non l'opposto di quell'altro uomo.
Il mio commento a questi scritti di Nietzsche riguardante la parte morale in "Umano troppo umano" è il seguente.
1) Nietzsche non si pone il problema di come l'universo si sia costituito, lo prende come dato di fatto ,da non considerare l'origine dell'universo.
2) E' la ragione, la facoltà intellettiva il discrimine che origina la morale. L'uomo "ragionevole" per Nietzsche non è morale: e questo è un enorme errore. Si dice infatti che la natura ,gli animali privi di ragione ,non siano morali, l'uomo non è identico alla natura e Nietzsche daccapo non capisce la differenza fra natura e cultura.Non la supera affatto ,non avendola compresa.
3) l'irresponsabilità nasce dalla considerazione che non essendovi morale l'uomo non è responsabile degli effetti delle azioni, ma non solo l'uomo non ha una libera volontà.
Apre al concetto utilitaristico moderno che surroga la morale. Nietzsche è un conformista, altro che profeta rivoluzionario.
4) l'uomo saggio di Nietzsche è un vaneggiamento privo di fondamenta ragionevoli. Cosa significa saggio? Socrate e Platone lo definiscono al contrario di Nietzsche, in quanto uomo di conoscenza, di morale e di responsabilità.
5) Nietzsche è convinto di una evoluzione progressista, daccapo questo è conformismo positivista, in cui sono caduti tutti gli pseudo rivoluzionari moderni (che infatti non sono riusciti a cambiare di un niente il sistema cultur tecnico moderno), compreso lui stesso.
6) sono d'accordo sull'innocente se Nietzsche lo interpretasse come originaria condizione umana.
L'uomo non soffre sulla Terra per un peccato originario di disobbedienza, è privo di senso, è illogico il racconto di un Adamo che espierà con tutto il genere umano futuro, la condizione di disobbedienza.
L'uomo è innocente, poichè non ha creato le sue condizioni esistenziali: su questo sono d'accordo se Nietzsche intendesse questo.
L'uomo sula Terra non deve espiare nulla, l'uomo non ha colpe.
Citazione di: paul11 il 11 Gennaio 2022, 00:45:25 AM
1) Nietzsche non si pone il problema di come l'universo si sia costituito, lo prende come dato di fatto ,da non considerare l'origine dell'universo.
2) E' la ragione, la facoltà intellettiva il discrimine che origina la morale. L'uomo "ragionevole" per Nietzsche non è morale: e questo è un enorme errore. Si dice infatti che la natura ,gli animali privi di ragione ,non siano morali, l'uomo non è identico alla natura e Nietzsche daccapo non capisce la differenza fra natura e cultura.Non la supera affatto ,non avendola compresa.
3) l'irresponsabilità nasce dalla considerazione che non essendovi morale l'uomo non è responsabile degli effetti delle azioni, ma non solo l'uomo non ha una libera volontà.
Apre al concetto utilitaristico moderno che surroga la morale. Nietzsche è un conformista, altro che profeta rivoluzionario.
4) l'uomo saggio di Nietzsche è un vaneggiamento privo di fondamenta ragionevoli. Cosa significa saggio? Socrate e Platone lo definiscono al contrario di Nietzsche, in quanto uomo di conoscenza, di morale e di responsabilità.
5) Nietzsche è convinto di una evoluzione progressista, daccapo questo è conformismo positivista, in cui sono caduti tutti gli pseudo rivoluzionari moderni (che infatti non sono riusciti a cambiare di un niente il sistema cultur tecnico moderno), compreso lui stesso.
6) sono d'accordo sull'innocente se Nietzsche lo interpretasse come originaria condizione umana.
L'uomo non soffre sulla Terra per un peccato originario di disobbedienza, è privo di senso, è illogico il racconto di un Adamo che espierà con tutto il genere umano futuro, la condizione di disobbedienza.
L'uomo è innocente, poichè non ha creato le sue condizioni esistenziali: su questo sono d'accordo se Nietzsche intendesse questo.
L'uomo sula Terra non deve espiare nulla, l'uomo non ha colpe.
Dal momento che non indichi la numerazione dei brani da cui trai le citazioni, risponderò alle tue osservazioni riferendomi in generale al pensiero di Nietzsche, non specificatamente al testo di "Umano, troppo umano".
1) A parte il fatto che ci si potrebbe chiedere se non sia il caso di smetterla di farsi domande sull'Origine visto che non possono avere risposta, domande che vengono fatte al solo scopo di recuperare qualcosa della tradizione metafisica e religiosa, la risposta di N. all'interrogativo cosmologico è ovviamente l'ipotesi dell'eterno ritorno: un eterno processo di creazione e distruzione di mondi, che nei tempi infiniti non potrà che "rivomitare" questo mondo tale e quale, perché nei tempi infiniti ogni cosa possibile, anche se fortemente improbabile, finisce per trovare compimento.
Una concezione quindi ciclica del tempo e una concezione del divenire inteso come processo perpetuo, che continua a produrre cose, creature, generazioni di creature, senza un perché.
2) La cultura (e la morale in quanto cultura, in quanto costumi, convenzioni che si formano nello sviluppo delle civiltà) è prodotta dalla natura dell'uomo essenzialmente per effetto della tendenza di ciascuno al rafforzamento, all'incremento di dominio (volontà di potenza).
La ragione per N. non è qualcosa di extra-naturale. Non esiste conoscenza disinteressata. Non esiste un soggetto puro della conoscenza.
La conoscenza all'inizio produce errori in funzione della vita. Lavora per la vita. Essere diventati veritieri, e quindi scettici (per effetto di una certa rettitudine nell'analisi minuziosa di ogni idea alimentata soprattutto dal cristianesimo), apre la fase dell'umanità (gli ultimi secoli) in cui il pensiero va contro la vita.
3) N. pensatore conformista? Questa mi mancava...
5) L'utilitarismo viene confutato da N. nell'aforisma 4 de "La gaia scienza", e nella prima dissertazione della "Genealogia della morale".
L'idea di progresso intesa come processo di miglioramento è radicalmente criticata da N. C'è sì evoluzione, cioè trasformazione, ma non c'è nulla che faccia pensare ad un miglioramento, se non il giudizio di valore positivo che si dà istintivamente al punto in cui è colui che giudica.
Non confondiamo un certo atteggiamento illuministico (finalizzato essenzialmente a separarsi definitivamente dall'ambiente neo-romantico di Wagner e discepoli) con la fede nell'idea illuministica e positivista di progresso, di crescita, miglioramento dell'umanità.
Dico la mia solo sul punto 1 della discussione Paul/kobayashi, memore della lezione di Severino, facilmente rintracciabile su you tube. L'eterno ritorno non è il riproporsi di un mondo ciclico alla Vico ma qualcosa di più sofisticato che è collegato con l'immutabile, il divino e la creatività dell'uomo.
Sinteticamente, l'eterno ritorno è il contrario del ritorno ciclico della storia. In realtà è la necessità di reimpossessarsi del passato, affinché il passato con la sua massa "fissata" dalla storia, non precluda la via all'eterno divenire. L'eterno ritorno è la figura sublime del mutare di tutte le cose e della necessità (non un sollen, specifica Severino) che il mutamento acquisisca anche la possibilità di mutare il passato, la storia, perché altrimenti quel accumularsi definitivo di eventi del passato non fa altro che distruggere la possibilità creativa dell'uomo e genericamente di tutto l'universo. Quindi non solo una teoria che abbandona la divinità e il suo servitore terrestre: la tradizione, ma una teoria che si affaccia al limite estremo del divenire, un divenire che deve intervenire, per realizzarsi, non solo nel futuro ma anche nel passato. L'eterno ritorno è quindi la possibilità di poter cambiare "filosoficamente" il passato o non considerarlo o reinventarlo, perché solo così è possibile il divenire come libertà e creatività dell'umano.
Ci sono ovviamente altre interpretazioni dell'eterno ritorno nietzschiano, ma questa di Severino mi sembra molto interessante e in grado di suscitare ulteriori riflessioni.
Interpretazione molto interessante quella di Severino ma devo dire che la prima impressione è che esprima qualcosa di opposto allo spirito dei due brani più noti in cui Nietzsche parla dell'eterno ritorno ("Il peso più grande" [341] in "La gaia scienza" e "La visione e l'enigma" dello "Zarathustra").
Mi riferisco all'aspetto dell'eterno ritorno in quanto prova per capire fino a che punto si è pronti a dire sì alla vita. Prova che naturalmente se viene meno la "maledizione" della ripetizione all'infinito dello stesso istante perde completamente di senso, anzi, nell'ipotesi di poter cambiare la storia, e quindi anche la propria vicenda umana passata (ma poi come?), la singola azione non diventa troppo leggera?
Se poi il cambiare il passato viene inteso come semplice reinterpretazione della propria storia non mi sembra che la cosa abbia grande profondità filosofica: è infatti qualcosa che facciamo continuamente...
Ma devo leggere il testo di Severino per capirci qualcosa... mi riprometto di farlo nei prossimi mesi.
ciao Kobayashi
Ho specificato che i testi sono tratti da Nietzsche "Umano troppo umano", parte riguardante la morale che è la seconda.
Prendendo da altri testi dell'autore, si conferma quanto sia contraddittorio il suo stesso pensiero e quanto è contorto.Tutto ciò non fa altro che dare innumerevoli interpretazioni.
Citaz. Kobayashi
....se non sia il caso di smetterla di farsi domande sull'Origine visto che non possono avere risposta ....
a) è la differenza che separa la filosofia dal pensiero qualunque.
b) tipica risposta del conformismo moderno e postmoderno. Si attende che la risposta sia nell'esperienza: sarebbero occhi e udito a dover dare risposte sull'origine? E la cosmologia scientifica allora da dove nascerebbe, da quale speculazione?
Adatto che in UTU non si parla di eterno ritorno, non ne discuto.
La cultura non è solo convenzioni, niente affatto la morale come origine. Non confondiamo il "bonton" con morale e la morale con l'etica.
Nemmeno l'esperienza scientifica spiega il passaggio da natura a cultura umana, tanto meno Nietzsche che in questo testo (UTU) vi si appiattisce.
Se la ragione non è extra naturale dovete spiegarne l'origine, tu e Nietzsche......
io i ragionamenti non li trovo come i fiori e animali, nei prati .E' questa debolezza logica che fa di Nietzsche un non-filosofo ( che ribadisco, non è per i suoi apologeti, un affronto).
Tutti hanno vita nei regni vegetale e animale, non si capisce all'ameba o ad un protozoo o al covid-19 dove si trovi la ragione. O c'è o non c'è e se c'è allora significa che la natura è teleologica, cioè ha uno scopo interno, in quanto la conoscenza è togliere ignoranza.
Il fatto che Nietzsche in altri testi o su questo stesso testo confuti se stesso, è una sua abitudine.
E' un paradosso che colui che ritiene di non avere morale giudichi la storia umana.
Quale mai sarebbe il parametro di giudizio giudicante di Nietzsche? Altra contraddizione logica.
Mi attengo al testo, non a ciò che passa per la mente di chi lo interpreta e i testi sono chiari.
[Non sono un discepolo di Nietzsche, è green demetr in apertura di questo topic ad aver dichiarato che N. è il suo maestro e che solo lui è in grado di comprenderlo appieno.
In attesa quindi che il discepolo prediletto prenda le sue difese, propongo alcune argomentazioni più o meno in linea con il pensiero di N. per contrastare gli assalti metafisici di Paul]
Cit. Paul: "Se la ragione non è extra naturale dovete spiegarne l'origine, tu e Nietzsche...
io i ragionamenti non li trovo come i fiori e animali, nei prati"
Invece credo che dovresti essere tu a spiegarne l'origine, se ritieni che la ragione trascende la natura... Ma comunque se è vero che i ragionamenti non si trovano sugli alberi, è anche vero che non sono un prodotto angelico, ma sono intrisi di desiderio, di passioni, di interessi.
Il metafisico deve mettere in scena una complessa finzione, solo così può creare il suo sistema: deve fingere di essere un soggetto permanente, che non subisce cambiamenti, deviazioni di giudizio, deve fingere che la ragione non è uno strumento utile paragonabile all'istinto dell'animale ma qualcosa che porta a verità universali che trascendono la vita (ma le verità che cinquemila anni fa erano considerate tali ora ci fanno ridere... fra altri cinquemila anni probabile che si riderà di ciò che oggi consideriamo certo).
