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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: viator il 25 Dicembre 2017, 19:14:22 PM

Titolo: Anima, Spirito, Mente
Inserito da: viator il 25 Dicembre 2017, 19:14:22 PM
Niente definizioni chiare (non importa se "sballate"), niente discussioni chiare. Non chiedendo di condividerle, vediamo comunque le eventuali reazioni alle mie definizioni di ANIMA, SPIRITO, MENTE.

L'ANIMA è la FORMA (***) interiore, intrinseca delle cose. E' ciò che fa essere sé stessa quella tal cosa. Essa è presente in tutto ciò che è ""inanimato"" ed animato.

SPIRITO è termine che viene usato per riferirsi ad un'anima (una forma, appunto) talmente evoluta, complessa, da aver sviluppato la capacità di volere. Quindi va riservato ai viventi o a degli enti in grado di agire autonomamente. Lo spirito è presente solo nel mondo cosiddetto "animato".

La MENTE è una funzione cerebrale sviluppatasi in anime provviste di spirito per permettere - oltre a quello del volere - l'esercizio dell'intendere (il capire - la prima cosa che la mente intende è il SE', quindi la sua esistenza presuppone l'aver sviluppato una coscienza. In pratica, mente e coscienza sono quasi sinonimi poiché non si è mai udito di qualcuno che si mettesse a fare ragionamenti in stato di incoscienza).
Ovviamente essa è presente solo nell'uomo.

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(***) LA FORMA : Prendiamo un sasso. Si tratta di un grosso o piccolo blocco i sostanza minerale (esistono migliaia di minerali diversi) avente una certa e variabile forma. ATTENZIONE !!... per FORMA non si intende soltanto il profilo dei suoi contorni, ma soprattutto la sua STRUTTURA, cioè il modo in cui i suoi componenti (atomi e molecole) sono disposti, STRUTTURATI nel volume INTERNO del sasso. La differenza tra forma esterna e struttura è quella che potrebbe esserci tra due edifici che all'esterno appaiano identici (stessi materiali da costruzione e stesse dimensioni) mentre al loro interno potrebbero essere suddivisi ed arredati in modi diversissimi e quindi utilizzabili in modi egualmente diversissimi. Per questa ragione stiamo parlando di FORMA INTERIORE.

Sassi, edifici, esseri viventi, umani....tutto possiede un'anima così intesa. La diversa struttura dell'ANIMA delle cose permette loro di svolgere funzioni diverse.
Ecco quindi che esisteranno anime semplici, analizzabili, complicate, insondabili, SPIRITUALI, CEREBRALI, TRASCENDENTI......... a seconda del grado di evoluzione, perfezionamento (per i credenti, di eventuale intenzione creazionistica divina) presentato dal soggetto o dall'oggetto la cui anima stiamo prendendo in esame.

L'anima umana rappresenta il vertice della complicazione di una forma interiore, è per questo che non non riusciamo a concepire come essa possa risultare basata su delle relazioni tra i suoi componenti materiali. La mente rappresenta un componente, una parte della nostra anima complessiva, è ovvio che la PARTE non possa capacitarsi del TUTTO che la contiene !!

L'anima infine possiede la singolare caratteristica di risultare una pura, immateriale FORMA che risulta tuttavia inestricabilmente legata ad una SOSTANZA materiale che la ospiti. Questa è semplicemente la chiave interpretativa del rapporto - che si crede contradditorio mentre invece è unificante - tra ANIMA e CORPO - FORMA e SOSTANZA - SPIRITUALITA' e MATERIALITA' - ASSOLUTISMO e RELATIVISMO.................
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 25 Dicembre 2017, 20:23:19 PM
Mi sembra un esercitazione per divertirsi ad imitare Aristotele, oppure Platone, un giocare a fare metafisica. Di conseguenza, ciò che hai scritto presta il fianco alle critiche che si possono rivolgere alla metafisica. Si tratta essenzialmente di due obiezioni: questo sistema che hai presentato trascura il divenire e il soggetto.

1) Trascura il divenire. Se il divenire esiste, allora già lo stesso sistema che hai presentato è in divenire, quindi inafferrabile, in continua modificazione. Se ne può parlare solo a patto di limitarsi al rozzo, al vago, al superficiale, allo stesso modo in cui riusciamo a pensare e dire che ore sono solo perché trascuriamo la precisione dei millesimi e milionesimi di secondo, che inseguono senza fermarsi la nostra pretesa di individuare l'attimo, la quale è essa stessa in divenire e quindi influenzata dal proprio stesso divenire.

2) Trascura il soggetto. Cioè, il sistema che hai presentato dipende dalla tua mentalità, le tue categorie, le tue strutture cerebrali, cosicché alla fine viene a risultare che il tuo discorso non descrive tanto l'anima, lo spirito o la mente, ma piuttosto la tua mentalità, il tuo modo di organizzare le idee. Detto in altre parole, è impossibile parlare dell'universale senza che questo parlare sia condizionato da noi che ci stiamo dentro: se è universale è ovvio che noi vi siamo inclusi, ma proprio ciò impedisce di considerare universale qualsiasi nostro discorso.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: viator il 25 Dicembre 2017, 23:42:47 PM
Salve. Per Angelo Cannata. Nulla da obiettare a quanto tu dici. Ovvio che si tratti, come affermo esplicitamente, del mio punto di vista, parziale, limitato, relativo, soggettivo. Si tratta di buttar là ciò che vediamo, senza alcuna pretesa di trovare la RIVELAZIONE. Stammi bene ed auguroni di circostanza e non di circostanza a te, ai tuoi cari, a tutti voi (anzi, a tutti noi) di Logos.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 01:33:36 AM
Grazie, buon Natale anche a te.

Il problema che io vedo in ciò che hai descritto non riguarda le tue intenzioni, ma ciò che è veicolato dal linguaggio.

Facciamo un esempio. Io potrei dire "Supponiamo che esistano i fantasmi". Nel dire questo non c'è evidentemente alcuna pretesa dogmatica, tanto più che ho detto "Supponiamo", quindi si tratta solo di un'ipotesi. Si potrebbe considerare benissimo un'ipotesi umilissima, modestissima.

Il linguaggio usato però contraddice le mie migliori intenzioni ed è in grado di piegarle a sé, alla presunzione, al dogmatismo. Nel caso della mia supposizione sui fantasmi, si tratta dell'uso del verbo esistere e dell'organizzazione dell'idea dei fantasmi come esistenti esternamente alla mia mente. Ciò significa che, per quanto umile e modesto io voglia essere, la mia supposizione mi spingerà inevitabilmente a un sistema di idee in cui si dà per scontato 1) che sia chiaro il significato del verbo esistere e 2) che sia possibile parlare di esistenza di esseri esterni alla mia mente.

Inoltre, la via introdotta dalla mia supposizione mi impedirà di esplorare modi diversi di pensare, cioè modalità che presuppongano la messa in discussione dei due punti che ho detto. Cioè, la mia supposizione ha già predisposto dei binari ben duri, ben vincolanti, ben stretti in cui dovrò muovermi, ha già stabilito delle regole del gioco abbastanza ferree, per quanto io voglia essere umile, modesto e aperto a tutto.

È questo il problema che io trovo nella metafisica. Così come le parole formano un linguaggio che ci spinge a muoverci in esso e non uscire da esso, senza che ce ne accorgiamo, allo stesso modo anche le singole idee funzionano come singole parole, che messe insieme formano un linguaggio, un linguaggio di idee, il quale prospetta delle vie ben precise dentro cui costringono il seguito del discorso a muoversi.

Io non metto in dubbio il tuo desiderio di esprimere un semplice punto di vista; ma trovo che sia bene rendersi conto che già questo semplicissimo atto, cioè l'atto di esprimere un'ipotesi, un punto di vista, è sempre carico di condizionamenti che sono anche gabbie, prigioni.

Ciò che ho detto vale perché suppongo che la tua ipotesi sia di tipo filosofico; non vale in campo scientifico. Se a supporre l'esistenza dei fantasmi fosse uno scienziato, non potrei obiettargli nulla, perché è mestiere della scienza fare in continuazione ipotesi con lo scopo di ingabbiare, imprigionare la realtà entro idee, concetti, leggi, sistemi, che riescano a padroneggiarla. Ma la filosofia è diversa dalla scienza: il suo mestiere è mettere in questione tutto, quindi anche gli scopi da perseguire, i mezzi con cui farlo, i linguaggi con cui muoversi, le mentalità da smascherare.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 09:17:10 AM
Non vedo proprio come né perché dovrebbe necessariamente darsi che il linguaggio porti inevitabilmente alla presunzione, al dogmatismo, alla confusione fra oggetti immaginari di pensiero (esempio dei fantasmi) ed enti ed eventi reali, a dare per scontati significati impropri e/o ambigui dei vocaboli che i impiegano, all' impossibilità di mettere in discussione le proprie i dee e considerare creativamente e criticamente nuove ipotesi o ipotesi proposte da altri.

Quello di cadere nel dogmatismo e di irrigidirsi nei pregiudizi é un rischio che del tutto ovviamente, come anche i rischi che si corrono più o meno inevitabilmente in qualsiasi altra attività umana, può ben essere fronteggiato e in larghissima, più che soddisfacente misura evitato e superato (senza pretendere ovviamente un' impossibile perfezione o infallibilità) cercando di essere sempre disposti ad autocriticarsi e a correggersi per quanto ci é possibile.

La pretesa che un "semplicissimo atto, cioè l'atto di esprimere un'ipotesi, un punto di vista, è sempre carico di condizionamenti che sono anche gabbie, prigioni", questo sì che mi sembra un autentico pregiudizio acritico e dogmatico (oltre che falso)!
Si può benissimo (e a mio parere si deve) pensare linguisticamente con senso critico e autocritico, razionalmente.


E "metafisica" non é affatto sinonimo di "dogmatismo" o "acriticità"!
Non meno delle scienze può (e a mio parere deve) fondarsi sulla razionalità e il senso critico ed evitare il dogmatismo e il pregiudizio: c' é metafisica e metafisica!
E fare di tutte le erbe un fascio, questo sì che é pregiudizio acritico e dogmatismo!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 11:10:19 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 09:17:10 AMNon vedo proprio come né perché...
Come e perché posso spiegarlo più in dettaglio, in modo che lo si veda meglio. Anche riguardo alla pubblicità, ad esempio, non è certamente di una chiarezza immediata come essa riesca a condizionare molti nostri comportamenti, eppure ciò avviene e se la si studia in dettaglio se ne possono svelare i meccanismi.

Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 09:17:10 AM... perché dovrebbe necessariamente darsi che il linguaggio porti inevitabilmente...
Non ho parlato di necessità e di inevitabilità, mi sono espresso con un linguaggio ben diverso, tutt'altro che dogmatico. Basta leggere con attenzione i termini precisi che ho usato. Ad esempio, ho detto "mi spingerà inevitabilmente": il fatto che ci sia una spinta non significa che la persona sempre e necessariamente si adeguerà passivamente ad essa.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: viator il 26 Dicembre 2017, 13:24:24 PM
Salve. Un chiarimento circa il mio intervento iniziale. Quando capita che io scivoli nel metafisico (spessissimo) ciò accade perché - partendo dal presupposto fisicista - intendo affermare che ciò che si crede stare oltre (e magari fuori) della fisica in realtà rappresenta solo la nostra personale elaborazione di percezioni esclusivamente fisiche.

La fisica consiste nell'esame e nell'analisi razionale di ciò che troviamo esista sulla base delle nostre PERCEZIONI SENSORIALI.

La metafisica nel trattare di CONCEZIONI MENTALI che possono essere anche del tutto irrazionali.

La differenza tra PERCEZIONE  e CONCEPIMENTO consiste nel fatto che la prima funzione è costituita da dati sensoriali "grezzi" che ci giungono direttamente dalla "realtà" esterna, mentre la seconda rappresenta l'attività di elaborazione mentale della "realtà" che noi compiamo - coinvolgendo la coscienza e la nostra capacità di astrazione - sotto l'influenza di pulsioni irrazionali e quindi attraverso il filtro psichico della "realtà" stessa.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 14:07:41 PM
In effetti mi sembra che su questo ci sia a volte confusione. Cioè, si pensa di elevarsi al di sopra del piano fisico semplicemente perché si parla di entità, come ad esempio l'anima, o la mente, o lo spirito, non rintracciabili in fisica.
Se però si considera criticamente questa procedura, si può osservare che questo tipo di elevazione non costituisce un vero salto di qualità, perché le eventuali entità non fisiche di cui si parla vengono in realtà trattate con gli stessi criteri che condizionano il nostro modo di trattare il mondo fisico. Questi criteri, che prestano il fianco alla critica, sono essenzialmente i due che ho detto sopra: si trascura il soggetto e in particolare il divenire del soggetto: si trattano tali entità comunque come esistenti indipendentemente, esternamente, assolutamente, rispetto a noi, alla nostra mente che in questo momento le sta pensando.
Per fare un esempio, se io ipotizzo l'esistenza dei fantasmi, cercando in questo modo di prendere vie che oltrepassano il mondo fisico, in realtà non ho compiuto un vero salto, perché sto continuando a trattare i fantasmi con gli stessi criteri con cui tratto il mondo fisico. Tant'è vero che solitamente i fantasmi vengono immaginati come localizzati, cioè capaci di abitare certi luoghi, entrare nelle persone, provocare fenomeni fisici: insomma, né più né meno che come enti fisicissimi, salvo l'invisibilità, che poi non è un fattore gran che ultrafisico, se pensiamo all'aria, oppure alla corrente elettrica. Non per nulla lo spirito, sia in greco che in ebraico, viene indicato con un termine che significa anche aria, vento.
È questo il problema della metafisica: pensa di andare oltre il fisico, ma in realtà vi rimane pienamente immersa, per il modo in cui tratta gli enti invisibili.
I modi per fare il salto ci sono e ce li hanno insegnati da sempre gli artisti: sono loro i veri "meta-fisici", nel senso che loro sì che fanno davvero il salto oltre la fisica, perché un artista che ti disegna un albero non lo presenta come oggetto da trattare sulla stregua di un'entità fisica, ma piuttosto come rappresentazione dell'artista stesso. È l'artista il maestro dell'attenzione al soggetto, colui che ti dice con chiarezza che quando sta disegnando un albero vuole in realtà comunicare sé stesso. Il filosofo metafisico, nel momento in cui avanza la pretesa di parlare di entità non fisiche, avanza la pretesa di non essere coinvolto in questo parlare, infatti pretende che si tratti di un parlare oggettivo, riferito a oggetti autonomi, che stanno là fuori. L'artista invece ti dice esplicitamente che quell'albero è nella sua mente, dipende dalla sua mente, l'ha disegnato come lo vede la sua mente.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 14:30:09 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 11:10:19 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 09:17:10 AMNon vedo proprio come né perché...
Come e perché posso spiegarlo più in dettaglio, in modo che lo si veda meglio. Anche riguardo alla pubblicità, ad esempio, non è certamente di una chiarezza immediata come essa riesca a condizionare molti nostri comportamenti, eppure ciò avviene e se la si studia in dettaglio se ne possono svelare i meccanismi.
CitazioneNo, modestamente ho senso critico e inoltre sono anticonformista e anche tendenzialmente bastian contrario, e (sostanzialmente, generalmente, nessuno essendo perfetto) non mi faccio infinocchiare (condizionare nel mio comportamento) dalla pubblicità.

Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 09:17:10 AM... perché dovrebbe necessariamente darsi che il linguaggio porti inevitabilmente...
Non ho parlato di necessità e di inevitabilità, mi sono espresso con un linguaggio ben diverso, tutt'altro che dogmatico. Basta leggere con attenzione i termini precisi che ho usato. Ad esempio, ho detto "mi spingerà inevitabilmente": il fatto che ci sia una spinta non significa che la persona sempre e necessariamente si adeguerà passivamente ad essa.
CitazioneSarò pignolo, ma rilevo che hai usato termini perentori e non affatto dubitativi come "inevitabilmente", "dare per scontato", hai parlato di "linguaggio" che sarebbe, anzi che "è [modo indicativo] in grado di piegarle [le migliori intenzioni antidogmatiche] e a sé, alla presunzione, al dogmatismo" e che "prospetta delle vie ben precise dentro cui costringono [soggetto: le idee, attraverso il linguaggio stesso] il seguito del discorso a muoversi", che "è sempre carico di condizionamenti che sono anche gabbie, prigioni".
Per questo mi fanno piacere le precisazioni che ora (credo immodestamente anche in seguito alle mie sollecitazioni critiche) hai apportato a quanto da te precedentemente sostenuto.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 14:48:24 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 14:07:41 PM
In effetti mi sembra che su questo ci sia a volte confusione. Cioè, si pensa di elevarsi al di sopra del piano fisico semplicemente perché si parla di entità, come ad esempio l'anima, o la mente, o lo spirito, non rintracciabili in fisica.
Se però si considera criticamente questa procedura, si può osservare che questo tipo di elevazione non costituisce un vero salto di qualità, perché le eventuali entità non fisiche di cui si parla vengono in realtà trattate con gli stessi criteri che condizionano il nostro modo di trattare il mondo fisico. Questi criteri, che prestano il fianco alla critica, sono essenzialmente i due che ho detto sopra: si trascura il soggetto e in particolare il divenire del soggetto: si trattano tali entità comunque come esistenti indipendentemente, esternamente, assolutamente, rispetto a noi, alla nostra mente che in questo momento le sta pensando.
Per fare un esempio, se io ipotizzo l'esistenza dei fantasmi, cercando in questo modo di prendere vie che oltrepassano il mondo fisico, in realtà non ho compiuto un vero salto, perché sto continuando a trattare i fantasmi con gli stessi criteri con cui tratto il mondo fisico. Tant'è vero che solitamente i fantasmi vengono immaginati come localizzati, cioè capaci di abitare certi luoghi, entrare nelle persone, provocare fenomeni fisici: insomma, né più né meno che come enti fisicissimi, salvo l'invisibilità, che poi non è un fattore gran che ultrafisico, se pensiamo all'aria, oppure alla corrente elettrica. Non per nulla lo spirito, sia in greco che in ebraico, viene indicato con un termine che significa anche aria, vento.
È questo il problema della metafisica: pensa di andare oltre il fisico, ma in realtà vi rimane pienamente immersa, per il modo in cui tratta gli enti invisibili.
I modi per fare il salto ci sono e ce li hanno insegnati da sempre gli artisti: sono loro i veri "meta-fisici", nel senso che loro sì che fanno davvero il salto oltre la fisica, perché un artista che ti disegna un albero non lo presenta come oggetto da trattare sulla stregua di un'entità fisica, ma piuttosto come rappresentazione dell'artista stesso. È l'artista il maestro dell'attenzione al soggetto, colui che ti dice con chiarezza che quando sta disegnando un albero vuole in realtà comunicare sé stesso. Il filosofo metafisico, nel momento in cui avanza la pretesa di parlare di entità non fisiche, avanza la pretesa di non essere coinvolto in questo parlare, infatti pretende che si tratti di un parlare oggettivo, riferito a oggetti autonomi, che stanno là fuori. L'artista invece ti dice esplicitamente che quell'albero è nella sua mente, dipende dalla sua mente, l'ha disegnato come lo vede la sua mente.
CitazioneC' é una bella differenza fra i banali "fantasmi" degli spiritisti e, per esempio, le idee platoniche, la Sostanza spinoziana, la leibiniziana armonia prestabilita, il noumeno kantiano, la Volontà schopenhaueriana!

E' ovvio che se queste ultime entità sono oggetto di pensiero, come lo sono anche le entità fisiche, allora qualcosa in comune con queste debbono per forza avere (se non altro la "pensabilità").

Ma dove "starebbe mai scritto" (se non in un antifilosofico -e direi: veteropositivistico"- pregiudizio ideologico dogmatico) che enti ed eventi metafisici teoreticamente trattati dai filosofi debbano sempre, in ogni caso, necessariamente essere per forza dogmaticamente postulati e non possano invece, per esempio, essere razionalmente proposti e criticamente considerati come ipotesi onde spiegare la realtà immediatamente percepita empiricamente? (La quale comprende anche il pensiero , la "res cogitans", e non solo la materia -postulabile ma non dimostrabile essere- intersoggettiva oggetto di possibile conoscenza scientifica).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 14:50:02 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 14:30:09 PMNo, modestamente ho senso critico e inoltre sono anticonformista e anche tendenzialmente bastian contrario, e (sostanzialmente, generalmente, nessuno essendo perfetto) non mi faccio infinocchiare (condizionare nel mio comportamento) dalla pubblicità.
Trovo occasione di provare a chiarire un malinteso che mi è sembrato ricorrere anche in altre discussioni: mi sembra che spesso leggi ciò che scrivo come se fosse specificamente rivolto a te. Io non ho dubbi che tu non ti fai infinocchiare dalla pubblicità. Il problema è che nel mondo c'è la massa, che sicuramente non possiede le tue attrezzature critiche, mentali, intellettive, per difendersi dagli attacchi dei media. Magari fossero tutti capaci di non lasciarsi infinocchiare come te! È ovvio che molte osservazioni che faccio perdono di peso se applicate a singole persone specifiche, come puoi essere tu o chiunque altro. Il problema è che la massa le rende invece più che consistenti e lo sa bene l'industria, i cui introiti sono ben materiali e ben poco opinabili.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 15:09:24 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 14:48:24 PMMa dove "starebbe mai scritto" (se non in un antifilosofico -e direi: veteropositivistico"- pregiudizio ideologico dogmatico) che enti ed eventi metafisici teoreticamente trattati dai filosofi debbano sempre, in ogni caso, necessariamente essere per forza dogmaticamente postulati e non possano invece, per esempio, essere razionalmente proposti e criticamente considerati come ipotesi onde spiegare la realtà immediatamente percepita empiricamente? (La quale comprende anche il pensiero , la "res cogitans", e non solo la materia -postulabile ma non dimostrabile essere- intersoggettiva oggetto di possibile conoscenza scientifica).
Il problema che io vedo nella metafisica non sta nel suo essere fatta di postulati oppure nel suo essere più o meno razionale. Il problema sta nel suo presentare definizioni indicate come definizioni ultime. In questo senso, è il linguaggio usato a condurre a ciò, a dispetto delle intenzioni più o meno modeste di chi lo usa.

Ne approfitto per precisare che, ad esempio, un elemento micidiale del linguaggio metafisico è l'uso indiscriminato dell'articolo determinativo. Ovviamente si tratta di uno strumento di cui è impossibile fare a meno, però è possibile cercare di farne uso con consapevolezza critica. Se, ad esempio, intediamo dire che cos'è l'anima, l'articolo determinativo induce la nostra mente a costruire la pretesa di stabilire la natura di tutte le anime; in altre parole, l'articolo determinativo orienta la nostra mente a pensare per idee universali, dimenticando le irriducibilità degli enti particolari, che continueranno a porre problemi. Questo si collega al parlare di definizioni ultime, che ho detto prima: equivale a definizioni universali.

Non c'è dubbio che tutto ciò sia razionale; neanche sarebbe un problema se si trattasse di postulato indimostrato. Il problema è che trascura il condizionamento da parte del soggetto. Se si vuole parlare di tutte le anime (= l'anima), o di tutte le menti (= cos'è la mente), il problema è che si dimentica che il parlante fa sempre parte del discorso che sta facendo. Per dirla con una metafora, siamo tutti pesci che parlano del mare dentro cui nuotano e di conseguenza non possono avanzare la pretesa che le loro affermazioni non siano tipiche di ciò che il cervello di un pesce è in grado di pensare. Noi invece esseri umani metafisici continuiamo ad avanzare la pretesa di non avere niente a che vedere con le nostre affermazioni sulla natura delle cose, come se tali affermazioni sussistessero per conto proprio e noi non c'entriamo niente.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 26 Dicembre 2017, 17:42:14 PM
Citazione di: viator il 25 Dicembre 2017, 19:14:22 PM
Niente definizioni chiare (non importa se "sballate"), niente discussioni chiare. Non chiedendo di condividerle, vediamo comunque le eventuali reazioni alle mie definizioni di ANIMA, SPIRITO, MENTE.

L'ANIMA è la FORMA (***) interiore, intrinseca delle cose. E' ciò che fa essere sé stessa quella tal cosa. Essa è presente in tutto ciò che è ""inanimato"" ed animato.

SPIRITO è termine che viene usato per riferirsi ad un'anima (una forma, appunto) talmente evoluta, complessa, da aver sviluppato la capacità di volere. Quindi va riservato ai viventi o a degli enti in grado di agire autonomamente. Lo spirito è presente solo nel mondo cosiddetto "animato".

La MENTE è una funzione cerebrale sviluppatasi in anime provviste di spirito per permettere - oltre a quello del volere - l'esercizio dell'intendere (il capire - la prima cosa che la mente intende è il SE', quindi la sua esistenza presuppone l'aver sviluppato una coscienza. In pratica, mente e coscienza sono quasi sinonimi poiché non si è mai udito di qualcuno che si mettesse a fare ragionamenti in stato di incoscienza).
Ovviamente essa è presente solo nell'uomo.

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(***) LA FORMA : Prendiamo un sasso. Si tratta di un grosso o piccolo blocco i sostanza minerale (esistono migliaia di minerali diversi) avente una certa e variabile forma. ATTENZIONE !!... per FORMA non si intende soltanto il profilo dei suoi contorni, ma soprattutto la sua STRUTTURA, cioè il modo in cui i suoi componenti (atomi e molecole) sono disposti, STRUTTURATI nel volume INTERNO del sasso. La differenza tra forma esterna e struttura è quella che potrebbe esserci tra due edifici che all'esterno appaiano identici (stessi materiali da costruzione e stesse dimensioni) mentre al loro interno potrebbero essere suddivisi ed arredati in modi diversissimi e quindi utilizzabili in modi egualmente diversissimi. Per questa ragione stiamo parlando di FORMA INTERIORE.

Sassi, edifici, esseri viventi, umani....tutto possiede un'anima così intesa. La diversa struttura dell'ANIMA delle cose permette loro di svolgere funzioni diverse.
Ecco quindi che esisteranno anime semplici, analizzabili, complicate, insondabili, SPIRITUALI, CEREBRALI, TRASCENDENTI......... a seconda del grado di evoluzione, perfezionamento (per i credenti, di eventuale intenzione creazionistica divina) presentato dal soggetto o dall'oggetto la cui anima stiamo prendendo in esame.

L'anima umana rappresenta il vertice della complicazione di una forma interiore, è per questo che non non riusciamo a concepire come essa possa risultare basata su delle relazioni tra i suoi componenti materiali. La mente rappresenta un componente, una parte della nostra anima complessiva, è ovvio che la PARTE non possa capacitarsi del TUTTO che la contiene !!

L'anima infine possiede la singolare caratteristica di risultare una pura, immateriale FORMA che risulta tuttavia inestricabilmente legata ad una SOSTANZA materiale che la ospiti. Questa è semplicemente la chiave interpretativa del rapporto - che si crede contradditorio mentre invece è unificante - tra ANIMA e CORPO - FORMA e SOSTANZA - SPIRITUALITA' e MATERIALITA' - ASSOLUTISMO e RELATIVISMO.................

Riassumendo per te noi siamo mente.

Tipico riduzionismo monista, in questo caso di tipo mentalista. (o ho travisato?)

A me suona così, "io sono la mia mente".

Evvabbè ma che è la mente??? Il cervello???? la mente+il cervello????

solo mente o solo cervello????

la mente e il mondo, la mente da sola.

il cervello e il mondo o il cervello da solo????

Non so a me viene in mente, che la mente non c'entra niente con il problema della distinzione o meno fra mente e natura.

Il problema sarà mai se ha senso fare questa distinzione, in che misura, e per quale scopo?

Vuole aggiungere qualcosa a sua discolpa  ;)  ?

Interessante comunque il concetto di anima come forma, invece che come sostanza.  :)

Faccio a fatica ad entrare nella tua ottica generale, per poterne vedere delle possibili implementazioni. :(

Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 26 Dicembre 2017, 21:37:25 PM
ANGELO CANNATA
Non c'è dubbio che tutto ciò sia razionale; neanche sarebbe un problema se si trattasse di postulato indimostrato. Il problema è che trascura il condizionamento da parte del soggetto. Se si vuole parlare di tutte le anime (= l'anima), o di tutte le menti (= cos'è la mente), il problema è che si dimentica che il parlante fa sempre parte del discorso che sta facendo. Per dirla con una metafora, siamo tutti pesci che parlano del mare dentro cui nuotano e di conseguenza non possono avanzare la pretesa che le loro affermazioni non siano tipiche di ciò che il cervello di un pesce è in grado di pensare. Noi invece esseri umani metafisici continuiamo ad avanzare la pretesa di non avere niente a che vedere con le nostre affermazioni sulla natura delle cose, come se tali affermazioni sussistessero per conto proprio e noi non c'entriamo niente.

Commento di APEIRON
Anche se c'è della verità in quanto dici, Angelo, lasciami scrivere una riflessione. Mi ritengo "metafisico", "universalista" ecc ma sinceramente non mi ritrovo per niente in quanto hai scritto. Nel senso che secondo me nella tua "ostilità" contro la metafisica finisci per cadere nello stesso errore di chi la "pratica" in modo errato. Il problema è che fai di tutta l'erba un fascio. Secondo me "in medio stat virtus".

Il problema della "metafisica" più che la "pretesa" di cui parli è il fatto che spesso si "dimentica" che la ragione umana ha i suoi limiti. Infatti questa "pretesa" della metafisica è essenziale per esempio nella fisica, nella quale si cercano di trovare (poche) leggi universali di moltissimi fenomeni naturali. Per esempio Newton capì che la Luna e la mela cadevano entrambe sulla Terra, unificando il moto dei gravi con quello celeste. Ma la "pretesa" non è utile solo alla fisica. Nella medicina è possibile curare il cancro (in moltissimi casi) grazie alle stesse tecniche. Ma l'utilizzo di questa utilissima "pretesa" non si limita alla scienza o alla metafisica ma la utilizziamo anche quando parliamo di "dignità umana". Se non ci fosse qualcosa che ci rende "umani" (e che quindi ci distingue dagli altri animali) non avrebbe senso parlare di "umanità". A livello della fisica secondo me la cosa è ancora più evidente: le particelle elementari e le interazioni fondamentali sono sorprendentemente poche. Quindi quando io difendo la "brama della generalità" (per dirla alla Wittgenstein) tipica dei filosofi non lo faccio perchè sono un dogmatico, bensì lo faccio semplicemente perchè da (almeno) quando c'è memoria scritta di scienza e di filosofia tale brama è stata il vero "motore" della conoscenza. Il problema è che a volte esagera perchè ha essenzialmente due difetti ovvero: la reificazione e (appunto) l' "assolutismo".

La reificazione è il processo per cui si crede che un'astrazione sia la realtà (la mappa NON è il territorio, per esempio). Si può "accusare" Platone e Aristotele di questo "errore" visto che entrambi erano convinti dell'esistenza delle "sostanze" o "forme" o "idee". D'altronde se esiste l'idea del "letto" (citata nella "Repubblica") cosa mi toglie di considerare l'idea del letto lungo due metri, di quello a una piazza, di quello ad una piazza e mezza ecc? Niente. Così gli enti si "moltiplicano". E questo è un'esempio. Altri esempi possono essere alcune lunghe disquisizioni filosofiche dettagliatissime sulla creazione del mondo (nelle quali non si ammette che certe affermazioni sono semplici ipotesi), pretendere (qui si che c'è una pretesa...) di poter spiegare TUTTO "rendendo reali" concetti che in fin dei conti proviamo ad "utilizzare" noi ecc.  Un altro problema è confondere la mappa dal territorio. Su questo proposito il filosofo buddhista Nagarjuna nel suo Mulamadhyamakakarika (= strofe fondamentali sulla via di mezzo) affermava che ogni "mappa" sulla realtà ultima finiva per essere inconsistente ed ergo bisognava astenersi dal voler "spiegarla" con i concetti umani. Tuttavia perfino la scuola buddhista fondata da Nagarjuna (che non comprende tutte le varianti del pensiero buddhista, come esposto chiaramente nell'ormai lungo topic sul buddhismo) non si asteneva da fare affermazioni "positive" sulla realtà e spesso "universali", ovvero per esempio che "tutte le cose condizionate sono impermanenti" (affermazione piuttosto plausibile ma che ovviamente non è "verificabile"). Allo stesso modo un "meta-fisico" (= studioso della "natura della realtà" aldilà delle attuali possibilità della scienza) può secondo me permettersi di fare affermazioni "generali" e "universali". Per esempio può dire che "esiste una natura umana", ovvero che esiste ciò che ci rende "umani" (su questo punto sfido molti a "definire" tramite concetti solamente scientifici cosa è l'uomo. Non dico che non si possa o non si potrà fare, ma è una cosa tremendamente difficile). Eppure quel "quid" sembra proprio che ci sia visto che, per esempio, stiamo discutendo sul Forum. Ergo: davvero non esistono le "forme", davvero siamo costretti a non generalizzare o ad ammettere che tale generalizzazione non sia possibile? Nagarjuna direbbe che anche se la "realtà ultima" non si può "concettualizzare" nemmeno "parzialmente" (e su questo molti altri buddhisti hanno dubbi) comunque si possono fare affermazioni "universali" nella realtà "convenzionale", ovvero quella che in fin dei conti ci "sostiene" nella vita quotidiana. D'altronde anche uno "scettico" della scuola madhyamaka (la scuola di Nagarjuna) distingueva tra "umani" ed "animali" [e quindi dopotutto anche per loro c'era effettivamente qualcosa che ci rendeva umani].  Tornando a Platone... personalmente sono convinto che le "forme matematiche" (ma anche le "idee etiche") abbiano una esistenza ontologica. In fin dei conti la regolarità della natura esiste anche se noi non ci siamo e inoltre nella metematica succede anche questo:
y = x2 + 1 (una parabola in un piano cartesiano) e la coppia di funzioni (x = (y - 1)1/2, x= - (y - 1)1/2) sono rispettivamente una parabola e le sue due funzioni inverse. Se le disegnate in un grafico (e nel caso delle inverse dovete disegnarle entrambe) ottenete lo stesso risultato.
Cosa vorrò mai dire con questo esempio? Che l'equivalenza tra la prima curva e la seconda coppia di curve "esiste" anche prima che io faccia l'operazione di inversione nel senso che in fin dei conti anche questo oggetto matematico può essere descritto in DUE modi diversi. Eppure è lo stesso oggetto. Ma allo stesso tempo si possono considerare come due "cose" (anzi tre) distinte. "Peculiarità" come queste unite alle regolarità della Natura mi fanno pensare che matematica abbia valore ontologico. Tuttavia è anche necessario dire (come si può dedurre dall'esempio stesso) che il modo con cui "scriviamo" queste realtà "sulla carta" è in realtà accidentale: siamo noi a scegliere di usare un modello o un altro per spiegare un fenomeno, per esempio. Quindi anche se il platonismo di Platone è in effetti un po' troppo "ingenuo" ritengo che sinceramente ci abbia preso giusto visto che in fin dei conti le "verità matematiche" esistono indipendentemente da me e idem per le leggi della fisica (affermazione che ritengo molto ragionevole, ovviamente se il solipsismo - che non sono mai riuscito a "falsificare" - è vero, mi sbaglio  ;D ).

L'altro problema è l'"assolutismo dogmatico". Avviene quando "mi dimentico" della mia limitatezza e dico che (ad esempio) la parabola è in un certo senso (che teorizzo IO) reale e non ammetto che posso avere torto. Arriva un altro e mi dice invece che la mia parabola non è reale come la intendo io ma come la intende lui. Ci picchiamo. Poi arriva un Tizio che dimostra che i nostri due modi sono in realtà equivalenti. Ma qui - a differenza della reificazione che è un errore cognitivo - è semplicemente un errore di condotta, ovvero di "presunzione". Per quanto ne sappiamo, per esempio, Platone non era quel "dogmatico" che Nietzsche ha descritto e non a caso Speusippo (il successore di Platone alla guida dell'Accademia) non era d'accordo con molte dottrine del maestro. Eppure nessuno questo lo nota e adesso abbiamo l'immagine di Platone come un "dogmatista". Mi chiedo se lo stesso vale per il famigerato "ipse dixit" di Pitagora. Ad ogni modo mi sono auto-definito platonico molte volte ultimamente. Perchè? semplicemente perchè ragionevolmente credo che ci sia della verità nelle sue teorie e mi baso in realtà su una riflessione che ormai coltivo da anni su diversi aspetti del sapere "umano", in particolare scienza, filosofia e spiritualità. Non è tanto la "brama della generalità" bensì il problema è l'irrigidimento su alcune posizioni (vedi i creazionisti che ritengono che la Terra ha 6000 anni) e il fatto di non essere capaci di ammettere che talvolta certe "convinzioni" le si hanno "per fede" (non posso dimostrare che ad esempio la parabola non sia un semplice concetto anche se ritengo ciò abbastanza "ovvio"). Dunque sinceramente non ci vedo niente di male con questa "pretesa" fintantoché si ammette che talvolta certe "convinzioni" che abbiamo sono nate non "razionalisticamente" ma ragionevolmente, visto che se fossimo davvero "rigorosi" non potremmo neanche fare "progetti" per domattina visto che non "sappiamo" se sorgerà il Sole o se succederà un altro cataclisma che letteralmente ci spazza via.

Viceversa il non voler fare metafisica, l'essere contrari ad essa non porta a niente, come per esempio vedo in alcuni scrittori postmodernisti (ad esempio Derrida) anche se sono felice di sbagliarmi [ovvero che i loro scritti non siano semplicemente "giochi di parole" molto intelligenti]. Ultimamente ci si "diverte" a dire che non esiste una moralità universale, che ogni nostra conoscenza (scientifica, morale ecc) si basa in fin dei conti sulla convenzione sociale e sul linguaggio ecc. Non nego che il condizionamento della nostra soggettività e della nostra cultura abbia molta influenza, però allo stesso tempo non posso non affermare che per esempio il fatto che i gravi e i moti celesti siano spiegabili con la teoria della gravità newtoniana (ed einsteiniana ovviamente) di certo è un buon indizio che forse c'è qualcosa di più della semplice arbitrarietà convenzionale sociale tipica del "moderno pensiero debole" (che ovviamente non si riduce a certi filosofi moderni che paiono appunto produrre giochi di parole vuoti nascosti da una abilissima retorica). Ergo l'articolo determinativo forse non è il peccato della filosofia anche perchè non usarlo mai porta a (secondo me) risultati peggiori di usarlo in modo indiscriminato, ovvero al non voler nemmeno iniziare a cercare, tanto per dirla alla Protagora "l'uomo è la misura di tutte le cose". Dunque se ci convinciamo che non ci siano "realtà più alte" che si possono "raggiungere" con la coltivazione interiore, la speculazione filosofica (= che contrariamente a quanto pensano molti analitici in America e molti continentali in Europa non è solo "analisi del linguaggio") , la scienza, l'arte, l'etica, la spiritualità ecc allora non c'è nemmeno la motivazione a cercare e non a caso la società moderna... (ci siamo capiti...)

Ovviamente pensare solo all'unità è inutile. D'altronde la parabola dell'esempio precedente può essere illuminante: la parabola appunto può essere vista anche come l'unione di due curve, la forma "esplicita" dell'equazione ecc ergo la molteplicità è epistemologicamente importante quanto l'unità. La realtà è piena di uno-e-molti: c'è la specie umana ma c'è anche la molteplicità individuale che deve essere valorizzata. Ergo è ragionevole ritenere che certe cose valgano per tutte le "anime", altre cose invece no. Esempio piuttosto scemo: l'acqua è un bene necessario per tutti gli uomini mentre lo studio della fisica per alcuni è estremamente noiosa. Bisogna essere consapevoli di entrambi gli aspetti della realtà. Non a caso l'Oracolo di Delfi diceva "conosci te stesso e conoscerai anche l'universo" visto che anche noi stessi siamo "uno e molti". Sinceramente nella maggioranza dei filosofi contemporanei non vedo la stessa profondità che vedo invece nella maggioranza dei filosofi antichi anche se ammetto che ci sono eccezioni in entrambi i campi. Secondo me il problema della modernità è proprio la "paura della metafisica" che causa una rinuncia a priori della speculazione filosofica, cosa che mi sembra di vedere anche nel mondo accademico. Quindi secondo me quando critichi la metafisica fai un "argomento fantoccio" (gli argomenti straw-man), ovvero ti crei un'idea molto insufficiente di "metafisica" che poi attacchi. Se fossimo convinti che non si può uscire dal soggetto anche nello studio della scienza (per esempio) chi sarebbe ancora motivato a praticare la scienza? Per questi motivi ritengo che almeno le varianti più estreme del moderno "pensiero debole" siano un'innovazione non molto buona della modernità. Così come il dogmatismo estremo non lo era fino a non troppo tempo fa. In medio stat virtus


RISPOSTA A VIATOR
In linea di massima sono d'accordo sul fatto che tutte le cose abbiano una "forma" (chiamarla "anima" per egli esseri non-animati mi pare molto forzato - la chiamerei "Forma"). Direi invece che al contrario che mentre gli animali hanno una mente meno sviluppata della nostra, l'uomo ha una mente molto sviluppata (la mente da sola però non è la "forma" degli esseri viventi, visto che abbiamo un corpo). Ma non identificherei lo "spirito" umano con la mente, per un motivo estremamente banale. Se fosse così domani al risveglio sarei una persona diversa da quello che sono adesso. E sinceramente neanche col corpo visto che se un giorno perdessi un arto non credo che potrei dire di essere una persona diversa. Idem se perdo la memoria. Se mi cala l'intelligenza non sono una persona diversa. Se perdo i capelli idem. Dunque se non sono tutto questo, cosa sono io?

Benvenuto nei "meandri" della "spiritualità", ovvero dell'indagine sull'io.

NOTA BENE
Ci sono alcune descrizioni della "creazione del mondo" che volendo sono anche molto interessanti e possono contenere della verità (= ovvero sono abbastanza ragionevoli). Altre invece sono assurde ma non ho nulla in contrario a chi le accetta "per fede" pur ammettendo che non ha sufficiente evidenza per dire che sono "sicuramente" vere. Quello che in un certo senso "pretendo" da un interlocutore "educato bene" però è che rispetti la mia opinione come io rispetto la sua (e sono stra-sicuro che molte cose che per me sono ovvie e scontate non lo siano per altri... ma questo non significa che io abbia torto e gli altri ragione (ovviamente vale anche il viceversa)).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 22:04:38 PM
Mi sembra che ci sia un fraintendimento sulla scienza. La scienza, per poter indagare com'è fatta una pietra oppure quanto fa 2+2, non ha alcun bisogno di negare la dipendenza dei propri concetti dal soggetto. Semplicemente non se ne occupa, non è il suo campo d'interesse, allo stesso modo in cui uno storico non si occupa di come vada fatta un'operazione chirurgica. Allo stesso modo, la scienza non si occupa di negare l'esistenza di Dio; piuttosto non se ne occupa, non si pronuncia, non è suo campo di interesse.
Invece la metafisica, nel momento in cui avanza la pretesa di definire la natura dell'essere, avanza la pretesa di poter pervenire a enunciati del tutto indipendenti dal soggetto. La metafisica, a proposito della dipendenza dal soggetto, non dice "Non è il mio campo, non me ne occupo", ma dice "È il mio campo, me ne occupo, e posso affermare che l'esistenza dell'essere, o della verità, o della realtà, è del tutto indipendente da me soggetto che ne sto parlando".
A questo punto si pone il problema, cioè io dico alla metafisica: "Ma se stai parlando dell'essere, e tu sei anche essere, ne segue che, applicando questa tua logica, stai parlando anche di te stessa; continuando ad applicare la tua logica, non potrai negare, quindi, che questo tuo parlare dell'essere non può non essere condizionato da te che ne stai parlando; quindi come fai a dire che ciò di cui stai parlando è indipendente da te?".

Ulteriore precisazione: la scienza non ha alcuna pretesa di individuare leggi universali: la scienza si occupa semplicemente di definire, attraverso concetti che non ha alcuna difficoltà ad ammettere che sono umani, condizionati dalla mente umana, funzionamenti applicabili al mondo conosciuto. Leggi universali significherebbe pretesa di individuare leggi a cui in qualsiasi futuro non si potrà sottrarre alcun tipo di realtà conoscibile: è questa la pretesa della metafisica, che la scienza non si sogna di avanzare, perché la scienza non è filosofia, non è filosofia della natura.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: viator il 26 Dicembre 2017, 23:00:54 PM
Salve. Per Angelo : Le tue osservazioni sui vizi congeniti della speculazione metafisica mi trovano d'accordo. Io, che sono piuttosto laconico, mi limito ad osservare che è naturale sia cosi: Anche se la metafisica avrebbe la pretesa di porsi "oltre" il fisicismo, essa in realtà non ne può fare a meno essendo semplicente anch'essa uno degli infiniti frutti dell'esistenza fisica del mondo (la quale ha generato e contiene, al di là dei suoi ingredienti ""inanimati"", la vita, la specie umana, la mente umana, le scienze, il tentativo di andare oltre od altrove rispetto alle scienze, cioè appunto anche la metafisica).

Per Apeiron. Tutti questi quesiti sono stati da me affrontati in ordine sparso all'interno di miei precedenti interventi in altri temi. Qui io non ho identificato lo spirito umano con la mente. Ho sostenuto che lo spirito umano consiste in un'anima dotata di una mente, non che consista in- o che sia ospitato dalla mente.

Giuste le tue osservazioni circa la mutevole evanescenza del concetto di "io" (identità). Chi so no io ??? Io sono ciò che resterà di me dopo che mi sia separato da tutto ciò che è separabile da me. Io sono - appunto e semplicemente - la mia FORMA (intrinseca, interiore, strutturale ed in sé unica, personale, irripetibile, individuale). E così, naturalmente, è per ciascuno di noi.
Tu certo sai quanta gente pensi di possedere un'anima immortale, vero ?? Si tratta dell'universale e fondamentale desiderio umano di sfuggire alla morte, desiderio che non verrà mai cancellato poiché :

Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2017, 10:31:07 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 15:09:24 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2017, 14:48:24 PMMa dove "starebbe mai scritto" (se non in un antifilosofico -e direi: veteropositivistico"- pregiudizio ideologico dogmatico) che enti ed eventi metafisici teoreticamente trattati dai filosofi debbano sempre, in ogni caso, necessariamente essere per forza dogmaticamente postulati e non possano invece, per esempio, essere razionalmente proposti e criticamente considerati come ipotesi onde spiegare la realtà immediatamente percepita empiricamente? (La quale comprende anche il pensiero , la "res cogitans", e non solo la materia -postulabile ma non dimostrabile essere- intersoggettiva oggetto di possibile conoscenza scientifica).
Il problema che io vedo nella metafisica non sta nel suo essere fatta di postulati oppure nel suo essere più o meno razionale. Il problema sta nel suo presentare definizioni indicate come definizioni ultime. In questo senso, è il linguaggio usato a condurre a ciò, a dispetto delle intenzioni più o meno modeste di chi lo usa.
CitazioneMa che significa mai "definizione ultima"?

La filosofia, metafisica o meno, non smette mai di criticare, autocriticarsi, ragionare.

Le definizioni dei concetti, in tutti i contesti più o meno razionali di pensiero linguistico (nelle scienze naturali e matematiche non meno che nella filosofia) vengono stabilite arbitrariamente per convenzione e fin che non sono eventualmente modificate o corrette (per fortuna molto raramente, in caso di necessità, allo scopo di evitare ambiguità, confusioni, malintesi nei discorsi circa la realtà) sono da considerarsi "fisse", non mutabili ad libitum, "ultime" ("penultime" rivelandosi a posteriori solo in quei pochi casi che eccezionalmente necessitassero di revisione, da stabilirsi comunque per convenzione arbitraria e auspicabilmente in via definitiva o "ultima").



Ne approfitto per precisare che, ad esempio, un elemento micidiale del linguaggio metafisico è l'uso indiscriminato dell'articolo determinativo. Ovviamente si tratta di uno strumento di cui è impossibile fare a meno, però è possibile cercare di farne uso con consapevolezza critica. Se, ad esempio, intediamo dire che cos'è l'anima, l'articolo determinativo induce la nostra mente a costruire la pretesa di stabilire la natura di tutte le anime; in altre parole, l'articolo determinativo orienta la nostra mente a pensare per idee universali, dimenticando le irriducibilità degli enti particolari, che continueranno a porre problemi. Questo si collega al parlare di definizioni ultime, che ho detto prima: equivale a definizioni universali.
CitazioneMi sembra più che legittima e corretta la "pretesa" di cercare di conoscere la realtà in generale e in particolare di stabilire i caratteri generali astratti, universali di enti ed eventi (là dove realmente se ne trovano); il che non significa di certo confonderli con i casi particolari concreti dai quali vengono per l' appunto astratti (e non: con i quali vengono identificati)!

Se le anime particolari concrete esistessero sarebbe più che legittimo e corretto stabilirne i caratteri generali astratti propri, cioè i caratteri propri del concetto generale astratto di "anima", esattamente come si stabiliscono i caratteri generali astratti delle varie specie (o di qualsiasi altra classe tassonomica) di animali o delle stelle, pianeti, continenti, catene montuose, vulcani, ecc., ecc., ecc.

Chi deliberatamente si nega la possibilità di perseguire la conoscenza di ciò che é universale, generale, astratto si autocondanna a una ben miserabile (a mio modesto parere ovviamente) ignoranza e limitatezza mentale, interiore, a interessarsi unicamente dei banali dettagli particolari concreti del mondo reale (se stesso compreso).



Non c'è dubbio che tutto ciò sia razionale; neanche sarebbe un problema se si trattasse di postulato indimostrato. Il problema è che trascura il condizionamento da parte del soggetto. Se si vuole parlare di tutte le anime (= l'anima), o di tutte le menti (= cos'è la mente), il problema è che si dimentica che il parlante fa sempre parte del discorso che sta facendo. Per dirla con una metafora, siamo tutti pesci che parlano del mare dentro cui nuotano e di conseguenza non possono avanzare la pretesa che le loro affermazioni non siano tipiche di ciò che il cervello di un pesce è in grado di pensare. Noi invece esseri umani metafisici continuiamo ad avanzare la pretesa di non avere niente a che vedere con le nostre affermazioni sulla natura delle cose, come se tali affermazioni sussistessero per conto proprio e noi non c'entriamo niente.
CitazioneNessuno che non sia affetto da manie di onnipotenza (anzi, più precisamente di onniscienza) pretende di parlare di tutte le anime (ammesso che esistano) o di tutte le menti nei loro aspetti particolari concreti, ma casomai degli aspetti universali generali astratti propri a tutte le anime (ammesso che esistano) o di tutte le menti.

E non vedo come questo implichi la dimenticanza della propria stessa mente da parte di chi ne parla.

Ma quale mai filosofo, quale mai metafisico ha mai preteso l' onniscienza?

Perché mai la filosofia dovrebbe essere la pretesa di parlare in maniera non corrispondente a (ma non affatto identificantesi con!) ciò che accade nei nostri cervelli, con tutti i limiti che lo caratterizzano, allorché pensiamo?

Ma quale mai filosofo avrebbe mai preteso di non avere niente a che vedere con le sue proprie affermazioni sulla natura delle cose come se tali affermazioni sussistessero per conto proprio (dove, se non sulla sua bocca e nei suoi scritti?) e lui non c' entrasse per niente?????????
Questo lo fanno casomai i profeti delle religioni "rivelate"!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2017, 11:28:13 AM
Citazione di: Apeiron il 26 Dicembre 2017, 21:37:25 PM
Tornando a Platone... personalmente sono convinto che le "forme matematiche" (ma anche le "idee etiche") abbiano una esistenza ontologica. In fin dei conti la regolarità della natura esiste anche se noi non ci siamo e inoltre nella metematica succede anche questo:
y = x2 + 1 (una parabola in un piano cartesiano) e la coppia di funzioni (x = (y - 1)1/2, x= - (y - 1)1/2) sono rispettivamente una parabola e le sue due funzioni inverse. Se le disegnate in un grafico (e nel caso delle inverse dovete disegnarle entrambe) ottenete lo stesso risultato.
Cosa vorrò mai dire con questo esempio? Che l'equivalenza tra la prima curva e la seconda coppia di curve "esiste" anche prima che io faccia l'operazione di inversione nel senso che in fin dei conti anche questo oggetto matematico può essere descritto in DUE modi diversi. Eppure è lo stesso oggetto. Ma allo stesso tempo si possono considerare come due "cose" (anzi tre) distinte. "Peculiarità" come queste unite alle regolarità della Natura mi fanno pensare che matematica abbia valore ontologico. Tuttavia è anche necessario dire (come si può dedurre dall'esempio stesso) che il modo con cui "scriviamo" queste realtà "sulla carta" è in realtà accidentale: siamo noi a scegliere di usare un modello o un altro per spiegare un fenomeno, per esempio. Quindi anche se il platonismo di Platone è in effetti un po' troppo "ingenuo" ritengo che sinceramente ci abbia preso giusto visto che in fin dei conti le "verità matematiche" esistono indipendentemente da me e idem per le leggi della fisica

Pur apprezzando l' uso prudenziale delle virgolette, dissento circa l' esistenza reale delle entità, formule, concetti, rapporti matematici, nonché delle dee etiche.
 
Se qualcosa fosse stato diverso sulla terra (per esempio la sua massa, distanza dal sole, composizione chimica), allora l' umanità non sarebbe amai esistita, nessuno avrebbe pensato formule matematiche né (pensato e osservato oppure trasgredito) idee etiche; ergo formule matematiche e idee etiche non sarebbero state reali (esistite realmente).
 
C' è oggi un' infinità di potenziali sviluppi delle matematiche, così come prima di Euclide c' era la potenziale esistenza (dei pensieri da qualcuno pensati, detti o scritti) dei concetti e dei teoremi della geometria euclidea.
Ma queste sono mere potenzialità, ovvero ciò significa unicamente che nulla di reale identificabile con i futuri sviluppi delle matematiche esiste (ora) così come nulla di reale esisteva prima di Euclide identificabile con la geometria euclidea.

Esiste (esisteva) solo "nulla di reale" che sia (fosse) identificabile con gli sviluppi futuri delle matematiche (la geometria euclidea)..
Nulla di reale che può (sarebbe potuto) diventare "qualcosa di reale" eventualmente in futuro e solo nel caso si dessero (si fossero date) determinate circostanze condizionanti, le quali potrebbero (sarebbero potute) benissimo anche non darsi, col che si rimarrebbe (si sarebbe rimasti) al "nulla di reale"; il quale é (era) comunque nulla di reale per lo meno al tempo presente (ora od allora).
E anzi, poiché i potenziali sviluppi delle matematiche (come in generale della conoscenza umana) sono* infiniti ma la durata dell' umanità é sicuramente finita, un' infinità di potenziali sviluppi della matematica e delle altre scienze resterà di sicuro per sempre "nulla di reale" (mere potenzialità, le condizioni per l' attuazione delle quali non si daranno mai, e che dunque resteranno per sempre "nulla di reale").
 
Per parte mia ritengo quindi sinceramente che Platone non ci abbia preso per niente giusto, visto che in fin dei conti le "verità matematiche" non esistono indipendentemente da me e le leggi della fisica sono reali indipendentemente da chichessia, ma invece la loro conoscenza non esiste (non é reale) indipendentemente dalla realtà di chi le pensi.
 
(Approvo convintamente il gran parte del resto delle tue ottime argomentazioni contro le tesi antifilosofiche di Angelo Cannata).
 
________________
* Qui il verbo "essere" é usato nel senso (copulativo, non esistenziale) in cui si può anche dire per esempio che un ippogrifo é un cavallo alato.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2017, 11:55:09 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 26 Dicembre 2017, 22:04:38 PM
Mi sembra che ci sia un fraintendimento sulla scienza. La scienza, per poter indagare com'è fatta una pietra oppure quanto fa 2+2, non ha alcun bisogno di negare la dipendenza dei propri concetti dal soggetto. Semplicemente non se ne occupa, non è il suo campo d'interesse, allo stesso modo in cui uno storico non si occupa di come vada fatta un'operazione chirurgica. Allo stesso modo, la scienza non si occupa di negare l'esistenza di Dio; piuttosto non se ne occupa, non si pronuncia, non è suo campo di interesse.
Invece la metafisica, nel momento in cui avanza la pretesa di definire la natura dell'essere, avanza la pretesa di poter pervenire a enunciati del tutto indipendenti dal soggetto.
Citazione"enunciati del tutto indipendenti dal soggetto"  =/= "enunciati la cui verità é del tutto indipendente da ciò che ne pensa o meno il soggetto".

Quello di "enunciati del tutto indipendenti dal loro soggetto" é uno pseudoconcetto autocontraddittorio, senza senso (che nessuno filosofo mi risulta abbia mai preteso di affermare).

Ed enunciati la cui verità é del tutto indipendente da ciò che ne pensa o meno il soggetto sono (pretendono di essere) quelli delle scienze non meno che quelli delle filosofie.
La metafisica, a proposito della dipendenza dal soggetto, non dice "Non è il mio campo, non me ne occupo", ma dice "È il mio campo, me ne occupo, e posso affermare che l'esistenza dell'essere, o della verità, o della realtà, è del tutto indipendente da me soggetto che ne sto parlando".
CitazioneEsattamente come le scienze naturali (o credi che Newton o Einstein pensassero che la gravitaizione universale fosse dipendente da loro che se ne occupavano?).



A questo punto si pone il problema, cioè io dico alla metafisica: "Ma se stai parlando dell'essere, e tu sei anche essere, ne segue che, applicando questa tua logica, stai parlando anche di te stessa; continuando ad applicare la tua logica, non potrai negare, quindi, che questo tuo parlare dell'essere non può non essere condizionato da te che ne stai parlando; quindi come fai a dire che ciò di cui stai parlando è indipendente da te?".
CitazioneA parte il fatto che anche Newton ed Einstein avevano una massa e incurvavano lo spaziotempo, e dunque parlando della gravità parlavano del tutto tranquillamente anche di se stessi, non vedo perché mai in generale non si dovrebbe essere autocoscienti e ragionare e cercare di conoscere (anche) circa noi stessi.

E che il nostro parlare (anche) di noi stessi (non meno proprio agli scienziati che ai filosofi) non possa non essere condizionato (anche, non solo!) da noi stessi che lo stiamo facendo e quindi non sia indipendente da noi stessi (cosa che non mi risulta alcun filosofo abbia mai assurdamente preteso) mi sembra tanto ovvio quanto banale e del tutto irrilevante ai fini della sua verità: perché mai pensando a me stesso dovrei essere ineluttabilmente condannato a pensare il falso?

Ulteriore precisazione: la scienza non ha alcuna pretesa di individuare leggi universali: la scienza si occupa semplicemente di definire, attraverso concetti che non ha alcuna difficoltà ad ammettere che sono umani, condizionati dalla mente umana, funzionamenti applicabili al mondo conosciuto. Leggi universali significherebbe pretesa di individuare leggi a cui in qualsiasi futuro non si potrà sottrarre alcun tipo di realtà conoscibile: è questa la pretesa della metafisica, che la scienza non si sogna di avanzare, perché la scienza non è filosofia, non è filosofia della natura.
CitazioneUniversale =/= umano (e dunque fallibile).

La scienza pretende -eccome!- giustamente di individuare le leggi universali (e oggettive) del divenire naturale.

