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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Eutidemo il 11 Novembre 2016, 14:31:35 PM

Titolo: Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Eutidemo il 11 Novembre 2016, 14:31:35 PM
Stavo riflettendo sul fatto che tutte le "aporie del mentitore", in qualunque forma vengano espresse, sono viziate da un equivoco di fondo.
Ed infatti, secondo me, sarebbe sempre necessario distinguere (sia in astratto che in concreto), tra:
a) L'essere sinceri o bugiardi.
b) Dire cose vere o non vere.
Nel linguaggio comune, infatti, siamo soliti omologare le due alternative; le quali, invece, sono secondo me concettualmente MOLTO diverse.
Ed infatti:
- si può essere sinceri, ma dire egualmente una cosa non vera per mero errore o ignoranza;
- si può essere bugiardi, ma dire egualmente una cosa vera per mero errore o ignoranza;
Ad esempio, io potrei "sinceramente" affermare che il Cervino è il monte più alto del mondo; e non starei affatto "mentendo" (in quanto sarei in perfetta buona fede), ciò non ostante, però, farei -per mera ignoranza- una affermazione falsa.
:)
Oppure, potrei mentire dicendo a qualcuno che il quadro che gli sto vendendo è un Rubens, per ricavarne più soldi, essendo però convinto che si tratta soltanto di una copia; ed invece, a mia insaputa, quel quadro è veramente di Rubens.
;)
Non so se ho reso l'idea.
Stando così le cose, tutte le aporie basate sul fatto che Tizio dica "solo e soltanto la verità", e Caio "solo e soltanto bugie", perdono senso, se, nel contempo, non partiamo anche dal presupposto che entrambi siano sempre correttamente informati "su TUTTO"; cioè, ONNISCENTI.
Ma, poichè la cosa è impossibile, in quanto solo Dio (se esiste, è onniscente), mi pare che tutte i paradossi del mentitore perdano fondamento logico, a causa dell'ambiguità di fondo sopra descritta.
Voi cosa ne pensate?
:)
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: baylham il 11 Novembre 2016, 15:03:57 PM
Effettivamente la sincerità è distinta dalla verità.
Tuttavia l'ambito dei paradossi non è la realtà empirica ma la logica formale.
L'onniscenza è impossibile perché contraddittoria.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 11 Novembre 2016, 15:13:06 PM
A me sembra che se si pone il problema nei termini più astratti ("io mento"; in questo momento , facendo questa particolare affermazione; "questa affermazione é falsa") ci si imbatta nel paraodsso senza particolari ambiguità.

Concordo con Baylham che i concetti di "verità" (epistemologica) e "sincerità" (morale) sono diversi.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Eutidemo il 11 Novembre 2016, 15:39:31 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2016, 15:13:06 PM
A me sembra che se si pone il problema nei termini più astratti ("io mento"; in questo momento , facendo questa particolare affermazione; "questa affermazione é falsa") ci si imbatta nel paraodsso senza particolari ambiguità.

Concordo con Baylham che i concetti di "verità" (epistemologica) e "sincerità" (morale) sono diversi.

Dire "io mento", secondo me, significa semanticamente che: "io sto facendo una affermazione, che, almeno a quanto mi risulta, non corrisponde alla verità (cioè, sto dicendo quella che "per me" è una cosa falsa)".
Ma in questo non c'è niente di logicamente contraddittorio, in quanto chi pronuncia la proposizione non può sapere "in assoluto" se quello che  asserisce corrisponda o meno alla verità...può solo ammettere che la sua intenzione è quella di mentire al riguardo.
Ma, oggettivamente, ed a prescindere da quest'ultima, le cose che dice possono essere sia vere che false: astratte o concrete che siano.
I concetti di "verità" (epistemologica) e "sincerità" (morale) sono diversi...per cui nessun paradosso può fondarsi sull'aderenza o meno a quest'ultima, da parte di chi sta facendo una qualsiasi affermazione del tipo di cui sopra. 
O, almeno, così mi pare.
:-\
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 11 Novembre 2016, 17:44:09 PM
Per dirla alla Wittgenstein "io mento" senza dire altro è un paradosso linguistico: in sostanza il linguaggio ordinario viene "spostato" oltre i suoi limiti e quindi la frase è senza senso. Non ha senso prorpio perchè il verbo "mentire" qui non vuol dire nulla.

Da un punto di vista formale il discorso però è diverso. Lasciatemi dire che se una frase è vera assume valore T (true) e una frase falsa assume valore F (false). Assumiamo dunque che la frase, F, sia "questa frase è falsa". Allora chiaramente se F assume il valore logico T allora è F e viceversa. Chiaramente qui siamo andati fuori dai limiti della logica aristotelica. Ma allora la frase "la frase precedente se assume il valore T allora è F e quindi T=F" assume il valore "T". Per quanto paradossale può sembrare non vedo contraddizioni. Il punto è che la logica matematica ha come caso particolare la logica aristotelica, la quale perciò ha i suoi limiti di validità.https://en.wikipedia.org/wiki/Paraconsistent_logic In questo link si può vedere che è attiva la ricerca sulle logiche paraconsistenti.
Esempio: "Domani pioverà" può essere T (se si ha la certezza), F (se si ha l'impossibilità) e né T né F (se si ha l'incertezza). Chiaramente una logica a tre valori viola il principio del terzo escluso in cui è vero che una cosa non è né vera né falsa.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Eutidemo il 12 Novembre 2016, 06:40:37 AM
Per restare al linguaggio comune, penso che la questione possa essere messa anche nei termini che seguono, ricorrendo alla sintassi.
Se, dicendo noi: "Questa affermazione é falsa",  qualcuno ci chiedesse: "Va bene...ma quale sarebbe l'affermazione falsa?", non basterebbe rispondere "Questa!", perchè quello insisterebbe a chiedere "Questa quale?"
Ed avrebbe ragione, perchè la proposizione: "Questa affermazione é falsa", può essere distinta in due parti:
1) Il soggetto
2) Il predicato verbale.
Quanto al primo (1), , in questo caso il soggetto della proposizione ("questa affermazione") è la frase stessa che si sta pronunciando; per cui, "esplicitando" il testo, dire "Questa affermazione é falsa", equivale a dire: "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>, è falsa."
Ed invece essa non è affatto "positivamente" falsa, per il ben noto ragionamento autoreferenziale che già conosciamo, per il quale il soggetto proposizionale della frase: "Se veramente fosse falso, sarebbe vero...ma se fosse vero sarebbe falso...ecc.".
Per cui, una volta correttamente esplicitata, qualificandone il soggetto, la proposizione: "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>, è falsa.", è facilmente definibile come oggettivamente FALSA!!!
Ed infatti, se è vero che il soggetto proposizionale non può essere positivamente ed inequivocabilmente individuato come "vero" o come "falso" (se non esplicitato), bisogna però ritenere che, una volta esplicitato, esso deve considerarsi oggettivamente "falso".
Cioè, secondo me, il paralogismo sta nel far coincidere il soggetto della frase (non esplicitato), con la frase stessa; ma se la frase viene esplicitata, essa diventa "falsa".
Cioè, sia pure in modo molto più sottile, è un po' come il sofisma del "topo" che non è in grado di mangiare il formaggio, perchè "topo" è una parola, e le parole non mangiano formaggio; anche se in tal caso l'imbroglio è semantico, e non sintattico come nel nostro caso, per cui è più facile da individuare.
Ma può darsi anche che io mi sbagli, perchè, appunto, si tratta di una faccenda alquanto più complessa.
:-\
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: maral il 12 Novembre 2016, 12:22:55 PM
CitazionePer cui, una volta correttamente esplicitata, qualificandone il soggetto, la proposizione: "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>, è falsa.", è facilmente definibile come oggettivamente FALSA!!!
Il paradosso (che è del linguaggio formale classico) è l'autoreferenzialità negativa della preposizione.
Se tu arrivi a concludere che "questa affermazione è falsa" è oggettivamente falsa si sta oggettivamente dicendo (ossia la stesa proposizione dice di sé) che questa "affermazione che è non vera" dice di se stessa di essere non vera, dunque dice la propria verità quindi dice il vero, ma dicendo il vero non può non essere non vera proprio come dice. Assumendo la propria falsità oggettiva la proposizione assume la propria verità oggettiva che a sua volta assume la propria falsità oggettiva e così via all'infinito (si genera un infinito negativo che si conclude formalmente in (P) = NON (P)).
Il paradosso del Mentitore si può tentare di risolverlo solo dal punto di vista dialettico della logica hegeliana, ossia ammettendo che la non verità per sussistere deve sempre ammettere in sé un momento di verità e viceversa (deve includere il proprio contraddirsi) e l'insieme di tutte le volte in cui questa affermazione è falsa deve comprendere la sua antitesi, ossia il suo essere vero come caso particolare nell'insieme "non vero della prooposizione". Dunque "Questa affermazione è falsa, ma non lo è sempre" e proprio poiché non lo è sempre essa può significare qualcosa, ossia che la sua falsità in tutti gli altri casi.
In altre parole Se "tutti i Cretesi mentono" l'insieme di "tutti i Cretesi mentitori" dovrà includere un Cretese che non mente, che è colui che qui lo afferma.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Eutidemo il 12 Novembre 2016, 16:25:50 PM
Citazione di: maral il 12 Novembre 2016, 12:22:55 PM
CitazionePer cui, una volta correttamente esplicitata, qualificandone il soggetto, la proposizione: "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>, è falsa.", è facilmente definibile come oggettivamente FALSA!!!
Il paradosso (che è del linguaggio formale classico) è l'autoreferenzialità negativa della preposizione.
Se tu arrivi a concludere che "questa affermazione è falsa" è oggettivamente falsa si sta oggettivamente dicendo (ossia la stesa proposizione dice di sé) che questa "affermazione che è non vera" dice di se stessa di essere non vera, dunque dice la propria verità quindi dice il vero, ma dicendo il vero non può non essere non vera proprio come dice. Assumendo la propria falsità oggettiva la proposizione assume la propria verità oggettiva che a sua volta assume la propria falsità oggettiva e così via all'infinito (si genera un infinito negativo che si conclude formalmente in (P) = NON (P)).
Il paradosso del Mentitore si può tentare di risolverlo solo dal punto di vista dialettico della logica hegeliana, ossia ammettendo che la non verità per sussistere deve sempre ammettere in sé un momento di verità e viceversa (deve includere il proprio contraddirsi) e l'insieme di tutte le volte in cui questa affermazione è falsa deve comprendere la sua antitesi, ossia il suo essere vero come caso particolare nell'insieme "non vero della prooposizione". Dunque "Questa affermazione è falsa, ma non lo è sempre" e proprio poiché non lo è sempre essa può significare qualcosa, ossia che la sua falsità in tutti gli altri casi.
In altre parole Se "tutti i Cretesi mentono" l'insieme di "tutti i Cretesi mentitori" dovrà includere un Cretese che non mente, che è colui che qui lo afferma.


Credo di aver capito il tuo ragionamento...che fila perfettamente.
Ma io volevo dire una cosa, penso, un po' diversa; cioè, che, una volta correttamente esplicitata, qualificandone sintatticamente il soggetto, la proposizione: "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>, è falsa.", è facilmente definibile come oggettivamente FALSA!!!
Cerco di spiegarmi meglio.
Secondo me:
-------------------------------------------------------
"Questa affermazione é falsa"
 equivale a dire (esplicitando il soggetto della frase) =
 "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>...è falsa."
-------------------------------------------------------------
Ora, in effetti, come giustamente osservi tu, se questa "proposizione-soggetto-della-frase" (in se stessa) <<Questa affermazione é falsa>>... dice di se stessa di essere non vera, dunque dice la propria verità quindi dice il vero, ma dicendo il vero non può non essere non vera proprio come dice; cioè, assumendo la propria falsità oggettiva la proposizione assume la propria verità oggettiva che a sua volta assume la propria falsità oggettiva e così via all'infinito,  generando un infinito negativo che si conclude formalmente in (P) = NON (P)).
Per cui, non possiamo dire che la "proposizione-soggetto-della-frase" <<Questa affermazione é falsa>>, sia semplicemente FALSA, perchè il ragionamento autoreferenziale ci impedisce di definirla POSITIVAMENTE FALSA o VERA, in quanto si genera un infinito negativo che si conclude formalmente in (P) = NON (P)).
Quindi, se la definiamo semplicemente FALSA siamo in errore (perchè non è nè vera nè falsa).
Ed infatti, se noi asseriamo che  "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>...è falsa.", in realtà, stiamo, invece, dicendo una cosa POSITIVAMENTE FALSA, perchè, come tu stesso hai argomentato sopra, non possiamo affatto dirlo, in quanto si genera un infinito negativo che si conclude formalmente in (P) = NON (P))...che non significa che è FALSA (perchè non è nè vera nè falsa).
Ma allora, se torniamo all'equivalenza di cui sopra (che credo sia innegabile):
-------------------------------------------------------
"Questa affermazione é falsa"
 equivale a dire (esplicitando il soggetto della frase) =
 "L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>...è falsa."
-------------------------------------------------------------
se ne deduce che anche "Questa affermazione é falsa", se una volta correttamente esplicitata per esteso, qualificandone sintatticamente il soggetto-proposizionale, è falsa, deve essere falsa anche se non correttamente esplicitata; in tal caso, però, la falsità non si nota, perchè la proposizione da "verificare" viene mantenuta nascosta "dentro se stessa"!
Ma, a mio avviso, è solo un gioco di specchi; ovvero come una Matrioska che ne nasconde un'altra identica al suo interno, il che ci vela la verità (o la falsità) della frase, contenuta in se stessa.
:)
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 12 Novembre 2016, 17:50:55 PM
Secondo me (e concordo con Apeiron, se ho ben inteso il suo discorso) si tratta di un falso problema, o meglio, di un gioco linguistico fine a se stesso: sia l'affermare che il negare, sia l'essere vero o falso, devono logicamente rimandare ad altro da sè, poichè sono affermazioni di secondo livello che presuppongono un referente di primo livello a cui riferirsi. In assenza di tale primo livello, non c'è autentico senso che venga comunicato... 

Se dicessi "questa verità è falsa" non direi nulla di contraddittorio o paradossale, ma enuncerei semplicemente una proposizione insensata, perchè "questa verità" non si riferisce ad altro da sè, per cui non è nè vera nè falsa, ma semplicemente "vuota di senso" (cosa intendo con l'espressione "questa verità"? Nulla; manca il primo livello...).
Parimenti dire "questa affermazione è falsa" è insensato perchè si tratta di una pseudo-affermazione, che non afferma nulla, se non la falsità di ciò che dice/afferma, ma ciò che dice/afferma è solo la falsità stessa (di cosa?), ma non c'è un referente di un livello inferiore di cui si predichi la falsità... ed esplicitarla con ""l'affermazione "questa affermazione è falsa" è falsa"" non fa altro che aggiungere un ulteriore livello superiore (se ne possono aggiungere infiniti!) che in assenza del primo livello (quello del referente) non ha comunque senso: è come voler costruire un grattacielo senza piano terra, partendo direttamente dal primo piano  :)

P.s.
Ad ulteriore esempio, anche se affermo "sto dicendo la verità" o "sto mentendo", si tratta di pseudo-affermazionì, perchè di fatto non mi riferisco a nulla (salvo riferirmi a ciò che ho detto in precedenza, ma il giochino si basa proprio sull'esclusione di questa possibilità...).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 12 Novembre 2016, 18:49:27 PM
Sì Phil hai capito bene specialmente la prima parte, vorrei però precisare (so di non essere stato chiaro anche perchè ho scelto di chiamare "F" anche la frase, chiamiamandola P credo che sia più chiaro...). Il discorso è che "io mento" non vuol dire assolutamente nulla perchè ci manca una qualificazione, bisogna dire il contesto. Allo stesso mondo non vuol dire assolutamente nulla "io ho".

"Questa frase è falsa": qui in realtà il ragionamento è leggermente diverso. Nel linguaggio comune è la stessa cosa, credo, di "io mento" quindi in sostanza è ancora un "gioco di parole". Tuttavia se si tenta di analizzarla formalmente (cioè: come lavora il nostro pensiero...) allora il discorso cambia. Ora chiamiamo T il valore logico "true" (vero) di una proposizione P, F il valore logico "false" (falso). La proposizione "questa frase è vera" dice che se assume il valore T allora assume il valore F e viceversa, ergo "F=T". Questa identificazione viola il Principio di Non Contraddizione. C'è della ricerca tra i logici per "costruire" una logica che ammette le contraddizioni, però è un argomento molto controverso.

Per quanto riguarda però la logica classica (intendo le tre leggi del pensiero) non è universalmente applicabile:
1) Le proposizioni sul futuro assumono i valori: vero (T), falso (F) né vero né falso (not_(T_or_F));
2) Le proposizioni probabilistiche possono anche assumere anche un'infinità di valori tra vero e falso. Ad esempio "il dado, una volta tirato farà 1" ha una probabilità di 1/6.

In ogni caso è interessante che ai tempi del Buddha (500/600a.c) in India esisteva già il metodo logico dei catuskoti che ammetteva 4 valori logici: T, F, T_and_F, not_(T_or_F) cioè "vero", "falso", "vero e falso", "né vero né falso". Probabilmente un indiano avrebbe detto che "questa frase è falsa" è "sia vera che falsa" senza problemi!

Comunque vi consiglio di leggere qualche informazione sulle "logiche paraconsistenti" che trovo affascinanti.

P.S. Le proposizioni formali sono "senza senso" perchè non si riferiscono a nulla. Discorso diverso per gli indiani (anzi l'oriente in generale) che ammettono che la realtà possa avere contraddizioni.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 12 Novembre 2016, 19:04:39 PM
Concordo con gli ultimi interventi circa l' insensatezza di "questa affermazione é falsa" in quanto autocontraddittoria.
Avrebbe senso dire: "il monte Bianco é più alto dell' Everest"; questa affermazione fra virgolette (cioè quella appena scritta circa le altezza di due montagne) é falsa; e sarebbe vera (quella scritta senza senza virgolette circa l' altra fra virgolette).


Consideriamo anche l' affermazione "Il monte Bianco é più basso dell' Everest"; questa affermazione fra virgolette (cioè quella appena scritta -non la precedente- circa le altezza di due montagne) é falsa é un' (ulteriore) affermazione che ha senso, pur essendo falsa, contrariamente a quella "di prima" (che aveva senso e inoltre era vera).

Ma "questa affermazione 'qui' é falsa", significando che questa affermazione 'qui' é vera ed é (anche, contemporaneamente) falsa non significa nulla.
Nemmeno può considerarsi un' autentica affermazione ma una mera sequenza insensata di caratteri tipografici o di vocalizzi (se pronunciata: come "trallallerollerollà").
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 12 Novembre 2016, 19:14:04 PM
Citazione di: sgiombo il 12 Novembre 2016, 19:04:39 PMConcordo con gli ultimi interventi circa l' insensatezza di "questa affermazione é falsa" in quanto autocontraddittoria. Avrebbe senso dire: "il monte Bianco é più alto dell' Everest"; questa affermazione fra virgolette (cioè quella appena scritta circa le altezza di due montagne) é falsa; e sarebbe vera (quella scritta senza senza virgolette circa l' altra fra virgolette). Consideriamo anche l' affermazione "Il monte Bianco é più basso dell' Everest"; questa affermazione fra virgolette (cioè quella appena scritta -non la precedente- circa le altezza di due montagne) é falsa é un' (ulteriore) affermazione che ha senso, pur essendo falsa, contrariamente a quella "di prima" (che aveva senso e inoltre era vera). Ma "questa affermazione 'qui' é falsa", significando che questa affermazione 'qui' é vera ed é (anche, contemporaneamente) falsa non significa nulla. Nemmeno può considerarsi un' autentica affermazione ma una mera sequenza insensata di caratteri tipografici o di vocalizzi (se pronunciata: come "trallallerollerollà").

A dire il vero la mia posizione è leggermente diversa. Sono d'accordo con te sul fatto che sia "senza senso" finchè la parola "senso" si riferisca alla realtà "ordinaria". Discorso diverso invece per la forma. La logica ha ancora paradossi simili tipo:
"The next statement is true. The previous statement is false." (Paradosso di Card). Qui NON c'è l'autoreferenzialità ma chiaramente è anch'esso senza senso ordinario.

N.B. Il centro di una sfera di raggio infinito è ovunque e da nessuna parte  8) Qui permetto la contraddizione perchè la realtà ordinaria non contiene infiniti...
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 12 Novembre 2016, 19:58:32 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Novembre 2016, 19:14:04 PMDiscorso diverso invece per la forma. La logica ha ancora paradossi simili tipo: "The next statement is true. The previous statement is false." (Paradosso di Card). Qui NON c'è l'autoreferenzialità ma chiaramente è anch'esso senza senso ordinario.
Non viene comunicato un senso perchè entrmbe le affermazioni sono di secondo livello: entrambe sono affermazioni di verità, e non di stati di cose; la differenza cardine è quella fra dire "oggi è sabato" (primo livello - stato di cose) e dire "è vero che oggi è sabato" (secondo livello) che ha senso solo perchè si riferisce al rispettivo primo livello. In presenza di affermazioni solo di secondo livello, non può essere assegnato un valore di verità sensato.

P.s. 
Grazie per la segnalzione sul catuskoti: mi ero sempre chiesto se ci fosse un nome per quella logica a quattro uscite che ogni tanto affiora in alcuni testi... riguardo le logiche paraconsistenti, mi sembra, se non erro, che ce ne sia anche una che "indebolisce" persino il principio di identità...
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 13 Novembre 2016, 11:07:19 AM
Da non cultore della logica formale (di cui, come tutti o per lo meno tutti i razionalisti, cerco di essere, nelle mie intenzioni, quanto più possibile un "corretto utilizzatore naif"; quindi se mi sbaglio ben vengano le correzioni degli esperti in materia) mi sembra di poter dire che di fatto ogni affermazione semplicemente "neutra", che non sia accompagnata esplicitamente da altre precisazioni (come "é falso che", "è dubbio che", "é necessario - oppure impossibile, oppure possibile- pensare che", o "mi piacerebbe che fosse vero che", ecc.) sottintende la clausola "é vero che" o " penso che sia vero che".

E dunque dire "io mento" é come dire "ciò che sto dicendo é vero e contemporaneamente ciò che sto dicendo é falso"; dire "questa affermazione é falsa" é come dire "questa affermazione, che é vera, é anche contemporaneamente falsa": patenti contraddizioni!
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: maral il 13 Novembre 2016, 19:47:32 PM
Citazione"Questa affermazione é falsa"
equivale a dire (esplicitando il soggetto della frase) =
"L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>...è falsa."
Esatto, ma di conseguenza <<Questa affermazione è falsa>> dice di sé "oggettivamente" il vero, quindi se dice di sé il vero è oggettivamente vera proprio e solo in quanto è certamente falsa.

Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 13 Novembre 2016, 20:52:01 PM
Citazione di: maral il 13 Novembre 2016, 19:47:32 PM
Citazione"Questa affermazione é falsa"
equivale a dire (esplicitando il soggetto della frase) =
"L'affermazione <<Questa affermazione é falsa>>...è falsa."
Esatto, ma di conseguenza <<Questa affermazione è falsa>> dice di sé "oggettivamente" il vero, quindi se dice di sé il vero è oggettivamente vera proprio e solo in quanto è certamente falsa.

CitazioneAppunto!
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 13 Novembre 2016, 22:11:45 PM
Concordo che sul senso di quelle frasi non si discute, non lo hanno :)

Però ad esempio dire "questo punto è il centro di una circonferenza a raggio infinito" è sia vera che falsa se vogliamo perchè il centro della circonferenza è ovunque e da nessuna parte 8)

Secondo me c'è della verità nelle logiche paraconsistenti. (...E non c'è  ;D, scherzo )

P.S. Non so quasi nulla di logica formale però in teoria non dovrei aver scritto assurdità
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: maral il 13 Novembre 2016, 22:25:33 PM
In realtà il senso c'è ed è fondamentale, consiste nel fatto che il paradosso logicamente irrisolvibile mostra l'impossibilità della logica formale di fondare la totalità delle sue affermazioni per dire se esse siano vere, false o anche indecidibili (come il teorema di Godel mostra per quella faccenda logica che è l'aritmetica). In un certo senso è vero che le logiche paraconsistenti tentano di risolvere questa incresciosa situazione indebolendo il principio del terzo escluso (diminuendo la forza di alcuni connettivi logici), ma finché si mantengono nei termini del formalismo logico, quanto più lo indeboliscono, tanto più aumentano la "trivialità" logica delle loro proposizioni. A questo proposito ho trovato molto utile il libro di Berto "Teorie dell'assurdo" che ne tratta.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Eutidemo il 14 Novembre 2016, 12:12:36 PM
Citazione di: maral il 13 Novembre 2016, 22:25:33 PM
In realtà il senso c'è ed è fondamentale, consiste nel fatto che il paradosso logicamente irrisolvibile mostra l'impossibilità della logica formale di fondare la totalità delle sue affermazioni per dire se esse siano vere, false o anche indecidibili (come il teorema di Godel mostra per quella faccenda logica che è l'aritmetica). In un certo senso è vero che le logiche paraconsistenti tentano di risolvere questa incresciosa situazione indebolendo il principio del terzo escluso (diminuendo la forza di alcuni connettivi logici), ma finché si mantengono nei termini del formalismo logico, quanto più lo indeboliscono, tanto più aumentano la "trivialità" logica delle loro proposizioni. A questo proposito ho trovato molto utile il libro di Berto "Teorie dell'assurdo" che ne tratta.

Il libro di Berto "Teorie dell'assurdo"  è veramente interessante.
Suggerisco a tutti di scaricarlo (gratuitamente) da qui; portare il puntatore in alto a destra, appare una freccia verso il basso, per scaricare cliccarci sopra.
https://www.uploady.com/#!/download/eAF~YsyW4Wa/E3YXNns_J~P_Cr_1
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 14 Novembre 2016, 13:40:20 PM
Vi ringrazio della segnalazione, se avrò tempo darò una letta.
Comunque credo che un po' di verità ci sia visto che:
Dio viene descritto come "ineffabile", il Nirvana anche, il Tao anche, Brahman anche, "il fatto che esista qualcosa" idem, il divenire lo stesso....ecc

E d'altronde lo stessa frase "X è ineffabile" è se vogliamo una contraddizione.  ::) 

Probabilmente ha ragione Wittgenstein : every honest philosophy must be self-destructive (non trovo la fonte di questa citazione ma conoscendolo mi sembra autentica)
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 19 Giugno 2017, 14:21:49 PM
Citazione di: Eutidemo il 11 Novembre 2016, 14:31:35 PM
Stavo riflettendo sul fatto che tutte le "aporie del mentitore", in qualunque forma vengano espresse, sono viziate da un equivoco di fondo.
Ed infatti, secondo me, sarebbe sempre necessario distinguere (sia in astratto che in concreto), tra:
a) L'essere sinceri o bugiardi.
b) Dire cose vere o non vere.

Hai ragione nel dire che "mentire" è diverso da "dire il falso", ma sbagli nel ritenere che questo sia il problema di tutte le versioni del Paradosso del Mentitore (PM). Il PM, infatti, è ormai canonicamente rappresentato dalla frase "Questa proposizione è falsa", che non poggia sulla confusione tra dire il falso e mentire.
 
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2016, 17:50:55 PM
Secondo me (e concordo con Apeiron, se ho ben inteso il suo discorso) si tratta di un falso problema, o meglio, di un gioco linguistico fine a se stesso: sia l'affermare che il negare, sia l'essere vero o falso, devono logicamente rimandare ad altro da sè, poichè sono affermazioni di secondo livello che presuppongono un referente di primo livello a cui riferirsi. In assenza di tale primo livello, non c'è autentico senso che venga comunicato...
 
Se dicessi "questa verità è falsa" non direi nulla di contraddittorio o paradossale, ma enuncerei semplicemente una proposizione insensata, perchè "questa verità" non si riferisce ad altro da sè, per cui non è nè vera nè falsa, ma semplicemente "vuota di senso" (cosa intendo con l'espressione "questa verità"? Nulla; manca il primo livello...).
Il PM  non è fine a se stesso, infatti la sua soluzione ha prodotto e ispirato importanti risultati in Logica.
 
Inoltre, tu proponi la soluzione tarskiana del paradosso, ricorrendo alla teoria gerarchica dei metalinguaggi, ma questa strada ha un grandissimo problema, la consistenza interna. Infatti, la teoria stessa fa affermazioni che devono essere fuori dall'intera gerarchia. La sola assunzione che tale gerarchia esiste è una di tale proposizioni! Quindi tale strada non è praticabile.
 
Citazione di: sgiombo il 13 Novembre 2016, 11:07:19 AM
E dunque dire "io mento" é come dire "ciò che sto dicendo é vero e contemporaneamente ciò che sto dicendo é falso"; dire "questa affermazione é falsa" é come dire "questa affermazione, che é vera, é anche contemporaneamente falsa": patenti contraddizioni!

No, dire "Questa frase è falsa" è equivalente a dire "E' vero che questa frase è falsa" (che è ben diverso da "Questa frase è vera e falsa").
 
Il PM è così problematico perché non è una semplice contraddizione. La proposizione "E' vero A ed è vero non-A" è una contraddizione e non ha grandi problemi. Una contraddizione è una proposizione che non può essere vera (falsa in ogni mondo possibile, o falsa in ogni circostanza possibile). Se il PM fosse una contraddizione, allora sarebbe vero che tale proposizione è falsa, quindi non sarebbe una contraddizione ma una verità! Appunto, la problematicità del PM sta proprio nella sua natura sfuggente.
 