Se questa messa in scena è la filosofia, allora sì, Nietzsche non è un filosofo...
cit. Paul: "Tutti hanno vita nei regni vegetale e animale, non si capisce all'ameba o ad un protozoo o al covid-19 dove si trovi la ragione. O c'è o non c'è e se c'è allora significa che la natura è teleologica, cioè ha uno scopo interno, in quanto la conoscenza è togliere ignoranza".
Beh, la ragione è un prodotto del cervello degli uomini, che ha offerto loro i vantaggi straordinari che li hanno resi gli animali più potenti e pericolosi. Sono poi gli stessi uomini a inventarsi la storia mitologica del logos, come se fosse possibile trascendere il proprio punto di vista umano e guardare tutto dall'alto come gli dei.
Cit. Paul: "E' un paradosso che colui che ritiene di non avere morale giudichi la storia umana. Quale mai sarebbe il parametro di giudizio giudicante di Nietzsche?".
A N. interessa spiegare la storia e la vicenda fisiologica di un valore, di un precetto morale, in modo che si realizzino due cose:
a) liberazione da quel valore che è sentito come un peso, come un meccanismo di assoggettamento (e va notato che la ricostruzione storica di tale valore può avvenire solo se già ci si sente distanti da tale valore, e lo si guarda come un problema);
b) e dopo l'epurazione ecco il momento positivo, cioè creare il proprio ideale, diventare legislatore di se stessi. La presenza di una positività, di un'offerta filosofica, diciamo così, secondo molti interpreti è un punto debole del pensiero di N., il quale non sarebbe andato al di là di una critica distruttiva. Invece bisogna capire che N. proprio in coerenza con il suo pensiero può essere al massimo l'"accompagnatore spirituale" di coloro che vogliono liberarsi dai precetti delle morali tradizionali e, arrivando a conoscere realmente se stessi, diventare quindi i legislatori di se stessi. Ma queste legislazioni non possono essere che singole, non possono che valere solo per il singolo individuo [su tutto ciò, il brano n.335, "Lode alla fisica!", in "La gaia scienza"].
Citazione di: paul11 il 14 Gennaio 2022, 18:06:41 PMQuale mai sarebbe il parametro di giudizio giudicante di Nietzsche? Altra contraddizione logica.
Ci arriva con chiarezza qualche anno dopo:
Citazione di: F.Nietzsche - FRAMMENTI POSTUMI 1885-87
7 [60] Contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni:"ci sono soltanto fatti", direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. Noi non possiamo constatare nessun fatto "in sé"; è forse un'assurdità volere qualcosa del genere. "Tutto è soggettivo", dite voi; ma già questa è un'interpretazione, il "soggetto" non è niente di dato, è solo qualcosa di aggiunto con l'immaginazione, qualcosa di appiccicato dopo. È infine necessario mettere ancora l'interprete dietro un'interpretazione? Già questo è invenzione, ipotesi.
In quanto la parola "conoscenza" abbia senso, il mondo è conoscibile; ma esso è interpretabile in modi diversi, non ha dietro di sé un senso, ma innumerevoli sensi. "Prospettivismo".
Sono i nostri bisogni, che interpretano il mondo: i nostri istinti e i loro pro e contro. Ogni istinto è una specie di sete di dominio, ciascuno ha la sua prospettiva, che esso vorrebbe imporre come norma a tutti gli altri istinti.
Ipazia. Quest'ultimo passo di Nietzsche è la prova di come il positivismo, se non diventa scientismo, sia fondamentale, per trovare un senso comune che superi il prospettivismo e che confuti il "parlare a caso" come a proposito degli istinti come "sete di dominio". Ne è stata fatta di strada a proposito della conoscenza dei nostri istinti, proprio grazie alla cultura "positivista", quella dei fatti oggettivi e i nostri istinti sono qualcosa di molto più complesso e variegato di una generica "sete di dominio".
Sete di dominio, nella descrizione nietzschiana, che ancora una volta riporta ad una visione distorta dell'uomo, o nel senso di auspicare una Civitas Dei, in grado di mondare l'uomo e la sua sete di dominio (posizione che Nietzsche, come noto, attacca), o nel senso di liberare quella "sete di dominio" dai suoi sensi di colpa, per permettere l'espressione creativa e totale dell'ubermensch. Nessuna delle due, queste sì, "interpretazioni" è reale. Questo discorso ne porta con sè, un altro. Ovvero quello di far parlare fra loro la filosofia e la scienza (in questo caso la biologia e le neuroscienze) poiché altrimenti restiamo appesi all'ipse dixit, oppure alla lettura della filosofia come un piacevole romanzo letterario alla Musil.
Il finale della citazione ha una connotazione opinabile in cui la "Volontà di potenza" assume una sovraestensione metafisica. Riconducendo la medesima a proporzioni storicamente verificate possiamo intenderla marxianamente come "interesse e dominio di classe", predazione sociale.
Nessuna neutralità e oggettività, ma ideologia dominante della classe dominante. Sua interpretazione costitutiva dei fatti. Sua narrazione.
IN BLU LE CONSIDERAZIONI DI PAUL
1) Nietzsche non si pone il problema di come l'universo si sia costituito, lo prende come dato di fatto ,da non considerare l'origine dell'universo.
Paul cosa c'entra l'origine dell'universo con la cultura?
Ricordiamoci che Nietzche non è un metafisico, non nel senso classico almeno.
L'origine dell'universo è solo una teoria, un matema.
Nulla infatti mi vieta di pensare l'universo come infinito e increato.
2) E' la ragione, la facoltà intellettiva il discrimine che origina la morale. L'uomo "ragionevole" per Nietzsche non è morale: e questo è un enorme errore. Si dice infatti che la natura ,gli animali privi di ragione ,non siano morali, l'uomo non è identico alla natura e Nietzsche daccapo non capisce la differenza fra natura e cultura. Non la supera affatto ,non avendola compresa.
Nietzche non critica la natura, ma critica la cultura.
Il soggetto morale non è un soggetto naturale.
Non vi è insomma la solita contrapposizione tra naturale e culturale (che per esempio anima secondo alcuni il pensiero antico, anche se io nego anche questa ipotesi).
Nietzche è un critico del Platone etico-morale.
Sebbene io identifichi l'etica come un processo di morale critica piuttosto che di morale naturale (come invece ho appreso recentemente da Cacciari sia la vera radice significante)
Insomma capisco benissimo Nietzche che la morale o etica che si voglia dire è una morale dell'uomo che si eleva criticamente sul mero dato di fatto (che per Nietzche appunto non esiste in quanto tale, ma in quanto processo storico).
Ma in fin dei conti la questione di questa critca morale è a monte, appunto nella nuova metafisica che disegna, tramite domande e indicazioni sulle future nuove strade dell'umanità (il superuomo per abbreviare).
L'uomo che va tratteggiando nei pezzi da te citati, non è il superuomo, ma l'uomo normale, normato, non naturale, anzi giammai naturale.
Ma siccome il giammai naturale, si è rivelato un pensiero troppo in là per te ed altri amici del forum, possiamo anche rimanere al fatto che Nietzche non è interessato all'uomo naturale.
Dunque non è una questione che non distingue, la distinzione è reputata cioè scorretta in termini analitici(critici), nel substrato superiore che noi chiamiamo linguaggio.
Se il linguaggio determina qualsiasi fatto, allora anche il fatto naturale, sarà artificioso (e dunque non naturale).
Per recuperare la naturalità possiamo cioè dire che l'uomo deve trascendere il proprio discorso, ed arrivare al pessimismo Leopardiano.
Nietzche e Leopardi pensano la stessa cosa.
La naturalità è l'apparire del destino mortale e illusorio del mondo.
Dove l'illusione e il mondo sono concetti umani e il destino è il concetto metafisico.
Rispetto alla metafisica classica manca la relazione tra natura (matrigna) e umanità, ma questo perchè sia Nietzche che Leopardi vedono chiaramente la relazione come una illusione.
Altri come Hegel o Kant o Platone o Aristotele vedono una ordinazione.
Altri ancora come te Paul o me o Heidegger, ragioniamo sull'ordinazione in fieri, ovvero come destino (non ancora scritto).
Una ordinazione in fieri, una lavoro di comunione filosofica questa è per la metafiscia classica la strada.
Ma per Nietzche questo lavoro è stato anzitutto dimenticato, e poi reso impossibile dalla morale.
Sul fatto che non esista una etica naturale in Nietzche di livello metafisico come da Platone a Leopardi, ci porta poi a pensare che il suo naturalismo meccanico sia inferiore a quello dei pensatori su menzionati.
Abbiamo già detto che accogliamo volentieri questa critica, ma bisogna capire come mai il nostro non ragioni e mediti su questo particolare segno fenomenico.
Perchè egli non fa altro che una cronistoria di come stanno le cose: che il meccanicismo e lo scientismo sono l'oggi e che questo oggi è determinato da questioni del passato.
Ossia possiamo immaginare che Nietzche avesse a mente questo meccanicismo, ma che lo adottasse solo per i suoi fini, ossia quello di smontarlo pezzo a pezzo fino a distruggerlo.
Non era interessato dunque al meccanicismo in sè, ma del come si fosse giunti alla sua accettazione, al di là che probabilmente anche lui avesse in mente una sua cosmologia.
Noi gli rimproveriamo questo calo di concentrazione, ma teniamo conto che veniamo da un secolo di grandi rivolgimenti scientifici dove ogni cosa certa è stata smantellata e sostituita da modelli e teorie per lo più di origini statistica.
Nietzche viveva ancora in un periodo di certezze fisiche.
Ma la sua grandezza viene da un pensiero molto più originario.
Per noi metafisici si tratta di trovare quelle traiettorie del pensiero che si intersecano col Maestro, che senso ha Paul concentrarsi sulle sue mancanze.
Sono mancanze per noi ricordiamocelo, non possiamo estenderle universalmente. O almeno non possiamo pretenderlo da un anti-metafisico come Nietzche.
3) l'irresponsabilità nasce dalla considerazione che non essendovi morale l'uomo non è responsabile degli effetti delle azioni, ma non solo l'uomo non ha una libera volontà.
Apre al concetto utilitaristico moderno che surroga la morale. Nietzsche è un conformista, altro che profeta rivoluzionario.
No appunto lui insieme ai moralisti francesi critica l'utilitarismo.
Semplicemente descrive la modalità in cui l'uomo si appiattisce, rinunciando alla libera volontà.
Non vuol dire affatto che egli vi partecipi.
4) l'uomo saggio di Nietzsche è un vaneggiamento privo di fondamenta ragionevoli. Cosa significa saggio? Socrate e Platone lo definiscono al contrario di Nietzsche, in quanto uomo di conoscenza, di morale e di responsabilità.
L'uomo Socratico è un uomo ordinato (al bene), il super-uomo è l'uomo che convive con il caos (Leopardi).
Ossia non esiste alcun bene (Leopardi).
Possiamo ben dire che Leopardi e Nietzche sono le gigantomachie che guardano negli occhi la morte e decidono che la morte sia il male.
E dunque desiderano la morte, poichè desiderare la morte è il sacrificio supremo.
L'uomo greco invece si ordina a morire.
Per entrambi la metafisica è l'ordine del discorso che attendendo la morte si fa comunità, ossia entrambi puntano l'oltrepassamento del terrore della morte.
Entrambi abbattono la madre.
E questo è eroico e immortale.
Perciò non resta che morire stoicamente come fece Socrate.
Eroico e immortale è cioè proprio questo morire.
E questa è la saggezza di tutti i tempi.
La razionalità a cui invece tu ti riferisci è una semplice modalità dell'intelletto, ma l'intelletto non è ancora anima, e l'anima non è ancora Dio.
Dunque perchè pensare che la razionalità sia il cuore pulsante della filosofia?
Non lo è affatto.
La razionalità è solo un mezzo per arrivare alla metafisica, ma ve ne sono altri.
Nietzche ha tracciato una nuova strada con le sue sole forze: lo trovo straordinario, sopratutto perchè l'orizzonte che dischiude è molto più ampio di chi pretende l'ordinazione (sopratutto matematica come pretendevano i pessimi Platone e Aristotele).
Non sono mai stato con loro, anche oggi, in questo tempo che disperatamente avrebbe bisogno di imparare da Platone e Aristotele.
Io vedo la loro etica come una tappa, non una meta.
Ma suppongo che siano punti di vista.
5) Nietzsche è convinto di una evoluzione progressista, daccapo questo è conformismo positivista, in cui sono caduti tutti gli pseudo rivoluzionari moderni (che infatti non sono riusciti a cambiare di un niente il sistema cultur tecnico moderno), compreso lui stesso.
Direi proprio di no, basta che ti leggi i suoi pezzi giovanili contro la storia!