E come gli scienziati che non siano affetti da delirio di onnipotenza, così, esattamente allo stesso modo, né più né meno, anche i filosofi che non siano affetti da delirio di onnipotenza sanno benissimo che possono -umanamente, disponendo di capacità mentali limitate- cadere in errore.



E smettila di deformare caricaturalmente e letteralmente calunniare  la filosofia (fra l' altro in un forum di filosofia, offendendo chi si sente filosofo) ! ! !

Se proprio ci tieni a buttare escrementi sulla filosofia, vai almeno a farlo su un forum di positivisti o scientisti!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PM
@sgiombo, ovviamente non volevo affermare che la mia è la sola metafisica. Quanto invece che la mia metafisica (per esempio) non si basa su dogmi "calati dall'alto" ma si basa sullo studio, sul dialogo e sulla tendenza umana a fare ipotesi (userei il verbo inglese "wondering about...") anche su cose che non sono empiricamente osservabili, cosa che per quanto ne sappiamo, per esempio, ci distingue da tutti gli animali. Riguardo alle tue obiezioni ovviamente in parte concordo visto che ho detto che c'è una componente "accidentale" della matematica (siamo dopotutto noi a scrivere le equazioni) ma ciò è lungi da concludere che la matematica dipenda da noi. Comunque - secondo me - stai un po' esagerando (mi riferisco al tuo ultimo post, se scrivi espressioni colorite (magari anche scherzose) non dimenticarti di aggiungere una "emoticon" ossia una "faccina", preferibilmente questa " ;D ".). Comunque devo precisarti che Newton non aveva una nozione di "spazio curvo" bensì riteneva che la gravità faceva un'azione a distanza.

@Angelo, le tue obiezioni sono deboli. Il fatto che la conoscenza della realtà dipenda dal soggetto non implica che non sia possibile per il soggetto fare affermazioni circa proprietà indipendenti dalla propria prospettiva della realtà. Come ben sai non ho mai affermato che ciò sia vero, tuttavia la scienza mi pare piuttosto una prova convincente del fatto che possiamo "squarciare il velo di Maya", nel senso che possiamo avere una comprensione parziale della realtà indipendente da noi per quanto tale comprensione sia confusa. Riguardo all'universalità concordo con @sgiombo negare che la tendenza a comprendere l'universale dietro al particolare è logicamente erroneo quanto non comprendere il particolare nell'universale e anzi secondo me è anche peggio. Questo lo dico grazie ai miei studi in vari campi del sapere "umano". Ad ogni modo tu distingui tra "fisica" e "meta-fisica" però devo richiamare il fatto che la distinzione non è mai stata netta: per esempio in fisica parliamo di "campo", di "particella", di "realtà indipendente dall'osservatore" ecc concetti che rasentano la meta-fisica. Posso citarti, per esempio, la moltitudine di interpretazioni della meccanica quantistica che descrivono tra di loro un'ontologia incompatibile tra di loro (dunque non possono essere tutte "vere") e molti fisici, quelli più orientati al "pragmatismo", considerano esse come "meta-fisica", per esempio. Comunque nella fisica - più di ogni altra scienza - c'è la manifesta tendenza all'universale e a ricercare l'oggettività (o quantomeno l'universalità, i.e. trovare "verità" che siano condivise da tutti). Ho usato l'esempio di Newton. Ma potrei usare l'esempio di Maxwell, Einstein, della QED, e della contemporanea teoria delle stringhe che cerca di unificare tutta la fisica oggi conosciuta (e altro ancora da osservare) con un unico gruppo di leggi. Quindi no, la pratica scientifica smentisce l'idea per la quale la scienza non è né interessata all'universalità delle sue verità né tantomeno alla tendenza a trovare l'uno dietro ai "molti", che in origine era puramente una speculazione metafisica. Ma non è solo la fisica... la biologia ci dice per esempio che siamo mammiferi, ovvero che sia possibile pensare ad un set di caratteristiche che si trovano in molti animali anche nell'uomo ecc. Come dicevo però se ci basassimo solo sulla conoscenza "scientifica" non potremo nemmeno avere il concetto di "umanità" con grossi problemi all'etica. Ergo la metafisica ha anche un'utilità pratica.

Ad ogni modo il tuo continuo rifarti al soggetto mi rende piuttosto perplesso. In altri topics hai parlato di condizionamento da "DNA, cultura, cervello ecc" sostenendo che a causa di questi condizionamenti non sia possibile avere una conoscenza che vada oltre ciò che è condizionato dalla nostra individualità. L'argomento però mi pare piuttosto debole: se la conoscenza di qualcosa indipendentemente da come siamo fatti noi fosse impossibile allora secondo me si cade facilmente nel solipsismo a meno che non si creda che la stessa nostra individualità possa mutare nel tempo. Se ciò è possibile però siamo costretti a definire il cambiamento della nostra individualità rispetto ad un "qualcosa", così come si misura la velocità di un oggetto in un sistema di riferimento. Ergo la banale ammissione che la nostra individualità possa cambiare necessita l'esistenza di una realtà esterna a noi che ci può condizionare. Quindi sinceramente gli argomenti che porti mi paiono estremamente deboli. E anzi mi pare che se, per così dire, non si pone un freno alla tendenza a mettere in risalto il soggettivo a dispetto dell'oggettivo si cade irrimediabilmente nel solipsismo "di fatto", ovvero nella posizione di Protagora. Le tue obiezioni sono ben lungi dall'essere definitive. Riguardo poi alla scienza c'è da chiedersi se la scienza è veramente "immune" dalla tanto bistrattata "meta-fisica". Secondo me no visto che senza non ha fondamento (ergo c'è la "filosofia della scienza"). E ad ogni modo la tendenza all'universale c'è anche in quegli scienziati che detestano - spesso in modo incoerente - la metafisica (tipo Hawking, Krauss, Dawkins ecc). Per esempio la "Teoria del Tutto" è nata tra i fisici. E se a molti scienziati parli di "aldilà", realtà inacessibili alla scienza ecc questi ti prendono per "eretico"... quindi no, nella pratica la maggioranza degli scienziati non contempla alcun modo di conoscere le cose che non sia quello scientifico, per esempio e talvolta vedendo, per esempio, antivax e terrapiattisti non puoi dire che abbiano torto a farlo (e qui però si torna al problema delle gerarchie su cui abbiamo dissentito). Viceversa quando vedo un Hawking dire che ha dimostrato che Dio non è necessario per spiegare l'origine dell'universo o un biologo evoluzionista affermare che l'etica si spiega usando la sola teoria dell'evoluzione sinceramente rimango molto perplesso. Così come rimango molto perplesso sull'impossibilità di uscire (in parte!!!) da noi stessi.

Personalmente ritengo che tu (spero che non trovi questa mia affermazione offensiva...) vedendo la "libertà" offerta dal relativismo ti sei lasciato un po' "trascinare" da esso "dimenticandoti" che tale prospettiva è un estremo da evitare (se lo si perseguisse con tutta la coerenza necessaria). Ma nella pratica non lo sei nemmeno tu anche se continui a dire di esserlo e a criticare la meta-fisica come se fosse una disciplina monolitica (l'argomento contro il "fantoccio" di cui dicevo nel mio messaggio precedente...). I tuoi argomenti si applicano a quel fantoccio visto che la meta-fisica di per sé riconosce che il suo argomento è molto difficile (almeno quella greca, quella cristiana è un po' diverso ma nel medioevo c'era l'ossessione con le "eresie" che oggi non c'è più e non c'era nemmeno ai tempi di Platone &co) ecc. Ripeto i tuoi argomenti sono giusti per un certo tipo di metafisica, quella che non ammette i suoi limiti, quella che dice di essere "razionale" quando è al massimo "ragionevole" ecc. Ma fare di tutta l'erba un fascio, affermare che il fatto (innegabile) che siamo condizionati non ci permetta di "uscire" da noi stessi (in parte!!!) è un'argomentazione che non è convincente, per niente.  

Ad ogni modo, per curiosità ti chiedo se l'affermazione "un cane non è un gatto" è vera solo per il soggetto che la dice? è universale? è oggettiva? ovvero per favore specifica cosa intendi per "meta-fisica" e "relativismo", altrimenti queste discussioni sono completamente inutili.

@viator, non volevo dire che tu identificavi la mente con lo spirito (forma) (ti ringrazio della precisazione). Lasciami però dirti una obiezione. La Forma può sopravvivere senza "sostanza" così come un software può esistere senza essere "inciso" su un particolare disco. Ovvero posso pensare che la mia forma possa "vivere" anche in un altro corpo, per esempio. O magari posso pensare che "ciò che rende me, me" non possa essere identificato né con la mente né col corpo ma che sfugga alla conoscenza scientifica. Nell'induismo* ad esempio si parla spesso (ma non sempre) di un "atman" che passa che da un corpo all'altro (reincarnazione).

*Se ti può interessare il buddhismo ritiene che non si possa stabilire l'esistenza di nulla che può essere inteso come forma** (ovvero che ci sia "qualcosa che rende me, me") però allo stesso tempo non nega la possibilità della vita dopo la morte. Ma anche in questo caso si ha la "credenza" che "qualcosa" in effetti passi da un corpo all'altro.

** ovviamente ciò è un po' diverso da dire che "nega l'esistenza della forma" (una sottile ma interessante differenza)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: viator il 27 Dicembre 2017, 14:14:13 PM
Salve. Per Apeiron : un software (un progetto, un codice, un algoritmo, una sequenza di nessi logici) non può esistere in astratto. Dovrà risultare scritto da qualche parte o memorizzato dal cervello di qualcuno. Ed anche il cervello è un supporto fisico di memoria. Infatti i processori e l'intero hardware dell'informatica non sono altro che il tentativo umano di costruire un cervello "ausiliario" al di fuori di un qualsiasi corpo umano. Prendi un qualsiasi concetto immateriale ospitato da una mente e prova ad "estrarlo" per farlo esistere isolatamente, senza scriverlo, senza parlarne, senza un disegno od una descrizione gestuale.
Oppure, supponendo (secondo me assurdamente) che tale concetto immateriale ed unicamente formale già esista in solitaria libertà fuori dalle nostre teste e dai nostri "supporti esterni", dimmi come farai a portarlo dentro le nostre teste in mancanza di veicoli materiali che ce lo trasportino !!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 15:01:21 PM
Non posso "dirti" come farò a portare la mente da un cervello all'altro (o qualche altro supporto simile...) semplicemente perchè ritengo che:
1) non abbiamo la conoscenza scientifica;
2) perchè anche se ci riuscissimo... resteremo sempre noi stessi o diventiamo altro (vedi il topic sulla "nave di Teseo" e sul "principio di arbitrarietà mereologica" di un anno fa)?

Comunque se per esempio ho un programma su un disco e lo rompo nulla mi vieta prendermi un altro disco con lo stesso software installato. Ergo se "noi" siamo la "Forma" nulla mi vieta di pensare che sia possibile passare da un corpo all'altro (in linea di principio - concordo che dal punto di vista pratico è tutt'altro che semplice  ;D ). Poi ovviamente tu (giustamente) mi stai chiedendo una spiegazione empirica, ma volendo il "processo" in questione potrebbe non essere "a noi visibile" (e ti ho citato due "filosofie" secondo cui "qualcosa" passa da un corpo all'altro. Per la cronaca la metempsicosi era "popolare" anche nell'Antica Grecia... ovviamente se hai dubbi che sia possibile, non sei l'unico, ovviamente li ho anche io ma sinceramente sulla questione dell'aldilà preferisco tenere una mentalità aperta...). Comunque questo tipo di discussione è nata anche nel sito "The Philosophy Forum": qui https://thephilosophyforum.com/discussion/2174/is-information-physical/p1 e https://thephilosophyforum.com/discussion/2442/what-does-it-mean-to-say-that-something-is-physical-or-not, https://thephilosophyforum.com/discussion/2558/what-exists-do-concepts-exist... dall'elevato numero di pagine si può vedere che è un argomento molto dibattuto. Comunque secondo me non si può ridurre l'informazione al supporto materiale in cui è contenuta. La questione semmai è: se spariscono tutti i supporti materiali e mentali sparisce anche l'informazione? Solitamente ci sono tre possibilità. La prima è "sì" ("nominalismo") ovvero che l'informazione viene distrutta se si distruggono tutti i possibili supporti (curiosamente secondo me però esiste in questo caso in "potenza" nel senso aristotelico...). La seconda alternativa è il realismo platonico ovvero dire che l'informazione esiste in un reame astratto. Una terza possibilità che può essere vista come un misto delle prime due è che l'informazione esiste sempre perchè esiste una qualche mente o corpo "eterno" che da il supporto (questo è il "concettualismo"). Io personalmente sono indeciso tra la seconda e la terza alternativa.

Sempre da quel sito sul dibattito sul relativismo/universalismo/oggettivismo... morale consiglio https://thephilosophyforum.com/discussion/2547/nothing-is-intrinsically-morally-wrong.

Mi dispiace però causa impegni vari non credo di poter intervenire ancora in questa discussione fino ad almeno dopodomani. Questo non significa che non leggerò  ;)

P.S. Quel forum è in lingua inglese... devo dire che come già faceva notare Angelo tempo fa ne esistono pochi, purtroppo.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2017, 15:20:50 PM
Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PM
@sgiombo, ovviamente non volevo affermare che la mia è la sola metafisica. Quanto invece che la mia metafisica (per esempio) non si basa su dogmi "calati dall'alto" ma si basa sullo studio, sul dialogo e sulla tendenza umana a fare ipotesi (userei il verbo inglese "wondering about...") anche su cose che non sono empiricamente osservabili, cosa che per quanto ne sappiamo, per esempio, ci distingue da tutti gli animali. Riguardo alle tue obiezioni ovviamente in parte concordo visto che ho detto che c'è una componente "accidentale" della matematica (siamo dopotutto noi a scrivere le equazioni) ma ciò è lungi da concludere che la matematica dipenda da noi. Comunque - secondo me - stai un po' esagerando (mi riferisco al tuo ultimo post, se scrivi espressioni colorite (magari anche scherzose) non dimenticarti di aggiungere una "emoticon" ossia una "faccina", preferibilmente questa " ;D ".). Comunque devo precisarti che Newton non aveva una nozione di "spazio curvo" bensì riteneva che la gravità faceva un'azione a distanza.
CitazioneFrancamente non vedo come le prime obiezioni possano essere rivolte a me.
Non mi sembra infatti di averti mai attribuito la pretesa che la tua sia la sola metafisica, né di avere affermato che sia dogmatica  o fondata su pregiudizi "calati dall' alto".
Ho invece criticato il tuo platonismo in quanto affermazione dell' esistenza reale indipendentemente dalla realtà di chi le pensi delle verità matematiche e indipendentemente dalla realtà di chi li osservi oppure li contravvenga degli imperativi etici.

Lungi da me la pretesa di negare la possibilità di fare ipotesi anche su cose che non sono empiricamente osservabili: personalmente ne faccio a iosa, in particolare qui nel forum!
Ma se noi (o altri pensanti) non esistessimo la matematica non esisterebbe (infatti non é esistita fino a qualche decina di secoli fa. E un' inifinità di potenziali verità matematiche non esistono e non esisteranno mai; dunque la matematica dipende da noi o da altri pensanti).

Nell ' ultimo post ho decisamente perso la pazienza (credo giustificatamente) di fronte alle continue ingiustificate accuse di dogmatismo e di infondatezza da parte di Angelo Cannata non a questa o quella filosofia o metafisica ma in generale a (tutta) la filosofia e la metafisica (per giunta su un forum di filosofia praticato da persone che si ritengono "filosofi") a cui contrappone la scienza (le scienze naturali) pretendendo fra l' altro che contrariamente alla filosofia non tratti anche (e anch' essa del tutto legittimamente e per lo più e in generale correttamente, salvo determinati particolari casi) dei soggetti di conoscenza che la studiano e la praticano teoreticamente (e come se questo fosse impossibile o vietato da chissà chi o chissà cosa).

Le "faccine" non le ho mai usate e per una mia idiosincrasia non ho alcuna intenzione di imparare ad usarle (credo ci si spieghi molto meglio linguisticamente, magari con espressioni verbali colorite).

Con la curvatura dello spazio mi riferivo ad Einstein, con la gravità agente a distenza a Newton.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2017, 15:38:11 PM
Citazione di: viator il 27 Dicembre 2017, 14:14:13 PM
Salve. Per Apeiron : un software (un progetto, un codice, un algoritmo, una sequenza di nessi logici) non può esistere in astratto. Dovrà risultare scritto da qualche parte o memorizzato dal cervello di qualcuno. Ed anche il cervello è un supporto fisico di memoria. Infatti i processori e l'intero hardware dell'informatica non sono altro che il tentativo umano di costruire un cervello "ausiliario" al di fuori di un qualsiasi corpo umano. Prendi un qualsiasi concetto immateriale ospitato da una mente e prova ad "estrarlo" per farlo esistere isolatamente, senza scriverlo, senza parlarne, senza un disegno od una descrizione gestuale.
Oppure, supponendo (secondo me assurdamente) che tale concetto immateriale ed unicamente formale già esista in solitaria libertà fuori dalle nostre teste e dai nostri "supporti esterni", dimmi come farai a portarlo dentro le nostre teste in mancanza di veicoli materiali che ce lo trasportino !!
CitazioneLa nostra coscienza (tanto i suoi contenuti esteriori - materiali quanto quelli interiori - mentali o "di pensiero") non esistono (non si trovano, non accadono) nei nostri cervelli (ove esistono unicamente cellule, molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.; organizzati e funzionanti in maniera per certi aspetti analoga, anche se in modo estremamente meno semplice, "rozzo", "primitivo", a quella in cui altra simile materia é organizzata e funzionante nei computer; e non invece altri cervelli -sic!-, computer e men che meno -altre e numerose: sic!- esperienze coscienti).
Sono invece i nostri cervelli e i computer (con i loro atomi ecc., e con i loro hardware e software) a esistere (trovarsi, accadere) nell' ambito delle nostre esperienze coscienti (in particolare delle loro componenti esteriori - materiali; per come effettivamente accadono e/o per come possono essere dedotte e calcolate scientificamente accadere dal pensiero, a seconda dei casi).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 27 Dicembre 2017, 16:51:26 PM
Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PM... la scienza mi pare piuttosto una prova convincente del fatto che possiamo "squarciare il velo di Maya", nel senso che possiamo avere una comprensione parziale della realtà indipendente da noi per quanto tale comprensione sia confusa.

Per poter dire questo immagino che avrai dovuto usare il tuo cervello. Quindi come fai a dire "indipendente da noi", cioè indipendente da cervello umano?

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMAd ogni modo tu distingui tra "fisica" e "meta-fisica" però devo richiamare il fatto che la distinzione non è mai stata netta: per esempio in fisica parliamo di "campo", di "particella", di "realtà indipendente dall'osservatore" ecc concetti che rasentano la meta-fisica.

La distinzione è netta, si tratta di comprenderla. La metafisica va in cerca dell'assoluto; assoluto significa indipendente da tutto, anche dal tempo; indipendente dal tempo significa che la metafisica va in cerca di definizioni che non si debbano mai più modificare nel futuro. È questo ciò che hanno cercato di ottenere Parmenide, nel momento in cui pensò di aver individuato il principio di non contraddizione, oppure Aristotele, nel momento in cui pensò di aver individuato la sostanza, oppure Platone, quando pensò di aver individuato il mondo delle idee.
La fisica non ha nessuna pretesa di individuare leggi che debbano valere per sempre: nel momento in cui una legge fisica viene smentita da qualche fenomeno, la fisica è ben lieta di continuare il suo mestiere di ricerca per capire come funziona la natura. La metafisica invece non sopporta smentite: se viene smentita di sente fallita, perde l'equilibrio, sta male, soffre; è questa la sensazione espressa da Nietzsche quando dice "In quale direzione ci muoviamo noi? Lontano da tutti i soli? Non precipitiamo noi continuamente? Indietro, da un lato, in avanti, da tutte le parti? C'è ancora un alto e un basso? Non voliamo noi come attraverso un nulla senza fine? Non soffia su di noi lo spazio vuoto?"; la metafisica non sopporta questo e appena lo percepisce cerca in tutti i modi di difendere le certezze raggiunte oppure, se non ci riesce, ne cerca altre, ma sempre con l'intenzione di trovarne che finalmente non richiedano mai più di essere modificate. La fisica non ha invece alcuna pretesa di individuare leggi che non debbano essere mai più modificate.

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMCome dicevo però se ci basassimo solo sulla conoscenza "scientifica" non potremo nemmeno avere il concetto di "umanità" con grossi problemi all'etica. Ergo la metafisica ha anche un'utilità pratica...
...se la conoscenza di qualcosa indipendentemente da come siamo fatti noi fosse impossibile allora secondo me si cade facilmente nel solipsismo...

La metafisica non è mai stata in grado di fornire alcuna base per alcuna etica in grado di reggere alla critica.
Questo agitare il problema dell'etica o del solipsismo mi somiglia alla barzelletta dei carabinieri che, avendo perso le chiavi della macchina in una via buia, decisero di cercarle in un'altra via, illuminata, visto che in quella buia non ci avrebbero visto abbastanza per poterle trovare. Che senso ha aggrapparsi alla metafisica solo per timore di rimanere senza etica, cioè per timore di portarla avanti con coerenza, fino al suo autocontraddirsi? Cioè, stai dicendo che è meglio aggrapparsi ad una bella menzogna che ad una brutta verità, purché si faccia ordine e ci sia tranquillità.


Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PM...la banale ammissione che la nostra individualità possa cambiare necessita l'esistenza di una realtà esterna a noi che ci può condizionare.

Infatti il problema è che è la metafisica a distruggere sé stessa. Tu stesso hai scritto "che ci può condizionare". Se ci condiziona, significa che il nostro affermare tale realtà non potrà mai presumersi oggettivo, perché, una volta che supponiamo di essere condizionati, ne segue che non ci è possibile stabilire né da cosa siamo condizionati, né se siamo condizionati.

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMPer esempio la "Teoria del Tutto" è nata tra i fisici.
Non possiamo definire cos'è la scienza basandoci sulle sue confusioni storiche, altrimenti si potrebbe anche concludere che la scienza ammette la superstizione, la generazione spontanea, visto che ci sono stati scienziati dell'antichità che vi hanno creduto.


Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PME se a molti scienziati parli di "aldilà", realtà inacessibili alla scienza ecc questi ti prendono per "eretico"
Prenderanno per eretico chi pretenda di parlare di queste cose presupponendo che abbiano una base scientifica, una dimostrabilità scientifica. In questo caso avrebbero ragione. Ma se io ne parlo per fede, o per ispirazione artistica, non hanno niente da dirmi, perché alla scienza non interessa la fede, né l'ispirazione artistica.

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMquindi no, nella pratica la maggioranza degli scienziati non contempla alcun modo di conoscere le cose che non sia quello scientifico

Questo non è per niente vero. Esiste per esempio un modo di conoscere gli alberi che è il modo dell'artista che li dipinge e gli scienziati non si sognano affatto di mettere in discussione il tipo di conoscenza messa in atto dall'artista, né si sognano di dire che il suo quadro non vale niente per il fatto che non è dettato da conoscenza scientifica. In base a ciò che hai detto, la maggioranza degli scienziati dovrebbe pensare che i quadri di Picasso non hanno alcun valore, visto come sono distorti e vista quindi quanta poca conoscenza scientifica c'è in quel modo di vedere la realtà.


Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMquando vedo un Hawking dire che ha dimostrato che Dio non è necessario per spiegare l'origine dell'universo o un biologo evoluzionista affermare che l'etica si spiega usando la sola teoria dell'evoluzione sinceramente rimango molto perplesso.

Hawking può parlare da scienziato e la scienza non ha bisogno di Dio. Egli però non può in alcun modo sostenere che l'unico modo di pensare corretto in questo mondo sia quello scientifico. Hawking può dire quello che dice perché purtroppo ci sono persone che fanno confusione e ritengono che Dio possa sforare in campo scientifico fino a diventarne base necessaria. In questo Hawking ha buon gioco. Quello che dici sul biologo evoluzionista contiene come errore la particella "sola": ogni esclusività è sempre sbagliata, perché le cose sono sempre più grandi e complesse di come noi le pensiamo.

Citazione di: Apeiron il 27 Dicembre 2017, 13:15:42 PMAd ogni modo, per curiosità ti chiedo se l'affermazione "un cane non è un gatto" è vera solo per il soggetto che la dice? è universale? è oggettiva? ovvero per favore specifica cosa intendi per "meta-fisica" e "relativismo", altrimenti queste discussioni sono completamente inutili.
Ti sfido a dimostrarmi che un cane non è un gatto.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 27 Dicembre 2017, 18:46:19 PM
Una delle due cose che l'essere umano ama di più fare è proprio l'ipotizzare.
L'altra naturalmente è quella di spettegolare e sparlare dei vicini...
Si potrebbe quasi dire che si è veramente umani proprio perchè si ipotizza e si sparla continuamente. Infatti, avete mai visto un cane o un gatto fare ipotesi su quel che li circonda o sparlare degli altri cani e gatti?...In fin dei conti , non è proprio la possibilità dataci dall'intelligenza quella che ci permette di fare ipotesi e, di conseguenza, scoperte? Che importanza ha se la chiamiamo fisica o metafisica? L'importante è tirarne fuori delle belle ipotesi, che ci possano svelare qualcosa di nuovo, fino ad allora nascosto o non conosciuto. Allo stesso modo, cosa c'è di male nello spettegolare sui vicini e , sparlandone, fare ipotesi sulla loro vita e sul modo di menarla?...
Ben lo diceva la grande Jane Austin: " Cosa rimarrebbe dei pochi piaceri della vita se ci privassimo pure di quello, del tutto innocente, di spettegolare sui vicini di casa?"... ;D
Spesso, ipotizzare e spettegolare, vanno a braccetto. Per esempio, fresca fresca, giusto pochi giorni prima di Natale il nostro vicino, un umile operaio con moglie e due figli a carico, si è...diciamo così...concesso un regalino, probabilmente per gratificarsi un poco, visto la famiglia che si ritrova...va bé, questo è un altro discorso...ossia è arrivato a casa alla guida di una nuova , fiammante Audi. E allora?...Voi direte, cosa ce ne cale a noi, son affaracci suoi!...Eh no, perché l'evento ha dato la stura per iniziare, tra noi amici, ritrovatoci a dover dar fondo ad una bottiglia di Zibibbo, per formulare una marea di ipotesi sul poveraccio ( rivelatosi sorprendentemente assai meno povero di quello che era il consensus generale...). La questione era chiara, posta da Luigino in modo ben preciso. Si presentava una domanda che richiedeva un'investigazione, tra il fisico e il metafisico: "Come può un operaio, con moglie che non lavora e due figli , acquistare un'auto come quella?". Ecco allora, prima di far scattare le doverose ipotesi, andar tutti ad informarci sul reale valore di quel bene, utilizzando la nota rivista del settore "Al Volante" che ci strappavamo di mano nella consulta frenetica.  All'iperbolica cifra di 52.ooo euri , un silenzio glaciale, inframezzato da un rutto soffocato malamente, è calato tra noi...
Come potete intuire, la gente che frequenta Villa Sariputra brilla per la totale assenza di moneta, sia reale che virtuale, e molti ricoprono incarichi lavorativi più "prestigiosi" del caro vicino...
Ecco allora fiorire le ipotesi fisiche: una vincita, un'eredità, una pila di cambiali fino al 2039, un'ipoteca sul modestissimo appartamento, mah...e poi dalle fisiche alle metafisiche: è giusto che questo pazzo sperperi ben 52.ooo eurozzi per un'auto, quando ha moglie e figli ai quali la durezza della vita potrebbe reclamare senz'altro qualcosa? E' giusto che sperperi 52.ooo eurozzi quando invece poteva acquistare un'utilitaria e devolvere , se proprio voleva disfarsene, il rimanente ai bisognosi lontani e...pure a quelli vicini? L'ingrato a cui spesso, impietosito, facevo recapitare a domicilio, tramite mia figlia, dei bei ovetti freschi di gallina ( che non sono in grado di dimostrare non sia un maiale, ma di sicuro dimostra di saper fare le uova, cosa che quel maledetto del maiale si è sempre rifiutato di farmi...)...
Vedete come, da una banalità, a poco a poco si approfondisce la discussione, soprattutto se allietata da un buon vinello fresco accompagnato da noci e bagigi?  Così, a poco a poco, ci siam ritrovati a sviscerare e ponderare sui massimi sistemi, tirando alla fine persino in ballo "Lui"...il grande presenteassente delle nostre esistenze...Dio stesso, chiamato al convito contadino e alla libagione. Ecco allora che, spettegolando su una bianca, inaspettata Audi station wagon, si è finiti per dichiararci la nostra fede o la sua assenza, le nostre speranze e i nostri più intimi tormenti...Luigino è scoppiato in pianto ricordando il figlio perduto; Marisa, nel tentativo di consolarlo, è finita a tirar fuori tutta la sua sofferenza per esser senza figli e Adino è riuscito finalmente a dire alla moglie...che , porca vacca! Anche lui ha sempre desiderato farsi una bella automobile...ovviamente tra le risate generali... ;D
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2017, 22:03:17 PM
Quando penso non uso il mio cervello (come uno strumento), ma invece, di pari passo al mio pensare accadente nell' ambito della mia esperienza cosciente*, accade che se qualcuno trova il modo di osservare il mio cervello (possibilmente senza ammazzarmi o mandarmi in coma o rendermi invalido, se appena possibile! Per esempio indirettamente per il tramite dell' imaging neurologico), allora, nell' ambito dell'esperienza cosciente** di tale "qualcuno" (e non della mia*), accade che si verifichino certi determinati eventi neurofisiologici (e non affatto i miei pensieri coscienti!) all' interno del mio cervello stesso.

Ma posso benissimo dire che attraverso le scienze (e non solo), se sono vere alcune tesi indimostrabili essere vere né essere false, possiamo avere una comprensione parziale della realtà indipendente da noi per quanto tale comprensione sia confusa per il semplice fatto che (alla conditio sine qua non della verità di tali tesi indimostrabili)  la realtà stessa sarebbe così come é e come la conosciamo* anche se non la conoscessimo (fra l' altro di essa sappiamo che alcune "cose" erano così come sappiamo che fossero anche quando né noi né alcun altro uomo esisteva ancora, e alcune"cose" saranno così come sappiamo che saranno anche quando né noi né alcun altro uomo esisterà più), quindi "indipendentemente da noi" e dalla nostra conoscenza di essa.
_____________________
* Salvo ovviamente il fatto che non la conosceremmo.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 28 Dicembre 2017, 10:40:12 AM
Citazione di: Sariputra il 27 Dicembre 2017, 18:46:19 PM
dei bei ovetti freschi di gallina ( che non sono in grado di dimostrare non sia un maiale, ma di sicuro dimostra di saper fare le uova, cosa che quel maledetto del maiale si è sempre rifiutato di farmi...)...

Sempre simpaticissimo, Sari.

Buon anno a te e a tutti quanti!

Ma non maledire il maiale: vuoi mettere salami, prosciutti, cotechini e zamponi, ciccioli, ecc. che ti darà, e che la gallina (anche ammesso e non concesso non sia dimostrabile non essere un maiale e viceversa) non ti darà mai?
Fra l' altro un ottimo prosecco, di cui sei produttore, mi sembra particolarmente adatto da accompagnare ai doni "generosamente" (si fa per dire) elargiti (ma infatti per coercizione estrinseca alla sua intrinseca volontà) dal maiale (anche se quelli che se la tirano probabilmente preferirebbero un rosso fermo).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 29 Dicembre 2017, 18:10:42 PM
@Angelo, il fatto che "non ci intendiamo" secondo me è, almeno a volte, proprio dovuto al fatto che noi diamo il significato alle parole in modo diverso  :)



Per esempio per me la meta-fisica è un'attività atta a cercare di comprendere per quanto ci è possibile la "natura delle cose". Questa comprensione, però, può non essere "completa" ma può essere anche parziale. E siccome questi termini solitamente si usano per descrivere la filosofia greca allora uso proprio spesso esempi di quella cultura per farmi capire. La "pretesa" della meta-fisica nasce da un bisogno dell'uomo molto "primario" che è quello di cercare di "capire" le cose e non semplicemente di descriverle. Restando alla filosofia greca sono nati vari sistemi: il "platonismo", l'"aristetelismo", l'epicureismo, il pirronismo, il cratilismo, la filosofia eleatica,l'atomismo ecc. Tutti questi sistemi erano un tentativo di creare una "teoria" che spiegasse i fenomeni. Osserviamo, per esempio, la moltitudine di fenomeni però osserviamo anche l'universale nel particolare (in fin dei conti sia Socrate che Eraclito erano uomini, così come lo sono io adesso...). E nessuna di queste era "scientifica" nel senso che diamo noi al termine oggi in quanto non si basava sull'osservazione e sul "test" sperimentale. Tuttavia l'enorme varietà di idee che era presente in quei secoli, anche nella stessa scuola (ad esempio Speusippo e Platone...), ti fa capire che la meta-fisica, ovvero il tentativo di dare una risposta alle "domande fondamentali", era un'attività libera e anzi "liberante". Poi però l'interazione tra religione e politica ha contrastato questa libertà già nella Grecia stessa, vedasi Socrate accusato di empietà (pur non essendo "non credente"). Nel medioevo poi si è "unificata" la metafisica con la teologia e qui i problemi si sono moltiplicati: le risposte bene o male c'erano già (dottrina x, dottrina y, dottrina z...) e al filosofo non restava che "rifinire" alcune problematiche della teoria esistente (ovvero la "teologia cristiana" del tempo). Ora, sinceramente, non credo che tu abbia problemi con il "tentativo" quanto tu hai invece problemi col fatto che "non è possibile dimostrare" le cose e su queso sono d'accordo ma come sto cercando di dirti questa "fissità" che tu vedi tra i meta-fisici non la vedo, per esempio, nei dialoghi platonici. Se questa "fissità" ci fosse stata (ovvero se allora si pensava che Platone avesse dimostrato tutto) allora i suoi successori nell'Accademia dovrebbero aver vissuto con "l'ipse dixit", cosa che storicamente non è avvenuta. Quindi a meno che tu non abbia problemi con il "wondering" e con l'uso della ragione nel tentativo di spiegare "la natura delle cose" sono d'accordo con te. Come dicevo prima il problema col cristianesimo è che non è più meta-fisica nel senso che le risposte ci sono già (= non c'è più niente da ipotizzare ma solo da interpretare). Lo stesso si può dire, ad esempio, di un buddhista che crea un sistema concettuale (cosa che in fin dei conti sono i "commentari") per interpretare i discorsi. Ma c'è una bella differenza tra questo - che è un lavoro di interpretazione - e la metafisica, che invece è un tentativo di spiegazione delle cose. Se poi per te anche solo credere che abbia senso ipotizzare è un problema è un altro discorso. Sinceramente mi "schiero" in tal caso con i meta-fisici antichi, ovvero Parmenide, Platone, Democrito, Eraclito ecc.


Per quanto riguarda la scienza... Semplicemente io ho osservato quello che: (1) fanno abitualmente gli scienziati (2) quello che gli scienziati affermano riguardo al loro lavoro. Il problema della demarcazione nasce dal fatto che "non è semplice" distinguere meta-fisica e scienza naturale, come ad uno sguardo superficiale accade. Stando a Popper una teoria è scientifica se falsificabile. Molto bene, però anche la teoria della relatività più l'affermazione "domani però i maiali voleranno" è una teoria scientifica. Oppure si può dire, seguendo Kuhn, che quello che conta sono i "paradigmi", però questo ha la debolezza di rendere la scienza un qualcosa che dipende dalla particolare cultura del tempo. SI può andare oltre e fare come Feyerabend e scrivere "contro il metodo". Sinceramente nessuno di questi tentativi mi ha veramente soddisfatto in quanto nessuno di essi riesce a coprire tutto ciò che solitamente viene indicato come scienza. Se poi usassimo la definizione di Galileo, ovvero dessimo una fondamentale importanza alla matematica, allora nemmeno potremo chiamare la medicina "scienza" se volessimo essere davvero coerenti. Einstein ad esempio lavorava con esperimenti mentali, Dirac si concentrava sull'aspetto matematico delle teorie - eppure anche questi lavori che di fatto non partono dall'osservazione sperimentale non sono considerati "non scientifici". Idem per Maxwell che ha unificato l'elettromagnetismo. E oggi si parla di "teoria del tutto", ovvero una teoria che "pretende" di spiegare "ogni fenomeno". Vediamo in tale tendenza la "meta-fisica"? No. Secondo me vediamo sinceramente una tendenza dogmatica "scientista", ovvero a non voler ammettere qualcosa di reale che "va oltre" ciò che può essere scientificamente conosciuto. Inoltre se proprio vogliamo essere pignoli anche questa è in fin dei conti "meta-fisica" in quanto si nega l'esistenza di realtà "ulteriori". Non rimane forse "l'agnosticismo" o la "sospensione del giudizio" eppure come ben hai fatto notare ci sono parti della nostra esperienza - estetica, spiritualità ecc - che ci suggeriscono che non tutto può essere descritto in termini "scientifici". Per quanto riguarda Hawking il suo ragionamento era diverso: siccome l'universo per Hawking si è generato letteralmente "a caso" allora Dio non è necessario. Qui però si vede ancora un ragionamento che inizialmente è scientifico, poi però diventa "meta-scientifico" (i.e. meta-fisico) spacciandosi per scientifico perchè in fin dei conti questo "vuoto" che rimane in realtà ha la "proprietà" di "trasformarsi" in tutto ciò che vediamo oggi. In sostanza rimane ancora da spiegare "l'ontologia" delle regolarità della natura (anzi le regolarità dei fenomeni sono un a-priori della scienza... ovvero "meta-fisica"... pochi lo riconoscono devo dire). Ancora peggio è Krauss secondo cui quel "vuoto" coincide col "nulla". Ti "sfido" dunque io a darmi una definizione completa di scienza.


Riguardo al soggetto ....Dici che io uso il cervello e sono d'accordo con te. Ma io riconosco che il mio cervello, così come il tuo, è inserito in un contesto "esterno" con cui interagisce. Ora a meno che non ci divertiamo a rinchiuderci nel solipsismo dobbiamo ammettere che tra di noi ci siano delle verità "condivise", per esempio che sia io che te stiamo leggendo sul Forum di Riflessioni. E qui non capisco la tua continua negazione della possibilità che ci siano verità universali che sono valide per tutti i soggetti (i quali mi par di capire che per te sono "reali"...). Nel contempo però affermi che nessun soggetto può conoscere qualcosa che non dipende da lui, quindi fai una affermazione di verità universale [universale non significa assoluta o indipendente ma condivisa da tutti]. Con questa espressione intendo dire che ad esempio io posso parlare sensatamente delle proprietà del tavolo anche se il tavolo non è "me" e posso anche affermare che il tavolo possiede proprietà che continuano ad esistere anche se io non lo percepisco più (di nuovo non è nient'altro che un'ipotesi). Riguardo all'umanità... siccome appunto non si può dimostrare che un cane è diverso da un gatto, però è empiricamente evidente che lo è [se per te "è troppo" prendere ciò come verità condivisa è un altro discorso] allo stesso modo ritengo che è "empiricamente evidente" che tra gli esseri umani ci sono caratteristiche comuni (condividiamo perciò qualcosa che ci rende umani, ovvero "la forma") allora "mi sento in diritto" di credere che studiano ad esempio me stesso ("conosci te stesso..." - Oracolo di Delfi) posso fare affermazioni che anche sono vere anche per te, anche se logicamente non posso provarlo [ma se stessimo a ciò che razionalmente si può provare non potrei nemmeno vivere, visto che in fin dei conti tra qualche minuto potrei, per cause sconosciute, morire... ma in genere vivo senza pormi questo dubbio]. Dunque se è possibile affermare che tra noi esseri umani c'è qualcosa di comune allora, secondo me, anche il concetto di "dignità umana" è ragionevole pur non essendo, strettamente parlando, "razionale". E se leggi i dialoghi platonici (per esempio) vedi che i personaggi spesso fanno ipotesi, arrivano ad una conclusione e poi  vedono se "nella realtà" può aver senso. Inoltre vivendo noi un tempo limitato ("pensa come un mortale" - Oracolo di Delfi) dobbiamo per forza fare alcuni "atti di fede" e rinunciare a dimostrare che, per esempio, domani il Sole sorgerà. Il problema che tu vedi non è nella filosofia bensì quando questa viene unita alla religione, dove appunto si sceglie di "affidarsi completamente" ad un sistema di dottrine. Personalmente quando vedo che un principio come "trattare gli altri con rispetto è meglio che trattare gli altri senza rispetto" e lo vedo sostenuto da molti filosofi e tradizioni spirituali non posso non credere che sia ragionevole che esso sia "vero". In fin dei conti anzi un po' di "fede" è necessaria anche per la ricerca filosofica, visto che ci si affida al fatto che lo studio dei filosofi del passato e le discussioni che stiamo facendo possano farci progredire nella ricerca.


Riguardo al cane e al gatto non posso dimostrarti che sono diversi. Se fossi un greco antico tenterei di dare una spiegazione dicendo chefatto che uno possiede che le caratteristiche (i.e. forma) che lo rendono cane e l'altro invece quelle che lo rendono gatto. Oggi abbiamo la scienza che ci dice che quell'intuizione della "forma" non è poi così un'assurdità come il pensiero "post-moderno" ci vuole far pensare (anzi oggi si può quasi dire che la "forma" del cane o del gatto è contenuta nel "codice genetico". Platone e Aristotele ritenevano che l'informazione fosse "reale" e che un gatto avesse in lui un "codice" che lo rendeva gatto - intuizione che non mi pare poi così sbagliata). Sinceramente chiedermi se queste "forme" abbiano uno status ontologico indipendente da me non mi sembra una domanda senza senso. Se per te anche la domanda lo è, è un altro paio  di maniche. Posso ammettere che la risposta non abbia senso... ma la domanda  ::)  ::) anzi e prendere una posizione in merito (ovvero affermare che abbiano uno status ontologico "indipendente" o negarlo mi pare del tutto legittimo. Se per te non lo è, buon per te ;) )

Comunque ritengo molto interessante che in molte teorie "meta-fisiche" (ovvero ripeto, teorie fatte dove la falsificazione/verificazione empirica non è possibile...) spesso gli stessi filosofi che le espongono sono i primi ad arrivare ad un qualcosa di "ineffabile". Vedo ciò come un riconoscimento che ad un certo punto il limite intrinseco della nostra ragione si manifesta nella sua inabilità a comprendere totalmente la realtà. E sinceramente se non fosse per Platone &co e dessi retta allo "scientismo" invece non potrei nemmeno affermare che la ragione non può comprendere tutta la realtà...

@sgiombo parte della mia risposta al tuo intervento era in effetti "fuori tema". Mi ero confuso.

@Sari sempre simpatico ;) appunto togliersi il "diritto" di speculare (fare pettegolezzi) secondo me è un "reato" contro noi stessi ;)

Colgo l'occasione di augurare Buon Anno :)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 29 Dicembre 2017, 20:47:08 PM
Visto che il mondo non è riuscito finora ad accordarsi su definizioni di scienza e di metafisica abbastanza soddisfacenti, non tautologiche, ci provo io.

Ecco la mia definizione di scienza, fresca fresca, inventata un minuto fa:

scienza è un insieme di regole che cercano di spiegare, e di conseguenza prevedere, il maggior numero possibile di eventi.

In questo senso, ad esempio, anche il gioco del calcio è una scienza, perché spiega, attraverso certe regole, il comportamento dei calciatori che vogliano giocare; il problema è che tali regole spiegano solo quel gioco e non spiegano, ad esempio, come nasce una farfalla. Fisica, chimica, matematica, sono regole come quelle del calcio, con la differenza che riescono a spiegare un maggior numero di eventi, incluso ciò che avviene quando alcuni giocatori giocano a calcio. Perciò le regole del gioco del calcio sono scienza, ma fisica, chimica, matematica, sono scienza a maggior titolo, perché spiegano un maggior numero di eventi.
In questo senso anche le teorie sulla generazione spontanea erano scienza, ma poi è sopravvenuta la scoperta di altre regole che riuscivano a spiegare un maggior numero di eventi; così, con lo scorrere dei secoli, avviene che nuove scienze ne sostituiscano in continuazione altre più vecchie, perché riescono a spiegare più cose.
Anche lo spiritismo è una scienza, ma quella che noi oggi chiamiamo scienza riesce a prevedere un numero di eventi molto maggiore di quanti riesca a prevederne lo spiritismo, perciò lo spiritismo risulta essere una scienza molto inferiore rispetto a ciò che oggi chiamiamo scienza, talmente inferiore da non meritare neanche di essere chiamato propriamente "scienza".
Ho scritto nella definizione "il maggior numero possibile": la scienza non ha alcuna pretesa di riuscire a spiegare tutto; piuttosto, considera sé stessa in continua crescita, continua evoluzione, sempre pronta ad abbandonare o modificare regole e leggi, in vista di altre che spieghino più eventi. La scienza sa benissimo di non riuscire a spiegare tutto, ma proprio questo consente di chiamarla scienza: essa non intende spiegare tutto, ma solo il maggior numero possibile di eventi.

La metafisica intende invece spiegare tutto. Per poter essere spiegazione di tutto essa è costretta a prescindere, almeno in parte, dall'esperienza, poiché non è possibile avere esperienza di tutto. Non potendo basarsi totalmente sull'esperienza, essa si basa sull'astrazione, cioè l'induzione, il passaggio dal particolare all'universale. Dall'osservazione di quel poco di esperienza che la nostra natura umana ci consente, la metafisica decide di poter ricavare regole talmente vaste da poter abbracciare tutto. Essa compie questo salto verso il tutto ritenendo che i princìpi che è riuscita ad ottenere si possano già oggi estendere a tutto. Il principio base della metafisica è il principio di non contraddizione.

In questo senso sia la scienza che la metafisica si servono del principio di non contraddizione, con una differenza: la scienza se ne serve perché vede che esso riesce a spiegare un numero di eventi che nessun altro principio riesce a spiegare. La scienza sa che possono esistere eventi che il principio di non contraddizione non riesce a spiegare, ma non se ne fa problema, perché alla scienza non interessa spiegare tutto; le interessa solo servirsi di quei principi che oggi offrono il massimo. Non tutto, ma il massimo. La metafisica invece non ammette che possano esistere eventi che il principio di non contraddizione non riesca a spiegare. In questo senso la metafisica si pone come un sapere già arrivato al massimo, perché arrivato al totale. La scienza invece non vede affatto sé stessa come arrivata ad alcunché.

Mi fermo qui per non essere troppo lungo: da ciò che ho scritto puoi ricavare da te ciò che si accorda oppure contrasta con ciò che hai scritto tu.

Come vedi queste mie definizioni di scienza e di metafisica?

Buon anno a tutti anche da parte mia.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 29 Dicembre 2017, 22:04:23 PM
Ritengo che esistano definizioni di scienza e di filosofia largamente condivise dagli addetti ai lavori e non solo; dunque ragionevolmente soddisfacenti (anche se non vedo limiti a priori al perfezionamento della conoscenza; e anche se nessuna definizione é incorreggibile e non migliorabile in assoluto).

Anche l' astrologia (per citare solo la prima delle superstizioni e degli irrazionalismi che mi viene in mente; intendo l' astrologia odierna, non le ricerche degli antichi Egizi e Babilonesi) "è un insieme di regole che cercano di spiegare, e di conseguenza prevedere, il maggior numero possibile di eventi".
Eppure non mi sembra proprio che la si possa considerare scienza.

Lo spiritismo, come l' astrologia, non riesce a prevedere un bel niente (se non per "puro culo", del tutto casualmente; ma la scienza -fra l' altro- cerca -anche- di prevedere razionalmente eventi, in seguito all' applicazione diligente, corretto di determinate regole oggettivamente o almeno intersoggettivamente valide, "veraci", e non "per puro culo", del tutto casualmente).

"Alcuna pretesa di riuscire a spiegare tutto" non l' ha non solo la scienza (correttamente intesa), ma anche moltissime filosofie, anche metafisiche; casomai ce l' hanno certe religioni; e certuni affetti da mania di onnipotenza (o almeno di onniscienza).

Non conosco metafisiche non religiose che abbiano la pretesa di spiegare tutto.
Mentre conosco non pochi scienziati che vanno per la maggiore i quali hanno la pretesa di cercare e di trovare prima o poi (loro o altri scienziati dopo di loro, nel caso dei relativamente più realisti o meno megalomani) la spiegazione di tutto ( la spiegazione del tutto la chiamano letteralmente "teoria del tutto").

La metafisica (qualsiasi metafisica, delle tante che sono state e sono proposte) non può limitarsi all' esperienza per definizione: metafisica = (studio di) ciò che sta oltre la fisica, cioè oltre (lo studio di) ciò che é constatabile empiricamente.

L' astrazione, il riconoscimento del generale si fonda empiricamente sull' osservazione empirica dei fatti particolari concreti e sulla distinzione fra ciò che nelle osservazioni empiriche concrete é particolare (proprio individualmente di ciascuna osservazione concreta) e ciò che è comune a più osservazioni particolari concrete.
Invece l' induzione é un procedimento raziocinativo, di cui le scienze fanno largo uso, la verità del quale David Hume (per me il filosofo sommo) ci ha fatto notare essere indimostrabile né empiricamente provabile, del quale si può essere certi unicamente per fede irrazionalmente fondata (e rendersene conto é per me una grandissima conquista di sapere filosofico; riguardante fra l' altro i limiti della conoscenza scientifica).

"Dall'osservazione di quel poco di esperienza che la nostra natura umana ci consente" "decide di poter ricavare regole talmente vaste da poter abbracciare tutto" é ciò che pretendono molti scienziati che vanno per la maggiore, "in buona compagnia" -si fa per dire!- con molte religioni, e non invece con alcuna metafisica non religiosa.

Il principio di non contraddizione é una regola logica della quale solo alcune filosofie metafisiche (come quella di Parmenide e di Severino) pretendono, a mio parere del tutto a torto, di fare un principio ontologico (fisico e metafisico); ma non per questo, almeno a quanto mi risulta, pretendono di conoscere o di spiegare tutto (contrariamente a non pochi scienziati che vanno per la maggiore).
Esso non riesce a spiegare nessun evento (reale), riesce solo a smascherare eventuali paralogismi; e infatti la scienza (le scienze naturali; un po' diverso é il discorso relativo a logica e matematica pure) se ne serve solo a questo scopo (spesso di fatto senza nemmeno esserne esplicitamente consapevole), e non affatto per spiegare alcun evento (per fare questo impiega invece osservazioni empiriche e ipotesi teoriche, da sottoporre al vaglio delle osservazioni empiriche).

L' affermazione "La metafisica invece non ammette che possano esistere eventi che il principio di non contraddizione non riesca a spiegare" non credo sia riferibile nemmeno alle ontologie di Parmenide e di Severino (sicuramente non a tantissime altre!).

Per Apeiron:
Sei fin troppo corretto e degno di ammirazione (oltre per le ottime considerazioni del tuo ultimo intervento e non solol, anche) per il tuo esplicitamente autocriticarti anche quando non ce n' é alcun bisogno!
Buon anno a tutti anche da parte mia!


P.S.: Sarò via per una settimana. Ci risentiamo verso l' Epifania (..."a Dio piacendo", come soleva dire una mia vecchia e brava insegnante di matematica del liceo).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 30 Dicembre 2017, 00:03:06 AM
@Angelo, la tua definizione di scienza è molto interessante ma appunto anche la tua non mi soddisfa  ;D o meglio è molto creativa e, volendo, comprende la scienza ma è troppo generica da un lato e non "sufficiente" da un altro.  Per "scienza" intendo solitamente ciò che si intende "intuitivamente" per scienza, ovvero lo studio critico (e il tuo utilizo della critica è ottimo  :) ) dei fenomeni naturali atto alla loro comprensione. Il problema è formalizzarlo. Vedi Popper secondo me ci è andato più vicino di Kuhn perchè Kuhn ha dato troppa importanza ai "paradigmi", i quali semmai costituiscono il "background interpretativo" dei fenomeni scientifici, non la scienza. Viceversa la teoria di Popper è molto interessante in quanto da molta importanza ai "tentativi ed errori" ed è piuttosto chiaro nei riguardi del fatto che la scienza è un tentativo di comprendere (parzialmente) la realtà. Il problema è che la demarcazione in fin dei conti non "elimina"dal campo cose come l'astrologia. L'astrologia in fin dei conti si basa su osservazione (delle configurazioni celesti), predizione falsificabile e "metodo" che produce le predizioni. Chiaramente il falsificazionismo non riesce a eliminare l'astrologia. Ma anche se ci riuscisse (come magari i popperiani hanno fatto) ha in sé un controsenso: cosa vuol dire in fin dei conti "falsificare"? Voglio dire: se io trovo dei risultati contrari alla mia teoria secondo questo principio la mia teoria è da cestinare o da ritoccare? Come vedi nella pratica (la scienza è un'attività pratica oltre che teorica) le "falsificazioni" non hanno conseguenze "ben definite". Questo volendo è anche un "bene" in quanto mostra come la cultura umana sia qualcosa che trascende facili definizioni. La tua definizione per certi versi è buona dal punto di vista pratico (ovvero sull'importanza della "critica") però la scienza è ben lungi dal produrre "regole" in continuo mutare... ha l'obbiettivo di comprendere. Si potrebbe poi dire che la scienza tratta dell'osservabile. Tuttavia questo era il pensiero di Mach e coerentemente ad esso nell'ottocento non si accettavano gli atomi. Il problema è che la scienza ha sempre "postulato" quantità inosservabili. Quello che sto cercando di dire è che tutte le definizioni che ho letto (la tua compresa...) sono molto buone però non sono per così dire "definitive" e sinceramente non so se considerare ciò una buona cosa o meno  :) comunque la ricerca dell'universale, pur non essendo "essenziale" alla scienza è molto "sentita" e portandoti gli esempi dell'unificazione in fisica volevo proprio sottolineare questo punto.



Riguardo alla meta-fisica. La meta-fisica vuole indagare cose che sono "oltre" la fisica, ovvero la scienza naturale. Come ben dici il suo approccio non è "solo" empirico però non deve contraddire l'esperienza (nel senso che la mia meta-fisica non deve, per esempio, farmi concludere che la Terra è piatta o che correndo contro il muro sicuramente non mi farò male). La meta-fisica dunque cerca di spiegare l'esperienza tramite un sistema che cerca di essere coerente di "nozioni" che non sono direttamente "esperenziali". Tuttavia c'è una precisazione. In questo topic si parla di "forma". La "forma" non è però, strettamente parlando, un concetto scientifico in quanto la scienza necessita che il mondo sia divisibile in "oggetti", ovvero in forme. La meta-fisica può dunque cercare di spiegare (1) perchè il mondo è diviso in "oggetti" (2) lo status ontologico (positivo o negativo) delle forme e degli oggetti (3) la relazione con l'esperienza. Per esempio dico che il fuoco è un fenomeno "condizionato": ovvero per "esistere" necessita di condizioni. Ora se analizzassi a livello semplicemente scientifico il fuoco potrei descriverlo nel suo aspetto microscopico e non capirei nulla del fuoco così come "contando gli atomi" di un libro non capisco il suo contenuto. La divisione della realtà in fenomeni microscopici e macroscopici è un "a-priori" della pratica scientifica nel senso che la pratica scientifica stessa necessita della divisione del mondo in sistemi di riferimento, apparati di misura, oggetti ecc. Ovvero che ci piaccia o no necessita di concetti che non possono essere ricavati dall'attività scientifica stessa (si badi bene che non avendo una definizione sistematica di scienza mi appello all'intuizione del laboratorio). Ovvero per lo scienziato concetti come "misura", "apparato", "oggetto della misura", "grandezza fisica" ecc sono condizioni sine-qua-non per la pratica. Il problema è che l'analisi di questi di fatto è fare un'analisi ontologica, ovvero appunto "meta-fisica". Allo stesso modo se io parlo di "fuoco", il fuoco come fenomeno ha senso alle nostre scale. Ergo possiamo dire che in un certo senso il fuoco è una via di mezzo tra l'esistere (nel senso che a noi appare come "qualcosa") e il non esistere (descrivendolo nel solo aspetto microscopico il fuoco non esiste). Il problema è che dire che dunque è "condizionato" include che noi formiamo il concetto di "condizionamento", di "incondizionato" ecc, ovvero creiamo un "background concettuale" che di fatto è ontologico. Che dire poi delle domande: "i valori etici sono realtà o mere convenzioni?" La domanda è "meta-fisica" (in questo caso ontologica) oppure "c'è vita dopo la morte?" (in questo caso la domanda è meta-fisica perchè non riguarda qualcosa di direttamente osservabile). Nella tua critica alla meta-fisica concorderei con te se i metafisici avessero davvero creato una "tuttologia", cosa che non hanno fatto. Hanno cercato nel tempo (riuscendoci?) a dare una spiegazione del motivo per cui esistiamo ecc. Ovviamente ciò non vuol dire che i meta-fisici non abbiano mai fatto l'errore che tu dici. Ma "errare humanum est" e l'errore umano non viola il valore della metafisica. E siccome solitamente per "meta-fisica" si intendono le speculazioni sull'esistenza, l'essere, Dio, l'anima, l'aldilà, la trascendenza, il nirvana, la relazione fatti-valori (può essere indagata anche "meta-fisicamente"), materia e forma, status ontologico delle discriminazioni concettuali, potenzialità e attualità, problema degli universali ecc ritengo che ci siano vari approcci per "praticarla", di cui quello che è implicito nella tua definizione è solo uno dei possibili, secondo me  ;)  



Volevo fare una precisazione sul discorso scientismo. Molti scienziati, credo [parola che ogni tanto mi dimentico di mettere], semplicemente non si interessano di nulla che possa andare oltre a ciò che può essere compreso nel campo dell'esperienza. La scienza offre una sicurezza piuttosto "facile" in fin dei conti essendo solitamente molto rigorosa e "attinente" all'esperienza. Il problema è che oggi è molto diffusa l'impressione che la scienza possa descrivere tutto e quindi la speculazione "meta-scientifica" (o "meta-fisica") è morta: pochi si fanno domande sulla relazione scienza-etica (ovvero se è possibile ricavare la seconda dalla prima), se esiste una realtà che non è (almeno normalmente) "visibile" e così via. L'esempio che ho fatto dell'aldilà è un classico. Questo richiede che appunto ci sia una "realtà" ulteriore. Il problema è che se crediamo che il nostro cervello e la nostra mente siano fenomeni naturali come lo è il fuoco e se la spiegazione "fisica" del fuoco per noi è "tutto ciò che è fuoco" allora possiamo dire che analogalmente la spiegazione "fisica" del cervello e della mente è l'unica "che conta". Vieni guardato come "eretico" perchè tu dici che c'è qualcosa "che conta" che la scienza non può (almeno adesso) investigare.



