Alla ricerca della gaia scienza

Aperto da Koba-san, 16 Settembre 2025, 11:26:49 AM

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Phil

Citazione di: daniele22 il 09 Ottobre 2025, 12:51:41 PM
quale conoscenza guiderà istintivamente la nostra azione verso il prossimo (ad esempio)?
[...]
Risposta alla domanda: la convenienza, mi sembra.
La convenienza non è una conoscenza, ma l'esito interpretativo di una serie di conoscenze. Uso tutte le conoscenze che ho e decido, interpretandole, che mi conviene comunque fumare e mangiare a piacimento perché «tanto devo morire comunque». Da quelle stesse conoscenze, altri potrebbero derivare convenienze diametralmente opposte: «dato che la morte è certa ma questa vita mi piace, cerchiamo di provare a farla durare il più possibile, facendo almeno una vita sana». Ciò dimostra che non è la conoscenza ad incarnarsi istintivamente in un'azione, ma c'è sempre l'intermediazione dell'interpretazione. Infatti non ci sono scelte esistenziali o etiche che siano direttamente scientifiche o epistemologicamente oggettive, come dicevo prima; è sempre una questione soggettiva di come elaboriamo le conoscenze a disposizione (esattamente come accade nella bioetica e in altri ambiti delle "scienze morbide").

daniele22

#91
Citazione di: Phil il 09 Ottobre 2025, 13:39:03 PM
La convenienza non è una conoscenza, ma l'esito interpretativo di una serie di conoscenze. Uso tutte le conoscenze che ho e decido, interpretandole, che mi conviene comunque fumare e mangiare a piacimento perché «tanto devo morire comunque». Da quelle stesse conoscenze, altri potrebbero derivare convenienze diametralmente opposte: «dato che la morte è certa ma questa vita mi piace, cerchiamo di provare a farla durare il più possibile, facendo almeno una vita sana». Ciò dimostra che non è la conoscenza ad incarnarsi istintivamente in un'azione, ma c'è sempre l'intermediazione dell'interpretazione. Infatti non ci sono scelte esistenziali o etiche che siano direttamente scientifiche o epistemologicamente oggettive, come dicevo prima; è sempre una questione soggettiva di come elaboriamo le conoscenze a disposizione (esattamente come accade nella bioetica e in altri ambiti delle "scienze morbide").

Dovevo in effetti dire che è la conoscenza a guidare l'azione senza tante interpretazioni.
Nel post non avevo accennato che il tizio potesse anche pensare di porre rimedio alla propria condizione. Ho solo accentuato il suo carattere di trasgressore inveterato perché fosse più chiaro cosa possa farci fare la conoscenza senza che ci si contraddica nel nostro comportamento.
Se la scienza dice, come del resto il buon senso, che si possono manifestare queste due possibilità in contrapposizione (polarizzate), accetto ben volentieri il suo verdetto.
Tutto questo mostra (le dimostrazioni le lascio ai matematici), diversamente da quello che vorresti dimostrare, che la conoscenza possiede un carattere di natura emotivo, e pure effimero, per cui l'individuo nel suo procedere si aggrappa di volta in volta, senza ben rendersi conto, all'una piuttosto che all'altra delle sue conoscenze (in questo caso sarebbe più opportuno il termine "coscienza del presente" più che conoscenza in generale). In virtù di ciò accadrebbe che il santo bevitore possa anche "guarire" astenendosi e che il salutista "si corrompa" senza la necessità dell'intervento di una conoscenza "in più"; bensì rimescolando consapevolezze che sono già in loro. Ma è sempre una "coscienza del presente" a guidarli. Questo mi ricorda il seguente pensiero di E.Junger: "Assecondiamo alla minaccia la nostra condotta assai più che alle nostre idee". Dato che le idee (ideali immagino) non sono conoscenza, la minaccia, per essere considerata tale ¿a cosa farebbe appello se non alla nostra consapevolezza, conoscenza, "coscienza del presente"? Poi c'è chi è disposto a morire per un ideale e chi no.
Per quello che riguarda il comportamento verso il prossimo, forse mi sbaglio, ma mi sa tanto che si applichi, ribaltandolo, il medesimo trattamento che riserviamo a noi stessi, applichiamo cioè la nostra consapevolezza. A fare infine la differenza, in connessione alla conoscenza e all'azione verso il prossimo, sarebbe solo l'ignoranza implicita, ma sistematicamente ignorata, della nostra conoscenza dell'altro (amico o nemico). Il famoso "So di non sapere" resta così spesso confinato nel mondo della propaganda più becera.
La scienza dovrebbe quindi ben tenere conto di questo carattere umano che esprime questa bipolarità con cui la vita umana reagisce durante il corso della vita dinnanzi al dolore e alla morte. Invece no, pretende quasi di negarne una. "Noi siamo i giusti", dicono
Saluti

daniele22

Citazione di: daniele22 il 10 Ottobre 2025, 09:33:08 AM
Dovevo in effetti dire che è la conoscenza a guidare l'azione senza tante interpretazioni.
Nel post non avevo accennato che il tizio potesse anche pensare di porre rimedio alla propria condizione. Ho solo accentuato il suo carattere di trasgressore inveterato perché fosse più chiaro cosa possa farci fare la conoscenza senza che ci si contraddica nel nostro comportamento.
Se la scienza dice, come del resto il buon senso, che si possono manifestare queste due possibilità in contrapposizione (polarizzate), accetto ben volentieri il suo verdetto.
Tutto questo mostra (le dimostrazioni le lascio ai matematici), diversamente da quello che vorresti dimostrare, che la conoscenza possiede un carattere di natura emotivo, e pure effimero, per cui l'individuo nel suo procedere si aggrappa di volta in volta, senza ben rendersi conto, all'una piuttosto che all'altra delle sue conoscenze (in questo caso sarebbe più opportuno il termine "coscienza del presente" più che conoscenza in generale). In virtù di ciò accadrebbe che il santo bevitore possa anche "guarire" astenendosi e che il salutista "si corrompa" senza la necessità dell'intervento di una conoscenza "in più"; bensì rimescolando consapevolezze che sono già in loro. Ma è sempre una "coscienza del presente" a guidarli. Questo mi ricorda il seguente pensiero di E.Junger: "Assecondiamo alla minaccia la nostra condotta assai più che alle nostre idee". Dato che le idee (ideali immagino) non sono conoscenza, la minaccia, per essere considerata tale ¿a cosa farebbe appello se non alla nostra consapevolezza, conoscenza, "coscienza del presente"? Poi c'è chi è disposto a morire per un ideale e chi no.
Per quello che riguarda il comportamento verso il prossimo, forse mi sbaglio, ma mi sa tanto che si applichi, ribaltandolo, il medesimo trattamento che riserviamo a noi stessi, applichiamo cioè la nostra consapevolezza. A fare infine la differenza, in connessione alla conoscenza e all'azione verso il prossimo, sarebbe solo l'ignoranza implicita, ma sistematicamente ignorata, della nostra conoscenza dell'altro (amico o nemico). Il famoso "So di non sapere" resta così spesso confinato nel mondo della propaganda più becera.
La scienza dovrebbe quindi ben tenere conto di questo carattere umano che esprime questa bipolarità con cui la vita umana reagisce durante il corso della vita dinnanzi al dolore e alla morte. Invece no, pretende quasi di negarne una. "Noi siamo i giusti", dicono
Saluti

Una correzione anche se forse si capiva ugualmente nonostante l'errore. Il soggetto dell'ultimo paragrafo non è la scienza, bensì l'etica umana

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