Anzi è proprio questa negazione del progresso della storia, che Nietzche è una lettura inutile per molti marxisti.
Ripeto tu stai a torto o a ragione criticando la questione del meccanicismo fisicalista in cui il nostro è caduto.
Ma Nietzche non si interessa a quello per niente!
Probabilmente come gli studiosi delle fonti di Nietzche hanno appurato, Nietzche si era fermato alle teorie di Bosckovic, in cui si respira l'atomismo di Lucrezio.
Dove in un sistema unitario a si muovono infinite particelle, infinite di numero ma non di traiettoria in quanto in un sistema unitario sono costrette a percorrere prima o poi lo stesso tragitto.(qualcuno ha unito questa teoria rivoluzionaria e ancora oggi poco studiata, mi pareva di aver capito all'epoca, con la questione dell'eterno ritorno, per cui anni fa dicevo che questa cosa dell'eterno ritorno, al massimo è la cosmologia di Nietzche, ma non vi sono elementi filosofici rilevanti, siamo noi, oggi che vediamo molto bene come i modelli scientifici una volta messi a soqquadro da Godel (una volta per tutte) sono istericamente improntati ad affermazioni grossolane (anche quando argomentate con finissimi strumenti matematici), e in costante guerra tra loro, che ragioniamo dell'eredità pesante del neo-positivismo e delle sue conseguenza politiche. Nietzche è il profeta delle astrazioni più complesse del pensiero, ma non dei vari matemi, a cui invece era molto appassionato (la sua biblioteca di fisica era copiosa a testimonianza di una grande curiosita scientifica).
Nietzche non è mai stato un critico della scienza, ma degli uomini, e poichè la scienza è fatta da uomini, ha predetto senza tema di smentita che la scienza avrebbe portato a determinati esiti (nichilismo).
La capacità predittiva e il suo grande testamento è spirituale, egli non ha mai tematizzato una critica della scienza, come hanno fatto alcuni pensatori del novecento (khun o fayerbard), nè ha mai potuto pensare radicalmente la scienza nazista o la psichiatria russa.
Non vi è una critica della morale nel senso di una messa tematica di cosa sia la morale, ma piuttosto tutto ciò che viene prima della messa a tematica di qualsiasi cosa (e dunque anche della morale).
La genealogia e la filosofia a martello, sono strumenti non tematiche.
Le tematiche di Nietzche sono quelle meno lette e meno pensate, perchè riguardano questioni metafisiche come il trascendente.
Oggi qualcuno che non sia uno gnostico riesce anche solo a reggere quelle considerazioni?
Io penso di no! perchè ancora siamo nel tempo in cui come diceva Montale "Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro!".
Io capisco che è facile fuggire da Nietzche, ma un intellettuale onesto, non deve farlo.
6) L'uomo è innocente, poichè non ha creato le sue condizioni esistenziali: su questo sono d'accordo se Nietzsche intendesse questo.
L'uomo sula Terra non deve espiare nulla, l'uomo non ha colpe.
L'espiazione ebraica è il tema del male amico Paul.
Non è che l'uomo ha colpe: semplicemente il male è dentro la sua vita.
E questo male è quello tematizzato da Leopardi (forse anche più di Nietzche).
Mentre Leopardi e Nietzche lo tematizzano come scontro singolo, gli ebrei antichi lo tematizzano come scontro religioso ossia di comune accordo.
L'espiazione è proprio la convivenza con il male.
Nella Bibbia la terra maledice l'uomo e gli angeli.
La colpa dell'uomo è rispetto alle sue radici.
L'uomo ha tradito le sue radici, la sua storia.
Esattamente come nel pensiero antico greco (e non solo ovvio), la tematica centrale è l'unione dell'uomo e la sua terra (che diverrà la natura per i greci e giù di lì fino allo stato).
Chi siamo noi? I discendenti dell'angelo Adam.
Ma questo simbolica cosa significa? cosa sono gli angeli?
In Nietzche non viene tematizzato il vento che soffia nei deserti.
Si tematizza piuttosto il deserto che noi siamo.
L'ebreo tematizza il vento.
Il cristiano dice scemenze sul fatto che vi è un soggetto che non è un deserto e che il vento sia una pietra catacombale.
Vi sono studi recenti sulla vicinanza pazzesca del pensiero nicciano con quello ebraico.
Lo stesso nice capisce la potenza del pensiero ebraico.
Heidegger ne capisce la potenza de-sacralizzante, e ne mette in discussione la veridicità (di questo vento).
Caro Paul come al solito mi fa piacere che in te queste tematiche fanno scatuire dei piccoli campanelli d'allarme.
Certo la trattazione è l'esatto opposta di quella platonica.
Anzi recentemente è comparso un video assai chiaro sulla differenza TOTALE tra grecia e ebraismo.
Tu stai col matema platonico,io con la complessità ebraica.
https://youtu.be/txrxntUebxQ
Lo consiglio a tutti, un video abbastanza breve 20 minuti, dai che li trovate!!
Dove si spiega molto bene la differenza di due tradizioni antiche.
Citazione di: Jacopus il 13 Gennaio 2022, 15:49:48 PM
Dico la mia solo sul punto 1 della discussione Paul/kobayashi, memore della lezione di Severino, facilmente rintracciabile su you tube. L'eterno ritorno non è il riproporsi di un mondo ciclico alla Vico ma qualcosa di più sofisticato che è collegato con l'immutabile, il divino e la creatività dell'uomo.
Sinteticamente, l'eterno ritorno è il contrario del ritorno ciclico della storia. In realtà è la necessità di reimpossessarsi del passato, affinché il passato con la sua massa "fissata" dalla storia, non precluda la via all'eterno divenire. L'eterno ritorno è la figura sublime del mutare di tutte le cose e della necessità (non un sollen, specifica Severino) che il mutamento acquisisca anche la possibilità di mutare il passato, la storia, perché altrimenti quel accumularsi definitivo di eventi del passato non fa altro che distruggere la possibilità creativa dell'uomo e genericamente di tutto l'universo. Quindi non solo una teoria che abbandona la divinità e il suo servitore terrestre: la tradizione, ma una teoria che si affaccia al limite estremo del divenire, un divenire che deve intervenire, per realizzarsi, non solo nel futuro ma anche nel passato. L'eterno ritorno è quindi la possibilità di poter cambiare "filosoficamente" il passato o non considerarlo o reinventarlo, perché solo così è possibile il divenire come libertà e creatività dell'umano.
Ci sono ovviamente altre interpretazioni dell'eterno ritorno nietzschiano, ma questa di Severino mi sembra molto interessante e in grado di suscitare ulteriori riflessioni.
Molto bene! ;)
Non vi è dubbio che la spiegazione di Severino è corretta.
Se non fosse che per Severino il tempo è la necessita della contraddizione originaria, ossia l'apparire del fenomeno.
Devo dire che Severino riesce a tematizzare la temporalità laddove Hegel ci lascia in eredità un bel punto interrogativo.
Peccato che la ricezione di Severino sia ancora embrionale in Italia.
In effetti ci sarebbe da pensare ancora molto. Una conferenza suppongo non possa esaurire la complessità di un libro intero (cit: Severino: l'anello del ritorno).
Anche se temo che Severino sterzi, portando il discorso sulle sue tematiche piuttosto che quelle di Nietzche.
Citazione di: Kobayashi il 14 Gennaio 2022, 15:27:53 PM
Interpretazione molto interessante quella di Severino ma devo dire che la prima impressione è che esprima qualcosa di opposto allo spirito dei due brani più noti in cui Nietzsche parla dell'eterno ritorno ("Il peso più grande" [341] in "La gaia scienza" e "La visione e l'enigma" dello "Zarathustra").
Mi riferisco all'aspetto dell'eterno ritorno in quanto prova per capire fino a che punto si è pronti a dire sì alla vita. Prova che naturalmente se viene meno la "maledizione" della ripetizione all'infinito dello stesso istante perde completamente di senso, anzi, nell'ipotesi di poter cambiare la storia, e quindi anche la propria vicenda umana passata (ma poi come?), la singola azione non diventa troppo leggera?
Se poi il cambiare il passato viene inteso come semplice reinterpretazione della propria storia non mi sembra che la cosa abbia grande profondità filosofica: è infatti qualcosa che facciamo continuamente...
Ma devo leggere il testo di Severino per capirci qualcosa... mi riprometto di farlo nei prossimi mesi.
Credo Kobayashi che non dobbiamo leggere la volontà nicciana come una questione di azione nel mondo fisico, ma come di qualcosa di trascendente.
Comunque io e Jacopus ci stiamo riferendo ad una lezione che si trova su youtube non al libro intero.
Effettivamente prima dell'enigmatica pezzo dello zarathustra, ci sono i pezzi che parlando di cambiare la storia.
Quello che rimane enigmatico è comunque il pezzo sulla gaia scienza, non ho mai sentito alcuno pronunciarsi su quello.
Citazione di: Kobayashi il 15 Gennaio 2022, 09:34:58 AM
A N. interessa spiegare la storia e la vicenda fisiologica di un valore, di un precetto morale, in modo che si realizzino due cose:
a) liberazione da quel valore che è sentito come un peso, come un meccanismo di assoggettamento (e va notato che la ricostruzione storica di tale valore può avvenire solo se già ci si sente distanti da tale valore, e lo si guarda come un problema);
b) e dopo l'epurazione ecco il momento positivo, cioè creare il proprio ideale, diventare legislatore di se stessi. La presenza di una positività, di un'offerta filosofica, diciamo così, secondo molti interpreti è un punto debole del pensiero di N., il quale non sarebbe andato al di là di una critica distruttiva. Invece bisogna capire che N. proprio in coerenza con il suo pensiero può essere al massimo l'"accompagnatore spirituale" di coloro che vogliono liberarsi dai precetti delle morali tradizionali e, arrivando a conoscere realmente se stessi, diventare quindi i legislatori di se stessi. Ma queste legislazioni non possono essere che singole, non possono che valere solo per il singolo individuo [su tutto ciò, il brano n.335, "Lode alla fisica!", in "La gaia scienza"].
Bisogna capire bene però da dove viene questo essere legislatori di se stessi.
Poichè se fosse così allora cadremmo di nuovo in una soggettività qualsiasi.
Il che mi pare strano e contradditorio rispetto al fatto che per Nietzche il soggetto è sempre fantastico.
Indubbiamente ad una prima lettura che va in profondità, ma non abbastanza, la questione della soggettività come appannaggio della religione (e del sacro) parrebbe portare ad un soggetto pronto a ri-giocarsi le carte del suo agire, o quantomento a ridefinire le strategie, e quindi di conseguenza le tattiche.
Ma in Nietzche il rapporto con l'originario è chiaro.
Infatti noi siamo deserti attraversati da un vento.
Il vento non è una questione del clichè storico-pragmatico come ti ha giustamente fatto notare
Paul.
Naturalmente come ho già spiegato a Paul, di quel vento Nietzche non parla.
O almeno non prima della parte prima.
Nella seconda parte, il viandante e la sua ombra, inizia (e anzi continua visto che lo scritto èstato scritto dopo lo zarathustra) la parte che contempla la vista dal deserto in cui siamo, dove si cominiciano a disegnare i temi più propri della filosofia nicciana.
La montagna, gli amici, l'allontanamento dagli amici (gli addii).
In questa seconda parte le questioni si complicano non poco e come ho già detto non riesco a seguirle fino in fondo.
Naturalmente ad una prima lettura di UTU le cose che meglio si ricordano sono quelle legate all'antimetafisica, che d'altronde tu meglio di Paul hai capito.
Ma nel contempo Paul legge meglio di te (virtualmente, poichè si ferma prima alla critica scientista del nostro) la questione dell'origine.
L'origine non si situa nelle tematiche del fenomeno, ma della relazione tra ciò che appare e ciò che teleologicamente lo porta ad apparire (il das ding di kantiana memoria).
Rendere relativo ciò che non può essere relativo vuol dire cadere nell'aporia.
Ma la metafisica si occupa della verità e non dell'opinione.
Ossia ricerca la relazione tra il das ding e il fenomeno.
Naturalmente la metafisica è caduta dall'essere all'oggetto.
E nel mondo degli oggetti, a mio parere, non si recupera niente dello spirituale.
Al massimo si collezionano idee e sentimenti.
Ma è appunto nel momento del collasso, ossia della disillusione che queste collezioni portano qualcosa di vero nella nostra vita, che intuitivamente i filosofi più accorti intendono che il centro di gravità della felicità non sta nel feticcio, bensì nella relazione tra ciò che spira dal nostro animo, e il fenomeno.