Ad ogni modo con gli ultimi chiarimenti la discussione non è più "inutile", anzi secondo me è fruttuosa (non ero mai veramente convinto di ciò, comunque!  :) )
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 30 Dicembre 2017, 00:21:16 AM
Non mi sembra che l'uso di concetti comuni renda sfumato il confine tra scienza e metafisica. Io vi vedo come differenza la pretesa riguardo al sapere di cosa si sta parlando.
Mi spiego.
Sia la scienza che la metafisica fanno riferimento al concetto di "essere", si servono del concetto di "essere". La scienza però non ha alcuna pretesa di dare per sottinteso che questo concetto sia chiaro, risaputo, posseduto. Allo stesso modo, una squadra di calcio non ha la pretesa di sapere tutto sulla composizione chimica del pallone con cui sta giocando: lascia ad altri questa questione. La squadra di calcio "assume" il pallone, cioè lo recepisce, se lo fa dare, lo prende per buono e vi fabbrica su delle regole con cui giocarci.
La metafisica no: essa invece pretende di sapere cos'è l'essere; la metafisica tratta i concetti di cui si serve come cose riguardo alle quali sa di cosa sta parlando. Per questo motivo la metafisica non vede di buon occhio tutte le critiche relative al linguaggio, poiché esse inficiano la materia di cui essa si serve, cioè le parole, i concetti, e così fanno scricchiolare gli edifici che essa costruisce con la pretesa che si tratti di edifici perfetti.
Invece la squadra di calcio non ha alcuna pretesa di mantenere il pallone come punto di riferimento intoccabile. Se un giorno diranno alla squadra di calcio che si è scoperto che il pallone ha avuto da sempre un difetto, quindi tutte le partite vanno annullate, la squadra ci farà un sorriso sopra e sarà ben lieta di inventare un nuovo gioco, nuove regole, con un nuovo pallone.
La metafisica non sarà affatto lieta, intravedendo in ciò la scomparsa di sé stessa, del suo motivo di esistere.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 30 Dicembre 2017, 12:52:22 PM
Credo di capirti  Angelo, adesso ;) altrove ho detto che la meta-fisica è anch'essa una sorta di "zattera" (prendendo la metafora indiana), ovvero che è un qualcosa che (secondo me) avvicina  alla "verità" ma non riesce a dare l'"esperienza diretta". Secondo me però la meta-fisica, ovvero la speculazione "oltre la scienza" è qualcosa di molto utile ad avvicinarsi alla "natura delle cose": personalmente ritengo che il "materialismo" sia meno giusto del "platonismo" e quindi secondo me non tutte le meta-fisiche sono "corrette" o "non corrette", "sensate" o "insensate". La critica del linguaggio di cui parli, secondo me, non invalida la "pratica metafisica" ma semplicemente ci deve far stare attenti alle "confusioni concettuali" che (inevitabilmente) emergono. Ad esempio se io dico che "la forma esiste" e "il mattone esiste" intendo due cose diverse - tuttavia l'esistenza della forma somiglia a quella del mattone. Wittgenstein parlava di "rassomiglianze di famiglia", io preferisco il termine "analogia". Citando la Repubblica di Platone come puro esempio:
Citazione«E non capisci che invece la facoltà del vedere e dell'essere visibili ne ha bisogno?» «Come?» «Sebbene la vista
risieda negli occhi e chi la possiede cerchi di farne uso, e sebbene negli oggetti sia presente il colore, se non si aggiunge un terzo elemento, che la natura ha destinato in particolare a questo compito, sai che la vista non vedrà nulla e i coloriresteranno invisibili».
«Di quale elemento parli?», domandò.
«Di quello che tu chiami luce», risposi.
«Hai ragione», ammise.
«Non è quindi piccola l'idea che ha congiunto il senso de
lla vista e la facoltà di essere veduti con un vincolo più
prezioso di quello presente in ogni altra unione, se è vero che la luce non è spregevole».
«Ma è ben lungi dall'esserlo!», esclamò.
«E a quale dio del cielo, (20) la cui luce permette alla nostra vista di vedere e alle cose visibili di essere vedute nel modo migliore, puoi attribuire questo potere?» «A quello che indicate tu e gli altri», rispose: «è chiaro che nella tua domanda alludi al sole».
«Non è forse tale il rapporto che intercorre tra la vi
sta e questo dio?» «Quale rapporto?» «La vista non è il sole, né in
se stessa né in ciò in cui si realizza e che noi chiamiamo occhio».
«Certamente no».
«Tuttavia, a mio parere, è tra gli organi di senso il più simile al sole».
«Senza dubbio».
«E la facoltà che possiede non gli viene dispensata da quello come un fluido?» «Precisamente».
«Quindi anche il sole non è la vista, ma essendone la causa è da essa stessa veduto?» «è così», disse.
«Ora», dissi, «considera che per rampollo del bene intendo il sole, generato dal bene a sua somiglianza: l'uno ha nel mondo visibile lo stesso rapporto con la vista e le cose visibili che l'altro ha nel mondo intellegibile con l'intelletto e le realtà intellegibili».
«In che senso?», domandò. «Spiegamelo ancora». «Tu sai», ripresi, «che gli occhi, quando si rivolgono a quegli oggetti i cui colori non sono più toccati dalla luce del giorno, ma solo dai bagliori notturni, si ottundono e sembrano quasi ciechi, come se la loro vista non fosse limpida?» «Sì, lo so», rispose. «Ma quando, credo, si volgono a oggetti illuminati dal sole, vedono chiaramente e la loro vista torna di nuovo limpida».

Secondo me un dialogo di questo tipo può dirci qualcosa sulla "realtà". D'altronde è pensato come un'analogia ma il fatto che è un'analogia non significa che sia un qualcosa privo di senso (come lo pensano i positivisti).
Personalmente ritengo che la meta-fisica ci possa portare ad una comprensione migliore della realtà visto che in fin dei conti gli stessi assiomi che fondano la scienza (banalmente la nozione di "misura") sono a-priori della scienza e quindi chiedono qualcosa di oltre essa. Se vuoi è una "scelta" mia. Sinceramente credo che invece concentrarsi solo sul fatto che il linguaggio può generare confusione è qualcosa che non ci permette nemmeno di cercare di farci una "visione della realtà", ovvero ci blocca ancor prima di tentare di comprenderla.  Motivo per cui secondo me concentrarsi troppo sul linguaggio è un approccio troppo "pedante" che se perseguito fino in fondo blocca anche lo sviluppo scientifico (il fatto che ci sia un innegabile progresso della scienza significa che oggi comprendiamo "la realtà" dal punto di vista scientifico meglio che ai tempi di Galileo, per esempio - tuttavia se togli l'oggetto della comprensione questa ricerca si blocca).

Detto questo sia la mia posizione che la tua sono ad un certo punto nello spettro tra "dogmatismo" e "relativismo-nichilismo". Secondo me la tua posizione è "troppo vicina" a quella "relativista-nichilista" (pur non essendo in realtà tale), la mia posizione per te è troppo "dogmatica". Ma vorrei però far vedere che procedendo per analogie (e riconoscendo che sono analogie!) si evita di confondere la "mappa col territorio". Ergo mentre il dogmatismo dice che "la mappa è il territorio" io dico che è possibile costruire "mappe "molto simili" al territorio". Un nichilista direbbe che "ci sono solo mappe". Tu secondo me ti trovi in una "via mediana" tra la posizione nichilista e quella mia (visto che comunque riconosci un "progresso" nel Cammino). Spero di essermi fatto capire. Concentrandosi troppo sul linguaggio si rischia di rifiutare che "la forma esiste" solo perchè "esistere" non ha lo stesso significato di "esistere" nella frase "il mattone esiste". L'analisi del linguaggio mostra solo che i due verbi hanno un significato che è diverso. Ma questa diversità non significa che uno sia senza senso e l'altro no o che tra non ci sia una somiglianza tra i due singificati di "esistere". La filosofia contemporanea invece mi sembra che spesso "rifiuti" frasi come "la forma esiste" senza considerare le possibile alternative del rifiuto stesso.

Comunque facendo un'analogia col taoismo, modificando un famoso verso del Daodejing: "la via che può essere detta [=ovvero un'immagine della realtà] non è l'eterna via (=la realtà)". Secondo me è vera (nel senso che al massimo possiamo avere una ottima "immagine" della realtà). Secondo te, forse, pur ammettendo l'esistenza della realtà (a differenza del nichilismo) tale frase dice che per quanto raffinate le nostre immagini sono esse non saranno mai veramente "simili" alla realtà.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 30 Dicembre 2017, 15:39:14 PM
In quest'ultimo messaggio ti sei riferito alla realtà come a qualcosa di cui sia scontata l'esistenza. L'unico riferimento che hai fatto ad una sua messa in questione è stato nel riferirti al nichilista, che però hai descritto come un nichilista dogmatico. Probabilmente in qualche frase anch'io mi sono riferito alla realtà come a qualcosa di esistente e questo potrebbe aver portato a fraintendermi.

Quando io parlo, effettivamente mi muovo, mi alterno, tra considerazioni ultime e considerazioni pratiche. Da un punto di vista di considerazioni ultime, cioè radicalmente critiche, mi sento obbligato ad essere agnostico, cioè a ritenere che non sia possibile sapere se la realtà esiste come qualcosa di esterno a noi, che siamo i soggetti. Altre volte invece parlo da un punto di vista pratico, cioè riferito alle nostre necessità di tutti i giorni, al nostro percepire psicologico; da questo punto di vista do per scontato che la realtà esista perché questa mi sembra la percezione psicologica più spontanea che ne abbiamo.

Ora, qui siamo in un discorso critico sulla metafisica e quindi non posso muovermi con discorsi sul pratico, sulle nostre sensazione psicologiche. Di conseguenza mi sento in dovere di avvisare costantemente del fatto che per me non è affatto possibile pervenire a conoscenza, o comprensione, della realtà supposta come esistente esternamente a noi. Ciò viene a corrispondere a ciò che tu stesso hai ammesso, cioè che non hai possibilità alcuna di dimostrarmi che un cane non è un gatto. Se ammetti di non potermi in alcun modo dimostrare che un cane non è un gatto, come fai ora a parlare di realtà e di verità, dandone per scontata l'esistenza?
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 31 Dicembre 2017, 00:42:29 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 30 Dicembre 2017, 15:39:14 PMDi conseguenza mi sento in dovere di avvisare costantemente del fatto che per me non è affatto possibile pervenire a conoscenza, o comprensione, della realtà supposta come esistente esternamente a noi. Ciò viene a corrispondere a ciò che tu stesso hai ammesso, cioè che non hai possibilità alcuna di dimostrarmi che un cane non è un gatto. Se ammetti di non potermi in alcun modo dimostrare che un cane non è un gatto, come fai ora a parlare di realtà e di verità, dandone per scontata l'esistenza?

O c'è una realtà che esiste indipendentemente da noi o non c'è. Personalmente non posso nemmeno dimostrarti che il solipsismo sia falso, però è molto ragionevole che lo sia. Allo stesso modo posso concordare con te che molta di quella che noi crediamo essere "realtà" è semplicemente una costruzione della nostra mente ("nostra" in senso individuale e sociale), però quello che dico io è che dietro a queste convenzioni c'è una "realtà" che non dipende dalla nostra "creazione mentale". Nello Zhuang-zi (capitolo 2)* un personaggio afferma che molti uomini vivono in una sorta di sogno dove uno è regnante e l'altro mandriano e sono così certi che questa distinzione sia "vera". Ma appunto il personaggio ci dice che è semplicemente un sogno, non ha attinenza con la "realtà" e che quindi dovrebbe essere una cosa abbandonata (questo ricorda un passo del Daodejing: "chi pratica lo studio ogni giorno aggiunge. Chi pratica il Dao ogni giorno toglie" - dove credo che questa frase voglia dire che l'eccesso di studio finisce per "attaccare" dei significati alle cose che esistono solo nella nostra mente. In fin dei conti uno può esaminare quanto vuole un sogno ma finché non si accorge di essere in un sogno tutta quella conoscenza che ottiene dalla sua analisi del sogno non riuscirà a "risvegliarlo" e lo tiene intrappolato). Il bello di questo tipo di tradizioni come buddhismo, vedanta, platonismo, daoismo ecc è che la domanda che ti viene posta è "questa tua convinzione sulla realtà è qualcosa di vero o semplicemente è qualcosa che tu ti sei convinto che sia vero?" - dunque la "pratica" dunque serve proprio a riconoscere le convenzioni come convenzioni, le costruzioni mentali come costruzioni mentali in quanto si capisce che la realtà è "vuota" da tali costruzioni. Il punto è che se io tolgo la realtà non rimangono altro che appunto queste illusioni, queste costruzioni che tendono ad imprigionare la mente. Dunque se non c'è la realtà su cui stabilire se le nostre costruzioni sono mere costruzioni o meno allora non c'è alcun modo per distinguere la realtà dall'apparenza, la vera comprensione dalla falsa comprensione. Ognuno dice la sua e vale quanto ciò che dice un altro, non c'è modo di stabilire chi è saggio e chi non lo è ecc. Vedi negare la realtà e la verità è piuttosto scomodo e, a mio giudizio, anche pericoloso. Ovviamente bisogna avere in un certo senso un minimo di "fede" che l'illusione possa essere riconosciuta come illusioni e la realtà come realtà, altrimenti ogni possibile progresso dal nostro stato di "ignoranza" non è possibile. Anzi è appunto la presa di coscienza che siamo in questo stato a motivare la ricerca scientifica e filosofica - c'è un'assunzione di fondo, ovvero che l'illusione e le distorsioni che ci sono (e spesso ci auto-creiamo) e che ci intrappolano possano essere "soppiantate" da una conoscenza autentica e vera. Sinceramente se tolgo questa "fede" posso anche abbandonare la ricerca scientifica e filosofica e fare una vita in cui non mi pongo alcun problema e godermi le mie illusioni. Tuttavia siccome sono convinto che noi siamo in uno stato di "ignoranza" ho motivazione per ricercare, teorizzare, pensare ecc.  https://www.youtube.com/watch?v=r-jI0zzYgIE è un link ad un'intervista con David Bohm, personaggio controverso nella fisica che ammiro molto anche se non condivido tutte le sue idee. In lui vedo comunque una ricerca della libertà dalle illusioni molto "sentita". Se appunto la "realtà è ciò che creo io" (Nietzsche, Protagora ecc), è un "costrutto linguistico o sociale" (come pensano molti contemporanei) allora appunto rimango sempre imprigionato, non uscirò mai dal sogno e non potrò mai, per così dire svegliarmi. Se uno non riescie ad accettare quel piccolo "salto di fede" nel ritenere che ci siano la realtà e le illusioni allora deve spiegarmi perchè prima di attraversare la strada guarda e perchè non ha paura di morire ogni secondo della sua vita. Ci sono piccoli atti di "fede" tutti i giorni che spesso ci motivano a cercare, indagare, camminare... non è vero che la "fede" è sempre un qualcosa che contrasta il cammino conoscitivo e spirituale come pensava per esempio Nietzsche. Anzi a volte senza di essa non si inizia nemmeno a camminare.



*Citazione Zhuangzi:
Citazione"...Colui che sogna di bere vino, la mattina dopo potrebbe piangere. Colui che sogna di piangere potrebbe la mattina dopo cacciare. Quando sogna potrebbe non rendersi conto di sognare e nel sogno potrebbe addirittura sognare di interpretare un sogno. Solo dopo, quando si sveglia, si accorge che era un sogno. E un giorno ci potrebbe essere un grande risveglio in cui ci si accorgerà che tutto è un sogno. Ciononostante gli "stolti" sono convinti di essere svegli e assumono di comprendere le cose, chiamano questo regnante e quello mandriano - quanto sono certi!..."... [altro personaggio, che lascio scritto solo per la sua bellezza  ;D ]: "dimentica le distinzioni, dimentica gli anni, salta nell'infinito e rendilo la tua casa" [traduzione mia da https://terebess.hu/english/chuangtzu.html#2]

Ovviamente uno si deve sentire imprigionato/in uno stato di ignoranza per apprezzare questo punto di vista. Se uno non si sente "incompleto" in questo senso allora difficilmente potrà apprezzare queste idee. "La filosofia nasce dalla meraviglia" (Platone)  e quindi dal riconoscere che siamo in uno stato di ignoranza. Un nichilista non ha alcun motivo per riconoscere ciò.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 01:35:19 AM
Parli della consapevolezza di sognare come una prigione e, viceversa, del riconoscimento della realtà come risveglio. A me sembra evidente che le cose stiano al contrario, per un motivo: chi, come me, sospetta che tutto sia un sogno, sospetta, non ne ha la certezza, visto che neanche sappiamo cosa significhi la parola "sogno". Perciò, ritenere che ciò che sperimentiamo sia tutto un sogno non costituisce una prigione, ma un continuo lavoro di critica, critica anche nei confronti del sognare stesso. La stessa cosa non mi sembra si possa dire di chi pensa o spera che si giunga all'accertamento di una realtà: infatti tale realtà, una volta accertata, non fa altro che allontanare dalla mente il bisogno di cercare ancora, di non fidarsi, di sospettare.
Dunque io vedo questa situazione: chi crede nella realtà si fida e di conseguenza è meno indotto a sottoporla a critica. Chi sospetta che si tratti di sogno non si fida di niente e sottopone a critica tutto, in continuazione, incluso il proprio stesso criticare.
Se le cose stanno così, mi sembra, come ho detto, che le cose stiano al contrario: chi crede nell'esistenza di una realtà si addormenta; chi sospetta che si tratti di un sogno vigila in continuazione.

Riguardo a ciò che hai detto sull'essere scomodo e pericoloso in riferimento al sospettare (tu hai scritto negare: questo è un malinteso, perché negare significa pretendere di avere una certezza), mi richiama di nuovo la barzelletta dei carabinieri: siccome è scomodo e pericoloso cercare le chiavi nella strada buia, in cui le abbiamo sentite cadere a terra, preferiamo cercarle in un'altra strada, illuminata.

Hai esordito con un'alternativa drastica: la realtà c'è o non c'è. Cioè, secondo te esistono solo queste due alternative che tu riesci ad immaginare, e siccome non riesci ad immaginarne altre, allora non possono esisterne altre?

Posso spiegarti perché guardo prima di attraversare la strada. Guardo perché ricevo da essa violenza, perché essa mi costringe a guardare. Dunque per te va bene così, va bene riconoscere come realtà autentica quella che riesce ad imporsi con più violenza? E chi mi dice che questa violenza non sia un incubo?
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 31 Dicembre 2017, 11:59:46 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 01:35:19 AMHai esordito con un'alternativa drastica: la realtà c'è o non c'è. Cioè, secondo te esistono solo queste due alternative che tu riesci ad immaginare, e siccome non riesci ad immaginarne altre, allora non possono esisterne altre? Posso spiegarti perché guardo prima di attraversare la strada. Guardo perché ricevo da essa violenza, perché essa mi costringe a guardare. Dunque per te va bene così, va bene riconoscere come realtà autentica quella che riesce ad imporsi con più violenza? E chi mi dice che questa violenza non sia un incubo?

Prova a dirmene altre alternative [mai affermato che tu sei "nichilista"]  :) la realtà/verità non necessariamente si impone con la violenza (forse non hai inteso quello che volevo dire con l'esempio, chiarisco dopo), non so di cosa tu stia parlando. Per quanto mi riguarda non lo fa.  Probabilmente la parola "realtà" rischia di farci andare fuori strada. Mi sento ignorante* e imprigionato. Questo è sufficiente per dirmi che c'è qualcosa oltre le convenzioni. Mi basta questo. Se per te già questo è dire troppo, "buon per te"  ;)  per me semplicemente è insufficiente, è qualcosa che mi fa sentire ancora più imprigionato. Ammetto che potrebbe essere un "malfunzionamento psicologico" ma grazie a questo "malfunzionamento psicologico" in fin dei conti abbiamo avuto Platone, Buddha, Einstein, Bohm (potrei citarti una miriade di esempi) ecc * o stiamo "sognando" o non stiamo "sognando". O distorciamo la realtà o non la distorciamo. Credo che anche tu non neghi che il moto dei gravi oggi è "più conosciuto" dei tempi di Aristotele e Platone. Personalmente ho la "convinzione" che sono in uno stato di ignoranza (un testo cristiano, mai letto, si intitola "la nuvola della non-conoscenza"... ). Altri invece sono "convinti" dell'esistenza del Dio cristiano ecc.

Ma è anche vero che potremo usare i catuskoti (la logica a quattro valori dell'India), ma questa non ha nulla a che fare con il fatto che ci sia o meno una verità (visto che in genere si prende come "vero" uno dei quattro valori lagici tra "p", "non p", "p e non p", "non p e non non p", dove p è una proposizione). Riguardo alla strada... (esempio molto scemo...) volendo tu potresti "sospendere il giudizio" quando un tizio ti chiede: "se attraverso e una macchina mi viene addosso mi faccio male?" o potresti dire "molto probabilmente sì". Sinceramente però non toglie che il tizio o si fa male nell'attraversamento o non si fa male. Ergo se lui si fida ciecamente della tua risposta e tu rispondi "forse" potrebbe "sfidare la sorte". Se per "violenza" intendevi semplicemente che la "realtà" ci costringe a "venire a patti con lei" allora direi che la risposta saggia in questo caso è ammettere questa "violenza". Questo è un "pragmatismo", ovvero un richiamo alla concretezza. Senza la consapevolezza della concretezza, beh la vita è impossibile. Comunque dire di "fare un riassunto" delle "opinioni":

1) opinione "dogmatica". Si accettano le convenzioni e le costruzioni mentali come se fossero "vere" (ovvero aderenti alla "realtà") senza porsi alcun dubbio - nella frase dello Zhuangzi essere certi che "regnante", "mandriano" ecc siano più di semplici designazioni perchè la tradizione dice così. Molti (credo) che non pensano vivono, anche inconsapevolmente, in questo stato.

2) opinione "nichilistica". Si accettano che le convenzioni siano convenzioni, che le costruzioni mentali sono costruzioni mentali ecc ma non si ammette l'esistenza della verità. Ergo come per Protagora "l'uomo è la misura di tutte le cose", ovvero non è possibile fare una gerarchia tra le opinioni e (visto che empiricamente contrastano) non ci sono verità universali. Questa è una prospettiva pericolosa... per capire quello che intendo si veda il Joker di Batman.

3) opinione credo tua (chiamiamola "scettica"). Si "sospende il giudizio" sull'esistenza di una verità oltre le convinzioni. Non si può dire se l'uomo è o meno la misura di tutte le cose, non si può dire se è o non è possibile fare una gerarchia tra le opinioni e non si può dire se esistono o non esistono verità universali. Su ogni questione di questo tipo bisogna sospendere il giudizio. C'è una sottile, ma cruciale, distinzione con quella "nichilista" che accetta senza problemi le negazioni di cui sopra.

4) Opinione dogmatica "seria". Si dice di conoscere una verità dietro le convenzioni, che l'uomo non è la misura di tutte le cose, si fa una gerarchia delle opinioni e si conosce la verità universali dopo aver fatto un percorso cognitivo ecc. La differenza con la "1" è che qui c'è una ricerca magari anche molto "sentita" (Buddha, S. Agostino, Zhuangzi, Platone (?), i saggi delle Upanishads, Spinoza "io non presumo di aver trovato la filosofia migliore ma di intendere quella vera"...)

5) la mia posizione. Si riconosce che c'è una verità dietro le convenzioni, che l'uomo non è la misura di tutte le cose, che è possibile fare una gerarchia delle opinioni e si riconosce la presenza di verità universali ma non si ammette che le si conosce (per ora). C'è una sottile differenza con la "4". (Socrate, Platone (?),...)

Personalmente rispetto la "3" e la "4" ma preferisco la "5". Ma il mio problema con la "3" è che (come nell'esempio della strada) a volte "sospendere il giudizio" non è una posizione sempre valida e anzi che la "realtà esterna" con il suo "condizionamento" ci "costringe" a dover prendere delle decisioni e in ciò c'è sia un aspetto negativo (la "violenza" di cui parli anche in un tuo video che non ricordo il titolo  ;) ) ma anche uno positivo nel senso che se non ci fosse questa "costrizione" saremo completamente isolati, le relazioni non sarebbero possibili ecc. Posso rispettare comunque la tua opinione che in moltissimi casi è molto saggia però non la condivido perchè appunto già il fatto che tu ammetti che siamo esposti a questa "violenza" ci fa concludere che appunto la posizione nichilista è "ragionevolissimamente" esclusa. Se poi per te è troppo passare alla "5", scelta rispettabile tua  ;) secondo me un rifiuto della "2" automaticamente ci fa passare alla "5" ma capisco che per alcuni è "dire troppo"!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 12:05:57 PM
Se cerchiamo del cibo per saziarci e, una volta ottenuto, lo gettiamo via perché stiamo godendo troppo nel cercarlo è perfettamente assurdo, in quanto la fame resta.
Se cerchiamo la verità del reale e , una volta ottenuta, la gettiamo via perché ciò ci impedirebbe di continuare a cercare è parimenti assurdo.
Si cerca per trovare ( def.cercare: operare per trovare qualcosa o qualcuno). Altrimenti stiamo facendo un'altra cosa ( Passatempo? Sollazzo? Ecc...).
Se sono consapevole di vivere nelle illusioni, personalmente e socialmente create, è implicito che c'è qualcosa in me che non vive nelle illusioni personalmente e socialmente create, cioè la consapevolezza stessa di vivere nelle illusioni. E già disponiamo di qualcosa di non soggettivo che forma la base della nostra possibilità di cercare con profitto ciò che non è illusorio.
Se invece non abbiamo alcuna fede (fiducia) che la nostra consapevolezza sia retta nel giudicare come illusorio ciò che è motivo di illusione ci autodefiniamo incapaci di alcuna conoscenza veritiera. Ma allora dobbiamo essere coerenti fino in fondo con questo convincimento e rinunciare a giudicare come rette anche le scoperte scientifiche, mediche, ecc.
Qui si manifesta il potente 'bisogno psicologico di libertà' di un individuo rispetto ad un altro. Alcuni ritengono che , se fosse possibile trovare una qualsiasi verità, ciò causerebbe una mortificazione della propria libertà, sostenendo quindi che è preferibile vivere nelle illusioni piuttosto che doversi adeguare ad una verità. Non accorgendosi dell'assurdità di questa posizione, in quanto è proprio a motivo della propria illusione che preferiscono continuare a brancolare nelle illusioni. E' l'illusione che preferisce , ovviamente, che non ci siano verità che la disperdono, come nebbia mattutina sotto il calore del sole.
Perché preferiamo vivere nelle illusioni? Perché ciò alimenta, fornisce combustibile, al nostro ego, lo gratifica, lo fa sentire importante, financo indispensabile. Non siamo noi che realmente vogliamo vivere nelle illusioni, ma è quella struttura illusoria che è il nostro ego che ne ha bisogno, perchè ha paura, paura di essere riconosciuto dalla consapevolezza come illusorio.
Se non c'è la 'realtà' non si può parlare nemmeno di illusione. Infatti l'esistenza di qualcosa che definiamo come illusorio può esistere solo se contrapponiamo il concetto di realtà. In assenza del concetto di realtà l'illusione non è più illusione, in quanto, in questo caso, sarebbe la realtà (def.di illusione: percezione soggettiva che non corrisponde alla realtà oggettiva). Senza la realtà oggettiva non esiste nemmeno l'illusione (soggettiva o socialmente condivisa).
E' proprio dalla consapevolezza di essere circondati da illusioni che nasce la volontà di cercare qualcosa che sia oggettivo e non illusorio. L'obiezione che sono le illusioni il motore del nostro cercare è infondata, in quanto ciò che può essere sperimentato come 'reale' non è qualcosa di statico e immutabile, bensì fonte continua di nuovo approfondimento e ricerca.
La posizione che relativizza tutto è molto funzionale al bisogno continuo di deleggittimare il pensiero altrui, contrapponendo il proprio che assolutizza l'impossibilità di una ricerca veritiera.
E' molto comodo dire:"Qualunque cosa troverai è relativa alla tua illusione e non sono tenuto ad accettarla, preferisco tenermi la mia illusione che sia impossibile qualunque ricerca veritiera".
Già questa frase mostra chi/cosa c'è all'opera dietro questo potente bisogno di relativizzare ogni cosa ... :)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 13:07:55 PM
Penso che sia utile evidenziare una questione nel processo della ricerca.

Primo punto della questione: in una ricerca non ha senso stabilire in anticipo quali dovranno essere i risultati della ricerca: stabilirlo in anticipo significherebbe precludersi la possibilità di conoscere altri risultati inaspettati.
Faccio un esempio.
Supponiamo che io voglia trovare l'assassino responsabile di un delitto. Se io stabilisco in anticipo che l'assassino dovrà essere necessariamente, indiscutibilmente, un essere umano, non avrò fatto altro che impedire a me stesso di scoprire, eventualmente, che l'assassino potrebbe anche essere un leone fuggito da uno zoo. Se ho stabilito che dev'essere indiscutibilmente un essere umano, ne consegue che, anche se vedrò nella vittima graffi di artigli, la mia mente andrà a cercarne le cause in qualche maniaco scappato dal manicomio ed escluderà con determinazione, ad esempio, l'ipotesi di cercare informazioni su eventuali animali fuggiti dallo zoo.
Mi sembra un punto chiaro: se io stabilisco in anticipo che la verità esiste, impedirò a me stesso di esaminare, esplorare tutte le altre possibilità provocate dall'eventualità di una verità non esistente, o comunque differente dall'esistente.
Trovo logico, quando si vogliano compiere ricerche serie, fruttuose, aperte, espandere quanto più possibile il ventaglio delle possibilità ammesse, perfino lottando contro la nostra stessa mente, la quale può anche restringere il campo delle aspettative, e di conseguenze porre limiti al campo di ricerca e ai metodi da usare, senza che ce ne accorgiamo.
Apeiron, questo coinvolge anche il tuo porre alternative. Vorrei farti notare che la richiesta che hai espresso in partenza non fa altro che continuare a voler restringere il campo alle sole alternative concepibili: "Prova a dirmene altre alternative". Ma l'errore è proprio qui: per includere nelle possibilità di ricerca tutte le alternative possibili, bisogna includere anche quelle non immaginabili. Tu invece, con la tua richiesta, stai presupponendo che, se non sarò capace di dirti altre alternative, avrai dimostrato che non ce ne sono. Ma non può essere che ci siano altre alternative che né tu né io riusciamo a immaginare? A che serve dunque chiedermi di dire delle altre alternative?
Questo è il primo punto.

Secondo punto della questione. Un'apertura della ricerca troppo vasta renderebbe impossibile la ricerca perché siamo umani e non ci è possibile esplorare contemporaneamente tutte le direzioni. Qualche limite bisogna pur porlo. Se Sherlock Holmes vuole scoprire l'assassino, non può includere nella ricerca tutte le possibilità immaginabili e inimmaginabili: si perderebbe. Dovrà necessariamente restringere il campo su cui indagare. Il problema è che questa necessità umana non dovrà mai essere confusa con un effettivo restringimento reale del campo di ricerca. Cioè, nel momento in cui l'investigatore, a causa dei propri limiti umani, si vedrà costretto a privilegiare una direzione della ricerca, per esempio concentrando la ricerca dell'assassino nell'ambiente della mafia, egli non dovrà scambiare necessità con realtà: l'investigatore non dovrà dimenticare che questo restringimento di campo è solo una necessità dovuta ai limiti umani. Questo significa dire: "Per ora concentriamo le indagini su questa direzione; ma non dimentichiamo che le stiamo concentrando solo a causa dei nostri limiti; rimane comunque ammessa qualsiasi altra possibilità".
Questo è esattamente quello che fa la scienza: essa decide di restringere il campo a ciò che si può considerare reale, sperimentabile, misurabile, ma lo fa consapevole che si tratta di un suo limite. Ciò spiega come mai la scienza non si occupa di negare l'esistenza di Dio: lo fa perché Dio fa parte di campi di ricerca che la scienza ha escluso in partenza dai suoi interessi. Poi viene lo scienziato che non ha capito niente e si mette a dire che Dio non esiste perché la scienza non ne trova prove. Ma questo è uno scienziato che non ha capito che restringere il campo della ricerca non significa stabilire che il ricercabile consiste effettivamente solo nel campo prestabilito.
Al contrario dell'investigatore e della scienza, la filosofia si sforza di non escludere assolutamente alcun campo della ricerca. Ciò renderebbe teoricamente impossibile il praticarla, a causa dell'eccessiva vastità, ma anche in questo caso è sufficiente ricordarsi che ogni restringimento di campo non dovrà essere scambiato con un restringimento della realtà: se io decido di guardare in una sola direzione allo scopo di potermi concentrare meglio, ciò non significa che tutte le altre direzioni in cui non sto guardando non esistono. Perciò non ha senso porre alternative limitanti, ingabbianti, tanto meno l'alternativa unica, monolitica, che sostiene che la realtà esiste.
Fine del secondo punto della questione.

Nella nostra discussione ciò significa che non ha senso stabilire in anticipo che la realtà esiste o non esiste: se si vuole ricercare senza pregiudizi, bisogna escludere qualsiasi limitazione del campo della ricerca. In questo punto trovo situato quello che mi sembra un fraintendimento di Sariputra: egli parla come se il relativista avesse stabilito che tutto è illusione e dunque avesse stabilito la certezza dell'illusione. Non è così, Sariputra. Il relativista non è affatto certo del trattarsi di illusione. Il relativista critica tutto, critica anche il proprio stesso criticare, quindi le obiezioni che hai posto presuppongono un fraintendimento di come la pensa il relativista.

Ciò potrebbe sembrare corrispondente alla posizione 3) espressa da Apeiron. In realtà, Apeiron, tutte le posizioni che hai indicato hanno a mio parere un difetto: sono posizioni, cioè sono statiche, fisse, monolitiche, predefinite. Quella del relativista, per come la concepisco io, non è una posizione, poiché il relativista è critico anche verso sé stesso, egli non è per niente contento del proprio modo di pensare. Questo è ricerca. Ricercare non è una posizione, perché il ricercare critica anche sé stesso, non si adagia su niente, non si culla su alcun modo di procedere stabilito.

Poi, Apeiron, hai scritto che non vedi tutta questa violenza nella verità. Se per te violenza significa soltanto dare un pugno ad una persona, è chiaro che la verità non fa sempre questo. Io uso il termine violenza in senso esteso: violenza significa impedirmi di vedere le cose in maniera diversa. In questo senso la verità scoraggia un artista che voglia disegnare un albero in maniera personalizzata, e difatti la gente massificata scoraggia la comprensione di artisti come Picasso. Un artista come Picasso non può permettersi di fare l'artista mentre scende le scale, deve guardare dove sta mettendo i piedi. La verità, la realtà, gli vieta in quel momento di essere artista. Questa io la chiamo violenza. La violenza della verità costringe l'artista a poter esprimere le sue emozioni solo in certi momenti e a certe condizioni.

Poi, Apeiron, hai di nuovo fatto riferimento alla pericolosità, nel tuo punto 2).
Qui dobbiamo chiarire una cosa. Se tu ti accorgi che dire che 2+2=4 crea dei pericoli, che fai, preferisci pensare che quella non è verità, visto che è pericolosa? O meglio, se ti accorgi che la radice quadrata di un numero negativo mette in crisi la matematica e ciò significa creare disorientamento e rivolte nella popolazione, che fai, stabilisci che quella crisi non va ammessa, non è verità? Voglio dire, qui dobbiamo stabilire se vogliamo parlare di verità oppure di salvaguardia dai pericoli. Una ricerca seria, leale, corretta, totale della verità non può scendere a compromessi con la paura. Quindi che senso ha tirare in ballo la pericolosità di questa o quella posizione?
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 14:03:49 PM
cit.da Apeiron:
5) la mia posizione. Si riconosce che c'è una verità dietro le convenzioni, che l'uomo non è la misura di tutte le cose, che è possibile fare una gerarchia delle opinioni e si riconosce la presenza di verità universali ma non si ammette che le si conosce (per ora). C'è una sottile differenza con la "4". (Socrate, Platone (?),...)

Sono su questa linea con una differenza: ritengo che la famosa "verità" sia già stata innumerevoli volte realizzata. Questo perchè ritengo la "verità"  qualcosa che si realizza e non una formula verbale contenuta in qualche forma di linguaggio. Il fatto che senta di non averla pienamente realizzata mi spinge continuamente alla ricerca e al mettermi in discussione.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 14:14:39 PM
cit. A.Cannata:
Nella nostra discussione ciò significa che non ha senso stabilire in anticipo che la realtà esiste o non esiste: se si vuole ricercare senza pregiudizi, bisogna escludere qualsiasi limitazione del campo della ricerca. In questo punto trovo situato quello che mi sembra un fraintendimento di Sariputra: egli parla come se il relativista avesse stabilito che tutto è illusione e dunque avesse stabilito la certezza dell'illusione. Non è così, Sariputra. Il relativista non è affatto certo del trattarsi di illusione. Il relativista critica tutto, critica anche il proprio stesso criticare, quindi le obiezioni che hai posto presuppongono un fraintendimento di come la pensa il relativista.

Ciò potrebbe sembrare corrispondente alla posizione 3) espressa da Apeiron. In realtà, Apeiron, tutte le posizioni che hai indicato hanno a mio parere un difetto: sono posizioni, cioè sono statiche, fisse, monolitiche, predefinite. Quella del relativista, per come la concepisco io, non è una posizione, poiché il relativista è critico anche verso sé stesso, egli non è per niente contento del proprio modo di pensare. Questo è ricerca. Ricercare non è una posizione, perché il ricercare critica anche sé stesso, non si adagia su niente, non si culla su alcun modo di procedere stabilito.


Il commento sopra in riguardo alla tesi di Apeiron risponde anche a questa tua obiezione.
Proprio per il fatto che non si è realizzata la "verità" si va continuamente alla ricerca e si mette tutto in discussione. Questo presuppone che non si è affatto soddisfatti del proprio modo di pensare e dei risultati che questo modo ha ottenuto. Altrimenti, ovviamente, non ci sarebbe più alcuna ricerca. Nella ricerca servono strumenti e uno di questi ( ma non è l'unico) è la logica.
Dire che "non ci deve esser alcun modo stabilito di procedere" sembra come voler dire che sia possibile pensare senza il pensiero. E' totalmente assurdo. Come procedi se non pensando di procedere? E si "procede" se non c'è nulla da raggiungere?  Al massimo si può dire che "ci si muove" ( con il concreto rischio di continuare a girare in tondo...).
Se ""Il relativista critica tutto, critica anche il proprio stesso criticare,", dovrebbe considerare di mettere in discussione anche la bontà del proprio relativismo, non trovi? Altrimenti cade in quello che critica nel pensiero altrui, cade cioè nella fede nel relativismo.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 14:31:24 PM
Mi sembra di averlo spiegato: si può adottare qualsiasi provvedimento, purché non si prendano le necessità nostre per necessità della realtà, limiti nostri per limiti della realtà.
Ho detto che, a causa dei nostri limiti umani, si può restringere il campo di ricerca, ma facendo attenzione che questo restringimento non è una caratteristica appartenente alla realtà, ma una limitazione introdotta da noi per andare incontro ai nostri limiti umani.
Se per guardare il sole mi metto degli occhiali scuri, non devo dimenticare che non è il sole ad essere scuro, ma sono io che a causa dei miei limiti ho deciso di servirmi di una deformazione del vedere, per poter vedere lo stesso qualcosa.
Se decidiamo di attuare le nostre ricerche servendoci di una certa logica (= occhiali scuri), non ha senso poi concludere che il mondo ubbidisce a questa logica (= sostenere che il sole è scuro). Sostenere che è assurdo pensare senza il pensiero significa attribuire alla realtà il colore degli occhiali che abbiamo indossato. Pensare senza il pensiero non è assurdo nella realtà: usare il pensiero è solo un venire incontro a certi nostri limiti umani.
La tua domanda "Come procedi se non pensando di procedere?" è come la prima che aveva posto Apeiron nel suo messaggio, quando mi ha chiesto di indicargli altre alternative: presuppone che se io non saprò indicarti alternative, avrai dimostrato che non ce ne sono. Faccio anche a te quindi la stessa osservazione: non può essere che esistano altri modi di procedere che né tu né io sappiamo immaginare? Che senso ha quindi chiedermi come procederei diversamente? Il fatto che senza occhiali scuri non riusciamo a guardare il sole non significa che non esistano altri metodi per guardarlo senza occhiali scuri. Adesso mi chiederai di indicarteli?
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 14:34:07 PM
Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 14:14:39 PMSe ""Il relativista critica tutto, critica anche il proprio stesso criticare,", dovrebbe considerare di mettere in discussione anche la bontà del proprio relativismo, non trovi? Altrimenti cade in quello che critica nel pensiero altrui, cade cioè nella fede nel relativismo.

È ovvio che il relativista non è affatto convinto della bontà del proprio relativismo. Non è affatto necessario che un metodo, per essere seguito, debba essere riconosciuto come buono. Per esempio, basta che venga valutato come il meno peggio, quindi sempre pronti a criticarlo, modificarlo o anche abbandonarlo.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 16:39:26 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 14:31:24 PMMi sembra di averlo spiegato: si può adottare qualsiasi provvedimento, purché non si prendano le necessità nostre per necessità della realtà, limiti nostri per limiti della realtà. Ho detto che, a causa dei nostri limiti umani, si può restringere il campo di ricerca, ma facendo attenzione che questo restringimento non è una caratteristica appartenente alla realtà, ma una limitazione introdotta da noi per andare incontro ai nostri limiti umani. Se per guardare il sole mi metto degli occhiali scuri, non devo dimenticare che non è il sole ad essere scuro, ma sono io che a causa dei miei limiti ho deciso di servirmi di una deformazione del vedere, per poter vedere lo stesso qualcosa. Se decidiamo di attuare le nostre ricerche servendoci di una certa logica (= occhiali scuri), non ha senso poi concludere che il mondo ubbidisce a questa logica (= sostenere che il sole è scuro). Sostenere che è assurdo pensare senza il pensiero significa attribuire alla realtà il colore degli occhiali che abbiamo indossato. Pensare senza il pensiero non è assurdo nella realtà: usare il pensiero è solo un venire incontro a certi nostri limiti umani. La tua domanda "Come procedi se non pensando di procedere?" è come la prima che aveva posto Apeiron nel suo messaggio, quando mi ha chiesto di indicargli altre alternative: presuppone che se io non saprò indicarti alternative, avrai dimostrato che non ce ne sono. Faccio anche a te quindi la stessa osservazione: non può essere che esistano altri modi di procedere che né tu né io sappiamo immaginare? Che senso ha quindi chiedermi come procederei diversamente? Il fatto che senza occhiali scuri non riusciamo a guardare il sole non significa che non esistano altri metodi per guardarlo senza occhiali scuri. Adesso mi chiederai di indicarteli?

Non ci sono altri modi di procedere col pensiero, se non usando il pensiero. Se invece intendi altri modi che riguardano, per esempio, il sentimento, l'emozione, la meditazione, ecc. allora si può senz'altro affermare che l'uomo ha molti mezzi che ( meglio se combinati abilmente)  influiscono e determinano il suo 'procedere'. Ma allora usciamo dal contesto strettamente filosofico ed entriamo in altri ambiti. Ambiti in cui la definizione di relativismo perde il suo significato, direi.
Nella prima parte del post non sembri lontano da quello che affermo, quando sostieni che "questo restringimento non è una caratteristica appartenente alla realtà, ma una limitazione introdotta da noi per andare incontro ai nostri limiti umani". Ed è precisamente questo il punto, solo che l'assunzione di questo restringimento non è delimitata per sempre e questo induce a metterne in discussione i limiti. Ossia "non accontentarsi", ritenendo a priori che sia impossibile andare oltre i confini che noi stessi ci siamo dati ( anche perché giova ricordare che il concetto di limite è sempre determinato dal pensiero stesso...).
Se metto degli occhiali scuri per poter guardare il sole, sono consapevole di molte cose ( che c'è un sole , che non lo posso guardare direttamente, che ho bisogno di qualcosa, che sono consapevole del tutto...e questa non è conoscenza 'reale'? Se esistono altri modi di guardarlo lo scopriremo investigando noi stessi e il sole...chiaro che un alieno magari lo guarderà in altro modo... ;D ).

È ovvio che il relativista non è affatto convinto della bontà del proprio relativismo. Non è affatto necessario che un metodo, per essere seguito, debba essere riconosciuto come buono. Per esempio, basta che venga valutato come il meno peggio, quindi sempre pronti a criticarlo, modificarlo o anche abbandonarlo.

Bene...son contento. :)
Buon Anno Angelo
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 17:29:58 PM
Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 16:39:26 PMNon ci sono altri modi di procedere col pensiero, se non usando il pensiero. Se invece intendi altri modi che riguardano, per esempio, il sentimento, l'emozione, la meditazione, ecc. allora si può senz'altro affermare che l'uomo ha molti mezzi che ( meglio se combinati abilmente)  influiscono e determinano il suo 'procedere'. Ma allora usciamo dal contesto strettamente filosofico ed entriamo in altri ambiti.
Sì che ci sono: per il semplice fatto che qualsiasi cosa di cui parliamo è sempre contaminata da qualcos'altro, che costringe a considerarne sfumati i confini. In questo senso, il pensiero allo stato puro non esiste: esiste solo in persone che, in quanto tali, sono influenzate anche da un mare di altri fattori. Questi fattori arrivano a confondersi col pensiero stesso, cosicché non è possibile stabilire confini netti tra ciò che è pensiero puro e ciò che non lo è. Questo non significa uscire dalla filosofia, poiché ciò che ho detto del pensiero può essere fatto valere anche per la filosofia.

Ad ogni modo, non ci sarebbe neanche stato bisogno di spiegare questo, per il solito criterio che ho detto in precedenza, cioè che non ha senso stabilire che ciò di cui non conosciamo l'esistenza non esiste. Che senso ha voler limitare la realtà a ciò che noi siamo in grado di immaginarne o comprenderne? In questo senso mi sembra che tu stesso cadi nell'errore da cui hai messo in guardia:
Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 16:39:26 PM...ritenendo a priori che sia impossibile andare oltre i confini che noi stessi ci siamo dati ( anche perché giova ricordare che il concetto di limite è sempre determinato dal pensiero stesso...).
Ritenere che si possa procedere col pensiero solo usando il pensiero non è forse un confine, un limite, che senza motivo imponi a te stesso?

Citazione di: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 16:39:26 PMSe metto degli occhiali scuri per poter guardare il sole, sono consapevole di molte cose ( che c'è un sole , che non lo posso guardare direttamente, che ho bisogno di qualcosa, che sono consapevole del tutto...e questa non è conoscenza 'reale'?
È proprio ciò che avviene con gli occhiali scuri a suggerirmi un dubbio: chissà quanti occhiali scuri creano alla mia mente impedimenti di cui non mi accorgo. Anzi, un vetro scuro è proprio la mente stessa, la quale, per comprendere le cose, non può fare a meno di convertirle in linguaggi per essa significativi, esattamente come per far comprendere certe informazioni ad un computer le devi prima necessariamente convertire in bit, in numeri e cifre, in sequenze di 0 e 1, e a quel punto siamo già ben lontani dal poter dire che abbiamo fatto entrare nel computer la realtà tale e quale.
Ora, una volta che la mente stessa può essere sospettata di costituire un vetro scuro (ho detto sospetto, inevitabile sospetto, non certezza), ne consegue che non ho alcuna possibilità di sapere con certezza se la realtà esiste, se è illusione, se esisto io. Niente di niente. Il che non è affatto una certezza, è solo un trovarmi ricondotto al sospetto proprio dopo essere partito da una fiduciosa ricerca della verità.
Come ho detto altrove, ciò non c'impedisce affatto di parlare di qualsiasi cosa; basta semplicemente farlo senza pretese di aver raggiunto verità indiscutibili, certezze sulla realtà.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 18:32:14 PM
cit.A.Cannata
non ha senso stabilire che ciò di cui non conosciamo l'esistenza non esiste

Quindi anche un'eventuale 'verità'? Non ne conosciamo l'esistenza ma non possiamo dire che non esiste, giusto? Il fatto poi che tu non la conosci non implica necessariamente che un altro non possa conoscerla, oppure che , se non la conosco oggi, potrei però ben conoscerla domani o dopodomani...o averla conosciuta e poi dimenticata...

Che senso ha voler limitare la realtà a ciò che noi siamo in grado di immaginarne o comprenderne?

Quindi anche tu affermi che c'è una realtà che trascende l'uomo e la sua capacità di comprenderla ( con il pensiero sottolineo io...). Ok, dirai che non ne sei certo, ma vivi come se lo fossi, no? Altrimenti ti sarebbe indifferente una cosa rispetto ad un'altra.

È proprio ciò che avviene con gli occhiali scuri a suggerirmi un dubbio: chissà quanti occhiali scuri creano alla mia mente impedimenti di cui non mi accorgo. Anzi, un vetro scuro è proprio la mente stessa, la quale, per comprendere le cose, non può fare a meno di convertirle in linguaggi per essa significativi,

Allora iniziamo a toglierci tutti questi occhiali scuri e proviamo a vedere se si vede meglio... :) ma una visione deve essere funzionale a quel che si deve vedere, non è importante sia perfetta...bisogna iniziare con il togliersi l'occhiale scuro della pretesa di perfezione, direi.

Come ho detto altrove, ciò non c'impedisce affatto di parlare di qualsiasi cosa; basta semplicemente farlo senza pretese di aver raggiunto verità indiscutibili, certezze sulla realtà.

Basta lasciare quelli che hanno simili pretese alle loro certezze, ma avere pure l'umiltà di non considerarsi troppo superiori a questo e magari investigare quali certezze animano anche noi...magari tutti noi, se siamo sufficientemente onesti con noi stessi, ne troviamo qualcuna che teniamo ben nascosta... io ne ho diverse di poco pubblicizzabili, per esempio.. :)

P.S. Non sarebbe più semplice dire che dubiti di tutto compreso il fatto di dubitare ? ( infatti, a rigor di logica, non puoi dire di avere alcuna certezza di dubitare.  Poi, come tutti quanti , anche tu penso sarai costretto dalla necessità a non dubitare di molte cose pratiche... :-\ ).
Ri-Buon Anno
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 18:49:50 PM
È proprio ciò che ho fatto:
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 13:07:55 PM...il relativista è critico anche verso sé stesso...
...il ricercare critica anche sé stesso...
Cosa significa questo se non che io dubito anche del mio dubitare?
Ma forse non tutti si rendono conto che dubitare del dubitare non conduce ad alcuna certezza: si rimane pur sempre nel dubitare. Io non escludo che possano esistere certezze, ma questo non mi  dà alcuna garanzia che almeno una sola certezza esista davvero.

La mia impressione è che tu mescoli il parlare che si basa sulle esigenze umane più pratiche con il parlare filosofico, il quale invece si sforza di essere radicale.

Anch'io non ho problemi a parlare di certezze e di verità, ma quando lo faccio mi pongo nel contesto dei miei bisogni umani: se vedo che una pietra mi sta cadendo sulla testa, non ho problemi a dire che sono certo che se non mi tolgo mi mezzo mi ucciderà. Si tratta però di una certezza pratica, oppure scientifica. Da un punto di vista filosofico le cose cambiano: chi mi dice che non sia tutto un incubo? Mi sembra che invece tu confonda questi due piani.

Riguardo agli occhiali scuri da togliersi, una cosa che possiamo fare è senza dubbio ciò che hai detto, ma se ne può fare anche un'altra: ammettere i nostri condizionamenti, riconoscere che, a quanto oggi mi sembra, non abbiamo alcuna possibilità di raggiungere non solo la perfezione, come hai detto, ma neanche la parzialità. Questo è quello che un po' più sopra ha cercato di sostenere Apeiron: magari non arriviamo a tutta la verità, ma almeno ad una parte. A questo ho già obiettato sopra.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 31 Dicembre 2017, 20:11:24 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 18:49:50 PMÈ proprio ciò che ho fatto:
Citazione di: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 13:07:55 PM...il relativista è critico anche verso sé stesso... ...il ricercare critica anche sé stesso...
Cosa significa questo se non che io dubito anche del mio dubitare? Ma forse non tutti si rendono conto che dubitare del dubitare non conduce ad alcuna certezza: si rimane pur sempre nel dubitare. Io non escludo che possano esistere certezze, ma questo non mi dà alcuna garanzia che almeno una sola certezza esista davvero. La mia impressione è che tu mescoli il parlare che si basa sulle esigenze umane più pratiche con il parlare filosofico, il quale invece si sforza di essere radicale. Anch'io non ho problemi a parlare di certezze e di verità, ma quando lo faccio mi pongo nel contesto dei miei bisogni umani: se vedo che una pietra mi sta cadendo sulla testa, non ho problemi a dire che sono certo che se non mi tolgo mi mezzo mi ucciderà. Si tratta però di una certezza pratica, oppure scientifica. Da un punto di vista filosofico le cose cambiano: chi mi dice che non sia tutto un incubo? Mi sembra che invece tu confonda questi due piani. Riguardo agli occhiali scuri da togliersi, una cosa che possiamo fare è senza dubbio ciò che hai detto, ma se ne può fare anche un'altra: ammettere i nostri condizionamenti, riconoscere che, a quanto oggi mi sembra, non abbiamo alcuna possibilità di raggiungere non solo la perfezione, come hai detto, ma neanche la parzialità. Questo è quello che un po' più sopra ha cercato di sostenere Apeiron: magari non arriviamo a tutta la verità, ma almeno ad una parte. A questo ho già obiettato sopra.

Penso di aver capito la tua filosofia. Constato che non fa per me, trovandola un pò troppo "disperante" per i  miei gusti ed anche piuttosto 'sterile', a giudizio personale ovviamente.
Ma è perfettamente chiaro che è dura , alla fine, discutere con uno che dubita di tutto  :)  ( però alla fine ognuno ha i suoi amori. Tu ami il dubbio, io le donne, Apeiron il cosmo, Sgiombo invece Stalin, Garbino  e  Green hanno foderato il materasso con i libri di Nietzsche,ecc..)...preferisco qualcosa di più 'costruttivo' e quindi mi incammino ancora , consapevole del mio errare e fiducioso che forse un giorno non errerò più... ;D  e se anche non sarà così, preferisco aver "attaccato" la vetta piuttosto che passeggiato in valle...se sarà stata una semplice illusione, beh... come possiamo dirlo ed esserne certi? Tu stesso hai ammesso che non possiamo esser certi di nulla, né in negativo ma ...nemmeno in positivo, giusto?  :)

P.S. riconoscere che, a quanto oggi mi sembra, non abbiamo alcuna possibilità di raggiungere non solo la perfezione, come hai detto, ma neanche la parzialità.
Ecco, appunto..."Ti sembra"...perché altrimenti si profila un'autentica certezza. A me invece " sembra" che non sia così...chi avrà ragione?  ;D
Non importa chi ha ragione...ti ri-ri-auguro un Buon 2018 pieno di tanti...dubbi! ;D
Scherzo ovviamente, porta pazienza, son fatto male...
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 31 Dicembre 2017, 20:32:57 PM
Forse può essere utile aggiungere che io non sono fermo a questa filosofia: essa è per me solo un punto di passaggio per qualcosa di ulteriore che si chiama spiritualità.

Ho detto che si possono distinguere due livelli: il pratico, che fa riferimento alla certezza, alla realtà, e il teorico, il filosofico, che è severo, radicale, e giunge al dubbio su tutto, incluso sé stesso, incluso il dubitare stesso.

La spiritualità si può dire che raccoglie entrambe queste prospettive, poiché entrambe convivono nell'essere umano, o in alcuni esseri umani, e cerca di far tesoro di tutta l'esperienza di cui esse sono portatrici: la filosofia induce a vigilare, essere critici, sospettare di tutto, il pratico invece va all'umano, ribatte alla filosofia che, se il dubitare è umano, deve trovare un modo di incontrarsi con la certezza pratica.

La spiritualità fa incontrare queste prospettive mostrando che entrambe fanno parte di un camminare. Il camminare riesce a raccogliere tutto, far tesoro di tutto e mettere in dialogo tutto. In questo senso il camminare mi dice che tutti hanno qualcosa da insegnarmi: l'ateo, il critico, il fanatico, il credente, l'intellettuale, il pratico, tutti.

Questo può farmi collegare al tema di questa discussione.

L'ho criticato perché si presenta come strutturazione, sistematizzazione, ordine statico. Per la spiritualità le strutture sono importanti, ma bisogna apprezzare anche le trasversalità che attraversano qualsiasi tipo di struttura e i movimenti che vibrano nelle strutture, così come gli atomi di un oggetto sono in una struttura, ma in realtà vibrano, si muovono in continuazione.

Vogliamo parlare di anima, spirito, mente? Bene, ma includiamo allora nel discorso anche un'attenzione a cosa fanno, come vibrano, cosa suscitano, quali complicazioni fanno nascere, con quali echi sono stati trattati durante la loro storia. Non possiamo limitarci a vederli come oggetti inerti, strutturati in forma statica, cioè, in fin dei conti, morti. È questo lo sbocco più positivo, di cui il mio criticare, dubitare, è solo un punto di passaggio.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: viator il 31 Dicembre 2017, 22:09:41 PM
Salve. Auguri a tutti. Una cosa è certa : la certezza c'è e non c'e. Infatti esiste una sola certezza : "NON ESISTE ALCUNA CERTEZZA".

Vedete quindi bene che la certezza è perfettamente facoltativa, no ????
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: acquario69 il 01 Gennaio 2018, 06:08:40 AM
Dire che non esiste nessuna certezza (oppure che tutto e' relativo) e' anch'essa una certezza..e questo dimostra che per quanti giri di parole si possono formulare l'unica che rimane (che E' e non può perciò essere altrimenti) e' sempre la certezza 
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 13:30:50 PM
È scorretto concludere che ciò che rimane è la certezza, perché ciò significherebbe fermarsi ad una conclusione che però sappiamo non essere possibile come conclusione: infatti, se tutto è relativo, significa che qualsiasi conclusione certa a cui si giungerà dovrà essere considerata relativa. Ed ecco che siamo punto e a capo.

In realtà si tratta di un "loop infinito", cioè un meccanismo circolare, simile al paradosso del mentitore e tanti altri paradossi.

È più corretto quindi ammettere che non c'è una conclusione, non è possibile giungere ad una conclusione, così come in una circonferenza sarebbe errato pensare di poter stabilire in quale punto comincia e in quale finisce.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 01 Gennaio 2018, 13:37:36 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 13:30:50 PMÈ scorretto concludere che ciò che rimane è la certezza, perché ciò significherebbe fermarsi ad una conclusione che però sappiamo non essere possibile come conclusione: infatti, se tutto è relativo, significa che qualsiasi conclusione certa a cui si giungerà dovrà essere considerata relativa. Ed ecco che siamo punto e a capo. In realtà si tratta di un "loop infinito", cioè un meccanismo circolare, simile al paradosso del mentitore e tanti altri paradossi. È più corretto quindi ammettere che non c'è una conclusione, non è possibile giungere ad una conclusione, così come in una circonferenza sarebbe errato pensare di poter stabilire in quale punto comincia e in quale finisce.

Mah..a mio parere è più corretto dire che non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione. Infatti "Non è possibile giungere ad una conclusione" afferma una certezza.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 13:48:04 PM
Anche la frase che hai scritto tu potrebbe essere accusata di contraddire sé stessa: infatti, dire "non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione" potrebbe essere considerato pretesa di essere pervenuti ad una conclusione certa, la certezza che "non sappiamo", che tu hai espresso. Siamo sicuri che non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione?