Citazione di: Apeiron il 11 Novembre 2016, 17:44:09 PM
Chiaramente qui siamo andati fuori dai limiti della logica aristotelica. Ma allora la frase "la frase precedente se assume il valore T allora è F e quindi T=F" assume il valore "T". Per quanto paradossale può sembrare non vedo contraddizioni. Il punto è che la logica matematica ha come caso particolare la logica aristotelica, la quale perciò ha i suoi limiti di validità. [...]
Esempio: "Domani pioverà" può essere T (se si ha la certezza), F (se si ha l'impossibilità) e né T né F (se si ha l'incertezza). Chiaramente una logica a tre valori viola il principio del terzo escluso in cui è vero che una cosa non è né vera né falsa.

Qui stai proponendo di risolvere il PM utilizzando la logica a due (o più) valori? Se è così, allora tale proposta non ha successo. Consideriamo infatti il Paradosso del Mentitore Rafforzato:
 
PMR: Questa proposizione è non vera.
 
In questo caso il paradosso rimane tale anche se si adottano più valori di verità.

Qualcuno ha anche ritenuto il PM insensato per la presenza dell'autoreferenzialità. Anche questa strada, però, non porta ad alcuna soluzione. Infatti, com'è già stato affermato da Apeiron, il Paradosso della Carta non è autoreferente ma è comunque paradossale:
 
(1) La proposizione (2) è vera.
(2) La proposizione (1) è falsa.
 
Tale paradosso non è autoreferente, ma presenta una riferimento circolare. Vi è persino il Paradosso di Yablo che non è né autoreferente né ha un riferimento circolare.

Ma la questione è che, in ogni caso, non può essere una soluzione bandire l'autoriferimento dal linguaggio. Vi sono infinite proposizione sensate (e dotate di valore di verità) che sono autoreferenti: "Questa frase ha 24 caratteri", "Questa frase è una frase in italiano", ecc...Se solo alcune di queste sono paradossali, allora il problema non è l'autoriferimento in sé. Inoltre, il concetto di autoreferenzialità, chiamato anche ricorsione, è molto importante in matematica, informatica e perfino nell'utilizzo del linguaggio naturale.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 20 Giugno 2017, 19:08:04 PM
Citazione di: epicurus il 19 Giugno 2017, 14:21:49 PM
tu proponi la soluzione tarskiana del paradosso, ricorrendo alla teoria gerarchica dei metalinguaggi
Mi lusinghi, poiché non conosco la teoria di Tarski (lo conosco praticamente solo di nome).

Citazione di: epicurus il 19 Giugno 2017, 14:21:49 PM
ma questa strada ha un grandissimo problema, la consistenza interna. Infatti, la teoria stessa fa affermazioni che devono essere fuori dall'intera gerarchia. La sola assunzione che tale gerarchia esiste è una di tale proposizioni! Quindi tale strada non è praticabile.
Non capisco bene perché l'affermazione di una gerarchia (meta)linguistica dovrebbe essere fuori dalla gerarchia stessa (salvo sia stato il suddetto Tarski a porre tale dovere, ma direi che possiamo ragionare anche senza di lui ;D ).
Sostenere "ci sono livelli semantici nel linguaggio" (abbandoniamo dunque il vocabolario tarskiano a cui alludevi e che non conosco!), osservando che il paradosso del mentitore è un sofisma giocoso che in fondo non significa nulla, perché manca un referente adeguato (ovvero di livello inferiore: è come voler costruire un palazzo partendo dal "primo piano", senza avere un "piano terra" ;) ), non mi pare presentare problemi di consistenza interna: la frase ha per oggetto il linguaggio e ne predica una caratteristica strutturale dall'interno (come quando entrando in un palazzo troviamo la mappa con le uscite antincendio che raffigura il piano in cui siamo, compresa la parete in cui c'è la mappa e la famigerata scritta "tu sei qui").
La constatazione "ci sono livelli semantici nel linguaggio" è semplicemente una frase di "secondo livello", come quando diciamo "nel linguaggio si usano nomi e verbi" formulando una frase che usa essa stessa nomi e verbi...


Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Citazione di: Phil il 20 Giugno 2017, 19:08:04 PM
Mi lusinghi, poiché non conosco la teoria di Tarski (lo conosco praticamente solo di nome).

Citazione di: epicurus il 19 Giugno 2017, 14:21:49 PM
ma questa strada ha un grandissimo problema, la consistenza interna. Infatti, la teoria stessa fa affermazioni che devono essere fuori dall'intera gerarchia. La sola assunzione che tale gerarchia esiste è una di tale proposizioni! Quindi tale strada non è praticabile.
Non capisco bene perché l'affermazione di una gerarchia (meta)linguistica dovrebbe essere fuori dalla gerarchia stessa (salvo sia stato il suddetto Tarski a porre tale dovere, ma direi che possiamo ragionare anche senza di lui ;D ).
Sostenere "ci sono livelli semantici nel linguaggio" (abbandoniamo dunque il vocabolario tarskiano a cui alludevi e che non conosco!), osservando che il paradosso del mentitore è un sofisma giocoso che in fondo non significa nulla, perché manca un referente adeguato (ovvero di livello inferiore: è come voler costruire un palazzo partendo dal "primo piano", senza avere un "piano terra" ;) ), non mi pare presentare problemi di consistenza interna: la frase ha per oggetto il linguaggio e ne predica una caratteristica strutturale dall'interno (come quando entrando in un palazzo troviamo la mappa con le uscite antincendio che raffigura il piano in cui siamo, compresa la parete in cui c'è la mappa e la famigerata scritta "tu sei qui").
La constatazione "ci sono livelli semantici nel linguaggio" è semplicemente una frase di "secondo livello", come quando diciamo "nel linguaggio si usano nomi e verbi" formulando una frase che usa essa stessa nomi e verbi...
Innanzitutto, complimenti allora per l'intuizione riguardo la gerarchia di meta-linguaggi.  ;)
Se riesci a leggere in inglese ci sono svariati siti dove, volendo, potresti approfondire tale teoria.

Nel linguaggio naturale, noi diciamo sensatamente "nel linguaggio si usano nomi e verbi" proprio perché il linguaggio naturale non utilizza la gerarchia di livelli semantici (o metalinguaggi) che proponi tu (e Tarski). Ed infatti tu hai proposto questa soluzione proprio perché nel linguaggio naturale insorge il PM. (Tu, ad esempio, potresti dire "Nel livello 0 si usano nomi e verbi", dicendolo al livello 1.)

1. Consideriamo la proposizione "Ogni livello semantico ha almeno una proposizione vera". A che livello esattamente appartiene tale proposizione? A nessuno, perché ogni livello semantico può riferirsi solo al livello sottostante, ma tale proposizione vuole proprio parlare di ogni livello semantico. Se tale affermazione fosse di secondo livello (come mi pare tu suggerisca), allora un linguaggio di secondo livello potrebbe parlare sia di se stesso che di livelli superiori, e questo è vietato, altrimenti si ricade nel PM.

Questo mi pare il più grave problema della proposta a livelli semantici, che minaccia la coerenza dell'intero progetto. Ci sono altri problemi però oltre a questo:

2. Alice dice: "Ogni cosa che Bob dice è vera". Quindi Alice deve affermare questo a un livello superiore di tutti i livelli utilizzati da Bob. Però Bob dice: "Ogni cosa che Alice dice è vera". Ma anche qui Bob deve pronunciarsi ad un livello superiore a tutti quelli usati da Alice. Ciò ovviamente è assurdo. Questo genere di scenari, che solo in alcuni e ristretti casi portano al paradosso, non dovrebbero essere vietati a priori. Mentre la tua proposta li bandirebbe.

3. Consideriamo questa versione gerarchica di PM, chiamiamola PMG: "Questa proposizione non è vera in nessun livello della gerarchia". E siamo ritornati con il paradosso del mentitore!

4. Consideriamo una versione contingente del paradosso, chiamiamola PMC: "Ora sta piovendo e questa proposizione è falsa". Bene, tale proposizione è paradossale se ora sta piovendo, ma se non sta piovendo allora tale proposizione non è più paradossale, è semplicemente falsa (informo, per i più curiosi, che tale proposizione è falsa, visto che dove sono io ora non sta piovendo  ;D ). Allora la tua proposta non riesce a discriminare tra circostanze nelle quali una proposizione conduce ad un paradosso e altre circostanze in cui la proposizione non è paradossale. (Considera anche il caso in cui si metta in AND il paradosso del mentitore con una contraddizione.)
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Nel linguaggio naturale, noi diciamo sensatamente "nel linguaggio si usano nomi e verbi" proprio perché il linguaggio naturale non utilizza la gerarchia di livelli semantici (o metalinguaggi) che proponi tu
Secondo me tale gerarchizzazione viene usata piuttosto diffusamente (anche se magari non tutti usano la metafora dei livelli): nel momento in cui elaboro un'affermazione che ha per oggetto una lingua in particolare (quella che usa "nomi e verbi"), o anche solo un'altra frase ("è vero che oggi è mercoledì"), il discorso sale ad un secondo livello semantico, e ciò è spontaneamente riconosciuto e implicato anche dall'uso quotidiano del linguaggio. Ad esempio, se io esclamassi "certo, è vero!", probabilmente chiunque mi chiederebbe "è vero cosa?", ovvero cercherebbe di individuare un livello inferiore a cui si riferisce la mia affermazione, che essendo sulla verità di qualcosa, presuppone tale qualcosa come fondamento logico implicito (ovvero livello inferiore, o, per rifare la metafora del palazzo, "a piano terra" ;) ). Nel caso del PM, come accennato sopra, c'è solo il secondo livello (dissimulatamente autoreferenziale), quindi manca il primo, dunque manca un senso di riferimento fondante (sarebbe come affermare "la frase che sto scrivendo è falsa": manca il "livello base" di cui si predica la falsità, quindi la frase, pur sintatticamente corretta, è logicamente insensata...)

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
1. Consideriamo la proposizione "Ogni livello semantico ha almeno una proposizione vera". A che livello esattamente appartiene tale proposizione? A nessuno, perché ogni livello semantico può riferirsi solo al livello sottostante, ma tale proposizione vuole proprio parlare di ogni livello semantico. Se tale affermazione fosse di secondo livello (come mi pare tu suggerisca), allora un linguaggio di secondo livello potrebbe parlare sia di se stesso che di livelli superiori, e questo è vietato, altrimenti si ricade nel PM.
Non ne sono totalmente convinto: parlare di "ogni livello semantico" significa in fondo parlare di un assioma, non di una semplice proposizione apofantica (come "questa frase" o "la frase che sto scrivendo", etc.), e gli assiomi (come le tautologie) direi che sono l'ultimo livello (ovvero il terzo, se "rasoiamo" forme ridondanti e inutilizzate come "è vero che è vero che il mio pc è lento"), ovvero il livello in cui si predica del linguaggio (logico) nella sua totalità.
Quindi riassumerei il tutto in: primo livello (quello che descrive gli stati di cose, gli eventi, etc. ma non il linguaggio), secondo livello (quello che parla di "valori" semantici, logici o grammaticali del linguaggio e quindi ha per oggetto altre proposizioni: essere vero o falso, corretto o sgrammaticato, etc.), terzo livello (quello che prova a parlare del linguaggio nella sua totalità).

Di conseguenza, se
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
2. Alice dice: "Ogni cosa che Bob dice è vera". [...] Però Bob dice: "Ogni cosa che Alice dice è vera"
si tratta semplicemente di due affermazioni di secondo livello (poichè si riferiscono a gruppi di proposizioni), che hanno per primo livello due insiemi differenti: "tutto ciò che Bob dice" e "tutto ciò che Alice dice" (il fatto che un insieme possa contenere o intersecarsi con l'altro non è semanticamente paradossale).

Invece affermare che 
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
3. [...]"Questa proposizione non è vera in nessun livello della gerarchia"
è come affermare "non è vero!", a cui segue la legittima domanda "cosa non è vero?", che ci rivela che non c'è un primo livello e quindi l'affermazione è insensata (non ha senso dire che è vera o falsa una proposizione che afferma o nega la sua verità senza riferirsi ad altro da sè...).

Infine, affermare
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
4. [...]"Ora sta piovendo e questa proposizione è falsa"
non è affatto "paradossale"(cit.), ma soltanto ambiguo: bisogna capire bene cosa si intende con "questa proposizione": se si riferisce a quella precedente (a "ora sta piovendo"), sarà vera se non piove e falsa se sta piovendo... se invece si riferisce a se stessa, manca ancora una volta il "primo livello" di riferimento e quindi è insensata (e l'essere connesa con un "and" ad un'altra proposizione per niente pertinente, la rende ancora più insensata semanticamente...).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PM
Il problema che vedo io è che "mentire" ha senso solo come semplice negazione di qualcosa di determinato. Voglio dire "ieri ho mentito a riguardo di questo...". Il punto è che prima di dire qualcosa bisogna fare una convenzione sul significato delle parole che si usano. "Io mento su tutto" non ha significato perchè il mentire è sempre riferito a qualcosa di particolare.

Il caso diverso e più interessante è se la logica si applica al divenire. Io sono e non sono lo stesso di cinque anni fa (e quindi entrano i catuskoti: ossia si deve ammettere che "io sono e non sono quello di cinque anni fa" e "io non sono né non sono quello di cinque annifa" sono due frasi di senso compiuto). Oppure se non si accetta questo paradosso allora "io" non esisto come realtà (anatta....).

Concordo con Phil su quanto ha obbiettato a epicurus. Il problema è che questi "paradossi" sono semplici insensatezze, come affermare che "nei numeri reali è vero che "2+2=4" e che "2+2=5"". Il più delle volte o sono paradossi inesistenti come quello che ho appena detto oppure è perchè si pretende di usare regole e/o parole in contesti dove non si applicano (dire "il vero è più esteso del vento" non significa nulla anche se le parole singolarmente vogliono dire qualcosa).

Comunque sono abbastanza ignorante di teorie come quelle di Tarski, quindi quello che dico prendetelo con le pinze.

P.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco :)
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 22 Giugno 2017, 10:31:24 AM
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Nel linguaggio naturale, noi diciamo sensatamente "nel linguaggio si usano nomi e verbi" proprio perché il linguaggio naturale non utilizza la gerarchia di livelli semantici (o metalinguaggi) che proponi tu
Secondo me tale gerarchizzazione viene usata piuttosto diffusamente (anche se magari non tutti usano la metafora dei livelli): nel momento in cui elaboro un'affermazione che ha per oggetto una lingua in particolare (quella che usa "nomi e verbi"), o anche solo un'altra frase ("è vero che oggi è mercoledì"), il discorso sale ad un secondo livello semantico, e ciò è spontaneamente riconosciuto e implicato anche dall'uso quotidiano del linguaggio. Ad esempio, se io esclamassi "certo, è vero!", probabilmente chiunque mi chiederebbe "è vero cosa?", ovvero cercherebbe di individuare un livello inferiore a cui si riferisce la mia affermazione, che essendo sulla verità di qualcosa, presuppone tale qualcosa come fondamento logico implicito (ovvero livello inferiore, o, per rifare la metafora del palazzo, "a piano terra" ;) ). Nel caso del PM, come accennato sopra, c'è solo il secondo livello (dissimulatamente autoreferenziale), quindi manca il primo, dunque manca un senso di riferimento fondante (sarebbe come affermare "la frase che sto scrivendo è falsa": manca il "livello base" di cui si predica la falsità, quindi la frase, pur sintatticamente corretta, è logicamente insensata...)
E' naturale che dire "E' vero" è una proposizione ambigua e che poi ci si dovrebbe chiedere "Ma cosa è vero?". Anche in logica è così. Ma non è che si sta cercando il livello inferiore, semplicemente la proposizione era ambigua. Come quando si dice "Lui è in ritardo", senza che il contesto ci aiuti a capire cosa si intende per "lui". L'esempio di "E' vero che oggi è mercoledì" è più rilevante, ma il fatto è che qui tu stai proponendo una riforma dell'italiano. Cioè l'italiano non ha livelli semantici, tali livelli non sono presenti nei testi di grammatica italiana. Ma non solo non sono presenti, ma i parlanti non utilizzano tali regole e non sono vincolate ad essere. Infatti il linguaggio naturale si dice "semanticamente chiuso" perché tale linguaggio ha le risorse per parlare di fatti concernenti la propria semantica.
 
La questione davvero interessante è capire esattamente cosa nel linguaggio naturale fa sorgere il paradosso e come riformare il linguaggio per evitare i paradossi.
 
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
 
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
1. Consideriamo la proposizione "Ogni livello semantico ha almeno una proposizione vera". A che livello esattamente appartiene tale proposizione? A nessuno, perché ogni livello semantico può riferirsi solo al livello sottostante, ma tale proposizione vuole proprio parlare di ogni livello semantico. Se tale affermazione fosse di secondo livello (come mi pare tu suggerisca), allora un linguaggio di secondo livello potrebbe parlare sia di se stesso che di livelli superiori, e questo è vietato, altrimenti si ricade nel PM.
Non ne sono totalmente convinto: parlare di "ogni livello semantico" significa in fondo parlare di un assioma, non di una semplice proposizione apofantica (come "questa frase" o "la frase che sto scrivendo", etc.), e gli assiomi (come le tautologie) direi che sono l'ultimo livello (ovvero il terzo, se "rasoiamo" forme ridondanti e inutilizzate come "è vero che è vero che il mio pc è lento"), ovvero il livello in cui si predica del linguaggio (logico) nella sua totalità.
Quindi riassumerei il tutto in: primo livello (quello che descrive gli stati di cose, gli eventi, etc. ma non il linguaggio), secondo livello (quello che parla di "valori" semantici, logici o grammaticali del linguaggio e quindi ha per oggetto altre proposizioni: essere vero o falso, corretto o sgrammaticato, etc.), terzo livello (quello che prova a parlare del linguaggio nella sua totalità).
Questo punto è fondamentale. Cioè per capire se la tua proposta funziona o meno per eliminare il PM, è di centrale importanza chiarire ed esplicitare il più possibile la tua teoria. Dimmi se sbaglio:
Primo livello: 2+2=4
Secondo livello: "2+2=4" è vera
Terzo livello: Si può predicare l'essere vero solo al secondo livello.
 
Sono corretti questi esempi di proposizione e il livello ad essi attribuiti?
Ma quindi non si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del terzo livello? E si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del secondo? (La teoria di Tarski, per esempio, dispone di una gerarchia di linguaggi con infiniti livelli. Inoltre, ogni livello ha gli stessi termini del livello sottostante e in più i termini per descrivere il linguaggio sottostante.)
 
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
 
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
2. Alice dice: "Ogni cosa che Bob dice è vera". [...] Però Bob dice: "Ogni cosa che Alice dice è vera"
si tratta semplicemente di due affermazioni di secondo livello (poichè si riferiscono a gruppi di proposizioni), che hanno per primo livello due insiemi differenti: "tutto ciò che Bob dice" e "tutto ciò che Alice dice" (il fatto che un insieme possa contenere o intersecarsi con l'altro non è semanticamente paradossale).

Ma se questo scenario non è problematico, perché se Bob invece dicesse "Ogni cosa che Alice dice è falsa" si genererebbe un paradosso?
 
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
 
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
3. [...]"Questa proposizione non è vera in nessun livello della gerarchia"
è come affermare "non è vero!", a cui segue la legittima domanda "cosa non è vero?", che ci rivela che non c'è un primo livello e quindi l'affermazione è insensata (non ha senso dire che è vera o falsa una proposizione che afferma o nega la sua verità senza riferirsi ad altro da sè...).
Ti chiedi cosa non è vero? "Tale affermazione, quella che parla di se stessa" è la risposta. La questione centrale è che sembra che tu voglia semplicemente negare l'autoriferimento, è corretto? Frasi come "Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M" come le vedi? Oppure se uno domandasse "Quanti caratteri ha la risposta a questa stessa domanda?" cosa diresti?
 
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
4. [...]"Ora sta piovendo e questa proposizione è falsa"
non è affatto "paradossale"(cit.), ma soltanto ambiguo: bisogna capire bene cosa si intende con "questa proposizione": se si riferisce a quella precedente (a "ora sta piovendo"), sarà vera se non piove e falsa se sta piovendo... se invece si riferisce a se stessa, manca ancora una volta il "primo livello" di riferimento e quindi è insensata (e l'essere connesa con un "and" ad un'altra proposizione per niente pertinente, la rende ancora più insensata semanticamente...).
Riformulo per togliere l'ambiguità: "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa". La frase è semplicemente falsa, perché Trapani non è capitale d'Italia. Non ci sono problemi a riguardo.
E richiedere una connessione tra due proposizioni in AND non è richiesto da nessuna logica e da nessun linguaggio. E tu non ne hai mai parlato prima. Come si potrebbe specificare formalmente la natura della connessione richiesta? Ma soprattutto, che forza avrebbe una tua proposta normativa per vietare frasi perfettamente sensate come "P(x) AND T(y)"?
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 22 Giugno 2017, 11:07:31 AM
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PM
Il problema che vedo io è che "mentire" ha senso solo come semplice negazione di qualcosa di determinato. Voglio dire "ieri ho mentito a riguardo di questo...". Il punto è che prima di dire qualcosa bisogna fare una convenzione sul significato delle parole che si usano. "Io mento su tutto" non ha significato perchè il mentire è sempre riferito a qualcosa di particolare.

Quindi, come ho chiesto a Phil, tu vieteresti interamente le proposizioni autoreferenti?
E la proposizione "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa", che si riferisce a qualcosa di particolare (come richiedi tu), come la vedi? Prova a confrontarla con questa: "Adesso Roma è capitale d'Italia e questa intera frase è vera".

Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMConcordo con Phil su quanto ha obbiettato a epicurus. Il problema è che questi "paradossi" sono semplici insensatezze, come affermare che "nei numeri reali è vero che "2+2=4" e che "2+2=5"". Il più delle volte o sono paradossi inesistenti come quello che ho appena detto oppure è perchè si pretende di usare regole e/o parole in contesti dove non si applicano (dire "il vero è più esteso del vento" non significa nulla anche se le parole singolarmente vogliono dire qualcosa).
La cosa assolutamente interessante è cercare di capire dove e come il linguaggio generi queste insensatezze. E la non banalità del problema ci mostra proprio come il PM non sia una semplice insensatezza come dire "2+2=5" (che in realtà è falsa) o "Casa gli sicché democrazia" (questa sì palese insensatezza). Inoltre considera che la logica, per gestire il PM, ha permesso la creazione di cose molto interessanti.

Tra l'altro, considera la versione nonsense del PMN: "Questa proposizione è falsa o è senza significato".  Vedi il fascino del PM rispetto, diciamo, a "Casa gli sicché democrazia"?  ;D

Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMP.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco :)
Anche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato.  :D
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 22 Giugno 2017, 18:24:13 PM
Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2017, 10:31:24 AM
il fatto è che qui tu stai proponendo una riforma dell'italiano. Cioè l'italiano non ha livelli semantici, tali livelli non sono presenti nei testi di grammatica italiana. Ma non solo non sono presenti, ma i parlanti non utilizzano tali regole
Siamo sicuri che tali "regole" non siamo implicitamente già in uso? Magari non si ricorre alla metafora dei "livelli", ma, facendo un esperimento sociale, se chiedessi a mille persone "è vero?", quante di loro mi risponderebbero "è vero cosa?!". La maggioranza, direi... certo, possiamo parlare di "primo livello mancante", di "referente assente", di "verità senza oggetto" o altro, ma il meccanismo di domanda (al di là di come lo battezziamo) mi sembra ben radicato nell'uso del linguaggio, senza bisogno di "riforme" (salvo tu abbia un'opinione differente circa l'esito dell'ipotetico esperimento sociale  :) ).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Dimmi se sbaglio:
Primo livello: 2+2=4
Secondo livello: "2+2=4" è vera
Terzo livello: Si può predicare l'essere vero solo al secondo livello.

Sono corretti questi esempi di proposizione e il livello ad essi attribuiti?
Si, dopo la correzione ( ;) ) gli esempi sono impeccabili!

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Ma quindi non si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del terzo livello?
Nel terzo livello si può parlare di verità: gli assiomi sono da ritenere veri altrimenti la struttura logica crolla... ma, a differenza del secondo livello, qui la verità non ha per oggetto un elemento "parziale" ed extra-linguistico (fatto, evento, ente, etc.).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
E si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del secondo?
Volendo, si; tuttavia secondo me, come accennavo, è ridondante e vizioso affermare che "è vero che è vero che 2+2=4". C'è "2+2=4" e c'è la predicazione della sua verità o meno, aggiungere un ulteriore livello è una complicazione inutile: dire "è vero che è vero che 2+2=4" equivale al secondo livello "è vero che 2+2=4", così come affermare che "è falso che è vero che 2+2=4" equivale a "è falso che 2+2=4", etc. si può fare un secondo livello "a matrioska", inserendo proposizioni come scatole cinesi, ma in fondo, pragmaticamente, si tratta pur sempre di stabilire se "2+2=4" è vero o falso...

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Ma se questo scenario non è problematico, perché se Bob invece dicesse "Ogni cosa che Alice dice è falsa" si genererebbe un paradosso?
Questo paradosso è in realtà un mero sofisma; se non possono essere entrambe vere, possono plausibilmente essere entrambe false: dunque qualche volta Bob dice la verità e qualche volta Alice dice la verità  ;)

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
La questione centrale è che sembra che tu voglia semplicemente negare l'autoriferimento, è corretto? Frasi come "Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M" come le vedi?
Questa è una frase di primo livello: si descrive uno stato di cose, nella fattispecie il peso di M (e resta da verificare se sia un'affermazione vera o falsa, ma ciò spetta al secondo livello...).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Oppure se uno domandasse "Quanti caratteri ha la risposta a questa stessa domanda?" cosa diresti?
Questa mi sembra una domanda priva di senso (è come chiedere "qual'è la risposta a questa domanda?", manca il primo livello e quindi il senso): onestamente, non risponderei (comunque, la prima risposta vera che mi viene in mente è "tre", le altre sono false, ma è quasi come chiedere "scegli un numero" ;D ).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Riformulo per togliere l'ambiguità: "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa". La frase è semplicemente falsa, perché Trapani non è capitale d'Italia. Non ci sono problemi a riguardo.
Esatto, equivale a dire ""Trapani è la capitale d'Italia" = F", affermazione di secondo livello.

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
E richiedere una connessione tra due proposizioni in AND non è richiesto da nessuna logica e da nessun linguaggio
Non esplicitamente, ma se il linguaggio dobbiamo anche usarlo (e non solo formalizzarlo) con una qualunque finalità semantica (non solo logica), usare il connettivo "e" richiede un contesto di senso appropriato: se in una conversazione ti dicessi "Roma è la capitale dell'Italia e io ho un pantalone", tu mi risponderesti serenamente "bravo, questa frase è vera" oppure ti chiederesti cosa intendo semanticamente (non logicamente!) con quel "e" (oltre a domandarmi se il caldo mi stia giocando brutti scherzi  ;D ).

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Come si potrebbe specificare formalmente la natura della connessione richiesta? Ma soprattutto, che forza avrebbe una tua proposta normativa per vietare frasi perfettamente sensate come "P(x) AND T(y)"?
Lungi da me il "vietare" o il fare "proposte normative" (ci mancherebbe!), ma osserverei che frasi come "P(x) AND T(y)" non sono sempre perfettamente sensate assieme (vedi sopra), anche se hanno certamente un valore di verità complessivo. Si tratta solo di non confondere la logica con la semantica, la compilazione dei valori di verità con la comunicazione...
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 22 Giugno 2017, 21:36:40 PM
Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2017, 10:31:24 AM

Ti chiedi cosa non è vero? "Tale affermazione, quella che parla di se stessa" è la risposta. La questione centrale è che sembra che tu voglia semplicemente negare l'autoriferimento, è corretto? Frasi come "Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M" come le vedi?

CitazioneNon sono un cultore di logica formale ma semplicemente uno che cerca di ragionare in modo logicamente corretto (e come tutti -chi più chi meno- faccio anche degli errori logici, e in questo caso farmi notare le scorrettezze logiche in cui incappo mi é certamente di giovamento onde correggermi).

Sarà per questo, ma a me il paradosso del mentitore non fa l' impressione di essere un' importante questione filosofica, ma semplicemente una (pretesa) frase senza senso; e dunque a maggior ragione tale da non poter decidere se sia vera o meno.
Un po' come se mi dicessero: "c' é un teorema rosso freddissimo sul davanzale della coscienza olistica inesistente ubicata fra Roma e l' Atlantide successivamente alla seconda guerra mondiale e prima della scoperta dell' America".

Comunque se Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M ne deduco che la matita M pesa 2 grammi.
CitazioneP.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/smiley.gif)

Anche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato.