In una analisi ulteriore e quindi ad un grado terzo di difficoltà, i massimi pensatori (Bruno, Leopardi, Nietzche) notano che il fenomeno ha un centro di gravità totalmente separato da quello che ci aspetteremmo.
Dunque se il soggetto è decentrato rispetto ai suoi feticci, il suo desiderio è decentrato rispetto ai fenomeni che osserva e indaga, ma non come oggetti bensì come relazioni.
dunque il soggetto che è decentrato rispetto alla collezione di oggetti che egli è e cioè decentrato rispetto alla natura, scopre astrattamente che il fenomeno appare lontano da quel logos che lui vorrebbe essere amico della natura.
esiste un logos del fenomeno che si avvita al male, e un logos del soggetto che si avvita alla relazione con la natura (in quanto astrazione), e dunque pensa al male.
Il pensiero del male è esattamente il tema del destino, che nietzche chiama nichilismo.
leopardi più consonamente chiama natura, e gli ebrei chiamano male.
Dunque la natura è il male.
E l'astrazione da questo male è il bene.
Questo è il percorso delle religioni mitiche.
Ma i primi ad aver capito che tra il bene e il male esistono ulteriori entità, ossia gli angeli, sono stati gli ebrei.
Ma come poeta Rilke: chi oggi invoca gli angeli? chi è mai così pazzo da invocare il terrore fatto persona?
Oggi siamo bloccati in un pensiero borghese lassista, e senza alcun senso di marcia.
Eppure poeta Rilke o Lepardi; eppure di fronte al fenomeno quanti echi è in grado di percepire la nostra anima?
Sentiamo l'infinito, chiamato sublime dai romantici.
Il pensiero Nicciano smaschera questo tema romantico, vede i fantasmi che abitano il romanticismo, e prefigura una via della luce, della ragione.
Ma questa ragione, ragiona con gli angeli.
Ragiona con l'infinito, senza volergli dare una maschera, è anzi consapevole delle infinite maschere che il soggetto di continuo è.
Egli le rifiuta tutte, questo è il compito dell'uomo morale.
E su questo penso tu kobayashi hai capito perfettamente l'input.
Ma rifiutare la maschera non significa cadere sull'oggetto.
Nietzche aveva una sua cosmologia, ma era irrilevante per la sua filosofia.
In quanto per dirla in breve, in quanto deserto, in quanto desertificato, e quindi senza maschera, ci scopriamo per quello che siamo contenitori di entità diverse.
Ma queste entità sono ciò che da origine alla vita. Ossia il vento.
Di questo vento noi possiamo parlarne, in quanto noi siamo deserti comunicanti.
Che cosa ci comunichiamo? Ci comunchiamo l'esistenza di queste forze naturali.
Queste forze naturali si chiamano angeli per la tradizione ebraica.
Ossia le forze del male.
Noi siamo testimoni della violenza inusitata e sproporzionata rispetto alla nostra desertificazione.
Ci accontentiamo dei cactus o al massimo dei cespugli volanti che popolano il nostro deserto, ma che ne sappiamo di quel vento?
Non sappiamo niente, se non che ci attraversano, e quando ci attraversano infiniti universi si agitano in noi.
Ma è solo un momento poi il vento cessa.
E di nuovo comunichiamo delle nostre tempeste, ad altri deserti.
E non è forse quello il LOGOS FONDAMENTALE?
Non è forse quello il luogo del pensiero, il pensiero non è forse l'esito di queste tempeste?
Non è forse la traccia di quello che è passato?
Perchè siamo comunicanti? Domanda che apre un mondo di fantasie, ma rimane il fatto che siamo comunicanti!
Il filosofo massimo parte da questa comunicazione, non si illude dei suoi fantasmi.
Anzi attende con apprensione e insieme desiderio che un nuovo vento lo colpisca lo investa lo ravvivi.
certi deserti invece credono che la risposta siano i cactus.
questa è la differenza tra l'uomo normale, e il il filosofo metafisico.
Per questo la filosofia è un intreccio necessariamente di logos e amore, o sentimento.
il logos si impianta, parte dagli sconvolgimenti dell'animo, ossia chiamiamo l'animo ciò che l'anima (anima mundi) lascia come traccia indelebile del suo passaggio.
Ecco perchè il bello, e l'arte e la poesia e la letteratura sono cose supreme.
Perchè ragionano con noi di questi passaggi.
Pensiamo a pensatori tellurici come Kafka, Dostoevskj o Rilke.
La loro capacità di portare il segno di questi passaggi, il vento che sembra magicamente passare dall'immaginario (il luogo dove il passaggio lascia la traccia) e portare a noi VIVO il senso di smarrimento rispetto a quei venti, a quelle tempeste.
Perchè mi sentivo vivo quando leggevo quegli autori? perchè mi hanno insegnato a ragionare di quei venti di quelle tempeste.
Vette insuperabili, a cui ci è toccato il dono di leggere.
Ma dentro di noi vi sono vette altrettanto alte. Le sappiamo comunicare, sappiamo lavorarci con i segni di quei passaggi?
Molto difficile. Ma dobbiamo essere onesti sul perchè non lo facciamo.
Per questo nessuno legge Nietzche e lui lo sapeva.
Citazione di: Jacopus il 15 Gennaio 2022, 17:08:59 PM
Ipazia. Quest'ultimo passo di Nietzsche è la prova di come il positivismo, se non diventa scientismo, sia fondamentale, per trovare un senso comune che superi il prospettivismo e che confuti il "parlare a caso" come a proposito degli istinti come "sete di dominio". Ne è stata fatta di strada a proposito della conoscenza dei nostri istinti, proprio grazie alla cultura "positivista", quella dei fatti oggettivi e i nostri istinti sono qualcosa di molto più complesso e variegato di una generica "sete di dominio".
Sete di dominio, nella descrizione nietzschiana, che ancora una volta riporta ad una visione distorta dell'uomo, o nel senso di auspicare una Civitas Dei, in grado di mondare l'uomo e la sua sete di dominio (posizione che Nietzsche, come noto, attacca), o nel senso di liberare quella "sete di dominio" dai suoi sensi di colpa, per permettere l'espressione creativa e totale dell'ubermensch. Nessuna delle due, queste sì, "interpretazioni" è reale. Questo discorso ne porta con sè, un altro. Ovvero quello di far parlare fra loro la filosofia e la scienza (in questo caso la biologia e le neuroscienze) poiché altrimenti restiamo appesi all'ipse dixit, oppure alla lettura della filosofia come un piacevole romanzo letterario alla Musil.
C'è scritto all'inzio: contro il positivismo!
Vedi come è bizzarra la lettura fallace del pensiero nicciano.
E' infatti nell'ordine delle cose, che il positivismo coltivi dentro di sè la pretesa del dominio della sua idea contro quello dell'altra.
Idem la lettura della psicologia sulla volontà di potenza.
La volontà di potenza non è qualcosa che si faccia addomesticare, ma invece proprio quella che determina le fantasie del positivismo (ossia il dominio dell'uno sull'altro) come ossessivamente da raggiungere.
E dunque opera una violenza supplettiva, direi crudele, sulla visione distruttiva delle istanze del positivismo.
La lettura di Musil non è qualcosa di piacevole, se si intende che le tempeste di Musil sono qualcosa anzitutto da introiettare.
Se non se ne ha la capacità è dovuto alla carenza affettiva, e la carenza affettiva è dovuta al vuoto pedagogico operato dal positivismo.
Affettivo qui intenso come sensibilità alla lettera, la lettera come educazione al sentimento.
Quando lessi i turbamenti del giovane torless, ne rimasi sconvolto, e quando pochi mesi iniziai a leggere (infine) l'uomo senza qualità, ne capii subito l'immensa portata.(ovviamente ho letto solo poche pagine iniziali :D )
Vi sono autori che cambiano le vite, poichè ci portano a conoscere emozioni che noi abbiamo accuratamente sepolto o semplicemente non abbiamo mai vissuto.
Dunque leggere con piacevolezza questi autori, la dice lunga di molte altre cose, che però a me non interessano.
Ho seguito un po' a ruota libera cronologica i diversi interventi.
Interpretare è un termine "ambiguo" ,come dire, come parlare, come pensare. Ambiguo nel senso che ha necessità di essere definito, chiarito maggiormente.
I fatti oggettivi non esistono. Un serpente, un ragno, un umano "vedono" percepiscono i fatti ,già a livello sensoriale, in modalità diversa, figuriamoci quando i nervi sensoriali portano al cervello che elabora le informazioni ricevute: noi interpretiamo è corretto, ma ribadisco bisogna definire meglio cosa si intende per interpretare.
Il fatto oggettivo, è la governabilità del sistema del metodo scientifico sperimentale e delle sue dimostrazioni empiriche. Prendendo ciò che scrisse Wittgenstein quando asserisce che si può parlare solo dei fatti e di altro tacere, è riferibile proprio al fatto scientifico. Lo scienziato è colui che dovrebbe attenersi ai fatti, visto che è questo il suo credo fideistico . Allora le vestali del pensiero scientifico non dovrebbero interpretare, ma attenersi ad asserti logico dimostrativi e ....basta!
Tutto ciò che è stato oltre nella modernità e nei tempi attuali dei covid, è o scientismo in buona fede, o manipolazione in mala fede del pensiero scientifico e dei fatti soprattutto. Dietro il paravento di scienza , si è squarciata la solita logica di affari e potere. Ma già negli analitici aristotelici si parlava di sillogismo dimostrativo. La scienza moderna dal punto di vista logico ,fino alla nuova logica proposizionale del Novecento, non ha inventato nulla se escludiamo la logica dialettica di Hegel.
La scienza deve parlare per logica e per asserti, assiomi, postulati.
Ed è la differenza fra un colto letterato ed esteta come Nietzsche, perspicace e profondo quanto si vuole , ma non è la filosofia. Il contrario è Hegel che batte il chiodo contro l'antinomia razionale di Kant che sceglie l'esperienza empirica piuttosto che la logica razionale: da qui nasce il pensiero di Hegel e della logica dialettica. Ma in Hegel, e siamo ai primi dell' Ottocento , sono già chiare le contraddizione umanistico-illuministe e quelle della scienza sperimentale, quanto l'empirismo criticistico kantiano.
Il cortocircuito del pensiero scientifico ......è che pensa. Non esiste il fatto sperimentale, esiste l'interazione fra agente conoscitivo e un preteso oggetto fisico naturale da indagare. Non esiste nessuna scienza senza prima premesse di categorie, tassonomie, classificazioni . Come si potrebbe mai costruire un teorema, una legge fisica scientificia se non viene prima "inquadrata" come isolato sistema dal sistema universale? Vale a dire che la scienza osserva i particolari ,ma nulla capisce ontologicamente dell'essere metafisico intesa come indagine.
Che cosa è la vita per la scienza sperimentale? Come fanno elementi chimico fisici a combinarsi fra loro in molecole e improvvisamente....sorge la vita. Non esiste nessuna dimostrazione e non si capisce come un'ameba un essere unicellulare privo di un cervello, abbia strategie di caccia elementarissime se si vuole, ma le ha. Una cellula si produsse nella notte dei tempi casualmente? Questa favola è peggio del fideismo religioso. Come fa una cellula una volta "emersa" a sapersi replicare, a sapere di cosa e come cibarsi, di espellere i rifiuti, insomma tutta la fisiologia del metabolismo? Nessuno lo sa, ma la scienza pensa che attraverso i fossili , cioè fotografie prese qua e là, sia possibile ricostruire dinamiche. Come dire che con quattro fotografie ho capito il gran premio di automobilismo di Monza. Insulto alla ragione. Se ancora oggi non si capisce dove sta nel cervello fra neuroni e sinapsi il primo teorema di Euclide, o lo vedono nelle risonanze magnetiche?
L'attività mentale non equivale a capire dove vanno finire i nostri pensieri "fisicamente".
La scienza sperimentale empirica è UNO dei modi per conoscere, non l'unico. Ed è un fatto fisico naturale, comunque interpretato in quanto descritto con linguaggi formali matematici, geometrici ,logici. Nietzsche è tutt'altro di queste forme linguistiche.
L'archè, il motore primo, sono il principio ordinativo e regolativo da cui nascono gli universali.
Che si chiami Dio, che si chiami archè, o motore primo, l'origine è l'unica verità assoluta incontrovertibile. Perchè è proprio di questa ignoranza che l'uomo vive non sapendo. Non sa da dove viene prima di nascere , non sa dove sarà dopo la morte, quindi il senso e il significato dell'essere, in quanto spirito e in quanto esistenza. Solo una cultura bislacca può fingere di eludere (che non è superare) la tematica, in quanto problematizza l'esistenza e ci si accorge quando la vestale fideistica scientifica travestendosi di dominio democratico si scontra contro il fideismo fanatico religioso: vale a dire due modi complementari di interpretare l'esistenza.