Questi problemi si creano perché il nostro parlare umano è fatto di frasi o discorsi che, per quanto lunghi siano, sono costretti ad avere necessariamente qualche forma di conclusione, per semplice esigenza umana, perché abbiamo necessità di fare anche tante altre cose nella vita. In questo senso già il punto che mettiamo alla fine della frase si potrebbe accusare di contraddittorietà. Ciò significa che nessun discorso umano è in grado di esprimere adeguatamente contenuti che non hanno conclusione: per il fatto stesso di essere umano sarebbe comunque costretto a tradire, smentire, ciò che sta dicendo. È per questo che io apprezzo molto il camminare, il quale, trattandosi di un verbo, mi sembra che riesca ad esprimere meglio ogni altra parola queste questioni e soprattutto è in grado di ospitare anche la negazione di sé stesso, cosa che altri criteri, come per esempio il principio di non contraddizione, non sono in grado di fare.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 01 Gennaio 2018, 14:08:25 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 13:48:04 PMAnche la frase che hai scritto tu potrebbe essere accusata di contraddire sé stessa: infatti, dire "non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione" potrebbe essere considerato pretesa di essere pervenuti ad una conclusione certa, la certezza che "non sappiamo", che tu hai espresso. Siamo sicuri che non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione? Questi problemi si creano perché il nostro parlare umano è fatto di frasi o discorsi che, per quanto lunghi siano, sono costretti ad avere necessariamente qualche forma di conclusione, per semplice esigenza umana, perché abbiamo necessità di fare anche tante altre cose nella vita. In questo senso già il punto che mettiamo alla fine della frase si potrebbe accusare di contraddittorietà. Ciò significa che nessun discorso umano è in grado di esprimere adeguatamente contenuti che non hanno conclusione: per il fatto stesso di essere umano sarebbe comunque costretto a tradire, smentire, ciò che sta dicendo. È per questo che io apprezzo molto il camminare, il quale, trattandosi di un verbo, mi sembra che riesca ad esprimere meglio ogni altra parola queste questioni e soprattutto è in grado di ospitare anche la negazione di sé stesso, cosa che altri criteri, come per esempio il principio di non contraddizione, non sono in grado di fare.

dire "non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione" potrebbe essere considerato pretesa di essere pervenuti ad una conclusione certa, la certezza che "non sappiamo", che tu hai espresso. Siamo sicuri che non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione?

Ma questa affermazione ha il grande vantaggio di non precludere altre strade, cosa che invece " non è possibile giungere ad una conclusione"  tronca, ci mette una pietra sopra, tronca proprio il 'camminare' di cui parli.
Infatti " non sappiamo se sia possibile" non vieta che "potremmo forse sapere", mentre "non è possibile" è definitivo, calato come un dogma. Uno spinge a cercare ancora, l'altro invita a rinunciare alla ricerca.
Però non puoi estrapolare "non sappiamo" dalla frase che ho scritto, infatti correttamente è "non sappiamo se sia...". E' come dire "Suonano. Non sappiame se aprire". E' presente una certezza "suonano" e contemporaneamente un dubbio. Lo stesso "non sappiamo" afferma la consapevolezza di non sapere, mentre " se sia possibile" il dubbio...
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 14:17:03 PM
Una strada che preclude c'è e questo basta ad individuare l'affermazione come contraddittoria: la strada preclusa è la possibilità che già nel presente "sappiamo". Infatti tu hai scritto che "forse potremmo sapere": hai ristretto le possibilità al futuro, escludendo il presente, precludendo il presente, quindi dando per certo che nel presente non sappiamo: potremo forse sapere nel futuro, ma non nel presente. Ecco la preclusione.
Per includere il presente si dovrebbe specificare che "non sappiamo neanche se lo sappiamo". In questo modo però ci ritroviamo di nuovo nel loop infinito.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 01 Gennaio 2018, 14:30:32 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 14:17:03 PMUna strada che preclude c'è e questo basta ad individuare l'affermazione come contraddittoria: la strada preclusa è la possibilità che già nel presente "sappiamo". Infatti tu hai scritto che "forse potremmo sapere": hai ristretto le possibilità al futuro, escludendo il presente, precludendo il presente, quindi dando per certo che nel presente non sappiamo: potremo forse sapere nel futuro, ma non nel presente. Ecco la preclusione. Per includere il presente si dovrebbe specificare che "non sappiamo neanche se lo sappiamo". In questo modo però ci ritroviamo di nuovo nel loop infinito.

Il senso della frase è chiaro. Quella che proponi tu adesso diventa un'altra  frase che introduce un elemento nuovo ( il sapere di non sapere). "Non sappiamo se sia" indica qualcosa in divenire, in movimento. La tua frase "non è possibile" invece è categorica, definitiva, ferma il movimento.  :)


Sono d'accordo che dobbiamo avere consapevolezza dei limiti del linguaggio.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 17:19:20 PM
Non capisco in che modo il presente del verbo sapere possa esprimere qualcosa in divenire, in movimento.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 01 Gennaio 2018, 22:27:21 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 17:19:20 PMNon capisco in che modo il presente del verbo sapere possa esprimere qualcosa in divenire, in movimento.

Mi riferivo al significato della mia frase " non sappiamo se sia possibile giungere ad una conclusione" contrapposto al tuo " non è possibile giungere ad una conclusione".
Mi sembra del tutto evidente quale dei due sia più categorico. L'uno ammette la possibilità di continuare a cercare, l'altro la esclude.  :)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 22:41:51 PM
L'aggiunta "non sappiamo" contiene lo sforzo di rimediare al circolo infinito, però non lo risolve: ciò che fa è spostare indietro il problema. Come dicevo, l'accusa di categoricità, di certezza, si potrebbe poi rivolgere al "non sappiamo", in quanto certezza di non sapere.

Questo spostare il problema sempre più indietro può essere compiuto all'infinito: io potrei correggere la tua affermazione e allungarla in questo modo: "non sappiamo se sappiamo oppure no se sia possibile giungere ad una conclusione". La mia frase risulterebbe ancora meno categorica della tua, ma in realtà neanch'io avrei risolto il problema, poiché anche la mia frase parte comunque con una certezza: "non sappiamo".

Così, ogni aggiunta all'indietro sembra aggiungere incertezza, quindi sembra più aperta, ma non fa altro che nascondere sempre il più il problema, spostandolo sempre più indietro, ma senza risolverlo.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 01 Gennaio 2018, 23:12:45 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 22:41:51 PML'aggiunta "non sappiamo" contiene lo sforzo di rimediare al circolo infinito, però non lo risolve: ciò che fa è spostare indietro il problema. Come dicevo, l'accusa di categoricità, di certezza, si potrebbe poi rivolgere al "non sappiamo", in quanto certezza di non sapere. Questo spostare il problema sempre più indietro può essere compiuto all'infinito: io potrei correggere la tua affermazione e allungarla in questo modo: "non sappiamo se sappiamo oppure no se sia possibile giungere ad una conclusione". La mia frase risulterebbe ancora meno categorica della tua, ma in realtà neanch'io avrei risolto il problema, poiché anche la mia frase parte comunque con una certezza: "non sappiamo". Così, ogni aggiunta all'indietro sembra aggiungere incertezza, quindi sembra più aperta, ma non fa altro che nascondere sempre il più il problema, spostandolo sempre più indietro, ma senza risolverlo.

Ma non è l'obiettivo della frase risolvere il problema. La frase sta a significare che è possibile cercare, solamente questo, non ci dice nulla sul problema e sulla sua eventuale soluzione. Indica semplicemente che non sappiamo, ma che forse si può sapere. La tua invece esclude proprio anche la possibilità di sapere, è per questo motivo che la definisco come categorica. Tra l'altro la frase non indica nemmeno 'che cosa' non sappiamo. Ed è chiaramente solo un esercizio linguistico, che però permette/ammette ancora proprio il cercare.
Poi, un altro pò, e rischiamo persino di non capire più il perché di questa discussione... :(
Probabilmente tu sostieni che non è possibile giungere ad alcuna 'verità' e quindi è meglio lasciar perdere la ricerca di questa fantomatica 'verità' o universali, ecc. e concentrarci sul "piccolo cabotaggio sotto costa"...definiamolo così. Io invece che la strada in alto mare è ancora possibile, visto mai si possa incrociare qualcosa... :) 
Ecco che la tua frase diventa" ammetti marinaio che non è possible incrociare alcunché" e la mia "Oè! Non ho ancora incrociato, ma ho voglia di spingermi ancora più in là"...
Più o meno è così, giusto? Per quei due disperati che ancora ci leggono... ;D  ;D
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 01 Gennaio 2018, 23:16:47 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 17:19:20 PM
Non capisco in che modo il presente del verbo sapere possa esprimere qualcosa in divenire, in movimento.
Il possibile "movente" è la negazione: "non so" esprime l'essenza del primo passo del movimento temporale filosofico: non so, perciò posso (non "devo") diventare cercatore, quindi, se voglio, mi muovo in un sentiero di ricerca... se invece "so" oppure affermo che "è impossibile", mi precludo il movimento di ricerca (avendo già trovato il trovabile) e resto pietrificato come Medusa che si guarda allo specchio.
Dire "non sappiamo se" allude ad un potenziale movimento ancora più "pragmatico", perché c'è già almeno un'ipotesi da vagliare, quella indicata da quel "se".

Citazione di: Angelo Cannata il 01 Gennaio 2018, 22:41:51 PM
Questo spostare il problema sempre più indietro può essere compiuto all'infinito: io potrei correggere la tua affermazione e allungarla in questo modo: "non sappiamo se sappiamo oppure no se sia possibile giungere ad una conclusione".
Per come la vedo, non è sensato spostare il problema ad un ulteriore livello: "non so se ho i soldi in tasca" non può diventare "non so se so o se non so di avere i soldi in tasca" perché, se davvero non so se ho soldi, questo non-sapere è una certezza (per il momento), altrimenti (logicamente) dovrei sapere con certezza di avere, o non avere, i soldi in tasca. Il regresso logico non può quindi andare oltre la transitoria certezza di non-sapere qualcosa (fermo restando che il mio sapere può comunque essere fallace, ovvero so qualcosa che non corrisponde poi alla realtà, ma, fino a prova contraria, è per me una certezza momentanea).
Quando tale non-sapere si coniuga con la temporalità, allora può diventare ricerca del sapere con ottenimento di ulteriori certezze... temporanee (o forse no?).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 00:24:02 AM
Sariputra, è quello che ho già detto: la tua frase è senza dubbio più ammorbidita della mia, ma proprio il fatto che è ammorbidita può farla considerare ancora più insidiosa, perché rende il problema più nascosto e quindi più difficile da affrontare.

Per fare un esempio, un datore di lavoro, invece di dire agli operai "Non vi pago", può dire "Forse vi pagherò"; la seconda frase è più morbida, ma più insidiosa, perché potrà succedere che nel dubbio gli operai lavoreranno, ma alla fine della giornata si ritroveranno senza paga; con la prima frase invece è possibile che gli operai si rifiuteranno sin dall'inizio di lavorare gratis. So che l'analogia non è perfetta, per questo riprendo qui di seguito la questione.

Spostare la certezza dal non esserci una conclusione al non sapere se c'è non fa altro che rendere la certezza più nascosta, perché può accadere che non ci si accorga che dire "non sappiamo" è già una certezza.

Inoltre, dire "non sappiamo", dando l'impressione di aprire più possibilità di ricerca per il futuro, distoglie l'attenzione dal ricercare nel presente, dove invece si potrebbe trovare la vera origine del problema. Dire "non sappiamo", in questo senso, è come dire "Se vogliamo cercare una soluzione, possiamo  rimboccarci le maniche e cercarla"; ma questo ha il difetto di distogliere dal cercare già all'interno del non sapere di ora, piuttosto che avviare la ricerca di una conclusione.

La certezza di non sapere è l'errore in cui cadde Socrate, dicendo "So di non sapere": dicendo così egli non si accorgeva di avanzare una pretesa che lo distoglieva dall'indagare sul presente, sulla sua concezione presente. Infatti, dire "So di non sapere" apre la strada a darsi da fare per cercare di sapere. Ciò sembrerebbe ottimo, ma in realtà distoglie dal chiedersi come faceva Socrate a sapere di non sapere, in cosa consisteva questa capacità, in base a quale criterio riteneva di poter affermare che non sapeva. Insomma, Socrate aveva completamente perso di vista che già la parola "sapere" è strapiena di problemi e inganni: cosa vuol dire sapere? Come faccio a stabilire quand'è che so e quand'è che non so? Come faccio a sapere se una cosa la so oppure non la so? Quando un verme si nutre della mela in cui si trova, si può dire che sa cosa sta facendo? Si può dire che un computer sa certe cose, visto che è in grado di certe reazioni?

Ecco l'infinità di problemi da cui Socrate fu distolto proprio dalla sua affermazione "So di non sapere". Proprio dicendo ciò chiuse un mare di strade di ricerca da percorrere, dando invece l'impressione di averle aperte tutte, il che è micidiale, visto che contiene un inganno.

Una volta messa a nudo l'enorme complessità di problemi che in realtà suscita il verbo sapere, si comprende che ciò che ha detto Phil è troppo limitato, poiché egli vede solo due alternative: sapere o non sapere. Solo al prezzo di trascurare le problematiche sul significato di "sapere" Phil può ridurre il tutto a due alternative.

Si può quindi notare che l'aggiunta "non sappiamo se" alla frase "non è possibile una conclusione" la rende più morbida, ma, a causa dell'introduzione del verbo "sapere", che prima non c'era, apre tutto un mare di problemi che il verbo "sapere" porta con sé.

Possiamo anche osservare che, se la questione iniziale poteva essere tradotta nel linguaggio dei computer, l'introduzione del verbo "sapere" rende questa traduzione molto più difficile, se non impossibile, a causa del fatto che il verbo "sapere" si può applicare agli esseri umani, ma non è chiaro in che senso lo si potrebbe applicare ad un computer. In altre parole, con l'introduzione del verbo "sapere", si apre anche tutta la problematica di cosa vuol dire "consapevolezza": un computer può essere considerato consapevole di certe cose? E un verme? E un cane?

Una volta messi a nudo questi problemi, possiamo ancora dire che la frase "non sappiamo se c'è una conclusione" apra davvero più possibilità di ricerca rispetto a dire "non è possibile una conclusione"?

È per questo che, pur riconoscendo la maggiore morbidezza e apertura della formulazione data da Sariputra, non potevo fare a meno di far osservare quante altre difficoltà nascono.

Per questo preferisco dire che si cammina, si diviene, si cresce, in continuazione, il che è diverso, mi sembra che sia ciò che riesce ad essere davvero diverso, sia dal dire che tutto è relativo, sia dal dire che esistono certezze.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 00:41:16 AM
Aggiungo un'ulteriore esplicitazione delle problematiche aperte dal verbo "sapere".

Se io mi persuado che "sapere" significa conoscere a memoria, i progetti di ricerca che avvierò saranno tutti mirati ad imparare molte cose a memoria.

Da qui si capisce che il senso che attribuiamo al verbo "sapere" è cruciale per l'impronta che esso darà a tutta la ricerca successiva.

Se Socrate è convinto che il suo sapere di non sapere significa non possedere una gran mole di conoscenze enciclopediche, egli si accingerà ad un lavoro tutto impostato ad acquistare una conoscenza di tipo enciclopedico.

Si capisce quindi che l'aggiunta "non sappiamo se" alla frase "non c'è una conclusione" ha l'effetto di situare la frase in contesti ben precisi, limitati, inquadrati, tutti dipendenti dal senso che si dà al verbo sapere. Così si capisce meglio che l'ammissione di non sapere, in base a come viene intesa, può benissimo restringere le prospettive, piuttosto che ampliarle.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 02 Gennaio 2018, 09:15:34 AM
Non entro nelle considerazioni di A.Cannata sulle problematiche del verbo "sapere", che ampliano a dismisura la discussione, inerente semplicemente all'interpretazione di due ben definite frasi...anche perché andiamo probabilmente OT.
Anche nel caso presentato degli operai ci troviamo in due situazioni ben definite: un datore di lavoro che non paga oppure un datore di lavoro che forse pagherà.
Nel primo caso gli operai sono sicuri che non percepiranno lo stipendio, fine delle possibilità.
Nel secondo si aprono due possibilità: essere pagati o non essere pagati.
L'insidia paventata nel secondo caso è la normale insidia insita in ogni scelta, data propria dalla possibilità di una scelta.
Nel primo caso non c'è insidia perché non esiste possibilità di scelta. Non si è pagati e basta.
Lo stesso la frase "non sappiamo se..." contiene l'insidia data dalla possibilità di eventualmente sapere oppure invece di prendere una colossale cantonata ( come giustamente sottolinea Phil...).
Viceversa  "non è possibile..." non contiene l''insidia' data dalla possibilità. Non è possibile e basta.
Lo stesso "so di non sapere" non distoglie dal cercare di sapere ( vicino o lontano o entrambe le possibilità, giacché un cercare non esclude l'altro, visto che, per esempio, si può ben cercare 'l'esistenza di Allah' e anche cercare di comprendere il messaggio di un dato artista...). Infatti Socrate non smette di investigare e porsi domande di fronte alla constatazione di 'non sapere'...
Tutte le altre considerazioni di A.Cannata mi sembra rientrino nel come. Noto solamente la tendenza nello scritto di contrapporre, a parer mio , le possibilità come autoescludentesi a vicenda . che è un pò la tendenza del pensiero stesso di procedere contrapponendo i concetti, quando in realtà il cercare vicino non esclude che si possa anche  cercare lontano, e il cercare lontano non esclude che si possa anche cercare vicino. Posso cercare di comprendere il moto dei corpi celesti e anche il perché la molesta zanzara non mi lascia in pace... :)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 10:23:01 AM
Citazione di: Sariputra il 02 Gennaio 2018, 09:15:34 AMNon entro nelle considerazioni di A.Cannata sulle problematiche del verbo "sapere", che ampliano a dismisura la discussione, inerente semplicemente all'interpretazione di due ben definite frasi...anche perché andiamo probabilmente OT.
È proprio questo che è successo a livello mondiale e ha provocato la sfiducia delle masse verso la riflessione; le quali masse hanno scelto così di buttarsi sul messaggiare banale dei social network, mentre qualche decina di anni fa anche le persone più ignoranti erano entusiaste di coinvolgersi in dibattiti di politica o di filosofia.
Ecco cos'è successo:

prima c'erano le filosofie, le ideologie.

Filosofie e ideologie si sono distrutte a vicenda a forza di criticarsi reciprocamente.

Così sono cadute le ideologie, è caduto il muro di Berlino, è caduta la fiducia nel riflettere.

In tutto questo c'è un errore di fondo che è stato commesso: aver rinunciato a muoversi nelle complessità, che è quello che tu hai detto ora.

Citazione di: Sariputra il 02 Gennaio 2018, 09:15:34 AM...che ampliano a dismisura la discussione...

Ma la soluzione al problema delle complessità non sta certo nel tirare dritto e proseguire nei luoghi comuni adottati in precedenza: mi sembra che a questo corrisponda ciò che hai fatto adesso: una volta spazzate vie le complessità, rinunciando a prenderle in considerazione, sei semplicemente tornato a ribadire ciò che avevi sostenuto prima, che adesso sembra stare in piedi perché non più attaccato dalla critica posta dalle complessità.

Io sono d'accordo che siamo esseri umani e non possiamo imbarcarci nell'affrontare tutte le complessità di questo mondo in tutta la loro estensione. Ma il genio del cervello umano, da quando il genere umano esiste, è consistito proprio in questo: trovare sempre nuove soluzioni per maneggiare le complessità servendoci del cervello limitato che abbiamo.

Le complessità non si risolvono spazzandole via, rinunciando ad affrontarle, ma lavorando per maneggiarle attraverso strumenti di semplificazione.

Uno strumento di semplificazione è quello che ogni tanto ho indicato nelle mie conclusioni: è meglio lasciar perdere i soliti modi di ragionare, del tipo "tutto è relativo" oppure "la verità esiste" e utilizzare invece linguaggi di ragionamento che si dimostrino diversi, più capaci di gestire le complessità attraverso forme di semplificazione efficienti; uno di questi linguaggi è quello del camminare, che poi è connesso a quello della spiritualità.

Tutte le osservazioni che ho fatto finora vengono ad avere quest'orientamento: mostrare che le tematiche di questa discussione, cioè anima, spirito, mente, se affrontate con gli strumenti mentali utilizzati nel primo post di questa discussione, non possono portare a niente, perché si tratta di strumenti mentali che ormai storicamente si sono dimostrati del tutto inefficienti, del tutto incapaci sia di reggere alla critica, sia di gestire le complessità. Sono modi di ragionare destinati ad essere demoliti dalla critica, così come sono state demolite le tradizionali filosofie e ideologie.

In fondo è questo quello che faccio: portatemi un ragionamento tradizionale qualsiasi e ve lo distruggo in quattro e quattr'otto. In questo, in realtà, non faccio niente di speciale: non faccio altro che mettere in evidenza, ripetendone le dinamiche, ciò che è successo con la caduta delle ideologie.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 02 Gennaio 2018, 11:10:52 AM
@Angelo,
Ok e va "bene". Tu non vuoi diredi prendere mai alcuna posizione su niente, da buon "anti-dogmatico" eppure gli esempi concreti che ti ho posto, ovvero della distinzione cane-gatto, del "problema dell'attraversamento stradale" ecc mostrano che tu in realtà questa "sospensione del giudizio" non la fai sempre almeno nella vita concreta. Ovvero non dubiti di "tutto". Dubitare sempre di tutto crea un'enormità di sofferenza specialmente quando si tratta di stabilire se un'azione da compiere è "giusta" o "sbagliata". Rendere il dubbio il "summum bonum" della filosofia in fin dei conti provoca due conseguenze: la prima è l'inazione ("il blocco") e l'altra è l'indulgenza, ovvero si ritiene che "prendere una posizione" non sia importante. Il modo con cui ti poni, l'impegno con cui attacchi le "convinzioni" altrui tentando di mettere in risalto quanto la tua posizione è "migliore" chiaramente indicano che secondo te le posizioni da te criticate semplicemente sono "errate". Di posizioni in realtà ne prendi (molte) sul Forum, anche se poi nascondi le tue prese di posizione dicendo che tu a differenza di altri sei sempre disposto a "cambiare idea" (e qui dovrai spiegarmi cosa, di grazia, ti ha suggerito che una persona nella vita non possa oscillare tra le 5 alternative proposte da me). E se vuoi, pure, aggiungo una sesta posizione distinta dalla "3", sostituendo la dichiarazione di "incertezza" con una dichiarazione che "si crede di essere incerti", la quale è coincidente con la "3" così come "credo che lo spinozismo sia vero" è un'affermazione di "credere" che una forma della "5" è esatta.
Personalmente il problema che ho col tuo approccio è che come ha sottolineato @Sariputra:
"Constato che non fa per me, trovandola un po' troppo "disperante" per i miei gusti ed anche piuttosto 'sterile', a giudizio personale ovviamente.
Ma è perfettamente chiaro che è dura , alla fine, discutere con uno che dubita di tutto  (http://file:///C:/Users/Marco/AppData/Local/Temp/msohtmlclip1/01/clip_image001.gif) ...preferisco qualcosa di più 'costruttivo' e quindi mi incammino ancora , consapevole del mio errare e fiducioso che forse un giorno non errerò più... (http://file:///C:/Users/Marco/AppData/Local/Temp/msohtmlclip1/01/clip_image002.gif)
"
Sinceramente non mi interessa dimostrarti che il cane e il gatto sono diversi ma l'esperienza mi sembra chiara nella direzione che questi due animali sono diversi. Ad un certo punto dubitare è un'azione che può rasentare il sofismo. Ma a quanto sembra tu non vuoi ammettere questo – il nostro "cammino" è diverso e la tua prospettiva sinceramente mi sembra solamente "negativa", ovvero che sul "mercato" ci sono solo errori ma anziché cercare di "costruire" ti limiti alla semplice distruzione.
Personalmente io dubito molto spesso di molte cose, anche "scontate": un dubbio talmente forte che mi schiaccia, mi tormenta ecc mi è causa di enormi problemi della quotidianità. Non so come sia la tua vita quotidiana ma è proprio la vita concreta, esperienziale ecc che mi fa concludere che la tua prospettiva soffre di una forte mancanza.
Ad ogni modo probabilmente è vero che la spinta filosofica verso la conoscenza di "realtà e verità più alte" nasce in individui che trovano "strano" l'ordinario, sensazione che può essere sia piacevole che causa di grosse sofferenze:
"TEETETO: Per gli dèi, veramente, Socrate, io mi meraviglio enormemente per cosa possano essere mai queste visioni e talvolta, guardandole intensamente, soffro le vertigini.
SOCRATE: Non mi pare, caro amico, che Teodoro abbia opinato male sulla tua natura. Si addice particolarmente al filosofo questa tua sensazione: il meravigliarti.
"(Socrate, Teeteto 155)
Personalmente mi trovo spesso a sentirmi in almeno una condizione tra le seguenti: "ignoranza", "limitatezza", "incompletezza", "imperfezione", "insicurezza", "sgomento", "tremore", "fragilità", "imprigionamento", "alienazione", "disorientamento", "debolezza"* ecc. Sono "esperienze forti" che ti tirano via il terreno da sotto i piedi (ancor prima di tirar via il Sole dal Cielo).  A volte la sensazione è una forma positiva di "meraviglia" (come per Platone), una accettazione di una realtà che ci "sovrasta" e che "va oltre ogni comprensione". Ma si manifesta anche negativamente e specialmente in questo caso si manifesta nella sua "realtà" e comincia a richiedere una risposta, ovvero una ricerca di una condizione dove le "imperfezioni" che ho elencato sopra o vengono eleminate (con una "comprensione") o vengono "relativizzate" in un'ottica diversa con un drastico cambio della propria visione del mondo (ovvero fede/speranza/fiducia...) che non le rende più "così problematiche". Sinceramente una prospettiva come la tua, Angelo, non riesce a tenermi in un equilibrio che è di per sé estremamente precario. Siccome "testandola" non funziona su di me la abbandono. Ovviamente tu sei libero di proporla con l'ardore in cui vuoi.
Lasciami poi usare un'analogia. Cristoforo Colombo vuole partire per le Indie. Oggi sappiamo molte cose di fisica (anche per quanto riguarda le navi) che al tempo di Colombo non sapevamo. Tuttavia Colombo è partito e ha coraggiosamente attraversato l'Oceano pur non sapendo in dettaglio come funziona la nave e pur non potendo sapere di arrivare veramente alle Indie. Tuttavia lui è partito e ha scoperto le Americhe. Ergo pur non sapendo "come funziona" in dettaglio la sua nave lui è semplicemente partito. Poi ha "sbagliato" perché ha scambiato l'America per l'Asia. Tuttavia qualcosa ha scoperto. La mia filosofia vale per chi crede che il viaggio abbia ancora senso, per coloro i quali cercano di arrivare all'Asia partendo dalle costa europea. La tua invece la vedo come uno studio molto rigoroso delle mappe già note e della nave stessa. Per me non è sufficiente, così come per Colombo non era sufficiente la sua. Forse come Colombo arriverò un giorno a pensare di aver trovato l'Asia (la "verità") anche se avrò trovato l'America (i.e. magari un'interessante "insensatezza", ovvero un sistema filosofico che non sta in piedi). Un cammino molto rischioso che oggi a quanto pare non interessa nemmeno molto tra i "filosofi accademici" stessi.  Ad ogni modo il non voler partire ma fermarsi all'analisi della nave (se non lo hai capito la "nave" rappresenta lo strumento di indagine, ovvero l'insieme di soggetto, ragione, DNA, linguaggio, contesto sociale, educazione...) è pur sempre una posizione, che tu voglia o meno ammetterlo.
Ad ogni modo se non rispondi alle seguenti domande (chiedermi – come hai fatto - di dimostrare a me le cose è un gran modo per evitare di rispondere. Di certo non dimostra né che non esista una risposta (o una dimostrazione) né che le domande siano senza senso...) ,senza continuare a "rifugiarti" nella tua posizione di non prendere posizione:
1)Perché un cane sembra proprio diverso da un gatto?;
2)Perché è "quasi sicuro" che se vengo investito è "quasi sicuro" che mi faccio (molto) male?;
3)Perché alla fine del mese l'operaio o viene pagato o non viene pagato (ovvero sembra che non ci sia una terza alternativa)?;
4)Perché a livello quantistico sembra che la meccanica newtoniana non funzioni anziché funzionare (ed è difficile pensare che un giorno funzionerà)?;
5)Perché se non bevo molto probabilmente avrò conseguenze non molto "piacevoli" nel giro di pochi giorni? E perché osservo che molto probabilmente vale anche per gli altri?;
6)Perché scaldando una pentola d'acqua passa l'acqua passa da liquida a solida**? E perché sembra proprio che funzioni il nostro tentativo di distinguere le due fasi della materia (che sono di per sé concetti...)?
Potrei continuare ad nauseam a farti domande "quotidiane". E non voglio che tu mi passi la palla dicendomi di rispondere a me, chiedendomi di dimostrare la mia "posizione" su queste domande. Voglio sentire come rispondi tu.

Una filosofia, come la tua, meramente distruttiva non soddisfa nemmeno la "spinta esistenziale" alla ricerca. Invece tu credi che la tua filosofia dovrebbe soddisfare tutti perchè tutte le altre sono semplicemente insensatezze. Mi spiace ma un filosofo che non cerca nemmeno di fare una filosofia "costruttiva" sinceramente mi pare che gli manchi qualcosa di  molto importante. Tu sei molto abile nel capire il "difetto" di un sistema filosofico, quella proposizione non giustificata, quel salto logico ecc tuttavia un errore in un sistema non implica che il sistema filosofico sia errato (per esempio) ma solo che in quel contesto il filosofo ha sbagliato. Tu invece vedendo l'errore del filosofo rigetti completamente tutta la sua filosofia. Mi spiace poi dirti che in tutte le argomentazioni la tua posizione è indistinguibile dalla "3", anche se tu non vuoi dichiararlo per paura di dover ammettere di prendere una posizione.  


O.T. P.S. *ovviamente parlo in questo caso del lato "gnoseologico/epistemologico", non di quello etico dove queste stesse parole possono essere usate per descrivere come vedo la mia condizione etica. Non a caso mi sento "insicuro", "fragile", "imprigionato", "imperfetto" ecc ecc. E volendo qui nell'etica, nell'azione è al tempo stesso più importante e più difficile "lavorarci" che sul campo etico.


**scusate la distrazione. Avevo scritto "solido" anziché gas.


Rinnovo gli auguri di buon anno a tutti, comunque!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 02 Gennaio 2018, 11:49:22 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 10:23:01 AM
Citazione di: Sariputra il 02 Gennaio 2018, 09:15:34 AMNon entro nelle considerazioni di A.Cannata sulle problematiche del verbo "sapere", che ampliano a dismisura la discussione, inerente semplicemente all'interpretazione di due ben definite frasi...anche perché andiamo probabilmente OT.
È proprio questo che è successo a livello mondiale e ha provocato la sfiducia delle masse verso la riflessione; le quali masse hanno scelto così di buttarsi sul messaggiare banale dei social network, mentre qualche decina di anni fa anche le persone più ignoranti erano entusiaste di coinvolgersi in dibattiti di politica o di filosofia. Ecco cos'è successo: prima c'erano le filosofie, le ideologie. Filosofie e ideologie si sono distrutte a vicenda a forza di criticarsi reciprocamente. Così sono cadute le ideologie, è caduto il muro di Berlino, è caduta la fiducia nel riflettere. In tutto questo c'è un errore di fondo che è stato commesso: aver rinunciato a muoversi nelle complessità, che è quello che tu hai detto ora.
Citazione di: Sariputra il 02 Gennaio 2018, 09:15:34 AM...che ampliano a dismisura la discussione...
Ma la soluzione al problema delle complessità non sta certo nel tirare dritto e proseguire nei luoghi comuni adottati in precedenza: mi sembra che a questo corrisponda ciò che hai fatto adesso: una volta spazzate vie le complessità, rinunciando a prenderle in considerazione, sei semplicemente tornato a ribadire ciò che avevi sostenuto prima, che adesso sembra stare in piedi perché non più attaccato dalla critica posta dalle complessità. Io sono d'accordo che siamo esseri umani e non possiamo imbarcarci nell'affrontare tutte le complessità di questo mondo in tutta la loro estensione. Ma il genio del cervello umano, da quando il genere umano esiste, è consistito proprio in questo: trovare sempre nuove soluzioni per maneggiare le complessità servendoci del cervello limitato che abbiamo. Le complessità non si risolvono spazzandole via, rinunciando ad affrontarle, ma lavorando per maneggiarle attraverso strumenti di semplificazione. Uno strumento di semplificazione è quello che ogni tanto ho indicato nelle mie conclusioni: è meglio lasciar perdere i soliti modi di ragionare, del tipo "tutto è relativo" oppure "la verità esiste" e utilizzare invece linguaggi di ragionamento che si dimostrino diversi, più capaci di gestire le complessità attraverso forme di semplificazione efficienti; uno di questi linguaggi è quello del camminare, che poi è connesso a quello della spiritualità. Tutte le osservazioni che ho fatto finora vengono ad avere quest'orientamento: mostrare che le tematiche di questa discussione, cioè anima, spirito, mente, se affrontate con gli strumenti mentali utilizzati nel primo post di questa discussione, non possono portare a niente, perché si tratta di strumenti mentali che ormai storicamente si sono dimostrati del tutto inefficienti, del tutto incapaci sia di reggere alla critica, sia di gestire le complessità. Sono modi di ragionare destinati ad essere demoliti dalla critica, così come sono state demolite le tradizionali filosofie e ideologie. In fondo è questo quello che faccio: portatemi un ragionamento tradizionale qualsiasi e ve lo distruggo in quattro e quattr'otto. In questo, in realtà, non faccio niente di speciale: non faccio altro che mettere in evidenza, ripetendone le dinamiche, ciò che è successo con la caduta delle ideologie.

Non voglio essere un pò 'duro' come l'utente Apeiron, ma...francamente...Angelo, stiamo parlando dell'interpretazione di due frasi, semplicemente, e tu tiri in ballo il mio presunto rifiuto di affronatare la complessità, addirittura la caduta del muro di Berlino. Affermi che ogni posizione è errata e ne proponi di tue in continuazione e rispondi, nel mio caso, con "acidità" se l'interlocutore obietta a questa incoerenza. Sembra quasi che debba essere una sorta di "vergogna" avere una qualche posizione su qualcosa...non capisco, veramente... :( 
"Sono modi di ragionare destinati ad essere demoliti dalla critica, così come sono state demolite le tradizionali filosofie e ideologie..." Non è una ben precisa posizione intellettuale questa? E poi bisogna argomentare: quali sarebbero stati demoliti, secondo te, perché lo sono stati, in quale misura lo sono stati, ecc. Non basta che lo affermi tu che "sono stati demoliti", moltissimi altri non lo pensano, ecc...
Sul piano esistenziale rimango della mia convinzione...la filosofia che proponi è "disperante" ( e forse disperata...).
Ti rinnovo gli auguri anche se vedo che non desideri ricambiarli.
 Ti lascio volentieri l'ultima parola,,, :)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 12:06:30 PM
In risposta ad Apeiron

Mi sembra che a volte sembri distinguere teoria filosofica e vita concreta, a volte invece le confondi.

Io prendo posizione eccome: la mia posizione non è per niente nascosta: si chiama camminare, spiritualità, pensiero debole, relativismo, impegno politico, carità, arte, archeologia.

Io accetto di sobbarcarmi le costrizioni che la vita concreta m'impone. Ma se ho tempo e modo di riflettere, ovvero se non sono costretto a concentrarmi sul fatto che un masso mi sta cadendo sulla testa e devo togliermi di mezzo, allora faccio filosofia e dubito di tutto. Quindi non è vero che io che non dubito di tutto. Mi astengo dal dubitare solo nella misura in cui il mondo mi fa violenza e mi costringe a non riflettere, come nella situazione del masso che ho detto.

La sofferenza del dubitare di cui parli è la sofferenza della mentalità occidentale, la quale non riesce a capire come si possa pensare in maniere differenti da quella occidentale. È la sofferenza espressa da Nietzsche quando dice che cadiamo in ogni direzione, o anche da Heidegger quando dice che siamo esseri per la morte: entrambe le posizioni non sono altro che sintomi del filosofare greco metafisico che si scontra con la propria autodistruzione, una volta che venga portato con coerenza fino a tutte le sue conseguenze.

L'uomo dell'Antico Testamento, ad esempio, non mostrava nessuna certezza metafisica, ma solo interessi pratici, non aveva bisogno neanche di credere in una vita eterna; eppure non era affatto triste, né disorientato; perché? Perché non aveva una mentalità greco-occidentale-metafisica che lo imbrigliasse in esigenze mentali assurde, come appunto la fantomatica esigenza di certezze assolute.

Il dubbio prova inazione solo a chi non sa uscire dal pensare greco-occidentale. L'alternativa ce la dà proprio l'uomo dell'Antico Testamento: egli ci dà il pensare storico: di fronte alle situazioni non devo cercare il criterio metafisico in base a cui agire; devo piuttosto raccogliere la mia storia vissuta fino a quel momento, la storia del mondo, la storia del mio DNA, dei miei condizionamenti, ne faccio una sintesi, me ne assumo le responsabilità e mi butto nella storia a fare la mia parte. Tutt'altro che inazione.

Hai insistito più volte nel tuo messaggio sull'insicurezza tua o comunque del dubitante: secondo me è il disorientamento dell'uomo occidentale che vede cadere il pensiero metafisico e non riesce a trovare alternative. Ma le alternative ci sono e tantissimi nel mondo le hanno già trovate, anzi, le praticavano già sin dalla preistoria.

Riguardo alle tue 5 alternative non ho detto che tu non possa oscillare tra esse; ho detto che le trovo tutte con lo stesso difetto: sono statiche, monolitiche, fisse.

Riguardo all'analogia di Cristoforo Colombo, la trovo significativa: egli partì in base alle idee che si era fatte. È la stessa cosa che ha proposto Sariputra: non sappiamo se c'è una conclusione, possiamo benissimo cercarla. Sia Cristoforo Colombo che il criterio di Sariputra cadono nel difetto che ho già detto: parte la ricerca, ma non si accorgono che si tratta di una ricerca già inquadrata, tutta mentalmente condizionata dal modo in cui viene concepita la premessa. Hanno dimenticato di sottoporre a critica la premessa, cioè il presente. Nel caso di Sariputra si tratta di come viene concepito il verbo "sapere", nel caso di Colombo si trattava della mentalità con cui si avvia il viaggio verso le Indie.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l'America fu scoperta, ma cosa fecero Colombo & company in America, una volta fatta la scoperta? Ubbidirono alla mentalità con cui erano partiti, poiché avevano dimenticato di sottoporla a critica. L'America divenne terra violentata, sfruttata, calpestata, si fece una carneficina di carne umana dalla pelle nera.

Veniamo alle domande: a questo punto le mie risposte dovrebbero risultare chiare, poiché si differenziano in base al trovarmi o meno in una situazione di violenza da parte della natura. Se mi trovo in una situazione di violenza, la natura mi costringe a dire che un cane è diverso da un gatto, esattamente come nel medioevo, sotto i colpi della frusta e della tortura riuscivano a far confessare a tante povere donne di essere delle streghe malefiche. Ma toglimi la violenza e ti dirò che non vedo alcun modo con cui dovrei riuscire a distinguere un cane da un gatto e sfido te a trovarlo. Lo stesso vale per le altre domande.

La domanda sui quanti dovrebbe far riflettere più te che me: se certe cose ci risultano in un certo modo solo perché ignoriamo i dettagli dei quanti, bisognerà sospettare che forse un cane ci sembra diverso da un gatto solo perché ignoriamo molti dettagli più approfonditi. Tant'è vero che, se cominciamo a scendere a livello atomico, cominciamo a renderci conto che entrambi non sono altro che un diverso numero di atomi disposti in diverse maniere.

Che una pentola d'acqua scaldata passi da liquido a solido è un esperimento che non conoscevo; sono curioso di saperne i dettagli.


In risposta a Sariputra

Se il mio obiettare, ragionare, controbattere, discutere, criticare, viene preso per acidità, abbiamo finito di discutere. Purtroppo è una cosa che mi accade da sempre, sistematicamente, con i metafisici: prima o poi si irritano.

La filosofia che si è autodemolita è la metafisica, nel momento in cui a cominciato a capire che, se vuole essere coerente, deve prendere in considerazione anche il soggetto. Questo l'ha demolita, si è demolita da sé, semplicemente portando avanti con coerenza i propri metodi. Chi oggi continua a sostenerla può farlo solo al prezzo di non portare avanti tale coerenza e fermarsi al di qua del prendere in considerazione il soggetto.

Come ho detto ad Apeiron, io sono per il prendere posizione e ho una presa di posizione, con caratteristiche che non hanno nulla di nascosto, che ho espresso e continuo ad esprimere in lungo e in largo in tanti modi, tra cui ultimamente la rubrica La spiritualità e le spiritualità sul sito riflessioni.it, ma prima ancora sul mio sito personale, che ad oggi conta 58 post e 48 video in cui parlo con la mia voce per provare a risultare più chiaro e umano. Quindi non venitemi a dire che non prendo posizione o che mi fermo al dubbio. Normalmente ho evitato di citare queste cose perché non mi piace risultare come uno che vuol farsi pubblicità, ma se mi dite che non prendo posizione o che le mie posizioni sono nascoste, o poco chiare, o ferme al dubbio, mi diventa anche giusto far notare che il prendere posizione c'è e il non essere nascosto pure.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 02 Gennaio 2018, 12:09:53 PM
@Sari, sì forse ho un po' esagerato (e se il tono risulta pesante o offensivo, chiedo perdono in anticipo ad @Angelo) nel mio ultimo post. Però francamente non mi pare che anche Angelo non sia da meno nel criticare le (presunte) nostre difficoltà ad ammettere la complessità del reale. E più di una volta ho portato esempi dove in realtà gli stessi filosofi "accusati" di più di essere dogmatici (Platone, in primis) fanno analogie ed ipotesi, ammettono come nell'eccellente Teeteto che a volte si arriva all'aporia ecc. Ma mentre ad esempio il "so di non sapere" socratico invogliava alla ricerca, il "so di non sapere" di Angelo - se sostenuto con tutta la coerenza - porta al troncamento della stessa. Va bene lo scetticismo ma secondo me è molto più interessante, dal punto di vista intellettuale ed esistenziale non fermarsi alla filosofia negativa ma provare a rispondere alle domande:
1) perchè vediamo la differenza nella realtà tra le "cose"?
2) perchè vediamo vediamo che invece molte regolarità?
Ovvero perchè in ultima analisi la scienza funziona? E questa domanda ci porta già nella "meta-scienza", per così dire  :)  e sinceramente preferisco un tentativo di rispondere che risulta errato piuttosto di negare che si possa arrivare ad una risposta.

Detto questo se sono risultato troppo "duro" non era la mia intenzione. Anche se sinceramente mi sono un po' stufato dell'impressione (magari errata) che ho da queste discussioni: ovvero che appunto, come ben dici, sia una "vergogna" prendere una posizione. Detto questo sono anche io disposto a "non avere l'ultima parola" - simbolicamente getto per ora la spugna. Non ho altre argomentazioni da usare di quelle che ho già detto, non sono stato per ora convinto di sbagliare in quello che faccio - quindi non mi rimane che abbandonare la discussione se rimane in questi termini. Personalmente ritengo che il dubbio o più precisamente l'aporia non sia l'obbiettivo ultimo della filosofia ma sia per così dire il punto di partenza.

Ad ogni modo sono anche così "duro" perchè ormai ci ho costruito una vita su "queste posizioni" e lo hanno fatto molti altri. Ergo dietro alla durezza c'è se vogliamo "il cuore" più che "la testa". E francamente l'alternativa di avere come obbiettivo "non prendere posizioni" mi lascia con un enorme vuoto nel cuore.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 02 Gennaio 2018, 12:11:40 PM
@Angelo, Non hai risposto alle domande! Per favore fai ipotesi! Come nel Teeteto! fai ipotesi! Ad ogni modo il fatto che io non distinguo "vita" e "filosofia" è perchè per me la filosofia è qualcosa di molto concreto. Comunque a questo punto se proprio non vuoi rispondere e dire che io dovrei riflettere (cosa che "sorprendentemente" faccio da molto tempo) come ho già detto "getto la spugna".
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 12:22:30 PM
Come non ho risposto? Prendiamo la prima, quella del cane e del gatto, rispondo più in dettaglio e vediamo se per te vale come risposta.

Se io mi trovo davanti un cane imponente arrabbiatissimo, pronto ad uccidermi, in quel momento la natura sta operando su di me una violenza, una costrizione, non mi sta permettendo di riflettere. E allora sono forzato dalla limitatezza del mio corpo a dire "Sì, c'è differenza, perché se un gatto si arrabbia contro di me non ho gran che da temere per la mia vita, ma se si tratta di un enorme cane sì".

Ma se non mi trovo in situazione a rischio di violenza, sono tranquillo, guardo a distanza cane e gatto che lì sul prato si fanno i fatti loro, allora ho la possibilità di mettermi a filosofare e penso: cosa sto vedendo? Cosa mi sta mostrando la mia mente? Posso avere fiducia nella mia mente?

Ora vorrei sapere come mai questa, che non è altro che una ripetizione con parole diverse di ciò che avevo già detto, per te non è una risposta.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 02 Gennaio 2018, 16:01:04 PM
La mia domanda era:
1)Perché un cane sembra proprio diverso da un gatto?

La tua "risposta" è:
Se io mi trovo davanti un cane imponente arrabbiatissimo, pronto ad uccidermi, in quel momento la natura sta operando su di me una violenza, una costrizione, non mi sta permettendo di riflettere. E allora sono forzato dalla limitatezza del mio corpo a dire "Sì, c'è differenza, perché se un gatto si arrabbia contro di me non ho gran che da temere per la mia vita, ma se si tratta di un enorme cane sì".

Ma se non mi trovo in situazione a rischio di violenza, sono tranquillo, guardo a distanza cane e gatto che lì sul prato si fanno i fatti loro, allora ho la possibilità di mettermi a filosofare e penso: cosa sto vedendo? Cosa mi sta mostrando la mia mente? Posso avere fiducia nella mia mente?


Mi spieghi come nella tua "risposta" dovrei dedurre che hai spiegato "perchè un cane sembra proprio diverso da un gatto?". Il primo paragrafo non contiene alcuna risposta, nel secondo invece semplicemente mi dici che ti stai interrogando sull'esperienza sensoriale che stai avendo. Io ti ho fatto una domanda precisa che richiede una risposta altrettanto precisa ovvero il motivo per cui certi animali possiamo chiamarli "cani" e altri "gatti". Oppure se vuoi puoi anche mettere in discussione la domanda, va bene come approccio. In fin dei conti potrei semplicemente essere nella situazione del Genio Maligno di Cartesio. Ad ogni modo questa domanda è in topic, visto che già viator voleva capire cosa distingue una cosa dall'altra e in particolar modo cosa rende umano l'uomo. Platone con la sua dottrina degli universali ha dato una risposta (che può ovviamente essere sbagliata, ma è comunque un tentativo), sostenendo che le idee "esistono" e "partecipano" nel particolare. Tu invece non hai dato alcuna risposta alla domanda "perchè un cane sembra proprio diverso da un gatto?". E anzi le tue domande che hai scritto semplicemente sono in realtà una ripetizione della mia (visto che comunque ho la sensazione del cane e del gatto e comincio a formulare un'ipotesi per questo motivo). Quando ti chiedo il "perchè" voglio o che mi rispondi spiegandomi il motivo per cui cani e gatti sono diversi oppure che mi confuti la domanda dimostrandomi che è un'insensatezza (o che per qualche misterioso motivo non si applica) o in caso non sia chiara la domanda vorrei che mi si chiedesse di ripetere. Dunque non considero nemmeno questo tuo messaggio una vera risposta ad una domanda che chiedeva un motivo. Ritieni ora chiara la mia domanda, o no?

Ad ogni modo la tua filosofia non riesco a farmela piacere per un motivo molto semplice. Semplicemente a me, come a Colombo, interessa arrivare alla meta - o meglio: fare un passo per arrivarci (nel senso che posso non riuscirci io ma magari in futuro qualcuno ci riuscirà). Tu invece critichi questa mia "convinzione"... le tue critiche non mi convincono, ergo continuo a navigare  ;)*  In fin dei conti stando ad alcune cosmologie dell'epoca andando verso ovest non si poteva andare in Cina perchè si pensava che la Terra piatta finisse. Colombo provò a confutare tale convinzione, non ci riuscì ,ma comunque scoprì l'America. Dopo di lui però qualcuno ci riuscì. Dalle tue parole sembra che questa spinta alla conoscenza per te sia oltre che infondata (perchè l'oggetto non esiste) anche causa di molto male (lo deduco dai tuoi continui riferimenti alle ideologie). Mi paiono critiche simili a quelle mosse a Colombo, sinceramente. A differenza tua però non ritengo che la tua visione delle cose sia la causa di "ingiustizie" e anzi la apprezzo come un onesto tentativo di capire la nave. Ma per arrivare alle Indie o all'America (ammesso che sia possibile) non è sufficiente studiare bene la nave, bisogna anche navigare e studiare i venti, gli oceani ecc.

E scusa se te lo dico voglio una risposta anche alla seguente domanda:
perchè, secondo te, la scienza funziona?
Lo scrivo in grassetto perchè voglio sentire la tua opinione (ipotesi) e voglio sapere qual è secondo la ragione per cui la scienza funziona. Non voglio sentirmi ripetere la mia domanda o una non-risposta. In fin dei conti ti ho chiesto di fare un'ipotesi sul motivo per cui un gatto è diverso da un cane e tu non mi hai risposto con un'ipotesi.

E anzi... domanda cruciale?
è lecito secondo te fare ipotesi sulla realtà? è lecito dire, secondo te, che la meccanica quantistica è un progresso rispetto alla fisica classica? Per piacere rispondimi con una risposta diretta o al limite vorrei, per curiosità, capire come riformuli le mie domande.

Ad ogni modo io ho delle risposte a queste domande che secondo me non sono "dogmatiche". Non pretendo che un altro debba condividerle e sinceramente non mi pare di essermi espresso molte volte con violenza cercando di imporre le mie idee. Quello che però non riesco a concepire è l'opinione per la quale formulare ipotesi di questo tipo è "fare un'ideologia". Sono sempre pronto a ricevere obiezioni e a riconoscere che le mie convinzioni non sono completamente fondate. Mi si potrebbe chiedere perchè allora le chiamo "convinzioni". Risposta: non ho ancora trovato nulla che secondo me è migliore. Se uno riesce a convincermi a cambiare idea, bene. Ma finché uno (o anche un mio ragionamento...) non riesce mi tengo le mie convinzioni.

Voglio comunque che tu mi risponda in primo luogo alla prima domanda o che riformuli correttamente la stessa. Sul resto fa lo stesso, scegli tu.

*così come non ti convincono le mie critiche (o quelle di Sariputra) ma tu continui a camminare.

Ciao, a presto!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: viator il 02 Gennaio 2018, 18:12:18 PM
Salve. Vedo che ci si dà da fare per rendere sempre più chiara la distinzione e la natura** di anima, spirito e mente. Auguri.




** per carità, non tanto la natura (impenetrabile) di tali concetti, ma almeno la natura delle nostre opinioni circa tali concetti. Riauguri.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: davintro il 02 Gennaio 2018, 18:37:29 PM
condivido molto il modo in cui nel suo post di apertura Viator ha esposto il significato filosofico delle nozioni di "anima" e "forma", considerando la forma come fattore di specificazione e determinazione qualitativa dell'ente, che restando pura materia resterebbe allo stadio di potenzialità indeterminata, mentre l'unità di forma e materia costituisce la sostanza, e la forma attribuisce all'ente potenziale l'esistenza, che è sempre esistenza caratterizzata da una determinata e specifica natura caratterizzata da un modo d'essere che ammette delle potenzialità e ne esclude altre. L'anima sarebbe la forma degli esseri viventi, cioè ciò che attribuisce all'ente come essenziale la qualifica di ente vitale. Intesi così questi concetti assumono una valenza razionale, in quanto le forme non sarebbero entità del tutto separate e trascendenti, dunque impossibilitate a vedersi riconosciute nella loro efficacia causale di esplicazione degli aspetti della realtà, proprio in quanto l'anima non trascende la materia vivente ma ne è la forma, la sua presenza è razionalmente riconoscibile, perché rende ragione della differenza qualitativa fra ente vivente e non vivente, differenza che resterebbe inavvertita restando nell'ottica di un materialismo che invece riduce il tutto alla "materia", cioè all'aspetto di potenzialità indeterminata, per la quale la materia vivente dovrebbe presentarsi identica a quella vivente, a quel modo d'essere presentante un principio interiore che la porta a svilupparsi alla luce di un determinato senso, l'anima appunto. Condivido anche l'intendere lo spirito, come livello qualitativamente superiore, tra i gradi di complessità nei quali il fenomeno-vita si manifesta. Lo spirito costituisce il carattere di libertà e dunque è corretto intendere la volontà come facoltà eminentemente spirituale, ma a condizione di considerarla come necessariamente implicata nella presenza della mente. Lo spirito presuppone che il complesso dei vissuti che legano l'Io al mondo, siano compresi nella coscienza, cioè espressioni di un Io cogitante, e nella coscienza il mondo e se stessi sono posti dall'Io come oggetti, dunque enti distinti da se stesso inteso come "soggetto", punto sorgivo dei vari vissuti coscienti e cogitanti. La distinzione soggetto-oggetto nell'ambito della mente preserva un margine di autonomia del soggetto, che non si lascia assorbire e far coincidere con le oggettivazioni della propria attività pensante, bensì mantiene un centro interiore individuale a partire dal quale tendere alla luce dell'intenzionalità verso tali oggettivazioni, attribuendo ad esso soggettivi significati e valori alla luce delle categorie di giudizio insiti in esso, costitutivi della personalità. In questo modo la struttura mentale soggetto-oggetto si presenta come sintesi di attualità-passività, coincidente con la polarità forma-materia, spirito-corpo, dove l'aspetto di attualità costituisce quel margine di libertà che rende ragione della qualifica dell'Io umano spirituale non solo come "pensante", ma anche come "volente". Quindi troverei un po' equivoco parlare di uno "sviluppo" della mente sulla base dello spirito, che potrebbe far pensare ad una mente come conseguenza secondaria a-posteriori di un'attività dello spirito preesistente, ancora non cosciente, ma andrebbe riconosciuta la mente come fattore essenziale e costitutivo dello spirito, e quest'ultimo come dimensione della vita nella quale non c' è primato della volontà e della mente, ma reciproca implicazione, dimensione che rivela la coincidenza di libertà e razionalità. Non vorrei che questo appunto apparisse come eccesso di pedanteria, dato che nel complesso sto commentando un pensiero che condivido a apprezzo davvero molto.

Buon anno a tutti!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 02 Gennaio 2018, 19:41:09 PM
@davintro, personalmente la mia opinione non è molto distante dalla tua (e quindi anche dall'opinione di viator). Ovvero che ci sia qualcosa che renda il gatto "gatto", il cane "cane", l'uomo "uomo" ma la chiamerei "forma" e lascerei il termine "anima" a ciò che può essere considerato "senziente" (il che è piuttosto difficile da stabilire). Per quanto riguarda lo spirito personalmente ritengo ciò la "concettualizzazione" della nostra facoltà di speculare, distinguere il bene e il male.

Recentemente una prospettiva interessante dalla fisica è che la coscienza sia come una fase della materia (https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=3&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwj81fHm8rnYAhXRo6QKHU1wAHIQtwIIRTAC&url=https%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DGzCvlFRISIM&usg=AOvVaw0umm3qomAqPGYM1iK54wQs), motivo per cui ho usato nelle mie critiche ad Angelo l'analogia con il liquido e il gas. Ovvero ritengo che la "struttura" delle cose sia tanto "reale" quanto la "materia" e anzi se qualcosa si può prendere come informazione (definita a volte come "la differenza che crea la differenza", ovvero ciò che rende distinte le cose) è proprio la struttura e non la materia. La ritengo una prospettiva interessante, ma incompleta. La ritengo incompleta perchè, in fin dei conti, considera solo ciò che può essere visto scientificamente... non da indicazioni sulla questione per cui l'etica ha o meno fondamento "reale". Non dice poi se l'"io" rimane dopo la morte o meno (questione curiosamente legata probabilmente all'esistenza o meno di un fondamento "reale" dell'etica - come ho esplorato nel topic aperto da viator sull'immortalità). Personalmente non sono soddisfatto dalle teorie "emergentiste" perchè mi pare che tutte assumono che ogni cosa cosa possa essere osservata scientificamente per essere "reale" e non ammettono la possibilità che esista "altro".  Tuttavia se è giusta è quasi una "vittoria" di Aristotele e Platone, i quali hanno sempre stabilito che le proprietà degli oggetti sono tanto reali (seppur in maniera diversa) quanto la materia di cui essi sono fatti (l'oggetto è fatto di materia e forma). Secondo me la nostra natura non si ferma al "scientificamente osservabile" (che ha sostituito l'arcaico "visibile") ma c'è qualcosa di "oltre" esso. Spesso (ma non sempre) negli ultimi tempi si tende a ignorare la possibilità di questa "realtà" e troppe volte ciò è fatto per ragionamenti molto superficiali.  

Ritengo questo problema uno dei più interessanti di tutta la filosofia - non a caso è legato all'identità personale. Cos'è che rende me, "me"? Qual è la mia "forma"? Spinoza riteneva che in quanto la nostra "forma" ha come corrispettivo un'idea nella mente della "Sostanza" siamo immortali. Ovvero che esistiamo eternamente come "idea" (che a differenza di quella platonica però esiste in una mente, quella della "Sostanza" stessa). In un certo senso anche l'argomento di Tegmark (vedi il link) ricorda la posizione spinozistica: per Tegmark il reale coincide con il "matematico" e quindi se la nostra coscienza è un pattern matematico in un certo senso è "eterna" così come è eterno "2+2=4".
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 03 Gennaio 2018, 00:33:37 AM
Apeiron, mi sembra che la questione sia tutta lì, cioè mi sembra che tu sia irresistibilmente condizionato dalla mentalità di Cartesio, che tu stesso hai menzionato.

Poco tempo fa ti avevo sfidato a dimostrarmi che un cane non è un gatto e tu stesso hai ammesso di non potermelo dimostrare.

Citazione di: Apeiron il 29 Dicembre 2017, 18:10:42 PMRiguardo al cane e al gatto non posso dimostrarti che sono diversi.

Nonostante ciò tu ritieni che qualche verità possa essere raggiunta, tant'è vero che mi chiedi di rendere conto del fatto che anche a me un cane non sembra un gatto.

Ecco quale mi sembra essere il tuo ragionamento: dubitiamo pure della differenza tra un cane e un gatto, ma la nostra esperienza ordinaria ci dice pur sempre che li percepiamo differenti. Dunque, non abbiamo certezza della differenza tra un cane e un gatto, però abbiamo il dato di fatto di noi che comunque li percepiamo diversi.