CitazionePiù che una stonatura mi sembra ...un paradosso!
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 22 Giugno 2017, 22:43:58 PM
Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2017, 11:07:31 AM
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMIl problema che vedo io è che "mentire" ha senso solo come semplice negazione di qualcosa di determinato. Voglio dire "ieri ho mentito a riguardo di questo...". Il punto è che prima di dire qualcosa bisogna fare una convenzione sul significato delle parole che si usano. "Io mento su tutto" non ha significato perchè il mentire è sempre riferito a qualcosa di particolare.
Quindi, come ho chiesto a Phil, tu vieteresti interamente le proposizioni autoreferenti? E la proposizione "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa", che si riferisce a qualcosa di particolare (come richiedi tu), come la vedi? Prova a confrontarla con questa: "Adesso Roma è capitale d'Italia e questa intera frase è vera".
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMConcordo con Phil su quanto ha obbiettato a epicurus. Il problema è che questi "paradossi" sono semplici insensatezze, come affermare che "nei numeri reali è vero che "2+2=4" e che "2+2=5"". Il più delle volte o sono paradossi inesistenti come quello che ho appena detto oppure è perchè si pretende di usare regole e/o parole in contesti dove non si applicano (dire "il vero è più esteso del vento" non significa nulla anche se le parole singolarmente vogliono dire qualcosa).
La cosa assolutamente interessante è cercare di capire dove e come il linguaggio generi queste insensatezze. E la non banalità del problema ci mostra proprio come il PM non sia una semplice insensatezza come dire "2+2=5" (che in realtà è falsa) o "Casa gli sicché democrazia" (questa sì palese insensatezza). Inoltre considera che la logica, per gestire il PM, ha permesso la creazione di cose molto interessanti. Tra l'altro, considera la versione nonsense del PMN: "Questa proposizione è falsa o è senza significato". Vedi il fascino del PM rispetto, diciamo, a "Casa gli sicché democrazia"? ;D
Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMP.S Sono ritornato, anche se il forum lo frequenterò poco :)
Anche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato. :D


Hai ragione, ho fatto confusione tra falsità e insensatezza (ossia ho creato un po' di confusione linguistica). Provo a chiarire le cose cercando di eliminare la confusione.
Verità/Falsità: è un valore logico, ossia è un valore che si può applicare ad una proposizione "valida" (ad esempio "oggi piove" può essere o vera o falsa).
Invalidità/validità: una proposizione si dice valida se la sua forma è "permessa" dalle regole/assiomi da cui si parte. "Io essere Apeiron" è, in italiano, una frase grammaticamente errata e quindi invalida.
Sensatezza/insensatezza: una proposizione è sensata se porta un significato. Può essere vera o falsa.
Il problema è distinguere tra queste tre categorie. "Il buono è più bello del vento" è "valida" perchè ha una struttura grammaticale corretta. Tuttavia è chiaro che non porta significato, i.e. è insensata. Tuttavia se includiamo le regole semantiche (che pure fanno parte di un linguaggio) nei criteri per stabilire la "validità" di una proposizione allora la frase "il buono è..." è invalida. Il PM a mio giudizio ha proprio il problema di non rispettare le regole semantiche, ossia di usare le parole fuori dal contesto in cui esse hanno significato. Per questo a mio giudizio "io mento" (ossia "io mento su tutto") è insensata. "2+2=5" invece a mio giudizio è invalida (oppure falsa se ritieni che gli enti matematici siano reali, ossia se appoggi una forma di realismo matematico...). Il linguaggio genera paradossi perchè come ogni altra nostra facoltà è limitata e imperfetta e quindi spesso per esprimerci siamo costretti a usare parole senza alcun senso, perchè decontestualizzate. In sostanza se vuoi proprio qui nel linguaggio vedi l'anelito (infinito e quindi mai soddisfatto) dell'uomo di trascendere i suoi limiti. Prova ad esempio a "immaginarti" un atomo. Quella che ti crei è un'immagine formata da concetti che valgono nel mondo macroscopico e che non posso essere estesi al mondo microscopico. Quella che ti crei è un'immagine "senza senso" perchè usi concetti dove non possono essere utilizzati. Idem per la poesia, per la metafisica, per la religione ecc.  

In genere la mia visione del linguaggio è mutuata dal secondo Wittgenstein, ossia come una sorta di "cassetta degli attrezzi" che modifichiamo a seconda dell'uso che vogliamo farne. A volte però ci mettiamo a usare un cacciavite anziché una chiave per aprire una porta XD

P.S. Grazie della (ri)accoglienza
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Citazione di: Phil il 22 Giugno 2017, 18:24:13 PM
Citazione di: epicurus il 22 Giugno 2017, 10:31:24 AM
il fatto è che qui tu stai proponendo una riforma dell'italiano. Cioè l'italiano non ha livelli semantici, tali livelli non sono presenti nei testi di grammatica italiana. Ma non solo non sono presenti, ma i parlanti non utilizzano tali regole
Siamo sicuri che tali "regole" non siamo implicitamente già in uso? Magari non si ricorre alla metafora dei "livelli", ma, facendo un esperimento sociale, se chiedessi a mille persone "è vero?", quante di loro mi risponderebbero "è vero cosa?!".
Come dicevo, anche se dico "E' morto?" mi aspetto che mi chiedano "Chi o cosa è morto?", ma ciò non dimostra la gerarchicità del linguaggio. Per quanto appare, il linguaggio è completamente anarchico a riguardo e permette di parlare di se stesso liberamente.

Citazione di: Phil il 22 Giugno 2017, 18:24:13 PM

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Dimmi se sbaglio:
Primo livello: 2+2=4
Secondo livello: "2+2=4" è vera
Terzo livello: Si può predicare l'essere vero solo al secondo livello.

Sono corretti questi esempi di proposizione e il livello ad essi attribuiti?
Si, dopo la correzione ( ;) ) gli esempi sono impeccabili!

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Ma quindi non si può parlare di verità o falsità delle proposizioni del terzo livello?
Nel terzo livello si può parlare di verità: gli assiomi sono da ritenere veri altrimenti la struttura logica crolla... ma, a differenza del secondo livello, qui la verità non ha per oggetto un elemento "parziale" ed extra-linguistico (fatto, evento, ente, etc.).
Quindi si cade nel problema che ha anche Tarski. Tu non puoi dire che le proposizioni del terzo livello sono vere. E non possiamo dire neppure "La teoria del linguaggio di Phil è vera" o altri ragionamenti su di essa. Non basta dire che gli assiomi e la tua teoria in generale devono essere veri perché sono assiomi... infatti in ogni teoria si può e si deve parlare dei propri assiomi. E poi noi ora cosa staremmo facendo se non parlare della verità e della falsità e delle implicazioni della tua teoria? Stiamo dicendo cose insensate?

Citazione di: Phil il 22 Giugno 2017, 18:24:13 PM

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Ma se questo scenario non è problematico, perché se Bob invece dicesse "Ogni cosa che Alice dice è falsa" si genererebbe un paradosso?
Questo paradosso è in realtà un mero sofisma; se non possono essere entrambe vere, possono plausibilmente essere entrambe false: dunque qualche volta Bob dice la verità e qualche volta Alice dice la verità  ;)
Qui non ti ho capito. Perché la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è vero"> non è affatto problematica e legittima, mentre la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è falso"> sarebbe illegittimo nel tuo modello (e paradossale nel linguaggio ordinario)?

Citazione di: Phil il 22 Giugno 2017, 18:24:13 PM

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Oppure se uno domandasse "Quanti caratteri ha la risposta a questa stessa domanda?" cosa diresti?
Questa mi sembra una domanda priva di senso (è come chiedere "qual'è la risposta a questa domanda?", manca il primo livello e quindi il senso): onestamente, non risponderei (comunque, la prima risposta vera che mi viene in mente è "tre", le altre sono false, ma è quasi come chiedere "scegli un numero" ;D ).
La domanda non è priva di senso, come hai notato tu una risposta possibile all'enigma è "tre". (E complimenti per la risposta corretta all'enigma.  ;D )

Citazione di: Phil il 22 Giugno 2017, 18:24:13 PM

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Riformulo per togliere l'ambiguità: "Adesso Trapani è capitale d'Italia e questa intera frase è falsa". La frase è semplicemente falsa, perché Trapani non è capitale d'Italia. Non ci sono problemi a riguardo.
Esatto, equivale a dire ""Trapani è la capitale d'Italia" = F", affermazione di secondo livello.
Non ho capito la tua trasformazione dalla mia proposizione alla tua.

Citazione di: Phil il 22 Giugno 2017, 18:24:13 PM

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
E richiedere una connessione tra due proposizioni in AND non è richiesto da nessuna logica e da nessun linguaggio
Non esplicitamente, ma se il linguaggio dobbiamo anche usarlo (e non solo formalizzarlo) con una qualunque finalità semantica (non solo logica), usare il connettivo "e" richiede un contesto di senso appropriato: se in una conversazione ti dicessi "Roma è la capitale dell'Italia e io ho un pantalone", tu mi risponderesti serenamente "bravo, questa frase è vera" oppure ti chiederesti cosa intendo semanticamente (non logicamente!) con quel "e" (oltre a domandarmi se il caldo mi stia giocando brutti scherzi ;D ).
Non tradurre l'AND logico con la congiunzione "e" italiana. Considera tale connettivo logico solo attraverso la sua defizione attraverso la tabella di verità e scoprirai che la questione rimane legittima.

Citazione di: sgiombo il 22 Giugno 2017, 21:36:40 PM
Sarà per questo, ma a me il paradosso del mentitore non fa l' impressione di essere un' importante questione filosofica, ma semplicemente una (pretesa) frase senza senso; e dunque a maggior ragione tale da non poter decidere se sia vera o meno.
Un po' come se mi dicessero: "c' é un teorema rosso freddissimo sul davanzale della coscienza olistica inesistente ubicata fra Roma e l' Atlantide successivamente alla seconda guerra mondiale e prima della scoperta dell' America".
Il PM riguarda il nostro linguaggio e i limiti di questo. Già solo questa questione, centrale per la filosofia del linguaggio (e per tutta la filosofia, aggiungerei), mi pare interessantissima. Poi, ovviamente, non è necessario che ad ognuno interessi ogni declinazione tra le infinite della filosofia. Comunque considera anche che il PM ha dato origine ad importanti sviluppi in logica, senza contare che tocca anche la questione centrale della verità (e della sfumatura della verità e della contraddizione).  

Citazione di: sgiombo il 22 Giugno 2017, 21:36:40 PM
Comunque se Il peso di una matita M è pari a 1 grammo più metà del peso di M ne deduco che la matita M pesa 2 grammi.
Risposta all'enigma esatta.  ;D

Citazione di: sgiombo il 22 Giugno 2017, 21:36:40 PM

Citazione di: epicurusAnche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato.
Più che una stonatura mi sembra ...un paradosso!
Adoro vedere la vita in modo paradossale.  ;)


Citazione di: Apeiron il 21 Giugno 2017, 20:42:05 PMIl PM a mio giudizio ha proprio il problema di non rispettare le regole semantiche, ossia di usare le parole fuori dal contesto in cui esse hanno significato. Per questo a mio giudizio "io mento" (ossia "io mento su tutto") è insensata. "2+2=5" invece a mio giudizio è invalida (oppure falsa se ritieni che gli enti matematici siano reali, ossia se appoggi una forma di realismo matematico...). Il linguaggio genera paradossi perchè come ogni altra nostra facoltà è limitata e imperfetta e quindi spesso per esprimerci siamo costretti a usare parole senza alcun senso, perchè decontestualizzate. In sostanza se vuoi proprio qui nel linguaggio vedi l'anelito (infinito e quindi mai soddisfatto) dell'uomo di trascendere i suoi limiti. Prova ad esempio a "immaginarti" un atomo. Quella che ti crei è un'immagine formata da concetti che valgono nel mondo macroscopico e che non posso essere estesi al mondo microscopico. Quella che ti crei è un'immagine "senza senso" perchè usi concetti dove non possono essere utilizzati. Idem per la poesia, per la metafisica, per la religione ecc.  

In genere la mia visione del linguaggio è mutuata dal secondo Wittgenstein, ossia come una sorta di "cassetta degli attrezzi" che modifichiamo a seconda dell'uso che vogliamo farne. A volte però ci mettiamo a usare un cacciavite anziché una chiave per aprire una porta XD
Anch'io presi molta ispirazione da Wittgenstein, dal primo ma soprattutto dal secondo, per l'analisi logico/concettuale dei problemi filosofici. E' un'impostazione che in buona parte credo ancora di avere e ritengo fondamentale.

Quindi anch'io procedo prima alla chiarificazione concettuale dei termini e del problema e solo dopo, ovviamente e necessariamente, all'eventuale proposta di soluzione o dissoluzione. Questo, per esempio, è quello che ho anche fatto nel mio primo intervento in questo forum, riguardo la domanda "perché esiste qualcosa anziché nulla?", dove ho argomentato contro la sensatezza di tale domanda.

Quindi capisco benissimo quello che dici, ma come dicevo, non basta indicare una proposizione e dire che è senza significa, per aver risolto il problema. Ok, il PM sembra un'insensatezza, ma perché è un'insensatezza? Qual è il meccanismo linguistico che ha determinato tale anomalia? Si può generalizzare il problema è formulare altre anomalie simili? Come posso evitare che tali anomalie si formino? Rispondere a queste domande è quello che Phil per esempio sta cercado di fare.

Ah, mi aspettavo un tuo commento a PMN ("Questa proposizione è falsa o è senza significato"). Non è una meraviglia di proposizione  ;D ?
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 26 Giugno 2017, 14:57:03 PM
epicurus è fantastica quella proposizione:) non ho commentato perchè non riuscivo a commentare  ;D 

Comunque analizziamo la proposizione:"questa proposizione o è falsa o è senza significato".
Verità/Falsità: una proposizione per essere vera deve riferirsi a qualcosa di "oggettivo" (o meglio "intersoggettivo", esperibile da più di un soggetto...), ossia deve essere sensata. Quindi dobbiamo prima analizzare la sua sensatezza: a cosa si riferisce tale proposizione? Si riferisce a sé stessa, ha solo se stessa come criterio e nient'altro. Ergo è senza significato, ossia è un connubbio di parole senza senso.  Pensiamo infatti al viceversa: "questa proposizione è vera e sensata". Non dice nulla. Cosa significa infatti la proposizione "questa proposizione è sensata"?
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 26 Giugno 2017, 19:33:03 PM
Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Citazione di: Phil il 22 Giugno 2017, 18:24:13 PM

Citazione di: epicurus il 21 Giugno 2017, 11:55:56 AM
Oppure se uno domandasse "Quanti caratteri ha la risposta a questa stessa domanda?" cosa diresti?
Questa mi sembra una domanda priva di senso (è come chiedere "qual'è la risposta a questa domanda?", manca il primo livello e quindi il senso): onestamente, non risponderei (comunque, la prima risposta vera che mi viene in mente è "tre", le altre sono false, ma è quasi come chiedere "scegli un numero" ;D ).
La domanda non è priva di senso, come hai notato tu una risposta possibile all'enigma è "tre". (E complimenti per la risposta corretta all'enigma.  ;D )

CitazioneMannaggia, mi fate disperare!

Spiegatemi per favore perché la risposta alla domanda "Quanti caratteri ha la risposta a questa stessa domanda?" é 3 (ovvero tre); compreso ovviamente in che senso la domanda é ...sensata (giro di parole che peraltro mi pare abbastanza congruo alla questione dei paradossi linguistici).

A me sembrava senza senso: "Questa" domanda che domanda é (e dunque quale risposta può avere)?
Mi sembra un po' come chiedere "chi é costui?" o "egli?", o "colui che é alla mia sinistra in questo momento "senza far vedere all' interpellato "costui", "egli" o "colui che sta ora alla mia sinistra".

Al massimo avrei potuto azzardare la risposta "trentuno" che (se non ho errato il conteggio, date le piccole dimensioni degli stessi e la mia miopia) sono i caratteri tipografici compresi nella sequenza che va da "la risp..." a "...domanda?" (spazi tra le parole e punteggiatura esclusi).


Il PM riguarda il nostro linguaggio e i limiti di questo. Già solo questa questione, centrale per la filosofia del linguaggio (e per tutta la filosofia, aggiungerei), mi pare interessantissima. Poi, ovviamente, non è necessario che ad ognuno interessi ogni declinazione tra le infinite della filosofia. Comunque considera anche che il PM ha dato origine ad importanti sviluppi in logica, senza contare che tocca anche la questione centrale della verità (e della sfumatura della verità e della contraddizione).  

CitazioneD' accordo, anche se personalmente non posso negare che continuo a non sentirmene particolarmente coinvolto.



Citazione di: sgiombo il 22 Giugno 2017, 21:36:40 PM

Citazione di: epicurusAnche se stona detto da un utente pseudonuovo come me, bentornato.
Più che una stonatura mi sembra ...un paradosso!
Adoro vedere la vita in modo paradossale.  ;)


CitazioneEh, (almeno questo) l' avevo capito!

...invece la questione della risposta alla domanda sui caratteri della risposta stessa mi ha lasciato in una deplorevole frustrazione.
Per favore fammi capire perché e "tre".

Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: paul11 il 26 Giugno 2017, 22:11:21 PM
ciao Epicurus,
già, il meccanismo del paradosso."giuro di dire tutta  la falsità nient'altro che la falsità...."

Nel linguaggio naturale, convenzionale, se è vero che possiamo mentire, in realtà affermiamo praticamente sempre.
Non siamo abituati all' affermazione di uno "status" di menzogna.E' il soggetto che muta status e non un'informazione, una conoscenza(una predicazione)
L'affermazione dichiarando determina comunque una conoscenza attraverso un'informazione, il mentitore è dentro uno status di ambiguità perchè se afferma una conoscenza deve doppiamente negare affinchè il suo status ridiventi vero e affermativo.
Il mentitore deve negare non può affermare per costruire una coerenza.


Il secondo aspetto è l'utilizzo di un metalinguaggio in cui una prima proposizione è ridefinita da una sua proposizione subordinata o da un'altra proposizione.Il cretese che dichiara che tutti i cretesi mentono, non fa altro che dichiarare un suo status di verità implicita o meno ( è un cretese), ma è la seconda proposizione che ritorna a mutare lo status della prima proposizione costruendo un'ambiguità.
O si autoattribuisce una predicazione di falsità "io sono bugiardo" e quindi palerà del mondo in negativo, oppure ancor più ambiguamente sarà una dichiarazione di una proposizione a lei collegata ( una subordinata ad es.) a mutarne lo status di veritieo o mentitore.

Quindi penso che si dovrebbe costruire un filtro logico, una condizionale  del tipo SE(if).....ALLORA sul soggetto, sull'agente conoscitivo che non deve mutare status o autoaffermarsi un bugiardo e rovesciare tutte le dichiarazioni che farà.

....
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 26 Giugno 2017, 22:19:39 PM
Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Come dicevo, anche se dico "E' morto?" mi aspetto che mi chiedano "Chi o cosa è morto?", ma ciò non dimostra la gerarchicità del linguaggio. Per quanto appare, il linguaggio è completamente anarchico a riguardo e permette di parlare di se stesso liberamente.
Lascia che provi a spiegarmi meglio: il fatto che gran parte dei parlanti ponga la stessa contro-domanda ("Chi?") a fronte della domanda "E' morto?", non è forse sintomo di un'esigenza linguistica condivisa, di un'istanza semantica comune? Possiamo pure non chiamarla "esigenza gerarchica", o "istanza di livello", ma se il linguaggio fosse davvero "anarchico"(cit.), non riceveremmo sempre la stessa contro-risposta, ma risposte differenti e persino divergenti  ;)

Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Quindi si cade nel problema che ha anche Tarski. Tu non puoi dire che le proposizioni del terzo livello sono vere. E non possiamo dire neppure "La teoria del linguaggio di Phil è vera" o altri ragionamenti su di essa. Non basta dire che gli assiomi e la tua teoria in generale devono essere veri perché sono assiomi... infatti in ogni teoria si può e si deve parlare dei propri assiomi. E poi noi ora cosa staremmo facendo se non parlare della verità e della falsità e delle implicazioni della tua teoria? Stiamo dicendo cose insensate?
Parlare delle implicazioni è differente del parlare degli assiomi; la differenza fra i primi due livelli e il terzo è tutta qui: il terzo livello è fondante, gli altri due sono fondati... ovviamente si può parlare dei sistemi assiomatici dall'interno o dall'esterno, con la cruciale differenza che dall'interno gli assiomi devono essere sempre veri (altrimenti non sarebbero tali!), mentre dall'esterno (da un altro sistema assiomatico) possono anche non essere veri (come credo dimostrino le geometrie non euclidee se confrontate con quelle euclidee...).

Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Qui non ti ho capito. Perché la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è vero"> non è affatto problematica e legittima, mentre la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è falso"> sarebbe illegittimo nel tuo modello (e paradossale nel linguaggio ordinario)?
Non "illegittima"(?), ma semplicemente sono due frasi false (non potendo essere entrambe vere, nè una vera e una falsa).
E anche la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è vero"> non è detto che sia una coppia di frasi entrambe vere solo perché apparentemente non sono contraddittorie: restano da compilare con gli adeguati valori di verità (e l'assolutismo meta-temporale di quel "tutto ciò che dice" crea molti problemi di verifica, per questo mi è sembrato più verosimile la riformulazione delle frasi con "qualche volta").

Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
La domanda non è priva di senso, come hai notato tu una risposta possibile all'enigma è "tre". (E complimenti per la risposta corretta all'enigma.  ;D )
Non confonderei "risposta possibile" con "risposta vera": "tre" è una risposta vera, ma anche "non lo so" potrebbe esserlo (se è vero che non lo so realmente: risposta vera vs risposta giusta  ;) ); così come è vera "secondo me 11"... o anche "solo ora che ho risposto posso contarli e ti dico che sono 49"... si chiede di contare i caratteri di qualcosa che non è stato ancora scritto, per questo, al di là del sofisma, è logicamente insensata (e credo che anche @sgiombo alluda a ciò...).

Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Non tradurre l'AND logico con la congiunzione "e" italiana. Considera tale connettivo logico solo attraverso la sua defizione attraverso la tabella di verità e scoprirai che la questione rimane legittima. 
Se uso "and" solo come operatore in senso stretto, allora la questione rimane certamente legittima, ma semanticamente inapplicabile al linguaggio usato, perché produrrebbe frasi semanticamente distorte e a dir poco interlocutorie come la già citata "Roma è la capitale dell'Italia e io ho un pantalone" (come accennavo, se la logica gioca narcisisticamente con se stessa, senza "aprirsi" ad un'applicazione concretamente umana, spesso non avrà adeguata funzionalità pragmatica, ma resterà comunque uno sfizioso rebus ;D ).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 27 Giugno 2017, 08:37:20 AM
Citazione di: Phil il 26 Giugno 2017, 22:19:39 PM
Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
La domanda non è priva di senso, come hai notato tu una risposta possibile all'enigma è "tre". (E complimenti per la risposta corretta all'enigma.  ;D )
Non confonderei "risposta possibile" con "risposta vera": "tre" è una risposta vera, ma anche "non lo so" potrebbe esserlo (se è vero che non lo so realmente: risposta vera vs risposta giusta  ;) ); così come è vera "secondo me 11"... o anche "solo ora che ho risposto posso contarli e ti dico che sono 49"... si chiede di contare i caratteri di qualcosa che non è stato ancora scritto, per questo, al di là del sofisma, è logicamente insensata (e credo che anche @sgiombo alluda a ciò...).

CitazioneAh, ora capisco.

Se a una tale domanda si risponde con qualsiasi numero che (nella lingua e con l' alfabeto in cui si risponde) si scrive con un numero di caratteri tipografici uguale a se stesso (per esempio "tre" ma non "3"), allora la risposta é vera.
Oppure la é se é costituita da un numero più qualche parola "di accompagnamento" tale che la somma di tutti i caratteri impiegati é uguale al numero stesso (come
"secondo me 11", ecc.).

Effettivamente anch' io trovo che sia un mero gioco di parole o una trovata da "settimana enigmistica", utile a passare il tempo sotto l' ombrellone ma senza un senso per così dire "sostanziale", che non mi informa circa una questione che valga la pena risolvere (se non si é appunto appassionati di enigmistica. Oppure "superappassionati" o ancor meglio cultori professionalI di logica ma semplicemente persone che cercano di affrontare in maniera logicamente corretta i problemi che stanno loro a cuore).

(Personalmente mi ha però evidentemente intrigato, come si usa dire adesso, perché sono un po' vanesio e mi piace cimentarmi con problemi che richiedono e dunque dimostrano intelligenza; in questo caso con esito negativo: "bisogna saper perdere, non sempre si può vincere" cantavano i Rokes circa mezzo secolo fa, quand' ero giovane e avevo qualche neurone in più).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
Citazione di: Apeiron il 26 Giugno 2017, 14:57:03 PM
Comunque analizziamo la proposizione:"questa proposizione o è falsa o è senza significato".
Verità/Falsità: una proposizione per essere vera deve riferirsi a qualcosa di "oggettivo" (o meglio "intersoggettivo", esperibile da più di un soggetto...), ossia deve essere sensata. Quindi dobbiamo prima analizzare la sua sensatezza: a cosa si riferisce tale proposizione? Si riferisce a sé stessa, ha solo se stessa come criterio e nient'altro. Ergo è senza significato, ossia è un connubbio di parole senza senso.  Pensiamo infatti al viceversa: "questa proposizione è vera e sensata". Non dice nulla. Cosa significa infatti la proposizione "questa proposizione è sensata"?
Se richiedi che una proposizione si riferisca a qualcosa di intersoggettivo affinché abbia un significato, allora, tale proposizione ha un significato, visto che si riferisce a qualcosa di intersoggettivo, cioè a tale proposizione. E, come dicevo un po' di post fa, molta matematica e l'informatica si basano proprio sull'autoriferimento. E poi perché vietare proposizioni perfettamente sensate (che i parlanti riescono ad usare perfettamente) come "Questa frase è in italiano"? Anche "Questa frase ha un significato" non è assolutamente problematica. E' strana, certo, ma un parlante non avrebbe problema alcuno ad utilizzarla correttamente.
 
Citazione di: paul11 il 26 Giugno 2017, 22:11:21 PM
Quindi penso che si dovrebbe costruire un filtro logico, una condizionale  del tipo SE(if).....ALLORA sul soggetto, sull'agente conoscitivo che non deve mutare status o autoaffermarsi un bugiardo e rovesciare tutte le dichiarazioni che farà.
Ciao Paul, vorrei capire meglio la tua proposta, potresti svilupparla meglio?
Come ti approcci al problema se rimoviamo gli agenti conoscitivi come con "questa frase è falsa"?
Inoltre, considera che esiste un paradosso della famiglia del PM, che è il paradosso di Curry che non utilizza alcuna negazione: "Se questa stessa proposizione è vera, allora Kenshiro esiste". E' facile dimostrare che la conclusione necessaria è che Kenshiro esiste. Ma al posto di "Kenshiro esiste" avremmo potuto mettere qualsiasi cosa (quindi anche "Kenshiro non esiste", ma pure "Non esiste l'universo fisico")... da qui il paradosso: in questo modo possiamo dimostrare qualsiasi cosa (trivialismo).
 
Citazione di: Phil il 26 Giugno 2017, 22:19:39 PM
Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Quindi si cade nel problema che ha anche Tarski. Tu non puoi dire che le proposizioni del terzo livello sono vere. E non possiamo dire neppure "La teoria del linguaggio di Phil è vera" o altri ragionamenti su di essa. Non basta dire che gli assiomi e la tua teoria in generale devono essere veri perché sono assiomi... infatti in ogni teoria si può e si deve parlare dei propri assiomi. E poi noi ora cosa staremmo facendo se non parlare della verità e della falsità e delle implicazioni della tua teoria? Stiamo dicendo cose insensate?
Parlare delle implicazioni è differente del parlare degli assiomi; la differenza fra i primi due livelli e il terzo è tutta qui: il terzo livello è fondante, gli altri due sono fondati... ovviamente si può parlare dei sistemi assiomatici dall'interno o dall'esterno, con la cruciale differenza che dall'interno gli assiomi devono essere sempre veri (altrimenti non sarebbero tali!), mentre dall'esterno (da un altro sistema assiomatico) possono anche non essere veri (come credo dimostrino le geometrie non euclidee se confrontate con quelle euclidee...).
Phil, non rispondo a tutto perché vorrei concentrarmi sui punti del nostro discorso che reputo più centrali. Tipo questo appena citato, che credo sia veramente fondamentale.
 
La tua proposta è di considerare il linguaggio naturale come una struttura gerarchica a tre livelli semantici. E entro a questo framework definiamo e limitiamo ciò che è sensato o meno. Ma allora non si vanifica tutto il progetto se si ammette che ci sia un ulteriore universo linguistico al di fuori di tale linguaggio? Pensavo che la tua proposta riguardasse l'intero linguaggio, nella sua interezza. Ma anche perché, se così non foss, non avremmo intaccato minimamente il problema del PM, e comunque non si capirebbe la tua proposta a cosa effettivamente servirebbe.
 
Un conto è parlare di un sistema assiomatico arbitrario, un altro conto è voler proporre un sistema linguistico che dovrebbe essere come minimo comprensivo di tutto il nostro linguaggio naturale, cioè di cosa possiamo dire. Questo problema mi pare che demolisca l'intero progetto, e nello specifico la proposta di soluzione del PM.
 
Citazione di: Phil il 26 Giugno 2017, 22:19:39 PM
Citazione di: epicurus il 26 Giugno 2017, 11:17:01 AM
Qui non ti ho capito. Perché la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è vero"> non è affatto problematica e legittima, mentre la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è falso"> sarebbe illegittimo nel tuo modello (e paradossale nel linguaggio ordinario)?
Non "illegittima"(?), ma semplicemente sono due frasi false (non potendo essere entrambe vere, nè una vera e una falsa).
E anche la coppia <Alice: "Tutto ciò che dice Bob è vero"; Bob: "Tutto ciò che dice Alice è vero"> non è detto che sia una coppia di frasi entrambe vere solo perché apparentemente non sono contraddittorie: restano da compilare con gli adeguati valori di verità (e l'assolutismo meta-temporale di quel "tutto ciò che dice" crea molti problemi di verifica, per questo mi è sembrato più verosimile la riformulazione delle frasi con "qualche volta").
Riformulo come suggerisci tu.
Data la coppia <Alice: "Bob dice il vero"; Bob: "Alice dice il vero">, possono essere entrambe vere o entrambe false. E la situazione, perciò, è perfettamente sensata.
Il problema, dicevo, è che, mentre la coppia precedente è perfettamente sensata, la coppia <Alice: "Bob dice il falso"; Bob: "Alice dice il vero"> è paradossale. E' questo il problema: entrambe le coppie hanno la stessa forma e hanno entrambe il vizietto di non poter essere gerarchicizzate (Alice parla della verità delle proposizioni di Bob, quindi deve essere ad un livello superiore; ma poi Bob parla della verità delle proposizioni di Alice, quindi deve essere la proposizione di Bob ad avere un livello superiore. Ma ciò è impossibile!).
E non è vero che, riguardo all'ultima coppia, sono entrambe false. E' un caso paradossale.
 