Il paradosso quale è? Se si segue l'argomentazione esposta in UTU di Nietzsche e della modernità dove non esistendo verità tutto è ridotto al relativismo delle opinioni e interpretazioni, allora chi ha ragione? Tutti hanno ragione e vince il più forte e potente, non il più ragionevole, tanto meno l'onesto ,il probo, il saggio,.......anzi, vince il cinismo, l'opportunismo, lo spietato.
Questa è l'educazione culturale fuoriuscita dalla modernità . La libertà fu ed è, fra i tanti fraintesi, scambiata e spacciata come cacofonia del roumor generale di massa che ha prodotto un decadente appiattimento verso il basso , ma ha poca importanza visto che il focus è quanto denaro è sul conto corrente. Non c'è stato progresso umano, c'è stato progresso tecnico.
Il modo in cui si pensa l'universo e la sua origine, compresa la nostra vita, costituisce una base fondamentale di una filosofia.
E' chiaro che Nietzsche critica la cultura, ma a sua volta o non ha capito o comunque ha interpretato, parola sua, , la natura a immagine sua.
E' altrettanto ovvio che il soggetto morale non è naturale, ma è Nietzsche che crea il problema e
questo problema non c'era nell'antichità.
Nietzsche è critico contro la morale di Platone, perchè Nietzsche è filosoficamente e ancor di più politicamente un polemista ,più che un filosofo. Il Platone/ Socrate si focalizzano sulla morale, loro che più di chiunque altri nella storia dell'umanità hanno analizzato la struttura della polis. Perchè non esiste una identità di popolo, di Patria moderna, senza una morale originaria che fa lievitare le legislazioni delle polis e costruisce il collante delle strutture economiche e sociali dei mestieri e dei ruoli sociali.
Per chi o cosa dovrebbe mai sparare un soldato in prima linea? Oggi se ci fosse una guerra..........
Non esiste il Nembo Kid nietzscheano, è una farsa illusionistica, noi oggi stiamo decadendo, non sollevandoci. Ma non vedi che manca nel suo pensiero l'analitica sociale, politica, filosofica, persino naturalistica? Non è a colpi di boutade che si fa filosofia.
Al superuomo futuro togliamo la morale, diciamoci tutti innocenti e liberi e irresponsabili .......e siamo ritornati ad Adamo ,non siamo andati avanti, ma indietro. Ma c'è un "dio" che ci comanda, o chi comanda nella società dei superuomini? Ancora la menzogna?
Quando accomuni due personaggi famosi come Nietzsche e Leopardi, portandoli ad essere filosofi poiché altri pseudo filosofi li hanno spacciati per tale, (da quando la filosofia è morta, perché tolto Hegel e forse Heidegger, nessun altro in quattro secoli ha creato filosofia).
Quando esteti ,artisti, vengono indicati come filosofi, siamo al qualunquismo culturale dell'indifferenza .Allora anche Ariosto, Cervantes, Shakespeare, Goethe , Dante, Dostoevskij sono filosofi? E magari Van Gogh, Raffaello....... Siamo tutti filosofi .....evviva la morte della filosofia.
Leopardi è uno straordinario poeta e letterato.
Chissà come mai Omero non fu ritenuto un filosofo, Euripide, Eschilo non furono ritenuti filosofi.
Mancano oggi ( ma è ovvio almeno per me) i fondamentali filosofici, per cui pseudofilosofi senza criterio fanno qualunquismo filosofico.
Il destino umano è metafisica perché si rifiuta culturalmente di entrarvi come problema.
Si accetta come ineluttabile venire dal nulla e sparire nel nulla, prima e dopo la vita.
Quindi è la morte il problema dei "senza dio". Togli Kant dal novero dei metafisici, infatti è caro a Nietzsche.
Recidere la ragione metafisica significa aumentare le possibilità umane nell'esistenza, quindi apre ad una volontà di potenza: a me pare logico qui Nietzsche. L'uomo non deve rispondere più a "nessuno" moralmente dei suoi pensieri , quindi accetta quella finestra di spazio/tempo chiamata esistenza come da vivere intensamente e autenticamente ( e qui si aprirebbe un altro problema :cosa significa vivere autenticamente?). Lo trovo il contrario semmai dell'inclinazione leopardiana. Ma sono solo interpretazioni.
Nietsche ritiene la morale un artificio cultuale di potere ed è qui il suo errore.
Un filologo come lui doveva sapere la relazione fra cosmos-nomos- sovranità-legislazione.
Non c'è cultura piccola o grande apparsa sulla storia del pianeta Terra, che fossero cinesi delle antiche dinastie o pellerosse americani, che interpretarono i movimenti del cosmos come forme di costruzione sociale, persino di sacrificio umano per tenere l'ordine del cosmos nel nomos sociale, poiché la sovranità veniva dagli ordini universali del cosmos.Non fu invenzione religiosa particolare dei monoteismi o dei vari olimpi deistici a determinare la morale, c'erano già, semmai furono riconfigurate. Basta leggersi i Veda indiani , la trimurti induista.
Non sono contro Nietzsche, lo ribadisco, rispetto la tua stima verso di lui, ma io penso altro di lui.
Rimangono la sua perspicacia e profondità in alcune analisi sottili.
Citaz. Green D.
L'uomo Socratico è un uomo ordinato (al bene), il super-uomo è l'uomo che convive con il caos (Leopardi).
Ossia non esiste alcun bene (Leopardi).
Possiamo ben dire che Leopardi e Nietzche sono le gigantomachie che guardano negli occhi la morte e decidono che la morte sia il male.
Su quanto da te scritto sono d'accordo.
Citaz. Green D.
La razionalità a cui invece tu ti riferisci è una semplice modalità dell'intelletto, ma l'intelletto non è ancora anima, e l'anima non è ancora Dio.
Dunque perchè pensare che la razionalità sia il cuore pulsante della filosofia?
Non lo è affatto.
La razionalità è solo un mezzo per arrivare alla metafisica, ma ve ne sono altri.
Ne parleremo con Hegel e la sua "Fenomenologia"...questa è filosofia non chiacchere.
Stai dimenticando una evidenza: che la cultura occidentale se detiene il potere economico militare, è perché al sua tecnica nasce da una cultura potente che è proprio grazie alla ragione razionale, vale a dire alla capacità tecnica di gestire logica, matematica geometria e saperle applicarle alle prassi fisiche naturali che è potente più delle altre culture.
Non è con l'estetica "filosofica" fatto di psicoromanticismi che si mutano i cardini culturali di un sistema.
Platone e Aristotele non hanno finito la filosofia, per questo sono da riprendere perché hanno "buchi",soprattutto Platone per il suo esoterismo non scritto e quindi non documentato.
Nietzsche intanto scrive o non scrive in Umano troppo umano che segue il positivismo, il darwinismo, le scienze? Se lo asserisce e precedenti e post scritti dicono il contrario, daccapo, chiedete conto a Nietzsche delle sua ambiguità e contraddittorietà. Io mi limito a constatare.
Se poi ad ogni testo vi è un precedente o successivo che smentisce e ognuno pretestuosamente segue quello che a lui piace, secondo voi questo è fare seriamente filosofia?
Se gli studiosi di Nietzsche indicano due o tre suoi periodi , da una parte posso capire che una persona cambia e può mutare prospettive su diversi e svariati argomenti cambiando opinione, avendo appunto maturato riflessioni diverse. Questo ci sta, è umano appunto. Ma a me paiono "forzate" alcune interpretazioni su di lui. Quì ci stà psico sentimentalismo più che razionale ragionamento concettuale. Ma andiamo verso la letteratura estetica più che alla logica filosofica.
Il problema non è la logica o la matematica , il problema è fra empirismo e metafisica.
Il male è ontologico, ed è la condizione esistenziale umana, su questo sono d'accordo, ma l'uomo non ha colpe originarie, su questo sono d'accordo con Nietzsche.
Se esiste il male non è da imputare all'uomo, è una regola interna metafisica all'universo.
E' la metafisica che arriva vicino alla verità. Quando asserisce che il divenire necessita della contraddizione per poter sussistere, come dire che l'uomo e le stesse cose si "corrompono" e si trasformano necessariamente per dare continuità al divenire dei movimenti (è simile al movimento logico dialettico di Hegel). Il male è quindi necessario al perpetuarsi dei movimenti , in quanto la verità è ferma, immobile, eterna.
Non c'è espiazione, c'è una misteriosa condizione universale, ma in cui l'uomo è innocente, in quanto subisce il destino universale, non lo ha creato, lo ha subito. Ma già la filosofia greca ,dei contrari ,degli opposti, aveva intuito che le sostanze mescolandosi generano trasformazioni, "corrompendosi" trasmutano.
Non trovo molta complessità nell'ebraismo, è una cultura più materialista di quanto si pensi e meno spirituale di quanto sembri. E' una cultura che "temo", poiché vicino al fanatismo (ma quante vaccinazioni si sono fatti di anti covid? Sono dei militari .). La loro matrice è sumerica da una parte (Abramo) ed egizia dall' altra (Mosè).....e Maometto capì che per riunire le tribù arabe si poteva inventare.......
Citazione di: F.Nietzsche - FRAMMENTI POSTUMI 1885-87
....In quanto la parola "conoscenza" abbia senso, il mondo è conoscibile; ma esso è interpretabile in modi diversi, non ha dietro di sé un senso, ma innumerevoli sensi. "Prospettivismo".
Sono i nostri bisogni, che interpretano il mondo: i nostri istinti e i loro pro e contro...
Qui FN lancia un assist alla teoria dei bisogni sui quali fonda la conoscibilità del mondo. Simplex sigillum veri.
Il
male viene risolto metafisicamente con l'amor fati, ontologicamente con la presa d'atto della condizione mortale dei viventi (da Epicuro in poi, gran messe di saggezza) ed eticamente con le buone pratiche di convivenza. Non ha nulla di imperscutabile entro una iperuranica archè.
La
vita è un'emergenza evolutiva su cui è unsinnig fingere ipotesi. Ma vista la continuità materica tra mondo inanimato e animato e tra chimica e biochimica forse sono più plausibili le ipotesi fisiche di quelle metafisiche.
Anche la "materia dei sogni" ha le sue contiguità col mondo fisico ed è perfettamente giustificabile dal paradigma evolutivo lanciando la nottola di Minerva tra i meandri del snc e della sua evoluzione negli animali. Sui vegetali sappiamo ancora poco. Ma possiamo sperimentare empatie poetiche assecondando gli "innumerevoli sensi" della citazione nicciana.
Citazione di: paul11 il 16 Gennaio 2022, 13:44:15 PM
Ho seguito un po' a ruota libera cronologica i diversi interventi.
Interpretare è un termine "ambiguo" ,come dire, come parlare, come pensare. Ambiguo nel senso che ha necessità di essere definito, chiarito maggiormente.
I fatti oggettivi non esistono. Un serpente, un ragno, un umano "vedono" percepiscono i fatti ,già a livello sensoriale, in modalità diversa, figuriamoci quando i nervi sensoriali portano al cervello che elabora le informazioni ricevute: noi interpretiamo è corretto, ma ribadisco bisogna definire meglio cosa si intende per interpretare.
Il fatto oggettivo, è la governabilità del sistema del metodo scientifico sperimentale e delle sue dimostrazioni empiriche. Prendendo ciò che scrisse Wittgenstein quando asserisce che si può parlare solo dei fatti e di altro tacere, è riferibile proprio al fatto scientifico. Lo scienziato è colui che dovrebbe attenersi ai fatti, visto che è questo il suo credo fideistico . Allora le vestali del pensiero scientifico non dovrebbero interpretare, ma attenersi ad asserti logico dimostrativi e ....basta!
Tutto ciò che è stato oltre nella modernità e nei tempi attuali dei covid, è o scientismo in buona fede, o manipolazione in mala fede del pensiero scientifico e dei fatti soprattutto. Dietro il paravento di scienza , si è squarciata la solita logica di affari e potere. Ma già negli analitici aristotelici si parlava di sillogismo dimostrativo. La scienza moderna dal punto di vista logico ,fino alla nuova logica proposizionale del Novecento, non ha inventato nulla se escludiamo la logica dialettica di Hegel.
La scienza deve parlare per logica e per asserti, assiomi, postulati.