Ma questo non è altro che Cartesio! È lui che ha accettato di dubitare di tutto e infine ha ritenuto di essere pervenuto, proprio grazie a ciò, alla certezza definitiva individuata nel fatto che c'è comunque uno che sta dubitando. Anche il ragionamento che ha dato origine a tutta questa seconda parte della discussione non è altro che Cartesio: infatti dire che l'affermazione "Tutto è relativo" costituisce una certezza corrisponde sempre allo stesso meccanismo di ammettere il dubbio contenuto nell'affermazione e andare a rintracciare la certezza nella sorgente generatrice del contenuto. Nel caso di Cartesio la sorgente è colui che dubita; nel caso del relativismo la sorgente è la frase stessa, intesa come contenitore di ciò che dice e individuata come certezza; nel tuo caso la sorgente siamo pur sempre noi, oppure il nostro sperimentare.
Cioè, tu ritieni che il nostro sperimentare, per quanto soggettivo, relativo, opinabile, possa essere, costituisca pur sempre un nocciolo duro in grado di imporsi come verità comunque esistente, verità in grado di sforare nel campo delle certezze metafisiche.
Una versione alternativa di questo tuo metodo è quando ti riferisci alla scienza: non per nulla mi hai chiesto come mai la scienza funziona, dando appunto per scontato che essa funziona, cioè è in grado di imporsi alla nostra esperienza con risultati forti.
Ora, tutto ciò a mio parere non regge, perché ci aveva già provato Cartesio, ma Cartesio è fallito: sappiamo che il suo "Cogito ergo sum" non rappresenta il raggiungimento di alcuna certezza.
Alla radice sta sempre l'aver trascurato il soggetto.

Difatti mi sembra che le sole obiezioni che tu abbia posto alla negligenza di trascurare il soggetto siano state di tipo emotivo: hai agitato il timore del solipsismo.

Ora, questo fatto di agitare timori, paure, pericoli, oppure non gradimento del mio modo di pensare, oppure, come ha detto Sariputra, lo spettro della disperazione, non è che sia un buon segno per gente che voglia cercare la verità. Insomma, viene da obiettare: ma voi state cercando davvero la verità oppure soltanto qualcosa che risulti di vostro gradimento? Cosa c'entra con la ricerca della verità qualsiasi tipo di paura? Adesso la gradevolezza è diventata il criterio filosofico con cui valutare se una cosa è vera oppure no? In questo senso trovo che il vostro modo di ragionare sia gravemente viziato dal fatto di accettare ciò che si prospetta come verità solo a patto che risulti gradevole.

Ad ogni modo, immagino che anche adesso avrai l'impressione che io non ti stia rispondendo, perciò andiamo dritto alle tue domande, nella speranza, da parte mia, che ti renda conto da te stesso dove porta il tuo metodo.

Differenza tra cane e gatto: il gatto miagola, il cane abbaia.
Vediamo adesso come proseguirai, anche se lo immagino.

Perché la scienza funziona? Funziona solo nella misura in cui ci manteniamo dell'inaccuratezza, nella superficialità, nell'approssimazione. In qualsiasi campo della scienza, più si diventa accurati, esatti, precisi, più essa comincia a scricchiolare. In sostanza la mia risposta è: no, non è vero che la scienza funziona. Non ho mai visto una sola parola della scienza funzionare. È come quando diciamo che ore sono: è possibile dirlo solo a condizione di essere approssimativi. In questo senso non ho mai visto nessuna persona e nessuno strumento riuscire a dirmi che ore sono.

Se sia lecito fare ipotesi sulla realtà. Dipende dall'onestà che si vuole portare avanti, cioè se si accetta di includere nella realtà il soggetto oppure no. Se lo si esclude non è più un procedere onesto, è un ragionare truccato.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 03 Gennaio 2018, 09:16:14 AM
Sogni...sogni...visioni...Nessuna Anima, nessun Spirito, nessuna Mente...un Grande Vuoto...come si chiama il vuoto, Sari?...Non lo so, ma io lo chiamo Abisso, mi piace il nome Abisso. Un nome vale l'altro no? C'è questo Abisso profondo, io...io penso che non abbia fondo, quindi non lo si può dire profondo...Senti che non ha fondo, Sari?...Sì, mi par che sia così...E hai paura, Sari?...Eh, un pò sì. Guardo tanto ma non vedo il fondo...non vedo niente, solo un Grande Vuoto... E' cattivo o buono questo che chiami Abisso, come ti pare?...Nè buono né cattivo, a pensarci lo dovrei forse chiamare l'Innocente, colui che non nuoce. Cattivo o buono è ciò che si agita ma Innocente non si agita, come potrei allora dire se sia buono o cattivo?...Ho visto un uomo sparare con un fucile ai pettirossi che calano nel giardino, Orinando ho riempito una pozzanghera, ma ho pensato che non era bello quello che facevo...Mi ricordo di Prakriti, Sari, cos'è? Una danzatrice?...Sì, Prakriti si agita come una danzatrice ma, ecco che si ferma! E' stata vista! Oh, mio Dio o mio Abisso dovrei dire. Come una danzatrice innamorata smette di agitarsi quando viene vista dal suo amore, così Prakriti smette di agitarsi quando Abisso la guarda...Prakriti è la Materia, Sari?...Che ne so! Sto sognando...Perché hai paura di Abisso, Sari? Hai paura, non è vero?...Sì, ho paura di cadere, di perdermi per sempre, di non riconoscermi più...però lo desidero nello stesso tempo...sento che dovrei lasciarmi cadere in Abisso...se non ha fondo non posso farmi male , non è vero?...Direi di no, Sari...Ma ho paura di non incontrare più nessuno quando sono 'dentro', non ci sono più nemmeno io ,anche se ci sono perchè sono nell'Abisso. Mi par che dovrebbe essere così...Sono come il Gollum e vado in giro dicendo "Il mio Tesssorooo"...Ma perché Tutto si agita?...Forse perché guardiamo fuori invece che dentro l'abisso?...Non so, cacciatore di pettirossi...Guardare dentro fa paura, non vedo alcun limite : né in alto né in basso né a destra  né a sinistra. Guardiamo fuori per non perderci, mi sembra chiaro mentre sto nel sogno...quando mi risveglio...non mi è più così chiaro! Perché la luce non illumina e invece le tenebre del sogno sì?...Quando ero fuori dalla tenda le montagne erano montagne e i boschi erano boschi, poi sono entrato nella tenda e...le montagne non erano più montagne e i boschi non erano più boschi. Sono stato in compagnia di Prakriti nella tenda, era così piacevole...ma poi, all'improvviso è diventata un mostro e così sono uscito dalla tenda e...le montagne erano di nuovo montagne e i boschi di nuovo boschi...Perché dici che non c'è Anima, Sari? Nè Spirito o Mente?...Perché c'è 'Questo' non vedi ? Come potrebbe esserci 'qualcosa' quando c'è 'questo' ? 'Qualcosa' è solo agitazione. Io vedo solo 'questo', adesso...ma sto sognando, cacciatore malvagio di pettirossi innocui...ecco, mi sto svegliando! Adesso ti vedo che sei malvagio...ecco! Ecco! Adesso c'è di nuovo 'qualcosa'...
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 03 Gennaio 2018, 13:04:01 PM
Angelo... ovviamente uno deve avere un minimo di fiducia e speranza. Senza un minimo di fiducia e speranza ovviamente non se ne esce. Secondo me sei un solipsista epistemologico (sebbene non ontologico) che non riesce nemmeno ad ammetterlo. Nel Forum non vuoi affermare di prendere posizioni. Eppure...

Eppure tu hai fiducia nelle tue percezioni visto che (uso le parole tue, eh):
"Se io mi trovo davanti un cane imponente arrabbiatissimo, pronto ad uccidermi, in quel momento la natura sta operando su di me una violenza, una costrizione, non mi sta permettendo di riflettere. E allora sono forzato dalla limitatezza del mio corpo a dire "Sì, c'è differenza, perché se un gatto si arrabbia contro di me non ho gran che da temere per la mia vita, ma se si tratta di un enorme cane sì"."
Qui vedo in fin dei conti che tu sei ben consapevole (senza averlo dimostrato) che davanti hai un cane imponente e arrabbiattissimo (potrebbe essere una semplice illusione percettiva) e dunque sei forzato da questa fiducia nei tuoi istitnti a reagire. Viceversa in discussioni come queste non hai fiducia nella mente (o non sai se si possa avere  ;D ) e dunque per coerenza ti rifugi nel tuo "solipsismo epistemologico". Certamente c'è una componente "psicologica" data dal fatto che ho fiducia nella mia mente quando mi dice che la mia conoscenza è lacunosa, carente, imperfetta, incompleta  e a differenza tua reagisco. Questa componente "psicologica" però c'era anche in Teeteto e in Socrate (secondo Platone) perchè cosa è la "meraviglia" se non questa componente psicologica che ti porta a cercare? Così tu ti comporti in due modi diversi nella vita quotidiana e nella filosofia - cosa che ha il suo senso - io invece preferisco dare più fiducia alla mente anche durante la speculazione filosofico. Ammetto il "rischio" ma la "felicità" che ricevo dalla speculazione nonché la gioia che ho quando a volte mi vengono intuizioni che paiono (in un certo senso) "vere" mi "spronano" a continuare in questo cammino. L'alternativa che tu proponi non mi attira.

Altra cosa:
"Non è possibile conoscere la natura della realtà". Se parto già da questa idea come è possibile che io inizi a domandarmi "è possibile conoscere la natura della realtà?".  Prova dunque ad entrare in una scuola e a convincere gli studenti che "non è possibile conoscere la natura della realtà": secondo te quanti scienziati escono??  ::)

Mi ricorda questo:
Nel VI (o V) secolo a.c. si dice che Buddha non ha voluto rispondere se esiste o meno l'atman (l'io "sostanziale") (https://www.accesstoinsight.org/tipitaka/sn/sn44/sn44.010.than.html). Perchè non lo ha fatto? Probabilmente perchè se uno è già convinto che l'atman non c'è come può praticare la filosofia buddhista per riconoscere che "la materia (le sensazioni, le percezioni, le predisposizioni karmiche, la coscienza) non sono io, non è mia, non è il mio Sé" ? Allo stesso modo se uno prende la tua filosofia - che giustamente Sariputra ha definito "disperante" - come può uno iniziare a fare filosofia? Sinceramente non vedo come ciò sia fattibile  :o


Se tu mi dici che la speculazione su ciò che va oltre il mio "soggetto" (e "diamine" Angelo tu non mi hai mai dimostrato che questo soggetto c'è e non mi hai mai dimostrato che muta, e non mi hai mai dimostrato che...) non è possibile come posso io essere invogliato a verificare tale posizione senza considerare l'altrui posizione? Senza rendertene conto affermi in continuazione cose che bloccano ogni possibile cammino, secondo me.

Ergo il fatto che io adesso non posso dimostrarti che il cane è diverso dal gatto non significa che: 1) cane e gatto non siano diversi 2) non è possibile tentare di fare una spiegazione ragionevole sul fatto che sono diversi  3) non è possibile dimostrare che siano diversi. Sei tu che fai una affermazione ingiustificata quando dici che "non è possibile dimostrare". Io semplicemente ammetto di non riuscirci e provo comunque a dare una spiegazione ragionevole!  ;)

Dunque se tu mi chiedi: "Apeiron tu affermi "è possibile dimostrare che il gatto e il cane siano diversi"?" Io rimango in silenzio. Se tu mi chiedi "Apeiron tu affermi: "è possibile dimostrare che il gatto e il cane non sono diversi?"" Io rimango in silenzio. Tuttavia non credo di (o meglio "spero di non")  aver mai affermato che è possibile una dimostrazione. Idem per le questioni metafisiche, come ad esempio l'esistenza dell'anima, dell'aldilà, dell'ontologia dell'etica... Tuttavia la speculazione su tali argomenti (magari mediante il procedimento dell'analogia come quello usato da Platone nella Repubblica nei riguardi della Forma del Bene, della Linea e della Caverna - nonché della mia (e del Sari) analogia del navigatore... anch'essa in realtà platonica) ritengo che sia lo stesso meta-fisica ma non nel senso che tu "disprezzi" ovvero una metafisica aperta ad un dialogo costruttivo. Di certo ci vuole una fiducia inziale nella mente umana - ovvero la fiducia che una tale attività non sia futile. Se tu invece non la hai, beh questo tipo di filosofia forse non fa per te. Ergo secondo me visto che le mie percezioni di gatto e cane sono diverse ritengo che sia ragionevole dire che "cane" e "gatto" sono diversi e che qualcosa differenzi il gatto dal cane e questo qualcosa è l'"anima" nel senso usato da viator. Se tu nuovamente insisti con la tua obiezione sul fatto che ho "troppa" fiducia nella mente ti ringrazio (ricevere obiezioni fa sempre bene) ma sinceramente non accetto i tuoi continui riferimenti alle "ideologie". Secondo me hai un "bias" contro questo tipo di filosofia.

Ad ogni modo la fiducia nelle cose che non si conoscono è essenziale per iniziare a fare ogni attività. Pur non sapendo la medicina mi affido alla conoscenza del medico, pur non sapendo nulla di fisica mi affido all'insegnante, pur non potendo dimostrare che il "cane arrabbiato" è reale comunque scappo ecc

Ma dire che "non è possibile dimostrare..." è un'affermazione categorica e va dimostrata. Se non è dimostrata non c'è alcuna ragione in più di credere ad essa rispetto all'affermazione "è possibile dimostrare...". Tra le due però quella che tronca il cammino è quella negativa. Dunque io preferisco l'affermativa. Tu la negativa. Però finché non mi porti argomenti convincenti sul fatto che "non è possibile dimostrare..." sinceramente non "passo dalla tua parte". Se affermassi "io conosco la dimostrazione di..." allora ha senso confutarmi. Ma sinceramente la mia decisione di preferire la frase affermativa ("preferire" non significa necessariamente essere d'accordo...) non sono più arbitrarie delle tue.

Edit: chiedo scusa per aver modificato più volte il post.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 03 Gennaio 2018, 23:12:32 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 03 Gennaio 2018, 00:33:37 AM
Ora, tutto ciò a mio parere non regge, perché ci aveva già provato Cartesio, ma Cartesio è fallito: sappiamo che il suo "Cogito ergo sum" non rappresenta il raggiungimento di alcuna certezza.
Alla radice sta sempre l'aver trascurato il soggetto.
Da quel che so, il cogito cartesiano fonda il soggetto, non lo trascura.
Se anche io fossi una farfalla che sogna di essere un uomo, o un cervello in vasca, o il videogioco di un alieno, comunque posso essere certo di esistere come soggetto (qualunque "cosa" io sia) proprio perchè posso pensare, e farlo "in prima persona".
Altrimenti come possiamo fondare, logicamente e/o "empiricamente", il soggetto che, giustamente, inviti a non trascurare?

Per problematizzare il soggetto stesso che si pone problemi (filosofici o non), il soggetto che può camminare ;)  con altri, non mi sembra molto d'aiuto ricordarsi che, in fondo, molti degli atomi che lo costituiscono sono gli stessi che formano un cane o un gatto... ciò è probabilmente vero, ma è una nozione piuttosto fine a se stessa, o almeno io non ne colgo la fertilità filosofica. Lo stesso vale per l'impossibilità di dire esattamente l'ora: ovviamente non è possibile dire l'ora esatta pronunciando anche i millesimi, perché non abbiamo la lingua abbastanza veloce, ma se anche potessimo farlo, sarebbe un buon passo avanti? L'approssimazione non è sempre un difetto... certo, bisogna ponderare attentamente sulla fallibilità del soggetto, tuttavia, secondo me, senza alienarlo troppo dal contesto in cui si muove, che è quello dell'umanità (e su tale contesto possono essere calibrate aspettative legittime: ad esempio, quella di sentirsi dire l'ora precisa al millesimo è tanto sterile quanto sovra-umana  ;D ).

Includere il soggetto nelle proprie riflessioni significa sicuramente tenere ben presente la convenzionalità delle discriminazioni mentali, a cui allude il post profondo e onirico di Sariputra, sia riflettere sull'uso del linguaggio utilizzato nelle indagini, sia essere guardinghi e diffidenti da ciò che la nostra stessa mente ci propone d'istinto (come doverosamente ci ricordi), ma soprattutto tener presente l'opinabilità/arbitrarietà relativa dei propri criteri di scelta, a cui si riferiva Apeiron, se non l'ho frainteso (e prima di lui Godel e, abbastanza prima di loro, mutatis mutandis, Aristotele...).

La vita quotidiana esige scelte e decisioni in tempi umani (talvolta millisecondi, talvolta giorni), la società ha le sue regole (fra cui quella di ragionare basandosi sui soggetti umani, distinguendoli convenzionalmente da cani e gatti, anche se bio-chimicamente è forse solo un capriccio tassonomico), e, pur avendo fede in certezze assolute o verità con la maiuscola (ammesso e non concesso ;) ), non ci è dato di aspettare di trovarle e controllarle a dovere prima di muoverci in cammino. Sono quindi d'accordo con te quando ricordi la necessità operativa di avere una posizione:
Citazione di: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 12:06:30 PM
io sono per il prendere posizione e ho una presa di posizione, con caratteristiche che non hanno nulla di nascosto, che ho espresso e continuo ad esprimere in lungo e in largo in tanti modi
Se si risale "a monte" di tale posizione (e si indaga sulle modalità della "presa di posizione", inevitabilmente selettiva), si troverà, in cima alla catena dei "perché?", sempre "qualcosa": una certezza anapodittica, direbbe Aristotele (se non erro), in cui si ha indimostrabilmente fiducia... e se tale posizione cambierà, non cambierà certo a caso (almeno questo è quello che ho capito finora su come sembrano "funzionare" gli umani  ;D ).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 00:01:53 AM
PHIL
Includere il soggetto nelle proprie riflessioni significa sicuramente tenere ben presente la convenzionalità delle discriminazioni mentali, a cui allude il post profondo e onirico di Sariputra, sia riflettere sull'uso del linguaggio utilizzato nelle indagini, sia essere guardinghi e diffidenti da ciò che la nostra stessa mente ci propone d'istinto (come doverosamente ci ricordi), ma soprattutto tener presente l'opinabilità/arbitrarietà relativa dei propri criteri di scelta, a cui si riferiva Apeiron, se non l'ho frainteso (e prima di lui Godel e, abbastanza prima di loro, mutatis mutandis, Aristotele...).

APEIRON
Anche se ci "hai preso" nel senso che ritengo che bisogna essere consapevoli dei propri criteri di scelta e del fatto che possono essere arbitrari, ritengo che sia "ragionevole" pensare che si possa indagare anche oltre "il Velo di Maya" della nostra individualità e che si debba anche scegliere l'alternativa che ci sembra più "ragionevole". Personalmente ritengo in parte "ragionevole" (ovvero un'idea plausibile) quanto segue:
"It is a perennial philosophical reflection that if one looks deeply enough into oneself, one will discover not only one's own essence, but also the essence of the universe. For as one is a part of the universe as is everything else, the basic energies of the universe flow through oneself, as they flow through everything else. For that reason it is thought that one can come into contact with the nature of the universe if one comes into substantial contact with one's ultimate inner being."
Traduzione mia: "è una costante riflessione filosofica che se uno (o una) guarda profondamente dentro sé stesso, uno scoprirà non solo la propria "essenza" ma anche quella dell'universo. Perchè uno è parte dell'universo e di tutto il resto e le "energie" di base dell'universo "fluiscono" attraverso egli stesso, così come "fluiscono" attraverso tutto il resto. Per questo motivo si pensa che uno può entrare in contatto con la natura dell'universo se entra in contatto sostanziale con il suo "essere ultimo"... (virgolette aggiunte per indicare che secondo me non è possibile una comprensione totale della natura dell'universo come suggerisce questo passo ma è possibile una comprensione parziale)
testo tratto da https://plato.stanford.edu/entries/schopenhauer/#4
Personalmente ritengo ciò ragionevole anche se c'è una arbitrarietà data dal fatto che non so dimostrare quanto ho appena citato.  Tuttavia il fatto di non saperla dimostrare non significa che: 1) ciò non sia possibile 2) è falso 3) è futile. L'affermazione contraria, ovvero che l'introspezione non dice niente sulla "natura delle cose" è secondo me altrettanto arbitraria e inoltre blocca il cammino.

Comunque sinceramente con tutti questi discorsi sul "soggetto"... sinceramente non riesco a capire come la "soggettività" - ovvero l'impossibilità di "uscire" dalla nostra prospettiva e riuscire a conoscere delle altre - non venga vista come una sorta di gabbia. Ma anche questa è una "mia" arbitraria "fissazione". Non pretendo che sia condivisa da altri.

Quindi Phil, ritengo che sia giusto fare una sana analisi delle proprie convinzioni e mettere in luce quanto esse siano arbitrarie. Ma tra una convinzione che mi permette di navigare alla scoperta di nuove terre e una convinzione che invece mi "convince" (scusate il gioco di parole) a pensare che la scoperta di nuove terre è impossibile, preferisco la prima. Altri preferiscono la seconda, buon per loro. Credo che qui davvero entri nel gioco la psicologia.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 00:23:46 AM
Citazione di: Phil il 03 Gennaio 2018, 23:12:32 PMAltrimenti come possiamo fondare, logicamente e/o "empiricamente", il soggetto che, giustamente, inviti a non trascurare?
Dai per scontato che il soggetto debba essere fondato. Perché?

Inoltre, visto che ammetti che non possiamo fidarci della nostra mente:
Citazione di: Phil il 03 Gennaio 2018, 23:12:32 PMIncludere il soggetto nelle proprie riflessioni significa sicuramente ...
... essere guardinghi e diffidenti da ciò che la nostra stessa mente ci propone d'istinto (come doverosamente ci ricordi)

come mai subito dopo dai per scontato che sia possibile trovare una certezza meritevole di fiducia?
Citazione di: Phil il 03 Gennaio 2018, 23:12:32 PMSe si risale "a monte" di tale posizione (e si indaga sulle modalità della "presa di posizione", inevitabilmente selettiva), si troverà, in cima alla catena dei "perché?", sempre "qualcosa": una certezza anapodittica, direbbe Aristotele (se non erro), in cui si ha indimostrabilmente fiducia...
Non è contraddittorio?


Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 00:01:53 AM... non riesco a capire come la "soggettività" - ovvero l'impossibilità di "uscire" dalla nostra prospettiva e riuscire a conoscere delle altre - non venga vista come una sorta di gabbia...
La soggettività è una gabbia, certo che è una gabbia. Ma se ciò ci risulta essere la condizione in cui ci troviamo, non ha senso rifiutare che sia così solo perché non ci piace. Ma a quanto pare questo discorso con te non funziona, visto che hai più volte dato conferma che a te non interessa trovare verità, ma solo cose che ti piacciano. Se una cosa non è di tuo gradimento, automaticamente ti orienti a pensare che non può essere verità; se invece ti piace sei propenso già in partenza a ritenere che si tratti di qualcosa di vero. Vedendoti ragionare così, mi viene a risultare come conseguenza che qualsiasi cosa che dici non ha alcun valore.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 04 Gennaio 2018, 08:28:47 AM
Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 00:01:53 AM
Quindi Phil, ritengo che sia giusto fare una sana analisi delle proprie convinzioni e mettere in luce quanto esse siano arbitrarie. Ma tra una convinzione che mi permette di navigare alla scoperta di nuove terre e una convinzione che invece mi "convince" (scusate il gioco di parole) a pensare che la scoperta di nuove terre è impossibile, preferisco la prima. Altri preferiscono la seconda, buon per loro. Credo che qui davvero entri nel gioco la psicologia.
Concordo, l'auto-analisi non dovrebbe, secondo me, inibire la possibilità di nuovi orizzonti, e dare per scontato che non siano possibili è, sempre secondo me, una leggerezza teoretica banalizzante...

Citazione di: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 00:23:46 AM
Dai per scontato che il soggetto debba essere fondato. Perché?
Se non lo fondiamo non ha senso parlarne seriamente in modo filosofico; il discorso su un soggetto infondato diventa poesia (che ha certamente una sua dignità artistica...). Prova a pensare alla tua posizione, quando parli del "camminare con" non hai bisogno che siano coinvolti dei soggetti? Come li fondi/identifichi?

Citazione di: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 00:23:46 AM
Inoltre, visto che ammetti che non possiamo fidarci della nostra mente:
[...]come mai subito dopo dai per scontato che sia possibile trovare una certezza meritevole di fiducia?
Perché se non ho fiducia, seppur momentanea e "debole", in un qualche criterio, non posso compiere scelte sensate... e mi ritroverei ad essere un vegetale! ;D  Come accennavo, è il nostro vivere nel mondo che ci chiede di scegliere, mentre cerchiamo di capirci qualcosa...
Se non hai momentanee certezze meritevoli di minima fiducia, come fai a "prendere posizione" (come tu stesso dicevi), ad avere una tua visione del mondo? Pensa di nuovo alla tua proposta "spirituale", non sottende forse certezze da cui parti e di cui ti fidi, almeno per ora? ;)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 08:43:03 AM
Se ritieni che per parlare di qualcosa, in questo caso il soggetto, sia necessario fondarlo, poi su cosa fonderai il fondamento? Così come ritieni impossibile parlare del soggetto se non è fondato, alla stessa maniera sarebbe impossibile parlare del suo fondamento, se non fosse a sua volta fondato.

Magari mi dirai che il fondamento sarà accettato come un postulato indimostrato; ma allora perché non accettare direttamente come postulato indimostrato il soggetto stesso, piuttosto che fondarlo su qualcosa di infondato?

Il discorso che io porto avanti sulla spiritualità non si basa su alcuna certezza.

Per quanto riguarda il problema di compiere scelte, avevo già indicato più sopra il criterio, senza bisogno di dover fondare le scelte su certezze che creano più problemi di quanti sembrino risolverne:
Citazione di: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 12:06:30 PMIl dubbio prova inazione solo a chi non sa uscire dal pensare greco-occidentale. L'alternativa ce la dà proprio l'uomo dell'Antico Testamento: egli ci dà il pensare storico: di fronte alle situazioni non devo cercare il criterio metafisico in base a cui agire; devo piuttosto raccogliere la mia storia vissuta fino a quel momento, la storia del mondo, la storia del mio DNA, dei miei condizionamenti, ne faccio una sintesi, me ne assumo le responsabilità e mi butto nella storia a fare la mia parte. Tutt'altro che inazione.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 04 Gennaio 2018, 08:43:37 AM
cit.Apeiron:
"It is a perennial philosophical reflection that if one looks deeply enough into oneself, one will discover not only one's own essence, but also the essence of the universe. For as one is a part of the universe as is everything else, the basic energies of the universe flow through oneself, as they flow through everything else. For that reason it is thought that one can come into contact with the nature of the universe if one comes into substantial contact with one's ultimate inner being.
Traduzione mia: "è una costante riflessione filosofica che se uno (o una) guarda profondamente dentro sé stesso, uno scoprirà non solo la propria "essenza" ma anche quella dell'universo. Perchè uno è parte dell'universo e di tutto il resto e le "energie" di base dell'universo "fluiscono" attraverso egli stesso, così come "fluiscono" attraverso tutto il resto. Per questo motivo si pensa che uno può entrare in contatto con la natura dell'universo se entra in contatto sostanziale con il suo "essere ultimo"... (virgolette aggiunte per indicare che secondo me non è possibile una comprensione totale della natura dell'universo come suggerisce questo passo ma è possibile una comprensione parziale)


Se è vero che i limiti del nostro pensiero non ci permettono di conoscere pienamente ciò che ci circonda è anche vero che siamo parte di 'questo' che ci circonda e possiamo pertanto indagare i nostri limiti senza dover stabilire a priori quali siano i nostri confini. Se poi togliamo la pretesa che dobbiamo racchiudere il tutto in una frase, un'espressione o una formula...le cose diventano ancora più interessanti da investigare...ci sono 'cose' che è solo possibile indicare , ecc... :)
Il problema è che viviamo in un'epoca di grande 'sfiducia' ...così preferiamo delegare alla scienza qualunque indagine al motto, che si legge sempre più spesso: "la scienza dice che..."
Abbiamo semplicemente sostituito una certezza ( Dio dice che...) con un'altra...
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 08:43:03 AM
Se ritieni che per parlare di qualcosa, in questo caso il soggetto, sia necessario fondarlo, poi su cosa fonderai il fondamento? Così come ritieni impossibile parlare del soggetto se non è fondato, alla stessa maniera sarebbe impossibile parlare del suo fondamento, se non fosse a sua volta fondato.

Magari mi dirai che il fondamento sarà accettato come un postulato indimostrato; ma allora perché non accettare direttamente come postulato indimostrato il soggetto stesso, piuttosto che fondarlo su qualcosa di infondato?
Dobbiamo dunque rinunciare al fondamento, a discorsi epistemologicamente fondati, ripiegando su voli liberi fra idee sfondate ed infondate? E' una possibilità, per quanto, mi pare, poco "filosofica" e molto "artistica"  :) 
Secondo me, ci ritroviamo in un caso simile al discorso sull'ora: le ore si fondano sui minuti, i minuti sui secondi, e quando ho queste tre misure posso già gestire la mia vita abbastanza agevolmente, anche tralasciando il fatto che i secondi si basano sui millesimi, i millesimi si fondano su etc. (salvo io mi ritrovi a fare lavori particolari, come l'atleta, il pilota di formula uno, etc....). L'eccessiva fame di complessità resta spesso digiuna di fronte alle esigenze pulsanti della vita pratica  ;)

Nel caso del soggetto, il regresso all'infinito è solo "sulla carta": Cartesio fonda il soggetto sulla sua consapevolezza del suo stesso pensiero individuale... e su cosa si fonda tale consapevolezza? Sulla percezione di tale pensiero (flusso di coscienza), che è un vissuto esperibile, quindi nulla di metafisico. Possiamo ritenerlo un fondamento sufficiente per parlare di soggetto? Se rispondiamo "no", dovremmo poi coerentemente scegliere fra il non parlare più di soggetto (almeno razionalmente) e il trovare un fondamento apparentemente più solido (che è comunque possibile per qualcuno, ad esempio, per via religiosa...).



Citazione di: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 08:43:03 AM
Il discorso che io porto avanti sulla spiritualità non si basa su alcuna certezza.

Per quanto riguarda il problema di compiere scelte, avevo già indicato più sopra il criterio, senza bisogno di dover fondare le scelte su certezze che creano più problemi di quanti sembrino risolverne:
Citazione di: Angelo Cannata il 02 Gennaio 2018, 12:06:30 PMIl dubbio prova inazione solo a chi non sa uscire dal pensare greco-occidentale. L'alternativa ce la dà proprio l'uomo dell'Antico Testamento: egli ci dà il pensare storico: di fronte alle situazioni non devo cercare il criterio metafisico in base a cui agire; devo piuttosto raccogliere la mia storia vissuta fino a quel momento, la storia del mondo, la storia del mio DNA, dei miei condizionamenti, ne faccio una sintesi, me ne assumo le responsabilità e mi butto nella storia a fare la mia parte. Tutt'altro che inazione.
Il criterio sarebbe dunque, correggimi se sbaglio, fare una sintesi di quell'elenco e cercare di fare la propria parte... eppure, chiediamoci, "fare la propria parte", in pratica, non significa forse compiere scelte in base a delle supposte certezze (per quanto fluide e momentanee)?
Non si sceglie forse di usare il criterio che proponi grazie ad un (meta)criterio di scelta (con cui lo scegliamo)?

Credo tu sia certo che quello che proponi sia un buon criterio; senza questa certezza, non si spiega come mai cerchi di praticarlo e consigliarlo... il criterio/metodo che hai descritto, non si basa sulla (presunta) certezza della sua stessa funzionalità, adeguatezza, eticità, o altro?

Mi pare dunque che a monte di ogni "posizione", di ogni metodo, c'è sempre una certezza a cui ci si affida, magari per poco... altrimenti faremmo le nostre scelte gettando dadi, e persino in quel caso ci ritroveremmo ad essere stati mossi dalla certezza, per quanto non assoluta, che sia una buona idea affidarsi ai dadi.

Le certezze, secondo me, per quanto deboli (ma pur sempre meno incerte delle incertezze  ;D ) sono i punti d'appoggio del nostro equilibrio mentale, punti di contatto con il mondo che la gravità del nostro esistere richiede: è possibile cambiarli in continuazione, o lasciarne alcuni solo per spostarsi su altri che sembrano migliori, oppure persino restare fermi immobili in equilibrio (certezze assolute metafisiche), ma mi pare di certo difficile poter restare con un balzo appesi in aria...  :)

P.s.
Scegliere di fare i dottori per curare gli altri, non comporta risultare immuni alle loro stesse malattie  ;)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 04 Gennaio 2018, 00:23:46 AM
Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 00:01:53 AM... non riesco a capire come la "soggettività" - ovvero l'impossibilità di "uscire" dalla nostra prospettiva e riuscire a conoscere delle altre - non venga vista come una sorta di gabbia...
La soggettività è una gabbia, certo che è una gabbia. Ma se ciò ci risulta essere la condizione in cui ci troviamo, non ha senso rifiutare che sia così solo perché non ci piace. Ma a quanto pare questo discorso con te non funziona, visto che hai più volte dato conferma che a te non interessa trovare verità, ma solo cose che ti piacciano. Se una cosa non è di tuo gradimento, automaticamente ti orienti a pensare che non può essere verità; se invece ti piace sei propenso già in partenza a ritenere che si tratti di qualcosa di vero. Vedendoti ragionare così, mi viene a risultare come conseguenza che qualsiasi cosa che dici non ha alcun valore.

Quando mi riferivo alla "gabbia" mi riferivo al fatto che se è vero che non posso uscire nemmeno parzialmente dalla mia prospettiva allora non posso (a rigore) comprendere nemmeno l'altro (nemmeno parzialmente).

Per quanto riguarda la tua ultima frase del post (quella che "qualsiasi cosa che dico non ha alcun valore") mi spiace sentirlo dire, perchè a quanto pare è da un anno che leggi i miei post che contengono solo cose che non hanno "valore" (il che è ironico visto che ho aperto un topic proprio su questo tema ma probabilmente non ho capito nella mia vita nulla di valore). Ovvero mi spiace averti fatto perdere tempo un anno, visto che https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/perche-fare-filosofia/15/ in data 8 ottobre 2016 affermavo che:

CitazioneDo anche io la mia opinione.

La ricerca filosofica è il tentativo di comprendere il più possibile la "realtà". Nasce da un bisogno intrinseco dell'uomo, che secondo me tutti hanno ma di cui non tutti ne sono coscienti, di avere una "visione del mondo". Chiaramente è un "surplus" nella vita e quindi per forza di cose richiede molta fatica, specialmente quando si è in un ambiente dove questa ricerca non è contemplata.  

Perchè mi dedico alla filosofia? Beh semplicemente perchè non voglio passare la mia vita "dormendo" (nel senso che voglio essere sempre cosciente per quanto possibile di quello che sta succedendo). Fin da piccolo sono stato sempre una persona riflessiva e questo da un lato mi aiuta ad accorgermi di problemi che altri non vedono, dall'altro però mi crea angoscia e depressione. Se nessuno si fosse mai messo a filosofare saremo ancora nelle caverne: questo perchè senza la filosofia non si è coscienti dei problemi e quando uno non è cosciente di un problema come può trovare una soluzione al problema?

Chiarisco subito con un esempio: la scienza e la tecnica sono "figlie" della filosofia perchè sicuramente sono nate dal bisogno di prevedere e comprendere i fenomeni naturali (scienza) e di cambiare la realtà in modo da renderla adatta al nostro benessere (la tecnologia). Chiaramente uno prima di imbarcarsi ad esempio nella scienza deve riconoscere che l'ignoranza è un problema e questo è già filosofia.

Inoltre ci sono applicazioni della filosofia anche al carattere esistenziale ed etico. Nel primo caso è la filosofia che ci spinge a chiederci ad esempio domande come: "come posso ridurre la sofferenza?", "come posso uscire dall'angoscia", "come posso dare uno scopo alla mia esistenza?". Nel tentativo di rispondere a queste domande sono nate le religioni, l'arte e anche la psicologia. Nel secondo caso una riflessione ci mostra subito che non è affatto banale chiedersi come "ci si deve comportare", "che principi etici bisogna seguire ecc". Da qui è nata se vogliamo anche la politica.

Perchè dunque faccio filosofia? Perchè credo che sia l'attività più caratteristicamente umana di tutte, e avendo una sola vita e sapendo che questa vita è breve e piena di affanni voglio "viverla" al meglio. Tutto qui. So che non è una vita facile (non ho conosciuto nessuna persona angosciosa quanto me, per esempio) però d'altronde piuttosto di vivere una vita "da macchina" preferisco soffrire per la libertà e per la comprensione delle cose.

ovvero anche allora scrivevo cose simili riguardo al "velo di Maya". Mi spiace averti fatto perdere tempo un anno, quindi. Se è vero che la motivazione che sta dietro a quello che scrivo inficia il "valore" di quello che scrivo, allora significa che è da più di un anno che non scrivo niente di "valore". Spero che per qualcun altro i miei scritti abbiano un minimo di valore.  
 
Per la cronaca: non dico che la completa liberazione dalla "gabbia" è possibile. Ma ritengo che sia plausibile pensare che una parziale liberazione invece lo è. Si dà il caso che non posso dimostrarlo però ritengo ciò più plausibile del categorico "non si può fare".  E siccome a quanto pare non sono l'unico a vedere la condizione come quella di una "gabbia". Personalmente la "gabbia" non mi piace. Allo stesso modo non mi piace la malattia però in genere cerco di curarmi (altrimenti schiatto). Siccome la gabbia non mi piace e siccome il categorico "non si può ottenere nemmeno una parziale liberazione" non mi convince cerco comunque di "uscirne". Non pensavo che questo tentativo di "uscire parzialmente dalla gabbia" invalidasse ogni cosa che dico e scrivo ma a quanto pare è così. Forse solo chi "accetta" la verità (di non poter liberarsi parzialmente dalla gabbia) senza metterla in discussione produce pensieri "validi". Si dà il caso che io questa "verità" la metto in discussione, invece.  

(E si dà il caso che invece i tuoi post in genere li leggo con molto interesse (ovvero secondo me quello che dici ha valore) ;) se ti sei arrabbiato per il discorso del "solipsismo"... ho detto che sei "solispsista epistemologico" solo perchè è ciò che concludo leggendo le tue affermazioni, ovvero quello che stai dicendo secondo me è che la filosofia "giusta" è quella di un solipsismo epistemologico. Detto questo se il mio linguaggio in questo e in altri post è risultato offensivo chiedo scusa.)


@Sari concordo, specie sulla sfiducia.

@Phil, già sono d'accordo...

Detto questo per me questa discussione è chiusa!

P.S. I moderatori possono cancellare questo post se lo ritengono opportuno.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 04 Gennaio 2018, 22:06:40 PM
Citazione di: davintro il 02 Gennaio 2018, 18:37:29 PM
CitazioneL'anima sarebbe la forma degli esseri viventi, cioè ciò che attribuisce all'ente come essenziale la qualifica di ente vitale. Intesi così questi concetti assumono una valenza razionale, in quanto le forme non sarebbero entità del tutto separate e trascendenti, dunque impossibilitate a vedersi riconosciute nella loro efficacia causale di esplicazione degli aspetti della realtà, proprio in quanto l'anima non trascende la materia vivente ma ne è la forma, la sua presenza è razionalmente riconoscibile, perché rende ragione della differenza qualitativa fra ente vivente e non vivente, differenza che resterebbe inavvertita restando nell'ottica di un materialismo che invece riduce il tutto alla "materia", cioè all'aspetto di potenzialità indeterminata, per la quale la materia vivente dovrebbe presentarsi identica a quella vivente, a quel modo d'essere presentante un principio interiore che la porta a svilupparsi alla luce di un determinato senso, l'anima appunto. 


In realtà la scienza moderna dimostra  a mio avviso la "perfetta" riduzione della materia vivente alla materia in generale: nella materia vivente non c' é alcun "ingrediente vitalistico" che ecceda "le entità materiali in generale" (molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.) e le leggi fisiche (naturali in generale); semplicemente la materia vivente non é altro che la "materia in generale" così come diviene diviene seconde le leggi generale del divenire materiale (fisiche) in determinate condizioni particolari-concrete (appunto quelle della vita).

Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PMDobbiamo dunque rinunciare al fondamento, a discorsi epistemologicamente fondati, ripiegando su voli liberi fra idee sfondate ed infondate? E' una possibilità, per quanto, mi pare, poco "filosofica" e molto "artistica"  
Mi sembra che la vita di ogni giorno ci mostri che senza bisogno di fondamenti è possibile vivere, è possibile fare scienza, è possibile tutto.
Lo scopo dell'epistemologia non è individuare fondamenti alla scienza: la scienza, da quando esiste, non ha mai avuto alcun fondamento indiscutibile, resistente al dubbio, eppure le meraviglie che riesce a fare e la serietà che riesce a dimostrare sono sotto gli occhi di tutti.
Il volare libero, senza riferimenti, non è altro che il vagare senza alto né basso descritto da Nietzsche ed è il disorientamento dell'uomo occidentale ubriacato di metafisica fino al punto di essere incapace di vivere senza certezze infallibili. Se a te sembra una via poco filosofica, ciò significherebbe escludere dal novero dei filosofi Nietzsche, Heidegger e tanti altri. Sarà una possibilità poco metafisica, ma non certo poco filosofica.

Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PMNel caso del soggetto, il regresso all'infinito è solo "sulla carta": Cartesio fonda il soggetto sulla sua consapevolezza del suo stesso pensiero individuale... e su cosa si fonda tale consapevolezza? Sulla percezione di tale pensiero (flusso di coscienza), che è un vissuto esperibile, quindi nulla di metafisico. Possiamo ritenerlo un fondamento sufficiente per parlare di soggetto? Se rispondiamo "no", dovremmo poi coerentemente scegliere fra il non parlare più di soggetto (almeno razionalmente) e il trovare un fondamento apparentemente più solido (che è comunque possibile per qualcuno, ad esempio, per via religiosa...).
Il vissuto esperibile non è un fondamento sufficiente, perché l'esperienza non è certezza metafisica. Fu questo l'errore di Cartesio: aver scambiato l'autopercezione, che è una cosa discutibile in tutti i suoi aspetti, per certezza metafisica fondante.
Il non riferirci ad un fondamento non c'impedisce affatto di parlare del soggetto. Razionalità non significa metafisica. Non c'è bisogno di doversi fondare su certezze metafisiche per poter fare discorsi razionali. Vedi sopra ciò che ho appena scritto sulla scienza.

A proposito, Cartesio ha trascurato il soggetto perché nel momento in cui ha ritenuto di averlo reso certo, l'ha oggettivato, l'ha reso oggetto, e in quell'istante ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso. Non è possibile oggettivare il soggetto se non trascurandolo, perdendolo di vista, perdendo di vista che quel soggetto siamo noi stessi.

Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PMIl criterio sarebbe dunque, correggimi se sbaglio, fare una sintesi di quell'elenco e cercare di fare la propria parte... eppure, chiediamoci, "fare la propria parte", in pratica, non significa forse compiere scelte in base a delle supposte certezze (per quanto fluide e momentanee)?
Non si sceglie forse di usare il criterio che proponi grazie ad un (meta)criterio di scelta (con cui lo scegliamo)?

Credo tu sia certo che quello che proponi sia un buon criterio; senza questa certezza, non si spiega come mai cerchi di praticarlo e consigliarlo... il criterio/metodo che hai descritto, non si basa sulla (presunta) certezza della sua stessa funzionalità, adeguatezza, eticità, o altro?

Mi pare dunque che a monte di ogni "posizione", di ogni metodo, c'è sempre una certezza a cui ci si affida, magari per poco... altrimenti faremmo le nostre scelte gettando dadi, e persino in quel caso ci ritroveremmo ad essere stati mossi dalla certezza, per quanto non assoluta, che sia una buona idea affidarsi ai dadi.

Le certezze, secondo me, per quanto deboli (ma pur sempre meno incerte delle incertezze  ;D ) sono i punti d'appoggio del nostro equilibrio mentale, punti di contatto con il mondo che la gravità del nostro esistere richiede: è possibile cambiarli in continuazione, o lasciarne alcuni solo per spostarsi su altri che sembrano migliori, oppure persino restare fermi immobili in equilibrio (certezze assolute metafisiche), ma mi pare di certo difficile poter restare con un balzo appesi in aria...
Se ci poniamo in una prospettiva pratica, possiamo fare e dire tutto quello che vogliamo, nel senso che non saremo esposti alle critiche a cui è soggetta la metafisica. Io tutti i giorni vivo di pratica e uso linguaggi pratici, in cui parlo tranquillamente di certezze, verità e realtà. Ma lo faccio nella consapevolezza di essere nel pratico, quindi senza alcuna pretesa di assolutezze di tipo filosofico. Il problema è che poi nasce la pretesa di attribuire a qualche certezza pratica una portata metafisica, cioè pensiamo di poterle attribuire più certezza di quanto la pratica consenta. Ma fin quando sappiamo guardarci da questo rischio, la vita va benissimo, tranquillamente. Il problema è che il messaggio con cui è partita questa discussione, riguardo a forme, anima, spirito, mente, non si presenta come discorso pratico, quindi modesto, umile, ma come costruzione teoretica in grado di avanzare precisione, certezza, sicurezza, realtà di fatto, oltre i limiti consentiti dal pratico, oltre i limiti del dubitabile.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:54:51 AM
Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMQuando mi riferivo alla "gabbia" mi riferivo al fatto che se è vero che non posso uscire nemmeno parzialmente dalla mia prospettiva allora non posso (a rigore) comprendere nemmeno l'altro (nemmeno parzialmente).
Certo, essere in una gabbia significa proprio negazione del comprendere. Nulla ci garantisce la benché minima comprensione di alcunché da parte nostra.

Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMMi spiace averti fatto perdere tempo un anno
Non penso affatto di aver sprecato alcunché: io mi riferivo al valore formale del discorso, perché questo mi sembra essere il contesto di questa discussione sin da quando è iniziata: è stato proposto un discorso su anima, spirito, mente, che vorrebbe presentarsi come discorso formalmente valido, ben strutturato, schematizzato. Un tipo di discorso che si presenta così non è altro, a quanto mi sembra, che un discorso metafisico, e così ho espresso le mie solite critiche antimetafisiche.
In mezzo a questo discorso, tra rivendicazioni di validità formale e critiche di incoerenza e contraddizione da parte mia, ti ho visto più volte far riferimento ai pericoli sociali, al fatto che il mio pensiero non ti piace, alla necessità di poter avere fiducia, cioè ti ho visto introdurre nel discorso elementi che non fanno altro che inquinare lo sforzo di formalità o di critica alla formalità.
Insomma, per essere più chiaro, formalità metafisica alla fin fine potrebbe essere ricondotto a nient'altro che matematica. Ora, che senso ha, nell'ipotesi che ci mettiamo a discutere quanto fa 2+2, mettere in guardia sui pericoli sociali dell'eventuale risultato a cui potremmo pervenire? Se il rispetto di certe regole formali ci porterà a concludere che il risultato è 4, non deve avere nessuna importanza se questo risultato potrebbe provocare tumulti e disordini civili: la prima cosa che c'interessa scoprire è la verità. Poi, se vediamo che la conoscenza o la diffusione di questa verità potrebbe creare problemi, vedremo come affrontarli, come rimediare. Ma che senso ha dire che le certezze non vanno messe in discussione perché ciò potrebbe essere pericoloso? Oppure che il mio pensiero non ti piace? A me alle elementari certi numeri facevano meno simpatia di altri, ma li ho dovuti digerire ugualmente; poi, dopo, si vede come si può rimediare ai problemi di gradimento. È questo il senso di quando ho detto che il tuo discorso veniva a risultare privo di valore: discutere di matematica e considerare inaccettabili certi risultati matematici sulla base dei pericoli sociali che ne possono nascere rende il discorso privo di qualsiasi valore da un punto di vista formale.

Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMnon dico che la completa liberazione dalla "gabbia" è possibile. Ma ritengo che sia plausibile pensare che una parziale liberazione invece lo è.
Mi sono accorto diverse volte che tu credi in questa parzialità. Ma se non è possibile la totalità, non è possibile neanche la parzialità. Se infatti non abbiamo possibilità di sapere se la realtà esiste, non abbiamo possibilità neanche di sapere se in qualche modo siamo riusciti ad avvicinarci minimamente alla comprensione di essa
Per spiegare meglio quello che per me è un tranello mentale, faccio un esempio. Mi sta cadendo un masso sulla testa. Dubito filosoficamente della sua esistenza, ma intanto mi tolgo di mezzo per salvarmi la vita. Vedo la voragine che il masso ha creato sul suolo con la sua caduta. Impressionato dalla voragine e dallo spavento di aver rischiato la vita, mi metto a pensare: "Non so se il masso esiste, ma togliendomi dalla sua traiettoria mi sono sicuramente avvicinato, in qualce modo, a qualche aspetto della realtà". Oppure, altro esempio: "Ho una percezione così esclusiva del mio io, del mio esistere, così ineliminabile, che qualcosa ci dev'essere per forza". Ecco i tranelli. Rinunciare al totale per garantirsi una fetta piccola, o anche una briciola. Ma di fronte al dubbio nessuna briciola rimane, nessuna parzialità. L'appello alla parzialità, o all'avvicinamento alla realtà, alla fin fine non è altro che Cartesio e ancora Cartesio: indietreggiare e indietreggiare pensando che tale indietreggiare ci farà arrivare comunque ad una briciola solida. Ma col dubbio non ci sono briciole, parzialità che reggano, neanche minimamente, perché la questione nasce dall'interno stesso della metafisica. Il dubbio distruttivo non è altro che metafisica che si sforza di essere leale e coerente.

Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMPersonalmente la "gabbia" non mi piace.
Ecco il tipo di frasi che tolgono valore formale al tuo discorso. Se qui vogliamo sapere se questa gabbia c'è o non c'è, se è possibile pensare la realtà o no, che senso ha metterci di mezzo il piacere o non piacere? Siccome non ti piace, allora bisogna pensare che non può essere che siamo in una gabbia? Allora ci mettiamo a pensare che siamo in paradiso?

Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMNon pensavo che questo tentativo di "uscire parzialmente dalla gabbia" invalidasse ogni cosa che dico e scrivo ma a quanto pare è così. Forse solo chi "accetta" la verità (di non poter liberarsi parzialmente dalla gabbia) senza metterla in discussione produce pensieri "validi".
Solitamente lo sforzo di uscire dalla gabbia è degno di onore, fa essere eroi. Ma in questo discorso la gabbia è la nostra mente, il nostro essere umani. Basta avere qualche idea delle immensità che è possibile scoprire all'interno della natura umana, per almeno sospettare che la vera gabbia è l'universo là fuori e il vero uscire consiste nell'uscire dall'universo per entrare nell'universo dell'umanità. Questo sì che mi apre alla comprensione dell'altro.

Citazione di: Apeiron il 04 Gennaio 2018, 20:02:59 PMSi dà il caso che io questa "verità" la metto in discussione, invece.  
Pensi che possa essere motivo di vanto il mettere in discussione che siamo esseri umani e non ci è possibile non esserlo? Vuoi essere orgoglioso di uscire da questa gabbia costituita dal fatto che siamo esseri umani?
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 05 Gennaio 2018, 01:23:11 AM
Intervengo su spinta di Apeiron su altro 3d. (più in basso rispondo anche ad Apeiron)

Caro Angelo, vedo che ancora non hai capito il problema del soggetto.

Il soggetto è il frutto delle pratiche, non è una sua opposizione come continuamente ti ostini a credere.

Detto questo ti ricordo che il problema è come mai il soggetto si comporti come le pratiche gli ordinano di fare.

Cominciamo a capire questa cosa, che mi sembra la cosa principale rispetto a quello che vai dicendo..

Non vedi il problema dei big data, non vedi il problema del soggetto, non vedi il problema delle pratiche.

Eppure nella sezione religiosa vedi il problema dell'analfabetizzazione dei credenti.

Delle 2 l'una. Non puoi dire che le pratiche sono e non sono un problema. (o  meglio lo puoi dire ma almeno mostra i 2 pesi e le 2 misure).

Sul problema del soggetto gabbia aperto da Apeiron:

Ma certo può sembrare così,ma il soggetto non esiste, e dunque anche la gabbia è frutto di un errore di valutazione, poichè il soggetto è una narrazione.

Come fare a raggiungere l'altro? Per ora mi allineo alle istruzioni di Nietzche, ma andando al me giovane, potrei dirti a Montale.
Si tratta di stare sulle superfici, sugli sguardi, sulle cose in primo piano. (nietzche, auguri non potete capirlo ;D )

Direbbe Montale sugli amuleti, che forse testimoniano che esistiamo. (un filo flebile che ci possa dire: tu esisti!)
Immenso Montale  :-[
Meglio ancora seguendo la sua prima gloriosa e mai più superata collezione di poesie, gli ossi di seppia:

Cosa sono gli ossi di Seppia? sono ciò che rimane di un tempo antico, sono le spoglie dell'animale, slavato dal mare.

Ancora come dice il maestro Sini, sono la traccia.

Ecco cosa gli altri, sono ciò che rimane di loro in noi.

Capisci forse che si aprono territori inesplorati di indagine, con al primo posto il tema dell'accoglienza, dell'ospitalità.
Dell'Ebreo Errante.
Straniero in terra di stranieri. (non siamo "a casa"[la terra promessa] nè da noi, nè dagli altri)

E' vero che il soggetto si apre sull'oggetto, ma il soggetto, la persona, la maschera, semiologicamente puntano, simbolicamente puntano a ciò che esse (soggetto, persona, maschera) NON sono.

Ora aprire all'altro NON vuol dire puntare alle maschere di chi ci circonda o di chi crediamo di essere, ma puntare a ciò che esse ci comunicano veramente, appunto fuori dalle pratiche. Ci vuole un enorme sforzo di volontà, un enorme sacrificio, una umiltà divina, per svelare anzitutto la nostra maschera, quella sì, la nostra vera e unica gabbia. (ricordi il tuo amato platone vero?) Per capire che noi siamo ciò che in noi resta degli altri SENZA MASCHERA (entrambi dobbiamo SMASCHERARCI). (e su quel dobbiamo si innestano le polemiche amichevoli di Phil, ma anche ovviamente di Nietzche, perchè chi decide cosa sia maschera o meno? eh ma santo cielo è quello il vero problema della filosofia metafisica classica)
Solo allora i discorsi sulla comunità avranno un senso, un valore. Persino un etica (che sarà una ovvia conseguenza). Vedetevi l'ultimo capolavoro di Kubrik per entrare un pò nell'ottica. In un forum non è minimamente possibile farlo.

E di nuovo per essere un pò meno rassicurante, sempre che prima lo sia stato:
Non sarà mai come tu pensi, nella tua giovinezza innocente, una questione delle pratiche (delle etiche giuste), come si illude Angelo, lui per altro senza capire le assonanze che vi uniscono.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 01:28:25 AM
green demetr, non riesco a capire cosa c'entri ciò che hai scritto con la discussione in corso.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 01:29:51 AM
Comunque, lungi da me il voler porre limiti a qualsiasi libero ampliamento.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 05 Gennaio 2018, 01:40:52 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 01:28:25 AM
green demetr, non riesco a capire cosa c'entri ciò che hai scritto con la discussione in corso.

Scrivevi:

"A proposito, Cartesio ha trascurato il soggetto perché nel momento in cui ha ritenuto di averlo reso certo, l'ha oggettivato, l'ha reso oggetto, e in quell'istante ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso. Non è possibile oggettivare il soggetto se non trascurandolo, perdendolo di vista, perdendo di vista che quel soggetto siamo noi stessi."

In cui ritieni che il soggetto sia mentale, quando invece è una narrazione.
(cosa tra l'altro ribadita più volte da Vattimo e Rovighi).

Non vi è errore in Cartesio, in quanto pensa che la res cogitans debba coincidere con la res extensa.
Ammettere che esista una res cogitans ma non una extensa, a patto che lo ha capito da subito lo stesso Cartesio, con il genio maligno, pone anche te nell'errore.

Ossia che noi siamo quella che ci diciamo di essere, e non quello che ci diciamo.

Infatti il delirio è credere che il soggetto sia la mente. Come se esistesse questa mente.
(e nessuno infatti ha risposto al mio primo intervento) cosa è la mente? (se non un altra narrazione fittizia di cosa sia il soggetto?).

Bisogna stare attenti al labirinto filosofico e a quello che punta.
Guardare il dito che punta la luna, e non la luna.



Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 01:48:29 AM
Nel mio discorso non si presuppone né soggetto mentale, né res cogitans, né res extensa: sono tutte questioni che non c'entrano, almeno per quello che riesco a vedere io.
Ciò che hai aggiunto adesso mi pare proseguire ulteriormente su questioni che non hanno nulla a che vedere col discorso che stiamo facendo.
Non basta certo menzionare Cartesio e menzionare il soggetto per inserirsi nel discorso che stiamo facendo.
Ripeto: non ho nessuna intenzione di vietare che ognuno dica quello che gli pare. Io però da parte mia non riesco a vedere alcun nesso.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 05 Gennaio 2018, 02:07:25 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 01:48:29 AM
Nel mio discorso non si presuppone né soggetto mentale, né res cogitans, né res extensa: sono tutte questioni che non c'entrano, almeno per quello che riesco a vedere io.
Ciò che hai aggiunto adesso mi pare proseguire ulteriormente su questioni che non hanno nulla a che vedere col discorso che stiamo facendo.
Non basta certo menzionare Cartesio e menzionare il soggetto per inserirsi nel discorso che stiamo facendo.
Ripeto: non ho nessuna intenzione di vietare che ognuno dica quello che gli pare. Io però da parte mia non riesco a vedere alcun nesso.

Non importa Angelo, sono intervenuto più che altro per vedere se Apeiron recepisce qualcosa del discorso generale riguardante il soggetto, che sia metafisico o meno per te, a me non interessa.

O meglio è appunto il solito tuo discorso che crede agli unicorni.
Ma non esistono gli unicorni  ::) ...esistono invece i massi e gli f-35.  8)

Non ci vedi un nesso? Non c'entra con la questione formale, che evita attentamente tutte le domande (da parte di tutti tra l'altro) che ho esposto nel mio primo post di risposta?

Bah contenti voi contenti tutti.  :'(

Ripeto non è certo il campo più fertile per la nostra comunione.  ;)

Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 02:21:17 AM
In effetti non è la prima volta che noto qualche tuo tentativo di piegare il discorso verso le tematiche che interessano a te. Tematiche senz'altro importanti, giuste, interessanti, necessarie, ma non mi sembra che il modo migliore di farle fruttare sia farle entrare in qualsiasi discorso.

O meglio, io in realtà sono interessatissimo a mettere in connessione le tematiche più distanti, però la connessione dev'essere individuata, studiata, cercata, altrimenti ci si riduce o a un semplice accostare tematiche sconnesse, oppure a piegare qualsiasi discorso verso chi riesce a far prevalere i propri interessi tematici; ma in entrambi i casi non si scoprono collegamenti, mi pare che non ne venga fuori nulla di produttivo.

Peraltro, questa che a me sembra una forzatura potrebbe anche essere vista come un tuo totale disinteresse verso il tipo di discorso che si sta facendo, come se a te interessasse solo e soltanto la possibilità di piegare gli altri discorsi al tuo, senza neanche curarti di quale discorso si stava facendo.