Se vuoi una versione più realistica c'è quella proposta dal logico Kripke. La cito in inglese per pigrizia:
Citazione di: kipkeConsider the ordinary statement, made by Jones:
 
(1) Most (i.e., a majority) of Nixon's assertions about Watergate are false.
 
Clearly, nothing is intrinsically wrong with (1), nor is it ill-formed. Ordinarily the truth value of (1) will be ascertainable through an enumeration of Nixon's Watergate-related assertions, and an assessment of each for truth or falsity. Suppose, however, that Nixon's assertions about Watergate are evenly balanced between the true and the false, except for one problematic case,
 
(2) Everything Jones says about Watergate is true.
 
Suppose, in addition, that (1) is Jones's sole assertion about Watergate.... Then it requires little expertise to show that (1) and (2) are both paradoxical: they are true if and only if they are false.
 
The example of (1) points up an important lesson: it would be fruitless to looks for an intrinsic criterion that will enable us to sieve out—as meaningless, or ill-formed—those sentences which lead to paradox.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 28 Giugno 2017, 12:16:12 PM
Di alcuni ho già parlato, ma voglio proporre una lista di svariate versione del PM, in cui evidenzio l'aspetto interessante della nuova versione rispetto alla precedente.

PM contestuale indebolito: interessante perché vi è o meno un paradosso a seconda di circostanze contingenti.
L'enunciato "Socrate legge il falso" è scritto su un muro di fronte al quale si trova Socrate con gli occhi chiusi. L'enunciato non è né vero né falso. Quando però Socrate apre gli occhi e lo legge, diventa paradossale.

Paradosso dell'eterologicità: interessante perché non tratta direttamente di verità o falsità come il PM.
Gli aggettivi possono essere suddivisi in due categorie definite in questo modo:
- Un aggettivo è autologico se e solo se si riferisce a se stesso: per esempio, "polisillabico" è un aggettivo autologico perché è una parola polisillabica, cioè si riferisce a se stesso.
- Un aggettivo è eterologico se e solo se non si riferisce a se stesso: per esempio "monosillabico" è un aggettivo eterologico perché è una parola polisillabica, cioè non si riferisce a se stesso.
L'aggettivo "eterologico" è eterologico?

Paradosso di Curry: interessa perché non utilizza la negazione.
"Se questa stessa proposizione è vera, allora A e non-A è vera".

Paradosso di Yablo: interessante perché non utilizza l'autoriferimento.
Una serie infinita di enunciati ciascuno dei quali dice che i successivi sono tutti falsi.

PM rinforzato: interessante perché non richiede che gli unici valori di verità siano "vero" e "falso" (quindi non è necessario assumere per vero il principio di bivalenza).
"Questa stessa proposizione non è vera".

PM superrinforzato: interessante perché potrebbe porre dei problemi persino per chi rifiuta il principio di non contraddizione.
"Questa proposizione è solo falsa".
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 28 Giugno 2017, 16:26:27 PM
Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
Un conto è parlare di un sistema assiomatico arbitrario
Eppure, in fondo, quale sistema assiomatico non è arbitrario? ;)
Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
un altro conto è voler proporre un sistema linguistico che dovrebbe essere come minimo comprensivo di tutto il nostro linguaggio naturale, cioè di cosa possiamo dire
non ho mai avuto tale ambizione, mica sono Wittgenstein!  ;D

Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
La tua proposta è di considerare il linguaggio naturale come una struttura gerarchica a tre livelli semantici. E entro a questo framework definiamo e limitiamo ciò che è sensato o meno. Ma allora non si vanifica tutto il progetto se si ammette che ci sia un ulteriore universo linguistico al di fuori di tale linguaggio?
Si è già sempre dentro un sistema assiomatico-linguistico, per cui è inevitabile che ci sia (o ci possa essere) un "fuori"... parlare dell'"intero linguaggio"(cit.) sarebbe così generico (comprendendo tutte le lingue, le differenti stutture sintattiche e semantiche, e persino le forme di comunicazione non-verbale, se intendiamo il linguaggio in senso "esteso") che sarebbe piuttosto sterile, se non impraticabile... sarebbe come voler utilizzare la geometria nella sua genericità: in pratica non esiste tale geometria omnicomprensiva, ma esistono funzionalmente le sue differenti declinazioni (euclidea, non-euclidea, etc.).

Parimenti, è all'interno del linguaggio naturale che si pone l'insensatezza del PM; magari in un linguaggio alieno o in lingua elfica non è un paradosso e addirittura è una frase molto significativa... è tutta una questione, appunto, di sistemi di rifermento (e di assiomi). Pensa ad esempio come cambiano le frasi se le caliamo in un contesto semantico differente: "ti amo e non ti amo" viola palesemente il principio di non contraddizione della logica, ma è una frase molto sensata e persino "vera" se compresa in una poesia (con buona pace delle tavole di verità  ;D ).
La domanda chiave, secondo me, è quindi: noi dentro quale sistema linguistico (logico, semantico, etc.) siamo, di volta in volta?

Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
la coppia <Alice: "Bob dice il falso"; Bob: "Alice dice il vero"> è paradossale [...]
E non è vero che [...] sono entrambe false
Se li presupponiamo come giudizi assoluti (dire sempre il vero o il falso), non ho ben capito perché non possano esserlo... se lo fossero, non ne conseguirebbe alcun paradosso  ;)

Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 10:58:49 AM
Se vuoi una versione più realistica c'è quella proposta dal logico Kripke. La cito in inglese per pigrizia:
Citazione di: kipkeConsider the ordinary statement, made by Jones:

(1) Most (i.e., a majority) of Nixon's assertions about Watergate are false.

Clearly, nothing is intrinsically wrong with (1), nor is it ill-formed. Ordinarily the truth value of (1) will be ascertainable through an enumeration of Nixon's Watergate-related assertions, and an assessment of each for truth or falsity. Suppose, however, that Nixon's assertions about Watergate are evenly balanced between the true and the false, except for one problematic case,

(2) Everything Jones says about Watergate is true.

Suppose, in addition, that (1) is Jones's sole assertion about Watergate.... Then it requires little expertise to show that (1) and (2) are both paradoxical: they are true if and only if they are false.

The example of (1) points up an important lesson: it would be fruitless to looks for an intrinsic criterion that will enable us to sieve out—as meaningless, or ill-formed—those sentences which lead to paradox.
Il trucco è che la seconda frase non è un'asserzione di Nixon sul Watergate, ma un'asserzione di Nixon su Jones (ovvero "Jones dice la verità" non importa poi su cosa perché è Jones il soggetto, non il Watergate!), per cui non rientra nell'insieme a cui si riferisce la prima... la prima che inoltre non è un'affermazione sul Watergate, bensì su "Nixon che parla del Watergate" per cui sostenere che sia l'unica frase di Jones sul Watergate è falso (o meglio, "ill-formed" per dirla all'inglese) ;D .

P.s.
Non voglio dire che non si possano architettare paradossi "concreti" sull'autoreferenza, ma credo che molti di loro siano risolvibili usando la stessa malizia con cui vengono progettati (anche nel "paradosso del bibliotecario" basta distinguere "libro" da "catalogo" per risolvere la questione...).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 28 Giugno 2017, 18:11:16 PM
Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 12:16:12 PM
Paradosso di Curry: interessa perché non utilizza la negazione.
"Se questa stessa proposizione è vera, allora A e non-A è vera".
CitazioneMi sembra che una negazione ci sia ("non-A", da me evidenziata in grassetto).

La frase mi sembra ambigua: "questa stessa proposizione" (di cui si predica condizionalmente) é "A e non-A é vera"?
Oppure é (autoreferenzialmente; e analogamente a "questa frase é falsa") la stessa proposizione "questa stessa proposizione"?
Nel primo caso mi sembra una tautologia, per quanto falsa. O meglio, sembra a me, che (se ho ben capito contravvenendo la logica formale per come é correntemente considerata da intendersi correttamente) non riesco ad accettare che "contraddittorio" = "falso" ma invece = "senza senso", sia una (pretesa) reiterazione di una contraddizione, la quale per me é un non dire, non significare nulla (di sensato).
Nel secondo caso mi sembra (pure) senza senso: un pronome dimostrativo ha senso solo nel caso si riferisca a qualcosa di diverso da se stesso; per esempio se in questo caso ci si riferisse a una qualsiasi frase imediatamente precedente ; fra le infinite possibilità: "la vita é bella"; "se questa frase (= se la frase "la vita é bella") é vera , allora A e non-A é vera".

Paradosso di Yablo: interessante perché non utilizza l'autoriferimento.
Una serie infinita di enunciati ciascuno dei quali dice che i successivi sono tutti falsi.
CitazioneCioé  dico"ciò che dirò é falso"; dopo di che dico "ciò che dirò é falso"; e così via all' infinito?

Questo mi evoca un lontano ricordo d' infanzia.
Qualche volta la mia tata, stufa delle mie continue richieste di raccontarmi una storia, mi raccontava:
" " "C' era una volta un re, seduto sul sofà, che diceva alla sua serva: "raccontami una storia"; e lei gli raccontava: " "C' era una volta un re, seduto sul sofà, che diceva alla sua serva: "raccontami una storia;"..." " ..." " ".
Ha forse qualcosa a che vedere col paradosso del mentitore?
Per lo meno, come questa versione di Y., rimanda all' infinito.

PM rinforzato: interessante perché non richiede che gli unici valori di verità siano "vero" e "falso" (quindi non è necessario assumere per vero il principio di bivalenza).
"Questa stessa proposizione non è vera".

PM superrinforzato: interessante perché potrebbe porre dei problemi persino per chi rifiuta il principio di non contraddizione.
"Questa proposizione è solo falsa".
CitazioneDevo però confessare che personalmente continuo a non riuscire a considerare questi paradossi diversamente da "giochi di parole" o "cimenti enigmistici" (sia pure "intriganti").

Credo che la logica (salvo che per cultori professionali o "appassionati cultori amatoriali") sia essenzialmente (o almeno per me é così) un importante strumento o insieme di regole per ragionare correttamente sulle questioni che ci premono, e non per un ragionare correttamente "fine a se stesso".
E' sempre utile e vantaggioso, al fine di ragionare correttamente, sottoporre al vaglio della correttezza logica i propri pensieri. Ma di fatto non mi mi sembra che mi sia mai capitato che un mio ragionamento su una questione che mi stava a cuore cadesse nella casistica dei paradossi del tipo del mentitore.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:42:04 PM
@Epicurus,
forse non ci arrivo io, però a mio giudizio confondi ancora validità con sensatezza. "Questa frase è in italiano" è una frase "valida", nel senso che "sta in piedi". Di certo in informatica/logica/matematica (e anche grammatica :) ) questa frase è ammissibile. Se mi dici poi che è sensata potrei anche essere d'accordo perchè è informativa, visto che io "imparo" che tale frase è scritta in italiano e ciò è dovuto al fatto che anche io "so" a priori cosa significa "che una frase sia o non sia in italiano". In un certo senso anche "2+2=4" è una frase con significato perchè "imparo" l'applicazione di una regola. Tuttavia "2+2=4" in sé non dice nulla perchè è una semplice proposizione formale. Se tu intendi la frase "questa frase è in italiano" come informativa allora OK ti do ragione che è "sensata" e "vera". Ma io posso scrivere "questa frase è in italiano" senza intenzione di comunicare nulla ed ergo diventa "priva di senso" ma "valida".

"Questa frase è vera e sensata" non significa nulla perchè "vera" e "sensata" si applicano a qualcosa di "esterno" alla frase. Altrimenti cadiamo nella tautologia o nella contraddizione o nel nonsenso.

Curisosità: ritieni che sia possibile un linguaggio capace di portare significato e privato? A mio giudizio ciò sarebbe possibile solo se si possono costruire proposizioni autoreferenziali sensate e valide.

Nella nostra "diatriba" può aiutare considerare questa frase: the limit of language shows itself in the impossibility of describing the fact which corresponds to a sentence (is its translation) without repeating that very sentence (Wittgenstein).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 28 Giugno 2017, 20:55:53 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:42:04 PM


Curisosità: ritieni che sia possibile un linguaggio capace di portare significato e privato? A mio giudizio ciò sarebbe possibile solo se si possono costruire proposizioni autoreferenziali sensate e valide.

CitazioneChiedo scusa per l' intromissione.

Credo che le lingue artificiali, come l' Esperanto, o almeno quelle fra di esse inventate da un unico autore, prima di essere proposte al pubblico costituiscano esempi di linguaggi capaci di significare e (sia pur momentaneamente) privati.

Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 29 Giugno 2017, 11:00:22 AM
Citazione di: sgiombo il 28 Giugno 2017, 20:55:53 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:42:04 PMCurisosità: ritieni che sia possibile un linguaggio capace di portare significato e privato? A mio giudizio ciò sarebbe possibile solo se si possono costruire proposizioni autoreferenziali sensate e valide.
CitazioneChiedo scusa per l' intromissione. Credo che le lingue artificiali, come l' Esperanto, o almeno quelle fra di esse inventate da un unico autore, prima di essere proposte al pubblico costituiscano esempi di linguaggi capaci di significare e (sia pur momentaneamente) privati.

Obiezione interessante. Tuttavia anche l'Esperanto ha come scopo la comunicazione, ossia serve ad informare qualcun altro. Quello che mi chiedo io è se è possibile pensare a linguaggi che siano "essenzialmente" privati. Nel caso dell'Esperanto non è privato perchè ha come assioma la comunicabilità mentre un linguaggio "davvero" privato deve anche essere in grado di non essere comunicativo. Il problema del Monismo (e per certi versi del solipsismo) d'altronde è proprio che il linguaggio (come lo intendiamo noi) richiede la pluralità. Se ad esempio io sostengo "tutto è uno senza secondo" (Advaita Vedanta, Spinoza, solispsismo...) ritengo che le distinzioni siano illusorie. Ma il linguaggio richiede molteplicità e distinzioni (soggetto/oggetto, emittente/ricevitore...), quindi se si provasse che non è possibile formulare tale linguaggio allora tutte queste metafisiche sono prive di senso.  Se si prova invece che il linguaggio è illusorio per se allora le distinzioni "soggetto/oggetto, io/non-io ecc" sono illusorie e la teoria dell'"anatta" buddista (ossia che l'io è puramente convenzionale)è corretta. Secondo me questo dibattito è di fondamentale importanza. Se l'auto-referenzialità non è un semplice giochetto formale allora nemmeno l'io può essere considerato illusorio perchè sarebbe possibile costruire proposizioni auto-referenziali con un linguaggio privato. In caso contrario TUTTA la nostra scienza si basa sull'assunzione errata che si possano nominare "cose" (errata perchè se le cose sono puramente convenzionali, allora a livello ultimo non esistono...).

Per epicurus... "ieri c'è stato un tornado nella provincia di Pavia" è sensata e il significato della proposizione è un fatto. "Questa frase è sensata" a cosa si riferisce? "Questa frase è scritta in italiano" si riferisce ad una proprietà della frase stessa e non alla frase stessa...
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 29 Giugno 2017, 11:35:50 AM
Phil, il problema è che tu stesso, in questa discussione, non usi il linguaggio che tu proponi. E non lo fai perché non puoi farlo. Ma allora, come dicevo, non abbiamo di certo risolto il problema del PM.
 
 
Citazione di: sgiombo il 28 Giugno 2017, 18:11:16 PM
Citazione di: epicurus il 28 Giugno 2017, 12:16:12 PM
Paradosso di Curry: interessa perché non utilizza la negazione.
"Se questa stessa proposizione è vera, allora A e non-A è vera".
Mi sembra che una negazione ci sia ("non-A", da me evidenziata in grassetto).
Ma non è quello che fa scatenate il paradosso. Avrei potuto scrivere benissimo "Se questa proposizione è vera, allora 2+2=42", oppure "Se questa proposizione è vera, allora non esiste il pianeta Terra"... Cioè, con questo paradosso posso dimostrare tutto e il contrario di tutto. Senza dover utilizzare la negazione.
 
Qui trovi enunciato in modo completo il paradosso, e anche spiegato: https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Curry
 
Citazione di: sgiombo il 28 Giugno 2017, 18:11:16 PM
Citazione di: epicurus
Paradosso di Yablo: interessante perché non utilizza l'autoriferimento.
Una serie infinita di enunciati ciascuno dei quali dice che i successivi sono tutti falsi.
Cioé  dico"ciò che dirò é falso"; dopo di che dico "ciò che dirò é falso"; e così via all' infinito?
Qui viene enunciato e spiegato il paradosso di Yablo: https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Yablo
 
Citazione di: sgiombo il 28 Giugno 2017, 18:11:16 PM
Devo però confessare che personalmente continuo a non riuscire a considerare questi paradossi diversamente da "giochi di parole" o "cimenti enigmistici" (sia pure "intriganti").
 
Credo che la logica (salvo che per cultori professionali o "appassionati cultori amatoriali") sia essenzialmente (o almeno per me é così) un importante strumento o insieme di regole per ragionare correttamente sulle questioni che ci premono, e non per un ragionare correttamente "fine a se stesso".
E' sempre utile e vantaggioso, al fine di ragionare correttamente, sottoporre al vaglio della correttezza logica i propri pensieri. Ma di fatto non mi mi sembra che mi sia mai capitato che un mio ragionamento su una questione che mi stava a cuore cadesse nella casistica dei paradossi del tipo del mentitore.

Non sono semplici giochetti, hanno importanti implicazioni in logica matematica. Se vogliamo disporre di uno sistema logico "funzionante" allora deve essere resistente in tutti i suoi punti. Per esempio, il paradosso di Curry è stato utilizzato per dimostrare matematicamente che alcuni sistemi formali sono inconsistenti (alcune teorie degli insiemi, il lambda calcolus e la logica combinatoria). Altre caratteristiche importanti della logica combinatoria sono deducibili grazie a questo paradosso.
 
La versione insiemistica del PM, cioè il paradosso di Russell, ha permesso di dimostrare l'inconsistenza della teoria insiemistica allora in uso, dando il via a tutta una serie di teorie assiomatiche insiemistiche volte a superare questo e altri problemi. Se cerchi online la storia di questo paradosso, scoprirai che le conseguenze della scoperta del paradosso di Russell furono vastissime per l'intero progetto della fondazione della matematica.
 
Una sorta di versione simile del PM è stato usato per dimostrare i due tra i più importanti teoremi della matematica, i teoremi di Goedel, che sfruttano una proposizione che, in linguaggio naturale, potrebbe essere espressa così: <G dice "G non è dimostrabile nel sistema formale S">. Versioni del PM sono stati usati anche per un altro teorema fondamentale della matematica, il teorema di indefinibilità di Tarski. Persino i teoremi più importanti e fondanti della Teoria della Calcolabilità (argomento di pertinenza quindi sia per la logica matematica sia per la concretissima informatica), cioè il problema della terminazione, non sono altro che la riformulazione del PM per le macchine di Turing.
 
Questo solo per dire che il PM non è un semplice ed innocuo giochino. Se vogliamo proprio parlare di giochini, a me paiono più un giochino molte altre domande filosofiche, rispetto a questa, per conseguenze sul nostro sapere. D'altro canto, come dissi, qui si cerca di capire quali sono i limiti del nostro linguaggio, e si cerca di investigare concetti fondamentali come quello di verità o di inferenza logica.

Infine, considera il caso in cui tu stai partecipando ad una discussione sull'esistenza di dio e qualcuno se ne esce con la miracolosa dimostrazione della sua esistenza: "Se questa intera frase è vera, allora Dio esiste". (In realtà, questa fantomatica persona potrebbe usare questa dimostrazione in ogni discussione in cui tu partecipi per dimostrare la falsità di ogni testi che sostieni.) Un caso più concreto per te.  ;D
 
Citazione di: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:42:04 PM
forse non ci arrivo io, però a mio giudizio confondi ancora validità con sensatezza. "Questa frase è in italiano" è una frase "valida", nel senso che "sta in piedi". Di certo in informatica/logica/matematica (e anche grammatica :) ) questa frase è ammissibile. Se mi dici poi che è sensata potrei anche essere d'accordo perchè è informativa, visto che io "imparo" che tale frase è scritta in italiano e ciò è dovuto al fatto che anche io "so" a priori cosa significa "che una frase sia o non sia in italiano". In un certo senso anche "2+2=4" è una frase con significato perchè "imparo" l'applicazione di una regola. Tuttavia "2+2=4" in sé non dice nulla perchè è una semplice proposizione formale. Se tu intendi la frase "questa frase è in italiano" come informativa allora OK ti do ragione che è "sensata" e "vera". Ma io posso scrivere "questa frase è in italiano" senza intenzione di comunicare nulla ed ergo diventa "priva di senso" ma "valida".
 
"Questa frase è vera e sensata" non significa nulla perchè "vera" e "sensata" si applicano a qualcosa di "esterno" alla frase. Altrimenti cadiamo nella tautologia o nella contraddizione o nel nonsenso.
[...]
"ieri c'è stato un tornado nella provincia di Pavia" è sensata e il significato della proposizione è un fatto. "Questa frase è sensata" a cosa si riferisce? "Questa frase è scritta in italiano" si riferisce ad una proprietà della frase stessa e non alla frase stessa...
Non capisco perché frasi come "2+2=4" o "Questa frase è in italiano"  dovrebbero essere senza senso. Sono frasi che i parlanti sanno usare, e penso che tu sia d'accordo che il significato delle parole è prima di tutto fondato dall'uso che i parlanti ne fanno di queste. Anche l'idea di togliere di significato le tautologie mi pare davvero troppo. Se qualcosa ha imparato in più il Secondo Wittgenstein rispetto al Primo Wittgenstein è che il linguaggio è qualcosa di terribilmente complesso che va prima di tutto compreso nel suo fungere ad infiniti scopi, non uno strumento arido da normare rigidamente. (Non vedo bene l'idea di una persona che considera i giochi linguistici delle forme di vita, e poi va in giro a dare dell'insensantezza ad ogni piè sospinto.  ;D )
 
Ma mi pare che stiamo andando fuori tema di molto. Quindi mi fermo.
 
Citazione di: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:42:04 PM
Curisosità: ritieni che sia possibile un linguaggio capace di portare significato e privato? A mio giudizio ciò sarebbe possibile solo se si possono costruire proposizioni autoreferenziali sensate e valide.
 
Nella nostra "diatriba" può aiutare considerare questa frase: the limit of language shows itself in the impossibility of describing the fact which corresponds to a sentence (is its translation) without repeating that very sentence (Wittgenstein).
Un linguaggio private a là Wittgenstein lo ritengo impossibile proprio per le argomentazioni wittgensteiniane. E credo pure che la questione del linguaggio privato sia indipendente dal PM. Quindi per me qui siamo ancora più offtopic.
 
Riguardo alla frase che citi, Wittgenstein tende sempre ad essere criptico, quindi uno spezzone così è per me facilmente fraintendibile. A me parrebbe dire che non puoi semplicemente uscire dal linguaggio per spiegare il significato delle parole. Cioè l'insegnare il linguaggio (il primo linguaggio, cioè a qualcuno che non ne dispone già di uno) è una procedura non semantica. (Inizialmente, senza linguaggio, l'impararlo è il "seguire la regola", senza una vera comprensione semantica.)
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: paul11 il 29 Giugno 2017, 13:33:37 PM
Citazione di: Apeiron il 29 Giugno 2017, 11:00:22 AM
Citazione di: sgiombo il 28 Giugno 2017, 20:55:53 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Giugno 2017, 19:42:04 PMCurisosità: ritieni che sia possibile un linguaggio capace di portare significato e privato? A mio giudizio ciò sarebbe possibile solo se si possono costruire proposizioni autoreferenziali sensate e valide.
CitazioneChiedo scusa per l' intromissione. Credo che le lingue artificiali, come l' Esperanto, o almeno quelle fra di esse inventate da un unico autore, prima di essere proposte al pubblico costituiscano esempi di linguaggi capaci di significare e (sia pur momentaneamente) privati.

Obiezione interessante. Tuttavia anche l'Esperanto ha come scopo la comunicazione, ossia serve ad informare qualcun altro. Quello che mi chiedo io è se è possibile pensare a linguaggi che siano "essenzialmente" privati. Nel caso dell'Esperanto non è privato perchè ha come assioma la comunicabilità mentre un linguaggio "davvero" privato deve anche essere in grado di non essere comunicativo. Il problema del Monismo (e per certi versi del solipsismo) d'altronde è proprio che il linguaggio (come lo intendiamo noi) richiede la pluralità. Se ad esempio io sostengo "tutto è uno senza secondo" (Advaita Vedanta, Spinoza, solispsismo...) ritengo che le distinzioni siano illusorie. Ma il linguaggio richiede molteplicità e distinzioni (soggetto/oggetto, emittente/ricevitore...), quindi se si provasse che non è possibile formulare tale linguaggio allora tutte queste metafisiche sono prive di senso.  Se si prova invece che il linguaggio è illusorio per se allora le distinzioni "soggetto/oggetto, io/non-io ecc" sono illusorie e la teoria dell'"anatta" buddista (ossia che l'io è puramente convenzionale)è corretta. Secondo me questo dibattito è di fondamentale importanza. Se l'auto-referenzialità non è un semplice giochetto formale allora nemmeno l'io può essere considerato illusorio perchè sarebbe possibile costruire proposizioni auto-referenziali con un linguaggio privato. In caso contrario TUTTA la nostra scienza si basa sull'assunzione errata che si possano nominare "cose" (errata perchè se le cose sono puramente convenzionali, allora a livello ultimo non esistono...).

Per epicurus... "ieri c'è stato un tornado nella provincia di Pavia" è sensata e il significato della proposizione è un fatto. "Questa frase è sensata" a cosa si riferisce? "Questa frase è scritta in italiano" si riferisce ad una proprietà della frase stessa e non alla frase stessa...
prendentela come semplice riflessione.........
In questo periodo stavo approfondendo i linguaggi utilizzati da Platone che hanno dato adito a fraintesi direi nella totalità dei filosofi, chi tanto e chi meno.
C'è stato un linguaggio mitico fondato sull'oralità, c'è stato il linguaggio scritto fondato sulla logica predicative e proposizionale, ma c'è sempre stato un linguaggio convenzionale che fuoriesce da qualunque logica.
Si racconta che a Cambridge l'economista famoso Sraffa in compagnia  idi Wittgenstein e parlando di linguaggi, gli insegnò il gesto dell'ombrello tipicamente italiano e Wittgenstein ne fu "fulminato".
Il tentativo di Frege e dei linguisti, di delimitare nel linguaggio formale facendolo diventare matematico il linguaggio convenzionale non dico che sia fallito, ma probabilmente è impossibile.

Penso che il miglior linguaggio possible sia per codici e non per suoni tradotti in segni scritti, in parole che nascono da alfabeti ; ma adatto che è impossibile, in quanto sarebbe impraticabile la comunicazione orale, attendiamo che l'uomo ridiventi......telepatico.
Semplicemente perchè il pensiero si manifesta per immagini e non per suoni.
Gli studiosi, questa volta giustamente hanno notato che la cultura ebraica è fondata sull'"udire", quella greca sull'immagine".
Infatti si dice da una parte".....non si è mai udito..."; dall'altra"....non si è mai visto.........."; oggi che siamo più ambigui
"..non si è mai sentito.........." .
Così abbiamo costruito segni che corrispondono a suoni ,ma che si basano sulle immagini:questo  è già un "casino".

E' impossibile dirimere l'ambiguità del linguaggio, solo pretendendo (ma rimarrebbe una pretesa) che un'argomentazione fosse scritta seguendo semantiche e sintassi formali , dichiarazioni, definizioni, frasi inferenziali, sillogismo ecc.
Ma le parole,  i gesti, persino i linguaggi stessi,  i neologismi, le nuove sintassi delle chat, dei messaggini, traducono  i tempi culturali in forme nuove espressive.Così i paradossi rimangono e se ne aggiungono altri
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 29 Giugno 2017, 15:10:16 PM
Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 11:35:50 AM
Phil, il problema è che tu stesso, in questa discussione, non usi il linguaggio che tu proponi. E non lo fai perché non puoi farlo
Potresti essere (se puoi) più chiaro, magari con esempi? Perché a me sembrava onestamente di usarlo, più che proporlo  ;) 
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:02:47 PM
Citazione di: Phil il 29 Giugno 2017, 15:10:16 PM
Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 11:35:50 AM
Phil, il problema è che tu stesso, in questa discussione, non usi il linguaggio che tu proponi. E non lo fai perché non puoi farlo
Potresti essere (se puoi) più chiaro, magari con esempi? Perché a me sembrava onestamente di usarlo, più che proporlo  ;)
Scusa, Phil, pensavo di avermi spiegato nei post precedenti. Intendo dire che tu stesso hai ammesso che non puoi parlare del tuo stesso linguaggio, perché dovresti parlarne ad un livello superiore al terzo. Ma un quarto livello non esiste. In generale, una proposizione come "Il linguaggio di Phil è xyz" non si può fare, perché solo fuori da tutti i livelli sarebbe possibile una tale affermazione, da qui l'assurdo.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 29 Giugno 2017, 16:30:46 PM
Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:02:47 PM
Intendo dire che tu stesso hai ammesso che non puoi parlare del tuo stesso linguaggio,
Ho scritto che se ne può parlare addirittura sia dell'esterno che dall'interno:
"si può parlare dei sistemi assiomatici [linguistici] dall'interno o dall'esterno, con la cruciale differenza che dall'interno gli assiomi devono essere sempre veri (altrimenti non sarebbero tali!), mentre dall'esterno (da un altro sistema assiomatico) possono anche non essere veri (come credo dimostrino le geometrie non euclidee se confrontate con quelle euclidee...)"(autocit.)

Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:02:47 PM
perché dovresti parlarne ad un livello superiore al terzo. Ma un quarto livello non esiste.
esatto, secondo me, non c'è un quarto livello, ma solo sistemi differenti, ognuno fondato dal suo terzo livello di assiomi, quindi non c'è necessità di un ulteriore livello superiore (non è che mi confondi ancora con Tarski e i suoi livelli a matrioska?  ;) ).

Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:02:47 PM
In generale, una proposizione come "Il linguaggio di Phil è xyz" non si può fare, perché solo fuori da tutti i livelli sarebbe possibile una tale affermazione, da qui l'assurdo.
Un'affermazione del genere si può fare, sarebbe semplicemente un'affermazione esterna al "linguaggio di Phil", ovvero che ha "il linguaggio di Phil" come oggetto (e quindi potrebbe essere di primo o secondo livello di un altro sistema linguistico). Oppure potrebbe essere interna (e di terzo livello) al "linguaggio di Phil", se fosse ad esempio allusiva ai suoi assiomi (del tipo "il linguaggio di Phil riconosce solo tre livelli").
Spero di aver chiarito  :)

Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:40:40 PM
Ma quindi, se possiamo parlare al di fuori del linguaggio di Phil (ma non dovrebbe allora essere un linguaggio in qualche modo di livello superiore al linguaggio di Phil? Un linguaggio che ha cmq tutti i termini del tuo linguaggio. o delle regole di traduzione. e non sarebbe altro che un ulteriore livello del linguaggi di Phil?), allora possiamo parlare del PM al di fuori del linguaggio di Phil ed il problema è tornato.
E poi tu proprio ora parli del linguaggio di Phil e di altri linguaggi fuori e di come si relazionano tra loro, quindi tu stai parlando fuori da qualsiasi linguaggio? Ciò sarebbe assurdo, non trovi?

Non sembra anche a te che questa sia una strada non percorribile? E che, tra l'altro, non getta minimamente luce sulla natura del PM?
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 29 Giugno 2017, 17:18:11 PM
Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:40:40 PM
se possiamo parlare al di fuori del linguaggio di Phil (ma non dovrebbe allora essere un linguaggio in qualche modo di livello superiore al linguaggio di Phil? Un linguaggio che ha cmq tutti i termini del tuo linguaggio. o delle regole di traduzione. e non sarebbe altro che un ulteriore livello del linguaggi di Phil?
Non è un livello superiore, è solo un altro sistema linguistico... per fare un esempio (passando dalla logica alla glottologia): possiamo parlare della lingua inglese usando l'italiano (spiegarne la grammatica, etc.), ma non per questo possiamo concludere che l'italiano è una lingua che comprenda quella inglese come sotto-lingua... e ovviamente i ruoli possono invertirsi: un inglese può spiegare la lingua italiana usando l'inglese (un sistema può essere oggetto del discorso di un altro sistema senza per questo esserne compreso come "sotto-specie"  ;) ).

Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:40:40 PM
allora possiamo parlare del PM al di fuori del linguaggio di Phil ed il problema è tornato.
Certo, così come possiamo parlare della spinosa questione dell'immortalità dell'anima solo da credenti, ma per un ateo (ovvero un altro sistema di credenze) il problema non si pone ed è insensato  ;D

Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:40:40 PM
E poi tu proprio ora parli del linguaggio di Phil e di altri linguaggi fuori e di come si relazionano tra loro, quindi tu stai parlando fuori da qualsiasi linguaggio? Ciò sarebbe assurdo, non trovi?
Chiaramente io parlo di altri linguaggi dall'interno del mio linguaggio, non è assurdo (semmai è inevitabile  ;) ): è come parlare di altre macchine dall'interno della mia auto, dicendo "quella macchina va forte, quell'altra sta frenando, quell'altra ha il vetro sporco, quell'altra va in contromano, etc." (e ovviamente posso anche parlare della mia dal suo interno...).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 30 Giugno 2017, 10:19:25 AM
A Epicurus
 
 
Come ho recentemente scritto nella discussione "Qual' è il vostro scopo", Per me filosofia è cercare di vivere non a casaccio, come potrebbe capitare acriticamente e conformisticamente di fare, perché "così generalmente si fa intorno a me", ma cercare invece di vivere a ragion veduta, cercando di capire com' è la realtà di cui faccio parte (soprattutto in generale, complessivamente, non solo e non tanto nei dettagli: la scienza ci fa vedere moltissimo e assai fondatamente, attendibilmente gli alberi che costituiscono la foresta, mentre a me, da filosofo amatoriale -ma nemmeno Spinoza era un "professionista", ossia un professore, "della filosofia"- preme vedere soprattutto la foresta); cercando di capire cosa sono io, cosa è il caso di tentare di realizzare nella mia vita; e naturalmente, come necessaria premessa per rispondere attendibilmente a queste altre domande fondamentali, cosa è la conoscenza, come (e innanzitutto se) può ottenersi, in che senso, a quali condizioni ed entro quali limiti può ritenersi vera.
A questo scopo la correttezza logica del ragionamento è evidentemente indispensabile.
Della filosofia (così intesa) fanno parte certamente anche la logica e la filosofia della matematica.
Ma la logica a me (soggettivamente) preme unicamente per gli scopi suddetti (e la matematica pura e la filosofia della matematica interessano ben poco).
Non mi interessa la correttezza o meno del ragionare in sé e per sé (che per me soggettivamente non costituisce un "fine a se stesso"), né tantomeno per applicarla (se non eventualmente onde "passare il tempo" nell' impossibilità di impiegarlo in modo per me soggettivamente più interessante senza annoiarmi) ai più svariati e pur indubbiamente ingegnosi problemi logici come l' analisi e la soluzione dei paradossi (o anche ad ingegnosi problemi di altra natura, per esempio "ludicamente enigmistici").
Mi interessa invece se finalizzata ad affrontare i più generali problemi gnoseologici, ontologici ed etici di cui sopra.
 
Per questo, pur apprezzando il tuo zelo "quasi da missionario" nel cercare di convincermi dell' importanza dello studio dei paradossi logici nell' ambito della logica e della matematica (importanza che non ho mai messo in dubbio), non riesco a sentimene coinvolto più di tanto: non sono né un logico o un matematico di professione, né un "appassionato amatoriale di logica e di matematica", ma casomai un filosofo (o un "appassionato amatoriale di filosofia"; soprattutto di gnoseologia, ontologia, e in particolare nel suo ambito di filosofia della mente, e di etica, e in particolare nel suo ambito di politica).
 
 
*****************************
 
Circa il paradosso di Curry affermi:
 
 
Avrei potuto scrivere benissimo "Se questa proposizione è vera, allora 2+2=42", oppure "Se questa proposizione è vera, allora non esiste il pianeta Terra"... Cioè, con questo paradosso posso dimostrare tutto e il contrario di tutto. Senza dover utilizzare la negazione (anche l' esistenza di Dio, che giustamente ritieni "un caso più concreto" -o meglio: più interessante- per me).
 
Indipendentemente da quanto evidentemente affermano le regole logiche correntemente ritenute valide dai "professionisti della logica" (che a questo punto, presuntuosamente, mi permetterei di considerare errate: se i più grandi geni e le più grandi autorità in materia mi assicurassero -non: mi dimostrano logicamente e/o empiricamente- che esiste l' universo e inoltre non esiste l' universo o che la mia moto è di colore rosso e contemporaneamente è di colore blu- avrei la presunzione di non credere loro), ti sfido a convincere chiunque, con questo argomento, che 2+2=42 (e soprattutto non credo proprio che se ti dicessi di darmi 42 milioni di euro in una volta sola in cambio di 2 milioni di euro subito e altri 2 milioni di euro due minuti dopo, che tanto "così siamo pari", accondiscenderesti).
 
Anche perché allora si potrebbe dire "Se questa proposizione è vera, allora esiste Dio" e pure "Se questa proposizione è vera, allora non esiste Dio"; e pretendere che così si dimostrerebbe che entrambe le conseguenze reciprocamente contraddittorie siano vere mi sembra decisamente assurdo.
A me paiono quelle che comunemente diconsi "farneticazioni".
E infatti non credo che nessuno sia o sia mai stato credente in Dio perché convinto dalla prima di queste "argomentazioni", né che alcuno sia o sia mai stato ateo perché convinto dalla seconda.
Personalmente trovo quella dell' esistenza o meno di Dio una questione di capitale importanza e non affatto "un insulso giochino", caratteristica che, se costretto a scegliere fra i due problemi, certamente non esiterei ad attribuire piuttosto al paradosso del mentitore (per una mia insindacabile preferenza soggettiva: proprio come tu affermi, nell' altra discussione di cui sopra, di adorare gli enigmi, i paradossi e tutte le stranezze del mondo e del linguaggio, esattamente nello stesso arbitrario, soggettivo modo io invece adoro per esempio pormi il problema se Dio esiste o meno).
 
 
 
 
Ad Apeiron
 
 
Mi sembra comunque che in linea di principio un linguaggio "privato" (usato almeno per qualche tempo di fatto a scopo "raziocinativo" e non "comunicativo") possa esistere e che talora ne siano di fatto esistiti almeno per qualche tempo, sebbene comunque inevitabilmente in conseguenza dell' umana "socialità linguistica generale" per così dire, che ne è certamente conditio sine qua non, e sebbene ciò sia di fatto accaduto allo scopo di migliorare comunicazione interumana (Esperanto e affini; mentre in altri casi ciò é accaduto allo scopo di migliorare, di "disambiguare" il ragionamento, il pensiero linguistico, di assicurarne la correttezza logica: linguaggi formali come le neolingue proposte da Frege, Peano e altri; i quali in linea di princiio avrebbero anche potuto usarli privatamente per ragionare bene e non comunicarli ad atri).
 
Il solipsismo a me sembra un' ipotesi non razionalmente confutabile (non superabile razionalmente, ma solo irrazionalmente, "per fede", come ovviamente faccio anch' io) per il fatto che tutto ciò che (ci) viene (o meglio: verrebbe) comunicato (soprattutto linguisticamente) in linea meramente teorica, di principio potrebbe anche non esistere, non essere reale in quanto tale (comunicazione simbolica di pensieri "altrui") ma invece essere mero "frutto di malinteso": nulla ci garantisce in linea di principio (= pensarlo non è autocontraddittorio, ergo è logicamente corretto, ergo si tratta di possibilità teorica) che le parole che udiamo o leggiamo non siano in realtà "significanti" alcunché ma invece mere sequenze casuali di segni grafici o vocalizzi, un po' come quegli scogli che in Sardegna sembrano sculture raffiguranti degli elefanti o un po' come a prima vista un cristallo o un arcobaleno potrebbero sembrare oggetti intenzionalmente, artificialmente confezionati da artisti.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 30 Giugno 2017, 15:12:11 PM
Epicurus, capisco che le mie risposte non siano convincenti e non lo sono nemmeno per me :) come ti ho detto sarà un mio limite, però credo che per riuscire a superare l'impasse dovresti darmi una tua definizione di "sensatezza". Non tutte le proposizioni che sembrano sensate lo sono. Per me "2+2=4" non si assoccia a nulla di "reale" e quindi non è "sensato" ma semplicemente è una proposizione "valida" nel contesto della grammatica dei numeri naturali. Per un platonista matematico è sensato. "Questa frase è sensata" non mi da alcuna informazione. Cosa dovrei capire da questa frase? :) Se vuoi per me "senso=significato=informazione contenuta dalla proposizione". Se ti ho stufato, porta pazienza e non rispondermi. Sono dell'idea che certe cose non sono in grado di capirle.  

Sgiombo, un linguaggio "privato" NON è comunicabile. L'Esperanto sì. Con linguaggio privato intendo un "linguaggio che solo io comprendo". Se questo non è possibile allora il solipsimo è insensato: un solipsista non potrebbe "capire" di essere tale in quanto per capirlo dovrebbe pensare di essere un solipsista. Per pensare qualcosa è necessario esprimere un pensiero (=creare un linguaggio). Se esisto solo io non avrei necessità di comunicare: anzi non mi verrebbe nemmeno in mente di farlo, non potrei nemmeno pensare di farlo. Questo mostra come il linguaggio sia almeno un "argomento a favore" del fatto che ad un "io" si debba sempre opporre un "altro". Un linguaggio privato (=non comunicabile) riuscirebbe a ovviare questo problema in quanto sarebbe auto-referenziale. Ma senza tale linguaggio come potrebbe il solipsista essere cosciente di sé? :)

P.S. Se per linguaggio "privato" intendi un lingaggio che capisco solo io ma che riesco ad utilizzarlo per comunicare in linea di principio allora sono d'accordissimo con te che l'Esperanto lo è.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 30 Giugno 2017, 20:10:44 PM
Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 15:12:11 PM

Sgiombo, un linguaggio "privato" NON è comunicabile. L'Esperanto sì. Con linguaggio privato intendo un "linguaggio che solo io comprendo". Se questo non è possibile allora il solipsimo è insensato: un solipsista non potrebbe "capire" di essere tale in quanto per capirlo dovrebbe pensare di essere un solipsista. Per pensare qualcosa è necessario esprimere un pensiero (=creare un linguaggio). Se esisto solo io non avrei necessità di comunicare: anzi non mi verrebbe nemmeno in mente di farlo, non potrei nemmeno pensare di farlo. Questo mostra come il linguaggio sia almeno un "argomento a favore" del fatto che ad un "io" si debba sempre opporre un "altro". Un linguaggio privato (=non comunicabile) riuscirebbe a ovviare questo problema in quanto sarebbe auto-referenziale. Ma senza tale linguaggio come potrebbe il solipsista essere cosciente di sé? :)

P.S. Se per linguaggio "privato" intendi un lingaggio che capisco solo io ma che riesco ad utilizzarlo per comunicare in linea di principio allora sono d'accordissimo con te che l'Esperanto lo è.
CitazioneUn linguaggio privato è per me un linguaggio che uno di fatto usa "dentro di sé, per ragionare, e non per comunicare con altri; ma non un linguaggio che non è necessariamente comunicabile in linea di principio (il che credo non sarebbe possibile), basta che non sia comunicato di fatto; e ciò accade a tutte le lingue artificiali inventate da un solo autore (Esperanto compreso: solo Zamenhof lo comprendeva prima di proporlo al pubblico) fino al momento in cui vengono per l' appunto rese pubbliche e proposte ad altri (e non per niente ciò avviene in una lingua naturale di già pubblica, e non nelle lingua convenzionale che si propone, che evidentemente al momento è un linguaggio "privato". In un certo senso si parla del linguaggio artificiale proposto attraverso un metalinguaggio diverso da quello che si offre all' attenzione del pubblico come linguaggio oggetto).
 
Per sostenere la tua argomentazione contro il solipsismo bisogna dare per scontata una serie di conoscenze che certe non sono ma in linea teorica sono dubitabili, alcune relative alla storia naturale e alla storia umana, altre alla propria esperienza infantile durante la quale si è imparato il linguaggio da altri; in linea teorica o di principio gli altri da cui si é appreso il linguaggio potrebbero anche essere (non è contraddittorio pensare che così sia, ergo non è dimostrabile che così non sia) solo zombi senza coscienza (reali unicamente come insiemi di fenomeni nell' ambito della propria esperienza cosciente) i quali in realtà non pensano (linguisticamente) e non comunicano nulla, ma solo accidentalmente i loro suoni e scritti sono tali che vi si possono attribuire significati; cioè sembrano falsamente ma non sono (autentiche) espressioni linguistiche.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 01 Luglio 2017, 12:55:49 PM
Concordo comunque con te, caro* Apeiron, che "il linguaggio sia almeno un "argomento a favore" del fatto che ad un "io" si debba sempre opporre un "altro".

E' certamente un ottimo argomento per credere, anche se non una dimostrazione assolutamete certa, indubitabile in linea teorica o di principio a mio parere, uno dei più convincenti fra quelli per i quali ovviamente anch' io nego comunque il solipsismo.

Per me essere filosofi é anche cercare sempre "il pelo teorico o di principio", onde criticare "spietatamente" ogni credenza.

_____________
* Spero sia evdente che uso questo aggettivo letteralmente, senza alcuna ironia, come convinta espressione di apprezzamento e stima.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 02 Luglio 2017, 23:08:51 PM
Grazie sgiombo delle obiezioni (e dell'apprezzamento!) :)

Per quanto riguarda il linguaggio privato, non hai torto, può essere inteso come lo intendi tu. L'importante è chiarirsi :) (stesso discorso con epicurus... ammetto che a volte non so spiegarmi)

Sul discorso dell'argomento a favore: io credo che per qualche motivo sia una dimostrazione vera e propria (è un'intuizione). Purtroppo ci servirebbe un logico per formalizzare il tutto. Per questo motivo ritengo che anche nella filosofia è giusto rimarcare anche gli "argomenti molto forti" che non sono dimostrazioni. Però sono d'accordo con te che bisogna anche ammettere che non è una dimostrazione. 
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 03 Luglio 2017, 14:31:38 PM
Citazione di: Phil il 29 Giugno 2017, 17:18:11 PM
Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:40:40 PM
allora possiamo parlare del PM al di fuori del linguaggio di Phil ed il problema è tornato.
Certo, così come possiamo parlare della spinosa questione dell'immortalità dell'anima solo da credenti, ma per un ateo (ovvero un altro sistema di credenze) il problema non si pone ed è insensato  ;D

Citazione di: epicurus il 29 Giugno 2017, 16:40:40 PM
E poi tu proprio ora parli del linguaggio di Phil e di altri linguaggi fuori e di come si relazionano tra loro, quindi tu stai parlando fuori da qualsiasi linguaggio? Ciò sarebbe assurdo, non trovi?
Chiaramente io parlo di altri linguaggi dall'interno del mio linguaggio, non è assurdo (semmai è inevitabile  ;) ): è come parlare di altre macchine dall'interno della mia auto, dicendo "quella macchina va forte, quell'altra sta frenando, quell'altra ha il vetro sporco, quell'altra va in contromano, etc." (e ovviamente posso anche parlare della mia dal suo interno...).
(Piccola precisazione tra parentesi: come avviene in generale in logica o in filosofia, quando parlo del "linguaggio naturale" parlo del linguaggio che comprende tutti i nostri linguaggi o, semplificando, assumo l'esistenza di un singolo linguaggio di cui tutti gli altri sono equivalenti. Inoltre, io eviterei di accomunare un "sistema di credenze" con un linguaggio: sono due concetti molto diversi.)

Vedo che non riusciamo ad intenderci. Quello che voglio dire è che c'è il problema del PM. Tu dici che il problema si genera perché il PM va contro ad una regola semantica a cui non bisognerebbe mai andare contro, pena l'insensatezza. Poi ti mostro che la tua stessa proposta, anzi, l'intero dialogo che stiamo qui facendo, viola la tua regola semantica... e così siamo nell'assurdo. Da ciò si evince che la tua proposta non è una soluzione. CVD  ;D
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 03 Luglio 2017, 14:45:57 PM
Citazione di: sgiombo il 30 Giugno 2017, 10:19:25 AM
A Epicurus
Della filosofia (così intesa) fanno parte certamente anche la logica e la filosofia della matematica.
Ma la logica a me (soggettivamente) preme unicamente per gli scopi suddetti (e la matematica pura e la filosofia della matematica interessano ben poco).
[...]
Per questo, pur apprezzando il tuo zelo "quasi da missionario" nel cercare di convincermi dell' importanza dello studio dei paradossi logici nell' ambito della logica e della matematica (importanza che non ho mai messo in dubbio), non riesco a sentimene coinvolto più di tanto [...].
Non fraintendermi, io non voglio convincerti che il PM debba essere importante per te. Già in uno dei miei primi interventi, ti avevo scritto: "non è necessario che ad ognuno interessi ogni declinazione tra le infinite della filosofia".

La mia era una risposta al tuo dire che il PM è solo un giochino. No, il PM non è solo un giochino, è un problema che ha portato tante cose interessanti nello studio della matematica e della logica. Tutto qui.  ;)

Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 15:12:11 PM
Epicurus, capisco che le mie risposte non siano convincenti e non lo sono nemmeno per me :) come ti ho detto sarà un mio limite, però credo che per riuscire a superare l'impasse dovresti darmi una tua definizione di "sensatezza". Non tutte le proposizioni che sembrano sensate lo sono. Per me "2+2=4" non si assoccia a nulla di "reale" e quindi non è "sensato" ma semplicemente è una proposizione "valida" nel contesto della grammatica dei numeri naturali. Per un platonista matematico è sensato. "Questa frase è sensata" non mi da alcuna informazione. Cosa dovrei capire da questa frase? :) Se vuoi per me "senso=significato=informazione contenuta dalla proposizione". Se ti ho stufato, porta pazienza e non rispondermi. Sono dell'idea che certe cose non sono in grado di capirle.
Apeiron, figurati, non mi hai affatto stufato, anzi mi dispiace averti dato questa impressione. Il problema è che la comunicazione scritta ha molti limiti espressivi.

Tornando sul pezzo, capisco quello che vuoi dire e ammetto di essere stato troppo severo nell'interpretare le tue parole. Capisco benissimo perché tu scrivi "Questa frase è vera" è senza senso. Proviamo un altro approccio allora.  :D

Parliamo di "validità". Perché "Questa frase è vera" è valida ma "Questa frase è falsa" non è più valida. Quest'ultima frase è molto bizzarra, sicuramente è qualcosa di radicalmente diverso da "Questa frase è vera" e da "Questa ognuno triangolo no". Cos'ha il PM di così speciale?
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 03 Luglio 2017, 15:51:40 PM
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 14:31:38 PM
Quello che voglio dire è che c'è il problema del PM. Tu dici che il problema si genera perché il PM va contro ad una regola semantica a cui non bisognerebbe mai andare contro, pena l'insensatezza. Poi ti mostro che la tua stessa proposta [...] viola la tua regola semantica
Eppure non mi hai ancora spiegato "dove" accade tale violazione... o forse non hai letto i miei ultimi post  ;)
Mi pare che la mia proposta non violi la distinzione fra i tre livelli (livello "base", livello veritativo, livello assiomatico); forse quando ti ho chiesto degli esempi e poi ho (di)mostrato che questi non portavano a (auto)contraddizione, non sono stato abbastanza convincente... ma non voglio insistere oltre, anzi, grazie per le risposte  :)
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:35:15 PM
Citazione di: Phil il 03 Luglio 2017, 15:51:40 PM
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 14:31:38 PM
Quello che voglio dire è che c'è il problema del PM. Tu dici che il problema si genera perché il PM va contro ad una regola semantica a cui non bisognerebbe mai andare contro, pena l'insensatezza. Poi ti mostro che la tua stessa proposta [...] viola la tua regola semantica
Eppure non mi hai ancora spiegato "dove" accade tale violazione... o forse non hai letto i miei ultimi post  ;)
Mi pare che la mia proposta non violi la distinzione fra i tre livelli (livello "base", livello veritativo, livello assiomatico); forse quando ti ho chiesto degli esempi e poi ho (di)mostrato che questi non portavano a (auto)contraddizione, non sono stato abbastanza convincente... ma non voglio insistere oltre, anzi, grazie per le risposte  :)
Proviamo a continuare e vedere se ne veniamo a capo.  ;D

Primo livello. Aldo: Il mio gatto non ha mai fatto male a nessuno.
Secondo livello. Bruno: Aldo dice la verità perché adora il suo gatto.
Terzo livello. Carla: Bruno sta mentendo.
.
.
.
Millesimo (?) livello: Non si può predicare l'essere vero al primo livello.

Il primo problema è che non si possono limitare i livelli sintattici a priori. Perché ora io posso dire <"Non si può predicare l'essere vero al primo livello." è vero"> e ho già superato l'ultimo livello.

Secondo problema: e non si possono neppure usare un infinito numero di livelli, perché la proposizione "Il sistema a livelli semantici è vero" è una proposizione che necessariamente deve essere superiore a qualsiasi livello. Non possiamo obiettare a questo dicendo che tale proposizione è fatta da un altro linguaggio, perché posso chiedere: tale linguaggio è in qualche modo superiore al primo o sono incomparabili. Se è vera la prima, allora tale secondo linguaggio è semplicemente un modo di dire che il primo linguaggio ha altri livelli; se è vera la seconda, allora la questione è da precisare meglio, e ci sarebbe il problema in caso di riferimenti tra livelli arbitrario e si ripresenterebbe il PM.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 03 Luglio 2017, 17:19:48 PM
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:35:15 PM
Primo livello. Aldo: Il mio gatto non ha mai fatto male a nessuno.
Secondo livello. Bruno: Aldo dice la verità perché adora il suo gatto.
Terzo livello. Carla: Bruno sta mentendo.
Se, come propongo, al terzo livello ci sono gli assiomi, "Bruno sta mentendo" non può essere del terzo livello (non è un assioma), ma, predicando la verità/falsità di un'affermazione, appartiene al secondo.

Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:35:15 PM
Millesimo (?) livello: Non si può predicare l'essere vero al primo livello.
Millesimo?! I livelli, per me, sono solo tre: lo ribadisco, non sono Tarski! ;D

Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:35:15 PM
Il primo problema è che non si possono limitare i livelli sintattici a priori.
Non colgo cosa intendi con "livelli sintattici"... sinora ho parlato di livelli semantici e ne ho individuati tre che, a prima vista, mi sembrano sufficienti a gerarchizzare tutti i predicati apofantici (quindi non le battute di spirito, i giochi di parole, le esclamazioni, etc.).

Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 16:35:15 PM
Secondo problema: e non si possono neppure usare un infinito numero di livelli, perché la proposizione "Il sistema a livelli semantici è vero" è una proposizione che necessariamente deve essere superiore a qualsiasi livello.
Non deve affatto essere superiore a qualsiasi livello (fermo restando che per me i livelli non sono infiniti  ;) ): parlando del sistema nel suo insieme, appartiene al terzo livello, quello che ha per oggetto gli assiomi (del sistema in questione).

Se fossimo al "gioco dell'oca" sulla tua attuale casella sarebbe scritto "tornare alla riposta #23 (pagina 2) del topic" dove puoi leggere (come soluzione dell'incomprensione):
Citazione di: Phil il 21 Giugno 2017, 16:17:57 PM
Quindi riassumerei il tutto in: primo livello (quello che descrive gli stati di cose, gli eventi, etc. ma non il linguaggio), secondo livello (quello che parla di "valori" semantici, logici o grammaticali del linguaggio e quindi ha per oggetto altre proposizioni: essere vero o falso, corretto o sgrammaticato, etc.), terzo livello (quello che prova a parlare del linguaggio nella sua totalità).
tutto il senso dei miei post successivi ha questa tripartizione come presupposto; per cui, se proprio vuoi farti del male e perdere tempo, riparti pure da qui  ;D
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 03 Luglio 2017, 17:53:01 PM
Citazione di: epicurus il 03 Luglio 2017, 14:45:57 PM
Citazione di: sgiombo il 30 Giugno 2017, 10:19:25 AM
A Epicurus
Della filosofia (così intesa) fanno parte certamente anche la logica e la filosofia della matematica.
Ma la logica a me (soggettivamente) preme unicamente per gli scopi suddetti (e la matematica pura e la filosofia della matematica interessano ben poco).
[...]
Per questo, pur apprezzando il tuo zelo "quasi da missionario" nel cercare di convincermi dell' importanza dello studio dei paradossi logici nell' ambito della logica e della matematica (importanza che non ho mai messo in dubbio), non riesco a sentimene coinvolto più di tanto [...].
Non fraintendermi, io non voglio convincerti che il PM debba essere importante per te. Già in uno dei miei primi interventi, ti avevo scritto: "non è necessario che ad ognuno interessi ogni declinazione tra le infinite della filosofia".

La mia era una risposta al tuo dire che il PM è solo un giochino. No, il PM non è solo un giochino, è un problema che ha portato tante cose interessanti nello studio della matematica e della logica. Tutto qui.  ;)
CitazioneE' ottima cosa intendersi sulle rispettive convinzioni e intenzioni.

Non credo di aver mai affermato che "il PM è solo un giochino" in assoluto (senza ulteriori determinazioni), ma casomai che riveste un' importanza del tutto simile a un qualsiasi ingegnoso problema enigmistico personalmente per me.

Non mi sembra il caso di perdere del tempo per andare a rileggermi quanto da me scritto in questa discussione, anche perché qualora invece avessi fatto una tale affermazione mi basterebbe comunque precisare che in tal caso avrei compiuto un errore (logico?) e dunque che la mia reale opinione é concorde con la tua: si tratta (invece) di qualcosa di non affatto banale e importante nell' ambito della logica e della matematica (penso che quel che conta é per l' appunto fugare i malintesi, non tanto polemizzare per il gusto di polemizzare o rinfacciarsi a vicenda la responsabilità di non avere inteso bene).
Citazione di: Apeiron il 30 Giugno 2017, 15:12:11 PM
Epicurus, capisco che le mie risposte non siano convincenti e non lo sono nemmeno per me :) come ti ho detto sarà un mio limite, però credo che per riuscire a superare l'impasse dovresti darmi una tua definizione di "sensatezza". Non tutte le proposizioni che sembrano sensate lo sono. Per me "2+2=4" non si assoccia a nulla di "reale" e quindi non è "sensato" ma semplicemente è una proposizione "valida" nel contesto della grammatica dei numeri naturali. Per un platonista matematico è sensato. "Questa frase è sensata" non mi da alcuna informazione. Cosa dovrei capire da questa frase? :) Se vuoi per me "senso=significato=informazione contenuta dalla proposizione". Se ti ho stufato, porta pazienza e non rispondermi. Sono dell'idea che certe cose non sono in grado di capirle.
Apeiron, figurati, non mi hai affatto stufato, anzi mi dispiace averti dato questa impressione. Il problema è che la comunicazione scritta ha molti limiti espressivi.