Ed è la differenza fra un colto letterato ed esteta come Nietzsche, perspicace e profondo quanto si vuole , ma non è la filosofia. Il contrario è Hegel che batte il chiodo contro l'antinomia razionale di Kant che sceglie l'esperienza empirica piuttosto che la logica razionale: da qui nasce il pensiero di Hegel e della logica dialettica. Ma in Hegel, e siamo ai primi dell' Ottocento , sono già chiare le contraddizione umanistico-illuministe e quelle della scienza sperimentale, quanto l'empirismo criticistico kantiano.
Il cortocircuito del pensiero scientifico ......è che pensa. Non esiste il fatto sperimentale, esiste l'interazione fra agente conoscitivo e un preteso oggetto fisico naturale da indagare. Non esiste nessuna scienza senza prima premesse di categorie, tassonomie, classificazioni . Come si potrebbe mai costruire un teorema, una legge fisica scientificia se non viene prima "inquadrata" come isolato sistema dal sistema universale? Vale a dire che la scienza osserva i particolari ,ma nulla capisce ontologicamente dell'essere metafisico intesa come indagine.
Che cosa è la vita per la scienza sperimentale? Come fanno elementi chimico fisici a combinarsi fra loro in molecole e improvvisamente....sorge la vita. Non esiste nessuna dimostrazione e non si capisce come un'ameba un essere unicellulare privo di un cervello, abbia strategie di caccia elementarissime se si vuole, ma le ha. Una cellula si produsse nella notte dei tempi casualmente? Questa favola è peggio del fideismo religioso. Come fa una cellula una volta "emersa" a sapersi replicare, a sapere di cosa e come cibarsi, di espellere i rifiuti, insomma tutta la fisiologia del metabolismo? Nessuno lo sa, ma la scienza pensa che attraverso i fossili , cioè fotografie prese qua e là, sia possibile ricostruire dinamiche. Come dire che con quattro fotografie ho capito il gran premio di automobilismo di Monza. Insulto alla ragione. Se ancora oggi non si capisce dove sta nel cervello fra neuroni e sinapsi il primo teorema di Euclide, o lo vedono nelle risonanze magnetiche?
L'attività mentale non equivale a capire dove vanno finire i nostri pensieri "fisicamente".
La scienza sperimentale empirica è UNO dei modi per conoscere, non l'unico. Ed è un fatto fisico naturale, comunque interpretato in quanto descritto con linguaggi formali matematici, geometrici ,logici. Nietzsche è tutt'altro di queste forme linguistiche.
L'archè, il motore primo, sono il principio ordinativo e regolativo da cui nascono gli universali.
Che si chiami Dio, che si chiami archè, o motore primo, l'origine è l'unica verità assoluta incontrovertibile. Perchè è proprio di questa ignoranza che l'uomo vive non sapendo. Non sa da dove viene prima di nascere , non sa dove sarà dopo la morte, quindi il senso e il significato dell'essere, in quanto spirito e in quanto esistenza. Solo una cultura bislacca può fingere di eludere (che non è superare) la tematica, in quanto problematizza l'esistenza e ci si accorge quando la vestale fideistica scientifica travestendosi di dominio democratico si scontra contro il fideismo fanatico religioso: vale a dire due modi complementari di interpretare l'esistenza.
Il paradosso quale è? Se si segue l'argomentazione esposta in UTU di Nietzsche e della modernità dove non esistendo verità tutto è ridotto al relativismo delle opinioni e interpretazioni, allora chi ha ragione? Tutti hanno ragione e vince il più forte e potente, non il più ragionevole, tanto meno l'onesto ,il probo, il saggio,.......anzi, vince il cinismo, l'opportunismo, lo spietato.
Questa è l'educazione culturale fuoriuscita dalla modernità . La libertà fu ed è, fra i tanti fraintesi, scambiata e spacciata come cacofonia del roumor generale di massa che ha prodotto un decadente appiattimento verso il basso , ma ha poca importanza visto che il focus è quanto denaro è sul conto corrente. Non c'è stato progresso umano, c'è stato progresso tecnico.
Il modo in cui si pensa l'universo e la sua origine, compresa la nostra vita, costituisce una base fondamentale di una filosofia.
E' chiaro che Nietzsche critica la cultura, ma a sua volta o non ha capito o comunque ha interpretato, parola sua, , la natura a immagine sua.
E' altrettanto ovvio che il soggetto morale non è naturale, ma è Nietzsche che crea il problema e
questo problema non c'era nell'antichità.
Nietzsche è critico contro la morale di Platone, perchè Nietzsche è filosoficamente e ancor di più politicamente un polemista ,più che un filosofo. Il Platone/ Socrate si focalizzano sulla morale, loro che più di chiunque altri nella storia dell'umanità hanno analizzato la struttura della polis. Perchè non esiste una identità di popolo, di Patria moderna, senza una morale originaria che fa lievitare le legislazioni delle polis e costruisce il collante delle strutture economiche e sociali dei mestieri e dei ruoli sociali.
Per chi o cosa dovrebbe mai sparare un soldato in prima linea? Oggi se ci fosse una guerra..........
Non esiste il Nembo Kid nietzscheano, è una farsa illusionistica, noi oggi stiamo decadendo, non sollevandoci. Ma non vedi che manca nel suo pensiero l'analitica sociale, politica, filosofica, persino naturalistica? Non è a colpi di boutade che si fa filosofia.
Al superuomo futuro togliamo la morale, diciamoci tutti innocenti e liberi e irresponsabili .......e siamo ritornati ad Adamo ,non siamo andati avanti, ma indietro. Ma c'è un "dio" che ci comanda, o chi comanda nella società dei superuomini? Ancora la menzogna?
Quando accomuni due personaggi famosi come Nietzsche e Leopardi, portandoli ad essere filosofi poiché altri pseudo filosofi li hanno spacciati per tale, (da quando la filosofia è morta, perché tolto Hegel e forse Heidegger, nessun altro in quattro secoli ha creato filosofia).
Quando esteti ,artisti, vengono indicati come filosofi, siamo al qualunquismo culturale dell'indifferenza .Allora anche Ariosto, Cervantes, Shakespeare, Goethe , Dante, Dostoevskij sono filosofi? E magari Van Gogh, Raffaello....... Siamo tutti filosofi .....evviva la morte della filosofia.
Leopardi è uno straordinario poeta e letterato.
Chissà come mai Omero non fu ritenuto un filosofo, Euripide, Eschilo non furono ritenuti filosofi.
Mancano oggi ( ma è ovvio almeno per me) i fondamentali filosofici, per cui pseudofilosofi senza criterio fanno qualunquismo filosofico.
Il destino umano è metafisica perché si rifiuta culturalmente di entrarvi come problema.
Si accetta come ineluttabile venire dal nulla e sparire nel nulla, prima e dopo la vita.
Quindi è la morte il problema dei "senza dio". Togli Kant dal novero dei metafisici, infatti è caro a Nietzsche.
Recidere la ragione metafisica significa aumentare le possibilità umane nell'esistenza, quindi apre ad una volontà di potenza: a me pare logico qui Nietzsche. L'uomo non deve rispondere più a "nessuno" moralmente dei suoi pensieri , quindi accetta quella finestra di spazio/tempo chiamata esistenza come da vivere intensamente e autenticamente ( e qui si aprirebbe un altro problema :cosa significa vivere autenticamente?). Lo trovo il contrario semmai dell'inclinazione leopardiana. Ma sono solo interpretazioni.
Nietsche ritiene la morale un artificio cultuale di potere ed è qui il suo errore.
Un filologo come lui doveva sapere la relazione fra cosmos-nomos- sovranità-legislazione.
Non c'è cultura piccola o grande apparsa sulla storia del pianeta Terra, che fossero cinesi delle antiche dinastie o pellerosse americani, che interpretarono i movimenti del cosmos come forme di costruzione sociale, persino di sacrificio umano per tenere l'ordine del cosmos nel nomos sociale, poiché la sovranità veniva dagli ordini universali del cosmos.Non fu invenzione religiosa particolare dei monoteismi o dei vari olimpi deistici a determinare la morale, c'erano già, semmai furono riconfigurate. Basta leggersi i Veda indiani , la trimurti induista.
Non sono contro Nietzsche, lo ribadisco, rispetto la tua stima verso di lui, ma io penso altro di lui.
Rimangono la sua perspicacia e profondità in alcune analisi sottili.
Citaz. Green D.
L'uomo Socratico è un uomo ordinato (al bene), il super-uomo è l'uomo che convive con il caos (Leopardi).
Ossia non esiste alcun bene (Leopardi).
Possiamo ben dire che Leopardi e Nietzche sono le gigantomachie che guardano negli occhi la morte e decidono che la morte sia il male.
Su quanto da te scritto sono d'accordo.
Citaz. Green D.
La razionalità a cui invece tu ti riferisci è una semplice modalità dell'intelletto, ma l'intelletto non è ancora anima, e l'anima non è ancora Dio.
Dunque perchè pensare che la razionalità sia il cuore pulsante della filosofia?
Non lo è affatto.
La razionalità è solo un mezzo per arrivare alla metafisica, ma ve ne sono altri.
Ne parleremo con Hegel e la sua "Fenomenologia"...questa è filosofia non chiacchere.
Stai dimenticando una evidenza: che la cultura occidentale se detiene il potere economico militare, è perché al sua tecnica nasce da una cultura potente che è proprio grazie alla ragione razionale, vale a dire alla capacità tecnica di gestire logica, matematica geometria e saperle applicarle alle prassi fisiche naturali che è potente più delle altre culture.
Non è con l'estetica "filosofica" fatto di psicoromanticismi che si mutano i cardini culturali di un sistema.
Platone e Aristotele non hanno finito la filosofia, per questo sono da riprendere perché hanno "buchi",soprattutto Platone per il suo esoterismo non scritto e quindi non documentato.
Nietzsche intanto scrive o non scrive in Umano troppo umano che segue il positivismo, il darwinismo, le scienze? Se lo asserisce e precedenti e post scritti dicono il contrario, daccapo, chiedete conto a Nietzsche delle sua ambiguità e contraddittorietà. Io mi limito a constatare.
Se poi ad ogni testo vi è un precedente o successivo che smentisce e ognuno pretestuosamente segue quello che a lui piace, secondo voi questo è fare seriamente filosofia?
Se gli studiosi di Nietzsche indicano due o tre suoi periodi , da una parte posso capire che una persona cambia e può mutare prospettive su diversi e svariati argomenti cambiando opinione, avendo appunto maturato riflessioni diverse. Questo ci sta, è umano appunto. Ma a me paiono "forzate" alcune interpretazioni su di lui. Quì ci stà psico sentimentalismo più che razionale ragionamento concettuale. Ma andiamo verso la letteratura estetica più che alla logica filosofica.
Il problema non è la logica o la matematica , il problema è fra empirismo e metafisica.
Il male è ontologico, ed è la condizione esistenziale umana, su questo sono d'accordo, ma l'uomo non ha colpe originarie, su questo sono d'accordo con Nietzsche.
Se esiste il male non è da imputare all'uomo, è una regola interna metafisica all'universo.
E' la metafisica che arriva vicino alla verità. Quando asserisce che il divenire necessita della contraddizione per poter sussistere, come dire che l'uomo e le stesse cose si "corrompono" e si trasformano necessariamente per dare continuità al divenire dei movimenti (è simile al movimento logico dialettico di Hegel). Il male è quindi necessario al perpetuarsi dei movimenti , in quanto la verità è ferma, immobile, eterna.
Non c'è espiazione, c'è una misteriosa condizione universale, ma in cui l'uomo è innocente, in quanto subisce il destino universale, non lo ha creato, lo ha subito. Ma già la filosofia greca ,dei contrari ,degli opposti, aveva intuito che le sostanze mescolandosi generano trasformazioni, "corrompendosi" trasmutano.
Non trovo molta complessità nell'ebraismo, è una cultura più materialista di quanto si pensi e meno spirituale di quanto sembri. E' una cultura che "temo", poiché vicino al fanatismo (ma quante vaccinazioni si sono fatti di anti covid? Sono dei militari .). La loro matrice è sumerica da una parte (Abramo) ed egizia dall' altra (Mosè).....e Maometto capì che per riunire le tribù arabe si poteva inventare.......
L'importante è fare chiarezza: certo che manca una critica (più o meno) sistematica del sociale in Nietzche, e certo è questa la tua critica più forte al nostro.
Egli piuttosto si dedica ad una critica del soggetto, come la letteratura fa da Sofocle a Leopardi, io dissento da te nel chiamarli estetismi.
Infatti in questione è il senso del vivere (l'astrazione sul destino mortale dell'uomo), che sia la filosofia o la letteratura ad indagarlo poco importa.