Prova a mostrare i legami tra il discorso che stavamo facendo e ciò che tu hai introdotto: se ci riuscirai, avrai dimostrato davvero che ero io a non averli saputi vedere; da parte mia, come ho detto, io sono sempre curioso di espandere le mie capacità di mettere in collegamento le tematiche più distanti. Però dev'essere collegamento, non un semplice piegare forzato o accostare fianco a fianco.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 05 Gennaio 2018, 10:04:45 AM
"Come fare a raggiungere l'altro?" si chiede Green demetr...
Se non c'è più il soggetto che mi differenzia, non ha più senso chiedersi come si raggiunge l'altro, visto che sono anche  l'altro...
Ovviamente personalmente nego la realtà del soggetto. Mi par chiaro, almeno a me, ma non voglio essere categorico ovviamente per non tirarmi addosso i soliti strali.. ;), che il soggetto non è la mente.
Il soggetto  è un filo , fatto di nodi, costruito dalla mente. Cos'è la 'mente' che fila il soggetto? ...E chi lo sa?  Come si fa e definire la mente? Nè piena né vuota ( di fantasmi...)...  Attorno alla parola "Io" si scatena la bagarre. Tutti difendono il loro "Io". 'Io dico...questo"..."Quello che dici tu  non è quello che dico Io"...tutta la separazione, le ostilità e i conflitti ( che vediamo , nel nostro piccolo, anche in questa discussione. nascono dal senso di separazione dato dal credere nel proprio "Io". Anche Angelo, che professa di non credere in nulla, scetticismo totale all'opera, difende a spada tratta il proprio "Io"... ;)
Il concetto dell'"Io", è evidente ma non evidente,  è il creatore dei nostri 'mondi', mondi assoluti o mondi relativi che importa? Sono sempre i nostri 'mondi'...
Faccio del Buddhismo? Ma sì, dai...questo mi permette di prendere le 'distanze' dal concetto...vedere che all'opera non ci sono menti , ma illusioni che si confrontano. Non ci sono persone che credono con più o meno certezza, ma fantasmi che si professano pieni o privi di certezze...anch'io sono un fantasma, ovviamente. Sono assai consapevole ultimamente ( sarà l' andropausa... :( ) che non sono più che un fantasma...un fantasma sofferente , come tutti, bisognerebbe aggiungere. Perché la separazione crea anche sofferenza, non solo piacere di confrontarsi su chi " ce l'ha più lungo"...lo vediamo, no? Come ce la prendiamo, se qualcuno si ostina a contraddirci...Questa è 'umanità'? Va là!... Questa è 'fantasmità' , l'attività preferita dei fantasmi che siamo...'umanità' è riuscire, a mio non-categorico e assai  malfermo giudizio, a vedere la sofferenza che ci sta dietro alla maschera del fantasma. La sofferenza di Apeiron , quella di Cannata, di Green, di Phil, di Viator...e quella mia, di cui sono interessato, ovviamente...
Ancora...faccio dello stupido buddhismo a buon mercato? Ma sì! Daii...tanto non mi costa niente...nemmeno una costola! ;D
A proposito Green, il paticcasammupada non è così semplice e lineare come lo 'tranci' tu ( ah! Le nostre 'lineari' menti occidentali..."Two Balls"...), il problema è che mi ci vorrebbero duecento pagine forse per spiegarlo alla meno peggio, per quel poco che l'ho capito ( Nagarjuna, che era un genio della logica, c'ha lavorato sopra una vita...poveraccio!). Ma ci ritornerò sopra quando sarò più sobrio...in questi giorni ho dato fondo al... :-[... e gli effetti si vedono, non è vero?..
Mi potete spiegare, vi supplico, qual'è la differenza tra uno che non crede che il cagnazzo rabbioso esiste, ma che se la dà a gambe levate quando lo vede, e quello che crede che il cagnazzo esista e che se la dà lo stesso a gambe levate quando lo vede?  ???...Sarà che son figlio di contadina, ma io, questa differenza...me par 'na boiada!... :(
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 12:21:04 PM
C'è una differenza importante: quello che crede che il cagnazzo esiste è più propenso a ritenere pazzi, o inferiori, o in qualche modo limitati, quelli che non ci credono: se esiste, per lui è logico, è scontato, che anche gli altri debbano dire che esiste.
È così che l'Occidente ha tentato di imporsi al mondo intero: perché ritiene che ciò che crede lui debba essere creduto da tutti, visto che si tratta di cose logiche e di cose che esistono nella realtà.
È così che la donna è stata trattata come inferiore all'uomo.
È così che la Chiesa stabilisce che i gay hanno in sé stessi una sessualità oggettivamente disordinata.
È così che oggi il capitalismo stabilisce che le leggi di mercato sono oggettive, reali, logiche, insuperabili e quindi il mondo intero vi deve sottostare.
La verità è violenza, perché chi crede che essa sia oggettiva ritiene che non abbia senso pensare diversamente, tutti dovrebbero e devono conformarsi ad essa, e per chi non si conforma bisogna prendere provvedimenti.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Apeiron il 05 Gennaio 2018, 13:08:46 PM
Ti ringrazio @Angelo del chiarimento (il problema di quel tuo post era che era breve, categorico e commentava solo quel paragrafo (ignorando il resto). L'idea di un "intervento netto" e "fuori dalle righe". Vedo fortunatamente che l'offesa non era la tua intenzione)... non ho cambiato idea però sulla questione ma - come dicevo - il tuo scetticismo estremo non mi piace proprio perchè separa la vita (il come si vive che è indubitamente marcato dall'avere "certezze", seppur temporanee) e la filosofia (che per me è una disciplina che dovrebbe contenere sia lo sviluppo spirituale che conoscitivo - e affinché questo sia possibile deve avere un fondamento, come per esempio quello che è "ragionevole" sviluppare sia lo spirito che la conoscenza...). Chiaramente non pretendo di avere "in mano" l'unico modo per fare filosofia.
Detto questo il "pensiero debole" ha certamente aspetti interessanti che dovrebbero essere sviluppati anche da chi non condivide in "toto" tale filosofia. Per chi come me cerca di andare a scoprire "nuove terre" (anche per starci stabilmente...) è un tipo di filosofia che non attrae. Tuttavia continuare a discutere rischia di creare polemiche ed equivoci quindi mi defilo da questa discussione (chiedo scusa a @Green per avergli dato il suggerimento di venire di qua a discutere ma purtroppo non me la sento di riprendere in mano questa discussione... almeno per ora)

Riguardo ad @Angelo sono stato troppo precipitativo e me ne scuso. Ma la prossima volta cerca di esprimerti meglio. Sinceramente sentirsi dire una frase simile non è molto "bello".
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 05 Gennaio 2018, 13:33:29 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 12:21:04 PMC'è una differenza importante: quello che crede che il cagnazzo esiste è più propenso a ritenere pazzi, o inferiori, o in qualche modo limitati, quelli che non ci credono: se esiste, per lui è logico, è scontato, che anche gli altri debbano dire che esiste. È così che l'Occidente ha tentato di imporsi al mondo intero: perché ritiene che ciò che crede lui debba essere creduto da tutti, visto che si tratta di cose logiche e di cose che esistono nella realtà. È così che la donna è stata trattata come inferiore all'uomo. È così che la Chiesa stabilisce che i gay hanno in sé stessi una sessualità oggettivamente disordinata. È così che oggi il capitalismo stabilisce che le leggi di mercato sono oggettive, reali, logiche, insuperabili e quindi il mondo intero vi deve sottostare. La verità è violenza, perché chi crede che essa sia oggettiva ritiene che non abbia senso pensare diversamente, tutti dovrebbero e devono conformarsi ad essa, e per chi non si conforma bisogna prendere provvedimenti.

Perchè, il pensiero 'orientale' non ha creato discriminazioni? E le caste indiane cosa sono? E il rigido confucianesimo? E le ideologie politiche varie ?   Non è necessario credere  a qualcosa di metafisico per discriminare, basta credere nelle proprie opinioni ( e nei propri interessi...soprattutto  :( ). Opinioni che abbiamo tutti. La differenza sta solo nel volerle mettere in discussione o nel non volerlo...nel volerle imporre  oppure no...rendersi conto del limite intrinseco ad ogni opinione, compreso quella di non avere opinioni...
C'è qualcosa di più profondo nell'uomo, che non è la speculazione metafisica, che determina la volontà di imporre. E si rifà alla smodata pretesa di imporre il proprio "io"...problema che avranno avuto pure i nostri progenitori, suppongo...è qualcosa di schifosamente 'naturale', direi...ci viene proprio bene...nessuno di noi ne è immune ( a parte un Buddha ritengo... ;D  ).
La 'verità' non è violenza. Imporre il proprio  'Io' è la vera violenza...

Come sempre mi sembra tu continui a scambiare il pretesto con la causa. La volontà personale di imporsi e dominare l'altro è la causa, che si serve del pretesto delle 'verità' ( a cui di solito non crede nemmeno...).  La 'verità', poveretta, non c'entra una mazza...è già scappata da un pezzo dalla casa dei fantasmi...
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 05 Gennaio 2018, 17:45:34 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Mi sembra che la vita di ogni giorno ci mostri che senza bisogno di fondamenti è possibile vivere, è possibile fare scienza, è possibile tutto.
Non confonderei il "non avere fondamento" con il "non avere fondamenti assoluti": fare scienza senza fondamenti significa non fare scienza; fare invece scienza con fondamenti che si rivelano provvisori, è praticamente la storia della scienza... ugualmente nella vita: abbiamo inevitabilmente i nostri fondamenti, per quanto provvisori, traballanti, mutevoli; altrimenti, come chiedevo in precedenza, in base a cosa compiamo le nostre scelte? Sono tutte scelte infondate? Probabilmente hanno solo fondamenti deboli.

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Lo scopo dell'epistemologia non è individuare fondamenti alla scienza
Chiedilo a qualche epistemologo, se non ti fidi di me  :)

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
la scienza, da quando esiste, non ha mai avuto alcun fondamento indiscutibile, resistente al dubbio, eppure le meraviglie che riesce a fare e la serietà che riesce a dimostrare sono sotto gli occhi di tutti.
Non confonderei "certezze infallibili, metafisiche" e "certezze momentanee, deboli" di cui ho sempre parlato (fino alla ridondanza ;D ).
Il pensatore debole, secondo me, non vive senza certezze, ma solo senza certezze ritenute sempre infallibili. Sono certo che domani sorgerà il sole? Metto la sveglia o no? Visti tutti i giorni della mia vita in cui il sole è sorto, ho la certezza provvisoria che anche domani sorgerà il sole e perciò sono certo che sia una buona idea mettere la sveglia per non fare tardi. Se non avessi certezze di cui mi fido minimamente, non metterei nemmeno la sveglia...

Se la parola "certezza" facciamo fatica a decontestualizzarla dal suo contesto classico-metafisico, possiamo allora usare la parola "convinzione", che forse rimanda maggiormente alla soggettività (il nocciolo del discorso resta quello: fare i conti con il provvisorio, in quanto funzionale, significa solo avere punti d'appoggio o criteri malleabili, ma non significa non averne affatto).


Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Il volare libero, senza riferimenti, non è altro che il vagare senza alto né basso descritto da Nietzsche ed è il disorientamento dell'uomo occidentale ubriacato di metafisica fino al punto di essere incapace di vivere senza certezze infallibili. Se a te sembra una via poco filosofica, ciò significherebbe escludere dal novero dei filosofi Nietzsche, Heidegger e tanti altri. Sarà una possibilità poco metafisica, ma non certo poco filosofica.
La loro pars destruens (l'analisi critica) è spiccatamente filosofica, tuttavia la loro pars construens (per quel poco che vale la mia opinione in merito) mi sembra effettivamente troppo incline alla poesia... una filosofia non metafisica può essere anche diversa rispetto alle loro proposte, che sono ancora in bilico sul bordo della metafisica (penso, ad esempio, ad alcuni post-fenomenologi francesi).

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Il non riferirci ad un fondamento non c'impedisce affatto di parlare del soggetto.
Per me, ci impedisce di parlarne sensatamente e filosoficamente: se non lo fondiamo logicamente, "soggetto" diventa solo una vuota "parola contenitore", che ognuno può riempire a sua discrezione (ma se permettiamo al linguaggio filosofico di funzionare così anarchicamente, Babele è dietro l'angolo...).

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Razionalità non significa metafisica.
Concordo (e sono sicuro di aver sempre rispettato questa doverosa differenza, ad esempio quando parlo di fondamento, avrai notato, lo intendo in modo logico, non metafisico).

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Non c'è bisogno di doversi fondare su certezze metafisiche per poter fare discorsi razionali. Vedi sopra ciò che ho appena scritto sulla scienza.
Sottoscrivo. Ritorna quindi utile ricordare la già citata distinzione fra "certezze metafisiche" e le "certezze momentanee" di cui sto parlando a iosa nei miei post  :)

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
A proposito, Cartesio ha trascurato il soggetto perché nel momento in cui ha ritenuto di averlo reso certo, l'ha oggettivato, l'ha reso oggetto, e in quell'istante ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso. Non è possibile oggettivare il soggetto se non trascurandolo, perdendolo di vista, perdendo di vista che quel soggetto siamo noi stessi.
Cartesio ti direbbe: "eppure, per perdere di vista il soggetto, per essere ingannato dalla mia mente, devo almeno esistere... e se esisto pensando, sono un soggetto".
Restiamo dunque ancora dentro la sua osservazione: "cogito (perdendomi di vista e/o ingannandomi) ergo sum!"; ecco il cogito che fonda il soggetto.

Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM
Io tutti i giorni vivo di pratica e uso linguaggi pratici, in cui parlo tranquillamente di certezze, verità e realtà. Ma lo faccio nella consapevolezza di essere nel pratico, quindi senza alcuna pretesa di assolutezze di tipo filosofico. Il problema è che poi nasce la pretesa di attribuire a qualche certezza pratica una portata metafisica, cioè pensiamo di poterle attribuire più certezza di quanto la pratica consenta.
Avrai già notato che condivido questo tuo approccio cauto e (fra relativisti possiamo dircelo ;) ) tendenzialmente refrattario all'assolutizzazione (compresa l'assolutizzazione che, svalutando la fertilità della temporalità, parla di impossibilità assolute...).

P.s.
Spero che le mie domande di (auto)riflessione sul (meta)criterio della tua proposta spirituale, ti siano state minimamente utili  :)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 05 Gennaio 2018, 19:30:54 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 00:13:35 AM

Mi sembra che la vita di ogni giorno ci mostri che senza bisogno di fondamenti è possibile vivere, è possibile fare scienza, è possibile tutto.
Lo scopo dell'epistemologia non è individuare fondamenti alla scienza: la scienza, da quando esiste, non ha mai avuto alcun fondamento indiscutibile, resistente al dubbio, eppure le meraviglie che riesce a fare e la serietà che riesce a dimostrare sono sotto gli occhi di tutti.
CitazioneSe "senza (bisogno di) fondamenti" significa, come mi par di capire, "senza (bisogno di) dimostrare (razionalmente) la verità di ciò in cui si crede (o comunque si agisce come se ci si credesse)", sono d' accordo: può benissimo capitare di fare scienza (e altro) per "puro culo" (per caso).
Ma a noi filosofi, insindacabilmente da parte di chichessia, piace cercare di criticare razionalmente qualsiasi conoscenza, anche quella scientifica, onde cercare di arrivare ad averne una conoscenza non puramente casuale e dunque degna di dubbio ma invece razionalmente fondata e dunque dimostrata con certezza essere vera; oppure, in alternativa, di giungere eventualmente alla consapevolezza dell' impossibilità di fondare la conoscenza scientifica e dunque del fatto che essa può forse essere vera ma forse no, che non lo é con certezza, che é inevitabilmente degna di dubbio (come a mio modesto parere fece insuperabilmente il grandissimo David Hume; ma sono ovviamente pronto ad accogliere eventuali superamenti, se mi venissero proposti); e in questo caso stabilire (conoscere) a quali condizioni indimostrabili essa sia (= sarebbe con certezza) vera. 

Ma "la vita di tutti i giorni ci mostra" che significa?
(Non credo significhi che ce lo dimostra, poiché per fare questo "la vita di tutti i giorni, spontaneamente"  dovrebbe essere più saldamente fondata della scienza, e questo mi sembra poco o punto plausibile).
E se non significa che ce lo dimostra, allora perché mai dovrei crederlo?
Si tratta solo di un gratuito pregiudizio infondato. Potrebbe tanto essere vero "per puro culo", quanto falso "per pura sfiga".
In alternativa resto in attesa di fondamento di questa verità, ovvero di dimostrazione (razionale).

Lo scopo dell' epistemologia (una branca della filosofia) é appunto per definizione (e se non non se ne é interessati si é liberissimi di dedicarsi ad altro, per esempio alla spiritualità) quello di individuare, criticare razionalmente, cercare di dimostrare essere veri i fondamenti della scienza, dimostrarli veri se ci si riesce, eventualmente di dimostrare che é impossibile dimostrarli veri e così raggiungere la consapevolezza (la conoscenza; per la cronaca: filosofica, non scientifica) della infondabilità razionale della conoscenza scientifica stessa.



Il volare libero, senza riferimenti, non è altro che il vagare senza alto né basso descritto da Nietzsche ed è il disorientamento dell'uomo occidentale ubriacato di metafisica fino al punto di essere incapace di vivere senza certezze infallibili. Se a te sembra una via poco filosofica, ciò significherebbe escludere dal novero dei filosofi Nietzsche, Heidegger e tanti altri. Sarà una possibilità poco metafisica, ma non certo poco filosofica.
CitazioneForse ti sfugge che la filosofia, dati i suoi interessi di ricerca e contrariamente alla scienza, non ambisce a conoscenze intersoggettivamente indiscutibili nel senso di "non falsificate da tutte le osservazioni sperimentali disponibili": Nietzche ed Heidegger sono filosofi per me personalmente pessimi (e fra l' altro, per quel poco che ne so, non credo che almeno Nietzche accetterebbe di essere considerato un filosofo "metafisico" e per giunta "eccessivamente").
Ma sono comunque pur sempre filosofi.

I mali dell' occidente (e non solo) derivano per me non certo da eccesso di metafisica ma dal fatto di non riuscire a liberarsi dai rapporti di produzione capitalistici oggettivamente oltremodo superati, e dunque forieri di gravissima decadenza civile e morale; e per superarli di fatto c' è bisogno a mio parere, fra l' altro, di più, e non affatto di meno, filosofia razionalistica (ma questo é un' altro discorso, che fra l' altro probabilmente ci porterebbe ampiamente fuori tema).


A proposito, Cartesio ha trascurato il soggetto perché nel momento in cui ha ritenuto di averlo reso certo, l'ha oggettivato, l'ha reso oggetto, e in quell'istante ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso. Non è possibile oggettivare il soggetto se non trascurandolo, perdendolo di vista, perdendo di vista che quel soggetto siamo noi stessi.
CitazioneQuest' ultima affermazione é tutta da dimostrare.

Mentre quella che Cartesio "ha perso di vista che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente, cioè dal soggetto. Insomma, si mise a riflettere sul soggetto, ma ad un certo punto non si ricordò che il soggetto era sempre lui stesso" semplicemente é palesemente falsa: si é sempre ricordato benissimo che il soggetto dei suoi pensieri e delle sue sensazioni era sempre lui stesso e che tutti i ragionamenti che stava facendo erano condizionati dalla sua mente (il che, al di là delle mie forti divergenze in proposito, non significa inevitabilmente che non potesse darsi in linea teorica -ammesse e non concesse alcune tesi da cui dissenso- che fossero vere).

Se ci poniamo in una prospettiva pratica, possiamo fare e dire tutto quello che vogliamo, nel senso che non saremo esposti alle critiche a cui è soggetta la metafisica. Io tutti i giorni vivo di pratica e uso linguaggi pratici, in cui parlo tranquillamente di certezze, verità e realtà. Ma lo faccio nella consapevolezza di essere nel pratico, quindi senza alcuna pretesa di assolutezze di tipo filosofico. Il problema è che poi nasce la pretesa di attribuire a qualche certezza pratica una portata metafisica, cioè pensiamo di poterle attribuire più certezza di quanto la pratica consenta. Ma fin quando sappiamo guardarci da questo rischio, la vita va benissimo, tranquillamente. Il problema è che il messaggio con cui è partita questa discussione, riguardo a forme, anima, spirito, mente, non si presenta come discorso pratico, quindi modesto, umile, ma come costruzione teoretica in grado di avanzare precisione, certezza, sicurezza, realtà di fatto, oltre i limiti consentiti dal pratico, oltre i limiti del dubitabile.
CitazioneA noi filosofi (a nostro insindacabile giudizio) interessano relativamente le "prospettive pratiche"; ci interessano, in quanto filosofi, soprattutto le "prospettive teoriche".

Il che non ci impedisce di vivere in pratica più o meno bene a seconda dei casi la vita di tutti i giorni" nella piena consapevolezza di "essere nel pratico" malgrado eventuali pretese o reali "assolutezze di tipo filosofico" (?), non meno che te con la tua idiosincrasia per la metafisica e la filosofia in generale.

"che poi nasce la pretesa di attribuire a qualche certezza pratica una portata metafisica, cioè pensiamo di poterle attribuire più certezza di quanto la pratica consenta" é precisamente una certezza (oltre che di fatto falsa, almeno in moltissimi casi, cioé nel caso di moltissimi filosofi) dalla portata che tu indebitamente tenderesti a chiamare "metafisica", ma ci semplicemente é "più certezza di quanto (o meglio: della nessuna certezza che) consenta una teoria che sia razionalmente fondata (la potrà forse consentire un traballante, infondato, rozzo "atteggiamento pratico antifilosofico"). 

Ma dove starebbe mai scritto che i "discorsi filosofici dovrebbero sempre per forza aprioristicamente essere dogmatici e intolleranti del dubbio e della critica ? ? ?

La filosofia reale é ben altro ! ! !

Questa é una volgare, falsa, offensiva deformazione caricaturale della filosofia ! ! !
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 05 Gennaio 2018, 19:59:55 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 12:21:04 PM
C'è una differenza importante: quello che crede che il cagnazzo esiste è più propenso a ritenere pazzi, o inferiori, o in qualche modo limitati, quelli che non ci credono: se esiste, per lui è logico, è scontato, che anche gli altri debbano dire che esiste.
CitazioneDi solito "quasi tutti" credono acriticamente che il cagnazzo esista come cosa in sé anche indipendentemente dall' essere percepita sensibilmente, coscientemente, fenomenicamente.

E sono solo alcuni filosofi (per primo, almeno in Occidente, Berkeley)  che ritengono esista come mera apparenza e non come cosa in sé.

Ed é chi, senza essere filosofo (invece di solito i filosofi che lo credono non si comportano così verso i loro colleghi da cui dissentono) crede che il cagnazzo esista come cosa in che solitamente ritiene pazzo il filosofo che, pur dandosela gambe non meno di lui, sa che invece nel caso del cagnazzo "esse est percipi".

Peraltro né Berkeley, né Hume, né Kant, né Schopenhauer, né Husserl, nè alcun altro filosofo consapevole della fenomenicità di qualsiasi cagnazzo con cui si potrebbe avere a che fare, che io sappia, ha mai preteso di limitare in alcun modo la libertà di chi dissentiva da lui, di impedirgli forzatamente di illudersi della realtà in sé del cagnazzo e di quant' altro!
E nemmeno i filosofi "realisti"!




Per Sariputra:

Sono nipote di un contadino (bracciante) e di una lavandaia per parte di padre e di un geometra e di una sarta per parte di madre (genitori entrambi professori di scuola media), e ne sono fiero.

Ma avendo avuto in sorte di studiare e di frequentare filosofi (anche e forse soprattutto "naif" o "della strada"), trovo molto importante e interessante sapere che del cagnazzo dal quale fuggo a gambe levate non meno da come vi sarebbero fuggiti i miei avi l' "esse es percipi".



È così che l'Occidente ha tentato di imporsi al mondo intero: perché ritiene che ciò che crede lui debba essere creduto da tutti, visto che si tratta di cose logiche e di cose che esistono nella realtà.
CitazionePer favore non confondiamo la filosofia occidentale con l' imperialismo occidentale ! ! !

(A parte questo, in proposito con Marx continuo a credere che  proletariato, se non "il vero erede della filosofia classica tedesca" sia il vero erede della miglior filosofia occidentale e non solo.

Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:24:36 PM
Citazione di: Apeiron il 05 Gennaio 2018, 13:08:46 PMRiguardo ad @Angelo sono stato troppo precipitativo e me ne scuso. Ma la prossima volta cerca di esprimerti meglio. Sinceramente sentirsi dire una frase simile non è molto "bello".
Hai ragione, mi sono espresso in maniera alquanto aggressiva, a volte mi accade.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Citazione di: Phil il 05 Gennaio 2018, 17:45:34 PMSpero che le mie domande di (auto)riflessione sul (meta)criterio della tua proposta spirituale, ti siano state minimamente utili

Immagino che ti riferisca a quanto hai detto qui:

Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PM..."fare la propria parte", in pratica, non significa forse compiere scelte in base a delle supposte certezze (per quanto fluide e momentanee)?
Non si sceglie forse di usare il criterio che proponi grazie ad un (meta)criterio di scelta (con cui lo scegliamo)?

Si tratta di gestire i termini, perché il loro uso, anche se riveduto e corretto, ci condiziona comunque. Ho detto che nel pratico non mi faccio problema di usare termini come certezza, verità, realtà. Tuttavia tendo a farlo più che altro quando non trovo alternative. Quando ho la possibilità di riflettere con più comodo, cerco di essere attento ai termini di cui mi servo. In questo senso, quando possibile, preferisco evitare i termini metafisici, perché non mi favorirebbero certo la ricerca su come sia meglio far funzionare le relazioni. Ritengo quindi che l'uso del termine "certezza", anche quando si tratta di certezze solo provvisorie, sia controproducente.
Quando dico che le scelte vanno compiute raccogliendo la storia, non penso che sia utile considerare ciò un essere pervenuti a qualche certezza provvisoria per poterla sfruttare al fine di compiere delle scelte. Quando possibile, io di certezze non voglio averne neanche di provvisorie. Non mi sembra che quello delle certezze come base, anche più o meno provvisoria, sia uno schema imprescindibile. Può essere una prospettiva, un'ermeneutica, ma non mi sembra una prospettiva utile, produttiva, fruttuosa.
Ci sono tante alternative che trovo migliori. Per esempio "bilancio": faccio un bilancio di tutti i pro e i contro e scelgo di conseguenza. A che mi servirebbe chiamare certezza provvisoria il bilancio che mi porta alla scelta? Su cosa mi illuminerebbe? Non sono affatto certo, neanche provvisoriamente, del valore di quel bilancio. L'ho fatto, l'ho calcolato, provo ad adottarlo. Ecco un altro termine alternativo: "prova" e ancora più fruttuoso e significativo trovo che sia "tentativo". Non disdegnerei "costrizione", anche se è chiaramente forte come intenzione di denuncia contro la pesantezza della realtà. Ma usare "scelta" mi sembra ancora una tentazione cartesiana, la tentazione di pensare che in fondo in fondo..., in fin dei conti..., alla fin fine..., si abbia pur sempre vissuto di certezza. No, non ritengo affatto che sia indispensabile, né tanto meno spiritualmente utile, fruttuoso, ispirarsi al criterio della certezza, anche quando sia provvisoria. A che servirebbe, oltre che come sintomo di residui metafisici che continuano a condizionare le nostre menti?
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 02:21:17 AM
In effetti non è la prima volta che noto qualche tuo tentativo di piegare il discorso verso le tematiche che interessano a te. Tematiche senz'altro importanti, giuste, interessanti, necessarie, ma non mi sembra che il modo migliore di farle fruttare sia farle entrare in qualsiasi discorso.

O meglio, io in realtà sono interessatissimo a mettere in connessione le tematiche più distanti, però la connessione dev'essere individuata, studiata, cercata, altrimenti ci si riduce o a un semplice accostare tematiche sconnesse, oppure a piegare qualsiasi discorso verso chi riesce a far prevalere i propri interessi tematici; ma in entrambi i casi non si scoprono collegamenti, mi pare che non ne venga fuori nulla di produttivo.

Peraltro, questa che a me sembra una forzatura potrebbe anche essere vista come un tuo totale disinteresse verso il tipo di discorso che si sta facendo, come se a te interessasse solo e soltanto la possibilità di piegare gli altri discorsi al tuo, senza neanche curarti di quale discorso si stava facendo.

Prova a mostrare i legami tra il discorso che stavamo facendo e ciò che tu hai introdotto: se ci riuscirai, avrai dimostrato davvero che ero io a non averli saputi vedere; da parte mia, come ho detto, io sono sempre curioso di espandere le mie capacità di mettere in collegamento le tematiche più distanti. Però dev'essere collegamento, non un semplice piegare forzato o accostare fianco a fianco.

Hai ragione, non mi interessa il discorso più di tanto, troppo generico.

Avevo provato a fare delle domande molto generiche, ma nessuno mi ha risposto.

Non sono interessato all'aspetto epistemologico come lo sono Phil, Davintro, Sgiombo.

Ovviamente per me il problema del soggetto non è una forzatura ma una componente centrale del discorso, concetti contenitore come Anima, Spirito e Mente, sono indissolubilmente legati ad esso, d'altronde io continuo a professarmi un metafisico, e quindi ho l'orizzonte di Dio "in mente", ma per poter piegare l'intera questione, collegandola come tu chiedi a quanto vado dicendo-forzando io, ossia esclusivamente sul soggetto, con l'intera annosa problematica fra idealismo e realismo, richiederebbe un immissione di sottotematiche, ingestibile per una breve chiaccherata (motivo per cui, lascio stare).

Quando dico che Cartesio è un realista ribaltando la questione che di solito viene posta, ossia che lui fosse un mentalista, intendo dire che egli intendeva il numero come verità che decide del mondo.

Ma lo decide sempre in maniera determinata. E se qualcosa è determinato, al di là dei giochini linguistici di chi crede che gli unicorni esistano ( Phil Sgiombo Cannata), vuol dire che allora (poichè non esistono) che è vero il contrario, e cioè che ogni fondamento crede nella sua determinazione oggettiva reale.

E su uno mi dice che il Mondo, l'Anima sono Mente, e che Dio e lo Spirito sono Falsità, allora io mi permetto di chiamarli cervelli nella vasca, monisti riduzionisti.

Che è poi ESATTAMENTE quello che siete. Al di là dei vostri giochini linguistici e delle vostre illusioni rivoluzionarie.

Phil perchè scusa l'infinito che fondamento ha? e lo Zero? etc...etc...
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 06 Gennaio 2018, 00:30:53 AM
Citazione di: green demetr il 05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM

al di là dei giochini linguistici di chi crede che gli unicorni esistano ( Phil Sgiombo Cannata),


CitazioneSe sbaglio sono pronto a d ammetterlo candidamente, ma credo proprio che sia riuscito nel per me inimmaginabile miracolo di metterci tutti e tre d' accordo che ci stai attribuendo un' opinione falsa (per diversissimi motivi l' uno dall' altro)!


E su uno mi dice che il Mondo, l'Anima sono Mente, e che Dio e lo Spirito sono Falsità, allora io mi permetto di chiamarli cervelli nella vasca, monisti riduzionisti.

Che è poi ESATTAMENTE quello che siete. Al di là dei vostri giochini linguistici e delle vostre illusioni rivoluzionarie.

Phil perchè scusa l'infinito che fondamento ha? e lo Zero? etc...etc...
CitazioneTi puoi ovviamente permettere di avere circa le mie convinzioni (e di quelle degli altri) qualsiasi opinione.
Ma allo stesso modo io mi posso permettere di avere l' opinione che ti stai sbagliando di grosso.

Infatti sono dualista circa i fenomeni e monista (neutro) circa il noumeno.
Riduzionista della vita alla materia non vivente, ma non della coscienza alla materia (vivente e dunque transitivamente non vivente), non affatto della mente al cervello o del pensiero alla materia.

E rivendico con fierezza la consapevolezza che non é dimostrabile che non si é cervelli nella vasca (come pure che non si é vittime di un cartesiano "genio maligno", che é poi la stessa cosa detta in altro modo, consono al XVII secolo anziché al XX, malgrado le illusioni in proposito dello stesso Cartesio).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 06 Gennaio 2018, 13:24:01 PM
Citazione di: Sariputra il 05 Gennaio 2018, 13:33:29 PMPerchè, il pensiero 'orientale' non ha creato discriminazioni? E le caste indiane cosa sono? E il rigido confucianesimo? E le ideologie politiche varie ?   Non è necessario credere  a qualcosa di metafisico per discriminare, basta credere nelle proprie opinioni
La metafisica infatti è proprio questo: credere che le proprie opinioni siano la verità. Tu stesso sembri fare proprio questo, visto che parli della verità come di qualcosa di diverso dalla tua opinione:

Citazione di: Sariputra il 05 Gennaio 2018, 13:33:29 PMLa 'verità' non è violenza. Imporre il proprio  'Io' è la vera violenza...

Come sempre mi sembra tu continui a scambiare il pretesto con la causa. La volontà personale di imporsi e dominare l'altro è la causa, che si serve del pretesto delle 'verità' ( a cui di solito non crede nemmeno...).  La 'verità', poveretta, non c'entra una mazza...è già scappata da un pezzo dalla casa dei fantasmi...
Nel momento in cui distingui la tua opinione dalla verità, stai dicendo che esiste qualcosa che non è tua opinione. Ma come puoi parlare di qualcosa che non è tua opinione, visto che non hai alcuna possibilità di parlarne senza essere tu a parlarne, quindi senza poter fare a meno di far dipendere da te ciò che dici?
Ecco la violenza: presentare la propria opinione come se non fosse opinione, quindi come qualcosa che s'impone da sé, per il semplice fatto di essere vera.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 06 Gennaio 2018, 14:22:42 PM
Citazione di: green demetr il 05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM
al di là dei giochini linguistici di chi crede che gli unicorni esistano ( Phil Sgiombo Cannata)
L'allusione all'unicorno mi risulta troppo criptica (forse si riferisce ad altri post che non ho letto?), potresti chiarirmela? Altrimenti non posso commentarla  :)

Citazione di: green demetr il 05 Gennaio 2018, 22:24:36 PM
Phil perchè scusa l'infinito che fondamento ha? e lo Zero? etc...etc...
Per me, l'infinito ha il suo fondamento teorico nella negazione logica del finito (è un concetto-limite che delimita il finito, risolvendo sofisticamente il compromettente e minaccioso "regresso all'infinito").
In matematica (per come la vedo da profano), lo zero è parimenti fondato dalla sua funzionalità: se i numeri sono "il pieno", c'è il bisogno logico del "vuoto" per chiudere il discorso.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 06 Gennaio 2018, 15:17:03 PM
cit.A.Cannata:
La metafisica infatti è proprio questo: credere che le proprie opinioni siano la verità. Tu stesso sembri fare proprio questo, visto che parli della verità come di qualcosa di diverso dalla tua opinione.

Mi sembra contradditorio. Nella prima parte affermi che la metafisica significa definire come verità le proprie opinioni. Nella seconda mi rimproveri il fatto di distinguere le mie opinioni dalla verità.
Io ho ben chiaro che le mie opinioni sono semplicemente opinioni sulla verità e non sono la 'verità'. Sul fatto che ritengo, come mia opinione, che ci sia una realtà più grande delle mie misere opinioni su di essa, ma anche che le contenga ovviamente, lo ribadisco  e ne sono ragionevolmente convinto e non credo ci sia da 'vergognarsi' di questo..oppure ritieni che dovrei?... :(
Naturalmente la mia opinione nasce solo dal fatto che, come essere umano, ho un linguaggio che la esprime e il cui suono si può ascoltare o rifiutarsi di ascoltare...
Gli uccelli cantano nel bosco , ti fanno violenza forse?...
Io parlo delle mie opinioni, che violenza ti faccio?...Non ti 'impongo' nulla...
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 06 Gennaio 2018, 19:19:33 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Gennaio 2018, 15:17:03 PMMi sembra contradditorio. Nella prima parte affermi che la metafisica significa definire come verità le proprie opinioni. Nella seconda mi rimproveri il fatto di distinguere le mie opinioni dalla verità.
Sì, in apparenza sarebbe contraddittorio, ma se si guardano le cose più in dettaglio non lo è. Si tratta di approfondire il concetto di relazione, che è in grado di far luce sulla questione mappa-territorio. Lo si può rappresentare graficamente in questo modo:

A          "relazione tra A e B"          B

In questo schema esistono tre cose: esiste A, esiste B, esiste "relazione tra A e B". È importante notare che la "relazione tra A e B" non potrebbe esistere se non esistessero sia A che B. Ciò significa che la "relazione tra A e B" porta con sé l'implicazione dell'esistenza di A e di B. Per avere la certezza assoluta che A e B esistono non ho bisogno di venire in contatto diretto con A o con B, vedere con i miei occhi l'esistenza di A e di B : mi basta entrare in contatto con la "relazione tra A e B". È simile a quando gli astronomi sono riusciti a scoprire l'esistenza di certi corpi celesti a partire da certe deformazioni che vedevano nella traiettoria della luce o di altri corpi: quella deformazione portava con sé l'implicazione dell'esistenza di qualcosa che la causava.
L'implicazione dell'esistenza di una cosa è essa stessa già un fatto oggettivo, cioè non dipende dalla relazione che la veicola. Ciò significa che la relazione porta con sé una verità, è veicolo di una verità, contiene una verità, così come un'automobile contiene il conducente, il quale la porta dove vuole. Se il conducente va da Ancona a Bologna, secondo il nostro schema quest'automobile col suo conducente non potrebbe esistere se Ancona e Bologna non esistessero. Se esiste, tale esistenza è dimostrazione dell'esistenza di Ancona e di Bologna.
Ora, quando una persona pensa al concetto di verità, ritiene che quel concetto, anche se non s'identifica con la verità (il che equivale a dire che la mappa non è il territorio) tuttavia è in relazione con la verità. Pensare che la verità esista significa pensare che quando ospitiamo nella nostra mente il concetto di verità, stiamo ospitando una relazione con la verità.
Così come la "relazione tra A e B" non contiene né A né B, ma la verità della loro esistenza, allo stesso modo il concetto non contiene la verità, ma la verità della verità, cioè la verità del fatto che la verità esiste. La verità della verità non è altro che la relazione.
Da ciò emerge che, se una persona, un soggetto, ritiene che la verità esista, ne consegue che egli ritiene che nella sua mente ci sia la verità di una verità. La mappa non è il territorio, però avanza la pretesa di contenere, sebbene in modi in qualsiasi modo deformati, una verità sul territorio, cioè una verità sulla verità.
Se una persona ritiene che il proprio concetto sia verità di una verità, cioè relazione con la verità, ne consegue che questa persona ritiene che nella propria mente, nel momento in cui pensa al concetto di verità, sta ospitando una verità. Tale verità non coincide con la verità che sta là fuori, cioè non è né A né B, ma è la verità della loro esistenza. Significa che, secondo questa persona, il suo concetto di verità è portatore di una verità, è relazionato con la verità oggettiva, cioè con A e B. Tale relazione, per quanto possa essere deformata dal soggetto, è comunque essa stessa una verità: verità della verità. Secondo questa persona, il suo concetto di verità non potrebbe sussistere se la verità non esistesse davvero. Infatti, ritenere che la verità esista significa ritenere che il proprio concetto di verità sia portatore di una relazione necessaria con la verità esistente là fuori. Il concetto di verità viene considerato un messaggero garantito, quindi un messaggero che è già esso stesso verità: verità di una verità.
Alla fine viene a risultare che questa persona ritiene di essere riuscita ad ospitare nella propria mente qualcosa che non è al cento per cento riducibile alla propria mente; qualcosa che è essa stessa verità: è la verità della verità.
Questa persona ritiene dunque che, tra tutte le proprie opinioni, ce ne sia una che è sua opinione, ma è verità della verità. Significa che questa persona ritiene di avere un'opinione che non è sua opinione, un'opinione che indubbiamente non è interamente riconducibile a creazione del proprio cervello.
Ecco la metafisica: un'opinione ritenuta speciale, in quanto non è opinione come le altre, ma verità della verità.

Così si vede la confusione, l'ambiguità presente nella tua affermazione successiva:
Citazione di: Sariputra il 06 Gennaio 2018, 15:17:03 PMIo ho ben chiaro che le mie opinioni sono semplicemente opinioni sulla verità e non sono la 'verità'.
Le tue opinioni sulla verità non sono la verità, ma ce n'è almeno una che avanza la pretesa di essere verità sull'esistenza della verità, verità della verità, relazione con la verità. In quanto tale è pur sempre pretesa di essere verità. Il problema non si vede fin quando non si chiarisce che non esiste solo la verità, ma bisogna far venire alla luce anche il fatto che, senza accorgercene, pensiamo alla verità della verità, la quale ha buon gioco nel presentarsi come non pretesa di essere essa stessa la verità: ci riesce perché si nasconde in ciò che non era stato messo in chiaro come verità della verità, cioè relazione con la verità.
In altre parole, l'indice ha buon gioco nel dire che non ha la pretesa di essere la luna, ma in realtà sta nascondendo, magari a sé stesso, cioè in buona fede, una sua pretesa non indifferente: la pretesa di essere comunque riuscito ad indicare la luna.

Citazione di: Sariputra il 06 Gennaio 2018, 15:17:03 PMSul fatto che ritengo, come mia opinione, che ci sia una realtà più grande delle mie misere opinioni su di essa, ma anche che le contenga ovviamente, lo ribadisco  e ne sono ragionevolmente convinto e non credo ci sia da 'vergognarsi' di questo..oppure ritieni che dovrei?... :(
Ritengo che dovresti vergognarti, non come persona che fa le cose in malafede, ma come persona che non si accorge di ospitare nei propri modi di ragionare una modalità che porta con sé un'induzione alla presunzione.
Quest'umiltà in relazione ad una realtà più grande si può considerare, senza che tu te ne accorga, una falsa umiltà. È la stessa umiltà che la Chiesa Cattolica si attribuisce, ad esempio, quando afferma che le donne non vanno ammesse al sacerdozio, oppure che della sessualità dei gay bisogna dire che si tratta di una sessualità disordinata: la Chiesa dice che non potrebbe dire e fare diversamente, perché ha il dovere di adeguarsi umilmente al dettato di Dio, a questa realtà più grande che è Dio.
Nel momento in cui tu fai riferimento ad una realtà più grande di te, stai escludendo la possibilità di metterla in discussione. Ciò può essere vissuto come umiltà, ma può anche venire a risultare alla fine come una scusa per non mettere in discussione le proprie idee. Ciò può pur sempre verificarsi in buona fede, cioè semplicemente perché non si ha chiara consapevolezza dei punti di vista diversi con cui è possibile considerare i meccanismi dell'umiltà.
Insomma, purtroppo alla fine viene a risultare che anche l'umiltà non è una garanzia dietro cui ripararci, una garanzia di innocenza: siamo condannati a non essere innocenti su nulla, neanche nell'umiltà. È questo il disagio creato dal dubbio, specialmente a chi non si è familiarizzato con esso.

Citazione di: Sariputra il 06 Gennaio 2018, 15:17:03 PMGli uccelli cantano nel bosco , ti fanno violenza forse?...
Io parlo delle mie opinioni, che violenza ti faccio?...Non ti 'impongo' nulla...
Riguardo al canto degli uccelli, mi hai fatto ricordare che sì, si narra che quello delle rondini fu sentito una volta come violenza, proprio da una delle persone più umili mai vissute in questo pianeta, san Francesco, il quale chiese loro di fare silenzio perché lui doveva predicare. Se poi pensiamo che da un punto di vista biologico sia il canto degli uccelli che, ad esempio, la bellezza e il profumo dei fiori, possono essere considerati armi per una durissima lotta quotidiana per farsi impollinare o per affermare il proprio dominio su un territorio, la frittata è fatta.
Siamo condannati alla violenza, ogni nostra cellula fa violenza per poter esistere. Perciò penso che ciò che possiamo fare non è eliminare la violenza, almeno nel presente, ma solo fare dei tentativi che, almeno a nostro modo di vedere, diano l'impressione di ridurla un po'.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Sariputra il 06 Gennaio 2018, 21:03:10 PM
cit. A,Cannata
Ritengo che dovresti vergognarti, non come persona che fa le cose in malafede, ma come persona che non si accorge di ospitare nei propri modi di ragionare una modalità che porta con sé un'induzione alla presunzione.

Beh!...Ritengo che dopo una frase così offensiva non ci siano più i presupposti per continuare una discussione serena.
E' inverosimile che , una persona che  accusa tutti gli altri di non essere umili, finisca sempre per offenderli pretendendo che accettino il suo punto di vista... :(

Parli solo di una relazione tra due idee, quella di avere un'opinione limitata sulla realtà e quella che esista questa realtà, che non significa affatto definire cos'è questa 'verità'.
Sorvolo sulle 'rondini che fanno violenza' e amenità varie. Se rileggi con calma il tuo post lo vedrai pieno di affermazioni categoriche sulla realtà tipo: "Siamo condannati alla violenza, ogni nostra cellula fa violenza per poter esistere."

Buona serata e..."Così come a lei bene pare..."  ;D
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 06 Gennaio 2018, 21:08:55 PM
Forse è bene precisare che il mio "dovresti vergognarti" non contiene nulla di personale, né di pratico, né di esperienza umana. È solo ed esclusivamente una critica filosofica, così come è una critica filosofica quella che ho fatto nei confronti dell'umiltà.
Per me resti sempre una persona correttissima, rispettabilissima, onesta.
Ma penso che le nostre rispettabilità non debbano significare un divieto di mettere in discussione, da un punto di vista filosofico, concetti come umiltà, vergogna o che altro sia.
È chiaro che siamo esseri umani, ma mi sembra sbagliato che il nostro coinvolgimento umano si venga a tradurre in divieto di mettere in discussione certi concetti.
Quello che ho fatto è un mettere in discussione da un punto di vista esclusivamente filosofico, formale, il nostro non essere soggetti a vergogna. Da questo punto di vista anch'io risulto una persona che dovrebbe vergognarsi, ogni essere umano risulta esserlo, per il fatto che ho detto riguardo all'innocenza: nessuno di noi è mai innocente in questo mondo.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 07 Gennaio 2018, 11:38:58 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Citazione di: Phil il 05 Gennaio 2018, 17:45:34 PMSpero che le mie domande di (auto)riflessione sul (meta)criterio della tua proposta spirituale, ti siano state minimamente utili
Immagino che ti riferisca a quanto hai detto qui:
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PM..."fare la propria parte", in pratica, non significa forse compiere scelte in base a delle supposte certezze (per quanto fluide e momentanee)?
Non si sceglie forse di usare il criterio che proponi grazie ad un (meta)criterio di scelta (con cui lo scegliamo)?
Si; oltre a queste domande (che, nonostante le tue doverose precisazioni terminologiche, mi pare siano rimaste piuttosto "aperte" ;) ), mi riferivo anche a
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 08:28:47 AM
Se non hai momentanee certezze meritevoli di minima fiducia, come fai a "prendere posizione" (come tu stesso dicevi), ad avere una tua visione del mondo? Pensa di nuovo alla tua proposta "spirituale", non sottende forse certezze da cui parti e di cui ti fidi, almeno per ora? ;)
e
Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2018, 17:01:41 PM
il criterio/metodo che hai descritto, non si basa sulla (presunta) certezza della sua stessa funzionalità, adeguatezza, eticità, o altro?
Come accennavo, si tratta di domande di (auto)analisi (quasi maieutiche ;D ), per cui non è tanto importante che tu risponda esplicitamente a me, quanto piuttosto, se vuoi affrontarle, nella tua interiorità...

P.s.
Mi permetto un suggerimento per (auto)controllare se la (auto)risposta è esaustiva: prova a pensare se, fuori da questo nostro dialogo, qualcuno ti contattasse sul tuo sito e ti chiedesse: "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?". Se rispondi: "preferisco non usare la parola certezza, perché è troppo ancorata alla metafisica", sarai convinto di aver chiarito davvero le sue perplessità? Se rispondi "si, ne sono abbastanza certo" non si tratta forse di una momentanea certezza (qui difficilmente rimpiazzabile con i termini che proponi: bilancio, prova, tentativo, costrizione)?
Mi riferisco a:
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Quando possibile, io di certezze non voglio averne neanche di provvisorie. Non mi sembra che quello delle certezze come base, anche più o meno provvisoria, sia uno schema imprescindibile.
Se invece rispondi: "non lo so, è solo un'ipotesi, ognuno di noi può metterla alla prova in pratica e vedere che succede", non sarà come rispondere "no, non ne ho certezza", svalutando così alla radice le buone intenzioni della tua proposta?
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 07 Gennaio 2018, 11:42:53 AM
Confondendo "verità" con "realtà" e "fatto" con "relazione tra fatti" si cade in errore.

Peggio ancora, perché tendenzialmente foriero, in pratica, di intolleranza e mancato rispetto delle convinzioni altrui, oltre che del lancio indebito di infamanti e offensive accuse a chi dissente, é (persistere pervicacemente nel) confondere "certezza nelle proprie convinzioni" con "intolleranza delle convinzioni altrui" e "dubbio circa le proprie convinzioni" con "tolleranza delle convinzioni altrui".

La verità (circa la realtà; in toto o in parte; circa enti ed eventi reali o circa relazioni reali fra enti ed eventi reali), pur potendo essere un fatto (una relazione reale fra enti ed eventi reali) reale, cioé pur potendo "darsi realmente", non é la realtà stessa a cui si riferisce, ma invece una relazione fra uno o più predicati o giudizi circa la realtà e la realtà stessa a cui i predicati o giudizi stessi si riferiscono.

La verità é una caratteristica del pensiero condizionata dalla realtà (é una caratteristica -del pensiero- reale o meno dipendentemente da come é la realtà anche indipendentemente dal pensiero stesso, ciò anche nel caso il pensiero non fosse reale).

E credere nella verità dei propri pensieri, predicati, giudizi, convinzioni, opinioni, ecc., esserne sicuri, non comporta affatto necessariamente essere intolleranti verso le opinioni altrui ritenute false (anche se ovviamente, per definizione, si ritiene vi sia differenza o "reciproca specialità" e non "confusa indifferenza" fra le proprie opinioni ritenute vere e le altrui ritenute false).
Così come dubitare della verità dei propri pensieri, predicati, giudizi, convinzioni, opinioni, ecc., non esserne sicuri, non comporta affatto necessariamente essere tolleranti verso le opinioni altrui della cui falsità si dubiti.

Si tratta di fatti e di concetti completamente diversi!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 07 Gennaio 2018, 11:54:10 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 06 Gennaio 2018, 21:08:55 PM
Forse è bene precisare che il mio "dovresti vergognarti" non contiene nulla di personale, né di pratico, né di esperienza umana. È solo ed esclusivamente una critica filosofica, così come è una critica filosofica quella che ho fatto nei confronti dell'umiltà.
CitazioneSì, certo, in base al tuo personale principio infondato e preteso assoluto e indiscutibile (ma falso) per il quale chi come te nega qualsiasi differenza fra conoscenza vera e opinione falsa  ha sempre ragione, rispetta sempre gli altri, mentre chi dissente da voi ha sempre torto ed é sempre intollerante a priori (indipendentemente da quanto effettivamente si sostiene)!



Per me resti sempre una persona correttissima, rispettabilissima, onesta.
Ma penso che le nostre rispettabilità non debbano significare un divieto di mettere in discussione, da un punto di vista filosofico, concetti come umiltà, vergogna o che altro sia.
CitazioneSi, certo!
...Mentre invece chi dissente da te e sostiene che verità e falsità sono concetti e realtà ben diversi e da non confondere pensa sempre necessariamente che le rispettive rispettabilità debbano significare un divieto di mettere in discussione, da un punto di vista filosofico le proprie opinioni da parte degli altri.



Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 13:47:17 PM
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2018, 11:38:58 AM
Mi permetto un suggerimento per (auto)controllare se la (auto)risposta è esaustiva: prova a pensare se, fuori da questo nostro dialogo, qualcuno ti contattasse sul tuo sito e ti chiedesse: "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?". Se rispondi: "preferisco non usare la parola certezza, perché è troppo ancorata alla metafisica", sarai convinto di aver chiarito davvero le sue perplessità? Se rispondi "si, ne sono abbastanza certo" non si tratta forse di una momentanea certezza (qui difficilmente rimpiazzabile con i termini che proponi: bilancio, prova, tentativo, costrizione)?
Mi riferisco a:
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Quando possibile, io di certezze non voglio averne neanche di provvisorie. Non mi sembra che quello delle certezze come base, anche più o meno provvisoria, sia uno schema imprescindibile.
Se invece rispondi: "non lo so, è solo un'ipotesi, ognuno di noi può metterla alla prova in pratica e vedere che succede", non sarà come rispondere "no, non ne ho certezza", svalutando così alla radice le buone intenzioni della tua proposta?
Sì, in questi casi c'è un problema di comunicazione non facile da superare.
Mi sembra che la sua radice consista nel fatto che, tutte le volte che viene posta una domanda, la domanda stessa crea sempre un contesto, introduce un linguaggio, presenta delle coordinate entro cui chi la pone si sta muovendo e vorrebbe continuare a muoversi.
Questa situazione viene a scontrarsi col fatto che il relativismo è critica dei contesti, dei linguaggi, delle coordinate.
La difficoltà non è teorica, perché a livello teorico i linguaggi possono sempre confrontarsi, dialogare. Ad esempio, la matematica di per sé è perfettamente in grado di dialogare con l'arte e viceversa: entrambe sono in grado di criticare sé stesse, mettersi in questione, sperimentare parametri inesplorati, innovativi, destabilizzanti.
Io vedo il problema oggi piuttosto da un punto di vista pratico, sociale. Qualche giorno fa vedevo una trasmissione in cui si faceva osservare che la massa di oggi viene sempre di più abituata a confrontarsi con ciò che essa si aspetta. Google, facebook, le banche, il mercato, raccolgono dati sugli interessi della massa in maniera che la massa, quando ad esempio cerca una parola su Google, trovi ciò che si aspetta di trovare. In questo modo ognuno viene sempre più chiuso nella propria gabbia mentale e sempre più disabituato alla diversità, all'inaspettato, a ciò che fa parte di coordinate diverse, a ciò che per essere compreso richiederebbe l'adozione di schemi diversi da quelli abituali.
Lo sforzo mentale, le acrobazie concettuali, ciò che mette in crisi l'orientamento, diventano tutte cose bandite. Ciò che conta è il comfort. Si può osservare come tutte le volte che si parla di marziani, UFO, fantasmi, esoterismi, se ne parla in un modo tale che in realtà non hanno proprio niente di radicalmente diverso da noi e dal nostro mondo abituale, dalle coordinate tradizionali in cui intendiamo muoverci: riflettono proprio la nostra sempre maggiore incapacità mentale di immaginare cose che siano davvero diverse.
In queste condizioni non c'è spazio per il relativismo, perché esso non è rassicurante, non offre coordinate di riferimento confortevoli a cui appoggiarsi, a cui prestare fiducia.
Il grosso del grido "crocifiggilo" riguardo a Gesù non veniva dai Romani, né dai sacerdoti del tempio, ma dalle masse da loro manovrate. In quest'analogia i Romani e i sacerdoti del tempio sono Google, facebook, il mercato, cioè i burattinai, i manovratori.
Perciò sono consapevole che oggi, come d'altra parte i fatti mostrano, non c'è spazio per la spiritualità intesa in modo serio, critico, ben studiato. L'esigenza di spiritualità c'è, il desiderio, l'aspettativa, ci sono, ma si tratta di aspettative che, senza accorgersene, intendono anche dettare le coordinate. Il che non sarebbe neanche vietato, non sarebbe proprio un male, se non fosse che queste coordinate che vengono dettate consistono proprio nella richiesta di non essere messe in discussione.
Di conseguenza, di fronte alla domanda che hai proposto "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?", risponderei nella maniera più vera, più vicina alla radice della spiritualità, a rischio di essere frainteso: non ho la certezza, non ne ho la minima certezza, per me la certezza è il diavolo. Anche Gesù in diverse occasioni si espresse in maniere del cui sicuro fraintendimento non poteva non essere consapevole: disse di strapparsi e gettare via l'occhio che fa peccare; a Nicodemo disse che bisognava rinascere e difatti Nicodemo gli chiese come poteva essere possibile entrare di nuovo nell'utero; nei Giudei suscitò la curiosità di come avrebbe potuto dar loro la sua carne da mangiare.
Il relativismo è provocatorio, per sua natura, ma proprio questo me lo fa percepire irresistibilmente affascinante, poiché non si tratta di assurdità casuali di poco conto; si tratta di cose che toccano l'intimo di ciò che è umano.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Ascolta Sgiombo il monismo neutro riguardo il noumeno è il tuo unicorno.
Infatti non riesci a dimostrarlo. Lo assumi senza nessun tipo di ragione.
(ed è il problema aperto, su questo posso convenire, lasciato da Kant).


Per quanto riguarda il dualismo dei fenomeni invece sono d'accordo con te.
(ma nel senso che là dove per te non si può dimostrare il trascendente (Ockam, Hume etc) , la res cogitans per me invece "esiste" solo in quanto coscienza, in termini trascendenti REALI, in quanto la conosco come reale: ossia appunto trascendente e non mentale.
A margine non rivolto a Sgiombo.
Il mentalista (duale o monista che sia) che invece presupponesse un trascendente "successivo" (al mentale) a mio avviso complica inutilmente le cose. Perchè è come se si cercasse quella forma materica (del mentale) su cui Dio incide, il che equivarrebbe allo step successivo (delirante) di trovare il Dio materico.


Phil ognuno ha il suo unicorno, non è solo di questo forum ahimè.
A mio avviso si crea un unicorno per via del fatto che Dio è morto, e la Tecnica inaridisce sempre di più il percetto, gli oggetti reali.
L'oggetto che non è più sacro, diviene oggetto reale: la mia previsione è che si va verso una scienza, e quindi una umanità il cui pensiero sarà monista.
E' per questo che negando gli unicorni delle persone, li vedo per quel che sono: gretti materialisti.(vabbè mi son fatto prendere dalla foga, ho messo tutti voi nel calderone, scusate) : O si torna al trascendente o si cade nel materialismo.
(necessità della metafisica).



Il tuo unicorno ovviamente è il fondamento, visto che hai detto che per te è molto importante, e fine della filosofia.
Il che mi ha lasciato piuttosto perplesso, perchè mi stavo convincendo che tu usassi la critica linguistica per indicare in complesso il problema dell'agire del soggetto, dell'agire cioè, e non  del soggetto (o oggetto) in sè.