Tornando sul pezzo, capisco quello che vuoi dire e ammetto di essere stato troppo severo nell'interpretare le tue parole. Capisco benissimo perché tu scrivi "Questa frase è vera" è senza senso. Proviamo un altro approccio allora.  :D

Parliamo di "validità". Perché "Questa frase è vera" è valida ma "Questa frase è falsa" non è più valida. Quest'ultima frase è molto bizzarra, sicuramente è qualcosa di radicalmente diverso da "Questa frase è vera" e da "Questa ognuno triangolo no". Cos'ha il PM di così speciale?
CitazioneSecondo me (da profano della logica formale; che evidentemente ha comunque un qualche interesse, sia pur limitato, anche per me personalmente) pronomi dimostrativi come "questo" o "quello" hanno senso solo se si capisce a che cosa si riferiscono.

Dunque mi pare che entrambe le frasi siano valide (corrette, sensate) se vengono appena dopo un' altra proposizione (chiamiamola "p" alla quale si riferisce il pronome "questa": " 'p'; questa frase ["p"] é vera" e " 'p'; questa frase ["p"] é falsa" (pur non potendo essere vere entrambe, comunque) secondo me hanno senso entrambe.

Ma se con "questa frase" si intende (o si pretende di intendere) autoreferenzialmente quell' unica frase, allora a me sembrano entrambe formalmente (grammaticalmente) corrette ma senza senso, sia quella che predica di se stessa la verità sia quella che predica di se stessa la falsità, dal momento che non si comprende quale sia il "contenuto" (o per l' appunto il significato) a cui attribuiscono per l' appunto la caratteristica di essere vero o di essere falso rispettivamente.

"esistono cavalli"; questa frase é vera.
"esistono ippogrifi reali (non immaginari)"; questa frase é falsa.
Sono frasi che predicano la verità e la falsità rispettivamente di qualcosa che si intende.
Ma "questa frase é vera" e "questa frase é falsa" a quale contenuto attribuiscono rispettivamente la verità e la falsità"?
Per me hanno lo stesso significato (nullo) di "x é vero" e/o "x é falso" se non mi si dice che cosa si intende per "x"



O al più si potrebbero forse intendere come tautologie:
"questa frase é vera" = "una frase vera é vera"
"questa frase é falsa = "una frase falsa é falsa"
Ma si tratterebbe comunque di attribuire arbitrariamente un significato al pronome "questo" che nelle due frasi non é inequivocabilmente precisato con certezza e univocità (da parte di chi le propone).

...Poi certamente la seconda, contrariamente alla prima, é (anche) un esempio di PM per cui se fosse vera sarebbe falsa e se fosse falsa sarebbe vera.
Ma se fosse vero o falso che?
E comunque anche la prima che cosa mi dice (di unicamente, inequivocabilmente vero oppure di unicamente, inequivocabilmente falso e dunque non paradossale)? Cioé: quali nozioni, quale "contenuto effettivo di conoscenza" mi da?
Mi pare nessuno (e infatti non vedo modo alcuno di stabilire se sia vera oppure sia falsa).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 04 Luglio 2017, 10:27:15 AM
@Phil
Scusami per i fraintendimenti, ammetto che alcune volte confondevo la tua posizione con quella di Tarski. Ci riprovo.  ;D
(Tra parentesi, prima è stato un semplice lapsus dire "livelli sintattici", quello che volevo dire era "livelli semantici".)
 
Ripartiamo allora da questa situazione:
 
P: La proposizione Q è vera.
Q: La proposizione P è falsa.
 
Entrambe sono di secondo livello e, secondo la tua teoria, non sono vietate.
 
Se P è vera, allora la proposizione P è falsa. Contraddizione. Se la proposizione P è falsa, allora la proposizione P è vera. Contraddizione. Ed eccoci di nuovo con il PM a due proposizioni.

Mi pare che sia una buona strada, per discutere la tua possibile soluzione, concentrarci su questa versione del PM.
 
@Sgiombo
Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 17:53:01 PM[...] la mia reale opinione é concorde con la tua: si tratta (invece) di qualcosa di non affatto banale e importante nell' ambito della logica e della matematica (penso che quel che conta é per l' appunto fugare i malintesi, non tanto polemizzare per il gusto di polemizzare o rinfacciarsi a vicenda la responsabilità di non avere inteso bene).
Completamente d'accordo. Anche a me interessa solo la verità e la razionalità delle tesi.
 
Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 17:53:01 PMSecondo me (da profano della logica formale; che evidentemente ha comunque un qualche interesse, sia pur limitato, anche per me personalmente) pronomi dimostrativi come "questo" o "quello" hanno senso solo se si capisce a che cosa si riferiscono.
 
Dunque mi pare che entrambe le frasi siano valide (corrette, sensate) se vengono appena dopo un' altra proposizione (chiamiamola "p" alla quale si riferisce il pronome "questa": " 'p'; questa frase ["p"] é vera" e " 'p'; questa frase ["p"] é falsa" (pur non potendo essere vere entrambe, comunque) secondo me hanno senso entrambe.
 
Ma se con "questa frase" si intende (o si pretende di intendere) autoreferenzialmente quell' unica frase, allora a me sembrano entrambe formalmente (grammaticalmente) corrette ma senza senso, sia quella che predica di se stessa la verità sia quella che predica di se stessa la falsità, dal momento che non si comprende quale sia il "contenuto" (o per l' appunto il significato) a cui attribuiscono per l' appunto la caratteristica di essere vero o di essere falso rispettivamente.
Tu proponi di abolire l'autoriferimento per escludere il PM. Il problema di questa soluzione, come già dissi, è che la matematica e l'informatica si basano sull'autoriferimento. Perché buttare via tutto l'autoriferimento che in generale non è problematico, solo perché in casi specialissimi genera il paradosso?
 
Potremmo considerare il PM contestuale indebolito già citato e chiederci che senso avrebbe vietare qui l'autoriferimento. Oppure potremmo esaminare il paradosso di Yablo, che non ha neppure l'autoriferimento.
 
Citazione di: sgiombo il 03 Luglio 2017, 17:53:01 PMO al più si potrebbero forse intendere come tautologie:
"questa frase é vera" = "una frase vera é vera"
"questa frase é falsa = "una frase falsa é falsa"
La traduzione legittima è:
"Questa frase è vera" = " 'Questa frase è vera' è vera".
"Questa frase è falsa" = " 'Questa frase è falsa' è vera".
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 04 Luglio 2017, 21:27:52 PM
Lungi da me l' intenzione di abolire l' autoriferimento dato che è fondamentale per la matematica e l'informatica (come vengo a sapere da te; e a proposito, ti ringrazio).

Quello che mi lascia perplesso, a prescindere dalla matematica e dall' informatica, é il fatto che la particolari proposizioni "questa proposizione é vera" e "questa proposizione é falsa" per il loro particolare autoriferimento (per il fatto che predicano la verità e la fasità rispettivamente di se stesse) mi risultano insensate.

Provo a spiegarti i motivi di questa mia perplessità.
Consideriamo le seguenti proposizioni:

"Esistono (realmente) cavalli".

"Esistono (realmente) montagne d' oro alte 4000 metri e con un perimetro di 15000 metri".

"In una delle 100 galassie più vicine alla nostra esiste un pianeta la cui massa é uguale a quella della nostra terra entro un' approssimazione di 20 Kg (é = a quella della nostra Terra + o - 20 Kg).

Comprendo benissimo che cosa significano (= le trovo perfettamente sensate), nel senso che so come fare (come debbano "stare le cose") per stabilire che la prima é vera e che la seconda  é falsa. E quanto alla terza probabilmente non si potrà mai stabilire di fatto se sia vera o falsa, ma in linea puramente teorica, di principio esiste un modo (teoricamente facilissimo) per stabilire se sia vera o se sia falsa, cioé si comprende benissimo come debbano "stare le cose" per stabilire se sia vera oppure falsa (basta osservare attentamente tutti i pianeti di tutte le stelle di tutte le 100 galassie più vicine alla nostra).

Invece se consideriamo la seconda delle due frasi "autoreferenziali" (quella che predica la falsità di se stessa), allora concludiamo che é paradossale, ovvero inevitabilmente contraddittoria: se é vera, allora é falsa e se é falsa allora é vera (PM); per me ciò significa che non ha senso.

E se consideriamo la prima (quella che predica di se stessa la verità non troviamo paradossi tipo PM; se é vera é vera e se é falsa é falsa.
Eppure, contrariamente alle altre tre di cui sopra (una certamente vera, una certamente falsa e la terza dubbia, incerta) non vedo alcun modo per stabilire se si vera o se sia falsa anche in linea puramente teorica, di principio; e anche questo secondo me la rende insensata: che significa? Come dovrebbero "stare le cose" affinché fosse vera e come dovrebbero "stare le cose" perché fosse falsa?
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 04 Luglio 2017, 22:56:35 PM
Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 10:27:15 AM
@Phil
Scusami per i fraintendimenti, ammetto che alcune volte confondevo la tua posizione con quella di Tarski. Ci riprovo.  ;D 
Tranquillo, a saperne (e leggerne) troppe, si fa sempre un po' di confusione ;D 


Citazione di: epicurus il 04 Luglio 2017, 10:27:15 AM
Ripartiamo allora da questa situazione:
 
P: La proposizione Q è vera.
Q: La proposizione P è falsa.
 
Entrambe sono di secondo livello e, secondo la tua teoria, non sono vietate.
Vietate no, insensate si  ;) 
Il secondo livello deve basarsi sul primo (non a caso definito "base"), pur senza comprenderlo (proprio come il secondo piano di una casa si regge sul primo senza inglobarlo). Due proposizioni di secondo livello, isolate, in quest'ottica risultano insensate perché manca il primo livello fondante (senza piano terra, non si può costruire il primo piano...).

Quindi se anche avessimo un elenco di sole frasi di secondo livello, resterebbero tutte senza senso (pur essendo sintatticamente corrette):
"P è vera; R è falsa; Q è vera; T è falsa, etc." non significano nulla se non chiariamo qual'è il rispettivo primo livello. E se quelle che dovrebbero essere il primo livello, ovvero P, R, Q e T, sono invece di secondo livello, la necessità logica e semantica del primo livello viene solo spostata oltre (oppure, se non viene individuato il primo livello, viene meno il senso del discorso...).
Parimenti due o più frasi di secondo livello che si richiamano l'un l'altra, da sole, non hanno senso: "P: Q è vera", "R: P è vera", etc. non significano nulla finché non compare qualche primo livello (in questo caso potrebbe essere Q) a fondare il senso concreto di tutti questi secondi livelli. 

Per cui, se c'è un secondo livello che ha per oggetto un altro secondo livello, come nel PM che hai formulato, manca inevitabilmente il senso, che si fonda, stando alla tripartizione proposta, sempre sul primo livello (e se questo risulta assente, la predicazione di verità/falsità a sé stante non può avere fondamento né senso).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 10 Luglio 2017, 08:48:26 AM
@epicurus,

tranquillo era per esser sicuro (concordo con te sul limite della comunicazione scritta) :) comunque "questa frase è vera/falsa" è valida (così come è valida A=A). Per questo motivo può essere usata dai calcolatori....
Quello che non riesco a capire è la sensatezza di tali frasi. Cosa c'è di "vero" (o di "falso") in "questa frase è vera?". Che informazione dovrei ottenere? Idem ma ancora peggio in un certo senso per "questa frase è sensata" (che è valida...). Che cosa mi vuole comunicare?
Se queste frasi non hanno senso, non si può parlare di verità o di falsità.

P.S. Perdona il ritardo nella risposta, ma non mi andava il PC per tre giorni la settimana scorsa e poi non mi sono accorto fino ad oggi che avevi continuato la discussione.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 10 Luglio 2017, 15:29:29 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Luglio 2017, 21:27:52 PM
Invece se consideriamo la seconda delle due frasi "autoreferenziali" (quella che predica la falsità di se stessa), allora concludiamo che é paradossale, ovvero inevitabilmente contraddittoria: se é vera, allora é falsa e se é falsa allora é vera (PM); per me ciò significa che non ha senso.

E se consideriamo la prima (quella che predica di se stessa la verità non troviamo paradossi tipo PM; se é vera é vera e se é falsa é falsa.
Eppure, contrariamente alle altre tre di cui sopra (una certamente vera, una certamente falsa e la terza dubbia, incerta) non vedo alcun modo per stabilire se si vera o se sia falsa anche in linea puramente teorica, di principio; e anche questo secondo me la rende insensata: che significa? Come dovrebbero "stare le cose" affinché fosse vera e come dovrebbero "stare le cose" perché fosse falsa?

Citazione di: Apeiron il 10 Luglio 2017, 08:48:26 AM
Cosa c'è di "vero" (o di "falso") in "questa frase è vera?". Che informazione dovrei ottenere? Idem ma ancora peggio in un certo senso per "questa frase è sensata" (che è valida...). Che cosa mi vuole comunicare?
Se queste frasi non hanno senso, non si può parlare di verità o di falsità.

In realtà capisco bene quello che state dicendo. Se metto da parte l'abito "da logico" e mi metto quello "da filosofo", anch'io vedo dei problemi linguistico-concettuali enormi in entrambe le proposizioni.

Però - e così facendo mi unisco anche con il discorso con Phil - vorrei riproporre una versione del PM già proposta (e opportunamente da me modificato):

Il giorno Y alle ore 16:00 Jones afferma:
(1) La maggior parte delle affermazioni di Nixon del giorno X dalle 12:00 alle 12:10 sono false.

Ovviamente non c'è nulla di intrinsecamente sbagliato riguardo a (1). Per determinare se (1) è vera o falsa si procede enumerando le affermazioni di Nixon del giorno X dalle 12:00 alle 12:10, e poi si verifica singolarmente il valore di verità di queste affermazioni. Supponiamo, tuttavia, che le affermazioni di Nixon in quel lasso temporale siano metà vere e metà false, eccetto per un caso problematico:

(2) Ogni cosa che Jones ha affermato il giorno Y alle 16:00 è vera.

Supponiamo, inoltre, che (1) sia l'unica affermazione che Jones afferma il giorno Y alle ore 16:00... Da ciò abbiamo che sia (1) sia (2) siano entrambe paradossali: sono entrambe vere se e solo se sono entrambe false.

(Kripke aggiunge inoltre che l'esempio di (1) ci illustra un'importante lezione: è inutile cercare un criterio intrinseco per separare – come insensate – quelle proposizioni che conducono al paradosso.)

Ecco, mi pare che questa formulazione del PM superi le obiezioni di Apeiron e di Sgiombo: questa volta le frasi sono comprensibili, non sembrano senza significato come "Io sono vera". Certo, possiamo semplicemente affermare che ogni volta che si crea un paradosso linguistico il tutto è insensato. Sono d'accordo su questo punto, nella misura nella quale non sappiamo "utilizzare" un paradosso (cioè linguisticamente non sappiamo cosa farcene di un paradosso, non sappiamo che inferenze trarre da esso), allora possiamo chiamarlo insensato, oppure potremmo limitarci a indicare l'insieme di proposizioni problematiche e dire "sono paradossali".

Phil, invece, cerca la strada formale. Perché è proprio lì che il PM si fa problematico. Infatti, il PM è un paradosso linguistico, quindi in un certo senso è innocuo "nel mondo reale". E' invece problematico nel campo dei linguaggi formali...

Quindi, Phil, come imposti, analizzi e infine risolvi questa nuova versione del PM con il tuo modello?
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 10 Luglio 2017, 20:46:17 PM
Ma io (e probabilmente anche Apeiron; ma solo lui lo può confermarlo o meno) non ho sostenuto che non possono esistere frasi comprensibili che non siano paradossali, comprendendosi dunque bene che esse sono paradossali (a cominciare del PM "classico", non solo questa qui sopra citata di Kripke).

Ho invece affermato che la frase "questa frase é vera", pur non essendo paradossale, (mi) é incomprensibile, senza senso a causa della sua autoreferenzialità: se con "questa frase" si intendesse non essa stessa bensì una qualsiasi altra frase (una seconda frase) sensata, comprensibile (l' altra, la seconda frase), allora credo che (mi) sarebbe comprensibile anche la prima ("questa frase é vera").
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 10 Luglio 2017, 22:14:32 PM
Citazione di: epicurus il 10 Luglio 2017, 15:29:29 PM
Però - e così facendo mi unisco anche con il discorso con Phil - vorrei riproporre una versione del PM già proposta (e opportunamente da me modificato):

Il giorno Y alle ore 16:00 Jones afferma:
(1) La maggior parte delle affermazioni di Nixon del giorno X dalle 12:00 alle 12:10 sono false.

Ovviamente non c'è nulla di intrinsecamente sbagliato riguardo a (1). Per determinare se (1) è vera o falsa si procede enumerando le affermazioni di Nixon del giorno X dalle 12:00 alle 12:10, e poi si verifica singolarmente il valore di verità di queste affermazioni. Supponiamo, tuttavia, che le affermazioni di Nixon in quel lasso temporale siano metà vere e metà false, eccetto per un caso problematico:

(2) Ogni cosa che Jones ha affermato il giorno Y alle 16:00 è vera.

Supponiamo, inoltre, che (1) sia l'unica affermazione che Jones afferma il giorno Y alle ore 16:00... Da ciò abbiamo che sia (1) sia (2) siano entrambe paradossali: sono entrambe vere se e solo se sono entrambe false.

[...]
Quindi, Phil, come imposti, analizzi e infine risolvi questa nuova versione del PM con il tuo modello?
Mi sembra che, calando queste proposizioni nella realtà, sorga un problema temporale: se non erro, uno dei due deve parlare necessariamente del futuro. Ad esempio:
- oggi alle ore 22 Jones dice "la maggior parte delle affermazioni di Nixon di ieri, dalle 12 alle 12:10, sono state false" (e fin qui nulla di strambo...)
- seguendo il modello del paradosso, la frase "dispari" di Nixon (quella che decide se la maggioranza delle frasi sono vere o false) dovrebbe essere stata "ogni cosa che Jones affermerà domani alle 22 sarà vera", ma tale proposizione non è apofantica bensì predittiva, quindi scopre il fianco anche alla possibilità di non essere né vera né falsa (ad esempio, nel caso il giorno seguente Jones non dica nulla alle 22...).

Ammettiamo comunque lo scenario prospettato dalle due proposizioni e supponiamo di dover decidere adesso della loro verità: Jones dice che Nixon principalmente ha detto falsità, compreso l'aver detto che egli (Jones) avrebbe detto la verità nel dire che Nixon abbia detto falsità, e così via... il circolo vizioso (Jones che discute la verità di Nixon che discute la verità di Jones, etc.), stando alla tripartizione proposta in precedenza, è tutto al "secondo livello" (come da definizione: si parla solo della verità di proposizioni) per cui la frase "futuristica" di "secondo livello" di Nixon, non è né vera né falsa, ma, il giorno dopo, si rivela insensata (perché si riferisce ad un altro "secondo livello", e abbiamo detto che ciò porta all'insensatezza ;) ). 
E se la frase "dispari" non è né vera né falsa, ma insensata, allora ne consegue che è falso che "la maggior parte delle affermazioni di Nixon di ieri, dalle 12 alle 12:10 sono state false" (perché essendo la frase "dispari" insensata, per ridondanza di "secondo livello", le altre sono metà vere e metà false). 
Tuttavia tale falsità non è paradossale, perché non contraddice la frase insensata (la contraddizione ha senso solo fra frasi sensate) che dice che Jones dirà la verità, perché appunto il dire di Nixon si riferisce ad un secondo livello che si riferisce ad un altro secondo livello, etc. che è stato assiomaticamente definita come condizione sufficiente per l'insensatezza di una proposizione, mancando di fatto il suo primo livello.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 11 Luglio 2017, 09:00:48 AM
epicurus,
una frase "paradossale" può essere comprensibile e sensata a meno che "paradossale=contraddizione", nel qual caso il senso non c'è. Peraltro mi sembra di esser d'accordo con te che "da logico" (ossia fino a quando mi interessa la sola validità) "questa frase è sensata/vera" è valida. Quello su cui mi impuntavo era la pretesa di far passare questo tipo di affermazioni come "sensate", ossia affermazioni sulla realtà. Poi sinceramente non accetto molto la questione dei "valori logici". Dire "un cavallo è un cavallo" non la definirei nemmeno  una frase vera, perchè non dice nulla. "Un cavallo è un mammifero" invece sì perchè a priori richiede una verifica e quindi può darmi informazioni.

Quindi sì secondo me hai ragione nel concentrarti (solo) sull'ambito formale. In questo caso sono totalmente d'accordo con te.

Una frase paradossale "sensata" può essere: "io sono la stessa persona ma allo stesso tempo una persona diversa di quando ero bambino".
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 11 Luglio 2017, 09:32:41 AM
Citazione di: Phil il 10 Luglio 2017, 22:14:32 PMAmmettiamo comunque lo scenario prospettato dalle due proposizioni e supponiamo di dover decidere adesso della loro verità: Jones dice che Nixon principalmente ha detto falsità, compreso l'aver detto che egli (Jones) avrebbe detto la verità nel dire che Nixon abbia detto falsità, e così via... il circolo vizioso (Jones che discute la verità di Nixon che discute la verità di Jones, etc.), stando alla tripartizione proposta in precedenza, è tutto al "secondo livello" (come da definizione: si parla solo della verità di proposizioni) per cui la frase "futuristica" di "secondo livello" di Nixon, non è né vera né falsa, ma, il giorno dopo, si rivela insensata (perché si riferisce ad un altro "secondo livello", e abbiamo detto che ciò porta all'insensatezza ;) ).
E se la frase "dispari" non è né vera né falsa, ma insensata, allora ne consegue che è falso che "la maggior parte delle affermazioni di Nixon di ieri, dalle 12 alle 12:10 sono state false" (perché essendo la frase "dispari" insensata, per ridondanza di "secondo livello", le altre sono metà vere e metà false).
Tuttavia tale falsità non è paradossale, perché non contraddice la frase insensata (la contraddizione ha senso solo fra frasi sensate) che dice che Jones dirà la verità, perché appunto il dire di Nixon si riferisce ad un secondo livello che si riferisce ad un altro secondo livello, etc. che è stato assiomaticamente definita come condizione sufficiente per l'insensatezza di una proposizione, mancando di fatto il suo primo livello.
Capisco. Ma cosa succede se cambio di una virgola la situazione e supponiamo, contrariamente a prima, che le affermazioni di Nixon in quel lasso temporale non siano più metà vere e metà false + per il caso speciale, ma siano il 8 vere, 1 falsa + il caso speciale.

Le proposizioni centrali sono le seguenti:

Jones:
(1) La maggior parte delle affermazioni di Nixon del giorno X dalle 12:00 alle 12:10 sono false.

Nixon:
(2) Ogni cosa che Jones ha affermato il giorno Y alle 16:00 è vera.

Quindi (1) è falsa e (2) è falsa. Ma se nel caso precedente dici che rimaniamo sempre al secondo livello, anche qui rimaniamo al secondo livello, giusto?

Citazione di: Apeiron il 11 Luglio 2017, 09:00:48 AM
epicurus,
una frase "paradossale" può essere comprensibile e sensata a meno che "paradossale=contraddizione", nel qual caso il senso non c'è. Peraltro mi sembra di esser d'accordo con te che "da logico" (ossia fino a quando mi interessa la sola validità) "questa frase è sensata/vera" è valida. Quello su cui mi impuntavo era la pretesa di far passare questo tipo di affermazioni come "sensate", ossia affermazioni sulla realtà. Poi sinceramente non accetto molto la questione dei "valori logici". Dire "un cavallo è un cavallo" non la definirei nemmeno  una frase vera, perchè non dice nulla. "Un cavallo è un mammifero" invece sì perchè a priori richiede una verifica e quindi può darmi informazioni.

Quindi sì secondo me hai ragione nel concentrarti (solo) sull'ambito formale. In questo caso sono totalmente d'accordo con te.

Una frase paradossale "sensata" può essere: "io sono la stessa persona ma allo stesso tempo una persona diversa di quando ero bambino".
Diciamo che a grandi linee concordiamo.
Volevo solo precisare che le tautologie e le contraddizioni sono casi speciali di proposizioni, rispettivamente, proposizioni vere a prescindere dal mondo e false a prescindere dal mondo. In questo senso si può dire che mancano di significato, ma a me pare un modo di parlare estremo ("valide ma senza significato"). Preferisco ritenere le proposizioni significati ma appartenenti al caso speciale delle tautologie, delle contraddizioni e, i casi superspeciali, dei paradossi. Le reputo comunque significanti perché posso utilizzare tali proposizioni per diversi utilizzi (al contrario delle proposizioni senza significato classiche). Ma diciamo che, a parte queste sottigliezze di linguaggio, la pensiamo allo stesso modo. ;)
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 11 Luglio 2017, 16:04:58 PM
Citazione di: epicurus il 11 Luglio 2017, 09:32:41 AM
Ma cosa succede se cambio di una virgola la situazione e supponiamo, contrariamente a prima, che le affermazioni di Nixon in quel lasso temporale non siano più metà vere e metà false + per il caso speciale, ma siano il 8 vere, 1 falsa + il caso speciale.

Le proposizioni centrali sono le seguenti:

Jones:
(1) La maggior parte delle affermazioni di Nixon del giorno X dalle 12:00 alle 12:10 sono false.

Nixon:
(2) Ogni cosa che Jones ha affermato il giorno Y alle 16:00 è vera.

Quindi (1) è falsa e (2) è falsa. Ma se nel caso precedente dici che rimaniamo sempre al secondo livello, anche qui rimaniamo al secondo livello, giusto?
La frase "speciale" di Nixon è di secondo livello (parla di verità o falsità di altre frasi) e avendo per oggetto un'altra frase di secondo livello (l'unica proferita da Jones), abbiamo una proposizione di secondo livello che parla di un altro secondo livello, quindi la frase "speciale" (2) di Nixon non è falsa, ma insensata (mancando il primo livello fondante).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 12 Luglio 2017, 08:45:52 AM
epicurus,
confermo che concordiamo su quasi tutto. Se tautologie, contraddizioni ecc sono "sensate" allora si aprirebbero importanti scenari secondo me. Per esempio si possono usare le contraddizioni per descrivere la permanenza dell'identità nel tempo! Ipotesi che ancora non ho accantonato...
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 15 Luglio 2017, 10:24:21 AM
Citazione di: Apeiron il 11 Luglio 2017, 09:00:48 AM
epicurus,
una frase "paradossale" può essere comprensibile e sensata a meno che "paradossale=contraddizione", nel qual caso il senso non c'è. Peraltro mi sembra di esser d'accordo con te che "da logico" (ossia fino a quando mi interessa la sola validità) "questa frase è sensata/vera" è valida. Quello su cui mi impuntavo era la pretesa di far passare questo tipo di affermazioni come "sensate", ossia affermazioni sulla realtà. Poi sinceramente non accetto molto la questione dei "valori logici". Dire "un cavallo è un cavallo" non la definirei nemmeno  una frase vera, perchè non dice nulla. "Un cavallo è un mammifero" invece sì perchè a priori richiede una verifica e quindi può darmi informazioni.
Citazione"un cavallo é un cavallo" é una tautologia.

Le tautologie, come anche i giudizi analitici a priori (inferenze logiche, deduzioni da premesse che esplicitano nozioni di già comprese, per quanto implicitamente, nelle premesse stesse: definizioni, assiomi, postulati), sono (affermazioni sensate e) certe (se correttamente condotte) ma "conoscitivamente sterili", se per "fecondità conoscitiva" si intende capacità di offrire conoscenze (nuove, che prima o "in partenza" non si avevano) di come é o non é la realtà di cui si discorre (e non correttezza delle deduzioni per così dire "interne al discorso").
Infatti perché le inferenze siano vere é necessario che siano vere le premesse, il che é tutto da dimostrare: le deduzione sono vere  non in assoluto, perché "così starebbero le cose reali", ma solo ipoteticamente (qualora così stiano le cose reali): se correttamente condotte sono certe, ma la loro certezza é qualcosa di "interno al discorso", mentre nessuna certezza ci danno circa come stanno o meno le cose nella realtà di cui si discorre.

"Conoscitivamente fecondi" possono essere solo i giudizi sintetici a posteriori (essi possono darci autentica conoscenza su come sono o non sono le cose reali di cui si discorre).
Ma come i giudizi analitici a priori pagano la loro certezza (se logicamente corretti) con la loro "sterilità conoscitiva, così i giudizi sintetici a posteriori pagano la loro fecondità conoscitiva (se l' hanno, se sono veri, se sono autentiche conoscenze) con la loro insuperabile incertezza.
Infatti possono essere induzioni (affermazioni generali astratte su come stanno le cose nella realtà di cui si discorre e nel suo divenire: per esempio "un cavallo é un mammifero"); ma allora come genialmente rilevato da David Hume, non possiedono affatto la caratteristica di essere indubitabili ovvero certi.
Oppure possono essere affermazioni particolari concrete di ciò che immediatamente di volta in volta empiricamente si rileva (ma allora la loro certezza é comunque effimera, per così dire "di durata infinitesima" in quanto continuamente il tempo scorre e immediatamente da constatazioni empiriche dirette si trasformano in dati mnemonici, e anche la memoria non possiede  affatto la caratteristica di essere indubitabile ovvero certa.