Estetismo chiamo quelle scritture letterarie e filosofiche che si adagiano ad una semplice descrizione, senza meditazione di senso.
Infine non studiamo solo Nietzche, ma anche la filosofia politica, l'uno non esclude l'altro.
Citazione di: Ipazia il 16 Gennaio 2022, 19:21:07 PM
Citazione di: F.Nietzsche - FRAMMENTI POSTUMI 1885-87
....In quanto la parola "conoscenza" abbia senso, il mondo è conoscibile; ma esso è interpretabile in modi diversi, non ha dietro di sé un senso, ma innumerevoli sensi. "Prospettivismo".
Sono i nostri bisogni, che interpretano il mondo: i nostri istinti e i loro pro e contro...
Qui FN lancia un assist alla teoria dei bisogni sui quali fonda la conoscibilità del mondo. Simplex sigillum veri.
Il male viene risolto metafisicamente con l'amor fati, ontologicamente con la presa d'atto della condizione mortale dei viventi (da Epicuro in poi, gran messe di saggezza) ed eticamente con le buone pratiche di convivenza. Non ha nulla di imperscutabile entro una iperuranica archè.
La vita è un'emergenza evolutiva su cui è unsinnig fingere ipotesi. Ma vista la continuità materica tra mondo inanimato e animato e tra chimica e biochimica forse sono più plausibili le ipotesi fisiche di quelle metafisiche.
Anche la "materia dei sogni" ha le sue contiguità col mondo fisico ed è perfettamente giustificabile dal paradigma evolutivo lanciando la nottola di Minerva tra i meandri del snc e della sua evoluzione negli animali. Sui vegetali sappiamo ancora poco. Ma possiamo sperimentare empatie poetiche assecondando gli "innumerevoli sensi" della citazione nicciana.
Come già fatto notare da Paul, la ragione non la trovi nel mondo naturale, nè il pensiero.
Più paradigmaticamente parlando Nietzche si concetrerebbe sul tuo stesso linguaggio Ipazia, o meglio il nostro stesso linguaggio, che per l'80 per cento si regge su metafore.
Dunque noi siamo una metafora, un logos, un diveniente dell'immaginario stesso: le dottrine materialiste che tu segui, sono solo una parte del mondo, e non il mondo come invece tu credi.
E la scienza crede nei suoi matemi, è veramente un atto di fede.
Diversa cosa sono i fatti, e come sappiamo sui fatti si hanno visioni politiche (ecco che rientra la critica materialista, che non rinnego affatto, anzi sto cominciando ad acclimatarmi ad essa, ma di fatto, è solo uno strumento, ovvero il senso della vita non è la politica).
Salve green. Sai che finora non trovato nessun spiritualista che mi abbia argomentato in qual modo i contenuti metafisici potrebbero continuare a risultare concepibili..............in assenza di strutture fisiche (ad esempio.....biologiche) alle quali essi contenuti potrebbero aggrapparsi per poter continuare ad esistere ?.
Viceversa a me è facilissimo argomentare che strutture fisiche e biologiche...........lasciate in fisica e biologica solitudine, possano benissimo continuare ad esistere (certo, magari in forme poco eleganti e per nulla speculative).
Perchè non provi ad essere il primo che argomenta il perchè figlia metafisica risulti priva di madre fisica ?. Saluti.
Citazione di: viator il 27 Gennaio 2022, 21:14:10 PM
Salve green. Sai che finora non trovato nessun spiritualista che mi abbia argomentato in qual modo i contenuti metafisici potrebbero continuare a risultare concepibili..............in assenza di strutture fisiche (ad esempio.....biologiche) alle quali essi contenuti potrebbero aggrapparsi per poter continuare ad esistere ?.
Viceversa a me è facilissimo argomentare che strutture fisiche e biologiche...........lasciate in fisica e biologica solitudine, possano benissimo continuare ad esistere (certo, magari in forme poco eleganti e per nulla speculative).
Perchè non provi ad essere il primo che argomenta il perchè figlia metafisica risulti priva di madre fisica ?. Saluti.
Non lo hai mai trovato perchè la domanda che poni non ha senso.
Infatti il campo d'indagine della metafisica spirituale è legata all'immaginario.
Il biologico non risiede nell'immaginario bensì nel simbolico, si applica cioè alla realtà.
Certo che il metafisico per sussistere (in quanto indagine) ha bisogno del biologico, ma io non vedo contraddizione (e credo non la veda alcun spiritualista).
edit- rispetto a Nietzche, il problema non è tanto il biologico (egli credeva per esempio alla evoluzione darwiniana), quanto alla critica del simbolico che risiede nel biologico.
Per capire questa cosa serve naturalmente uno sforzo di astrazione, la critica non la trovi in laboratorio.
L' aforisma 291 di Nietzsche, in Umano troppo umano, è un capolavoro.
Prudenza degli spiriti liberi.
Gli uomini di spirito libero, viventi unicamente per la conoscenza, troveranno ben presto raggiunto lo scopo esterno della loro vita, la loro definitiva posizione verso la società e lo Stato, e per esempio si contenteranno volentieri di un piccolo impiego o di una sostanza che basti strettamente alla vita; perché si aggiusteranno per vivere in modo che un grande rivolgimento nei beni esterni, e persino un rovesciamento delle istituzioni politiche non rovini la loro vita. In tutte queste cose essi spendono il meno possibile di energia, onde immergersi con tutta la loro forza accumulata e per così dire con un lungo respiro nell'elemento della conoscenza. Così possono sperare di immergersi totalmente e forse anche di guardare nel fondo. Di un avvenimento uno spirito simile prenderà solo un lembo, egli non ama le cose in tutta l'estensione e l'abbondanza del loro sviluppo: perché non vuole impigliarsi in quelle. Anch'egli conosce i giorni feriali della mancanza di libertà, della dipendenza, del lavoro servile. Ma di quando in quando giunge per lui una domenica della libertà , altrimenti non sopporterebbe la vita. E' probabile che anche il suo amore per gli uomini sia prudente e di corta lena, perché egli vuole occuparsi del mondo delle inclinazioni e delle cecità solo tanto, quanto è necessario ai fini della conoscenza. Egli deve aver fiducia che il genio della giustizia dirà una parola in favore del suo discepolo e pupillo, se voci accusatrici lo chiameranno povero d'amore.
C'è nel suo modo di vivere e di pensare un eroismo raffinato, che ha vergogna di offrirsi alla venerazione delle grandi masse come fa il suo più rozzo fratello, e ama andarsene tacito per il mondo e fuori del mondo . Qualunque labirinto egli attraversi , tra qualsiasi scoglio egli abbia temporaneamente costretto il suo fiume, quando giunge alla luce, se ne va sereno, leggero e quasi senza rumore per la sua via ,e lascia che la luce del sole giuochi fino nella profondità in cui egli si trova.
Citazione di: paul11 il 29 Gennaio 2022, 10:06:47 AM
L' aforisma 291 di Nietzsche, in Umano troppo umano, è un capolavoro.
Prudenza degli spiriti liberi.
Gli uomini di spirito libero, viventi unicamente per la conoscenza, troveranno ben presto raggiunto lo scopo esterno della loro vita, la loro definitiva posizione verso la società e lo Stato, e per esempio si contenteranno volentieri di un piccolo impiego o di una sostanza che basti strettamente alla vita; perché si aggiusteranno per vivere in modo che un grande rivolgimento nei beni esterni, e persino un rovesciamento delle istituzioni politiche non rovini la loro vita. In tutte queste cose essi spendono il meno possibile di energia, onde immergersi con tutta la loro forza accumulata e per così dire con un lungo respiro nell'elemento della conoscenza. Così possono sperare di immergersi totalmente e forse anche di guardare nel fondo. Di un avvenimento uno spirito simile prenderà solo un lembo, egli non ama le cose in tutta l'estensione e l'abbondanza del loro sviluppo: perché non vuole impigliarsi in quelle..."
Un capolavoro decisamente epicureo, spumeggiante di
atarassia e virtù collegate.
Citazione di: paul11 il 29 Gennaio 2022, 10:06:47 AM
L' aforisma 291 di Nietzsche, in Umano troppo umano, è un capolavoro.
Prudenza degli spiriti liberi.
Gli uomini di spirito libero, viventi unicamente per la conoscenza, troveranno ben presto raggiunto lo scopo esterno della loro vita, la loro definitiva posizione verso la società e lo Stato, e per esempio si contenteranno volentieri di un piccolo impiego o di una sostanza che basti strettamente alla vita; perché si aggiusteranno per vivere in modo che un grande rivolgimento nei beni esterni, e persino un rovesciamento delle istituzioni politiche non rovini la loro vita. In tutte queste cose essi spendono il meno possibile di energia, onde immergersi con tutta la loro forza accumulata e per così dire con un lungo respiro nell'elemento della conoscenza. Così possono sperare di immergersi totalmente e forse anche di guardare nel fondo. Di un avvenimento uno spirito simile prenderà solo un lembo, egli non ama le cose in tutta l'estensione e l'abbondanza del loro sviluppo: perché non vuole impigliarsi in quelle. Anch'egli conosce i giorni feriali della mancanza di libertà, della dipendenza, del lavoro servile. Ma di quando in quando giunge per lui una domenica della libertà , altrimenti non sopporterebbe la vita. E' probabile che anche il suo amore per gli uomini sia prudente e di corta lena, perché egli vuole occuparsi del mondo delle inclinazioni e delle cecità solo tanto, quanto è necessario ai fini della conoscenza. Egli deve aver fiducia che il genio della giustizia dirà una parola in favore del suo discepolo e pupillo, se voci accusatrici lo chiameranno povero d'amore.
C'è nel suo modo di vivere e di pensare un eroismo raffinato, che ha vergogna di offrirsi alla venerazione delle grandi masse come fa il suo più rozzo fratello, e ama andarsene tacito per il mondo e fuori del mondo . Qualunque labirinto egli attraversi , tra qualsiasi scoglio egli abbia temporaneamente costretto il suo fiume, quando giunge alla luce, se ne va sereno, leggero e quasi senza rumore per la sua via ,e lascia che la luce del sole giuochi fino nella profondità in cui egli si trova.
Debbo ancora una volta complimentarmi con te. Nonostante io abbia in questo forum decretato la morte del pensiero di FN, questo suo pensiero è per me vero, vivo, splendente. Non so per quale motivo, non conoscendo il pensiero del pensatore tedesco, egli non abbia riconosciuto in Gesù il superuomo, motivo per il quale io decretai la morte del suo pensiero, almeno in parte, data l'evidenza nel mio scrivere sulla verità di questo aforisma. E ne ho decretato la morte proprio identificandomi con una espressione che compare in questo aforisma ".... Così possono sperare di immergersi totalmente e forse anche di guardare nel fondo. Di un avvenimento uno spirito simile prenderà solo un lembo, egli non ama le cose in tutta l'estensione e l'abbondanza del loro sviluppo: perché non vuole impigliarsi in quelle."
Qual è il motivo dunque, per cui Gesù è considerato solo un annunciatore?
Perché Cristo dice: il mio regno non è di questo mondo.
Il regno dell'oltreuomo nicciano è totalmente di questo mondo, non esistendo alcun "mondo dietro il mondo". Che, detta papale papale, per FN è una cialtroneria da rigettare. Di qui: Dioniso contro il Crocifisso (cit.)
Citazione di: Ipazia il 31 Gennaio 2022, 16:39:08 PM
Perché Cristo dice: il mio regno non è di questo mondo.
Il regno dell'oltreuomo nicciano è totalmente di questo mondo, non esistendo alcun "mondo dietro il mondo". Che, detta papale papale, per FN è una cialtroneria da rigettare. Di qui: Dioniso contro il Crocifisso (cit.)
Pensavo che fosse per via della legge che Gesù giustificava, ma dato che nell'aforisma lui cita il genio della giustizia come un'evidenza necessaria della vita umana, era altrettanto evidente che non era quello il motivo. Se però Nietzshe avesse potuto attingere al vangelo di Tommaso (1945) si sarebbe subito reso conto che Gesù era uno gnostico. Detto ciò, l'affermazione "il mio regno non è di questo mondo" è quanto meno ambigua se la si confronta con gli ultimi due o tre detti del vangelo di Tommaso (comodamente reperibili in rete). E anche questo è un fatto
Anche il vangelo apocrifo di Tommaso parla di regno dei cieli, Paradiso, immortalità. Che il Padre regni anche in terra è scontato, ma il "mondo dietro il mondo", rimane. Ovvero la trascendenza inaccettabile per FN.