Ma chi è che indica il fondamento (o il suo problema)? Non è forse il soggetto?
E' vero che rimane a tutt'oggi aperto lo "statuto" sull'oggetto, osso su cui gli analitici competono per chi lo azzannna meglio: non ha soluzione, come lo stesso Kant ha ampiamente dimostrato.
Rimane perciò l'unico fondamento nel soggetto, che però appunto non esiste in quanto tale. Il soggetto è la narrazione (e qui rientrano le tue critiche competenti) di ciò che si forma dal rapporto dualistico con gli oggetti (semiotizzati, nominati) in virtù di un punto di vista.
Che è poi il suono stesso, la parola stessa.
Infatti in neonato entra nel mondo semiotico nominato, sia come corpo che come fonte sonora. Ossia sia come sensibilità che come (più propriamente) linguaggio.
In particolare il MIO, il nostro linguaggio. Ossia quello del suono.
Il soggetto si evolve tramite questa "selva di segni".
Allora, e cioè moooolto dopo, arriva la domanda stessa del fondamento, che è dell'oggetto, per via del fatto che la nostra tradizione ahimè si domanda degli oggetti, ma originariamente è assai più remota, e più propriamente il fondamento è nel soggetto e in Dio.
Dallo sguardo della madre, allo sguardo di Dio, dalla presa della mano, al dolore del corpo.
Ma come si fa ad appiattire il tutto ad una mera considerazione linguistica???
Capisci quanto sono rimasto sorpreso e infastidito dalla tua domanda?
Capisci come mi pare un unicorno il cercare il fondamento dell'oggetto, come se non esistesse tutto quello detto prima.
Ma non è permettimi, che siccome il mondo è diventato un piatto freddo servito di utensili e balocchi, si cerchi in questa domanda qualcosa che si eviti di prendersi il piatto freddo, così com'è, e ci si aggiunga un pò di fantasticheria: ma sempre nei paraggi del piatto freddo siamo.

Per quanto riguarda la tua spiegazione riguardo i fondamenti dello zero, e dell'infinito, ne hai dato delle definizioni relazionali.

Ma la relazione non è il fondamento come Angelo ha ben spiegato.

Infinito è Dio (i greci avevano terrore dell'infinito).
Ossia l'infinito è il terrore stesso.
Zero è Dio, è l'originario, è ciò che viene prima di qualsiasi ordine di discorso (alchimia araba).



Ascolta Angelo, la presunzione che esista una relazione con la verità, è l'esistenza stessa del soggetto.
Non assumere come fai tu che esista, tale relazione, indica che tu elimini il soggetto dalla tua analisi, il che poi ti fa finire inevitabilmente in affermazioni assolutamente non logiche, sul fondamento degli oggetti in quanto tali.
Ma chi è che gli dà fondamento? O anche nella tua prospettiva, che nega infatti ogni fondamento, chi ha deciso che esiste una relazione linguistica, semiotica,che indica quel fantomatico (in quanto per te mai raggiungibile veramente) oggetto?

La tua mi sembra la ricerca di quell'oggetto, che hai da sempre davanti a te, ossia appunto te stesso.

La filosofia fondamentale, ossia quella metafisica, cerca l'originario come trascendenza. Capisco che la morte di Dio, abbia originato in te una forte spinta di senso, ma filosoficamente parlando i tuoi spunti sono errati.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:35:36 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 13:47:17 PM
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2018, 11:38:58 AM
Mi permetto un suggerimento per (auto)controllare se la (auto)risposta è esaustiva: prova a pensare se, fuori da questo nostro dialogo, qualcuno ti contattasse sul tuo sito e ti chiedesse: "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?". Se rispondi: "preferisco non usare la parola certezza, perché è troppo ancorata alla metafisica", sarai convinto di aver chiarito davvero le sue perplessità? Se rispondi "si, ne sono abbastanza certo" non si tratta forse di una momentanea certezza (qui difficilmente rimpiazzabile con i termini che proponi: bilancio, prova, tentativo, costrizione)?
Mi riferisco a:
Citazione di: Angelo Cannata il 05 Gennaio 2018, 21:57:30 PM
Quando possibile, io di certezze non voglio averne neanche di provvisorie. Non mi sembra che quello delle certezze come base, anche più o meno provvisoria, sia uno schema imprescindibile.
Se invece rispondi: "non lo so, è solo un'ipotesi, ognuno di noi può metterla alla prova in pratica e vedere che succede", non sarà come rispondere "no, non ne ho certezza", svalutando così alla radice le buone intenzioni della tua proposta?
Sì, in questi casi c'è un problema di comunicazione non facile da superare.
Mi sembra che la sua radice consista nel fatto che, tutte le volte che viene posta una domanda, la domanda stessa crea sempre un contesto, introduce un linguaggio, presenta delle coordinate entro cui chi la pone si sta muovendo e vorrebbe continuare a muoversi.
Questa situazione viene a scontrarsi col fatto che il relativismo è critica dei contesti, dei linguaggi, delle coordinate.
La difficoltà non è teorica, perché a livello teorico i linguaggi possono sempre confrontarsi, dialogare. Ad esempio, la matematica di per sé è perfettamente in grado di dialogare con l'arte e viceversa: entrambe sono in grado di criticare sé stesse, mettersi in questione, sperimentare parametri inesplorati, innovativi, destabilizzanti.
Io vedo il problema oggi piuttosto da un punto di vista pratico, sociale. Qualche giorno fa vedevo una trasmissione in cui si faceva osservare che la massa di oggi viene sempre di più abituata a confrontarsi con ciò che essa si aspetta. Google, facebook, le banche, il mercato, raccolgono dati sugli interessi della massa in maniera che la massa, quando ad esempio cerca una parola su Google, trovi ciò che si aspetta di trovare. In questo modo ognuno viene sempre più chiuso nella propria gabbia mentale e sempre più disabituato alla diversità, all'inaspettato, a ciò che fa parte di coordinate diverse, a ciò che per essere compreso richiederebbe l'adozione di schemi diversi da quelli abituali.
Lo sforzo mentale, le acrobazie concettuali, ciò che mette in crisi l'orientamento, diventano tutte cose bandite. Ciò che conta è il comfort. Si può osservare come tutte le volte che si parla di marziani, UFO, fantasmi, esoterismi, se ne parla in un modo tale che in realtà non hanno proprio niente di radicalmente diverso da noi e dal nostro mondo abituale, dalle coordinate tradizionali in cui intendiamo muoverci: riflettono proprio la nostra sempre maggiore incapacità mentale di immaginare cose che siano davvero diverse.
In queste condizioni non c'è spazio per il relativismo, perché esso non è rassicurante, non offre coordinate di riferimento confortevoli a cui appoggiarsi, a cui prestare fiducia.
Il grosso del grido "crocifiggilo" riguardo a Gesù non veniva dai Romani, né dai sacerdoti del tempio, ma dalle masse da loro manovrate. In quest'analogia i Romani e i sacerdoti del tempio sono Google, facebook, il mercato, cioè i burattinai, i manovratori.
Perciò sono consapevole che oggi, come d'altra parte i fatti mostrano, non c'è spazio per la spiritualità intesa in modo serio, critico, ben studiato. L'esigenza di spiritualità c'è, il desiderio, l'aspettativa, ci sono, ma si tratta di aspettative che, senza accorgersene, intendono anche dettare le coordinate. Il che non sarebbe neanche vietato, non sarebbe proprio un male, se non fosse che queste coordinate che vengono dettate consistono proprio nella richiesta di non essere messe in discussione.
Di conseguenza, di fronte alla domanda che hai proposto "hai la certezza che la tua proposta spirituale abbia una corretta impostazione etica e sia praticabile?", risponderei nella maniera più vera, più vicina alla radice della spiritualità, a rischio di essere frainteso: non ho la certezza, non ne ho la minima certezza, per me la certezza è il diavolo. Anche Gesù in diverse occasioni si espresse in maniere del cui sicuro fraintendimento non poteva non essere consapevole: disse di strapparsi e gettare via l'occhio che fa peccare; a Nicodemo disse che bisognava rinascere e difatti Nicodemo gli chiese come poteva essere possibile entrare di nuovo nell'utero; nei Giudei suscitò la curiosità di come avrebbe potuto dar loro la sua carne da mangiare.
Il relativismo è provocatorio, per sua natura, ma proprio questo me lo fa percepire irresistibilmente affascinante, poiché non si tratta di assurdità casuali di poco conto; si tratta di cose che toccano l'intimo di ciò che è umano.

Esatto, concordo il larga misura.

Sono d'accordo che avere la certezza di un indirizzo certo della spiritualità sia un errore.

Posso essere d'accordo anche con gli spunti generali del pensiero debole.

Ma lo posso essere solo nel dialogo nel rapporto con l'altro.

Altro tema su cui vorrei forzare la discussione.

Perchè invece portare il relativismo alle sue più radicali conseguenze?

E' un pensiero il relativismo e come ogni pensiero, è solo uno strumento, una intellezione, per unire appunto oggetti lontanti, non immediati.

Essere un intellettuale relativista, come lo sei tu, a mio avviso dovrebbe anche comportare l'intelligenza di non portare a esiti estremi, ossia a essere vittima di una srategia, di uno strumento, come è quello del pensare relativo.

Bisogna avere l'umiltà di fermarsi un attimo prima. La pretesa di voler scardinare completamente ogni certezza dell'umano non ne è forse una sua più ultima tiranneggiante conclusione, e cioè fare della volontò di dominio sulle cose, il suo esito naturale: la distruzione dell'oggetto stesso dell'indagine. (in questo caso della nostra capacità di orientarci nel mondo).
Questa cosa che ti sto dicendo è presente in Heidegger, in  Severino.

Per quel che mi riguarda puoi tranquillamente salire un milione di volte su quella bicicletta (metafora che ci accompagna dalla fine della primavera scorsa)  e ogni volta ributtarti a terra, nonostante avessi trovato un equilibrio, sebbene instabile forse.
Sul serio sono mesi che ci penso, ma non capisco proprio.  :(
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 15:04:45 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PMAscolta Angelo, la presunzione che esista una relazione con la verità, è l'esistenza stessa del soggetto.
Non assumere come fai tu che esista, tale relazione, indica che tu elimini il soggetto dalla tua analisi, il che poi ti fa finire inevitabilmente in affermazioni assolutamente non logiche, sul fondamento degli oggetti in quanto tali.
Ma chi è che gli dà fondamento? O anche nella tua prospettiva, che nega infatti ogni fondamento, chi ha deciso che esiste una relazione linguistica, semiotica,che indica quel fantomatico (in quanto per te mai raggiungibile veramente) oggetto?
Infatti la relazione, nella spiegazione che ho dato, è soggettiva. Il problema è che Sariputra parlava di verità attribuendo però al suo discorso una caratteristica di umiltà, di essere senza pretese. Nella mia spiegazione ho cercato di far vedere che non è possibile parlare di verità con pretese di innocenza.

Allo stesso modo, tu pensi che una limitazione del relativismo sarebbe un atto di umiltà, di modestia da parte del relativismo:
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:35:36 PMEssere un intellettuale relativista, come lo sei tu, a mio avviso dovrebbe anche comportare l'intelligenza di non portare a esiti estremi, ossia a essere vittima di una srategia, di uno strumento, come è quello del pensare relativo.

Bisogna avere l'umiltà di fermarsi un attimo prima. La pretesa di voler scardinare completamente ogni certezza dell'umano non ne è forse una sua più ultima tiranneggiante conclusione, e cioè fare della volontò di dominio sulle cose, il suo esito naturale: la distruzione dell'oggetto stesso dell'indagine. (in questo caso della nostra capacità di orientarci nel mondo).
Questa cosa che ti sto dicendo è presente in Heidegger, in  Severino.

Ma la modestia e l'umiltà non si ottengono concedendo certezze. Ogni certezza è sempre una pretesa, non è mai innocente.

Qui si aprirebbe un altro discorso: io non pretendo affatto di vietare agli altri di credere nelle loro certezze. Il problema nasce quando pretendono di presentarle a me. A quel punto io dico loro: "Senti, io mi autodistruggo con i miei dubbi e il mio relativismo, ma non pensare che il relativismo funzioni solo su di me. Quindi non sognarti di approfittarne per propormi le tue certezze: te le distruggerei in men che non si dica, così come distruggo in continuazione le mie".

Quando ero prete, per risolvere questo problema dal punto di vista della fede, facevo il paragone della fidanzata. Uno che è perdutamente innamorato della sua fidanzata può anche chiedere ai suoi amici di concedergli, per un attimo, di esternare la sua passione e dire: "La mia fidanzata è la più bella, al confronto di lei tutte le altre sono streghe". Subito dopo, quest'innamorato dirà: "Grazie di avermi concesso questo spazio: ho voluto esprimermi dall'interno del mio cuore: infatti so benissimo che anche per ciascuno di voi la sua fidanzata è la più bella". Ecco la compresenza di prospettive. Chiunque può chiedere che gli si conceda un attimo di spazio in cui esprimersi dall'intimo del proprio cuore, per esempio riguardo alla fede in Dio: "Il mio Dio è l'unico vero". Poi dirà a quelli delle altre religioni: "Grazie di avermi concesso questo spazio: capisco benissimo che anche per ciascuno di voi il suo Dio è l'unico vero".
Cioè, c'è una prospettiva interna, in cui ognuno chiarisce che intende parlare dal profondo dei suoi attaccamenti, e poi ce n'è una esterna, in cui ognuno si pone nei panni degli altri e si rende conto che tutto è relativo.
Il problema è quando l'innamorato, nel dire che la sua ragazza è la più bella di tutte, avanza la pretesa di star parlando non dalla sua prospettiva interna, ma da un punto di vista oggettivo: è così perché è così e non perché lo penso io. Ecco la pretesa, la presunzione, destinata a creare violenza oppure ad essere demolita dalla critica, dal dubbio.

Con tutto questo voglio dire che la relazione fruttuosa con gli altri non si ottiene moderando il relativismo: è una cosa che non avrebbe senso, non servirebbe affatto allo scopo. Il modo per costruire relazioni fruttuose c'è ed è quello di far capire espressamente, quando si parla, se si vuole parlare da una prospettiva interna (nel qual caso si può dire tutto quello che si vuole senza prestare il fianco ad alcuna critica), oppure da una prospettiva che prova a tener conto di quelle altrui.
Prendi per esempio giona2068, oppure Domingo94 o SaraM: il loro modo di parlare non creerebbe alcun problema se lo presentassero come desiderio di far conoscere agli altri la loro prospettiva interna. Il problema è che invece lo presentano come prospettiva esterna, oggettiva, è così perché è così e non perché lo penso io.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 15:11:15 PM
Da precisare che a questo scopo non basta premettere "secondo me" per presentarsi come prospettiva interna: se uno dice "Secondo me il mio Dio è l'unico vero", ciò può anche significare che quella persona sta ritenendo la sua opinione una verità oggettiva. Allora il "secondo me" non relativizza niente. È necessario esprimere con chiarezza l'essere consapevoli della limitatezza della propria prospettiva.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 07 Gennaio 2018, 15:46:59 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 15:04:45 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PMAscolta Angelo, la presunzione che esista una relazione con la verità, è l'esistenza stessa del soggetto.
Non assumere come fai tu che esista, tale relazione, indica che tu elimini il soggetto dalla tua analisi, il che poi ti fa finire inevitabilmente in affermazioni assolutamente non logiche, sul fondamento degli oggetti in quanto tali.
Ma chi è che gli dà fondamento? O anche nella tua prospettiva, che nega infatti ogni fondamento, chi ha deciso che esiste una relazione linguistica, semiotica,che indica quel fantomatico (in quanto per te mai raggiungibile veramente) oggetto?
Infatti la relazione, nella spiegazione che ho dato, è soggettiva.

Ma credo che anche Sari voleva dire che la sua è una opinione soggettiva.
Vera nel senso, che soggettivamente esperita come tale.

Diciamo che lui e io, suppongo, ma se vorrà specificherà lui, tentiamo del nostro meglio per descrivere la nostra esperienza, che non può che essere tale per noi stessi, ossia vera, e i problemi che derivano dal confronto delle verità con gli altri.
La verità è sempre un opinione, come alla fine della sua vita capì anche Husserl.
Ossia è la somma delle "pratiche" delle verità, praticate da tutti, ossia dalla maggioranza.
In questo senso parlava di crisi delle scienze.
La verità è un concetto assolutamente obsoleto.
Come insegna Nietzche da subito è invece sulle falsità che bisogna ragionare, ovvero sulle bugie che ci raccontiamo in continuazione, che non aderiscono minimanete alla nostra verità, ossia alle effettive pratiche, alle azioni che facciamo.


Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 15:04:45 PM
Allo stesso modo, tu pensi che una limitazione del relativismo sarebbe un atto di umiltà, di modestia da parte del relativismo:
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:35:36 PMEssere un intellettuale relativista, come lo sei tu, a mio avviso dovrebbe anche comportare l'intelligenza di non portare a esiti estremi, ossia a essere vittima di una srategia, di uno strumento, come è quello del pensare relativo.
Bisogna avere l'umiltà di fermarsi un attimo prima. La pretesa di voler scardinare completamente ogni certezza dell'umano non ne è forse una sua più ultima tiranneggiante conclusione, e cioè fare della volontò di dominio sulle cose, il suo esito naturale: la distruzione dell'oggetto stesso dell'indagine. (in questo caso della nostra capacità di orientarci nel mondo).
Questa cosa che ti sto dicendo è presente in Heidegger, in  Severino.
Ma la modestia e l'umiltà non si ottengono concedendo certezze. Ogni certezza è sempre una pretesa, non è mai innocente.

Qui si aprirebbe un altro discorso: io non pretendo affatto di vietare agli altri di credere nelle loro certezze. Il problema nasce quando pretendono di presentarle a me. A quel punto io dico loro: "Senti, io mi autodistruggo con i miei dubbi e il mio relativismo, ma non pensare che il relativismo funzioni solo su di me. Quindi non sognarti di approfittarne per propormi le tue certezze: te le distruggerei in men che non si dica, così come distruggo in continuazione le mie".

Quando ero prete, per risolvere questo problema dal punto di vista della fede, facevo il paragone della fidanzata. Uno che è perdutamente innamorato della sua fidanzata può anche chiedere ai suoi amici di concedergli, per un attimo, di esternare la sua passione e dire: "La mia fidanzata è la più bella, al confronto di lei tutte le altre sono streghe". Subito dopo, quest'innamorato dirà: "Grazie di avermi concesso questo spazio: ho voluto esprimermi dall'interno del mio cuore: infatti so benissimo che anche per ciascuno di voi la sua fidanzata è la più bella". Ecco la compresenza di prospettive. Chiunque può chiedere che gli si conceda un attimo di spazio in cui esprimersi dall'intimo del proprio cuore, per esempio riguardo alla fede in Dio: "Il mio Dio è l'unico vero". Poi dirà a quelli delle altre religioni: "Grazie di avermi concesso questo spazio: capisco benissimo che anche per ciascuno di voi il suo Dio è l'unico vero".
Cioè, c'è una prospettiva interna, in cui ognuno chiarisce che intende parlare dal profondo dei suoi attaccamenti, e poi ce n'è una esterna, in cui ognuno si pone nei panni degli altri e si rende conto che tutto è relativo.
Il problema è quando l'innamorato, nel dire che la sua ragazza è la più bella di tutte, avanza la pretesa di star parlando non dalla sua prospettiva interna, ma da un punto di vista oggettivo: è così perché è così e non perché lo penso io. Ecco la pretesa, la presunzione, destinata a creare violenza oppure essere demolita dalla critica, dal dubbio.

Con tutto questo voglio dire che la relazione fruttuosa con gli altri non si ottiene moderando il relativismo: è una cosa che non avrebbe senso, non servirebbe affatto allo scopo. Il modo per costruire relazioni fruttuose c'è ed è quello di far capire espressamente, quando si parla, se si vuole parlare da una prospettiva interna (nel qual caso si può dire tutto quello che si vuole senza prestare il fianco ad alcuna critica), oppure da una prospettiva che prova a tener conto di quelle altrui.
Prendi per esempio giona2068, oppure Domingo94 o SaraM: il loro modo di parlare non creerebbe alcun problema se lo presentassero come desiderio di far conoscere agli altri la loro prospettiva interna. Il problema è che invece lo presentano come prospettiva esterna, oggettiva, è così perché è così e non perché lo penso io.

Come già ti dicevo il pensiero debole è il parto da una delle notazioni abissali di Nietzche, che Dio è morto.

Figuriamoci se non sono d'accordo, sono infatti d'accordissimo.

Forse mi sto sbagliando, ma il tuo discorso a me pare volersi soffermare non tanto sul fatto che la pratica del continuo mettere in discussione (in discussione con gli altri e se stessi, visto che le pratiche portano esperienze che ci cambiano, se sappiamo ascoltarle e valorizzarle, sempre in ottica relativa, per il momento etc...) sia corretta o meno, ma sul fatto che noi tutti necessitiamo a livello filosofico di una sorta di metodo, che ci prevenga comunque dal credere alle nostra supposta innocenza.

Il che vuol dire che per te ascoltare le rondini, ascoltare il vento fra gli alberi, rimanere nel silenzio, non sia possibile.

E invece sebbene in determinate situzioni sociali, il silenzio, il rumore esterno, possono risultare sgradevoli, se non proprio percepiti come nocivi, NONDIMENO, io faccio esperienza del canto delle rondini, del fruscio delle fronde, e del silenzio, e lo percepisco come altamente spirituale.

Dipende dunque dal contesto e non dal metodo se ciò che è esperito è valido, o meno. (è vero, parola abusata, o meno).

Il metodo serve al massimo a non credere che SEMPRE valga come cosa buona il silenzio etc....

Quindi onore al metodo, ma la mancanza di umiltà è a mio avviso quando è lo stesso metodo ad avanzare (una pretesa di verità) in qualsiasi contesto, in qualsiasi "occasione".

Sempre a mio avviso questo modo di procedere non è filosofia.

Quindi non siamo lontanissimi come pensiero, e come volontà di orientamente nel mondo, ma formando comunità cerchiamo ognuno all'altro di fornire spunti di riflessione.

Del tuo discorso prendo per buono, la questione dei limiti del metafisico, e per errato, la volontà di voler fare dell'analisi il perno centrale della vita.

In fin dei conti quel credente continuerà a credere che Dio esiste, e che la sua ragazza è la più bella del mondo. E io nella vita dovrò fare i conti drammatici con le sue credenze.

Non ci trovo niente di male perciò a che uno provi a diminuire le fonti di attrito.
Non mi pare che decidere che esista un funtore extratestuale (extra contestuale) sia un buon viatico.

Rimane solo il prendersi cura l'un l'altro, in base ai momenti e ai contesti.

Perciò magari fare credere agli altri la necessità di mettere sempre tutto in discussione, per evitare di cadere in trappola delle proprie fantasie, al di là del fatto che di per sè vorrebbe ammettere questa necessità, ma sopratutto, magari non serve in un determinato contesto, tipo il Sari, perchè lui è già una persona spirituale.

E questa necessità che ti sei posto (seppure meritevole in altri contesti), come vedi ha mal funzionato (col Sari).

Propongo che invece tu accetti che vi sia un contesto. Prima di introdurre nella discussione un metodo. ( e credo per quel poco che posso capire, che ho imparato a capire di te, che in effetti, in fin dei conti già lo fai, e tutto questa ultima parte in fin dei conti sia una conseguenza dell'argomento che era troppo generico).

Se sei di fronte ad una persona spirituale, non è molto meglio discutere direttamente delle cose pratiche della spiritualità (come il valore del silenzio, come e dove praticarlo) piuttosto che speculare eccessivamente sul preambolo.

Non cadresti anche tu in quel iper-specialismo di cui Kobayashi parlava (in altro 3d) che dovremmo tutti noi tanto evitare come la peste?

Non dovremmo sì capire il metodo (relativista) ma quantomeno nello stesso tempo fare uno sforzo di capire il contesto?

Avere in mente il fine. La filosofia in quanto filosofia, in quanto metodo, in quanto ragione sconnessa con il reale, è la cosa che più aborro.

Per questo ho chiamato in ballo l'umiltà. (una umiltà verso la vita, già precaria e sofferente, e non solo verso il metodo).

Spero sia più chiara dove sia la mia critica, e dove invece ci intendiamo sui preamboli.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 07 Gennaio 2018, 15:53:58 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Ascolta Sgiombo il monismo neutro riguardo il noumeno è il tuo unicorno.
Infatti non riesci a dimostrarlo. Lo assumi senza nessun tipo di ragione.
(ed è il problema aperto, su questo posso convenire, lasciato da Kant).
CitazionePerché il ragionamento filasse bisognerebbe che "unicorno" significasse "indimostrabile" (ma evidentemente non si tratta della definizione propria della lingua italiana nella quale parliamo).

Il fatto che non sia dimostrabile l' esistenza del noumeno (monistico "neutro") non significa che lo si debba necessariamente ì, inevitabilmente assumere senza nessun tipo di ragione.
E infatti personalmente lo assumo onde (per la ragione di cercare di) spiegare (e non: dimostrare, nemmeno queste essendo dimostrabili) alcune altre tesi di cui sono convinto, come l' esistenza di altre esperienze coscienti oltre la mia immediatamente avvertita, la possibilità di conoscenza scientifica vera del mondo (fenomenico) materiale naturale in generale (con la sua inevitabile intersoggettività), ciò che la scienza neurologica in particolare stabilisce circa le inevitabili corrispondenze fra esperienza cosciente ed eventi neurofisiologici cerebrali



Per quanto riguarda il dualismo dei fenomeni invece sono d'accordo con te.
(ma nel senso che là dove per te non si può dimostrare il trascendente (Ockam, Hume etc) , la res cogitans per me invece "esiste" solo in quanto coscienza, in termini trascendenti REALI, in quanto la conosco come reale: ossia appunto trascendente e non mentale.

CitazioneMi sembra un accordo poco o punto (o comunque assai limitatamente) reale.

Ma anche la res cogitans, esattamente come la res extensa (a prescindere da importanti differenze come l' intersoggettività, peraltro indimostrabile, e la misurabilità numerica di quest' ultima), per me esiste solo in quanto (contenuti di) coscienza e dunque in termini immanenti (=interni alla coscienza, che non vanno oltre di essa ovvero non sono rispetto ad essa trascendenti) reali (e la conosco in quanto reale ossia appunto fenomenica-mentale e non in quanto trascendente, non in quanto non fenomenica-mentale o noumenica o in sé: di essa, esattamente come della res extensa, "esse est percipi").

Reale =/= in sé (o noumenico): lo sono anche i fenomeni immanenti.

Reale =/= trascendente: lo sono anche i fenomeni immanenti.

Fenomenico =/= irreale ovvero non reale (casomai fenomenico =/= non reale in sé).

Fenomenico == immanente (e non trascendente) l' esperienza fenomenica cosciente.

A margine non rivolto a Sgiombo.
Il mentalista (duale o monista che sia) che invece presupponesse un trascendente "successivo" (al mentale) a mio avviso complica inutilmente le cose. Perchè è come se si cercasse quella forma materica (del mentale) su cui Dio incide, il che equivarrebbe allo step successivo (delirante) di trovare il Dio materico.
CitazioneIl trascendente il mentale, esattamente come il trascendente il materiale (ovvero il trascendente il fenomenico in generale) non può che essere in sé ovvero noumenico (congetturabile e non percepibile, non sensibilmente apparente) per definizione.
Quindi non é materia (la quale é fenomenica, immanente la coscienza), né a mio parere Dio (anche se in teoria potrebbe anche darsi che lo fosse, non é escluso necessariamente a priori che lo sia); per me é oggetto e soggetto (e in certi casi riflessivamente soggetto-oggetto) dell' esperienza fenomenica cosciente: ciò che fa sì che ogni volta che riapro gli occhi puntualmente (salvo cambiamenti secondo le leggi di natura) rivedo enti ed eventi fenomenici materiali che ho davanti (= essi tornano ad essere reali da irreali che erano stati quando li avevo chiusi), e che ne spiega l' intersoggettività; e che fa sì che ogni volta che rivolgo nuovamente l' attenzione a me stesso dopo che era cessata puntualmente ritrovo i miei (soggettivi) ricordi, i miei desideri, sentimenti, "stati d' animo", convinzioni, conoscenze, ragionamenti, ecc., ovvero me stesso, che fa sì che io stesso ritorni ad essere reale da irreale che ero stato allorché non mi sentivo (non accadevo realmente) fenomenicamente, (auto-) coscientemente come res cogitans.


Phil ognuno ha il suo unicorno, non è solo di questo forum ahimè.

CitazioneMa c' é anche chi, più o meno felicemente ha corna più o meno molteplici e ramificate!

Chiedo scusa a tutti per la battutaccia veramente ignobile, mi é scappata.

A mio avviso si crea un unicorno per via del fatto che Dio è morto, e la Tecnica inaridisce sempre di più il percetto, gli oggetti reali.
L'oggetto che non è più sacro, diviene oggetto reale: la mia previsione è che si va verso una scienza, e quindi una umanità il cui pensiero sarà monista.
E' per questo che negando gli unicorni delle persone, li vedo per quel che sono: gretti materialisti.(vabbè mi son fatto prendere dalla foga, ho messo tutti voi nel calderone, scusate) : O si torna al trascendente o si cade nel materialismo.
(necessità della metafisica).
CitazioneDi fatto mi pare di poter concordare che le cose stanno così in misura largamente e crescentemente preponderante nell' attuale mondo per lo meno occidentale.



Citazione

Il tuo unicorno ovviamente è il fondamento, visto che hai detto che per te è molto importante, e fine della filosofia.
Il che mi ha lasciato piuttosto perplesso, perchè mi stavo convincendo che tu usassi la critica linguistica per indicare in complesso il problema dell'agire del soggetto, dell'agire cioè, e non  del soggetto (o oggetto) in sè.
Ma chi è che indica il fondamento (o il suo problema)? Non è forse il soggetto?
E' vero che rimane a tutt'oggi aperto lo "statuto" sull'oggetto, osso su cui gli analitici competono per chi lo azzannna meglio: non ha soluzione, come lo stesso Kant ha ampiamente dimostrato.

CitazioneNon ha soluzione razionale pura, ma per Kant ne ha una razionale pratica (teistica, mi sembra, in sostanziale accordo con te).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 07 Gennaio 2018, 16:10:16 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 15:04:45 PM

Qui si aprirebbe un altro discorso: io non pretendo affatto di vietare agli altri di credere nelle loro certezze.
CitazionePerò pretendi di attribuire loro indebitamente e falsamente un' intolleranza verso gli altri!



Il problema nasce quando pretendono di presentarle a me.
CitazioneNessuno pretende che tu legga le sue proprie considerazioni, nel forum né altrove: dipende dalla tua eventuale disponibilità all' ascolto degli altri il farlo o meno (e infatti vedo che da molto tempo ignori le mie; e non pretendo affatto di impedirtelo).



A quel punto io dico loro: "Senti, io mi autodistruggo con i miei dubbi e il mio relativismo, ma non pensare che il relativismo funzioni solo su di me. Quindi non sognarti di approfittarne per propormi le tue certezze: te le distruggerei in men che non si dica, così come distruggo in continuazione le mie".
CitazionePerché mai non dovrei proporle a chiunque, fermo restando il diritto da me mai negato di chiunque di ignorarle?

(Per la cronaca, ritengo le mie proposte per nulla intaccate né indebolite dal tuo relativismo).

Quando ero prete, per risolvere questo problema dal punto di vista della fede, facevo il paragone della fidanzata. Uno che è perdutamente innamorato della sua fidanzata può anche chiedere ai suoi amici di concedergli, per un attimo, di esternare la sua passione e dire: "La mia fidanzata è la più bella, al confronto di lei tutte le altre sono streghe". Subito dopo, quest'innamorato dirà: "Grazie di avermi concesso questo spazio: ho voluto esprimermi dall'interno del mio cuore: infatti so benissimo che anche per ciascuno di voi la sua fidanzata è la più bella". Ecco la compresenza di prospettive. Chiunque può chiedere che gli si conceda un attimo di spazio in cui esprimersi dall'intimo del proprio cuore, per esempio riguardo alla fede in Dio: "Il mio Dio è l'unico vero". Poi dirà a quelli delle altre religioni: "Grazie di avermi concesso questo spazio: capisco benissimo che anche per ciascuno di voi il suo Dio è l'unico vero".
Cioè, c'è una prospettiva interna, in cui ognuno chiarisce che intende parlare dal profondo dei suoi attaccamenti, e poi ce n'è una esterna, in cui ognuno si pone nei panni degli altri e si rende conto che tutto è relativo.
Il problema è quando l'innamorato, nel dire che la sua ragazza è la più bella di tutte, avanza la pretesa di star parlando non dalla sua prospettiva interna, ma da un punto di vista oggettivo: è così perché è così e non perché lo penso io. Ecco la pretesa, la presunzione, destinata a creare violenza oppure ad essere demolita dalla critica, dal dubbio.
CitazioneIL problema non riguarda la filosofia in generale.

Né me in particolare, che non ho mai preteso (casomai a volte mi é capitato di temerlo) che gli altri fossro innamorati della donna di cui lo ero io, né mi sono mai sognato di imporre con la forza la mia fede religiosa quando l' avevo né tantomeno le mie convinzioni filosofiche (per la cronaca, dati i diffusissimi pregiudizi falsi in materia, nemmeno Giuseppe Stalin l' ha mai fatto: combattere -anche, giustamente- con la violenza e la coercizione il potere temporale della chiesa =/= =/= =/= combattere con la violenza e la coercizione la fede religiosa!).

Con tutto questo voglio dire che la relazione fruttuosa con gli altri non si ottiene moderando il relativismo: è una cosa che non avrebbe senso, non servirebbe affatto allo scopo. Il modo per costruire relazioni fruttuose c'è ed è quello di far capire espressamente, quando si parla, se si vuole parlare da una prospettiva interna (nel qual caso si può dire tutto quello che si vuole senza prestare il fianco ad alcuna critica), oppure da una prospettiva che prova a tener conto di quelle altrui.
Prendi per esempio giona2068, oppure Domingo94 o SaraM: il loro modo di parlare non creerebbe alcun problema se lo presentassero come desiderio di far conoscere agli altri la loro prospettiva interna. Il problema è che invece lo presentano come prospettiva esterna, oggettiva, è così perché è così e non perché lo penso io.
CitazioneNon crea nessun problema a chi non sia intollerante, dal momento che costoro non pretendono (stando a quel poco che ne ho letto) di imporre le loro tesi (per me per lo più errate e false) con la forza a chichessia:

Relativismo =/= tolleranza

Negazione del relativismo =/ da intolleranza.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 16:13:09 PM
green demetr, io apprezzo infinitamente il canto degli uccelli e la bellezza dei fiori. Posso fare questo e nel contempo tener presente la prospettiva critica grazie al metodo della bicicletta: non esiste e non deve esistere una prospettiva unica: ci si muove in continuazione tra più prospettive e si prova anche a porle in dialogo.

Riguardo ai risultati pratici di ciò, è chiaro che non si può mai essere certi di aver adottato la prospettiva migliore nel momento giusto. Non sono certo il tipo che si blocca in esigenze di coerenza ferrea, anche se qualche volta ci sono cascato. Da prete mi è accaduto di essere costretto a dare la comunione a persone dichiaratamente atee, su loro serissima richiesta, la situazione mi richiedeva di adattarmi e mi sono adattato. Ma, come dicevo, si può sempre avanzare il dubbio se non fosse stato meglio adottare criteri diversi. Anche a Gesù si potrebbe sollevare quest'obiezione: a volte fu troppo duro, non avrebbe fatto meglio a cercare di capire la situazione? Altre volte fu troppo accondiscendente, venendo così preso per complice disonesto e incoerente. Ma questo non è altro che l'effetto normale dell'inserirsi nella storia: ci si prende le responsabilità e ci si butta; se si trova che si poteva fare diversamente, o comunque meglio, si vede se si può riparare, oppure si vedrà la volta successiva. Ma anche in questi casi resterà il dubbio se in realtà è stato bene fare in quel modo.
Proprio questo dimostra la nostra situazione umana di fronte alle scelte, riguardo al fatto che non esistono criteri oggettivi, non ci sono fondamenti per le nostre scelte e trovo che sia tempo sprecato cercarli: si vive di tentativi, di assunzione di responsabilità, lavoro su sé stessi e sul mondo. La mentalità del tentativo predispone al mettersi in discussione; la mentalità del fondamento mi pare che renda molto più difficile la messa in questione di ciò che viene ritenuto fondamento, anche se si tratta di fondamento non assoluto.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 07 Gennaio 2018, 16:13:30 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 15:11:15 PM
Da precisare che a questo scopo non basta premettere "secondo me" per presentarsi come prospettiva interna: se uno dice "Secondo me il mio Dio è l'unico vero", ciò può anche significare che quella persona sta ritenendo la sua opinione una verità oggettiva. Allora il "secondo me" non relativizza niente. È necessario esprimere con chiarezza l'essere consapevoli della limitatezza della propria prospettiva.
CitazioneAgli ordini, capo!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 07 Gennaio 2018, 17:20:06 PM
primo capitolo (di tre)  Sgiombo

cit

"Il fatto che non sia dimostrabile l' esistenza del noumeno (monistico "neutro") non significa che lo si debba necessariamente ì, inevitabilmente assumere senza nessun tipo di ragione.
E infatti personalmente lo assumo onde (per la ragione di cercare di) spiegare (e non: dimostrare, nemmeno queste essendo dimostrabili) alcune altre tesi di cui sono convinto, come l' esistenza di altre esperienze coscienti oltre la mia immediatamente avvertita, la possibilità di conoscenza scientifica vera del mondo (fenomenico) materiale naturale in generale (con la sua inevitabile intersoggettività), ciò che la scienza neurologica in particolare stabilisce circa le inevitabili corrispondenze fra esperienza cosciente ed eventi neurofisiologici cerebrali"

Si ok.

Ma infatti unicorno nel senso proprio che c'è un bisogno tutt'altro che scientifico.
Ammettere la possibilità di coscieze extra-umane, extra-soggettive, è uno di questi bisogni. (penso al Pierini per esempio, o a chi crede fermamente negli ufo).
Rimarrebbe da analizzare il bisogno. (depressione per Pierini e schizofrenia spesso per chi crede negli ufo, schizofrenia e depressione non nel senso medico).
Non è questo il 3d. Io per esempio non sento questo problema, ma alla Sorbona ci stanno lavorando, in generale si parla di transumanesimo, mi pare, ma ok sto divagando.

"Ammettere la possibilità di conoscenza reale": ma infatti per me il noumeno è inconoscibile ma inferenzialmente necessario. (lo so per te indimostrabile anche l'inferenza, siamo in disaccordo). Per via di questo disaccordo anche qui non ho quel bisogno.

E' sul terzo punto che per la prima volta ammetto che adotto la tua soluzione :-[, e che vorrei tanto confrontarmi con essa:

"Inevitabili corrispondenze fra esperienza cosciente ed eventi neurofisiologici cerebrali": a mio parere la coscienza non è noumenica mentale, come già detto, comunque quest'ultimo punto, se vero fisicamente, è il mio più problematico, e infatti sono portato a pensare come mi hai insegnato tu che vi deve essere (questa volta veramente indimostrabilmente) una coincidenza fra noumenico e coscienza. Ossia non mi spiegherei proprio la trascendenza, se fosse mentale (fenomenica e basta).
Cosa che però mi angoscia terribilmente.
Perchè ovviamente comporterebbe ammettere che la stessa coscienza ha a che fare con il noumenico e potrebbe benissimo essere che sia Dio, ma anche che sia solo materia determinata.
E invece il concetto di trascendente idealista si riferisce proprio all'indeterminazione. Per poter essere accomunata a Dio. (sarebbe una minaccia alle religioni in toto).
La spiegazione del perchè fenomenico mentale possa essere anche altro, rispetto ad un noumenico meramente materiale, mi sembra da ritrovare perciò quella che hai ideato tu, qualcosa che non dimostrabilmente coincide dal regno del noumenico potenziale, e quindi indeterminato, a quello determinato foss'anco materiale (e così salviamo anche le neuroscienze dalla loro minaccia riduzionista).

conclusioni al capitolo 1: 

L' abbassamento di guardia nel credere che vi sia una coscienza ideale , psicologicamente si riverserebbe nella credenza che la coscienza sia pura mente, materiale.
Più ancora: che la coscienza sia manipolabile! Ed è questo il vero fantasma che mi atterisce.
(è per questo che Pierini e Paul hanno ideato una sorta di controfantasma, un antidoto a questo dubbio che ci instilla la scienza).
In questo tu sei più lucido, perchè gli ricordi che questo controfantasma è pura metafisica, e assolutamente un di più di cui si può fare benissimo a meno.
(e ahimè concordo, quindi i loro unicorni, sono ancora più "unicorni" per me)

Purtroppo pur adottando la tua soluzione, la sento come debole. (lo sento come un unicorno, un unicrono più sano e fiero, ma comunque un unicorno, e gli unicorni sono vittime dei fantasmi proiettati dalla scienza, che comunque rimangono fantamsi, in questo hume ci ha salvato).

Ovviamente non escludo (spero  ;D ) che quello che raccontano i neuroscienziati sia una grossa cantonata di dimensioni epiche. (dovrei prima o poi interessarmi un pò meglio).

andiamo al secondo capitolo sgiombo

cit
"Mi sembra un accordo poco o punto (o comunque assai limitatamente) reale."
e perchè?  ;)  a parte la differenza che non ammetti il trascendente come reale, il resto siamo d'accordo, perchè il trascendente non riguarda gli oggetti, ma DIO.
E DIO non è un oggetto.

cit
"Reale =/= in sé (o noumenico): lo sono anche i fenomeni immanenti."

Non ho capito tanto: se intendi dire che il reale non è il reale in sè, ma piuttosto il suo contenuto fenomenico siamo d'accordo

cit
"Reale =/= trascendente: lo sono anche i fenomeni immanenti."

Idem anche per me il trascendente è un contenuto del fenomeno, di quel fenomeno particolare che chiamo soggetto.  E il soggetto è per me reale, mentre per te no.
Però come vedi siamo d'accordo sul fatto che il contenuto (non dimostrabile in sè) è fenomenico.

cit
"Fenomenico =/= irreale ovvero non reale (casomai fenomenico =/= non reale in sé)."

Si concordiamo per tutto quello detto sopra. Il fenomeno esiste (indagabile scientificiamente) pur non essendo il reale.

capitolo 3 sgiombo

cit
"Il trascendente il mentale, esattamente come il trascendente il materiale (ovvero il trascendente il fenomenico in generale) non può che essere in sé ovvero noumenico (congetturabile e non percepibile, non sensibilmente apparente) per definizione."

Certo  :) , io uso la parola kantiana trascendentale per il tuo trascendente, mentre per trascendente, uso il mentale riferito a Dio (che non è noumeno), cioè siamo d'accordo sul generale, ma non nella forma particolare.
Nota a margine.
Al contrario di Husserl io non sento la forma come potenza che emana dall'noumenico dell'oggetto, ma dal noumenico mentale, che è ispirato da Dio.
E' solo dal noumenico mentale, che desumo la potenza del noumenico dell'oggetto.
E non viceversa come il movimento transumanista cerca di argomentare.(credo)
Ovviamente la scienza indaga il potenziale del noumenico dell'oggetto senza curarsi della potenzialità in sè, e delle sue trascendenze o tracendentalità, ossia indaga il fenomeno senza curarsi degli effetti destinali di questa indagine.(seppure qualche avvertenza per l'uso ce la mette dentro di tanto in tanto, vedi il caso italiano dell'amianto, ma sto divagando).

cit
"Di fatto mi pare di poter concordare che le cose stanno così in misura largamente e crescentemente preponderante nell' attuale mondo per lo meno occidentale."

grazie   :D


cit
"Non ha soluzione razionale pura, ma per Kant ne ha una razionale pratica (teistica, mi sembra, in sostanziale accordo con te)."

Si giusta aggiunta  :) . (non so se teistica, ma è probabile). 

alle prossime
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 07 Gennaio 2018, 17:33:50 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 16:13:09 PM
green demetr, io apprezzo infinitamente il canto degli uccelli e la bellezza dei fiori. Posso fare questo e nel contempo tener presente la prospettiva critica grazie al metodo della bicicletta: non esiste e non deve esistere una prospettiva unica: ci si muove in continuazione tra più prospettive e si prova anche a porle in dialogo.

Riguardo ai risultati pratici di ciò, è chiaro che non si può mai essere certi di aver adottato la prospettiva migliore nel momento giusto. Non sono certo il tipo che si blocca in esigenze di coerenza ferrea, anche se qualche volta ci sono cascato. Da prete mi è accaduto di essere costretto a dare la comunione a persone dichiaratamente atee, su loro serissima richiesta, la situazione mi richiedeva di adattarmi e mi sono adattato. Ma, come dicevo, si può sempre avanzare il dubbio se non fosse stato meglio adottare criteri diversi. Anche a Gesù si potrebbe sollevare quest'obiezione: a volte fu troppo duro, non avrebbe fatto meglio a cercare di capire la situazione? Altre volte fu troppo accondiscendente, venendo così preso per complice disonesto e incoerente. Ma questo non è altro che l'effetto normale dell'inserirsi nella storia: ci si prende le responsabilità e ci si butta; se si trova che si poteva fare diversamente, o comunque meglio, si vede se si può riparare, oppure si vedrà la volta successiva. Ma anche in questi casi resterà il dubbio se in realtà è stato bene fare in quel modo.
Proprio questo dimostra la nostra situazione umana di fronte alle scelte, riguardo al fatto che non esistono criteri oggettivi, non ci sono fondamenti per le nostre scelte e trovo che sia tempo sprecato cercarli: si vive di tentativi, di assunzione di responsabilità, lavoro su sé stessi e sul mondo. La mentalità del tentativo predispone al mettersi in discussione; la mentalità del fondamento mi pare che renda molto più difficile la messa in questione di ciò che viene ritenuto fondamento, anche se si tratta di fondamento non assoluto.

Ma sì, non ho mai pensato che tu anteponessi il metodo alla vita, vedo che comunque è per te importante a livello filosofico, tenere sempre il metodo in prima vista.

Ovviamente non credo che tu sia tanto arrogante come Sgiombo e Sari dicono (ma scommetto che pure per loro è solo per amore di argomentazione) ma il pericolo di sembrarlo è reale.

Comunque alla fine ci mancherebbe rispetto questa tua priorità. (il pericolo voglio dire non è reale, se lo fosse, non faresti tanti altri discorsi che invece indicano grande umanità).

ciao  ;)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 07 Gennaio 2018, 18:10:14 PM
Quella di vedermi attribuita arroganza è una reazione che riscontro abitualmente.

Non nego di giocare col linguaggio, a volte mi autogiustifico pensando che i potenti del mondo massificano la gente con violenza, senza farsi alcuno scrupolo, perciò è bene che io non mi tiri troppo indietro; anche Gesù, che si presentò come agnello mansueto, ebbe a volte parole taglienti e non possiamo certo pensare che non ne fosse consapevole.

A parte questo, mi sembra comunque che la percezione di vedersi messe in questione le proprie certezze possa comprensibilmente suscitare un sentirsi oggetto di arroganza.

C'è un criterio di fondo che tengo presente a me stesso e magari non esplicito sempre: tutto ciò che io dico si può considerare come nient'altro che appello alle sensibilità altrui. In questo senso qualsiasi mia affermazione di forma categorica è solo espressione di una sensibilità mia che fa appello a quella altrui, non una fede incrollabile o una certezza indiscutibile.

Si potrebbe anche tener presente che ciò che conta è la disponibilità o meno ad argomentare. Di fronte alla forza dell'argomentare non esistono arroganze che tengano: di fronte all'argomentare, sia l'arrogante che l'offeso hanno solo due possibilità:

1) possono offendere/ritenersi offesi
2) possono contro-argomentare.

Se uno dei due decide di offendere/dirsi offeso, vuol dire che almeno una delle due parti non ha saputo argomentare. A questo punto non è difficile verificare in quale parte si trovi la mancanza: basta vedere chi è che argomenta e chi no.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 07 Gennaio 2018, 19:48:53 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Il tuo unicorno ovviamente è il fondamento, visto che hai detto che per te è molto importante, e fine della filosofia.
Veramente per me è importante al punto che è l'inizio della filosofia (attuale...)  ;)

Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Ma chi è che indica il fondamento (o il suo problema)? Non è forse il soggetto?
Certo, per quello il problema del soggetto è fondamentale, oltre che fondante.

Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Ma non è permettimi, che siccome il mondo è diventato un piatto freddo servito di utensili e balocchi, si cerchi in questa domanda qualcosa che si eviti di prendersi il piatto freddo, così com'è, e ci si aggiunga un pò di fantasticheria: ma sempre nei paraggi del piatto freddo siamo.
Direi che interrogarsi sul fondamento è proprio interrogarsi sulla freddezza del piatto, o meglio ancora, sul palato che giudica il piatto come freddo (ovvero sul soggetto. Uso il singolare, ma in verità dovrei ogni volta usare il plurale, riferito ai differenti soggetti che ognuno di noi è, con le sue precomprensioni, le sue eredità, etc.).

Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Per quanto riguarda la tua spiegazione riguardo i fondamenti dello zero, e dell'infinito, ne hai dato delle definizioni relazionali.

Ma la relazione non è il fondamento come Angelo ha ben spiegato.
Il fondamento ontologico magari no, ma il fondamento logico non può che essere relazionale (dei termini logici coinvolti nella relazione), così come si addice anche ad una definizione (che ricombina il noto per identificare l'ignoto).

Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Infinito è Dio (i greci avevano terrore dell'infinito).
Ossia l'infinito è il terrore stesso.
Zero è Dio, è l'originario, è ciò che viene prima di qualsiasi ordine di discorso (alchimia araba).
Soprassedendo sul metafisico (oggi non voglio fare il turista in quel vocabolario arché-ologico  ;D ) più che "l'infinito è il terrore stesso", direi che "l'infinito è l'idea con cui il finito addomestica, esorcizzandolo, il terrore del suo limite mortale".
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 07 Gennaio 2018, 21:41:13 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 17:20:06 PM
primo capitolo (di tre)  Sgiombo


"Ammettere la possibilità di conoscenza reale": ma infatti per me il noumeno è inconoscibile ma inferenzialmente necessario. (lo so per te indimostrabile anche l'inferenza, siamo in disaccordo). Per via di questo disaccordo anche qui non ho quel bisogno.

E' sul terzo punto che per la prima volta ammetto che adotto la tua soluzione :-[, e che vorrei tanto confrontarmi con essa:

"Inevitabili corrispondenze fra esperienza cosciente ed eventi neurofisiologici cerebrali": a mio parere la coscienza non è noumenica mentale, come già detto, comunque quest'ultimo punto, se vero fisicamente, è il mio più problematico, e infatti sono portato a pensare come mi hai insegnato tu che vi deve essere (questa volta veramente indimostrabilmente) una coincidenza fra noumenico e coscienza. Ossia non mi spiegherei proprio la trascendenza, se fosse mentale (fenomenica e basta).
Cosa che però mi angoscia terribilmente.
Perchè ovviamente comporterebbe ammettere che la stessa coscienza ha a che fare con il noumenico e potrebbe benissimo essere che sia Dio, ma anche che sia solo materia determinata.
E invece il concetto di trascendente idealista si riferisce proprio all'indeterminazione. Per poter essere accomunata a Dio. (sarebbe una minaccia alle religioni in toto).
La spiegazione del perchè fenomenico mentale possa essere anche altro, rispetto ad un noumenico meramente materiale, mi sembra da ritrovare perciò quella che hai ideato tu, qualcosa che non dimostrabilmente coincide dal regno del noumenico potenziale, e quindi indeterminato, a quello determinato foss'anco materiale (e così salviamo anche le neuroscienze dalla loro minaccia riduzionista).
CitazioneSecondo me la coscienza é interamente fenomenica, costituita unicamente da apparenze sensibili; queste si distinguono in materiali e mentali (extensae e cogitantes, comunque tutte fenomeniche-coscienti).
Ciò che dicono le neuroscienze é secondo me, a considerarlo bene, semplicemente che per ogni determinato cervello funzionante in un determinato modo (costituito da determinati eventi neurofisiologici; esclusi quelli di quando si sogna senza sogni o si é in coma) esiste un determinato stato cosciente** (non compreso fra quelli delle esperienze coscienti ovvero delle coscienze*) nelle quali accade almeno potenzialmente (può accadere) l' osservazione di tale determinato cervello, diverso da questi*.
Il fatto di postulare indimostrabilmente enti ed eventi in sé o noumenici a tutto ciò non costituisce per me motivo di angoscia.
Anche perché sul noumeno sono monista neutro: non é né mentale ovvero "spirituale" (divino o altrimenti), né materiale, anche perché sia tutto ciò che é mentale sia tutto ciò che é materiale é apparente alla coscienza, dunque inevitabilmente fenomenico.
Quello stesso "qualcosa di in sé" che fenomenicamente appare a se stesso (soggetto-oggetto riflessivamente di sensazioni coscienti) come pensiero, come determinati fenomeni mentali (res cogitans), invece ad altri analoghi soggetti, diversi da quel particolare soggetto stesso di cui stiamo parlando, soggetti per i quali esso é unicamente oggetto (e non anche riflessivamente soggetto) di sensazioni coscienti, appare fenomenicamente come determinarti fenomeni materiali (res extensa: determinati venti neurofisiologici in un determinato cervello).



conclusioni al capitolo 1:

L' abbassamento di guardia nel credere che vi sia una coscienza ideale , psicologicamente si riverserebbe nella credenza che la coscienza sia pura mente, materiale.
Più ancora: che la coscienza sia manipolabile! Ed è questo il vero fantasma che mi atterisce.

CitazionePerò incontrovertibilmente alcool, caffeina e tantissime altre droghe psicotrope (come anche traumi e interventi chirurgici sul cervello), modificando artificialmente il funzionamento dei cervelli ai quali si applicano, sono accompagnati da determinate (non casuali, non irrelate a tali eventi cerebrali) mutazioni nelle esperienze coscienti ai rispettivi cervelli corrispondenti.



andiamo al secondo capitolo sgiombo

cit
"Mi sembra un accordo poco o punto (o comunque assai limitatamente) reale."
e perchè?  ;)  a parte la differenza che non ammetti il trascendente come reale, il resto siamo d'accordo, perchè il trascendente non riguarda gli oggetti, ma DIO.
E DIO non è un oggetto.
CitazioneTrascendente per me é ciò che non é immanente all' esperienza cosciente, cioè che non é fenomeno, cioè é noumeno.
Per questo (se c' é realmente) se ne può parlare "a tentoni" e senza alcuna certezza, ma non lo si può percepire.
Indimostrabilmente credo che noumeno siano sia i soggetti che gli oggetti delle sensazioni fenomeniche coscienti (come sopra chiarito; e questo per spiegare le correlazioni fra diverse esperienze fenomeniche coscienti e l' intersoggettività delle loro componenti materiali; in alternativa a una comunque altrettanto teoricamente possibile e non dimostrabile né confutabile sorta di "leibniziana armonia prestabilita", che arbitrariamente, irrazionalmente avverto come meno soddisfacente); ma di per sé potrebbe anche trattarsi, "a la Berkeley", di Dio o di quant' altro.
Ma Dio per le religioni rivelate, se non direttamente manifestarsi (su questa terra; comunque lo fa invece in Paradiso: vedi anche Dante) come oggetto di percezione ("contemplazione" da parte dei beati), comunque per lo meno comunica fenomenicamente con gli uomini (per l' appunto rivela loro le verità di fede).



cit
"Reale =/= in sé (o noumenico): lo sono anche i fenomeni immanenti."

Non ho capito tanto: se intendi dire che il reale non è il reale in sè, ma piuttosto il suo contenuto fenomenico siamo d'accordo.
CitazionePer me reali, "in diverso modo", sono sia i fenomeni (materiali e mentali), sia il noumeno.



cit
"Reale =/= trascendente: lo sono anche i fenomeni immanenti."

Idem anche per me il trascendente è un contenuto del fenomeno, di quel fenomeno particolare che chiamo soggetto.  E il soggetto è per me reale, mentre per te no.
Però come vedi siamo d'accordo sul fatto che il contenuto (non dimostrabile in sè) è fenomenico.
CitazioneQui non ci capiamo.
Per me il trascendente é il noumeno, che non é contenuto nel fenomeno, altrimenti sarebbe (parte del) fenomeno (stesso), ma può essere soggetto e/o oggetto (reali; anche se non lo si può dimostrare: lo credo per fede) dei fenomeni ovvero delle sensazioni coscienti.



cit
"Fenomenico =/= irreale ovvero non reale (casomai fenomenico =/= non reale in sé)."

Si concordiamo per tutto quello detto sopra. Il fenomeno esiste (indagabile scientificiamente) pur non essendo il reale.
CitazionePur non essendo il reale in sé, pur non essendo il noumeno.



capitolo 3 sgiombo

cit
"Il trascendente il mentale, esattamente come il trascendente il materiale (ovvero il trascendente il fenomenico in generale) non può che essere in sé ovvero noumenico (congetturabile e non percepibile, non sensibilmente apparente) per definizione."

Certo  :) , io uso la parola kantiana trascendentale per il tuo trascendente, mentre per trascendente, uso il mentale riferito a Dio (che non è noumeno), cioè siamo d'accordo sul generale, ma non nella forma particolare.
Nota a margine.
Al contrario di Husserl io non sento la forma come potenza che emana dall'noumenico dell'oggetto, ma dal noumenico mentale, che è ispirato da Dio.
E' solo dal noumenico mentale, che desumo la potenza del noumenico dell'oggetto.
E non viceversa come il movimento transumanista cerca di argomentare.(credo)

CitazioneTi seguo con difficoltà
Ma mi sembra di cogliere più che un' affinità con Berkeley e al limite in qualche misura anche con Malebranche (ma potrei fraintenderti).

Ovviamente la scienza indaga il potenziale del noumenico dell'oggetto senza curarsi della potenzialità in sè, e delle sue trascendenze o tracendentalità, ossia indaga il fenomeno senza curarsi degli effetti destinali di questa indagine.(seppure qualche avvertenza per l'uso ce la mette dentro di tanto in tanto, vedi il caso italiano dell'amianto, ma sto divagando).
CitazioneD' accordo; e non é un caso solo italiano.

P. S.: E' per me di rande soddisfazione constatare che, dopo acerrime polemiche e profonde incomprensioni, stiamo cominciando a comprenderci (non necessariamente a concordare, se non limitatamente, ma questo mi importa meno).

Confido che questo mi possa accadere prima o poi anche a proposito di altri interlocutori del forum con cui purtroppo mi trovo in rapporti molto simili a quelli che intercorrevano fra me e te fino a qualche tempo fa.

Ma bando ai buonismi!

Grazie e alla prossima!


Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 07 Gennaio 2018, 21:46:23 PM
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2018, 19:48:53 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Il tuo unicorno ovviamente è il fondamento, visto che hai detto che per te è molto importante, e fine della filosofia.
Veramente per me è importante al punto che è l'inizio della filosofia (attuale...)  ;)
Ah ecco!  :D  avevo travisato

Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2018, 19:48:53 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Ma chi è che indica il fondamento (o il suo problema)? Non è forse il soggetto?
Certo, per quello il problema del soggetto è fondamentale, oltre che fondante.

Esatto!

Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2018, 19:48:53 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Ma non è permettimi, che siccome il mondo è diventato un piatto freddo servito di utensili e balocchi, si cerchi in questa domanda qualcosa che si eviti di prendersi il piatto freddo, così com'è, e ci si aggiunga un pò di fantasticheria: ma sempre nei paraggi del piatto freddo siamo.
Direi che interrogarsi sul fondamento è proprio interrogarsi sulla freddezza del piatto, o meglio ancora, sul palato che giudica il piatto come freddo (ovvero sul soggetto. Uso il singolare, ma in verità dovrei ogni volta usare il plurale, riferito ai differenti soggetti che ognuno di noi è, con le sue precomprensioni, le sue eredità, etc.).

Si è vero, non ci avevo pensato.

Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2018, 19:48:53 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Per quanto riguarda la tua spiegazione riguardo i fondamenti dello zero, e dell'infinito, ne hai dato delle definizioni relazionali.