Conclusione: lo scetticismo non é razionalmente superabile.
Quindi sì secondo me hai ragione nel concentrarti (solo) sull'ambito formale. In questo caso sono totalmente d'accordo con te.

Una frase paradossale "sensata" può essere: "io sono la stessa persona ma allo stesso tempo una persona diversa di quando ero bambino".
CitazioneQuesta secondo me non é un paradosso.

E' invece un caso di ragionamento perfettamente ("inappuntabilmente") logico e sensato che ben dimostra la differenza di senso fra i concetti di "essere" e di "divenire" (e non, con buona pace di Severino, la -pretesa- contraddizione che sarebbe intrinseca al o propria del concetto di "divenire"): 

"io sono la stessa persona ma allo stesso tempo una persona diversa di quando ero bambino" significa "io da bambino sono diventato adulto", posto che "divenire" o "diventare" significa parzialmente, relativamente (per certi aspetti) continuare a essere "la stessa cosa", non mutare, parzialmente, relativamente (per certi altri aspetti) non continuare a essere "la stessa cosa", mutare, in una sorta di hegeliana "sintesi dialettica" fra "essere le stesse cose, essere fisso, immutabile integralmente, assolutamente" (tesi) e "non essere le stesse cose, non essere fisso, mutare integralmente, assolutamente" (antitesi).

Per questo dissento dalla tua affermazione che :

"Se tautologie, contraddizioni ecc sono "sensate" allora si aprirebbero importanti scenari secondo me. Per esempio si possono usare le contraddizioni per descrivere la permanenza dell'identità nel tempo! Ipotesi che ancora non ho accantonato..."

Per me la permanenza (relativa, parziale) dell' identità nel tempo (ovvero il divenire ordinato, che si può pure indifferentemente, identicamente, per così dire  "sinonimicamente" intendere come la non permanenza relativa, parziale dell' identità nel tempo) non ha nulla di paradossale, esattamente come la "tesi hegeliana" della permanenza integrale assoluta dell' identità nel tempo e come l' "antitesi hegeliana" del la non permanenza integrale, assoluta dell' identità nel tempo, delle quali si può considerare come una sorta di "sintesi dialettica".
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: maral il 15 Luglio 2017, 22:22:50 PM
Citazione"io sono la stessa persona ma allo stesso tempo una persona diversa di quando ero bambino" significa "io da bambino sono diventato adulto", posto che "divenire" o "diventare" significa parzialmente, relativamente (per certi aspetti) continuare a essere "la stessa cosa", non mutare, parzialmente, relativamente (per certi altri aspetti) non continuare a essere "la stessa cosa", mutare, in una sorta di hegeliana "sintesi dialettica" fra "essere le stesse cose, essere fisso, immutabile integralmente, assolutamente" (tesi) e "non essere le stesse cose, non essere fisso, mutare integralmente, assolutamente" (antitesi).
Scusa sgiombo se insisto a dire la mia, ma divenire non può significare "continuare a essere la stessa cosa", nemmeno parzialmente, perché significherebbe che quella parte di me che è diventata altro non era parte di me, dato che con essa o senza di essa resto sempre lo stesso "me". D'altra parte è ovvio che al divenire non basta presupporre che si diventi altro, ma che si diventi altro rimanendo lo stesso ed è questa l'evidente contraddizione logica insormontabile, occorre essere e al contempo non essere lo stesso!
A questo punto, per superare l'impasse, occorre ammettere una duplicità ontologica originaria nell'ente stesso. L'ente in quanto essente è immutabile tautologia, ma in quanto appare solo nel suo venire a significare si colloca oltre la sua pura tautologia e questo fa sì che tra l'essere dell'ente e il  significato in cui appare vi sia sempre uno scarto irriducibile, una contraddizione che si ripete ogni volta che si tenta di definire cosa sia quell'ente. E' nello spazio di questo scarto tra significato ed essente che il mondo ci appare e ci appare continuamente mutante nei suoi significati, poiché ogni volta che si pensa di aver fissato un significato ci si accorge che esso non coglie l'essente, qualcosa che è oltre quel significato con cui si è tentato di dire l'essente per quello che è è rimasto escluso, quindi occorre dirlo in modo diverso e quindi un altro significato viene ad apparire, mentre il precedente viene escluso. Ma, venendo escluso, esso lascia pur tuttavia un resto di sé ed è sulla base di questi resti che noi infinitamente costruiamo l'identità come una storia diveniente, come un'esistenza che tenta infinitamente, resto dopo resto, di conoscersi in un gioco di apparizioni significanti.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 16 Luglio 2017, 15:13:29 PM
Citazione di: maral il 15 Luglio 2017, 22:22:50 PM
Citazione"io sono la stessa persona ma allo stesso tempo una persona diversa di quando ero bambino" significa "io da bambino sono diventato adulto", posto che "divenire" o "diventare" significa parzialmente, relativamente (per certi aspetti) continuare a essere "la stessa cosa", non mutare, parzialmente, relativamente (per certi altri aspetti) non continuare a essere "la stessa cosa", mutare, in una sorta di hegeliana "sintesi dialettica" fra "essere le stesse cose, essere fisso, immutabile integralmente, assolutamente" (tesi) e "non essere le stesse cose, non essere fisso, mutare integralmente, assolutamente" (antitesi).
Scusa sgiombo se insisto a dire la mia, ma divenire non può significare "continuare a essere la stessa cosa", nemmeno parzialmente, perché significherebbe che quella parte di me che è diventata altro non era parte di me, dato che con essa o senza di essa resto sempre lo stesso "me". D'altra parte è ovvio che al divenire non basta presupporre che si diventi altro, ma che si diventi altro rimanendo lo stesso ed è questa l'evidente contraddizione logica insormontabile, occorre essere e al contempo non essere lo stesso!
A questo punto, per superare l'impasse, occorre ammettere una duplicità ontologica originaria nell'ente stesso. L'ente in quanto essente è immutabile tautologia, ma in quanto appare solo nel suo venire a significare si colloca oltre la sua pura tautologia e questo fa sì che tra l'essere dell'ente e il  significato in cui appare vi sia sempre uno scarto irriducibile, una contraddizione che si ripete ogni volta che si tenta di definire cosa sia quell'ente. E' nello spazio di questo scarto tra significato ed essente che il mondo ci appare e ci appare continuamente mutante nei suoi significati, poiché ogni volta che si pensa di aver fissato un significato ci si accorge che esso non coglie l'essente, qualcosa che è oltre quel significato con cui si è tentato di dire l'essente per quello che è è rimasto escluso, quindi occorre dirlo in modo diverso e quindi un altro significato viene ad apparire, mentre il precedente viene escluso. Ma, venendo escluso, esso lascia pur tuttavia un resto di sé ed è sulla base di questi resti che noi infinitamente costruiamo l'identità come una storia diveniente, come un'esistenza che tenta infinitamente, resto dopo resto, di conoscersi in un gioco di apparizioni significanti.
CitazionePer tutti i parlanti la lingua italiana "divenire" significa "cambiare, trasformarsi, passare da uno stato all'altro; il fluire della vita, della storia, l' acquistare nuova forma, qualità o stato; il farsi diverso".
 
Ovvero essere a un certo tempo relativamente, parzialmente, limitatamente (per certi aspetti) la stessa cosa, e limitatamente parzialmente, limitatamente (per certi altri aspetti) un' altra, diversa cosa" che a un certo altro tempo.
 
Determinate parti o aspetti (che erano propri) di me quand' ero bambino non ci sono più ora (che sono vecchio: nessuna contraddizione, che invece ci sarebbe se pretendessi che non ci fossero allora o che ci siano ora); ed invece ci sono ora (che sono vecchio) determinate altre parti o aspetti che sono propri dei me, i quali non c' erano ancora quando ero bambino (nessuna contraddizione, che invece ci sarebbe se pretendessi che ci fossero allora o che non ci siano ora).
 
Per intendere l' identità (parziale, relativa!) nel divenire basta semplicemente presupporre che qualcosa diventi altro (cambi, non persista ad essere come era prima) e che qualcos' altro rimanga lo stesso (non cambi, persista ad essere come era prima): nessuna affermazione che qualcosa allo stesso tempo è e non è, persiste e non persiste, diventi e non diventi altro, id est: nessuna contraddizione!
 
L' "ente" e l' "essente" non so che cosa siano (conosco l' italiano, ma non il "severinese").
 
Ma so bene che gli enti reali (che sono ciò che mi interessa considerare), prima non c' erano, per un determinato lasso di tempo ci sono, dopo nuovamente non ci saranno, senza alcuna contraddizione o "duplicità ontologica" autocontraddittoria o altro genere di preteso "impasse".
 
Inoltre rilevo che muta tutto nella realtà, non solo i significati di simboli, come ad esempio le parole (che peraltro in linea di principio sarebbe meglio non mutassero onde intendersi; e per questo ogni eventuale loro deprecabile mutamento, se ritenuto inevitabile o preferibile al non mutamento per fini pratici, deve comunque essere arbitrariamente convenuto, sancito per convenzione), anche quello che non ha alcun significato (ossia tutto ciò che non è simbolo, che costituisce gran parte della realtà).
 
Ovviamente i significati (le connotazioni) dei simboli (in particolare dei simboli verbali) sono sempre di fatto limitati, potendo anche sempre (inesauribilmente) non cogliere in linea teorica o di principio tutte le caratteristiche (che infatti in linea di principio potrebbero sempre anche essere infinite) attribuibili alle cose reali che denotano (ovviamente quando si tratta di simboli verbali eventi anche denotati reali, oltre che significati nel senso -sic!- di connotazioni).
 
 
 
Capisco ben poco di quanto scrivi, conoscendo bene l' italiano ma per nulla il severinese; tuttavia non posso esimermi dal rilevare che se queste tua parole:
 
"un altro significato viene ad apparire, mentre il precedente viene escluso. Ma, venendo escluso, esso lascia pur tuttavia un resto di sé"
 
Non sono contraddittorie, allora sicuramente non lo è nemmeno il concetto banale, "volgare" (nel senso letterale del dantesco De vulgari eloquentia) di "divenire"; mentre se -ammesso e non concesso- lo fosse il secondo, allora inevitabilmente le sarebbero anche le prime.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 16 Luglio 2017, 19:24:17 PM
sgiombo concordo con te (per ora e se ti ho capito bene  ;D ) sul discorso delle tautologie.

Non concordo con te sulla questione del divenire. Cosa è rimasto uguale a te da quando eri bambino? Risposta mia: una continuità, il processo. Non qualcosa di materiale, non è che possiamo indicare qualcosa nel tuo o nel mio corpo e dire: "questo sono io, questo non è cambiato e costituisce la mia identità". C'è solo un processo, una "vita" - questo non è cambiato. Ma ovviamente il processo cambia rimandendo se stesso.

Eraclito: "a coloro che scendono negli stessi fiumi diverse e ancora diverse acque affluiscono"  8) : le acque cambiano ma è proprio questo cambiamento delle acque che costituisce "l'identità" del fiume.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: maral il 16 Luglio 2017, 20:00:22 PM
Citazione di: sgiombo il 16 Luglio 2017, 15:13:29 PM
Per tutti i parlanti la lingua italiana "divenire" significa "cambiare, trasformarsi, passare da uno stato all'altro; il fluire della vita, della storia, l' acquistare nuova forma, qualità o stato; il farsi diverso".

Ovvero essere a un certo tempo relativamente, parzialmente, limitatamente (per certi aspetti) la stessa cosa, e limitatamente parzialmente, limitatamente (per certi altri aspetti) un' altra, diversa cosa" che a un certo altro tempo.
E' questa la frase che non ha senso logico. Se diciamo che da bambino Sgiombo era con i capelli biondi e ora gli sono diventati bianchi (a parte che non c'è una sola cellula o altro che sia rimasto lo stesso e non solo i capelli), come puoi dire che si tratta sempre dello stesso Sgiombo? O Sgiombo include i capelli biondi per essere Sgiombo, o non li include, o include le sue cellule o non le include, o è quello o è altro, non diventa da questo altro restando lo stesso. Quello "stesso Sgiombo" è solo un'immagine senza immagine che vive della presente memoria dello Sgiombo attuale ed è in questa memoria attuale che lo Sgiombo attuale trova ora dei resti di significato che egli interpreta come tracce di un percorso di cambiamento e in questo percorso sogna di riconoscersi.
Se i due Sgiombi sono diversi non c'è modo di dire che sono lo stesso, come esige l'idea di un ente (Sgiombo) che diventa altro rimanendo pur sempre lo stesso.

CitazioneL' "ente" e l' "essente" non so che cosa siano (conosco l' italiano, ma non il "severinese").
Ma è puro italiano: ente è inteso filosoficamente (fin dai tempi dei Greci) abbreviazione di essente ed essente è semplicemente qualsiasi cosa che è, participio presente del verbo essere.

CitazioneMa so bene che gli enti reali (che sono ciò che mi interessa considerare), prima non c' erano, per un determinato lasso di tempo ci sono, dopo nuovamente non ci saranno, senza alcuna contraddizione o "duplicità ontologica" autocontraddittoria o altro genere di preteso "impasse".
E questo è come il mondo appare, non come è, è il mondo nella sua fenomenologia.
CitazioneInoltre rilevo che muta tutto nella realtà, non solo i significati di simboli, come ad esempio le parole (che peraltro in linea di principio sarebbe meglio non mutassero onde intendersi; e per questo ogni eventuale loro deprecabile mutamento, se ritenuto inevitabile o preferibile al non mutamento per fini pratici, deve comunque essere arbitrariamente convenuto, sancito per convenzione), anche quello che non ha alcun significato (ossia tutto ciò che non è simbolo, che costituisce gran parte della realtà).
Muta nel diverso alludere dei significati e delle parole, nei diversi modi in cui vengono a trovarsi reciprocamente parole (segni allusivi) e cose e non può che essere così, proprio perché cose e parole sono enti sempre diversi, a distanza tra loro, ma tra loro sempre in relazione, poiché ogni cosa reclama il suo nome e ogni nome reclama la cosa senza che possa mai esservi aderenza perfetta ed è proprio solo in virtù di questo scarto che continuamente si ripete in ogni discorso che il mondo appare e appare mutando continuamente, perché il gioco non termina mai a dispetto di tutti quelli che vorrebbero fosse terminato da inalterabili definizioni.
Il mondo è nell'eterno gioco degli eterni, perché eterna è la cosa come il suo significato, mentre sempre diverso è il modo in cui si collocano le une rispetto alle altre, il modo con cui continuano a richiamarsi, a disporsi, a intrecciarsi, ma sempre mantenendosi a distanza.
Non ci sono in questo discorso sensi oscuri, prendilo alla lettera.
Quando dico che un altro significato viene ad apparire sostituendo il precedente, non dico che un significato viene ad essere dal nulla, mentre l'altro diventa nulla, non dico nemmeno che un significato diventa altro significato restando lo stesso, come Sgiombo che da bambino diventa adulto restando, non si sa rispetto a che o a chi, lo stesso Sgiombo, dico solo che significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra. E il sole può benissimo cessare fenomenologicamente di apparire dal nostro orizzonte terrestre lasciando apparire la luna senza per questo cessare ontologicamente (e logicamente) di essere e senza che la luna venga a essere dal nulla o dal sole stesso diventato luna.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 16 Luglio 2017, 21:07:42 PM
Citazione di: Apeiron il 16 Luglio 2017, 19:24:17 PM
sgiombo concordo con te (per ora e se ti ho capito bene  ;D ) sul discorso delle tautologie.

Non concordo con te sulla questione del divenire. Cosa è rimasto uguale a te da quando eri bambino? Risposta mia: una continuità, il processo. Non qualcosa di materiale, non è che possiamo indicare qualcosa nel tuo o nel mio corpo e dire: "questo sono io, questo non è cambiato e costituisce la mia identità". C'è solo un processo, una "vita" - questo non è cambiato. Ma ovviamente il processo cambia rimandendo se stesso.

Eraclito: "a coloro che scendono negli stessi fiumi diverse e ancora diverse acque affluiscono"  8) : le acque cambiano ma è proprio questo cambiamento delle acque che costituisce "l'identità" del fiume.
CitazioneA parte il fatto che io non credo di essere unicamente costituito dal mio corpo ma invece anche dal mio pensiero, fra le altre cose che non sono mutate in me ci sono alcuni tratti somatici (persistono sulla pelle della mia gamba sinistra cicatrici e nella mia clavicola destra un callo di frattura, procuratimi con cadute in bicicletta nei miei primi anni di vita), il DNA di per lo meno quasi tutte le cellule che costituiscono il mio corpo e soprattutto taluni fatti o "contenuti" fenomenici della mia esperienza cosciente, la quale -attraverso periodi di assenza, interruzioni: per esempio di sonno senza sogni- continua, sviluppandosi, a comprendere molteplici ricordi delle esperienze passate, anche di quando ero un bambino.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 16 Luglio 2017, 22:01:56 PM
Citazione di: maral il 16 Luglio 2017, 20:00:22 PM
Citazione di: sgiombo il 16 Luglio 2017, 15:13:29 PM
Per tutti i parlanti la lingua italiana "divenire" significa "cambiare, trasformarsi, passare da uno stato all'altro; il fluire della vita, della storia, l' acquistare nuova forma, qualità o stato; il farsi diverso".

Ovvero essere a un certo tempo relativamente, parzialmente, limitatamente (per certi aspetti) la stessa cosa, e limitatamente parzialmente, limitatamente (per certi altri aspetti) un' altra, diversa cosa" che a un certo altro tempo.
E' questa la frase che non ha senso logico. Se diciamo che da bambino Sgiombo era con i capelli biondi e ora gli sono diventati bianchi (a parte che non c'è una sola cellula o altro che sia rimasto lo stesso e non solo i capelli), come puoi dire che si tratta sempre dello stesso Sgiombo? O Sgiombo include i capelli biondi per essere Sgiombo, o non li include, o include le sue cellule o non le include, o è quello o è altro, non diventa da questo altro restando lo stesso. Quello "stesso Sgiombo" è solo un'immagine senza immagine che vive della presente memoria dello Sgiombo attuale ed è in questa memoria attuale che lo Sgiombo attuale trova ora dei resti di significato che egli interpreta come tracce di un percorso di cambiamento e in questo percorso sogna di riconoscersi.
Se i due Sgiombi sono diversi non c'è modo di dire che sono lo stesso, come esige l'idea di un ente (Sgiombo) che diventa altro rimanendo pur sempre lo stesso.
CitazionePerché, nel continuo ricambio degli atomi che le costituiscono, le strutture anatomiche di Sgiombo presentano una relativa continuità e persistenza, nel loro relativo e parziale mutare, da allora (un po' come la famosa nave di Teseo).

Sgiombo, che finora ha vissuto per quasi 65 anni (e spera di non morire troppo presto, ben sapendo che ciò potrebbe comunque accadere e sarebbe preferibile accettarlo serenamente) include i capelli biondi che aveva da bambino, quelli castani che ha avuto dalla pubertà ai 50 anni circa, quelli bianchi che ha adesso, senza alcuna contraddizione (che é invece ben presente, platealmente evidente nell' assurda pretesa severiniana che siano reali tutti per sempre, e quindi non in tempi diversi gli uni dagli altri, i suoi capelli biondi da bambino, quelli castani da adulto, quelli bianchi da vecchio, e perfino quelli del tutto inesistenti dopo la sua -si spera non prossima- cremazione).

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CitazioneL' "ente" e l' "essente" non so che cosa siano (conosco l' italiano, ma non il "severinese").
Ma è puro italiano: ente è inteso filosoficamente (fin dai tempi dei Greci) abbreviazione di essente ed essente è semplicemente qualsiasi cosa che è, participio presente del verbo essere.
CitazioneAllora vedi sotto:

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CitazioneMa so bene che gli enti reali (che sono ciò che mi interessa considerare), prima non c' erano, per un determinato lasso di tempo ci sono, dopo nuovamente non ci saranno, senza alcuna contraddizione o "duplicità ontologica" autocontraddittoria o altro genere di preteso "impasse".
E questo è come il mondo appare, non come è, è il mondo nella sua fenomenologia.
CitazioneQuesto vale sia per i fenomeni (ciò che appare) che -se ci sono, come credo pur essendo indimostrabile né tantomeno, per definizione, empiricamente mostrabile- per le cose (che sono) in sé o noumeno.

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CitazioneInoltre rilevo che muta tutto nella realtà, non solo i significati di simboli, come ad esempio le parole (che peraltro in linea di principio sarebbe meglio non mutassero onde intendersi; e per questo ogni eventuale loro deprecabile mutamento, se ritenuto inevitabile o preferibile al non mutamento per fini pratici, deve comunque essere arbitrariamente convenuto, sancito per convenzione), anche quello che non ha alcun significato (ossia tutto ciò che non è simbolo, che costituisce gran parte della realtà).
Muta nel diverso alludere dei significati e delle parole, nei diversi modi in cui vengono a trovarsi reciprocamente parole (segni allusivi) e cose e non può che essere così, proprio perché cose e parole sono enti sempre diversi, a distanza tra loro, ma tra loro sempre in relazione, poiché ogni cosa reclama il suo nome e ogni nome reclama la cosa senza che possa mai esservi aderenza perfetta ed è proprio solo in virtù di questo scarto che continuamente si ripete in ogni discorso che il mondo appare e appare mutando continuamente, perché il gioco non termina mai a dispetto di tutti quelli che vorrebbero fosse terminato da inalterabili definizioni.
Il mondo è nell'eterno gioco degli eterni, perché eterna è la cosa come il suo significato, mentre sempre diverso è il modo in cui si collocano le une rispetto alle altre, il modo con cui continuano a richiamarsi, a disporsi, a intrecciarsi, ma sempre mantenendosi a distanza.
Non ci sono in questo discorso sensi oscuri, prendilo alla lettera.
Quando dico che un altro significato viene ad apparire sostituendo il precedente, non dico che un significato viene ad essere dal nulla, mentre l'altro diventa nulla, non dico nemmeno che un significato diventa altro significato restando lo stesso, come Sgiombo che da bambino diventa adulto restando, non si sa rispetto a che o a chi, lo stesso Sgiombo, dico solo che significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra. E il sole può benissimo cessare fenomenologicamente di apparire dal nostro orizzonte terrestre lasciando apparire la luna senza per questo cessare ontologicamente (e logicamente) di essere e senza che la luna venga a essere dal nulla o dal sole stesso diventato luna.
CitazionePossono mutare (anche se sarebbe preferibile che non lo facessero; e comunque ogni eventuale mutamento sarebbe da stabilire per convenzione arbitraria) i significati di quelle peculiari "cose" (dette "simboli") che ne sono dotate, e non di tutte le altre che non ne sono dotate.

Non ho mai visto né sentito cose come pietre, montagne, biciclette, moto, fiumi, laghi, mari, ecc. "reclamare il proprio nome"; e moltissime di esse nell' universo non avranno mai un nome perché non verranno nemmeno prese in considerazione da soggetti di esperienza e pensiero.

Se "il mondo appare e appare mutando continuamente, perché il gioco non termina mai a dispetto di tutti quelli che vorrebbero fosse terminato da inalterabili definizioni" non é un' espressione contraddittoria, allora certamente non la é nemmeno quella che il mondo reale (apparente ed eventualmente noumenico) muta continuamente; se la fosse (ammesso e non concesso!) questa, allora certamente la sarebbe anche quella.

Idem per quanto riguarda "
Il mondo è nell'eterno gioco degli eterni, perché eterna è la cosa come il suo significato, mentre sempre diverso è il modo in cui si collocano le une rispetto alle altre, il modo con cui continuano a richiamarsi, a disporsi, a intrecciarsi, ma sempre mantenendosi a distanza",

e pure "
significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra". "significati e cose vengono via via a richiamarsi in un diverso rapporto reciproco che si presenta diversamente in ogni istante, come il sole e la terra" mi sembra severinese stretto.

Io conosco l' italiano, e so solo (che ne sia o meno la traduzione più o meno fedele) che tutte le cose divengono ma non tutte le cose hanno significati.

Il sole (come la luna) é un mero insieme di fenomeni ("esse est percipi", Berkeley), e dunque non può realmente cessare fenomenologicamente di apparire (= essere fenomeni) senza cessare di essere/accadere (ovvero esistere) realmente tout court.
Ciò che invece può continuare indefinitamente ad esistere, anche dopo la fine dell' esistenza di quella cosa reale che é il sole, é casomai quella ben diversa cosa che é costituita dal concetto di (simboleggiato dal vocabolo) "sole" che lo denota, una volta che sia stato stabilito (e purché ci sia chi lo pensi).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: paul11 il 17 Luglio 2017, 14:16:47 PM
propendo invece che l'unica tautologia sarebbe  l'archè e che tutto il resto, tutto l'universo, sarebbe deducibile e inducibile attraverso il sillogismo, da cui le inferenze e implicazioni,
Una premessa è sempre parte di una predicazione o proposizione, in cui quella che ora è premessa sarebbe stata una conclusione.

Quando Aristotele e poi Kant, pongono il problema conoscitivo nel giudizio costruiscono le categorie.
In Kant la predicazione del rapporto soggetto predicato è a priori se la predicazione ricade nel soggetto.
Non direi che i giudizi analitici o sintetici abbiano differenze epistemologiche se, come scrivi, vi fosse  un'accuratezza logica deduttiva/induttiva: tutto scorrerebbe logicamente.

Lo scetticismo ha senso come limite conoscitivo della certezza, ma non come agente conoscitivo.
 
Il problema delle identità è sulle "essenze" e non sugli "accidenti", per dirla in termini aristotelici.
Ricondotto all'uomo non può essere il suo corpo fisico l'essenza , tutto il divenire è accidenti in quanto trasformazione.
L'identità umana  risiede quindi nel SE', coscienza, anima, spirito, mente (ognuno si sceglie quel che vuole.....) non certo nelle cellule o nella biochimica
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Apeiron il 17 Luglio 2017, 14:51:17 PM
Sì nemmeno io in verità concordo con la posizione "io=corpo". Ma allo stesso tempo anche i pensieri evolvono e la stessa coscienza è non rimane uguale. Secondo me se non si trova una cosa che davvero non muta allora quella è la nostra "substantia", la nostra "essenza". Altrimenti non c'è niente che rimane uguale.

Siamo processi, non cose...
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 17 Luglio 2017, 21:10:57 PM
Citazione di: paul11 il 17 Luglio 2017, 14:16:47 PM
propendo invece che l'unica tautologia sarebbe  l'archè e che tutto il resto, tutto l'universo, sarebbe deducibile e inducibile attraverso il sillogismo, da cui le inferenze e implicazioni,
Una premessa è sempre parte di una predicazione o proposizione, in cui quella che ora è premessa sarebbe stata una conclusione.

CitazionePerò non mi risulta che nessuno (nemmeno Spinoza, che nell' Etica pensava di esservi riuscito a partire, come arché, dalla cosiddetta "prova ontologica dell' esistenza di Dio") sia riuscito a costruire un siffatto "sistema logico dell' ontologia"; che, se esistesse, dovrebbe godere di una universale condivisione del tutto simile a quella delle geometrie (le quali infatti, come "sistemi logici delle forme spaziali", possono essere criticate nei loro fondamenti, ma sono universalmente accattate).


Non direi che i giudizi analitici o sintetici abbiano differenze epistemologiche se, come scrivi, vi fosse  un'accuratezza logica deduttiva/induttiva: tutto scorrerebbe logicamente.


CitazioneSecondo me invece c' é una differenza enorme.

I giudizi analitici a priori necessitano solo di correttezza logica, essendo (di per sé; cioé a prescindere dall' eventualità che siano inferiti a partire, come premesse, da conoscenze del reale "procurate" da giudizi sintetici a posteriori) indipendenti dalla realtà quale é/accade indipendentemente dall' eventuale essere anche oggetto di pensiero (fanno parte del "mondo dei pensieri"); come le geometrie.

Invece i giudizi sintetici a posteriori (oltre a dover essere anche logicamente corretti, ovviamente) necessitano, per essere veri, anche di adeguatezza ala realtà "esterna al pensiero", quale si dà indipendentemente dall' eventuale essere anche oggetto di pensiero o meno, nel senso che devono affermare che é/accade realmente ciò di cui predicano che é/accade realmente o che non é/non accade realmente ciò di cui predicano che non é/non accade realmente, a prescindere dall' eventualità che sia anche oggetto di pensiero o meno.


Lo scetticismo ha senso come limite conoscitivo della certezza, ma non come agente conoscitivo.

CitazioneMa infatti lo scetticismo non pretende certo di dare conoscenze.


Però lo scetticismo metodico "cartesiano") é un ottimo criterio di validazione (o meno) delle conoscenze.


Il problema delle identità è sulle "essenze" e non sugli "accidenti", per dirla in termini aristotelici.
Ricondotto all' uomo non può essere il suo corpo fisico l'essenza , tutto il divenire è accidenti in quanto trasformazione.
L'identità umana  risiede quindi nel SE', coscienza, anima, spirito, mente (ognuno si sceglie quel che vuole.....) non certo nelle cellule o nella biochimica

CitazioneCredo che l' uomo non sia solo corpo (in particolare cervello) ma anche coscienza.

Ma anche che di fatto non si dia coscienza senza cervello (vivo e funzionante in determinati modi; non per esempio nel sonno senza sogni).
E che non si dia una certa determinata esperienza cosciente senza un determinato cervello con le sue determinate cellule e la sua determinata biochimica (anche se ad esso e ad esse non é riducibile e da esso e da esse non emerge né sopravviene).