Citazione di: Ipazia il 31 Gennaio 2022, 19:24:06 PM
Anche il vangelo apocrifo di Tommaso parla di regno dei cieli, Paradiso, immortalità. Che il Padre regni anche in terra è scontato, ma il "mondo dietro il mondo", rimane. Ovvero la trascendenza inaccettabile per FN.
Meraviglie della tecnologia, con un semplice ctrl+f nel vangelo di Tommaso non compare nè immortalità, nè paradiso. Compare una volta "regno dei cieli", ma sono i discepoli a chiedere, e non lui a dire. Gesù parlava loro con delle parabole e si riferiva al loro mondo.
Per quel che riguarda il mondo dietro il mondo, io ne parlo con una terminologia colloquiale, più che sufficiente. Il mondo dietro il mondo siamo noi che ci riferiamo a persone con le quali non riusciremo più a dialogare. Ma è pure il mondo di chi è obbligato a fidarsi. A fidarsi del cosiddetto mondo dell'intellighenzia, ivi comprese le discipline scientifiche, che ci toglie un dialogo diretto con il mondo, appunto.
La trascendenza l'aveva vista Kant, ma non seppe vedere che si costituiva nella sensazione.
Detto poi da uomo a donna, l'ho già detto: l'uomo è uomo e la donna è donna. Nella vita di ogni giorno uomo e donna vivono in diretta questa esperienza. Qui si attua la loro idea del mondo, e come ho già detto, la donna ne avrebbe da dire
Citazione di: vangelo di Tommaso19. Gesù disse, "Beato colui che nacque prima di nascere.
Se diventate miei discepoli e prestate attenzione alle mie parole, queste pietre vi obbediranno.
Perché vi sono cinque alberi per voi in Paradiso: non mutano, inverno ed estate, e le loro foglie non cadono. Chiunque li conoscerà non sperimenterà la morte."
20. I discepoli dissero a Gesù, "Dicci com'è il Regno dei Cieli."
E lui disse loro, "È come un seme di mostarda, il più piccolo dei semi, ma quando cade sul terreno coltivato produce una grande pianta e diventa un riparo per gli uccelli del cielo."
Per quanto apocrifo, non poteva discostarsi troppo dalla teologia cristiana dell'aldilà, pur ponendo l'accento e predicando a discepoli nell'aldiqua. Ai quali l'artificio retorico di un acconto immanente di vita eterna non poteva che portare consenso alla religione del predicatore.
Kant introduce il trascendentale, generandolo dall'immanente, distinguendolo dal trascendente che rimane "mondo dietro il mondo" effettualmente, non simbolicamente. Se togliamo la vita eterna, crolla tutta l'impalcatura cristiana e FN, figlio di un prete, lo sapeva bene e raccomanda, quale antidoto, le
fede nella terra, nell'immanenza senza scappatoie illusionali o simboliche.
Concordo sul fatto che lo scientismo abbia sostituito una superstizione con un'altra. E che la nuova sia più pestifera dell'antica. Disprezzo condiviso da FN, sintetizzato nella bieca e insulsa figura antropologica dell'
ultimo uomo, tutto racchiuso e omologato nella mondanità circense.
Citazione di: daniele22 il 31 Gennaio 2022, 22:40:49 PM
Citazione di: Ipazia il 31 Gennaio 2022, 19:24:06 PM
Anche il vangelo apocrifo di Tommaso parla di regno dei cieli, Paradiso, immortalità. Che il Padre regni anche in terra è scontato, ma il "mondo dietro il mondo", rimane. Ovvero la trascendenza inaccettabile per FN.
Meraviglie della tecnologia, con un semplice ctrl+f nel vangelo di Tommaso non compare nè immortalità, nè paradiso. Compare una volta "regno dei cieli", ma sono i discepoli a chiedere, e non lui a dire. Gesù parlava loro con delle parabole e si riferiva al loro mondo.
Per quel che riguarda il mondo dietro il mondo, io ne parlo con una terminologia colloquiale, più che sufficiente. Il mondo dietro il mondo siamo noi che ci riferiamo a persone con le quali non riusciremo più a dialogare. Ma è pure il mondo di chi è obbligato a fidarsi. A fidarsi del cosiddetto mondo dell'intellighenzia, ivi comprese le discipline scientifiche, che ci toglie un dialogo diretto con il mondo, appunto.
La trascendenza l'aveva vista Kant, ma non seppe vedere che si costituiva nella sensazione.
Detto poi da uomo a donna, l'ho già detto: l'uomo è uomo e la donna è donna. Nella vita di ogni giorno uomo e donna vivono in diretta questa esperienza. Qui si attua la loro idea del mondo, e come ho già detto, la donna ne avrebbe da dire
Come il solito mi sono sbagliato. In effetti è vero che si parla pure di paradiso. Resta cmq che sono autori con cui non si può di fatto dialogare, dato che son morti seppelliti a suo tempo da altri morti (lasciate che i morti seppelliscano i loro morti). Il vangelo di Tommaso resta comunque un testo che rivela una comunicazione di tipo esoterica da parte di Gesù, cioè per persone da iniziare ad una via di conoscenza che contrasta con una conoscenza di tipo essoterica.
Stavo per inviare, ma mi hai preceduto.
Per quel che riguarda Kant, la conoscenza a priori a noi nascosta coincide col mondo delle sensazioni dal mio punto di vista. E mi sembra di averlo messo in mostra senza arrampicarmi sugli specchi
Se togliamo la vita eterna, la chiesa cristiana dovrà per forza assestarsi sulle posizioni dell'islam, considerando cioè Gesù come un profeta e negando quindi che con lui si sia attuata la rivelazione. C'è da evidenziare tra l'altro come nel corano (sura del grumo di sangue o dell'aderenza) si affermi che Dio abbia insegnato all'uomo ciò che non sapeva tramite il calamo, e quindi non tramite la parola
Mi risulta che anche i musulmani abbiano il loro paradiso post mortem, maschilista con tot vergini per shahid. La tentazione illusionale di bypassare la morte biologica è grande sotto il cielo degli umani.
Citazione di: Ipazia il 01 Febbraio 2022, 15:55:26 PM
Mi risulta che anche i musulmani abbiano il loro paradiso post mortem, maschilista con tot vergini per shahid. La tentazione illusionale di bypassare la morte biologica è grande sotto il cielo degli umani.
Beh, in quanto all'islamismo esso, risultando dottrina posteriore al cristianesimo, è abbastanza naturale che rappresenti e contenga una "evoluzione" delle ossessioni religiose originarie di ebraismo e cristianesimo.
Esso aggiunge ai tabù della morte ed a quello del sesso.................quello ovviamente consequenziale della verginità. Inoltre il sessismo - per l'Islam - non esiste proprio. Siamo noi - depravati senza Dio o seguaci di un Dio erroneo - che chiamiamo sessismo (attraverso processi mentali per i mussulmani stranissimi) la distinzione naturalissima dei ruoli tra uomo (maschio) e donna (femmina).
Per i mussulmani tradizionali la distinzione ovvia e chiarissima è tra gli umani (i maschi) e gli animali domestici (le femmine).Naturalmente tale distinzione non esiste (in via ufficiale) per ebraismo e cristianesimo. Ma basta osservare cosa dicono i dettagli della dottrina e del ministero in proposito di diversità di ruoli, per capire quale sia la realtà confessionale all'interno delle grandi religioni monoteistiche.
Non si vorrà per caso che un Dio unico appartenga ad entrambi i sessi, no? Solo un bambino non capirebbe un simile concetto. Saluti.
Finale dell'aforisma 292, degno di riflessione.
.......Credi tu che una tale vita con una tale meta sia troppo faticosa, troppo priva di cose piacevoli? Se è così, è perché tu non hai appreso ancora che nessun miele è più dolce di quello della conoscenza, e che le pendenti nuvole dell'afflizione dovranno servirti di mammella da cui mungerai il latte del tuo ristoro. Venga la vecchiaia, e tu osserverai come tu abbia dato ascolto alla voce della natura, la quale domina tutto il mondo col piacere; la stessa vita che ha il suo culmine nella vecchiaia ha anche il suo culmine nella saggezza, in quel mite lume solare di una costante letizia spirituale: ad entrambe, alla vecchiaia ed alla saggezza, tu vai incontro sopra un medesimo versante della vita: così volle la natura. Allora è tempo, e non c'è ragione d'indignarsi, che la nebbia della morte si avvicini. Verso la luce,- il tuo ultimo movimento; un giubilo di conoscenza,- il tuo ultimo suono.
Citazione di: paul11 il 04 Febbraio 2022, 00:28:52 AM
Finale dell'aforisma 292, degno di riflessione.
.......Credi tu che una tale vita con una tale meta sia troppo faticosa, troppo priva di cose piacevoli? Se è così, è perché tu non hai appreso ancora che nessun miele è più dolce di quello della conoscenza, e che le pendenti nuvole dell'afflizione dovranno servirti di mammella da cui mungerai il latte del tuo ristoro. Venga la vecchiaia, e tu osserverai come tu abbia dato ascolto alla voce della natura, la quale domina tutto il mondo col piacere; la stessa vita che ha il suo culmine nella vecchiaia ha anche il suo culmine nella saggezza, in quel mite lume solare di una costante letizia spirituale: ad entrambe, alla vecchiaia ed alla saggezza, tu vai incontro sopra un medesimo versante della vita: così volle la natura. Allora è tempo, e non c'è ragione d'indignarsi, che la nebbia della morte si avvicini. Verso la luce,- il tuo ultimo movimento; un giubilo di conoscenza,- il tuo ultimo suono.
Salve paul11. Molto poetico l'aforisma 292, sul quale ho riflettuto. Conoscenza e saggezza san certamente di miele, a condizioni di viverle nel mondo dei sogni.
Spessissimo la festa dell'intelletto gioioso e dell'anima fiorente viene guastata da problemi di dentiere che non aderiscono, giovinastri che ti sbeffeggiano, imprevedibili fenomeni osteoporotici, calli e geloni, articolazioni doloranti, stitichezza ribelle.
Facendo le corna a malanni ben più temibili. Saluti.
Sono senz'altro d'accordo con viator, da uomo concreto che sono, però a me piace addentrarmi nei regni delle fedi e delle teorie.
Io non prescrivo pratiche da attuarsi sulla terra, però prescrivo pratiche mentali, che consistono nel riuscire a raggiungere una parità di consapevolezza tra gli umani. Solo allora si potrà parlar di pratiche e dare un giusto valore a tale parità di consapevolezza rispetto ai centoventi centesimi offertimi da viator illo tempore. Sarà quando si svelerà lo stato sconosciuto del sistema precedente l'esperimento, cosa che preoccupava Majorana al cospetto delle evidenze messe in luce dalla meccanica quantistica. Sarà quando sarà chiaro che il fenomeno della luce non sia stato ancora ben compreso. Le patologie verranno allora meglio comprese. Ciò che dico lo dico a fronte delle mie esperienze
Daniele 22 sono tentato di leggere il vangelo di Tommaso, la gnosi rimane però un progetto parallelo, ma non centrale della mia riflessione.
Quindi non sono sicuro di quello a cui stai alludendo, non ne so nulla.
Mi pare che quando ne lessi alcune passaggi, vi fossero splendidi brani profetici.
Intanto ti rimando in futuro a quando parleremo dei profeti, nel 3d sulla bibbia che ho aperto.
La differenza tra pensiero spirituale e pensiero nicciano è totale, nel senso che pur partendo dallo stesso punto ribaltano la discussione, il pensiero spirituale si concentra sui tratto simbolico-immaginario.
Il pensiero nicciano si concentra sul pensiero spirituale in sè.
In questo senso il pensiero nicciano è più radicale, nel senso che va alla radice del problema.
Che poi è esattamente lo stesso condiviso anche dalla gnosi profetica.
Ossia il pensiero della comunità del bene.
Ma il bene non può essere una asserzione giuridica, perciò Nicce smonta qualsiasi religione, per liberarne la spiritualità.
Ma Nicce prosegue non sulla scia della spiritualità bensì su quello della terra.
Nicce si concentra sulla guerra, gli altri sulla pace.
Ora a me il mondo sembra in guerra piuttosto che in pace (e non intendo solo quella militare).
Pensare alla pace, senza pensare alla guerra, in un mondo di guerra, è follia, e questo pone il pensiero nicciano all'altezza dei tempi.
Il pensiero profetico che dimentichi la guerra non è un pensiero.
Il pensiero profetico che divida ingenuamente la comunità tra buoni e cattivi, non è la via da seguire, in quanto è una via legale, e come tale, malvagia.