Ma la relazione non è il fondamento come Angelo ha ben spiegato.
Il fondamento ontologico magari no, ma il fondamento logico non può che essere relazionale (dei termini logici coinvolti nella relazione), così come si addice anche ad una definizione (che ricombina il noto per identificare l'ignoto).
[/size]

A patto che il fondamento sia l'inizio, e che il soggetto sia fondante ovviamente sì.
Anche per me la relazione (in particolare la semiosi di Peirce) è fondamentale.
Non ho mai pensato che fosse però il fondamento (sebbene il soggetto di fatto sia una "proprietà della relazion.


Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2018, 19:48:53 PM
Citazione di: green demetr il 07 Gennaio 2018, 14:23:14 PM
Infinito è Dio (i greci avevano terrore dell'infinito).
Ossia l'infinito è il terrore stesso.
Zero è Dio, è l'originario, è ciò che viene prima di qualsiasi ordine di discorso (alchimia araba).
Soprassedendo sul metafisico (oggi non voglio fare il turista in quel vocabolario arché-ologico  ;D ) più che "l'infinito è il terrore stesso", direi che "l'infinito è l'idea con cui il finito addomestica, esorcizzandolo, il terrore del suo limite mortale".
[/quote]


Si non importa che tu non sia un metafisico, questo lo posso accettare  ;)
Elegante la riformulazione anti-metafisica.  ;)  :)
Ci sta eccome!

Alle prossime incomprensioni  ;)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: green demetr il 07 Gennaio 2018, 22:26:20 PM
cit Sgiombo
"Ti seguo con difficoltà
Ma mi sembra di cogliere più che un' affinità con Berkeley e al limite in qualche misura anche con Malebranche (ma potrei fraintenderti)."

Non te so lo dire, di Berkley all'università ne hanno parlato solo in termini "atei". Approfondirò.

No ok fai fatica a capirmi perchè credevo che intendevi il contenuto del fenomeno come trascendente e
invece è il noumeno stessk ad esserlo.  :-[
Trascendentale in Kant vuol dire che il fenomeno tende ad essere noumeno, senza mai poterlo raggiungere. Quindi non è un gran problema aggiustare le posizioni.
Si tratta di mettere in chiaro qualche termine, ma mi pare di seguirti.
(ma siamo sempre qua a chiarirci, mi spiace che gli altri non ti seguano.  :'( )

A riguardo delle mie angosce, credo che mi stai aiutando, sostanzialmente tu poni giustamente l'attenzione sul fenomeno, e sul suo carattere peculiare con il noumenico. Di modo da mantenere aperta la via della scienza. Cosa che è ovviamente è utile sia per difendere alcune posizioni (di fede) sia di trovare quel famoso metodo, cha a tutt'oggi si fa fatica a trovare, per unire scienza e filosofia.

cit
"Però incontrovertibilmente alcool, caffeina e tantissime altre droghe psicotrope (come anche traumi e interventi chirurgici sul cervello), modificando artificialmente il funzionamento dei cervelli ai quali si applicano, sono accompagnati da determinate (non casuali, non irrelate a tali eventi cerebrali) mutazioni nelle esperienze coscienti ai rispettivi cervelli corrispondenti."

Certo poichè per te la coscienza è interamente fenomenica! A mio parere però esiste qualcosa che non può essere toccato a livello di coscienza più a contatto con Dio.(che non è il noumeno)
nota a margine
Dio trascende in quanto attiva la sua ricezione nella coscienza.Quindi ne è compartecipe.

In questo senso non ho problema con caffeina e altri stimolanti di serotonina.


Ora non avendo mai provato droghe psicotrope non so dire se pure quell'area è possibile attivarla, quella del contatto divino. Sebbene per esempio le esperienze sciamaniche lo testimoniano.

In effetti non dovrebbe essere un gran problema (ai fini dell'esistenza divina).

Non so, devo lavorare su di me per capire da dove deriva questa angoscia.

Forse è un semplice attacco di panico.


Grazie sgiombo  :)
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: davintro il 08 Gennaio 2018, 00:22:09 AM
Apeiron scrive: 

"personalmente la mia opinione non è molto distante dalla tua (e quindi anche dall'opinione di viator). Ovvero che ci sia qualcosa che renda il gatto "gatto", il cane "cane", l'uomo "uomo" ma la chiamerei "forma" e lascerei il termine "anima" a ciò che può essere considerato "senziente" (il che è piuttosto difficile da stabilire). Per quanto riguarda lo spirito personalmente ritengo ciò la "concettualizzazione" della nostra facoltà di speculare, distinguere il bene e il male"


solo per precisare che sono d'accordo con questo appunto: l'anima la vedo come una particolare determinazione della forma, la forma costituente l'essenza degli esseri viventi, dunque una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione, ma non tutte le forme sono anime, la pietra ha una forma, ma non ha un'anima, in quando non vi è in essa una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito. Concordando con la classificazione aristotelica, non riduco l'anima alla vita "senziente" che comunemente si attribuisce esclusivamente agli animali, ma ogni ad ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante.

Certamente il tema della forma si lega a quello dell'identità personale, ma più in generale al tema dell'individualità, forma infatti è ciò che delimita, supera l'indeterminatezza a cui le cose resterebbero se fossero solo mera materia ed estensione spaziale: ciò che ha un'individualità, la ha in quanto ha una forma che unisce, fisicamente e non solo, determinando una tendenza unitiva opposta a quella dispersiva, che consente di parlare di individualità (cioè non-divisibilità). Ma unire implica delimitare, e a livello semantico, ciò vuol dire che la forma delle cose è ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro. E questa logica fissa immanente allo sviluppo ne costituisce anche il fattore individualizzante, perché unificante, l'essenza che resta tale indipendentemente dalla molteplicità degli stadi in cui lo sviluppo si attua, e che dunque "unisce" nel senso di essere l'elemento presente in tutte le fasi
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Angelo Cannata il 08 Gennaio 2018, 01:25:28 AM
Dopo Aristotele ne sono passati di secoli, ne sono venuti di filosofi, gliene sono state fatte di critiche! Come si può pensare di adottare oggi di peso la mentalità aristotelica, come se dopo di lui non fosse successo nulla? Come si può parlare di anima, forma, potenzialità, classificazioni, senso, come se fossero concetti chiari, scontati, utilizzabili in tutta tranquillità? A me sembra che ciò sarebbe possibile solo

- facendo finta che la filosofia di Aristotele sia tranquilla e non incorra in un mare di critiche,

- oppure facendo finta che esistano risposte definitive a queste critiche, in grado di reggere stabilmente,

- oppure ignorando effettivamente tutto ciò che è venuto dopo Aristotele, e quindi non ci sarebbe un far finta, ma un non sapere.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 08 Gennaio 2018, 23:08:45 PM
Si parla di metafisica classica, di forma immanente, etc., e per ironia del destino, oggi è stato pubblicato questo fumetto:
http://existentialcomics.com/comic/219
;D
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: davintro il 09 Gennaio 2018, 00:53:58 AM
Citazione di: Phil il 08 Gennaio 2018, 23:08:45 PMSi parla di metafisica classica, di forma immanente, etc., e per ironia del destino, oggi è stato pubblicato questo fumetto: http://existentialcomics.com/comic/219 ;D

molto divertente!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 09 Gennaio 2018, 08:58:05 AM
Citazione di: davintro il 08 Gennaio 2018, 00:22:09 AM
l'anima la vedo come una particolare determinazione della forma, la forma costituente l'essenza degli esseri viventi, dunque una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione, ma non tutte le forme sono anime, la pietra ha una forma, ma non ha un'anima, in quando non vi è in essa una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito. Concordando con la classificazione aristotelica, non riduco l'anima alla vita "senziente" che comunemente si attribuisce esclusivamente agli animali, ma ogni ad ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante.

la forma delle cose è ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro. E questa logica fissa immanente allo sviluppo ne costituisce anche il fattore individualizzante, perché unificante, l'essenza che resta tale indipendentemente dalla molteplicità degli stadi in cui lo sviluppo si attua, e che dunque "unisce" nel senso di essere l'elemento presente in tutte le fasi

Oggi é scientificamente dimostrato che il ruolo qui (seguendo Aristotele) attribuito al' "anima" intesa come

"una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione", "una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito", propria di "ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante", "ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto,  e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro"

é di fatto svolo dal genoma, ma del tutto meccanicisticamente, in termini di interazioni fra "cause efficienti" e "non finali", implicanti anche l' ambiente (nucleare, citoplasmatico ed extracellulare) con cui esso interagisce chimicamente-fisicamente.

Dal che a mio parere risultano del tutto evidenti sia la grandezza e la genialità (per certi versi anticipatrice) di Aristotele, sia i suoi limiti e gli inesorabili condizionamenti del tempo in cui visse.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: viator il 09 Gennaio 2018, 23:24:21 PM
Salve. Per Sgiombo: Dal mio punto di vista non ci siamo : cito da Aristotele via Sgiombo: "l'anima la vedo come una particolare determinazione della forma, la forma costituente l'essenza degli esseri viventi, dunque una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione, ma non tutte le forme sono anime, la pietra ha una forma, ma non ha un'anima".

Prendiamo una stalattite (od una stalagmite) che venga generata ed accresciuta dallo stillicidio. La sua forma è determinata momento per momento e variabile nel tempo. Essa ha una forma interiore (quella degli strati di sedimento calcareo più vecchi che stanno al suo interno) e tale forma interiore viene continuamente rivestita da nuovi strati i quali plasmeranno continuamente ulteriori nuovi strati esterni.

L'ente stalattite tende a svilupparsi in una certa direzione (soprattutto in verticale!). L'anima (cioè, ribadisco, LA SUA FORMA INTERIORE ED ESTERIORE INTESA COME STRUTTURA FISICA INTRINSECA), della stalattite non si sviluppa per una pulsione interna, bensì perché si appropria di contenuti esterni (il calcare disciolto nell'acqua).

Prendiamo ora il corpo di un asceta impegnato nel raggiungimento di una suprema spiritualità. Naturalmente la sua anima - comunque intesa - è qualcosa di immateriale (come l'anima-forma in cui credo io), di indescrivibile, di elevatissimo....è ciò che sta oltre tutti gli altri perfezionamenti raggiunti dalla vita e dal percorso del genere umano....per carità....l'ultima cosa che interessa l'asceta sono i propri bisogni corporali (altrimenti che asceta del cavolo sarebbe ??). Egli è un ispirato spinto da qualcosa a svilupparsi in una certa direzione...la trascendenza.

A questo punto cerchiamo di assecondare la sua noncuranza per i bisogni corporali, e lo priviamo completamente di cibo ed acqua.
Secondo voi per quanto tempo la sua spinta interiore (la cui fonte sarebbe l'anima) lo condurrebbe verso la trascendenza ??
Sono l'acqua, il cibo è l'assolvimento del bisogni fisiologici il solo ingrediente e carburante della nostra FORMA=ANIMA. La sostanza che ci rifornisce di materia e l'energia che ci anima (sic!!).

Ed il genoma di che sarebbe fatto, visto che la saggezza popolare dice che "siamo ciò che mangiamo" ? E forse che tutte le trasformazioni e gli accrescimenti del genoma fino alla costruzione di un corpo non avvengono tramite apporto esterno ? E se non fosse così mi si dica, per favore, a quale esatto punto di sviluppo di un embrione l'anima cade dal cielo e con un gran tonfo si insedia nel corpo ???

Tutto si trasforma ma alcune cose si trasformano così lentamente da sembrarci INANIMATE. Il cambiamento, cioè la diversificazione ed il continuo percorso circolare che transita dalla semplificazione alla complicazione e viceversa, è ciò che fa vivere tutte le cose del mondo, ANIMANDOLE. E ciò che muove tutto questo si chiama entropia, che sarebbe l'anima delle anime del mondo.

Noi stiamo a contemplare il mondo seduti sulla cima di una montagna e crediamo che la posizione elevata e privilegiata su cui poggiamo possa fare a meno delle pietre che ci sostengono. O che quelle pietre stiano lì per permetterci di starci sopra, e non avrebbero un loro proprio senso senza di noi.
E' perché, troppo limitati e troppo vanitosi, non riusciamo a capacitarci dell'inimmaginabile percorso della materia e dell'energia che si sono svolte creando galassie, pianeti, mari, monti, organismi, corpi, sistemi nervosi, sensi, psiche, coscienze, menti, astrazione, sentimenti, trascendenze.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: davintro il 10 Gennaio 2018, 00:23:00 AM
Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2018, 08:58:05 AM
Citazione di: davintro il 08 Gennaio 2018, 00:22:09 AMl'anima la vedo come una particolare determinazione della forma, la forma costituente l'essenza degli esseri viventi, dunque una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione, ma non tutte le forme sono anime, la pietra ha una forma, ma non ha un'anima, in quando non vi è in essa una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito. Concordando con la classificazione aristotelica, non riduco l'anima alla vita "senziente" che comunemente si attribuisce esclusivamente agli animali, ma ogni ad ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante. la forma delle cose è ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro. E questa logica fissa immanente allo sviluppo ne costituisce anche il fattore individualizzante, perché unificante, l'essenza che resta tale indipendentemente dalla molteplicità degli stadi in cui lo sviluppo si attua, e che dunque "unisce" nel senso di essere l'elemento presente in tutte le fasi
Oggi é scientificamente dimostrato che il ruolo qui (seguendo Aristotele) attribuito al' "anima" intesa come "una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione", "una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito", propria di "ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante", "ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro" é di fatto svolo dal genoma, ma del tutto meccanicisticamente, in termini di interazioni fra "cause efficienti" e "non finali", implicanti anche l' ambiente (nucleare, citoplasmatico ed extracellulare) con cui esso interagisce chimicamente-fisicamente. Dal che a mio parere risultano del tutto evidenti sia la grandezza e la genialità (per certi versi anticipatrice) di Aristotele, sia i suoi limiti e gli inesorabili condizionamenti del tempo in cui visse.


La forma, essendo immateriale (altrimenti non avrebbe senso pensare ad un'unità sostanziale tra forma e materia, ma ad una causa materiale autosufficiente), non ha senso che venga identificata con qualsivoglia realtà materiale, piuttosto resta il fattore che specifica il senso determinato di un ente materiale dandogli una struttura peculiare e determinata. Intesi i concetti in quest'accezione qualunque scoperta operata dalle scienze naturali, nel cui alveo rientra la biologia, sarà sempre una scoperta tesa ad approfondire la struttura delle cose inerente la loro materialità, ma i limiti epistemici di tali saperi impediranno che le loro scoperte possano mettere in discussione il principio ontologico-metafisico che ogni ente materiale per esistere ha bisogno di una causa immateriale come la forma. Quindi parlare di genoma  o di interazioni tra genoma e ambiente non sposta i termini della questione: qualunque siano le scoperte dei modi determinati e particolari con cui la materia è organizzata non può venir meno il principio ontologico che ogni materia per esistere, deve possedere un proprio delimitato senso, e che la delimitazione del proprio senso accade nella misura in cui la materia non è materia pura ma materia formata, e tale princìpio resta valido sia per quanto riguarda l'immagine scientifica della materia che si poteva avere ai tempi di Platone e Aristotele che per quanto riguarda la concezione scientifica della materia dei giorni nostri. Qui sta l'autonomia e l'irriducibilità della metafisica (e della filosofia, non certamente solo artistoletica) rispetto alle scienze naturali: nell'indipendenza dell'ambito dei rapporti fra materia e forme inteso nella sua generalità, rispetto alla specificità dei modi in cui può venir riconosciuta l'organizzazione della materia: basta ammettere un'organizzazione in generale per ammettere l'esigenza di individuare come presupposto necessario dell'attualità della materia la presenza di un fattore immateriale come la forma, causa strutturante, anima quando è forma degli esseri viventi. Sono due piani della realtà distinti e dunque non contrapposti, ma compresenti.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 10 Gennaio 2018, 13:24:00 PM
Citazione di: viator il 09 Gennaio 2018, 23:24:21 PM
Salve. Per Sgiombo: Dal mio punto di vista non ci siamo : cito da Aristotele via Sgiombo: "l'anima la vedo come una particolare determinazione della forma, la forma costituente l'essenza degli esseri viventi, dunque una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione, ma non tutte le forme sono anime, la pietra ha una forma, ma non ha un'anima".
CitazioneQuesta non é una citazione (relativa ad Aristotele) mia ma di Davintro, che io ho ripreso per criticarla, evidenziando in che misura sia compatibile, in quale altra incompatibile con la biologia moderna.

Prendiamo una stalattite (od una stalagmite) che venga generata ed accresciuta dallo stillicidio. La sua forma è determinata momento per momento e variabile nel tempo. Essa ha una forma interiore (quella degli strati di sedimento calcareo più vecchi che stanno al suo interno) e tale forma interiore viene continuamente rivestita da nuovi strati i quali plasmeranno continuamente ulteriori nuovi strati esterni.

L'ente stalattite tende a svilupparsi in una certa direzione (soprattutto in verticale!). L'anima (cioè, ribadisco, LA SUA FORMA INTERIORE ED ESTERIORE INTESA COME STRUTTURA FISICA INTRINSECA), della stalattite non si sviluppa per una pulsione interna, bensì perché si appropria di contenuti esterni (il calcare disciolto nell'acqua).
Citazione(A parte il mio totale dissenso dall' impiego qui proposto del concetto di "anima"), infatti la stalattite non é un organismo vivente (non ha un codice genetico che ne guidi "dall' interno", ma inevitabilmente attraverso interazioni causali con l' "esterno", lo sviluppo).

Ed il genoma di che sarebbe fatto, visto che la saggezza popolare dice che "siamo ciò che mangiamo" ? E forse che tutte le trasformazioni e gli accrescimenti del genoma fino alla costruzione di un corpo non avvengono tramite apporto esterno ? E se non fosse così mi si dica, per favore, a quale esatto punto di sviluppo di un embrione l'anima cade dal cielo e con un gran tonfo si insedia nel corpo ???
CitazioneIl genoma é fatto di acido desossiribonucleico, che si replica assemblando in un determinato ordine monomeri i quali ovviamente vengono assunti dagli alimenti (siamo ciò che mangiamo; anche per Feurbach, oltre che per il senso comune)!

Tutto si trasforma ma alcune cose si trasformano così lentamente da sembrarci INANIMATE. Il cambiamento, cioè la diversificazione ed il continuo percorso circolare che transita dalla semplificazione alla complicazione e viceversa, è ciò che fa vivere tutte le cose del mondo, ANIMANDOLE. E ciò che muove tutto questo si chiama entropia, che sarebbe l'anima delle anime del mondo.
CitazioneQuesta é semplicemente una tautologia: tutto ciò che muta, muta.
L' entropia é un aspetto del divenire, una caratteristica dei sistemi termodinamici che, se questi sono chiusi, tende a crescere nel tempo. 

Noi stiamo a contemplare il mondo seduti sulla cima di una montagna e crediamo che la posizione elevata e privilegiata su cui poggiamo possa fare a meno delle pietre che ci sostengono.
CitazioneMai creduto (da parte mia).

O che quelle pietre stiano lì per permetterci di starci sopra, e non avrebbero un loro proprio senso senza di noi.
CitazioneIdem

E' perché, troppo limitati e troppo vanitosi, non riusciamo a capacitarci dell'inimmaginabile percorso della materia e dell'energia che si sono svolte creando galassie, pianeti, mari, monti, organismi, corpi, sistemi nervosi, sensi, psiche, coscienze, menti, astrazione, sentimenti, trascendenze.
CitazioneA me sembra che le scienze naturali spieghino egregiamente gli eventi materiali.
Non così la mente e il pensiero, che sono tutt' altra cosa!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 10 Gennaio 2018, 13:31:55 PM
Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2018, 00:23:00 AM
Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2018, 08:58:05 AM
Citazione di: davintro il 08 Gennaio 2018, 00:22:09 AMl'anima la vedo come una particolare determinazione della forma, la forma costituente l'essenza degli esseri viventi, dunque una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione, ma non tutte le forme sono anime, la pietra ha una forma, ma non ha un'anima, in quando non vi è in essa una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito. Concordando con la classificazione aristotelica, non riduco l'anima alla vita "senziente" che comunemente si attribuisce esclusivamente agli animali, ma ogni ad ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante. la forma delle cose è ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro. E questa logica fissa immanente allo sviluppo ne costituisce anche il fattore individualizzante, perché unificante, l'essenza che resta tale indipendentemente dalla molteplicità degli stadi in cui lo sviluppo si attua, e che dunque "unisce" nel senso di essere l'elemento presente in tutte le fasi
Oggi é scientificamente dimostrato che il ruolo qui (seguendo Aristotele) attribuito al' "anima" intesa come "una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione", "una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito", propria di "ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante", "ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro" é di fatto svolo dal genoma, ma del tutto meccanicisticamente, in termini di interazioni fra "cause efficienti" e "non finali", implicanti anche l' ambiente (nucleare, citoplasmatico ed extracellulare) con cui esso interagisce chimicamente-fisicamente. Dal che a mio parere risultano del tutto evidenti sia la grandezza e la genialità (per certi versi anticipatrice) di Aristotele, sia i suoi limiti e gli inesorabili condizionamenti del tempo in cui visse.


La forma, essendo immateriale (altrimenti non avrebbe senso pensare ad un'unità sostanziale tra forma e materia, ma ad una causa materiale autosufficiente), non ha senso che venga identificata con qualsivoglia realtà materiale, piuttosto resta il fattore che specifica il senso determinato di un ente materiale dandogli una struttura peculiare e determinata. Intesi i concetti in quest'accezione qualunque scoperta operata dalle scienze naturali, nel cui alveo rientra la biologia, sarà sempre una scoperta tesa ad approfondire la struttura delle cose inerente la loro materialità, ma i limiti epistemici di tali saperi impediranno che le loro scoperte possano mettere in discussione il principio ontologico-metafisico che ogni ente materiale per esistere ha bisogno di una causa immateriale come la forma. Quindi parlare di genoma  o di interazioni tra genoma e ambiente non sposta i termini della questione: qualunque siano le scoperte dei modi determinati e particolari con cui la materia è organizzata non può venir meno il principio ontologico che ogni materia per esistere, deve possedere un proprio delimitato senso, e che la delimitazione del proprio senso accade nella misura in cui la materia non è materia pura ma materia formata, e tale princìpio resta valido sia per quanto riguarda l'immagine scientifica della materia che si poteva avere ai tempi di Platone e Aristotele che per quanto riguarda la concezione scientifica della materia dei giorni nostri. Qui sta l'autonomia e l'irriducibilità della metafisica (e della filosofia, non certamente solo artistoletica) rispetto alle scienze naturali: nell'indipendenza dell'ambito dei rapporti fra materia e forme inteso nella sua generalità, rispetto alla specificità dei modi in cui può venir riconosciuta l'organizzazione della materia: basta ammettere un'organizzazione in generale per ammettere l'esigenza di individuare come presupposto necessario dell'attualità della materia la presenza di un fattore immateriale come la forma, causa strutturante, anima quando è forma degli esseri viventi. Sono due piani della realtà distinti e dunque non contrapposti, ma compresenti.
CitazioneNon vedo come queste considerazioni (peraltro per me alquanto scure) possano obiettare alle mie affermazioni.

Se la forma non é identificabile col genoma non so che farci: la biologia spiega scientificamente la vita (e non la coscienza) col genoma e le sue interazioni fisico - chimiche con l' ambiente.

Perfettamente d' accordo con l' ovvia considerazione che "qualunque scoperta operata dalle scienze naturali, nel cui alveo rientra la biologia, sarà sempre una scoperta tesa ad approfondire la struttura delle cose inerente la loro materialità, nonché circa "l'autonomia e l'irriducibilità della metafisica (e della filosofia, non certamente solo artistoletica) rispetto alle scienze naturali".

Non invece con le altre considerazioni ontologiche ed epistemologiche, per me assi oscure (e comunque asserite ma non dimostrate).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: davintro il 10 Gennaio 2018, 15:37:15 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Gennaio 2018, 13:31:55 PM
Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2018, 00:23:00 AM
Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2018, 08:58:05 AM
Citazione di: davintro il 08 Gennaio 2018, 00:22:09 AMl'anima la vedo come una particolare determinazione della forma, la forma costituente l'essenza degli esseri viventi, dunque una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione, ma non tutte le forme sono anime, la pietra ha una forma, ma non ha un'anima, in quando non vi è in essa una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito. Concordando con la classificazione aristotelica, non riduco l'anima alla vita "senziente" che comunemente si attribuisce esclusivamente agli animali, ma ogni ad ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante. la forma delle cose è ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro. E questa logica fissa immanente allo sviluppo ne costituisce anche il fattore individualizzante, perché unificante, l'essenza che resta tale indipendentemente dalla molteplicità degli stadi in cui lo sviluppo si attua, e che dunque "unisce" nel senso di essere l'elemento presente in tutte le fasi
Oggi é scientificamente dimostrato che il ruolo qui (seguendo Aristotele) attribuito al' "anima" intesa come "una forma interiore che spinge l'ente a svilupparsi in una certa direzione", "una spinta a un dinamismo autonomo, cioè proveniente da dentro e finalizzato ad uno sviluppo prestabilito", propria di "ogni forma di vita, di essere che cresce e si sviluppa sulla base di un "progetto", di un fine insito sin dal punto di origine dell'autodispiegamento, quindi anche allo stadio "vegetativo" a cui vengono ricondotte le piante", "ciò per la quale assumono una essenza necessaria, un tratto caratteristico sulla base della quale poterle qualitativamente distinguere dal resto, e al tempo steso, fissa un limite alle potenzialità indeterminate per cui le cose sarebbero tutto e il contrario di tutto, e questo limite, pur rispettando la molteplicità di varianti, nonché di fasi temporali dello sviluppo, impone al divenire delle cose una logica, un senso, per il quale esso tende a realizzarsi in un determinato modo anziché in un altro" é di fatto svolo dal genoma, ma del tutto meccanicisticamente, in termini di interazioni fra "cause efficienti" e "non finali", implicanti anche l' ambiente (nucleare, citoplasmatico ed extracellulare) con cui esso interagisce chimicamente-fisicamente. Dal che a mio parere risultano del tutto evidenti sia la grandezza e la genialità (per certi versi anticipatrice) di Aristotele, sia i suoi limiti e gli inesorabili condizionamenti del tempo in cui visse.
La forma, essendo immateriale (altrimenti non avrebbe senso pensare ad un'unità sostanziale tra forma e materia, ma ad una causa materiale autosufficiente), non ha senso che venga identificata con qualsivoglia realtà materiale, piuttosto resta il fattore che specifica il senso determinato di un ente materiale dandogli una struttura peculiare e determinata. Intesi i concetti in quest'accezione qualunque scoperta operata dalle scienze naturali, nel cui alveo rientra la biologia, sarà sempre una scoperta tesa ad approfondire la struttura delle cose inerente la loro materialità, ma i limiti epistemici di tali saperi impediranno che le loro scoperte possano mettere in discussione il principio ontologico-metafisico che ogni ente materiale per esistere ha bisogno di una causa immateriale come la forma. Quindi parlare di genoma o di interazioni tra genoma e ambiente non sposta i termini della questione: qualunque siano le scoperte dei modi determinati e particolari con cui la materia è organizzata non può venir meno il principio ontologico che ogni materia per esistere, deve possedere un proprio delimitato senso, e che la delimitazione del proprio senso accade nella misura in cui la materia non è materia pura ma materia formata, e tale princìpio resta valido sia per quanto riguarda l'immagine scientifica della materia che si poteva avere ai tempi di Platone e Aristotele che per quanto riguarda la concezione scientifica della materia dei giorni nostri. Qui sta l'autonomia e l'irriducibilità della metafisica (e della filosofia, non certamente solo artistoletica) rispetto alle scienze naturali: nell'indipendenza dell'ambito dei rapporti fra materia e forme inteso nella sua generalità, rispetto alla specificità dei modi in cui può venir riconosciuta l'organizzazione della materia: basta ammettere un'organizzazione in generale per ammettere l'esigenza di individuare come presupposto necessario dell'attualità della materia la presenza di un fattore immateriale come la forma, causa strutturante, anima quando è forma degli esseri viventi. Sono due piani della realtà distinti e dunque non contrapposti, ma compresenti.
CitazioneNon vedo come queste considerazioni (peraltro per me alquanto scure) possano obiettare alle mie affermazioni. Se la forma non é identificabile col genoma non so che farci: la biologia spiega scientificamente la vita (e non la coscienza) col genoma e le sue interazioni fisico - chimiche con l' ambiente. Perfettamente d' accordo con l' ovvia considerazione che "qualunque scoperta operata dalle scienze naturali, nel cui alveo rientra la biologia, sarà sempre una scoperta tesa ad approfondire la struttura delle cose inerente la loro materialità, nonché circa "l'autonomia e l'irriducibilità della metafisica (e della filosofia, non certamente solo artistoletica) rispetto alle scienze naturali". Non invece con le altre considerazioni ontologiche ed epistemologiche, per me assi oscure (e comunque asserite ma non dimostrate).


il punto che provavo a sottolineare è che qualunque entità materiale il naturalista scoprirà, nessuna scoperta potrebbe invalidare il principio ontologico per cui la materia esiste in quanto materia formata: se il metafisico si limita ad affermare che ogni materia per esistere ha bisogno di una forma che ne specifichi il senso, e negli esseri viventi questa forma si dà come forma che produce uno sviluppo "dall'interno", cioè una forma vivente, l'anima, allora di fronte alla scoperta del genoma o di qualunque altra realtà fisica da parte del biologo, esso potrà continuare ad affermare che queste realtà materiali esistono in quanto formate, e la forma complessiva che imprime allo sviluppo della materia un certo andamento, cioè un dinamismo teso a realizzarsi come materia vivente resterebbe l'anima. Quindi il genoma non sostituisce l'anima nel suo "ruolo" di causa formale dell'essere vivente: l'anima resterebbe forma del corpo, i cui meccanismi insiti nella sua materialità si prestano ad essere via via meglio compresi dalle scienze naturali, ma senza che ciò che porta a capire meglio l'aspetto materiale delle cose arrivi al punto di sostituire ciò che si riferisce a quello formale: nessuna incompatibilità o necessità di sostituzione tra anima e genoma: una spiega la vita per un senso (l'aspetto formale), l'altra per un altro (quello materiale), questa è la distinzione dei piani fra fisica e metafisica. Nemmeno le interazioni con l'ambiente esterno esauriscono la spiegazione del "perché" della vita, almeno non al punto di poter fare a meno del concetto di anima come "forma interiore". Ovviamente nessuno nega la necessità di un'interazione delle condizioni causali esterni per lo sviluppo di un essere vivente: senza essere innaffiato un seme non feconda la pianta, senza acqua e cibo un bambino muore, ma queste condizioni pur necessarie, non sono sufficiente, ma entrano in relazione con uno sviluppo del soggetto vivente che muove dall'interno: se non la innaffio la pianta non cresce, ma non crescerebbe nemmeno gettando acqua su una pietra nuda. Le interazioni organismo-ambiente di per se non spiegano l'origine della  vita, ma sono il complesso necessario di relazione fra un soggetto già di per sé dotato di un dinamismo interno e condizioni esterne che ne supportano la crescita, e l'anima andrebbe considerata come ciò che costituisce tale dinamismo interno, il "progetto", la forma che si autodispiega, origine della vita, anche se non sufficiente a garantirne la conservazione e il proseguio della crescita, e del resto lo stesso Aristotele, con l'eccezione dell'Atto puro, il Motore immobile, concepiva forma e materia (quest'ultima passivamente ricettiva degli stimoli esteriori) come cause e componenti entrambe necessarie. Pensare che le condizioni ambientali siano in grado di rendere ragione della vita eliminando il bisogno di individuare un principio dinamico interiore come l'anima avrebbe senso solo allargando il significato della "vita" a qualunque forma di movimento, anche non organico, attribuendo "vita" anche ad un piuma sbattuta dal vento, il cui movimento non è determinato da alcunché di interiore alla piuma, ma solo ad un fattore esterno come la forza del vento, ma se ci rifacciamo al significato comune del termine (nel quale certamente il volo della piuma non sarebbe compresa) allora l'anima dovrebbe restare principio fondamentale dal punto di vista della forma, sempre però collegata ad una struttura materiale ed alle condizioni ambientali esterne, che costituiscono l'ambito a cui le scienze naturali riferiscono le loro scoperte.

Se hai compreso e condiviso la mia affermazione precedente per la quale:

"qualunque scoperta operata dalle scienze naturali, nel cui alveo rientra la biologia, sarà sempre una scoperta tesa ad approfondire la struttura delle cose inerente la loro materialità, nonché circa "l'autonomia e l'irriducibilità della metafisica (e della filosofia, non certamente solo artistoletica) rispetto alle scienze naturali"

credo che tutto il resto del discorso venga da sé...  una volta ammessa l'autonomia e l'irriducibilità di un piano metafisico a quello fisico, non ha senso pensare a una sovrapposizione o contrapposizione di visioni, dunque ciò che metafisica e ontologia individuano nel nesso fra forma e materia e nella trattazione del concetto di "anima" non viene toccato da ciò che le scienze naturali, su un altro livello della realtà scoprono, dunque non ha senso pensare che le scoperte della biologia possano rendere inattuale un discorso metafisico, che vige per un piano diverso, e risponde a diverse questioni. Solo una metafisica può sostituirsi a un'altra metafisica.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: sgiombo il 10 Gennaio 2018, 20:33:43 PM
Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2018, 15:37:15 PM


il punto che provavo a sottolineare è che qualunque entità materiale il naturalista scoprirà, nessuna scoperta potrebbe invalidare il principio ontologico per cui la materia esiste in quanto materia formata: se il metafisico si limita ad affermare che ogni materia per esistere ha bisogno di una forma che ne specifichi il senso, e negli esseri viventi questa forma si dà come forma che produce uno sviluppo "dall'interno", cioè una forma vivente, l'anima, allora di fronte alla scoperta del genoma o di qualunque altra realtà fisica da parte del biologo, esso potrà continuare ad affermare che queste realtà materiali esistono in quanto formate, e la forma complessiva che imprime allo sviluppo della materia un certo andamento, cioè un dinamismo teso a realizzarsi come materia vivente resterebbe l'anima. Quindi il genoma non sostituisce l'anima nel suo "ruolo" di causa formale dell'essere vivente: l'anima resterebbe forma del corpo, i cui meccanismi insiti nella sua materialità si prestano ad essere via via meglio compresi dalle scienze naturali, ma senza che ciò che porta a capire meglio l'aspetto materiale delle cose arrivi al punto di sostituire ciò che si riferisce a quello formale: nessuna incompatibilità o necessità di sostituzione tra anima e genoma: una spiega la vita per un senso (l'aspetto formale), l'altra per un altro (quello materiale), questa è la distinzione dei piani fra fisica e metafisica. Nemmeno le interazioni con l'ambiente esterno esauriscono la spiegazione del "perché" della vita, almeno non al punto di poter fare a meno del concetto di anima come "forma interiore". Ovviamente nessuno nega la necessità di un'interazione delle condizioni causali esterni per lo sviluppo di un essere vivente: senza essere innaffiato un seme non feconda la pianta, senza acqua e cibo un bambino muore, ma queste condizioni pur necessarie, non sono sufficiente, ma entrano in relazione con uno sviluppo del soggetto vivente che muove dall'interno: se non la innaffio la pianta non cresce, ma non crescerebbe nemmeno gettando acqua su una pietra nuda. Le interazioni organismo-ambiente di per se non spiegano l'origine della  vita, ma sono il complesso necessario di relazione fra un soggetto già di per sé dotato di un dinamismo interno e condizioni esterne che ne supportano la crescita, e l'anima andrebbe considerata come ciò che costituisce tale dinamismo interno, il "progetto", la forma che si autodispiega, origine della vita, anche se non sufficiente a garantirne la conservazione e il proseguio della crescita, e del resto lo stesso Aristotele, con l'eccezione dell'Atto puro, il Motore immobile, concepiva forma e materia (quest'ultima passivamente ricettiva degli stimoli esteriori) come cause e componenti entrambe necessarie. Pensare che le condizioni ambientali siano in grado di rendere ragione della vita eliminando il bisogno di individuare un principio dinamico interiore come l'anima avrebbe senso solo allargando il significato della "vita" a qualunque forma di movimento, anche non organico, attribuendo "vita" anche ad un piuma sbattuta dal vento, il cui movimento non è determinato da alcunché di interiore alla piuma, ma solo ad un fattore esterno come la forza del vento, ma se ci rifacciamo al significato comune del termine (nel quale certamente il volo della piuma non sarebbe compresa) allora l'anima dovrebbe restare principio fondamentale dal punto di vista della forma, sempre però collegata ad una struttura materiale ed alle condizioni ambientali esterne, che costituiscono l'ambito a cui le scienze naturali riferiscono le loro scoperte.
Citazione 
Ma mentre la biologia dimostra cose reali circa i viventi, il loro genoma, ecc., invece le affermazioni aristoteliche su materia, forma, anima, ecc. mi sembrano gratuite affermazioni dal significato a me poco o punto comprensibile e che comunque trovo inutili ai fini della conoscenza e comprensione della realtà (fisica-materiale e non); un vaniloquio, a mio modesto modo di vedere.
 
La biologia (e in generale le scienze indagano il "come", non il "perché" delle cose materiali.
Chiedersi il "perché" ha senso solo relativamente all' azione finalizzata (unicamente umana; a meno che mi si dimostri che esistono altre entità agenti finalisticamente) e non all' afinalistico divenire naturale, nel quale nulla é "progettato" da alcuno ma tutto accade come concatenazione causale di eventi..
 
Pensare che le condizioni ambientali siano in grado di rendere ragione della vita eliminando il bisogno di individuare un inverificabile principio dinamico interiore come l'anima ma invece invocando l' interazione causale afinalistica del genoma con l' ambiente esterno all' organismo stesso (verificata empiricamente) significa pensare in modo scientificamente fondato; speculare sull' "anima" invece significa elucubrare gratuitamente e infondatamente.

Se hai compreso e condiviso la mia affermazione precedente per la quale:

"qualunque scoperta operata dalle scienze naturali, nel cui alveo rientra la biologia, sarà sempre una scoperta tesa ad approfondire la struttura delle cose inerente la loro materialità, nonché circa "l'autonomia e l'irriducibilità della metafisica (e della filosofia, non certamente solo artistoletica) rispetto alle scienze naturali"

credo che tutto il resto del discorso venga da sé...  una volta ammessa l'autonomia e l'irriducibilità di un piano metafisico a quello fisico, non ha senso pensare a una sovrapposizione o contrapposizione di visioni, dunque ciò che metafisica e ontologia individuano nel nesso fra forma e materia e nella trattazione del concetto di "anima" non viene toccato da ciò che le scienze naturali, su un altro livello della realtà scoprono, dunque non ha senso pensare che le scoperte della biologia possano rendere inattuale un discorso metafisico, che vige per un piano diverso, e risponde a diverse questioni. Solo una metafisica può sostituirsi a un'altra metafisica.
CitazioneMa neanche per sogno!
Rendersi conto dei limiti delle scienze naturali non significa affatto dare la stura alle più sfrenate fantasticherie metafisiche e ai più gratuiti giochi di parole!
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 10 Gennaio 2018, 22:38:50 PM
Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2018, 15:37:15 PM
una volta ammessa l'autonomia e l'irriducibilità di un piano metafisico a quello fisico, non ha senso pensare a una sovrapposizione o contrapposizione di visioni, dunque ciò che metafisica e ontologia individuano nel nesso fra forma e materia e nella trattazione del concetto di "anima" non viene toccato da ciò che le scienze naturali, su un altro livello della realtà scoprono
Il nodo problematico del dualismo fra fisico e metafisico mi pare essere come il secondo possa condizionare concretamente il primo: affinché la forma conformi la materia, ci dovrebbe essere un punto di contatto o almeno comunicazione (fra il fisico e il metafisico) in cui avviene il passaggio dell'in-formazione, ovvero in cui il "progetto potenziale" diventa "ingegneria applicata performante". Come indagare attendibilmente questa interazione fra metafisico e fisico?
Il "sinolo" aristotelico è un concetto indimostrato: la forma è nella realtà o è solo nell'occhio-mente/cervello che la interpreta? La pseudo-soluzione della ghiandola pineale cartesiana è dietro l'angolo... e questo porta ad un'altra considerazione:
Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2018, 15:37:15 PM
dunque non ha senso pensare che le scoperte della biologia possano rendere inattuale un discorso metafisico
La ghiandola pineale esiste davvero, tuttavia (fino a prova contraria) non svolge la funzione che le attribuiva Cartesio, ovvero quella di "sede" dell'anima.
La meta-fisica spesso intuisce a priori, precorrendo di secoli ciò che la scienza dimostra a posteriori; tuttavia, almeno finora, la scienza ha confutato-rettificato spesso la metafisica, almeno sulle questioni confutabili-verificabili; la metafisica non ha ancora fatto altrettanto... anche se si è dimostrata il meglio che l'intuito umano potesse offrire. La scienza può rendere inattuale parte della metafisica, ma solo altra scienza può rendere inattuale la scienza; concordo infatti sulla constatazione che:
Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2018, 15:37:15 PM
Solo una metafisica può sostituirsi a un'altra metafisica.
Sulle questioni inconfutabili, in quanto tali, la scienza non ha molto da dire e non ci resta che affidarci a quella metafisica che sentiamo più affine alla nostra visione del mondo (sia essa aristotelica, induista o altro...).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: davintro il 28 Gennaio 2018, 19:04:07 PM
per Phil

 

forse mi accorgo che sono stato impreciso nei miei post per spiegare la mia posizione riguardo il rapporto fra dualità epistemologica metafisico-fisico e quella ontologica forma-materia, e che dunque poteva dare adito a fraintendimenti. In realtà non vedo una coincidenza fra le due polarità, per la quale la metafisica si occuperebbe solo della forma e non della materia, e la fisica solo della materia e non della forma. In realtà penso che la distinzione fisico-metafisico non vada intesa come una sorta di spartizione fra sostanze, del cui studio alcune dovrebbero essere appannaggio della fisica, altre della metafisica, bensì come distinzioni fra questioni, che però possono anche riguardare enti in comune. Cioè fisica e metafisica dovrebbero distinguersi non per gli oggetti di indagine nella loro "inseità", ma per le differenti (e non contrapposte o sovrapponibili) prospettive. La metafisica si occupa di individuare un complesso di princìpi e relazioni fondative, aventi valenza universale, riconoscibili su base speculativa, e non sulla base dell'esperienza sensibile, limitabile solo agli aspetti empirici e contingenti delle cose, e in questo senso, anche la materia, pur riferendosi a una realtà fisica, nella misura in cui è riconosciuta come una delle componenti costitutive della sostanza, necessariamente e non contingentemente, diviene oggetto della metafisica, che però non si occupa delle modalità di strutturazione particolari di essa, riconoscibili per via empirica. Quindi la metafisica può autonomamente riconoscere la presenza in ogni sinolo di un aspetto materiale, nella misura in cui individua il carattere di potenza e indeterminazione presente in ogni cosa soggetta al divenire, mentre lascia alle scienze naturali il compito di approfondire e indagare le leggi insite nella materia ricavabili sulla base dell'esperienza sensibile. Stando così le cose la metafisica si presenta come un sapere compiuto in sé, anche se non esaustivo degli aspetti della realtà, sia forma che materia sono componenti ontologiche entrambe riconoscibili in quanto rendono ragione di differenti aspetti e questioni della cosa, senza alcuna necessità di introdurre anelli di congiunzione terzi tra le due cause. Il problema dell'anello di congiunzione è un problema unicamente insito nel modello dualista-sostanzialista cartesiano: una volta poste anima e corpo come sostanze separate, sorge necessariamente la questione di come giustificare la coscienza della propria unità individuale e delle costanti interazioni tra pensiero, volontà e corpo caratterizzanti la nostra vita, e a quel punto si sarà costretti ad ammettere soluzioni più o meno improbabili come "ghiandole pineali" ecc. (senza contare che nel momento in cui questo anello di congiunzione viene identificato o con qualcosa di fisico come nel la ghiandola pineale, o con qualcosa di immateriale, il problema non è affatto risolto, dato che questo andrebbe a essere compreso in una delle due dimensioni e il problema di come collegarle resterebbe del tutto insoluto, dato che lo stesso anello di congiunzione sarebbe a tutti gli effetti una parte di una di esse, e dunque anch'essa seguirebbe il resto della sua dimensione di appartenenza nel richiamo alla questione di partenza su come collegarsi all'altra). Nel momento in cui invece forma e materia vengono considerante come componenti entrambe necessarie nella loro complementarietà alla costituzione dell'ente, allora è sufficiente il loro considerarsi all'interno dell'unità della sostanza per rendere ragione delle loro interazioni, e del loro contribuire all'autocoscienza individuale, senza bisogno di immaginare fantasiosi ponti di collegamenti terzi.


"Sulle questioni inconfutabili, in quanto tali, la scienza non ha molto da dire e non ci resta che affidarci a quella metafisica che sentiamo più affine alla nostra visione del mondo (sia essa aristotelica, induista o altro...)."


questo discorso mi pare presupponga la premessa, a mio avviso errata, per cui ogni tesi metafisica sarebbe riducibile ad un fideismo volontarista per cui si sostengono delle idee sulla base della loro attinenza con i nostri valori soggettivi sentimentali, in contrapposizione con il rigore razionale delle scienze naturali. In realtà la metafisica è sempre un discorso razionale, indipendentemente dal fatto che nella storia il rigore razionale dei discorsi possa essere stato più o meno seguito, o dal fatto che condizionamenti di natura non teoretica abbiano inficiato il valore veritativo delle riflessioni. Ovviamente ogni sistema metafisico sorto storicamente comprende elementi di irrazionalità, ma ciò dipende dalle doti, dalle capacità intellettive personali di chi teorizza, non da un limite costitutivo epistemico della disciplina, allo stesso modo con cui può fare errori uno scienziato naturalista. Si può fare buona o cattiva metafisica, così come buona o cattiva scienza, ma è sufficiente l'intenzionalità di operare un discorso metafisico su base razionale, a permettere a questi discorsi di poter essere eventualmente discussi e confutati: possono esserlo sulla base di una razionalità più rigorosa che valuta le contraddizioni e le imprecisioni di un'altra razionalità, e che dunque nella verifica resta nel suo terreno, basta solo riconoscere che la "verifica" delle tesi metafisiche abbia qualità peculiari che la differenzino dal modello di verificazione delle scienze naturali, sulla base della distinzioni della natura delle questioni che le diverse discipline mirano a risolvere.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 28 Gennaio 2018, 21:30:59 PM
Citazione di: davintro il 28 Gennaio 2018, 19:04:07 PM
La metafisica si occupa di individuare un complesso di princìpi e relazioni fondative, aventi valenza universale, riconoscibili su base speculativa, e non sulla base dell'esperienza sensibile
Qui inizia il conflitto-competizione con la scienza: la scienza non bada solo a problemi tecnico-operativi, ma ricerca anche quegli stessi principi fondativi e universali che la metafisica rincorre (e volerli fondare sull'esperienza sensibile non mi sembra un difetto  ;D ). Quando si parla di principi universali e fondanti, la postilla di metterli a fuoco con due approcci differenti, diventa inaffidabile: secondo me, un principio universale e fondante non può essere "bilingue" e parlare sia il linguaggio della metafisica che quello della scienza.

Citazione di: davintro il 28 Gennaio 2018, 19:04:07 PM
Nel momento in cui invece forma e materia vengono considerante come componenti entrambe necessarie nella loro complementarietà alla costituzione dell'ente, allora è sufficiente il loro considerarsi all'interno dell'unità della sostanza per rendere ragione delle loro interazioni, e del loro contribuire all'autocoscienza individuale
Proprio tale interazione, a mio avviso, è il problema: la postuliamo pacificamente, o ci chiediamo come funziona (sempre partendo dal presupposto, indimostrato, che ci sia davvero tale interazione)?
Per quanto riguarda forma e materia: il loro "considerarsi all'interno dell'unità della sostanza" davvero è sufficiente a "rendere ragione delle loro interazioni"? Le pensiamo assieme nella sostanza e ciò basta a farci capire come la forma informi la materia e la materia si sempre necessariamente formata? A mio modesto parere, la domanda sul "come" le due interagiscono, resta piuttosto aperta (e, intanto, la scienza ci suggerisce che il "come" potrebbe essere plausibilmente nella genetica...).

Citazione di: davintro il 28 Gennaio 2018, 19:04:07 PM
In realtà la metafisica è sempre un discorso razionale, [...] Ovviamente ogni sistema metafisico sorto storicamente comprende elementi di irrazionalità, ma ciò dipende dalle doti, dalle capacità intellettive personali di chi teorizza, non da un limite costitutivo epistemico della disciplina, allo stesso modo con cui può fare errori uno scienziato naturalista. Si può fare buona o cattiva metafisica, così come buona o cattiva scienza, ma è sufficiente l'intenzionalità di operare un discorso metafisico su base razionale, a permettere a questi discorsi di poter essere eventualmente discussi e confutati: possono esserlo sulla base di una razionalità più rigorosa che valuta le contraddizioni e le imprecisioni di un'altra razionalità, e che dunque nella verifica resta nel suo terreno, basta solo riconoscere che la "verifica" delle tesi metafisiche abbia qualità peculiari che la differenzino dal modello di verificazione delle scienze naturali, sulla base della distinzioni della natura delle questioni che le diverse discipline mirano a risolvere.
Come può una metafisica confutare un'altra metafisica? Una scienza può farlo (come è accaduto), ma un'altra metafisica può solo fornire una chiave di lettura alternativa, partendo da presupposti differenti o mettendo l'accento su ciò che invece l'altra metafisica lasciava fra parentesi.
Le metafisiche possono essere razionali nei discorsi, ma non nelle premesse; se fossero razionali sia nelle premesse che nei ragionamenti, sarebbero (una) scienza  :)
Proiettare sulla metafisica categorie epistemologiche (pur essendo l'epistemologia una "figlia emancipata" della/dalla metafisica) come "verifica", "analisi", "rigore", etc. significa, per me, alienare la metafisica in pseudo-scienza capricciosa... la funzione della metafisica può essere piuttosto fornire ipotesi di spiegazioni per ciò che non ha ancora una spiegazione scientifica (e qui la sua credibilità si allaccia all'individuale affinità teoretica-esistenziale a cui accennavo...).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: viator il 28 Gennaio 2018, 23:57:06 PM
Salve. In principio era l'unicità priva di forma. Anche ora esiste solamente l'unicità, però dotata di forma. L'unicità corredata di forma si chiama duplicità. La quale cominciò ad esistere quando arrivò l'osservatore dell'unicità. Da quel momento l'unicità, che restò tale, assunse una forma : quella datagli dall'osservatore, dal momento che questi era equipaggiato con un unico strumento ottico : la propria men te la quale, non consistendo di una sostanza (era solo OSPITATA da una sostanza neuronale e cellulare) bensì di una STRUTTURA, cioè di una FORMA propria.

L'osservatore dell'unicità però, nel dare in tal modo una forma all'unicità, si accorse che in realtà non riusciva affatto ad osservare una unicità. Doveva come rinunciare a farlo poiché vi aveva aggiunto qualcosa !. Ovvio : un osservatore ed un osservato fanno una duplicità !

Gli occhi della sua mente scorgevano ora quindi una duplicità non ulteriormente risolvibile : costituita appunto dalla sostanza ed appunto dalla forma. Allora cercò di osservare separatamente tali due aspetti. Purtroppo il suo sforzo di concentrarsi su uno di essi veniva inesorabilmente disturbato dall'insinuarsi dell'altro che avrebbe voluto temporaneamente trascurare. Nel cercare di osservare quale fosse la natura della sostanza si accorgeva di non poter fare a meno di attribuirgli una forma, e reciprocamente accadeva quando cercava di cambiare soggetto di osservazione.

C'è un solo modo per separare la sostanza dalla forma : sopprimere l'osservatore.
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: davintro il 03 Febbraio 2018, 19:42:33 PM
Phil scrive:

"Qui inizia il conflitto-competizione con la scienza: la scienza non bada solo a problemi tecnico-operativi, ma ricerca anche quegli stessi principi fondativi e universali che la metafisica rincorre (e volerli fondare sull'esperienza sensibile non mi sembra un difetto  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif) ). Quando si parla di principi universali e fondanti, la postilla di metterli a fuoco con due approcci differenti, diventa inaffidabile: secondo me, un principio universale e fondante non può essere "bilingue" e parlare sia il linguaggio della metafisica che quello della scienza."



l'esperienza sensibile ci porta a contatto con gli oggetti individuali che in un determinato e delimitato spazio e tempo colpiscono gli apparati percettivi del nostro corpo, e proprio la limitatezza spazio-temporale le impedisce di elevarsi a quella visione globale della realtà, nella quale questa si mostrerebbe fondata sui princìpi universali e fondanti, cosicché tali princìpi restano appannaggio di un sapere sovrasensibile. Dunque non trovo alcun "bilinguismo". Il che non toglie dignità teoretica alle scienze naturali, le quali, come giustamente sostenuto,non si riduce ai problemi tecnico-operativi, ma delimita le loro potenzialità conoscitive alle cause della realtà non universali e primarie, ma secondarie e successive. Tutto ciò porta a pensare che il fatto che l'individuazione dei princìpi primi non easurisce in sé la totalità delle possibili questioni circa il complesso degli aspetti delle cose faccia sì che la metafisica possa essere considerata  come una prospettiva, un punto di vista che non pretende di risolvere ogni questione, ma che non per questo va invalidata all'interno del suo campo epistemico di pertinenza. Cioè, la possibilità di avanzare domande sul "come" materiale ed immateriale interagiscono all'interno dell'unità della sostanza e il fatto che siano le scienze naturali le più indicate a rispondere non sono argomenti che escludono la validità di un sapere distinto da esse, che si ferma nel riconoscimento di "materiale" ed "immateriale" come componenti necessarie e costitutive dell'unità del sinolo. Basta solo ammettere che la realtà può essere investigata per aspetti diversi da prospettive diverse senza che le risposte vigenti in una escludano le altre. Se osservo un tavolo da una certa angolatura otterrò una visione che non esaurisce il complesso della sua realtà, lascia adombrati lati che posso scoprire solo cambiando prospettiva, ma non per questo la visione è illusoria o errata: parzialità non vuol dire errore se viene riconosciuta come tale.



Dunque l'idea che la metafisica possa solo limitarsi a "fornire ipotesi di spiegazioni per ciò che non ha ancora una spiegazione scientifica" presuppone erroneamente che essa non abbia un proprio spazio autonomo, cioè distinte questioni da risolvere rispetto ai saperi fondati sull'esperienza sensibile. Ma l'esperienza sensibile è impossibilitata a fondare una conoscenza dei princìpi primi e universali del sapere, in quanto è delimitata dalla particolarità spazio-temporale degli oggetti fisici con cui entra in contatto, mentre il sapere dei princìpi presupporrebbe una visione totalizzante dell'essere, è l'idea di totalità ha un significato intelligibile, quindi irrimediabilmente al di fuori della portata dei sensi. Negare ciò vorrebbe dire ammettere che la totalità della realtà coincide con la totalità degli oggetti dell'esperienza sensibile, cioè gli oggetti materiali, ma questo, essendo a tutti gli effetti un discorso sulla "totalità" è un discorso metafisico, un modello metafisico materialista che si oppone ad altri modelli, indipendentemente dal riconoscersi esplicitamente come tale. Ricordiamo sempre che il positivismo era una corrente filosofica, non scientifica (nel senso dell'accezione di "scienza" naturalistica).
Titolo: Re:Anima, Spirito, Mente
Inserito da: Phil il 03 Febbraio 2018, 22:53:19 PM
Citazione di: davintro il 03 Febbraio 2018, 19:42:33 PM
Dunque l'idea che la metafisica possa solo limitarsi a "fornire ipotesi di spiegazioni per ciò che non ha ancora una spiegazione scientifica" presuppone erroneamente che essa non abbia un proprio spazio autonomo, cioè distinte questioni da risolvere rispetto ai saperi fondati sull'esperienza sensibile.
Credo che l'autonomia della metafisica possa essere proprio il muoversi dove non arriva la scienza... se la meta-fisica si occupa anche del fisico, difficilmente potrà muovere argute obiezioni alla fisica (come disciplina).
Secondo me, i principi universali sovrasensibili (se ci sono) o parlano il linguaggio della metafisica (appercezione, trascendenza, essenze, l'Essere, etc.) o quello della scienza (teorizzato su basi compatibili con ciò che è attualmente scienza). Banalizzando molto: se l'origine della nostra galassia è un big bang o l'atto di un Demiurgo, non mi sembrano due ipotesi che possano coesistere nello stesso discorso: direi che o si è dentro il discorso fisico (senza Demiurghi) o in quello metafisico (senza big bang).

Citazione di: davintro il 03 Febbraio 2018, 19:42:33 PM
Ma l'esperienza sensibile è impossibilitata a fondare una conoscenza dei princìpi primi e universali del sapere, in quanto è delimitata dalla particolarità spazio-temporale degli oggetti fisici con cui entra in contatto, mentre il sapere dei princìpi presupporrebbe una visione totalizzante dell'essere, è l'idea di totalità ha un significato intelligibile, quindi irrimediabilmente al di fuori della portata dei sensi.
Nelle scienze. al contatto sensibile segue l'astrazione induttiva e formulazione di leggi che aspirano ad essere (non dico "sono") universali: nel mio piccolo, penso ad esempio alla forza di gravità che, fino a prova contraria, non è "delimitata dalla particolarità spazio-temporale degli oggetti fisici con cui entra in contatto" (cit.).

Citazione di: davintro il 03 Febbraio 2018, 19:42:33 PM
Negare ciò vorrebbe dire ammettere che la totalità della realtà coincide con la totalità degli oggetti dell'esperienza sensibile, cioè gli oggetti materiali,
Propendo per questa posizione (calandola però in un relativismo antropologico: non possiamo uscire dal piano prospettico dell'umano, eppure scommetto che non è l'unico possibile  ;) ); come minimo esiste quello che chiamiamo materialità contingente; che esista anche altro non spiegabile meterialmente (la famigerata questione della mente vs cervello, ad esempio) non so se possa essere dimostrato con adeguata attendibilità... per cui per ora mi accontento prudenzialmente di quel "come minimo" (sono di poche pretese ;D ).

Citazione di: davintro il 03 Febbraio 2018, 19:42:33 PM
ma questo, essendo a tutti gli effetti un discorso sulla "totalità" è un discorso metafisico, un modello metafisico materialista che si oppone ad altri modelli, indipendentemente dal riconoscersi esplicitamente come tale.
"Modello metafisico materialista" suona un po' ossimorico, ma credo di coglierne il senso (per inciso: è annesso ad una posizione materialista molto più "forte" e convinta di quanto sia la mia...).

Citazione di: davintro il 03 Febbraio 2018, 19:42:33 PM
Ricordiamo sempre che il positivismo era una corrente filosofica, non scientifica (nel senso dell'accezione di "scienza" naturalistica).
... seguì poi il neopositivismo che ammiccò con maggiore complicità alle scienze, fino all'epistemologia contemporanea che di puramente filosofico ha (quasi) solo l'antica malinconia dell'indecidibile quando gioca con la (bio)etica.