Ma guarda un po' dove ci ha condotti il paradosso del mentitore!
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 17 Luglio 2017, 21:16:35 PM
Citazione di: Apeiron il 17 Luglio 2017, 14:51:17 PM
Sì nemmeno io in verità concordo con la posizione "io=corpo".
CitazioneE io pure.


Ma allo stesso tempo anche i pensieri evolvono e la stessa coscienza è non rimane uguale. Secondo me se non si trova una cosa che davvero non muta allora quella è la nostra "substantia", la nostra "essenza". Altrimenti non c'è niente che rimane uguale.

Siamo processi, non cose...
CitazioneSiamo processi e non cose.

Ma processi ciascuno con una propria identità (io sono io, tu sei tu, Paul11 é Palu11, ecc.): se c' é un' identità come processo, in divenire, allora non é che non c' é niente che rimane uguale, ma invece qualcosa rimane uguale, qualcos' altro no.

Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: paul11 il 18 Luglio 2017, 00:03:22 AM
ciao Sgiombo,
ti rispondo senza citazioni per non creare cortocircuiti visualizzativi.
Le prove ontologiche nate dal medioevo e dall'umanesimo, non mi fanno impazzire.
Preferisco ancora quella empirica di Aristotele, secondo cui la catena di cause effetti deve avere un'origine: il "motore immobile".
Ma direi con parole mie che essendo intelleggibile l'universo e linguisticamente definibile, con tutti i limiti umani, ha in sè un principio ordinativo che ci permette di leggerlo di argomentarlo, di relazionarlo.

Ritengo che la dialettica di Hegel sia superiore al pensiero kantiano.
E' superiore perchè non esiste ontologicamente una realtà in sè e per sè o un pensiero in sè e per sè.:questo è l'errore epistemologico.
C'è sempre un agente conoscitivo e se i giudizi e le categorie nascono proprio per convalidare le conoscenze, non si capisce come si possa sostenre un'ontologia senza un'epistemologia e relativa fenomenologia.
In altri termini, se un fenomeno si dà ai miei sensi e per Kant essendo esperienza è un giudizio sintetico a posteriori, non si capisce cosa il pensiero possa pensare se non dalle proprie esperienze. 
Allora il problema è che i giudizi a priori analitici e a posteriori neì sintetici devono intersecarsi nel concreto della realtà che diventa pensiero astratto. Un' astrazione che non si relaziona ad una realtà può essere una fantasia, così come una realtà che non diventa pensiero è niente se non è portata nel giudizio dell'intelletto.

Una metafora sull'identità.
una casa è un immobile, l'arredamento sono i mobili: la coscienza è il contenitore della conoscenza, dell'esperienza e matura in funzione dei livelli di conoscenza.

Il paradosso del mentitore  nasce dai filosofi ,ma proprio perchè si accorgono che se la conoscenza si esplica linguisticamente il pensiero o si traduce in una contraddizione o il linguaggio non sa esprimere il pensiero. L'esigenza di relazionare il pensiero e il linguaggio costruirà la logica predicativa con le prime regole formali in Aristotele ,così come la logica proposizionale degli stoici.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 18 Luglio 2017, 11:34:22 AM
Citazione di: paul11 il 18 Luglio 2017, 00:03:22 AM
ciao Sgiombo,
ti rispondo senza citazioni per non creare cortocircuiti visualizzativi.
Le prove ontologiche nate dal medioevo e dall'umanesimo, non mi fanno impazzire.
Preferisco ancora quella empirica di Aristotele, secondo cui la catena di cause effetti deve avere un'origine: il "motore immobile".
Ma direi con parole mie che essendo intelleggibile l'universo e linguisticamente definibile, con tutti i limiti umani, ha in sè un principio ordinativo che ci permette di leggerlo di argomentarlo, di relazionarlo.
CitazioneChe dell' universo si possa parlare, e che sia anche in qualche limitata misura conoscibile (a certe condizioni indimostrabili) sono perfettamente d' accordo, sembra del tutto evidente anche a me.

Ma, a parte la questione dell' "arché", concetto col quale non comprendo bene che cosa tu intenda, non mi pare che nessuno sia mai stato in grado di dimostrare "che l'unica tautologia sarebbe l'archè [?] e che tutto il resto, tutto l'universo, sarebbe deducibile e inducibile attraverso il sillogismo, da cui le inferenze e implicazioni".
Nessuno a mio parere è mai riuscito a dedurre l' universo da alcuna premessa, anche se i filosofi della tradizione "razionalistica" come Cartesio, Malebranche e Spinoza (se la loro "prova ontologica" può rientrare nel per me oscuro concetto di "arché") ci hanno in qualche misura, per qualche aspetto provato; le loro filosofie hanno subito molte critiche, di fatto oggi non sono che interessantissimi (e comunque geniali) argomenti di storia della filosofia, e non presentano per nulla quella indiscussa correttezza logica e la conseguente criticamente analizzabile ma non rifiutabile accettazione che tutti riconoscono alle geometrie.



Ritengo che la dialettica di Hegel sia superiore al pensiero kantiano.
E' superiore perchè non esiste ontologicamente una realtà in sè e per sè o un pensiero in sè e per sè.:questo è l'errore epistemologico.
C'è sempre un agente conoscitivo e se i giudizi e le categorie nascono proprio per convalidare le conoscenze, non si capisce come si possa sostenre un'ontologia senza un'epistemologia e relativa fenomenologia.
In altri termini, se un fenomeno si dà ai miei sensi e per Kant essendo esperienza è un giudizio sintetico a posteriori, non si capisce cosa il pensiero possa pensare se non dalle proprie esperienze.
Allora il problema è che i giudizi a priori analitici e a posteriori neì sintetici devono intersecarsi nel concreto della realtà che diventa pensiero astratto. Un' astrazione che non si relaziona ad una realtà può essere una fantasia, così come una realtà che non diventa pensiero è niente se non è portata nel giudizio dell'intelletto.

Una metafora sull'identità.
una casa è un immobile, l'arredamento sono i mobili: la coscienza è il contenitore della conoscenza, dell'esperienza e matura in funzione dei livelli di conoscenza.

Il paradosso del mentitore  nasce dai filosofi ,ma proprio perchè si accorgono che se la conoscenza si esplica linguisticamente il pensiero o si traduce in una contraddizione o il linguaggio non sa esprimere il pensiero. L'esigenza di relazionare il pensiero e il linguaggio costruirà la logica predicativa con le prime regole formali in Aristotele ,così come la logica proposizionale degli stoici.
CitazioneDissento completamente.

Innanzitutto credo che la conoscenza della realtà sia inevitabilmente limitata (non credo esista un Dio onnisciente); e dunque credo che una (parte della) realtà non pensata possa benissimo esistere e di fatto esiste (ontologicamente).
Casomai non può (per definizione) esistere una realtà (che sia) conosciuta, una conoscenza della realtà (una realtà che "esista gnoseologicamente", se vogliamo).

Inoltre non mi pare proprio che Kant (ma anche altri: e Kant pure più di tanti altri) fondi la sua ontologia senza una preliminare, discutibile ma certamente "robusta", tutt' altro che inconsistente, epistemologia (o critica razionale della conoscenza), né che neghi -anzi!- la realtà fenomenica.

Non vedo inoltre alcun problema nel fatto che i fenomeni si danno ai sensi (cioè sono costituti da sensazioni o apparenze sensibili: mera tautologia) e che inoltre possano essere pensati ed essere oggetto di conoscenza, costituita da giudizi sintetici a posteriori: perché mai tutto ciò non dovrebbe essere possibile o comunque dovrebbe essere in qualche modo problematico?

Che poi di fatto, nella realtà pensiamo sia analiticamente a priori sia sinteticamente a posteriori, ossia integriamo nei nostri ragionamenti più o meno astratti e nella nostra conoscenza i due tipi di giudizi mi sembra pacifico: anche qui non scorgo alcun problema.
Né ne colgo nel fatto che Un' astrazione che non si relaziona ad una realtà può essere una fantasia (e può anche essere una convinta credenza falsa), così come una realtà che non viene colta e sottoposta a predicazione dal pensiero non è conoscenza; che non è conoscenza se non è portata nel giudizio (dell'intelletto?).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: paul11 il 18 Luglio 2017, 14:17:31 PM
Archè è un termine greco che significa origine, principio.
Ho scelto questo termine agli albori della filosofia per lasciare ad ognuno la propria interpretazione.

Ho già scritto, non più di qualche tempo fa, che la cosmologia e la fisica delle particelle della scienza  contemporanea seguono questo tracciato filosofico, nel processo razionale
Lo scibile universale dei diversi domini sono analogici fra loro, proprio come il nostro cervello lo è con l'universo.
La teoria del big bang cosmologica, ha permesso di rilevare,abbastanza recentemente, l'onda  fossile gravitazionale , attraverso deduzione e induzione.
La teoria delle particelle ha permesso di rilevare il bosone di Higgs al Cern di Ginevra.

Semplicemente perchè le due teorie sono un modello rappresentativo razionale costruito sulle condizioni delle quattro "forze" universali agenti che modellano materia ed energia e la costruzione del modello fisico delle particelle è costruito su equilibri energetici.
Significa che non bisogna scoprire ,ma rilevare, il che comporta  che la prova ontologica(il bosone di Higgs e l'onda fossile gravitazionale), conferma il modello e viceversa.
Qualora si rilevassero delle difformità tali ,con le  scoperte, allora il modello andrebbe rimodificato  rimodulato,rivalutato razionalmente sempre secondo una logica deduttiva induttiva con impiego ovviamente della matematica.

Quindi un processo di conoscenza è l'insieme dei particolari fra loro relazionati che attraverso i procedimenti  di analisi e sintesi permettono la costruzione di un "insieme", di un modello rappresentativo che permette di collegare, relazionare, correlare, fra loro i diversi fenomeni del sensibile con il pensiero astratto attraverso gli strumenti propri linguistici di quel dominio.
Perchè è chiaro che la semantica specialistica del fisico non è propriamente quella del filosofo, ma le analogie sono simili nel tessuto sintattico, ovvero nei principi e regole che governano il mondo fisco e quello del pensiero.La difficoltà è rendere linguisticamente accessibile il pensiero che "aggancia" con la parola, la predicazione e la proposizione il fenomeno, l'ontologico per portarlo alla conoscenza epistemologica attraverso un processo razionale.

Allora l'archè è il principio, l'origine; le  quattro forze sono le regole e le condizioni sintattiche, l'energia e la materia sono le semantiche fenomenologiche plasmate dalle forze, per cui ciò che appare è dentro un dominio fisco .
Ma analogicamente quella sintassi e semantica è deducibile e inducibile dal movimento dialettico del pensiero che relaziona il fenomeno nell'ontologia razionale, ponendosi altre tipologie di domande, in quanto il fenomeno"appare"e "scompare", per cui la filosofia apre ad un altro tipo di dominio che è quello proprio del pensiero astratto ",kantianamente" si passa dal giudizio sintetico a posteriori dell'esperienza, al giudizio analitico a priori del pensiero che si pensa; hegelianamente il processo dialettico correla il dominio del concreto fisico con l'astratto del pensiero attraverso la coscienza che media la conoscenza come agente conoscitivo razionale.

La parte in cui dissenti completamente l'hai mal interpretata.
Kant sta ad Aristotele ,come Hegel sta a Platone.
Kant nelle sue opere ,dice espressamente che vorrebbe "scientificizzare "la filosofia e segue quindi il percorso più empirico che è quello aristotelico in cui la conoscenza  è data dal pensiero , per cui il giudizio necessita di categorie.
Kant, a grandi linee, segue lo stesso procedimento e costruisce dodici categorie suddivise in quattro gruppi (se non ricordo male).
Si rende conto con "l'appercezione trascendentale" che entra in gioco  il soggetto conoscitivo quel io penso".
La soggettività, se l'intento era rendere scientifica la filosofia, cozza con l'oggettività di quel tempo culturale.
Hegel, per dirla breve , inserisce  la coscienza individuale nel movimento del pensiero dialettico.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PM
Vedo che si sta andando molto offtopic. Riprendo la questione:

Citazione di: Phil il 11 Luglio 2017, 16:04:58 PM
Citazione di: epicurus il 11 Luglio 2017, 09:32:41 AM
Ma cosa succede se cambio di una virgola la situazione e supponiamo, contrariamente a prima, che le affermazioni di Nixon in quel lasso temporale non siano più metà vere e metà false + per il caso speciale, ma siano il 8 vere, 1 falsa + il caso speciale.

Le proposizioni centrali sono le seguenti:

Jones:
(1) La maggior parte delle affermazioni di Nixon del giorno X dalle 12:00 alle 12:10 sono false.

Nixon:
(2) Ogni cosa che Jones ha affermato il giorno Y alle 16:00 è vera.

Quindi (1) è falsa e (2) è falsa. Ma se nel caso precedente dici che rimaniamo sempre al secondo livello, anche qui rimaniamo al secondo livello, giusto?
La frase "speciale" di Nixon è di secondo livello (parla di verità o falsità di altre frasi) e avendo per oggetto un'altra frase di secondo livello (l'unica proferita da Jones), abbiamo una proposizione di secondo livello che parla di un altro secondo livello, quindi la frase "speciale" (2) di Nixon non è falsa, ma insensata (mancando il primo livello fondante).
Capisco. Secondo me la tua proposta di soluzione del PM ci spinge troppo in là. Cioè per risolvere un problema microscopico (come frequenza, intendo), proponi una teoria linguistica che ha dei risultati "brutti". Un primo risultato è l'inutilizzabilità dei connettivi logici, che sostanzialmente ci priva della logica. Il secondo risultato è che ci porta a conseguenze scomode, come il ritenere insensata la proposizone (2) di Nixon. Forse è più comodo, come dicevo in un altro mio post, dire: lasciamo tutto così com'è, e quando troviamo un paradosso linguistico semplicemente ammettiamo la paradossalità di questo e riconosciamo la cosa come anomalia linguistica, una situazione dove il linguaggio fallisce.

Una curiosità. La proposizione "Questa proposizione è dimostrabile" di che livello è? Come la tratti?


Un'ultima domanda. Consideriamo la proposizione: La teoria di Phil è falsa.
E' corretto dire che tale proposizione, in quanto al fatto che si riferisce alla tua teoria nella totalità, appartiene al terzo livello? Se così fosse, non si ripresenterebbe il paradosso?
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 18 Luglio 2017, 17:38:55 PM
Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PM
per risolvere un problema microscopico (come frequenza, intendo), proponi una teoria linguistica che ha dei risultati "brutti".
La tripartizione proposta non è "architettata" ad hoc per il PM; è solo un tentativo strutturato di esplicitazione della differenza fra sensato e insensato, che prova a spiegare in modo vagamente formale cosa c'è "dietro" quando qualcuno (fra cui anche Sgiombo e Apeiron, se non erro) parlano di "proposizione insensata" (senza che io li abbia corrotti per farlo... ;D ). In generale, tale tripartizione mi pare funzionare ancora meglio nei casi non paradossali (mi hai spinto a mettere per iscritto, chiarendomela, una procedura implicita dei miei ragionamenti... grazie!).

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PMUn primo risultato è l'inutilizzabilità dei connettivi logici, che sostanzialmente ci priva della logica.
Perché i connettivi logici non sono più utilizzabili? Si tratta di restringere la loro applicazione alle proposizioni sensate, di usarli in modo teoreticamente selettivo,  il che, a prima vista, non mi sembra "brutto" ma "saggio" ;)

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PMIl secondo risultato è che ci porta a conseguenze scomode, come il ritenere insensata la proposizone (2) di Nixon.
Perché "scomoda"? Fare i conti con l'insensatezza, con i falsi problemi, con una sana pars destruens, mi pare funzionale all'esigenza di rigore logico... il campo in cui "tutto va bene" e "ogni frase è sensata" è la poesia  ;D 

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PM
Forse è più comodo, come dicevo in un altro mio post, dire: lasciamo tutto così com'è, e quando troviamo un paradosso linguistico semplicemente ammettiamo la paradossalità di questo e riconosciamo la cosa come anomalia linguistica, una situazione dove il linguaggio fallisce.
Il linguaggio non deve fallire per forza nel caso del PM, almeno finché resta duttile e produttivo (infatti con la suddetta tripartizione non fallisce  ;) ).

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PM
Una curiosità. La proposizione "Questa proposizione è dimostrabile" di che livello è? Come la tratti?
Direi che è di secondo livello (predica una "caratteristica" di un'altra proposizione), ma in assenza di un primo livello resta (per adesso) insensata...

Citazione di: epicurus il 18 Luglio 2017, 15:55:27 PM
Un'ultima domanda. Consideriamo la proposizione: La teoria di Phil è falsa.
E' corretto dire che tale proposizione, in quanto al fatto che si riferisce alla tua teoria nella totalità, appartiene al terzo livello?
[A.s. (ante scriptum ;D )
Si può davvero dire di una teoria (parlando con precisione) che sia falsa? Una frase può esserlo, ma una teoria non saprei... per "falsa" intendi che "non funziona internamente" (ovvero è incoerente) oppure che non descrive adeguatamente la realtà (ovvero è un modello inefficace)?]

Quella proposizione si riferisce ad una teoria nella sua totalità, ma non "dall'interno", come fanno gli assiomi (che devono essere in quanto tali sempre veri), bensì "dall'esterno" (la "teoria di Phil" non potrebbe avere come assioma quella proposizione); per cui è una frase di secondo livello (predica la "falsità", anche se resta da chiarire di che tipo di falsità si tratti...) il cui primo livello è "la teoria di Phil" (ciò di cui viene predicato la falsità).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: sgiombo il 18 Luglio 2017, 21:37:32 PM
A Paul11

Scusa, ma allora forse ti avevo frainteso.
MI sembrava che sostenessi che da un principio originario si potesse dedurre tutto lo scibile umano, poi confermato di fatto anche dalle osservazioni empiriche (in una sorta di "armonia prestabilita" fra deduzione e induzione).
 
Ora invece mi sembra di capire che tu sostenga che la conoscenza scientifica (che per me non esaurisce tutto lo scibile umano) si fonda sull' induzione da osservazioni empiriche (che credo verace, se correttamente condotta e non falsificata da ulteriori osservazioni empiriche, ma indimostrabile: Hume!), ipotesi teoriche e verifiche empiriche delle loro conseguenze osservabili.
Se è così, allora sono d' accordo.
 
Ma non capisco che cosa sia di fatto l' arché (principio ontologico, come credo, oppure epistemologico: qual' è, in che cosa consiste?) e inoltre in che rapporti stia con la conoscenza scientifica.
Forse l' arché consiste nell' analogia "prestabilita" dei diversi domini dello scibile universale, proprio come il nostro cervello lo sarebbe (ma non vedo proprio come) con l'universo?
Questa mi sembra una pretesa aprioristica non confermata.
Per esempio quali sarebbero le analogie fra cosmologia (fisica), evoluzione biologica (filogenesi), sviluppo epigenetico dei singoli organismi (ontogenesi; e in particolare sviluppo -diverso a seconda delle diverse esperienze individuali- del cervello di quei viventi -una parte relativamente esigua degli animali- che ne sono dotati), al di là di un generico "divenire ordinato secondo regole o leggi universali e costanti" (a mio parere riducibili -tutte- a quelle della fisica – chimica)?
Ma se invece per esso intendi le "quattro "forze" universali agenti che modellano materia ed energia e la costruzione del modello fisico delle particelle è costruito su equilibri energetici", allora questa mi sembra semplicemente una serie di astrazioni a partire dalla conoscenza scientifica empiricamente confermata o non falsificata.
Astrazioni su come é il mondo materiale - naturale conosciuto a posteriori e non dedotto apriori da alcun "principio originario"
 
Non comprendo comunque in che relazioni stiano fra loro la (pretesa) "prova ontologica" (che per me è in realtà una mera tautologia -ciò che è reale è reale- che non dice nulla su come o che cosa sia o non sia ciò che è reale), il bosone di Higgs e l'onda fossile gravitazionale, a conferma del modello (quale? Quale modello -e come?- integrerebbe cose così disparate come la "prova ontologica" e la cosmologia corrente? Che peraltro non è affatto provata al di là di ogni dubbio e personalmente non mi convince per niente) e viceversa.
 

Non riesco nemmeno a comprendere come si possa ("Kantianamente?!?!?!) passare dal giudizio sintetico a posteriori dell'esperienza, al giudizio analitico a priori del pensiero che si pensa; a me sembra che l' uno non derivi dall' altro né viceversa (anche se ovviamente nei ragionamenti essi possono integrarsi, applicandosi in successione, l' un l' altro, e altrettanto ovviamente il pensiero può astrarre dal concreto fisico).
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: paul11 il 18 Luglio 2017, 22:15:44 PM
No Sgiombo,
ora fraintendi altro. 
Ma per rispetto a Epicurus, essendo davvero off topic rispetto all'argomentazione del topic, ,chiudo quì
Quindi ti chiedo scusa, avremo sicuramente modo in altre discussioni di parlarne.
ciao
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AM
@Paul
Grazie mille. ;)


@Phil
Ovviamente, come ben sai, il mio obiettivo non è certo trovare una teoria in cui "tutto è sensato".

Dici che la tua teoria del linguaggio l'hai introdotta per proporre una teoria generale di demarcazione tra sensatezza e insesantezza. In che altri casi, oltre alle varie forme del PM, getta una luce nuova e proficua sullo discriminare sensatezza e insensatezza? A me pare che la tripartizione non spieghi perché "Ciò le saltare quindi Mario", "Perché esiste qualcosa anziché nulla", o altre insensatezze banali o filofofiche siano insensate.

Il problema è che non si capisce perché i connettivi logici standard non possono essere usati così. Non è proficuo legare la pertinenza alla sensatezza. Se dico "Il mio bicchiere è rosso e Carlo piange", perché dovrebbe essere insensato solo perché le due cose sono slegate? (E come sappiamo che siano slegate? Magari c'è una ragione che lega il piano di Carlo e il fatto che il mio bicchiere sia rosso.)
La tua proposta renderebbe insensata tutta la logica attuale. E, senza volerti mancare di rispetto, penso che sia più utile e importante tutta la logica finora prodotta che la tua teoria tripartitiva.

Idem per la matematica. "Questa proposizione è dimostrabile" è esprimibile sensatamente nel linguaggio matematico (lo fece Goedel per dimostrare i suoi celeberrimi teoremi, tramite il processo di "goedelizzazione"), quindi la tua proposta avrebbe serie e nefaste conseguenze anche verso la matematica.

Riguardo il caso di Nixon, invece:

Jones: (1) La maggior parte delle affermazioni di Nixon del giorno X dalle 12:00 alle 12:10 sono false.
Nixon: (2) Ogni cosa che Jones ha affermato il giorno Y alle 16:00 è vera.

Nel caso le affermazioni di Nixon (in quel particolare lasso temporale) fossero per la maggior parte vere, le proposizioni (1) e (2) sarebbero semplicemente false. Con la tua teoria sarebbero insensate. Ok, ma perché? Secondo la logica ordinaria sono false. Se non ci sono problemi con la logica ordinaria, non vedo perché fare delle inutili correzioni.

Per finire, potrei scrivere "La teoria di Phil è inconsistente".
Non capisco perché questa non dovrebbe essere di terzo livello. Avevi scritto che le proposizioni che parlano della teoria nella sua interezza sono di terzo livello. Ora distingui parlare della teoria da fuori o da dentro. Però mi pare che parlarne da fuori richiederebbe in caso un livello superiore, non uno inferiore. Tu stesso avevi detto che si poteva parlare di verità e falsità anche al terzo livello. Quindi a me pare lecito averla al terzo livello, anche perché la teoria non è di primo livello, ma di terzo...
Inoltre, anche se fosse al secondo livello, sarebbe sensata (tu stesso ammetti che avrebbe un primo livello a cui riferirsi), ma si ricadrebbe comunque nel PM.
Titolo: Re:Ambiguità di fondo di tutti i paradossi del mentitore.
Inserito da: Phil il 19 Luglio 2017, 16:10:16 PM
Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AM
Dici che la tua teoria del linguaggio l'hai introdotta per proporre una teoria generale di demarcazione tra sensatezza e insesantezza.
Suvvia, non prendermi per un ambizioso riformatore della logica (figuriamoci!), sono solo un forumista! ;D
Non a caso non parlo di "teoria generale" ma di "tentativo strutturato [...] vagamente formale"(autocit.), etc.

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AMA me pare che la tripartizione non spieghi perché "Ciò le saltare quindi Mario", "Perché esiste qualcosa anziché nulla", o altre insensatezze banali o filofofiche siano insensate.
La famigerata tripartizione, come avrai notato, è su base semantica; il problema di "Ciò le saltare quindi Mario" è invece principalmente sintattico (articolo femminile plurale prima del verbo all'infinito, "quindi" non è seguito da un verbo, nemmeno implicito, etc.): per questo chiunque capisce che è una frase insensata, ma invece non tutti ritengono il PM insensato (perché in tal caso la questione non è meramente sintattica  ;) ).
Sulla seconda proposizione-domanda, non credo possa essere ritenuta oggettivamente insensata (come la prima), magari è mal posta o troppo vaga, ma il suo senso, almeno formale, mi sembra averlo...

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AM"Il mio bicchiere è rosso e Carlo piange", perché dovrebbe essere insensato solo perché le due cose sono slegate? (E come sappiamo che siano slegate? Magari c'è una ragione che lega il piano di Carlo e il fatto che il mio bicchiere sia rosso.)
La tripartizione proposta non dice affatto che quelle due proposizioni sono insensate: sono semplicemente due proposizioni di primo livello unite da un connettivo.
E' un'interpretazione personale ritenerle insensate e, come ogni interpretazione, può variare se vengono forniti nuovi elementi (magari Carlo è stato appena lasciato dalla donna che amava il cui colore preferito era il rosso...).

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AM
La tua proposta renderebbe insensata tutta la logica attuale.
Eppure, nel mio piccolo, anche grazie a te, mi sono reso conto di usarla (almeno negli ambiti che le competono) senza risultare illogico (spero... ;D ).

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AME, senza volerti mancare di rispetto, penso che sia più utile e importante tutta la logica finora prodotta che la tua teoria tripartitiva.
Su questo non ci piove, non scherziamo!  ;D
Quella tripartizione è solo una "procedura implicita nei miei ragionamenti"(autocit.).

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AM
Idem per la matematica. "Questa proposizione è dimostrabile" è esprimibile sensatamente nel linguaggio matematico (lo fece Goedel per dimostrare i suoi celeberrimi teoremi, tramite il processo di "goedelizzazione"), quindi la tua proposta avrebbe serie e nefaste conseguenze anche verso la matematica.
Per mancanza di nozioni, non colgo cosa quella proposizione abbia a che fare con la matematica, e in che senso sia "esprimibile sensatamente nel linguaggio matematico"(cit.), ma ammetto tutta la mia ignoranza sul processo di "goedelizzazione"...


Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AM
Riguardo il caso di Nixon, invece:

Jones: (1) La maggior parte delle affermazioni di Nixon del giorno X dalle 12:00 alle 12:10 sono false.
Nixon: (2) Ogni cosa che Jones ha affermato il giorno Y alle 16:00 è vera.

Nel caso le affermazioni di Nixon (in quel particolare lasso temporale) fossero per la maggior parte vere, le proposizioni (1) e (2) sarebbero semplicemente false. Con la tua teoria sarebbero insensate.
Come ho già scritto, sarebbe insensata solo la 2, mentre la 1 sarebbe falsa...

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AMSecondo la logica ordinaria sono false. Se non ci sono problemi con la logica ordinaria, non vedo perché fare delle inutili correzioni.
Non correzioni, ma semmai cambi di interpretazione.. e perché negarsi la possibilità di un'altra prospettiva?

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AM
Per finire, potrei scrivere "La teoria di Phil è inconsistente".
Non capisco perché questa non dovrebbe essere di terzo livello. Avevi scritto che le proposizioni che parlano della teoria nella sua interezza sono di terzo livello.
Quella proposizione non è di terzo livello, perché il terzo livello è degli assiomi; quindi, si, parlano di un'intera teoria (quella di cui sono assiomi), ma solo dall'interno. Altrimenti, come da definizione, se si parla di verità o falsità di un primo livello ("la teoria di Phil") si ha una frase di secondo livello.

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AMOra distingui parlare della teoria da fuori o da dentro.
L'avevo già fatto in precedenza, almeno un paio di volte, se ben ricordo  ;)

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AMQuindi a me pare lecito averla al terzo livello, anche perché la teoria non è di primo livello, ma di terzo...
La teoria, così intesa, è di primo livello; di terzo livello sono i suoi assiomi singolarmente... "la relatività di Einstein" è un primo livello (proprio come se dicessi "la tovaglia della cucina") di cui possiamo predicare usando il secondo livello, aggiungendo "non me la ricordo più!" (ebbene si, anche il ricordare presuppone un primo livello!).

Citazione di: epicurus il 19 Luglio 2017, 11:01:09 AMInoltre, anche se fosse al secondo livello, sarebbe sensata (tu stesso ammetti che avrebbe un primo livello a cui riferirsi), ma si ricadrebbe comunque nel PM.
Non vedo il PM in "La teoria di Phil è inconsistente": dov'è il paradosso?
Se dicessi "la geometria euclidea è coerente" sarebbe formalmente la stessa cosa: un secondo livello ("è coerente") che parla di un primo livello ("la geometria euclidea").
Parimenti, dire dall'esterno che una teoria è inconsistente, è un secondo livello che non ha nulla di paradossale... lo sarebbe se fosse un suo assioma ad affermarlo dall'interno, ma difficilmente una teoria avrà un assioma che afferma la sua inconsistenza  ;)